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Il sarcofago di Nefertiti

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«La Stampa» 18 marzo 2016

Il sarcofago di Nefertiti

L’ultimo mistero di Tutankhamon

Il Cairo ammette l’esistenza di due camere segrete nel sepolcro del giovane monarca, ma non si sbilancia Vittorio Sabadin

Ci sono davvero due camere segrete ancora inviolate nella tomba del faraone Tutankhamon, e una delle due potrebbe contenere i resti della più bella e misteriosa regina d’Egitto, Nefertiti.

Il ministro delle Antichità Mamdouh el-Damaty ha convocato ieri al Cairo una conferenza stam- pa per annunciare di essere certo al 90% che le camere segrete esistono. Non ha mai pronun- ciato il nome di Nefertiti, limitandosi a parlare genericamente di possibili «parenti di Tutankha- mon», ma ha aggiunto che questa scoperta «è la più importante del secolo, importante non solo per la storia dell’Egitto, ma per la storia del mondo».

A sospettare per primo che nelle pareti nord e ovest della camera sepolcrale di Tut ci fosse- ro due aperture nascoste era stato qualche mese fa l’archeologo britannico Nicholas Reeves, che lavora per l’Università dell’Arizona. Foto ad alta risoluzione avevano evidenziato la presen- za di piccoli solchi rettilinei e di angoli a 90 gradi, invisibili a occhio nudo. Un team internazio- nale, composto da ricercatori francesi e giapponesi, ha confermato l’ipotesi rilevando variazioni di temperatura sulle due pareti, interpretate come la conferma dell’esistenza di cavità segrete.

Ora i risultati di una scansione ai raggi X, effettuata nel novembre scorso, hanno eliminato gli ultimi dubbi: non solo le stanze segrete esistono, ma contengono anche materiale organico e metalli.

Reeves è convinto che dietro la parete nord sarà trovata la tomba di Nefertiti, che era pro- babilmente la madre di Tutankhamon. La sua tesi è stata inizialmente accolta con freddezza nella comunità degli egittologi, ma non è così bizzarra come sembra. Quando nel novembre del 1922 l’archeologo inglese Howard Carter entrò per primo dopo 3200 anni nell’inviolata tomba di Tut nella Valle dei Re, il clamore della scoperta e dei meravigliosi oggetti ritrovati fece pas- sare in secondo piano ogni altra considerazione. Ma in quella tomba molti particolari non erano al loro posto.

Innanzi tutto, dopo la scala discendente e il corridoio, il percorso si sviluppava a destra, com’era abitudine nelle tombe femminili e non in quelle maschili, orientate invece a sinistra.

Gli oggetti lasciati nell’anticamera erano accumulati uno sull’altro in un modo così caotico da far pensare che la loro sistemazione fosse avvenuta molto in fretta e in uno spazio non suffi- ciente a contenerli tutti. Quando poi Carter aprì un varco nella terza porta che conduceva alla camera funeraria, fu stupito di trovarsi di fronte, a soli pochi centimetri di distanza, la parete della cappella in legno laminato d’oro che ospitava il sarcofago. Anche quella stanza era troppo piccola per quello che doveva contenere: aveva le dimensioni di un’anticamera, e forse lo era davvero.

Secondo Reeves, le cose sono andate in questo modo: la tomba scoperta da Carter era sta- ta scavata per ospitare Nefertiti, morta nel 1336 a.C., e la regina vi è ancora sepolta. Il suo corredo funerario era stato collocato in modo ordinato e corrispondente alle tradizioni nell’an- ticamera della tomba e nelle sale laterali. Il nuovo faraone era ancora molto giovane e ci sa-

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rebbe stato tutto il tempo di realizzare anche per lui una degna tomba. La morte di Tutankha- mon a soli 19 anni, forse per una caduta da cavallo, avvenne però molto prima e fu necessario dunque trovare una soluzione di emergenza. Nefertiti non era più così popolare, tra i sacerdoti dell’Egitto. Con il marito Akhenaton aveva introdotto una nuova religione monoteista basata sul culto del dio Sole (Aton) e fondato una nuova capitale ad Amarna, ma con la morte del fa- raone il vecchio culto di Amon e del suo pantheon era stato restaurato, Amarna era stata ab- bandonata e la memoria di Akhenaton cancellata.

Tut era solo un ragazzino, aveva regnato per pochi, insignificanti anni, e non ci sarebbe da stupirsi se fosse davvero stato sepolto rimediando un po’ di spazio nella tomba della madre. I due corredi funerari sarebbero così stati fusi, creando quel meraviglioso tesoro, composto da circa 6000 pezzi, che allo stesso Carter era sembrato esagerato per un faraone bambino. An- che un esame più attento della maschera d’oro, il più famoso ritrovamento dell’antichità egizia, potrebbe rivelare secondo Reeves che era stata realizzata per Nefertiti, e non per lui.

Passerà ancora diverso tempo prima che si trovi il coraggio di praticare un foro nelle due pareti affrescate della camera mortuaria di Tutankhamon, anche solo per infilarvi una micro- scopica telecamera. Chiunque darà quest’ordine vorrà prima essere molto sicuro di trovare qualcosa di importante dall’altra parte. Ma l’archeologia è affascinante proprio per questo: pri- ma che cada l’ultima barriera, svelando la verità, ci racconta sempre storie credibili e meravi- gliose.

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