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L ESENZIONE DALL IMPOSTA SUGLI IMMOBILI (ICI)

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SENTENZE CORTE DI CASSAZIONE E CORTE DI GIUSTIZIA SU ESENZIONE DALLE IMPOSTE SUGLI IMMOBILI PER ALBERGHI E SCUOLE DI ORIENTAMENTO RELIGIOSO E RECENTI PROPOSTE DI LEGGE.

 I TRATTAMENTI AGEVOLATIVI CHE SUL PIANO FISCALE GLI STATI POSSONO RISERVARE A DETERMINATI ENTI CHE SVOLGONO

DETERMINATE ATTIVITA È DA SEMPRE AL CENTRO DEL DIBATTITO CHE HA INTERESSATO SIA LA LEGISLAZIONE NAZIONALE, CHE QUELLA

SOVRANAZIONALE.

 PREME RICORDARE CHE PUR NON AVENDO IL DIRITTO COMUNITARIO UNA REGOLAZIONE UNIONALE DEL DIRITTO TRIBUTARIO, ESSO È PERPETRATO NEI DIVERSI ORDINAMENTI GRAZIE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA ED AI GIUDICI NAZIONALI. IN PARTICOLARE CON LE

SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE DEL 6 NOVEMBRE 2018 (sulle cause riunite da C-622\16 P a C-624\16 P ), LA CORTE HA RIACCESO IL DIBATTITO MAI SOPITO SULLA DISCIPLINA RELATIVA AGLI AIUTI DI STATO RIGUARDO L’ESENZIONE PREVISTA DALLA NORMATIVA ISTITUTIVA DELL’ICI, IN RIFERIMENTO AGLI ENTI ECCLESIASTICI UTILIZZATI ESCLUSIVAMENTE PER ATTIVITÀ ASSISTENZIALI.

PUNTI FONDAMENTALI

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La norma fondamentale in materia di enti ecclesiastici è l’Articolo 20 della nostra carta costituzionale, la quale afferma che “ il carattere

ecclesiastico e il fine di religione non possono essere condizione di sgravi fiscali”

Il nostro ordinamento inoltre riconosce due tipologie di enti: i c.d enti

commerciali ( enti for profit) e i c.d enti non commerciali (no profit), la differenza tra le due categorie si rispecchia nella soggettività tributaria dei rispettivi enti. La differenza essenziale tra un ente no profit ed un ente for profit è rappresentata essenzialmente dalla diversa modalità di svolgimento delle attività commerciali.

Peraltro, in base a quanto previsto dall’art.149,IV T.U.I.R, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti sono presunti “enti non commerciali di diritto”. Essi non possono perdere tale qualifica neppure nel caso in cui esercitano attività

commerciali. Infatti qualora l’ente svolgesse attività commerciali in modo

prevalente, esso non perderebbe mai la qualifica di ente ecclesiastico e quindi di ente non commerciale. Tale disposizione viene applicata anche alle società sportive dilettantistiche.

Ciò premesso, occorre ricordare che gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti godono di numerose agevolazioni di natura fiscale. Questo particolare

trattamento di favore riconosciuto alla Chiesa Cattolica si può far risalire alla stipula dei Patti Lateranensi del 1929, i quali prevedono all’art 29 che “ il fine di religione o di culto è equiparato a tutti gli effetti tributari ai fini di beneficienza ed istruzione”, peculiarità riproposta anche nel concordato del 1984.

Al riguardo, l’art 7.3 dell’accordo del 1984, ma anche norme analoghe, sanciscono che gli enti ecclesiastici aventi finalità di religione o culto, sono equiparati a quelli aventi caratteri di beneficienza o istruzione e che le attività diverse da quelle di religione o culto, svolte dagli enti ecclesiastici sono soggette alle leggi dello stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime.

L’ESENZIONE DALL’IMPOSTA SUGLI IMMOBILI

(ICI)

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L’ICI istituita con d.lgs. n. 504/1992 è un tributo diretto reale avente struttura di imposta patrimoniale ed ha come presupposto il mero

possesso di fabbricati. L’ art. 7 del decreto esecutivo dell’ ICI, prevedeva numerose ipotesi di esenzione.

Le condizioni necessarie previste dal testo originario per essere esenti dal pagamento dell’ICI, erano: a) che gli immobili fossero utilizzati da enti non commerciali (requisito soggettivo) e b) che fossero destinati

esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate a vocazione sociale e/o filantropica ( requisito oggettivo). Pertanto, non era originariamente prevista nessuna prescrizione circa le modalità di

svolgimento di dette attività. Come si è rilevato, gli enti ecclesiastici sono enti non commerciali per definizione, infatti ai sensi dell’art.1, della legge n. 222/1985, al fine del riconoscimento degli effetti civili, gli enti

ecclesiastici debbono possedere “fine di religione o culto” ; in particolare, per gli enti non facenti parte della costituzione gerarchica della Chiesa, detto fine viene accertato caso per caso e deve risultare costitutivo ed essenziale dell’ente. Ciò di fatto, consente di escludere che gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Pertanto a detti enti dovrebbe dunque applicarsi l’esenzione.

L’oggetto del contendere è se l’esenzione dall’ICI vada riconosciuta anche quando un ente ecclesiastico utilizza un immobile per svolgere in forma commerciale un’attività ricompresa fra quelle elencate nell’art 7 (lettera I).

In particolare la Cassazione ha affermato che “il beneficio dell’esenzione dall’imposta non spetta ad enti ecclesiastici che svolgono attività

commerciali”. La Corte di Cassazione in particolare con detta sentenza, è arrivata a negare l’esenzione anche qualora si trattasse di un immobile utilizzato da un ente non commerciale e che l’immobile fosse utilizzato

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per lo svolgimento di quelle attività specificatamente indicate dalla legge, richiedendo secondo il “diritto vivente” come terza condizione che l’ente non commerciale eserciti le attività indicate in modo assolutamente non commerciale.

Tale interpretazione data dalla corte al d.lgs. 504/92, per molti è parsa una vera e propria modifica arbitraria del testo legislativo, poiché ad esempio le norme in materia sanitaria e socio-assistenziale in riferimento agli ospedali o alle case di riposo, impongono elevati requisisti

organizzativi e prevedono contributi pubblici erogati in forza di norme che regolano il convenzionamento e l’accreditamento. Pertanto tali enti devono essere organizzati in forma di impresa ed hanno natura

commerciale agli effetti tributari con la conseguenza che per usufruire dell’esenzione, tali attività svolgano a titolo gratuito il loro lavoro, circostanza evidentemente irrealizzabile.

Le difficoltà di dare un’interpretazione univoca della disposizione indussero il legislatore ad intervenire prima con decreto legge del 17 agosto 2005 n.163 e succesivamente con l’art 7 comma 2-bis del decreto legge del 30 settembre 2005. In particolare tale art. 7,comma 2-bis, del d.l. 203/2005 ai sensi del quale” l’esenzione disposta dall’articolo

7,comma 1,lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a

prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”. Era così di nuovo possibile, che un ente commerciale potesse godere

dell’agevolazione indipendentemente quindi dall’accertamento della conduzione della attività con metodo economico.

Una successiva norma interpretativa è stata inserita nell’art 39 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, secondo cui “all’articolo 7 del decreto legge 30

settembre 2005, n.248, il comma 2-bis è sostituito dal seguente: <<2-bis.

L’esenzione disposta dall’art. 7 , comma 1,lettera i), del d.lgs. 30 dicembre

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1992,n.504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale>>

Si è passati così da un sistema in cui l’esenzione concerne gli immobili utilizzati per le attività elencate a norma << a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse>> ad un regime fiscale di favore da applicarsi solo nel caso di attività << che non abbiano esclusivamente natura commerciale>>.

Eppure, l’uso dell’avverbio “esclusivamente”, sembrava porsi sul solco del d.l. 203/2005, in quanto attraverso un’interpretazione estensiva del testo normativo sarebbe sato possibile garantire il non assogettamento

all’imposta di tutte quelle attività, che pur avendo un carattere

oggettivamente commerciale, conservassero un legame ancora flebile con le attività non commerciali.

IL C.D CRITERIO DELLA PREVALENZA

Veniva, cosi, introdotto il c.d. criterio della prevalenza ( ai fini dell’esenzione ICI, fu prevista la possibilità di esercizio di attività

commerciali negli immobili da parte degli enti ecclesiastici, purchè attività commerciali non prevalenti rispetto alle attività istituzionali), secondo il quale vi era esenzione se ricorrevano tali condizioni: 1) immobili utilizzati da enti non commerciali 2) immobili destinati alle attività tassativamente elencate a vocazione sociale o filantropica 3) attività tassativamente indicate non aventi però esclusivamente carattere commerciale.

Tale intervento normativo introducendo il terzo genere di attività non esclusivamente commerciale , diede nuovamente il via ad interpretazioni creative della giurisprudenza.

Del resto, già con le sentenze nn. 4573,4642,4644 e 4645 del 2004 la Corte di Cassazione, sull’assunto, che l’esenzione non spettasse agli enti ecclesiastici esercenti attività (oggettivamente commerciali), negò il

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diritto all’esenzione. Così sollecitato dalle divergenti interpretazioni della dottrina e della giurisprudenza, il ministero delle finanze con la circolare ministeriale Economia e Finanze 26 gennaio 2009 ha indicato i requisiti necessari per il riconoscimento dell’esenzione, le attività beneficiate dallo sgravio fiscale e le modalità con cui le stesse devono essere poste in

essere dagli enti non commerciali.

La circolare ministeriale chiarisce che l’esenzione trae la sua <<

giustificazione tanto dalla meritevolezza dei soggetti e delle finalità perseguite, quanto dalla rilevanza sociale delle attività svolte>>.

Inoltre la Circolare ha stabilito che un’attività o è commerciale oppure non lo è, non essendo possibile individuare una terza categoria di attività.

ENTI ECCLESIASTICI E IMPOSTA MUNICIPALE UNICA (IMU)

Il nostro ordinamento onde evitare procedure di infrazione da parte

dell’Unione Europea ha provveduto ad abrogare l’imposta comunale sugli immobili e ad introdurre l’imposta municipale unica (IMU).

In particolare è stato il d.lgs. 14 marzo 2011 n.23 ad introdurre nel nostro ordinamento l’IMU a decorrere dal 2014 ed a confermare per essa le esenzioni previste per l’ICI dall’art 7 lett d) e lett. I) del d.lgs. n. 504/1992.

Soggetti passivi dell’imposta sono il proprietario ovvero il titolare di diritti reali di usufrutto, uso, abitazione ed enfiteusi.

Soggetto attivo dell’imposta è il comune ed una quota dell’imposta è riservata allo stato.

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L’esenzione dal tributo comunale (IMU) prevista dall’ordinamento italiano, è attualmente fruibile da parte di soggetti che soddisfino

contemporaneamente due requisiti: l’uno soggettivo e l’altro oggettivo.

Ai fini dell’esenzione, gli immobili gravati dal tributo, devono essere utilizzati direttamente da soggetti pubblici o privati che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali e che svolgano , effettivamente con modalità non commerciali attività assistenziali o previdenziali. Ulteriore requisito è quindi quello per cui l’attività debba svolgersi con modalità non commerciali.

LA DISCIPLINA COMUNITARIA IN TEMA DI AIUTI DI STATO E LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER GLI ENTI ECCLESIASTICI

Preme innanzitutto ricordare che l’art 107 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea prevede espressamente il cosiddetto divieto

comunitario di aiuti di stato. Il divieto di aiuti di stato colpisce, quindi ogni misura che tramite l’impiego di accordi statali accorda un vantaggio

economico idoneo a falsare la concorrenza sugli scambi comunitari.

La questione se la normativa italiana contenuta nell’art 7 lett. i) del decreto istitutivo dell’ICI possa ritenersi in violazione dei principi comunitari relativi agli aiuti di stato è stata dibattuta a lungo. In

particolare si discute relativamente all’esenzione dal pagamento ICI (IMU) per gli immobili ove enti ecclesiastici svolgono attività commerciali che generano profitto.

Con decisione del 19 dicembre 2012, la Commissione ha dichiarato che l’esenzione dall’ICI, concessa dall’Italia agli enti non commerciali ( come gli istituti scolastici o religiosi) che svolgevano, negli immobili in loro possesso, determinate attività ( quali le attività scolastiche o alberghiere)

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costituiva un aiuto di stato illegale. La Commissione, non ne ha tuttavia ordinato il recupero ritenendolo impossibile.

L’istituto d’insegnamento privato Scuola Montessori ed il sig. Pietro Farinacci titolare di un “bed and breakfast”, hanno chiesto al tribunale dell’Unione Europea di annullare tale decisione della Commissione. Essi hanno lamentato , in particolare , che tale decisione li ha posti in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto agli enti ecclesiastici o religiosi situati nelle immediate vicinanze che esercitavano attività simili alle loro, pur godendo di esenzioni fiscali.

La commissione ha obbiettato che né la scuola Montessori ne il sig.

Farinacci soddisfacevano le condizioni per rivolgersi ai giudici dell’Unione, previste dall’art. 263 del “T.F.U.E”.

Con sentenze del 15 settembre 2016, il tribunale ha dichiarato i ricorsi ricevibili, ma li ha respinti in quanto infondati.

La Scuola Montessori e la Commissione hanno proposto impugnazioni contro tali sentenze.

In merito si è espressa La Corte di Giustizia UE con sentenza 06/11/2018 n. C622-623-624/16, con la quale ha annullato la decisione della

Commissione che sanciva la assoluta impossibilità di recupero delle tasse non versate nel periodo 2006/2011 dagli enti ecclesiastici, stabilendo che tali circostanze costituiscono solo delle mere difficoltà interne all’Italia e solo ad essa imputabili. Secondo la Corte di Giustizia, la Commissione avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità

alternative volte a consentire il recupero, anche solo parziale, di dette somme.

Si tratta di una decisione di notevole importanza, che ribadisce un

principio fondamentale dell’Unione Europea, ovvero che in caso di aiuti illegittimi, la commissione deve ordinare il recupero e l’impossibilità di

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procedere deve considerarsi del tutto eccezionale, non potendo fondarsi su mere difficoltà interne allo stato.

Se il nostro Paese non dovesse riscuotere tali aiuti, si potrebbe aprire una procedura di infrazione con costi a carico dei cittadini. La Commissione dovrà dare seguito alla sentenza emanando una nuova decisione e valutando assieme all’Italia le modalità di recupero delle imposte non riscosse a partire dall’anno 2006.

La Corte di Giustizia ha invece ritenuto legittime le esenzioni dall’IMU, imposta succeduta all’ICI.

Riferimenti

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