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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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Academic year: 2022

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata

CONVEGNO DI STUDI

ROMA,15APRILE2014

Corte di Cassazione Aula Giallombardo

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Report

Presentazione dei lavori

Il convegno è stato presentato da Pietro Curzio, che ha ringraziato, anche a nome dei due formatori uscenti, Maria Acierno ed Alberto Giusti, la segreteria dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo per l’attività svolta per a formazione decentrata della Corte di Cassazione ed ha auspicato analoga proficua collaborazione con i nuovi tre formatori decentrati Lucia Tria, Luigi Alessandro Scarano e Fabrizio Di Marzio; il presidente Curzio ha, inoltre, sottolineato l’importanza della collaborazione con l’Università Roma Tre e in particolare con il Dipartimento di Giurisprudenza e le cattedre di diritto processuale civile.

Intervento del primo presidente Giorgio Santacroce.

Nell’intervento introduttivo il primo presidente Giorgio Santacroce ha svolto un’accurata disamina dei profili di carattere generale del rito di cui all’art. 1, commi 48 e seguenti, della legge n. 92 del 2012 e si è, inoltre, soffermato, in particolare, sulle modifiche dell’art. 18 legge 300 1970 contenute nell’art. 1 della stessa legge n. 92 del 2012.

Il primo presidente ha, inoltre, evidenziato come la legge 92 del 2012 si ponga in netta controtendenza con la il d.lgs. n. 150 del 2011 sulla semplificazione dei riti, in quanto, in ogni caso introduce un nuovo ed ulteriore rito, nonostante uno degli obiettivi del d.lgs.

n. 150 del 2011 era quello di individuare nel processo del lavoro, di cui agli artt. 414 e segg. cod. proc. civ., uno dei tre processi al quale ricondurre una serie di diversi riti previsti nella legislazione speciale. Il presidente Santacroce ha richiamato, quale modello al quale il rito speciale di cui alla legge n. 92 del 2012 appare riconducibile, quello prefigurato – ma mai in concreto adottato – di cui al cd. progetto Foglia.

Il primo presidente ha, infine, condiviso la rimessione alle S. U. delle questioni di cui all’ordinanza n. 3838/2014 della Sez. Lavoro.

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Intervento del coordinatore della Sottosezione VI della Sezione lavoro Piero Curzio.

Pietro Curzio, coordinatore della sottosezione VI della sez. Lavoro della S.C., ha evidenziato che “la legge n. 92 del 2012 introduce un ‘procedimento specifico’ per ‘le controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni’

Vengono dettate regole speciali per tutti i gradi del giudizio di merito. Per il giudizio in Cassazione non vengono dettate regole particolari, la legge stabilisce però che “la Corte di Cassazione fissa l'udienza di discussione non oltre sei mesi dalla proposizione del ricorso”. Viene, in altri termini, prevista una

“corsia preferenziale” per questo tipo di cause.

La Corte di cassazione, dal mese di gennaio di quest’anno, ha adottato alcuni provvedimenti organizzativi per fare fronte a quanto previsto dalla legge.

Il primo problema è quello di individuare i ricorsi per cassazione che concernono i licenziamenti regolati dall’art. 18 legge 300 del 1970, all’interno delle migliaia di cause civili che ogni anno pervengono in Cassazione.

A tal fine è stato assegnato a questo tipo di cause un codice specifico: il codice n. 143, cui corrisponde la voce ‘licenziamenti legge 92 2012’.

Le cause contrassegnate con questo codice vengono ora collocate sulla corsia preferenziale prevista dalla legge. Ciò significa che la cancelleria centrale, in anticipo sui tempi ordinari, appena scade il termine per il deposito del controricorso, trasmette il fascicolo alla Sesta sezione (civile-lavoro); qui il fascicolo viene esaminato e si decide se trattarlo in camera di consiglio o in udienza pubblica. Quale che sia la scelta, la trattazione viene fissata il prima possibile. La decisione entro sei mesi è una meta che, con il meccanismo a regime, la Corte dovrebbe poter conseguire.

Affinché il meccanismo funzioni è fondamentale la collaborazione degli avvocati perché nella cancelleria civile, che riceve ogni anno circa 30.000 ricorsi, non è possibile esaminare il contenuto dei ricorsi e, quindi, l’individuazione delle cause soggette al rito speciale ‘dipende’ dalla corretta indicazione del codice e della voce di classificazione (ripetiamo cod. n. 143, voce ‘licenziamenti legge 92 2012’) nella ‘nota di iscrizione a ruolo’.

Il presidente Curzio ha chiuso il suo intervento sottolineando che le prime cause dinanzi alla Corte, trattate nei precedenti gradi con il rito di cui alla l. n. 92 del 2012, sono fissate nei mesi di maggio e giugno.

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Intervento del prof. Giuseppe Ruffini

Il prof. Ruffini nel suo intervento ha evidenziato che a differenza che nel rito di cui all’art. 28 legge n. 300 del 1970 la legge n. 92 del 2012 non fa alcun rinvio alle forme del processo del lavoro per quanto riguarda la fase di opposizione, con conseguente problema di colmare le lacune del nuovo procedimento. Si pone, pertanto, la necessità di elevare le disposizioni della legge n. 92 a sistema, e, quindi, fare riferimento alle norme sul processo del lavoro ed infine richiamare le norme del procedimento ordinario di cognizione.

Il prof. Ruffini ha sottolineato come vi siano differenze notevoli rispetto al (l’abrogato) procedimento sommario societario. Nel rito Fornero l’alternativa tra rigetto o accoglimento è nella fase sommaria e, pertanto, il provvedimento di rigetto, nel rito Fornero è perfettamente concepibile anche nella fase sommaria. Analoghe conclusioni sono state raggiunte con riferimento al procedimento di repressione della condotta antisindacale.

Con riguardo all’ambito di applicazione il prof. Ruffini ha evidenziato che il rito di cui all’art. 1, commi 48 e segg. della legge n. 92 del 2012 si applica alle controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore della legge stessa e che il rito speciale è stato creato per le controversie alle quali oggettivamente si applica l’art. 18, escludendo che possa essere accolta la soluzione della facoltatività del rito.

Parimenti il prof. Ruffini ha escluso che sia possibile saltare la fase sommaria su impulso del solo attore: il tenore letterale della normativa non consente di ritenere la facoltatività unilaterale del rito Fornero, né la possibilità per l’attore di saltare la fase sommaria. Nel caso in cui l’attore scelga il rito ordinario il convenuto può eccepire l’erroneità del rito e chiedere che il giudice decida con ordinanza.

Il rito è, invece, secondo il docente, disponibile dalle parti, con riferimento alla sola fase sommaria; il giudizio si svolgerà nella fase di merito secondo le norme del rito speciale.

La domanda di accertamento del datore di lavoro – ha affermato il prof. Ruffini - non vale a scongiurare l’impugnativa del licenziamento e, quindi, vi è interesse del datore di lavoro a dissipare l’incertezza in ordine alla sorte del licenziamento (nelle more del termine per l’impugnativa dl licenziamento). In tale ipotesi, al fine di giungere ad una pronuncia di reintegrazione, deve ritenersi necessaria la domanda riconvenzionale del lavoratore.

Il rito non è dato al solo lavoratore essendo sufficiente che la controversia abbia ad oggetto l’impugnativa del licenziamento e sono, quindi, comprese nel suo ambito di

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applicabilità anche le cause aventi ad oggetto l’accertamento della legittimità del licenziamento. Il datore di lavoro può, pertanto, fruire del rito speciale.

La riconvenzionale del lavoratore nella fase sommaria deve essere ritenuta - necessariamente - ammissibile e con riferimento alla tutela dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (riformato dalla stessa legge n. 92 del 2012). Nella fase sommaria sono inammissibili le (sole) domande riconvenzionali aventi ad oggetto fatti costitutivi diversi.

Sul punto il prof. Ruffini ha affermato che domanda riconvenzionale è qualsiasi domanda dalla cui proposizione non dipende l’acquisizione della qualità di parte e che l’art. 36 c.p.c. non definisce la domanda riconvenzionale, ma individua le domande riconvenzionali suscettibili di dare luogo a spostamento di competenza.

Nel caso esaminato da Sez. Lavoro n. 3838/2014 il prof. Ruffini ritiene trattarsi di ipotesti di continenza e non di litispendenza - al contrario di quanto ritenuto dal tribunale di Torre Annunziata -. Sul punto è ininfluente che la domanda sia stata proposta da Schettino il 26 novembre davanti al tribunale di Genova, con domanda riconvenzionale, in quanto la causa già pendeva a Genova. Nel caso di specie il tribunale di Torre Annunziata poteva dichiarare la continenza e, rilevato che la causa era stata già proposta, non assegnare alcun termine.

Intervento della presidente Margherita Leone.

La presidente di sezione del tribunale di Roma. dr.ssa Leone, nel suo intervento, ha evidenziato la necessità di tenere presente la finalità perseguita dal rito Fornero che è quella di velocizzare la definizione delle liti in materia di licenziamenti: si tratta di un interesse pubblico.

La dott.ssa Leone ha sottolineato come in primo grado non siano ancora disponibili i codici identificativi delle cause che in fase di opposizione devono seguire il rito Fornero;

che la maggioranza dei giudici di merito ha optato per l’obbligatorietà del rito e che l’unico tribunale che si è determinato diversamente – affermando la facoltatività del rito nelle linee guida della sezione lavoro - è quello di Firenze.

La presidente Leone ha, inoltre, posto in evidenza la necessità di individuare le domande basate sui medesimi fatti costitutivi e ciò in quanto le domande che non attengo ai medesimi fatti costitutivi devono essere rimesse alla trattazione con rito ordinario.

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La dr.ssa leone ha affermato che qualora si ritenga la possibilità di saltare la fase sommaria sull’accordo delle parti si creano difficoltà rispetto alla previsione perentoria dell’art. 1, comma 47, che prevede che il rito inizia con una fase sommaria e contrasta con la caratterizzazione latamente impugnatoria del giudizio di opposizione. La presidente Leone ha ricordato che il tribunale di Roma ha, con due distinte ordinanze, partendo dall’obbligatorietà del rito, affermato che a condizione che il lavoratore abbia impugnato il licenziamento, il datore di lavoro può fruire del rito Fornero e ciò in quanto se si ritiene sussistente l’interesse del datore di lavoro è necessario affermare che può fruire del rito differenziato; altrimenti, dovrebbe affermarsi che le due cause, proposte una dal lavoratore con rito speciale e l’altra dal datore di lavoro con rito ordinario, dovrebbero riunirsi.

In ordine alla natura dell’accertamento nell’intervento la dr.ssa Leone ha evidenziato che non sembra necessario il parallelo con la tutela di cui all’art. 700 cod. proc. civ. in tema di fumus e ciò in quanto la scelta, per quanto concerne il rito Fornero, appare essere stata fatta a monte; l’art. 700 cod. proc. civ. potrebbe essere ammissibile in fase di opposizione, laddove la fase sommaria si sia chiusa con un provvedimento di rigetto a sfavore del lavoratore.

La dr.ssa Leone ha affermato che la fase di opposizione può comprendere le sole domande ammissibili sin dalla prima fase (sommaria) ossia quelle scaturenti dai medesimi fatti costitutivi.

Intervento del prof. Domenico Dalfino.

Il prof. Dalfino ha approntato relazione scritta. Nel suo intervento ha sottolineato come la fase sommaria sembra adeguata alla formazione di un provvedimento dotato di stabilità; i numeri sembrano confermare questa prospettiva in quanto solo il 30% dei provvedimenti emessi in fase sommaria risultano opposti. L’ordinanza ha efficacia preclusiva; è sostanzialmente un giudicato, sebbene vi siano delle difficoltà terminologiche ad ammetterlo. L’opposizione apre un giudizio di primo grado avente vocazione impugnatoria. Il reclamo è sostanzialmente un giudizio di appello, anche se verosimilmente non sono applicabili tutte le norme che regolano l’appello nel rito lavoro.

La tesi della facoltatività potrebbe far superare gran parte dei problemi, ma l’obbligatorietà del rito sembra soluzione necessitata. Il rito Fornero è esclusivo, oltre che obbligatorio, nel senso che con esso possono essere fatte valere soltanto alcune

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domande. L’obbligatori deriva dalla finalità acceleratoria del rito: destinazione di un certo tipo di controversie su di una via più rapida. Non può pertanto escludersi un interesse ad agire in capo al datore di lavoro. Il salto della fase sommaria sull’accordo delle parti non appare pienamente convincente dal punto di vista letterale (stante il tenore letterale dell’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012,: “contro l’ordinanza”) ed è previsto un termine di decadenza per la proposizione dell’opposizione; trattasi di un rimedio avverso la decisione presa nella fase sommaria.

In ordine al problema della fruibilità del rito da parte datoriale il prof. Dalfino ha sottolineato come la tesi favorevole appaia preferibile, in quanto finalità del procedimento è agevolare la definizione di un certo tipo di contenzioso; non si può, inoltre, escludere l’interesse ad agire del datore di lavoro tutte le volte in cui sia stata proposta l’impugnativa del licenziamento; può darsi, altresì, il caso dell’art. 700 cod.

proc. civ. che annulli un licenziamento o ne sospenda gli effetti; in tal caso appare praticabile l’introduzione del rito Fornero da parte del datore di lavoro. In relazione al pericolo della scelta del foro da parte del datore di lavoro si tratta di un problema che già si poneva con il rito ordinario stante il disposto dell’art. 413 cod. proc. civ.

Il prof. Dalfino ha affermato che la riconvenzionale del lavoratore, nel caso di procedimento instaurato dal datore, è ammissibile in quanto sia fondata sugli stessi fatti costituivi. Il regime della riconvenzionale non sarebbe, tuttavia, quello dell’art. 418 c.p.c.

in quanto in fase sommaria non vi sono preclusioni e decadenze. Il giudice, nel caso di riconvenzionale proposta in udienza dovrebbe spostare l’udienza al fine di concedere termini a difesa.

Sono ammissibili nella fase sommaria – ha affermato il docente - questioni di competenza e, quindi, anche di continenza e litispendenza. Nel caso di rimessione alle S.U. sembra trattarsi di questione di continenza e non di litispendenza. E’ opportuno, inoltre, che le questioni di competenza siano decise sin dalla fase sommaria. Il regolamento di competenza sarà proponibile a condizione che si tratta di provvedimenti sulla competenza ma definitivi.

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Intervento della presidente Carla Musella.

Nel suo intervento la Presidente Musella ha richiamato il “decalogo CEDU sulle cause di lavoro e previdenza” (di fine 2013); ha, inoltre, sottolineato la difficoltà di raggiungere delle linee guide condivise nella comunità degli interpreti evidenziando che il rito di cui alla legge n. 92 del 2012 moltiplica il contenzioso con rischio di contrasto di giudicati.

Occorre, quindi, ritenere che l’errore di rito comporta soltanto la privazione della corsia preferenziale. Nella corte di appello di Napoli vi sono già pronunce su cause con rito Fornero.

Nel caso in cui la causa, pur se proposta con il rito ordinario, sia celermente decisa non si ravvisano lesioni concrete per le parti. In detta ottica appare ritenere sottolineare la

“preferenzialità” del rito Fornero rispetto al rito speciale per le cause di lavoro ma non l’esclusività dello stesso; la presidente Musella ha sottolineato la necessità di fare riferimento ai principi del “giusto processo” e di chiarire la nozione di “qualificazione del rapporto” soprattutto nel caso di “lavoro nero”. Verosimilmente il rito Fornero non è fruibile dal datore di lavoro, salvi casi particolari. Nell’ipotesi in cui vi sia stata proposizione della controversia da parte del lavoratore davanti al collegio arbitrale – come nel caso di cui all’ordinanza n. 3838 del 2013 - il datore di lavoro deve proporre azione di accertamento, ma con rito di cui agli art. 414 e segg. c.p.c.

La separazione delle cause pone notevolissimi problemi di gestione in ordine alla corresponsione del contributo unificato, alla gestione dei ruoli. Soluzione potrebbe essere l’abrogazione del rito speciale con permanere della corsia preferenziale.

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Dibattito.

Prof. Costantino: Le questioni pregiudiziali di rito (competenza, giurisdizione, notifica) devono essere affrontate e risolte dal giudice. Nell’attuale formulazione delle norme sul rito cd. Fornero il giudice nella fase sommaria, in quella di opposizione e in quella di reclamo regola il processo nel modo in cui ritiene più opportuno: il che è contrario al principio di uguaglianza; si appalesa, quindi, la necessità di intervento della giurisprudenza. Verosimilmente il rito può essere ritenuto non obbligatorio, stante la labilità del testo normativo.

Dr.ssa Marrocco: La fase sommaria non può essere saltata, in quanto lo strumento processuale è stato concepito con detta fase. E’ inoltre necessario chiarire cosa sia la fase di opposizione, dovendosi tenere conto anche delle previsioni tabellari che prevedono normalmente un giudice diverso per la fase sommaria. In ordine all’interesse ad agire: il giudice di primo grado accerta l’interesse ad agire nel contraddittorio delle parti ossia a procedimento già aperto. Se comunque si ritiene di accordare al datore di lavoro l’azione di accertamento occorre porsi il problema di quel che accade nel caso in cui il lavoratore chieda, nel costituirsi in giudizio, di fruire del rito Fornero per le domande da lui proposte, con la conseguenza che appare necessario consentire al datore di agire con il rito Fornero. L’errore di rito comporta la decisione in rito che consente alla parte di iniziare un nuovo procedimento con rito ordinario. Il rito Fornero dovrebbe applicarsi per i lavoratori con busta paga e di datori di lavoro con più di 15 dipendenti. Il problema di applicabilità si pone in particolare con riferimento ai processi che dovrebbero concludersi con una pronuncia di conversione del rapporto. La decadenza dall’impugnativa del licenziamento è scongiurata dal deposito del ricorso, ai sensi dell’art.

32 legge 183 del 2010.

Due domande sono, a causa della necessità di chiudere i lavori, rimaste sul tavolo:

(dr. A. D. De Santis): applicabilità dell’art. 420 bis nella fase sommaria?

(dr.ssa Leone) è possibile sollevare l’eccezione di incostituzionalità nella fase sommaria?

Il magistrato redattore (Cristiano Valle)

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Principali rifermenti normativi:

cod. proc. civ. art. 36 cod. proc. civ. art. 39 cod. proc. civ. art. 42 cod. proc. civ. at. 413 cod. proc. civ. art. 414 cod. proc. civ. art. 418 cod. proc. civ. art. 420 bis cod. proc. civ. art. 700

legge 20/05/1970, n. 300, art. 18 legge 20/05/1970, art. 28

d.lgs. 1/09/2011, n. 150

legge 4/11/2010, n. 183, art. 32

legge 28/06/2012, n. 92, art. 1, commi 47 e seguenti

Principali riferimenti giurisprudenziali:

Corte di cassazione Sez. L. ord. n. 3838 del 18.02.2014

Riferimenti

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