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La maledizione eterna dei padri. Davide Ascani

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Academic year: 2022

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Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas Seix Barral, Barcelona 1980

La maledizione eterna dei padri Davide Ascani

Un romanzo per soli uomini

Nel 1980 veniva pubblicato Maldición eterna a quien lea estas páginas[1], l’unico degli otto romanzi di Manuel Puig da cui è completamente assente la voce delle donne. È un silenzio insolito questo, che invita a riflettere, poiché a raccontarcelo è un autore particolarmente attento ai richiami dell’universo femminile. Di fatto, malgrado siano molti gli uomini che popolano i romanzi di Puig, sono stati soprattutto i suoi personaggi femminili a suscitare maggior interesse. Partendo dalle monotone contrade della pampa descritte in La traición de Rita Hayworth (1968) e Boquitas pintadas (1969), passando per le metropoli di Buenos Aires e di New York che fanno da sfondo alle vicende di The Buenos Aires Affair (1973) e che echeggiano nella cella de El beso de la mujer araña (1976)[2], fino ad approdare agli scenari futuristici della nuova era glaciale di Pubis angelical (1979), le donne create dall’autore argentino intraprendono un percorso che le conduce da una condizione di asservimento al sesso maschile, a una liberazione dall’idea di Uomo Superiore[3] che la cultura a cui appartengono gli aveva imposto. L’abilità mostrata dall’autore nel comprendere i desideri, i problemi e le frustrazioni delle donne, sembrerebbe derivare dalla posizione che egli assunse nei loro confronti. Nel mondo che lo circondava, infatti, l’identità maschile si definiva in base a principi considerati “cosas de la naturaleza”[4] ed essere uomo significava imporre, attraverso il disprezzo, il proprio dominio sull’altro sesso. Puig non fu disposto né a comandare né a disprezzare e rifiutò le strette norme comportamentali che consacravano la supremazia del maschio. Preferì schierarsi dalla parte di chi, come le donne, privilegi non ne aveva e condivise così con i personaggi femminili da lui creati, le ansie che li tormentavano. Come dichiarò l’autore argentino a proposito di una delle sue protagoniste: “Quando scrivo una lettera di Nené, mi identifico con lei al punto da sentire quello che sente lei. In quel momento io sono Nené.”[5]

In Maldición eterna, invece, le donne tacciono, mostrando così lo smarrimento e l’inquietudine dell’uomo degli anni Ottanta del secolo scorso. Nel decennio precedente, in seguito a una rapida accelerazione del processo di emancipazione, le donne avevano preso faticosamente coscienza delle

Neanche da adulti smettiamo di desiderare l’amore paterno.

Paul Auster, L’invenzione della solitudine

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…con le ultime forze che gli rimanevano, il signor Ramírez avrebbe detto ancora […] cos’ha importanza se non il nome?

ANgeLO MORINO, In viaggio con Junior

proprie capacità, e di questi mutamenti si trova riscontro ne El beso de la mujer araña e in Pubis angelical. Dopo che il femminismo aveva mostrato“il re nudo”[6], giungeva per l’uomo un periodo

“d’incertezza greve d’angoscia”[7], come quello vissuto dai protagonisti del romanzo. Maldición eterna narra l’incontro e gli scontri di due uomini segnati da un presente difficile: il signor Ramírez e Larry. Dal loro disagio nasce una lunga serie di dialoghi “asfixiantes”[8] e “peripatéticos en su mayoría”[9], che occupa quasi la totalità del testo dell’opera. Ramírez è un argentino di settantaquattro anni che ha perso la memoria e la capacità di camminare apparentemente in seguito alle violenze di cui è stato vittima nel suo paese. Come si scoprirà in seguito, l’anziano signore era un avvocato sindacalista impegnato nella difesa dei prigionieri politici durante gli anni della “guerra sucia” in Argentina. Segnato nella mente e nel corpo dagli orrori che rischiarono di colpire lo stesso Puig[10], il vecchio viene messo in salvo da un’organizzazione umanitaria che lo affida alle cure di un ricovero per anziani di New York. A spingere la sua sedia a rotelle è Larry, un trentaseienne statunitense che, nonostante una laurea in storia e un passato da insegnante, vive una situazione finanziaria precaria aggravata dalla solitudine che lo circonda.

La successione irregolare e spesso caotica delle tematiche che emergono dal faticoso e frammentario raccontarsi reciproco di Larry e Ramírez, sembra essere strettamente legata a quanto dichiarò l’autore a proposito della tecnica da lui adottata per scrivere il romanzo: “No hubo plan previo para Maldición, porque el desarrollo de mi relación con el «personaje» iba dictando la dirección de la novela, su crecimiento.”[11] Larry è il frutto di un metodo di lavoro che aveva già dato vita a diversi personaggi delle precedenti opere di Puig. L’autore registrava la voce di persone reali, come quella del “personaje” che aveva incontrato a New York, e queste voci, rielaborate attraverso le successive stesure, divenivano i protagonisti del suo narrare. Larry e Ramírez prendono forma da quello che Puig definì “una especie de psicodrama”[12], da una serie di conversazioni poco rigorose fra l’autore e un altro uomo reale. Ma l’ombra di una terza figura, maschile per antonomasia, era destinata a frapporsi in quel binomio e a segnare in modo decisivo Maldición eterna … In questo romanzo per soli uomini Manuel Puig sembra lasciare la parola a un altro Puig:

suo padre Baldo. Pur senza prendere parte agli incontri che avrebbero dato vita al testo dell’opera, sarebbe stato lui a ispirare il personaggio di Ramírez: “en esta novela no me intereso yo como personaje, sino que la contropartida del norteamericano es mi papá.”[13]. Così, il problema della figura paterna e della relazione padre-figlio, diventa uno dei temi principali del dialogare dei due protagonisti, quasi a voler suggerire che gli uomini, quando le donne tacciono lasciandoli soli, si ritrovano confusi, perduti. Se costretti a risalire all’origine della loro identintà, i maschi sono destinati a scontrarsi con il primo modello comportamentale che si impone ad ogni uomo: il padre.

Nel nome del Padre

Seguendo una prassi che caratterizza la maggior parte delle conversazioni di Maldición eterna, tocca a Ramírez sollevare il problema della figura del padre. L’anziano argentino afferma di non sapere, di non ricordare, di essere sprovvisto dei suoi appunti in cui sembra sia scritto tutto il suo passato. Secondo lui, quelle annotazioni personali chiarirebbero i vuoti di memoria ma al tempo stesso potrebbero anche nascondere verità strazianti, come la possibile esistenza di un figlio e di una famiglia ormai dimenticati. Questa, come molte altre amnesie di Ramírez, sembrano ricondurre alla

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figura del padre, al suo rapporto con i figli e a quelle leggi secolarmente perpetuate che regolano le gerarchie all’interno del nucleo famigliare. Ramírez sostiene di conoscere in diverse lingue il significato di ogni parola, ma non riesce più a comprenderne il senso interiore, ciò che si sente al pronunciarle. Non sembra essere casuale che la prima immagine del romanzo presenti l’anziano argentino mentre domanda a Larry cosa si dovrebbe sentire pronunciando un nome proprio di persona, e quale significato abbia la frase “le pusieron este nombre”[14]. Il nome in questione è Washington, personaggio storico spesso ricordato con l’epiteto di “padre della patria”, e l’atto di

“dare un nome” rimanda ovviamente al ruolo primario e primordiale del maschio: quello paterno. Il diritto di nominare consente ai padri di lasciare sui figli un segno di sè, un attributo dell’identità destinato ad accompagnarli per tutta la vita.[15]

Incapace di ricordare che cosa sia un padre e come si comporti, Ramírez “se alimenta de la vida”[16] di Larry costringendolo a ricostruire faticosamente le immagini di un passato spesso segnato dalla tristezza e dal dolore. In questo modo riemerge il ricordo colmo di risentimento che il newyorchese conserva del proprio padre, un uomo assente e silenzioso, talvolta odiato al punto da sentire il desiderio di “destruirlo”[17]. Lontani dalle mura domestiche durante il giorno, i padri sono per Larry coloro che ristabiliscono l’ordine al ritorno dal lavoro, quando si appropriano della moglie e delle attenzioni che la donna dedica al figlio in loro assenza. In una sorta di provocatoria e autobiografica rivisitazione del complesso edipico, il giovane uomo afferma che il padre “debe ser eliminado” e lo definisce come “un usurpador” che priva il figlio dell’amore e del piacere infuso dal corpo materno unicamente “en virtud de su tamaño, de su edad”[18].

Rivangando il proprio vissuto, Larry ricorda due sole occasioni in cui ha trascorso ore serene in compagnia del padre, ma significativamente afferma di non riuscire a definire i sentimenti provati in tali circostanze. Al contrario ricorda chiaramente ciò che sentiva quando “lo odiaba” e con quanta rabbia tentasse di sopportare le punizioni anche corporali di cui era vittima. Resisteva alle percosse in atteggiamento di sfida, poiché come egli afferma, il bastone paterno “No me podía […]

deshacer”[19]. Ramírez non crede alle parole del suo accompagnatore, in quanto gli risulta arduo associare l’immagine di un uomo amorevolmente intento a giocare con il figlio a quella di un individuo brutale e talvolta violento: per il vecchio non può trattarsi della stessa persona. Come spesso accade in Maldición eterna, la verità su quanto i due protagonisti raccontano è estremamente labile, destinata a frantumarsi tra le irritanti provocazioni del newyorchese e i dialoghi immaginari a base di pure immagini e pure allucinazioni che riempiono le notti insonni di Ramírez.

Altri ricordi di Larry, più persuasivi di quelli riguardanti le presunte violenze subite, sottolineano le contraddizioni nel comportamento del padre. era un uomo assente che “se quedaba callado y no se quejaba de nada”[20], quasi imponendosi di non infrangere il proprio silenzio se non per ristabilire l’ordine. Allora “de repente explotaba” e scatenava il suo furore con grida che “eran más como gruñidos”[21]. Il ruolo del padre sembra essere quello di far rispettare una gerarchia su cui egli detiene il potere. La sua ira faticosamente repressa nei silenzi, incombe sui famigliari come un ammonimento, una minaccia verso chi tenti di destabilizzare un ordine secolarmente inscritto nel suo nome.

Nel nome del padre si delinea anche l’immagine che Larry aveva di dio. In un periodo della sua adolescenza segnato da un temporaneo e profondo fervore religioso il giovane uomo aveva immaginato la divinità come “un hombre viejo, poderoso pero amantísimo”[22]. In quell’essere superiore aveva cercato “protección de su propio poder”[23], ma quel credo gli si era successivamente rivelato ingannevole. Dio si comporta con gli uomini “como la Mafia”, offrendogli in cambio di venerazione e rispetto “la promesa de que no se va a enojar”, la garanzia “de que no va a castigarnos”[24]. La stessa legge imposta con la paura sembra reggere anche il rapporto padre- figlio: per Larry quella forma di protezione minacciosa altro non è che “la de mi padre”[25]. Il castigo e la penitenza predicate dalla religione al fine di ottenere la “benevolencia” di dio, equivalgono alle

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Dalla tua poltrona dominavi il mondo.

FRANz KAFKA, Lettera al padre

implorazioni che i figli dirigono ai padri “por favor papá no me pegues, mira como yo me golpeo y me castigo solo.”[26]

La rappresentazione di dio assume caratteri sempre più vive e finisce col sovrapporsi a quella del padre. Dio, come ogni uomo, è intrappolato in un’esistenza unidimensionale, schiavo dei compiti che gli spettano. Quotidianamente deve “ver en qué andan los Judíos, y todos los demás,…catalogar pecados,..dictar los Diez Mandamientos,...crear catástrofes, inundaciones” e soprattutto

“gobernar”.[27] Nell’immaginario di Larry, la divinità osserva il mondo dall’alto in compagnia del proprio figlio rivelandogli quale sarà il suo destino: un giorno erediterà il diritto di governare e così toccherà a lui “limpiar” il “caos de mierda” che regna sulla terra, riportando “el orden necesario”[28]. Per Larry, l’essenza della religione è il “poder” che dio detiene, ciò che “ninguno de los creyentes tiene, pero que en Dios adoran.”[29]. Ad immagine e somiglianza del potere divino, prende forma l’autorità che il padre esercita sui famigliari, un diritto destinato a tramandarsi da uomo a uomo, nel nome del padre e poi del figlio…Alle figlie, alle mogli e alle donne invece, relegate ai margini, non resta che limitarsi ad assecondare la volontà del maschio.

Un’eredità maledetta

Nel segno di un dio maschio e padre onnipotente, l’uomo ha trasmesso di generazione in generazione il proprio dominio sulla donna. In Maldición eterna però, così come altrove nei romanzi di Puig, i figli non sembrano disposti ad accettare incondizionatamente l’eredità che spetterebbe loro. Il retaggio paterno non è fatto solo di potere e privilegi. A questi si sommano l’incertezza, l’angoscia e il dolore che torturano molti dei personaggi maschili dell’autore.

Nella fantasia di Larry, il figlio di dio “en secreto critica al padre”[30] e non accetta che si interessi

“por el poder y nada más”[31], ma qualcosa gli impedisce di “actuar”[32] indipendentemente. Di questo stesso conflitto interiore è vittima il protagonista, che tenta di opporsi alla legge paterna, ma rimane intrappolato nei principi che essa perpetua. Il giovane uomo è così costretto a convivere con un profondo senso di colpa provocato dal desiderio di disfarsi di tale fardello. Irritato dalle incalzanti domande di Ramírez, Larry confessa la sua colpevolezza con parole che evidenziano la propria familiarità con le teorie freudiane: “soy culpable de desear a mi madre, de querer quitársela a mi padre, de no importarme por la suerte de él, […] de abandonarlo, […] de matarlo”[33]. Larry critica la norma paterna che legittima il potere del capofamiglia sulla madre, ma al tempo stesso rivendica il proprio diritto nei confronti di quella donna che, ridotta a oggetto di piacere, “por derecho me pertenecía”.[34] Anche Puig sottolineò in un’intervista le contraddizioni che affliggono il suo personaggio, “un muchacho que rechaza todo el sistema en el que está inmerso y después aplica en su vida de relación toda la acción represora que él critica”[35]. Larry condanna la dipendenza dei padri dal lavoro, l’alienazione che li allontana dai famigliari e dalle attenzioni che questi richiedono.

Tuttavia, proprio a causa della sua eccessiva dedizione al mestiere di insegnante sembra essere fallito definitivamente il suo rapporto con la ex-moglie. Il protagonista ricorda infatti che “el trabajo me dio una sensación de importancia, de individualidad, de realidad”, ma confessa anche in che modo “cada vez le dediqué menos tiempo a ella y más al trabajo”[36].

Come si è già avuto modo di accennare, la “maledizione eterna” che opprime Larry non occupa

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unicamente le pagine di questo romanzo di Puig…La figura del padre e la sua legge gravano sulla produzione dell’autore fin dalla prima tappa del suo percorso narrativo. Ne La traición de Rita Hayworth, opera di cui l’autore non nascose mai la natura autobiografica[37], un bimbo di sei anni di nome Toto rifiuta il modello maschile del padre Berto e si riconosce nei valori dell’universo femminile che la madre Mita rappresenta. Così come è accaduto per Puig, nella vita di Toto la madre diviene il tramite verso il mondo del piacere. È lei la principale compagna di giochi del figlio che condivide con lui la passione per i dolci e che lo accompagna quotidianamente al cinema permettendogli di evadere, grazie alla magia del grande schermo, da una realtà che il giovane protagonista sente non appartenergli.

Berto, invece, incarna i valori di un mondo che Toto non riesce ad apprezzare. Il padre detta la sua norma, stabilisce quali comportamenti sono consoni ai maschietti, decide quali giochi si possono fare e quali debbano essere evitati perché troppo infantili o adatti solo alle femminucce. Berto non vuole vedere il figlio piangere perché “los hombres no lloran”[38]. gli proibisce di collezionare le figurine delle attrici e lo iscrive ai corsi di calcio contro la sua volontà, perché “a golpes se hacen los hombres”[39]. Nell’ora della siesta quotidiana, inoltre, obbliga Toto al silenzio e, appropriandosi di Mita, priva il figlio della compagnia materna…

Il silenzio di Berto non è solo quello assoluto che egli impone durante il riposo pomeridiano, ma piuttosto una caratteristica personale del personaggio, destinata secondo Puig, a segnare in modo decisivo quel primo romanzo[40]. Berto non comunica con i famigliari se non per rimproverarli o richiamarli all’ordine. e Toto non è il solo a dover sottostare alla legge del padre… anche la moglie deve rispettare le volontà del capofamiglia. Mita non è libera di scegliere quali vestiti indossare, perché un tipo di abbigliamento a giudizio di Berto troppo vistoso può provocargli una crisi di rabbia. Così avviene quando Toto insiste perché la madre compri una stoffa dai colori particolarmente vivaci che infastidiscono il marito: la risposta paterna in tale circostanza è “un puñetazo en la mesa”[41] che provoca le lacrime del bimbo. A Mita non è permesso viaggiare né recarsi al cinema sola, poiché, come fa notare il giovane protagonista, “Papá no quiere que mamá esté sola”[42]

Riguardo al suo primo romanzo e a come certe vicende lì narrate si intrecciassero al suo passato personale, Puig dichiarò: “Il protagonista è Toto,un bambino che, sentendosi a disagio nei confronti di quanto lo circonda, lo rifiuta e si rifugia nei film. ed è proprio quello che ho fatto io. Mia madre ha cominciato a portarmi al cinema quando ero bambino. I film di Hollywood degli anni Trenta e Quaranta sono stati la mia religione. Le star erano i miei santi”[43]. Per il giovane Puig, così come per Toto, le eroine hollywoodiane sono “creature sensibili e nobili, […] incapaci di qualsiasi doppiezza, di qualsiasi gesto astioso”[44], protagoniste di pellicole ove “la donna era spesso il centro di tutto”[45]. Le virtù in loro rappresentate contrastano in modo inconciliabile con i valori che delimitano il mondo degli uomini, di cui la figura paterna è il primo rappresentante. Manuel Puig non aveva incontrato nel padre Baldo la “sensibilità di greta garbo o di Norma Sherer”[46], ma solo un codice fatto d’autorità e potere sui famigliari che il futuro scrittore non era disposto ad accettare.

Se come egli stesso ha affermato, i principi della società in cui viveva prevedevano che “la presencia de un ser dominante en el ejercicio de su dominio se realizaba, sentía placer pleno”[47], le conseguenze di quel potere sembravano ricadere come una dannazione su chi lo esercitava. Il padre di Puig, come gli altri padri che popolano i suoi romanzi, “pegando un grito o imponiendo una orden aplacaba sus miedos”, ma a quelle effimere dimostrazioni di forza facevano sistematicamente seguito “unas zonas de culpa, en que no bastaba el poder”[48]. Le grida paterne ascoltate dall’autore, i grugniti che Larry ricorderà in Maldición eterna e i “gritos de truenos”[49] di Berto ne La traición de Rita Hayworth, sembrano nascondere tutte il disagio comune dei padri nei confronti della legge che loro stessi rappresentano. Dietro quelle urla si cela “la costante angustia, la dificultad de mantener esa posición de dominio”[50] di cui i padri finiscono per essere vittime.

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Caro papà,

recentemente ti è capitato di chiedermi perché affermo che avrei paura di te.

FRANz KAFKA, Lettera al padre

esemplificativa a tal proposito è la restrizione che con maggior assiduità Berto impone ai suoi famigliari, un divieto che riguarda un aspetto emotivo della natura umana. Ciò che più di ogni altra cosa è proibito fare a Toto e a Mita, è piangere. Il giovane protagonista racconta il sentimento di profonda tristezza da lui provato, quando una mattina si accorge che gli alberi di pero del cortile di casa sono stati tagliati. In quella commovente circostanza, il bambino nota che anche il padre condivide le sue emozioni, ma sembra non potere o non volerlo ammettere: “y él tampoco pasó a mirar los arboles de pera recién cortados, dio toda la vuelta por el negocio para no ver, y le pregunté si había llorado que tenía los ojos rojos y dijo que los hombres no lloran, que era de dormir.”[51]

Berto si costringe a reprimere nel silenzio le proprie debolezze poiché, in quanto padre, non può permettersi di mostrare le lacrime. Il suo esempio deve essere acquisito da Toto che, in quanto uomo, ha il dovere di imparare a nascondere ogni debolezza.

Berto e gli altri padri di Puig, vivono “como dentro de una coraza”[52], fatta di parole soffocate, grida, ordini e lacrime troppe volte trattenute. È questo il retaggio maledetto che viene tramandato ai figli. gli stessi padri, però, cominciano a dubitare del valore dei principi secolarmente imposti nel loro nome, al punto che tentano di riscrivere quella norma troppo a lungo data per scontata. Ne La traición de Rita Hayworth come in Maldición eterna, l’eredità paterna va forse ricercata nella scrittura, nella lettera di Berto che chiude il primo romanzo e nei misteriosi appunti smarriti da Ramírez. È lì che possiamo ascoltare la vera voce dei padri, una voce simile a quella che l’anziano argentino sente rimbombare nella sua mente “joven,… fuerte, segura…Como la voz de un actor”[53], ma che una volta esternata mostra la sua reale sostanza “Cascada, carraspeante”[54].

Lettere ai padri

Il primo romanzo di Manuel Puig si chiude con la lettera di un

personaggio maschile fin lì intrappolato nel ruolo di padre e marito. Nelle ultime pagine de La traición de Rita Hayworth, Berto scrive al fratello Jaime e per l’unica volta rompe il suo silenzio. La sua voce reale non è più quella che impone la norma ai famigliari. Al contrario, nelle sue parole si legge il dolore provato da Berto come figlio. L’uomo racconta un passato in cui non v’è traccia del padre, sostituito da un’altra figura maschile votata al silenzio. Si tratta di Jaime, che ha lasciato l’Argentina per trasferirsi in Spagna e dalla sua partenza non ha fatto avere notizie di sé, neppure per informarsi sulla salute del figlio Héctor, affidato alle cure di Berto e di Mita.

Fin dalle prime righe della lettera, il padre di Toto critica il comportamento assente del fratello ma sembra comunque cercare in lui un conforto alle inquietudini che lo affliggono. gli affari non vanno bene: la siccità ha causato una grave crisi del mercato che non ha risparmiato la sua impresa.

L’uomo confida a Jaime anche le proprie preoccupazioni come marito e come padre. La relazione con Mita sembra attraversare un momento difficile, destinato a risolversi ancora una volta nell’incomunicabilità. Berto scrive di aver involontariamente origliato una conversazione tra la moglie e la sorella Adela, in cui quest’ultima sosteneva che Mita non doveva lasciare tutto il suo stipendio al marito, malgrado egli attraversasse un periodo di difficoltà. Ciò che più lo ferisce è il silenzio della donna di fronte alle affermazioni della sorella. Tacendo, Mita mostrava consenso, mentre secondo lui “la tendría que haber parado en seco y mandarla a la mierda”[55]. Anche di fronte a questo disagio la reazione di Berto si consuma nell’assenza di parole: “Yo no le dije a Mita

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que escuché,…no le voy a dar el gusto de pedirle explicaciones.”[56]

Vi sono poi le responsabilità che spettano a Berto nei confronti di Toto, i suoi doveri di padre.

L’uomo svela le speranze che nutre per l’avvenire del figlio, e si augura soprattutto che Toto non debba affrontare le sofferenze e le mancanze che lui ha patito. Il bambino deve avere una madre al suo fianco che lo sappia educare e deve ricevere una valida formazione. A lui, in quanto padre, spetta innanzitutto il compito di dare al figlio “todo lo que necesite para estudiar”. Solo con “su título” Toto potrà salvarsi “de la lucha infame que tuvo el padre.”[57]

A questo punto della missiva l’atteggiamento verso Jaime cambia definitivamente e la ricerca di comprensione lascia spazio alle accuse e al risentimento per tutto ciò che a Berto è mancato. Il suo destino sembra essere stato inequivocabilmente segnato dalle decisioni che il fratello aveva preso in vece sua. Jaime gli aveva impedito di terminare gli studi e lo aveva costretto a lavorare con lui.

Successivamente aveva venduto l’impresa per trasferirsi a Buenos Aires e aveva così lasciato il fratello minore solo e privo “de algún arma para luchar en la vida”. Nella solitudine totale che lo circonda, Berto sfoga la sua rabbia in un ultimo silenzio: “Jaime, no te puedo perdonar, maldito sea tu egoísmo… esta carta va al tacho de la basura, para vos no pienso gastar un centavo en estampillas.”[58] La traición de Rita Hayworth si chiudeva così con una maledizione contro il padre destinata a essere riscritta, fin dal titolo, in un altro romanzo. Maldicíon eterna contiene infatti un’altra lettera che rievoca la dannazione scagliata da Berto…

Durante uno degli ultimi incontri, Ramírez permette a Larry di studiare il testo di un libro francese di cui l’anziano argentino si era servito per scrivere durante la sua prigionia. Alle parole del volume era stato assegnato un numero e rispettando l’ordine delle cifre era possibile ricostruire frasi dal significato diverso rispetto a quello originale del libro. erano quelle le annotazioni più volte indicate da Ramírez come possibili custodi della sua memoria. Negli appunti Larry ritrova il resoconto delle coraggiose imprese sindacali di cui l’argentino si era reso protagonista in passato, e scopre anche la trascrizione di una lettera che il vecchio aveva ricevuto in carcere dal proprio figlio.

Da quelle pagine emerge il ritratto di Ramírez come padre, un’altra figura maschile intrappolata nell’autorità che impone. A differenza degli altri padri di Puig, però, l’anziano argentino sembra rendersi conto dei tormenti vissuti da chi viveva sottomesso alla legge del suo nome. In seguito alle smascheranti critiche che la missiva del figlio gli aveva mosso, Ramírez confessa che i suoi famigliari

“no se animaban siquiera a respirar cuando yo estaba presente”[59]. Intimoriti dalla possibilità di trasgredire la norma del silenzio imposta dal padre, la moglie e il figlio “tenían que permanecer callado, yo explotaba en cóleras aterrorizante si alguien me molestaba.”[60].

L’uomo racconta che il figlio aveva tradito le sue aspettative cercando fortuna come direttore teatrale a Parigi, dove però “no logró hacer nada”[61] poiché altro non era che un “mediocre”[62]. Quando il giovane aveva lasciato la famiglia, Ramírez aveva provato un sentimento di sollievo nel non doverlo più vedere: in quella circostanza il padre “le deseaba la muerte”[63]. Nella sofferenza della prigionia il peso del passato si delinea in tutta la sua desolazione e Ramírez vorrebbe avere un’altra possibilità per riavvicinarsi al figlio. Secondo lui “ahora todo sería diferente” e forse riuscirebbe a “descubrir en él las cualidades que no había sido capaz de ver antes.”[64] Ancora una volta, però, Manuel Puig sembra negare ai padri ogni speranza di riscatto. Il loro è un destino che appare irrimediabilmente segnato nelle ultime parole scritte da Ramírez con cui il vecchio invoca la morte. Solo così libererebbe i suoi famigliari dal dominio che egli stesso ha imposto con la paura: “Si yo muriese…las calles de los buenos aires aunque estén plagadas de las patrullas de la tiranía, a ellos les parecerían libres y soleadas.”[65]

La lettera di Ramírez, come quella di Berto, non arriva a destinazione. Fin dalle prime parole della missiva, l’anziano argentino è consapevole che quanto scrive non verrà mai letto dal figlio:

“escribo una respuesta pero no la envío”[66]. Contrariamente a quanto accadeva ne La traición de Rita Hayworth, però, quelle pagine non vengono cestinate e trovano un nuovo destinatario in Larry a cui

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Ramírez ha permesso di decodificare i suoi scritti. Tra i due uomini si instaura così un nuovo vincolo che rimanda a quello della successione. Scelto come erede adottivo delle verità e del sapere contenuti negli appunti del vecchio, Larry diviene il titolare di un patrimonio che le urla e i silenzi dei padri non avevano saputo tramandare. Il retaggio paterno passa così nelle mani del giovane uomo, ma non vi rimane a lungo. In seguito a un acceso diverbio, la relazione fra i due protagonisti si interrompe bruscamente senza lasciare spazio a riconciliazioni. Ramírez deve trasferirsi in una casa per anziani della Florida e vorrebbe che il nuovo figlio lo accompagnasse, ma Larry non è disposto ad assecondarlo. Il vecchio tenta di persuaderlo con il ricatto e minaccia di revocare l’eredità che gli ha concesso: Ramírez porterà con sé i testi per affidarli ad altre mani. Costretto a restituire i preziosi appunti, Larry deve abbandonare un progetto di studio che per lui rappresentava l’opportunità di riavvicinarsi al mondo accademico e a una professione più edificante. Privato del patrimonio in cui aveva riposto le proprie speranze, Larry rivolge le ultime parole al padre e rivendica la sua indipendenza: “Ya ahora no tiene ninguna influencia sobre mí.”[67]

In una delle lettere formali che concludono il romanzo si apprende la notizia della morte di Ramírez, deceduto poco dopo il trasferimento a Palm Springs. In punto di morte il vecchio ha cambiato il suo testamento e significativamente ha scelto una donna come erede dei suoi appunti. Si tratta di un personaggio avvolto in un alone di mistero per tutta la durata del romanzo, un’infermiera del ricovero di New York dove il vecchio aveva alloggiato. La donna non ha un nome, ma solo l’epiteto di “la enfermera de Virgo” con cui i due protagonisti erano soliti indicarla. Per Larry svaniscono così anche le ultime speranze di poter riavviare il suo studio sulle memorie di Ramírez, ma la relazione breve e turbolenta con il nuovo padre sembra aver comunque apportato un cambio nella sua esistenza apatica. L’ultima lettera del romanzo è una domanda di assunzione che Larry indirizza a un’università in cui vorrebbe impiegarsi “en un terreno tan duro como el sindical”[68]. e’ una scelta difficile questa, che costringerà Larry a confrontarsi eternamente con i successi raccolti da Ramírez in questo settore. Il figlio è intenzionato a intraprendere la strada paterna, ma nel farlo si impone una condizione: “no repetir errores del pasado”[69] …Una frase che forse equivale a “non ripetere gli errori dei padri”.

Anche la firma apposta alla lettera di Larry sembra rivelatrice di un cambiamento in atto nel protagonista: il nome “Lawrence John”[70] in calce a Maldición eterna non può passare inosservato…

Il romanzo presenta due personaggi i cui nomi circoscrivono poli opposti e complementari di un binomio. Da un lato Larry, un soprannome che prende le distanze dal sigillo del padre impresso nel nome Lawrence; dall’altro Ramírez, un cognome che, in quanto tale, rimanda alla genealogia del capofamiglia. La narrazione si apriva con l’immagine di un padre incapace di dare un senso all’atto di nominare e si chiude con la firma di un figlio disposto a riaccettare il proprio cognome. Nelle parole Lawrence John si nasconde una verità che Larry aveva a lungo rifiutato. Come da ogni altro lascito o marchio paterno, anche dal cognome ci si può esiliare… Prima o poi, però, un doloroso ritorno diviene necessario.

Note

[1] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, Seix Barral, Barcelona 1980. Da ora Maldición eterna.

[2] In quest’opera non compare un personaggio femminile protagonista, ma lo stesso autore sottolineò come la voce delle donne non sia assente da El beso de la mujer araña: “No estaba previsto el personaje homosexual protagonista. La primera inquietud fue encontrar un personaje femenino dispuesto a defender el rol de mujer sometida…busqué un modelo visible de mujer para basarme en ella, y no la encontré, así que no me quedó más remedio que trabajar con Molina”. Seminario sobre la obra de Manuel Puig, in José Amicola, Manuel Puig y la tela que atrapa el lector, grupo editor Latinoamericano, Buenos Aires 1992, p.269.

[3] Con l’espressione “Uomo Superiore” si vuole intendere l’ingannevole concetto di maschio che viene imposto alla donna fin dall’infanzia.

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Ai meccanismi di questa menzogna e a come essa delimiti i sogni e le scelte delle donne, Puig dedicò ampio spazio in modo particolare ne El beso de la mujer araña e Pubis angelical. L’autore dichiarò che in quelle opere: “quería de algun modo aclararme ese panorama. es decir ¿por qué duró tantos siglos esa situación ?…Yo creo que estas mujeres nacían oyendo que el hombre era superior…entonces crecían, llegaban a los quince años y tenían que encontrar a ese hombre superior al que sacrificarlo todo…esas mujeres decían «yo no lo conozco, no me tocó, pero existe», entonces lo podían imaginar y, en la mayoría de los casos, proyectarlo sobre alguien que estaba muy alejado…Así la mujer tenía permiso para soñar.” Ivi, p.267.

[4] Ivi, p.271.[5] Angelo Morino, Il destino della madre, in Cose d’America, Sellerio, Palermo 1995, p.294.

[6] elizabeth Badinter, XY, l’identità maschile, Longanesi, Milano 1992, p.14.

[7] Ivi, p.13.

[8] Roxana Páez, “Cuéntame tu vida”: Las novelas dichas de Puig, in José Amicola (a cura di), Homenaje a Manuel Puig, Universidad Nacional de La Plata -estudios / Investigaciones-, Buenos Aires 1994, p.35.

[9] Jorgelina Corbatta, Narrativas de la Guerra Sucia en Argentina: Manuel Puig, in José Amícola (a cura di), Encuentro Internacional Manuel Puig, Beatriz Viterbo, Buenos Aires 1998, p.184.

[10] “In December 1974 it had been more than a year since I had left Argentina, but Triple A, a nazi organization protected by Isabel Perón, called my parents’ house to ask me to leave the country in 24 hours…or else. I was on a long list with left-wing people who had endorsed Peronism.” Suzanne Jill Levine, Manuel Puig and the spider woman-his life and fiction-, sfg., New York 2000, p.242.

[11] Seminario sobre la obra de Manuel Puig, cit., p.264.

[12] Juan Manuel garcía Ramos, Semana de autor sobre Manuel Puig, ediciones de Cultura Hispanica, Madrid 1991, p.99.

[13] Jorgelina Corbatta, Encuentros con Manuel Puig, in Revista Iberoamericana n°49, 1983, p.621.

[14] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p.9.

[15] Riguardo al diritto dei padri di scegliere il nome dei propri figli cfr. Carlos S.Fayt, El Nombre – Un atributo de la personalidad, La Ley, Buenos Aires, 1996.

[16] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p.89.

[17] Ivi, p. 44.

[18] Ivi, p. 100.

[19] Ivi, p. 44.

[20] Ivi, p. 43.

[21] Ivi, p. 43.

[22] Ivi, p. 143.

[23] Ivi, p. 150.

[24] Ivi, p. 149.

[25] Ivi, p. 149.

[26] Ivi, p. 149.

[27] Ivi, p. 151.

[28] Ivi, pp. 151-2.

[29] Ivi, p. 152.

[30] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p.151.

[31] Ivi, p. 151.

[32] Ivi, p. 151.

[33] Ivi, p. 157.

[34] Ivi, p. 157.

(10)

[35] Jorgelina Corbatta, Encuentros con Manuel Puig, cit., p.620.

[36] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p.241.

[37] Riguardo al carattere autobiografico del suo primo romanzo, Puig dichiarò che “90% of the novel is real”. Suzanne Jill Levine, Manuel Puig and the spider woman-his life and fiction-, cit., p.144.

[38] Manuel Puig, La traición de Rita Hayworth, Seix Barral, Barcelona 1968, p.144.

[39] Ivi, p.77.

[40] A proposito dell’importanza del padre ne La traición de Rita Hayworth, Puig affermò che: “The key to La traición de Rita Hayworth was the father as absence, or silence”. Suzanne Jill Levine, Manuel Puig and the spider woman-his life and fiction-, cit., p. 43.

[41] Ivi, p. 65.[42] Ivi, p. 40.

[43] Angelo Morino, Il perché di Rita Hayworth, in Cose d’America, Sellerio, Palermo 1995, p.237.

[44] Manuel Puig, L’impostore, La Rosa, Torino 1980, p.VI [45] Ivi, p.VI.

[46] Ivi, p.VI.

[47] Seminario sobre la obra de Manuel Puig, cit., p.261.

[48] Ivi, p. 261.

[49] Manuel Puig, La traición de Rita Hayworth, cit., p. 69.

[50] Seminario sobre la obra de Manuel Puig, cit., p. 261.

[51] Manuel Puig, La traición de Rita Hayworth, cit., p. 79.

[52] Juan Manuel garcía Ramos, Semana de autor sobre Manuel Puig, ediciones de Cultura Hispanica, Madrid 1991, p. 99.

[53] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p. 50.

[54] Ivi, p. 50.

[55] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p. 292.

[56] Ivi, p. 292.

[57] Ivi, p. 293.

[58] Ivi, p. 294.

[59] Manuel Puig, Maldición eterna a quien lea estas páginas, cit., p. 257.

[60] Ivi, p.257.

[61] Ivi, p. 257.

[62] Ivi, p. 258.

[63] Ivi, p. 258.

[64] Ivi, p. 258.

[65] Ivi, p. 258.

[66] Ivi, p. 256.

[67] Ivi, p. 262.

[68] Ivi, p. 278.

[69] Ivi, p. 278.

[70] Ivi, p. 278.

(11)

— per citare questo articolo:

Artifara, n. 2, (gennaio - giugno 2003), sezione Scholastica, http://www.artifara.com/rivista2/testi/ascani.asp

© Artifara ISSN: 1594-378X

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