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Parmenide, Sulla natura
11. Frammento DK B1: il proemio
Le cavalle che mi portano, fin dove vuole il mio cuore,
anche ora mi condussero via, dopo che le dee mi ebbero guidato
sulla via molto famosa, che per ogni città porta l’uomo che possiede il sapere.
Là venni condotto; là mi portarono le molto avvedute cavalle tirando il carro, e le fanciulle additavano il cammino. (5) L’asse infuocato nei mozzi mandava un suono stridente (poiché da ambo i lati era tratto
da due ben curvati cerchi) ogni qual volta le figlie del Sole, abbandonate le case della Notte, affrettavano il corso a guidarmi verso la luce, liberando il capo dai veli. (10)
Ivi è la porta che mette ai sentieri della Notte e del Giorno, e ai due estremi la chiudono l’architrave e la soglia di pietra, e la riempiono, in alto nell’etere, grandi battenti
di cui la Giustizia che molto punisce tiene le chiavi dall’alterno uso.
Ad essa allora le fanciulle rivolsero dolci parole (15) ed abili la convinsero a toglier per loro in un baleno la sbarra che chiude la porta; e questa si spalancò aprendo l’immenso vano dei battenti e facendo girare l’un dopo l’altro nei loro incavi i cardini gravi di bronzo
fissati con perni e chiodi; e di là prontamente, attraverso la porta, (20) le fanciulle guidarono carro e cavalli lungo la strada.
E benigna la dea m’accolse, e mi prese la destra e così parlò dicendomi queste parole:
“O giovane condotto da guide immortali
che vieni alla nostra casa portato dalle cavalle, (25) sii il benvenuto! Poiché non fu un avverso destino
1 La traduzione italiana dei frammenti di Parmenide è tratta da I presocratici. Frammenti e testimonianze, a cura di A.
Pasquinelli, Einaudi, Torino 1958, rist. 1976, pp. 225-41.
2 a mandarti per questa via (che invero è lontana dall’orma dell’uomo),
ma la legge divina e la giustizia. Ma ora devi imparare ogni cosa e il cuore che non trema della ben rotonda Verità
e le opinioni dei mortali, in cui non è vera certezza. (30) Ma tuttavia anche questo imparerai, come l’apparenza
debba configurarsi perché possa veramente apparir verosimile, penetrando il tutto in tutti i sensi.”
2. Frammento DK B2: le due vie di ricerca
Orsù, io dirò –e tu porgi orecchio alle parole che odi–
quali sono le vie di ricerca che sole son da pensare:
l’una che è e che non è possibile che non sia,
e questa è la via della Persuasione (giacché segue la Verità), l’altra che non è e che è necessario che non sia, (5)
e questo, ti dico, è un sentiero inaccessibile ad ogni ricerca.
Perché il non essere non puoi né conoscerlo (è infatti impossibile), né esprimerlo.
3. Frammento DK B3: identità fra pensare ed essere
…poiché lo stesso è pensare ed essere.
4. Frammento DK B6: la terza via
Per la parola e il pensiero bisogna che l’essere sia: solo esso infatti è possibile che sia, e il nulla non è: su questo ti esorto a riflettere.
Poiché da questa prima via di ricerca ti tengo lontano, ma anche da quella su cui errano i mortali che niente sanno, uomini a due teste: poiché è l’incertezza (5)
che dirige nei loro petti l’oscillante mente. Ed essi vengono portati avanti, muti e ciechi ad un tempo, attoniti, gente indecisa,
per cui l’essere e il non-essere è lo stesso
e non è lo stesso, e per cui di ogni cosa v’è una strada che può essere percorsa in due sensi.
3 5. Frammenti DK B7-B8: le proprietà dell’essere
Poiché non potrà mai aver forza di costrizione che sia ciò che non è;
ma tu allontana invece il pensiero da questa via di ricerca
e fa che l’abitudine nata dalle molte esperienze degli uomini non ti costringa a diriger su questa strada l’occhio che non vede e il rimbombante udito
e la lingua, ma col solo pensiero esamina e decidi la molto dibattuta questione (5) che da me fu detta. E rimane ormai da parlare solo della via
che dice che è. Su questa via vi sono moltissimi segni:
essendo ingenerato è anche imperituro,
poiché è integro nelle sue membra e saldo e senza un termine a cui tenda.
E non è mai stato e non sarà mai, perché è ora tutto insieme nella sua compiutezza, (10) uno, continuo. E infatti quale mai origine vorresti cercare per esso?
Come sarebbe nato, e di dove? Dal non essere non ti permetto di dirlo, né di pensarlo. Poiché non vi è possibilità di dire o pensare che non è. E quale necessità poi dovrebbe averlo spinto
a nascer dopo o prima, se comincia dal nulla? (15)
Così è necessario che sia in assoluto o che non sia affatto.
E neppure dall’essere la forza della convinzione potrà mai ammettere che nasca qualcosa di diverso da esso. Per questo né il nascere né il perire gli concesse Dike allentando i legami,
ma lo tiene ben fermo. Intorno a queste cose non v’è altra decisione possibile: (20) è o non è. E, com’era necessario, il nostro giudizio fu quindi
di abbandonare una delle vie perché impensabile e innominabile (e infatti non è la strada della verità), e che l’altra è ed è vera.
E come potrebbe l’essere esistere in futuro? e come potrebbe esser stato in passato?
Poiché se fu non è, e così non è se dovrà essere in futuro. (25) Così si estingue la nascita e la morte scompare.
E inoltre non è divisibile, perché è tutto uguale,
né c’è in qualche parte un di più d’essere che possa impedirgli la contiguità di sé con se stesso, né un punto in cui meno prevalga, me è tutto pieno di essere.
Per questo è tutto continuo: ché l’essere all’essere è accosto. (30)
4 Ma immobile, costretto nei limiti di vincoli immensi
è l’essere senza principio né fine, poiché nascita e morte furono respinte lontano, e le allontanò la vera convinzione.
Identico nell’identico luogo restando, giace in se stesso,
e così vi rimane immobile, che la forza imbattibile della necessità (35) lo costrinse nelle catene del limite che intorno lo avvolge,
poiché l’essere non può non esser compiuto;
infatti non manca di niente, perché se fosse di qualcosa manchevole, mancherebbe di tutto.
La stessa cosa è pensare e il pensiero che è.
Ché senza l’essere in cui è espresso (40)
non troverai il pensiero: nient’altro infatti è o sarà al di fuori dell’essere, poiché di fatti la Moira lo vincolò ad essere un tutto ed immobile; perciò non sono che puri nomi quelli che i mortali hanno posto, convinti che fossero veri:
divenire e perire, essere e non essere, (45) e cambiar di luogo e mutare lo splendente colore Ma essendovi un limite stremo, esso è compiuto tutto intorno, simile alla massa di una rotonda sfera, che dal centro preme in ogni parte con ugual forza:
giacché è necessario che non sia in questo o quel punto di un poco più grande o più piccolo. (50) E infatti non c’è un non-essere che gli vieti di giungere
a ciò che è a lui uguale, né un essere che dell’essere
sia qui in misura maggiore là minore, poiché è tutto quanto inviolabile.
E infatti da ogni parte identico a se stesso, urta in ugual maniera nei suoi confini.
E qui termino il discorso della certezza e il pensiero (55)
intorno alla verità; e da questo momento apprendi le opinioni dei mortali, ascoltando l’ordine ingannevole che nasce delle mie parole.
I mortali infatti nelle loro dottrine hanno dato nome a due forme delle quali neppure una si deve nominare (e in questo è il loro errore) e opponendole ne distinsero la figura, e vi apposero segni (60)
assolutamente diversi l’uno dall’altro: qui la fiamma del fuoco etereo,
5 dolce, e lieve al più alto grado, e dappertutto uguale a se stesso,
ma non uguale all’altro; ed anche quello per sé,
come suo contrario: la notte senza luce, massa densa e pesante.
Questa disposizione del mondo, puramente apparente, ti espongo in ogni particolare, (65) così che non potrà mai vincerti qualsiasi opinione di mortali.
6. Frammenti DK B9-B10: la doxa
B9
Ma poiché ogni cosa ha avuto nome luce e notte,
e tali nomi, secondo le forze che esprimono, furono apposti a questo e a quello, tutto è pieno ad un tempo di luce e d’invisibile notte,
ambedue in pari misura, poiché niente partecipa di nessuna delle due.
B10
Conoscerai la natura dell’etere e nell’etere tutte le costellazioni e della pura e chiara lampada del sole l’opera di distruzione, e donde nacquero,
saprai della vagante luna dal rotondo occhio l’azione e la natura, e il cielo conoscerai, che tutto cinge, (5) donde nacque e come la Necessità guidandolo lo costrinse a tenere i confini degli astri.