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IL PAZIENTE CARDIOPATICO: COME RICONOSCERLO, COME TRATTARLO - 1° PARTE -

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IL PAZIENTE CARDIOPATICO:

COME RICONOSCERLO, COME TRATTARLO - 1° PARTE -

Angelo Branzi, Alessandra Manes, Nazzareno Galiè

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Le malattie cardiovascolari sono tra le affezioni più frequenti nella popolazione generale e la loro prevalenza aumenta con l’età(1). Le procedure odontostomatologiche possono interferire con le affezioni cardiache attraverso le modificazioni del sistema neurovegetativo relative all’ansia od alla percezione del dolore.

Entrambe queste condizioni, infatti, determinano una ipersimpaticotonia che, da un lato aumenta il consumo di ossigeno del cuore attraverso un incremento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, dall’altro può rappresentare il prodromo ad una successiva reazione vagale caratterizzata da ipotensione e bradicardia (2). Entrambe queste condizioni (ipersimpaticotonia ed ipertono vagale) possono avere effetti negativi su una preesistente patologia cardiovascolare (Tabella 1) che va quindi riconosciuta per attuare tutte le procedure atte a minimizzare i rischi dell’intervento. È evidente che anche la natura della procedura odontostomatologica influisce sui possibili rischi in quanto sia la durata sia la complessità determinano un maggiore impatto cardiovascolare.

Inoltre esistono malattie cardiache che predispongono alla endocardite batterica (Tabella 2) (3) ed pazienti in trattamento con anticoagulanti orali4 ed entrambe queste situazioni vanno identificate per una corretta pianificazione dell’intervento.

Le più comuni condizioni cliniche che possono aumentare il rischio di reazioni avverse in caso di stimolazioni neurovegetative eccessive sono riportate nella

*Istituto di Cardiologia, Università degli Studi di Bologna

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2 Tabella 1 (adattata da Eagle et al. (1). Sono state distinte a seconda del livello teorico di rischio che possono costituire. In caso di rischio elevato la procedura dovrebbe essere differita (riferendo il paziente per ulteriore consultazione cardiologia) mentre in caso di rischio intermedio potrebbe essere utile un colloquio con lo specialista che segue le condizioni cardiologiche del paziente. In caso di rischio basso é sufficiente attuare le comuni misure per minimizzare l’impatto cardiovascolare della procedura. In ogni caso dubbio, è comunque raccomandata l’interazione con il cardiologo di fiducia.

Il riconoscimento del tipo e gravità di affezione cardiologia richiede una raccolta anamnestica approfondita ed un esame clinico rivolto ad alcuni elementi principali (Tabella 3). È utile inoltre la valutazione delle indagini strumentali precedentemente effettuate.

Raccolta anamnestica

Idealmente l’anamnesi potrebbe iniziare con la lettura di una recente relazione clinica sulle condizioni del paziente (effettuata ad hoc dal referente cardiologo o in possesso del paziente per altre circostanze) che contenga tutte i dettagli della storia clinica passata, dei sintomi attuali, delle indagini strumentali e della terapia in corso.

La raccolta della storia clinica pregressa può consentire la identificazione di precedenti diagnosi come angina, infarto miocardio, valvulopatie, miocardiopatie ipertensione arteriosa, cardiopatie congenite, scompenso cardiaco, aritmie o la presenza di devices come pace-makes o defibrillatori impiantabili.

È inoltre importante indagare su condizioni associate come il diabete mellito, le vasculopatie ostruttive periferiche e cerebrali (pregresso ictus), le broncopneumopatie croniche e la funzione renale.

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I sintomi di interesse cardiologico sono la dispnea (da sforzo, meno frequentemente a riposo), l’angina pectoris, il cardiopalmo, l’astenia. È importante valutare la severità e la frequenza di questi sintomi che testimoniano una condizione cardiologica tanto più avanzata quanto più elevata e la loro intensità e frequenza. Anche la stabilità nel corso del tempo rappresenta un elemento di rilievo in quanto un recente peggioramento dei sintomi può costituire un criterio di allarme. Il livello di attività fisica che il paziente svolge nella vita quotidiana ci può segnalare una buona capacità di esercizio (rassicurante) oppure la necessità di limitare le proprie attività (da indagare ulteriormente).

La verifica dei trattamenti farmacologici in corso è importante sia per confermare la presenza e l’entità delle diverse condizioni patologiche sia per la possibile interazione con la procedura odontostomatologica pianificata. I farmaci di interesse cardiologico sono rappresentati dai betabloccanti, ace-inibitori, sartanici, calcioantagonisti, alfa-bloccanti, digitale, diuretici, antiaggreganti piastrinici ed anticoagulanti orali. Questi ultimi richiedono la interazione con il centro che effettua i controlli dell’INR e prescrive le dosi in modo da sincronizzare la eventuale ricoagulazione con l’intervento previsto. In genere è consigliabile che tutta la restante terapia cardiologica venga assunta regolarmente inclusi gli antiaggreganti piastrinici che non interferiscono in maniera sostanziale su eventuali sanguinamenti post-procedurali. Da indagare è anche la prescrizione della profilassi per la endocardite infettiva in caso di condizioni predisponesti (Tabella 2).

Esame Clinico

L’esame clinico serve per valutare le condizioni generali del paziente insieme a semplici parametri vitali. L’osservazione delle condizioni generali è di particolare importanza perché ci può far rilevare alcuni elementi da approfondire come pallore (in caso di anemia) e cianosi (in caso di insufficienza respiratoria) o le condizioni di nutrizione (magrezza od obesità eccessive) e di idratazione (presenza di edemi

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4 declivi in caso di insufficienza cardiaca). I parametri vitali più importanti da rilevare sono la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa ed il peso corporeo. Eventuali elevazioni della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa devono comunque essere interpretate tenendo conto dello stato emozionale del paziente. Un rapido incremento di peso verificatosi in pochi giorni può testimoniare una fase di scompenso cardiaco. In ogni caso, in presenza di rilievi inaspettati è suggerito il contatto con il cardiologo referente.

Indagini Strumentali

La lettura dei referti delle indagini strumentali può far rilevare alcuni elementi che consentono una migliore definizione delle condizioni del paziente (Tabella 1).

L’ECG consente di valutare il tipo di ritmo, la eventuale presenza di aritmie (ipercinetiche, ipocinetiche), di onde q patologiche (che testimoniano la presenza di un pregresso infarto), di ipertrofia ventricolare sinistra, di blocchi di branca od atrio-ventricolari e le alterazioni della ripolarizzazione).

La radiografia del torace può evidenziare cardiomegalia (in caso di valvulopatie importanti o scompenso cardiaco), congestione polmonare (in caso di scompenso) e la presenza di patologie respiratorie (enfisema, bronchite cronica).

L’Ecocardiogramma è la singola indagine cardiologia che in maniera non-invasiva definisce con precisione dimensioni e funzione delle camere cardiache e degli apparati valvolari. La frazione di eiezione del ventricolo sinistro ci consente una stima della funzione di pompa che risulta depressa per valori < 45%.

L’ecocardiogramma è in grado di definire l’origine dell’insufficienza cardiaca (ischemica, valvolare, cardiomiopatia) e di identificare la presenza di cardiopatie congenite.

Anche le indagini di laboratorio debbono essere analizzate con attenzione per rilevare per esempio il livello di emoglobina (anemia) ed eventuali alterazioni della funzione epatica (transaminasi, bilirubina), renale (creatinina, azotemia) e della coagulazione (piastrine, aPTT, INR). Esami più complessi come la scintigrafia

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miocardia, l’elettrocardiogramma da sforzo o la coronarografia dovrebbero essere analizzate con l’ausilio del cardiologo referente.

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Bibliografia

1) Eagle KA, Berger PB, Calkins H et al. ACC/AHA guideline update for perioperative cardiovascular evaluation for noncardiac surgery-executive summary: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee to Update the 1996 Guidelines on Perioperative Cardiovascular Evaluation for Noncardiac Surgery). J Am Coll Cardiol 2002;

39(3):542-553.

2) Brignole M, Alboni P, Benditt D et al. Guidelines on management (diagnosis and treatment) of syncope. Eur Heart J 2001; 22(15):1256-1306.

3) Horstkotte D, Follath F, Gutschik E et al. Guidelines on prevention, diagnosis and treatment of infective endocarditis executive summary; the task force on infective endocarditis of the European society of cardiology. Eur Heart J 2004; 25(3):267- 276.

4) Ansell J, Hirsh J, Dalen J et al. Managing oral anticoagulant therapy. Chest 2001;

119(1 Suppl):22S-38S.

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