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Impresa con partite in valuta diversa, di solito internazionalizzata. 3

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Academic year: 2022

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FINANZA AZIENDALE PROGREDITO

L1 lunedì 17 febbraio 2020 Ci interessa una finanza aziendale prevalentemente operativa, intesa come “funziona finanza” all’interno delle funzioni aziendali. Ci focalizziamo sui compiti della funzione finanza, non ci occupiamo dei mercati ma delle problematiche gestionali. Esse cambiano in base alla dimensione dell’impresa. In un’impresa media strutturata, vi è un CEO, ossia l’amministratore delegato, che è il coordinatore di tutta la gestione. Sotto vi sono diverse funzioni – marketing, produzione - tra cui la funzione finanza appunto, con un CFO (Chief Financial Officer).

Noi ci occupiamo del suo lavoro.

I compiti della funzione finanza

Vi sono compiti tradizionali e altri più recenti. Quelli tradizionali sono:

1. Reperimento delle risorse finanziarie (!): è necessario trovare le risorse per lo sviluppo, raccogliere capitale, impostare la struttura finanziaria.

2. Valutazione di strategie e investimenti (fatto in finanza aziendale): si forniscono i criteri e le metodologie di valutazione preventiva delle strategie1 aziendali;

3. Tesoreria e posizione finanziaria netta a breve PFNB (incassi, pagamenti, saldi di cassa);

4. Gestione dei rischi finanziari (→ seminari di Boero): i rischi finanziari (e non di tipo “generale”) sono quelli di cambio2, di tasso di interesse3.

Accanto a questi compiti “tradizionali”, vi è quello di definizione delle operazioni straordinarie (merger acquisitions): si tratta di operazioni complesse gestite dall’operazione finanza. Infatti, accanto agli investimenti classici le grandi imprese fanno anche acquisizioni di imprese più piccole che abbiano in pancia progetti interessanti.

La struttura finanziaria è l’elemento di studio e di attuazione delle decisioni di reperimento delle risorse finanziarie. La decisioni di struttura finanziaria sono decisioni di tipo strategico che fanno capo ai massimi livelli della gerarchia, vengono prese secondo il criterio del valore per i soci nel rispetto dell’equilibrio finanziario. Soci diversi portano a strutture finanziarie diverse. L’attuazione delle strategie in materia di struttura finanziaria è il piano finanziario.

IL PIANO FINANZIARIO

Il piano finanziario è fatto di alcune FASI, passaggi logici che avvengono di continuo, in modo rotativo. Non è una cosa statica ma che si modifica e si sviluppa in continuazione, perché cambiano le circostanze esterne.

1) Previsione finanziaria: si prevedono i fabbisogni finanziari, si guardano quali sono le fonti già immesse, e dunque il gap da coprire dal punto di vista quantitativo e qualitativo.

2) Identificare le soluzioni possibili di copertura: è una fase delicata. Il meccanismo logico è generare delle alternative sulla base delle quali scegliere poi la più conveniente. Questa parte include una parte importante di analisi della formazione dei fabbisogni. Per decidere come finanziarsi, bisogna comprendere l’origine e la dinamica dei propri fabbisogni.

3) Decisioni, soluzioni migliori: sulla base delle soluzioni possibili scelgo le migliori.

4) Verifica di fattibilità, fase che si articola in due punti:

a. Facilità di attingere al capitale di rischio dai soci attuali o possibili;

b. Capacità di credito (bisogna cercare di capire come ragionano le banche);

5) Scelta degli strumenti (mutuo, leasing…).

1 Insieme di decisioni coordinate tra loro che attraverso obiettivi intermedi, come quote di mercato, leadership tecnologica, arrivano a un obiettivo finale che è il valore per i soci. Vi sono strategie di corporate e strategie di business. Quelle di corporate per decidere in quali business competere, per capire come competere in quel business alla ricerca del vantaggio competitivo nel gioco delle 5 forze di Porter.

2 Impresa con partite in valuta diversa, di solito internazionalizzata.

3 Legati all’evoluzione futura dei tassi es. indebitamento a tasso fisso (se si alza ci guadagno, se si abbassa ci perdo).

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2 Equilibrio finanziario

Il suo significato può essere differente a seconda degli obiettivi prefissati. Nel nostro caso ci si riferisce alla struttura finanziaria, con il conto impieghi e fonti.

➢ Impieghi→ in ordine di liquidità (velocità a tornare in forma liquida, generare flussi in entrata).

➢ Fonti→ in ordine di esigibilità (di generare flussi in uscita). Il capitale netto non genera flussi in uscita ma è un elemento di “stabilità”.

IMPIEGHI FONTI

Liquidità Debiti a breve di finanziam,

Crediti Debiti a breve di funzionam.

Scorte Debiti a M-L termine

Immobilizzazioni Capitale Netto

TOT TOT

IMPIEGHI FONTI

Crediti PFNB

Scorte Debiti di funzionamento*

Immobilizzazioni Debiti a M-L termine Capitale Netto

TOT TOT

*Meglio indicare i debiti a breve come debiti di funzionamento e incorporare quelli di finanziamento nella PFNB come differenza tra Liquidità e Db. a breve di fin.

Bisogna infatti distinguere i debiti a breve tra quelli di finanziamento e funzionamento:

1. di finanziamento→ fanno capo alle scelte di gestione finanziaria e hanno come controparte degli intermediari finanziari o il mercato finanziario, fanno dunque capo alla sfera della funzione finanza.

2. di funzionamento→ fanno capo alla gestione degli approvvigionamenti, alla gestione amministrativa (es. fornitori) e dunque a logiche completamente diverse.

La PFNB è corrispondente al saldo tra liquidità e debiti a breve di finanziamento, si può trovare sia tra gli impieghi che tra le fonti a seconda che sia positiva o negativa.

Il capitale circolante lordo (CCL) è l’insieme degli impieghi che hanno rotazioni a breve termine, è la somma delle poste a breve termine utilizzate dall’azienda per lo svolgimento della sua attività, quindi: magazzino, crediti, liquidità.

Il capitale circolante netto (CCN) è il lordo a cui si sottraggono le passività a breve termine (i debiti a breve termine).

Il concetto di equilibrio finanziario si basa sui cicli finanziari. Sono quei cicli che si attivano per avviare prima, e mantenere dopo, tutto il ciclo produttivo dell’impresa: cicli degli impieghi e i cicli delle fonti.

I cicli iniziano con la ricerca di risorse finanziarie finalizzate all’acquisizione di fattori produttivi, in quanto un’impresa per svolgere la propria attività deve comperare fattori produttivi, per poi trasformarli o venderli.

Prima però occorre attivare delle fonti che diano della liquidità per comprare tali fattori produttivi, che possono essere di due tipologie:

a. beni correnti: partecipano al processo produttivo una volta sola (o meglio, ad un solo ciclo produttivo) si accumulano nelle scorte (es. creta). Il ritorno liquido dell’impiego avviene in modo diretto, attraverso la vendita del prodotto.

b. beni strumentali: non “entrano” nel prodotto ma servono per produrlo (es. ruota). Un bene strumentale partecipa a molti cicli produttivi ed è dunque un bene a fecondità ripetuta. Il suo intervento conferisce valore per il cliente (trasformando la creta in vaso). Ha un ritorno illiquido ed indiretto, attraverso il cash flow generato dalle singole unità di prodotto vendute che si accumula. Essendo il ritorno indiretto e basandosi su una forbice, data da: “entrate dei ricavi – uscite dei costi”, è soggetto

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3 nel tempo a rischi che vi siano annate per cui la forbice tra ricavi e costi si stringe o addirittura si inverte.

Mentre i crediti e le scorte hanno ritorni dirette, le immobilizzazioni hanno ritorno indiretto tramite il cash flow. Il cash flow va inteso come differenza tra le entrate connesse ai ricavi monetari e le uscite connesse ai costi monetari. È da stimare e bisogna tener conto del rischio che può essere maggiore o minore a seconda delle condizioni.

NB- Ricavi e costi monetari e non: i ricavi e costi di natura monetaria vanno distinti da quelli di natura non monetaria. Quelli di natura non monetaria riguardano la contabilità. Quelli monetari sono ricavi che generano entrate e costi che generano uscite: non si considera dunque l’ammortamento dei beni strumentali, gli accantonamenti… Il cash flow nel nostro esempio è dato dal ricavo generato dalla vendita del vaso a cui si sottrae il costo della pittura, della materia prima, ossia i costi con uscita in moneta che servono alla costruzione del prodotto finale.

NB: ogni unità di prodotto (es. vaso) genera un margine finanziario come differenza tra entrate dei ricavi monetari e uscite dei costi monetari. La somma di questi margini finanziari generati da ogni unità di prodotto venduto è il cash flow.

Il ritorno dell’investimento (della ruota) è il ritorno che ho dall’accumulo dei cash flow generati dalla somma delle unità di prodotto vendute. Il tempo necessario al ritorno dell’investimento dipende dal cash flow per singola unità di prodotto e dal valore del bene strumentale (quanti prodotti servono e in quanto posso produrre e venderli). I tempi di ritorno degli investimenti determinano le soluzioni di finanziamento: vi sono investimenti con tempi di ritorno molto veloci e altri con tempi di ritorno lunghissimi. Tutto dipenderà dalla proporzione tra il valore del bene strumentale4, il cash flow generato da ogni unità di prodotto e il tempo necessario all’accumulo di questi cash flow.

Vi è poi il ciclo delle fonti, che finanziano gli impieghi.

È molto importante il concetto dell’equilibrio finanziario e della piscina: se l’obiettivo è mantenere il livello della liquidità (acqua) tra un minimo ed un massimo, per far rimanere il livello dell’acqua tra un massimo ed un minimo, conta la proporzione tra i due rubinetti che attingono e versano acqua nella piscina. I due rubinetti della piscina sono la velocità di ritorno degli impieghi e l’esigibilità delle fonti. Il problema non è quanto sia aperto il singolo rubinetto ma la proporzione tra quanto sia aperto uno e quanto l’altro. Ciascun rubinetto va regolato in funzione dell’altro. Bisogna regolare l’esigibilità delle fonti in funzione del ritorno degli impieghi. Se l’esigibilità delle fonti è minore di quella del ritorno degli impieghi vi è un problema. Bisogna regolare la rotazione degli impieghi e l’esigibilità delle fonti: è un problema di fluido incrocio che vi dev’essere tra i flussi in entrata per il ritorno degli impieghi e i flussi in uscita per l’esigibilità delle fonti. Infatti, la liquidità per pagare i debiti viene dal ritorno degli impieghi.

“L’equilibrio finanziario è una condizione della struttura finanziaria (un suo modo di essere) tale da dare luogo ad un fluido incrocio in prospettiva tra entrate derivanti dal ritorno degli impieghi, e

uscite derivanti dall’esigibilità delle fonti.”

Il primo compito base della finanza è determinare le fonti nel rispetto dell’equilibrio finanziario.

►NB: viene prima la decisione sugli impieghi, che a sua volta dipende dalle strategie aziendali, poi il piano finanziario finalizzato a reperire le fonti appropriate ai cicli di ritorno degli impieghi. Il piano finanziario dev’essere tuttavia orientato a massimizzare il valore per i soci.

L2 martedì 18 febbraio 2020 Obiettivo dell’equilibrio finanziario è creare le premesse5 per mantenere una situazione di liquidità: la situazione di liquidità per un’impresa è essere in grado di fare fronte in modo economico e regolare a tutti gli impegni di pagamento. Ciò significa farvi fronte puntualmente, senza perdite, con mezzi di pagamenti

4 Ad esempio, per un hotel il ritorno dell’investimento si ha quando si vende l’intero immobile, la singola camera d’albergo infatti di per sé ha un cash flow molto basso rispetto all’investimento iniziale per l’immobile.

5 Non ne ho tuttavia ho la certezza.

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4 normali: significa avere entrate prima della scadenza dei proprio impegni (fonti)6. È una condizione di sopravvivenza: un’impresa non in grado di far fronte ai propri impegni è considerata dai giuristi “in stato di insolvenza”. Tutto ciò si lega ai cicli finanziari (acquisizione fattori produttivi e ritorno dato dai flussi di vendita dei prodotti - attivazione di fonti di finanziamento tenendo conto della relativa esigibilità7).

Ciclo degli impieghi: i cicli finanziari degli impieghi sono a breve e a medio-lungo termine: micro e macro- ciclo. A tempo 0 ho un’uscita, successivamente avrò entrate date dai cash flow. Il tempo di ritorno di un’immobilizzazione dipende da quanto tempo ci vuole a vendere abbastanza unità di prodotto per accumulare tanto cash flow da recuperare (“fare il ritorno” di) tutto l’investimento iniziale.

Nel ciclo delle fonti abbiamo fonti che ci danno un’entrata e poi un’uscita unica, oppure diluita nel tempo. I cicli di queste fonti sono, o meglio devono essere, simmetrici a quelli degli impieghi. A tempo 0 ho un’entrata per quanto riguarda le fonti e un’uscita relativa agli impieghi. Devo cioè avere una fonte che mi genera un’entrata per poter attivare il ciclo degli impieghi. Il profilo finanziario della fonte dev’essere adeguato/correlato al profilo finanziario dell’impiego che finanzia (1° principio della finanza). Se i tempi di ritorno degli impieghi e di esigibilità delle fonti non sono tra loro ben correlati, avrò una crisi di liquidità, non avrò cioè le fonti necessarie per poter portare avanti la gestione.

Tra gli indicatori principali dell’EQUILIBRIO FINANZIARIO, vi è:

1) IL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO (1° indicatore fondamentale) Se il Capitale circolante netto, indicatore fondamentale dell’equilibrio finanziario, è positivo:

1. Abbiamo un maggior importo di impieghi (crediti) a breve rispetto alle fonti (i debiti) a breve. Quello che, nel breve termine, ruota a tornare è maggiore di quanto ruota ad uscire.

2. Tutte le immobilizzazioni sono coperte da fonti consolidate. Le immobilizzazioni che ritornano lentamente e corrono il rischio che la differenza tra entrate dei ricavi e uscite dei costi monetari si riducano, portando a chiudere o sparire il cash flow, devono essere coperte dalle cd. “fonti consolidate”, ovvero la somma di capitale netto e debiti a medio-lungo termine. Si chiamano fonti consolidate perché le uscite che hanno sono lente (in realtà, il CN non dà luogo ad uscite, è un elemento stabilizzatore che riduce le rotazioni in uscita, è una fonte non-esigibile). Vi è dunque una parte del circolante netto finanziata da fonti consolidate a scopo di stabilizzazione della struttura finanziaria: vi è un differenziale di velocità tra ritorno degli impieghi ed esigibilità delle fonti che protegge da eventuali imprevisti e oscillazioni del cash flow.

La gestione finanziaria dev’essere improntata a criteri prudenziali, è fatta di cicli finanziari amministrati dalla struttura finanziaria.

►NB – La struttura finanziaria: è la fotografia istantanea dei cicli finanziari in corso. Essa deve essere in condizione tale da dare prospettiva di fluido incrocio tra i flussi di cassa futuri (equilibrio finanziario). La struttura finanziaria di oggi è la determinante dei flussi finanziari di domani. Essa è sia strumento di analisi, che mi dice quali saranno i flussi futuri, mi fa capire i cicli finanziari in corso, ma è anche uno strumento di governo perché governandola gestisco tutti gli equilibri finanziari futuri.

È la funzione finanza che stabilisce, governa la struttura finanziaria futura (3, 6, 12 mesi…). Vista oggi è uno strumento di analisi, domani è uno strumento di governo (cosa devo o non devo modificare?)8. Ma di quanto dev’essere positivo il CCN? Vi sono 3 parametri:

1. Incidenza delle immobilizzazioni: Più vi sono immobilizzazioni, più sono lente e più sono rischiose, più circolante netto vi dev’essere. Il motivo è da ricollegarsi al fatto che in tal caso il rubinetto che immette liquidità è molto stretto, dunque devo cercare di rallentare i cicli del circolante (pochi debiti a breve).

2. Incidenza del capitale netto: viceversa, se ho molto capitale netto e tale non genera uscita e dunque restringe il rubinetto delle uscite, mi basta un circolante netto anche ridotto.

6 Si tratta di una circolazione di flussi finanziari che deve scorrere con un’entrata in grado di far fronte all’uscita prevista.

8 Ad esempio, vi può essere strategia errata.

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5 3. Incidenza delle scorte permanenti: è opportuno finanziare le scorte permanenti con fonti consolidate,

perché ruotano sempre ma non scendono mai.

Tutte e tre i parametri hanno a che fare con la dinamica dei cicli finanziari.

Il circolante è fatto da crediti e scorte. Bisogna però distinguere tra scorte permanenti e scorte oscillanti, poiché hanno diversi cicli finanziari. Le scorte permanenti devono essere in una certa quantità in magazzino per sostenere la produzione, vi è un’intensità di scorte permanenti in funzione dei volumi di attività. Le scorte permanenti hanno la caratteristica di avere una rotazione anche rapida ma di non diminuire mai. È un tipo di impiego da finanziare in modo stabile. L’unico vantaggio è poter adeguare il magazzino in base ai volumi di vendita, in periodo di crisi il magazzino è da diminuire e avrò più liquidità, a differenza delle immobilizzazioni.

Vi è sensibilità del profilo finanziario in caso di crisi: in quel caso le scorte possono essere ridotte aumentano la liquidità, le immobilizzazioni no.

Le scorte oscillanti sono invece scorte che hanno un profilo finanziario che ha un picco massimo e un minimo prevedibili: es. produzioni stagionali (panettoni). Dal punto di vista finanziario sono più facili da finanziare con finanziamenti di solito a breve termine, correlati, perché il loro profilo finanziario è definito e occorre solo una fonte di finanziamento che dia luogo ad un’entrata/abbiano linee di credito attuali ad esempio ad agosto, rimborsabili poi a dicembre (nel caso dei panettoni).

2) IL MARGINE DI STRUTTURA (2° indicatore) CN -immob.

È la differenza tra capitale netto ed immobilizzazioni. Mette a confronto diretto gli impieghi a rotazione lenta e rischiosa e la fonte che non dà esigibilità. Se le immobilizzazioni sono particolarmente lente e rischiose bisogna che il margine di struttura sia positivo. Le immobilizzazioni lente e rischiose si finanziano cioè con il capitale netto. Se il rischio si verifica, almeno non si fallisce. Viceversa, dove le immobilizzazioni sono un po’

più veloci e soprattutto meno rischiose (fattore che pesa di più è il rischio più basso), può anche esservi un margine di struttura negativo. Un’impresa con immobilizzazioni lente e rischiose, dove il parametro rischio pesa sempre di più, ha bisogno di un margine di struttura positivo. In tal modo, il capitale netto finanzia anche una parte di circolante.

Viceversa, un’impresa che ha immobilizzazioni più brevi ma soprattutto meno rischiose, tollera anche un margine di struttura negativo, perché i cash flow sono più prevedibili. Avere un margine di struttura negativo significa che la parte di immobilizzazioni non coperte dal capitale netto è coperta dai debiti a medio-lungo termine: se l’impresa è stabile, opera in un settore stabile9, la cosa è tollerabile.

►NB – Ritorno vs recupero. I flussi di cassa che portano al ritorno delle immobilizzazioni costituiscono un flusso che assicura due componenti:

a. Recupero del nominale investito;

b. Rendimento dell’investimento.

Il ritorno comprende sia il recupero che il rendimento. Non mi basta recuperare quanto investito, ma ho bisogno di un ritorno maggiore.

►NB – Il rapporto tra tempo di ritorno dell’investimento e di esigibilità di un prestito. La rata di un prestito dipende da tre parametri:

1. Importo del debito 2. Numero delle rate 3. Tasso di interesse

Se si volesse scegliere l’importo della rata sostenibile è possibile agire su due dei tre parametri precedenti. Sul tasso non si può agire, in quanto dato dal mercato. Si può agire solo sull’importo del debito e sulla durata del finanziamento. Ovvero, se si vuole abbassare l’importo delle rate, si può ridurre l’importo del finanziamento, oppure allungare la durata. Ridurre l’importo del finanziamento richiede del capitale proprio. Allungare la

9 Il settore alimentare è sicuramente più stabile di un settore tecnologico, biomedicale. Nel primo il margine di struttura potrà essere negativo, nel secondo no, perché gravano dei rischi sul “rubinetto” dei flussi in entrata.

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6 durata delle rate è più prudenziale, ma lascia con rate da pagare anche quando magari l’investimento è già finito.

L3 giovedì 20 febbraio 2020

►NB – Distinzione tra flussi economici e flussi finanziari. I flussi possono essere di tre tipologie differenti:

a. Solo economici: ammortamenti, accantonamenti… si tratta di costi o ricavi non monetari, che non hanno manifestazione finanziaria. Hanno solo un lato, quello economico. I flussi economici interessano chi si occupa di contabilità e bilancio sulla base del principio di competenza e tramite essi si origina il reddito.

b. Solo finanziari: hanno a che fare con la variazione di impieghi e fonti, non hanno riflessi economici (incasso crediti, pagamenti debiti). Anche i dividendi sono solo finanziari, come anche apporti o rimborsi di capitali.

c. Flussi economici finanziari: sono ricavi e costi con manifestazione monetaria. Sono i ricavi di vendita di beni e servizi e i costi di produzione, amministrazione…

In finanza abbiamo i flussi dei ricavi monetari e le uscite dei costi monetari, che danno luogo al cash flow, il risultato finanziario della gestione economica.

Flussi economici: ricavi – costi = reddito

Flussi finanziari: entrate relative ai ricavi – uscite relative ai costi= cash flow

La gestione economica ha un risultato economico che è il reddito e un risultato finanziario che è il cash flow: ciò che li differenzia sono i ricavi e i costi non monetari (ammortamenti, accantonamenti…). Oltre ad essi, vi è anche una serie di entrate ed uscite che non sono né ricavi, né costi, bensì fenomeni che il Conto Economico non rileva, in quanto legati non alla gestione economica ma ai movimenti di impieghi e fonti: es. incassare un credito, pagare un debito, apporto dei soci.

Non va confuso il cash flow, che è solo il flusso derivante da ricavi e costi monetari legati alla gestione economica (e ne è il risultato “finanziario”), dal flusso complessivo anche di tutte le variazioni di impieghi e fonti (che non generano ricavi e costi): la somma dei due blocchi (entrate date dai ricavi e uscite date dai costi + flussi derivanti dalla variazione di impieghi e fonti) porta alla variazione della Posizione finanziaria netta.

Cash flow→ risultato finanziario della gestione economica

Variazione (∆) della posizione finanziaria netta→ Cash flow + flussi derivanti dalla variazione di impieghi e fonti.

L’ANALISI DEI FLUSSI FINANZIARI: RICHIAMI

1° STRUMENTO - Prospetto di variazione impieghi e fonti tra inizio e a fine periodo

Per passare dal prospetto a inizio periodo a quello a fine periodo bisogna tener conto delle variazioni intercorse durante l’anno (∆Impieghi e ∆Fondi). Si confrontano due impieghi-fonti: quello a inizio e fine periodo. In questo modo ci si rende conto di quali componenti hanno generato flussi in entrata e quali flussi in uscita.

Facendo l’analisi di queste variazioni si possono capire quali flussi sono stati prodotti dai cicli finanziari in quell’intervallo di tempo. La regola è che, in un intervallo di tempo:

a. Sono entrate nette: +∆FONTI -∆IMPIEGHI. Significa che i flussi in entrata sono riconducibili ad un aumento delle fonti o a una riduzione degli impieghi. Infatti, in un intervallo di tempo si ottiene liquidità attraverso un aumento delle fonti (es. chiedo un prestito, ho più debiti ma anche più liquidità) o una diminuzione degli impieghi (es. diminuisce il portafoglio crediti→ ho incassato più crediti di quelli che nel frattempo si sono formati come nuovi)10. Al netto di tutti i movimenti, per ciascuna fonte o impiego si avrà un flusso netto che è il saldo tra le entrate e le uscite (crediti incassati e i nuovi crediti).

10 Si parla di SALDI, se ho nuovi crediti per 50 ma ne hanno rimborsati 60 il flusso netto in entrata è di 10.

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7 b. Sono uscite nette: +∆IMPIEGHI-∆FONTI. Viceversa, se le fonti diminuiscono (es. ho rimborsato un prestito in scadenza, ho meno debiti verso la paga e per far ciò ho dovuto pagare) o se aumento gli impieghi (ho fatto un nuovo investimento) ho un flusso in uscita. L’aumento di scorte è un’uscita.

Seguendo tale criterio posso costruire un prospetto di variazioni, guardando quali sono le entrate e le uscite nette. A sinistra dispongo le fonti che mi hanno dato un’entrata netta, a sinistra quelle che mi hanno data un’uscita netta.

ENTRATE USCITE

+ FONTI (CN, debiti) -FONTI (debiti di finanziamento)

-IMPIEGHI (crediti) +IMPIEGHI (scorte, immobilizzazioni) Le voci tra parentesi sono frutto di un esempio fatto in aula→ nella sezione “entrate”: banca che mi ha erogato più di quanto ho rimborsato o un aumento del capitale netto. Nella sezione “uscite”: aumento scorte, immobilizzazioni, meno debiti di funzionamento.

Se la PFNB è peggiorata è un’entrata (come fosse una fonte), se è migliorata è un’uscita. Si tratta sempre di flussi netti: per ogni voce si tiene conto delle entrate e uscite che si sono verificate e si guarda al saldo. In tal modo posso capire quali componenti mi hanno generato entrate nette e quali uscite nette. Rispetto all’equilibrio finanziario, variabili interessanti che posso monitorare sono: le variazione degli investimenti fatti, delle fonti consolidate (CN, debiti a m-l). In questo modo è possibile guardare come nell’intervallo di tempo l’equilibrio finanziario sia migliorato o peggiorato, è una visione più dinamica. Ad esempio, Se noto di avere +50 di investimenti netti, e +10 di CN e +30 di debiti a m-l capisco che il CCN è diminuito perché non ho coperto totalmente nuovi investimenti netti con nuove fonti consolidate. In sostanza, ho finanziato una parte degli investimenti netti con capitale a breve termine→ ho peggiorato l’equilibrio finanziario. Nell’intervallo di tempo valuto se l’equilibrio finanziario è migliorato o peggiorato, come finanzio gli impieghi.

È uno schema che si può fare a consuntivo, per interpretare il passato, per capire quali componenti hanno generato flussi in entrata nette e quali flussi in uscita uscite nette. o a preventivo per appunto cercare di prevedere quello che sarà. Con l’analisi preliminare si valuta l’equilibrio finanziario di oggi ma anche la sua evoluzione attesa.

Lo schema e il cash flow

Con questo semplice schema è possibile avere un’idea di quanto è stato il cash flow11 nel periodo. Gli effetti sul fonte-impieghi del cash flow generato sono reperibili e consentono di avere un’idea di quale è stato il cash flow con un semplice calcolo, senza andare a fare la somma dei ricavi e dei costi monetari.

Il cash flow della gestione caratteristica è dato da: ricavi della gestione caratteristica – costi della gestione caratteristica.

La gestione caratteristica è l’insieme di ricavi e costi di produzione, vendita, amministrazione. Il processo

“core” dell’impresa, il suo nocciolo. Il risultato della gestione caratteristica o operativa è detto reddito operativo, un dato economico e non finanziario. Al lordo degli ammortamenti è detto EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization), al netto è l’EBIT (Earnings Before Interest, Taxes).

Se al Cash flow della gestione caratteristica aggiungo i Ricavi non monetari della gestione caratteristica e i ricavi della gestione extra-caratteristica e sottraggo i costi non monetari della gestione caratteristica e i costi della gestione extra-caratteristica12 si ottiene il reddito netto. La gestione extra-caratteristica è evidenziata separatamente perché è interessante distinguere l’efficacia della gestione caratteristica o operativa ed evidenziare l‘incidenza della gestione extra-caratteristica.

Dal punto di vista concettuale il cash flow è Ricavi monetari – Costi monetari della gestione caratteristica (o meglio, entrate dei ricavi a cui sottraggono uscite dei costi). Tuttavia, invece che partire dai ricavi monetari è così possibile partire dal reddito netto e risommare tutte le componenti fino arrivare al cash flow della gestione caratteristica (sommo i costi non monetari e i costi di gestione extra-caratteristica e sottraggo i ricavi non

11 Inteso come il saldo delle entrate dei ricavi monetari – le uscite dei costi monetari).

12 Componenti straordinari, imposte, oneri e proventi finanziari.

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8 monetari e di gestione extra-caratteristica). Ciò concettualmente non esiste, ma dal lato pratico il conto torna, operativamente funziona.

Il cash flow è da sempre: reddito netto + (accantonamenti + ammortamenti)13 (- eventuali ricavi non monetari, dividendi) = cash flow della gestione complessiva.

Se ad esso si sottraggono i ricavi e si sommano i costi della gestione extra-caratteristica (imposte e oneri e proventi straordinari) si ottiene il cash flow della gestione caratteristica. Sono due i cash flow ottenibili:

▪ quello della gestione caratteristica:

• ricavi monetari – costi monetari della gestione caratteristica

• reddito netto + costi non monetari (accantonamenti e ammortamenti) e di gestione extra-caratteristica (oneri finanziari e imposte) – ricavi non monetari e di gestione extra-caratteristica

▪ quello della gestione complessiva:

• cash flow gestione caratteristica + ricavi monetari della gestione extra-caratteristica - costi monetari della gestione extra-caratteristica (imposte e oneri straordinari)

• reddito netto + accantonamenti + ammortamenti- ricavi non monetari si tratta di due valori diversi.

Questa relazione mi consente di cercare il cash flow della gestione complessiva dentro allo schema di variazione di impieghi e fonti.

Il cash flow essenziale – dato da reddito netto + costi non monetari – può essere trovato all’interno del prospetto, tenendo conto che il reddito generato nel periodo va finire nel Capitale Netto, che si muove per redditi netti (oltre che per apporti dei soci, ma quest’ultimi sono flussi a sé stanti). Il reddito è un flusso di tipo economico che aumenta il CN, e lascia traccia del cash flow (flusso finanziario). Anche gli ammortamenti, che non sono un flusso finanziario ma un costo non monetario, sono la traccia del cash flow. Si tratta di due grandezze economiche che danno traccia però del cash flow. Infatti, generando del cash flow posso notare che il CN aumenta per un importo pari al reddito mentre le immobilizzazioni diminuiscono per via degli ammortamenti: si tratta di un aumento di una fonte e di una diminuzione di un impiego→ flussi in entrata.

Dunque, per calcolare il cash flow del periodo mi basta sommare gli ammortamenti che hanno ridotto le immobilizzazioni e i redditi che hanno aumentato il CN→ trovo la voce “cash flow generato”. È molto importante capire quanto cash flow genera un’impresa e questo è un modo facile per farlo.

Tuttavia, se sono stati erogati dei dividendi, l’aumento del CN è più basso perché i dividendi lo riducono. Ciò influisce sul cash flow: può dunque capitare di trovare un ∆CN che non tiene conto dei dividendi erogati. Dal cash flow lordo bisognerà dunque sottrarre i dividendi erogati. Si otterrà dunque la liquidità generata dalla gestione economica che rimane dentro l’azienda a finanziare l’insieme della struttura finanziaria.

Il cash flow lasciato in azienda è pertanto reperibile con la somma di: reddito – dividendi + costi non monetari14.

►NB. Se mi ritrovo un +∆ Immobilizzazioni che, in quanto flusso netto, sono i nuovi investimenti al netto dei disinvestimenti e degli ammortamenti, devo tener conto del fatto che gli ammortamenti, non essendo un flusso finanziario, andrebbero scorporati e sommati alla variazione di capitale netto (dato dal reddito netto al netto dei dividendi) → reddito-dividendi + ammortamenti= cash flow.

Esempio. Ho speso 30 per investimenti ma le immobilizzazioni sono aumentate solo di 20 perché 10 sono gli ammortamenti, tuttavia l’uscita era 30, e il CN è aumentato di 5, che non sono un’entrata ma la rilevazione del reddito. Per fare il calcolo dei flussi confrontando i due prospetti ho utilità a confrontare tutte le variazioni ovvero ad enucleare il cash flow in base alla variazione delle immobilizzazioni e del CN al netto dei dividendi, che sono appunto traccia del cash flow stesso. Se il RN è 5 e gli ammortamenti 10, ho un cash flow di 15, perché reddito + ammortamento è il nocciolo della gestione complessiva ed è in questo caso pari a 15.

13 Che sono i costi non monetari.

14 Quali ammortamenti, accantonamenti…

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9 Ora posso guardare come le entrate e le uscite sono modulabili inglobando il cash flow: gli investimenti non sono un’uscita di 20 ma di 30, anche se contabilmente paiono 20. Inoltre, il CN non ha avuto nessuna entrata perché il reddito non è una variazione finanziaria. In tal modo abbiamo anche più informazioni: se considerassimo gli investimenti solo 20 avremmo una perdita di informazione perché in realtà sono 30. Allo stesso tempo sarebbe una perdita di informazione considerare l’aumento di capitale pari a 5, perché i soci in realtà non hanno apportato nulla: è meglio dunque rilevare un cash flow di 15.

È conveniente distinguere il cash flow dal suo utilizzo, che può essere diverso: se considero gli investimenti pari a 20, è come considerare 10 di cash flow destinati all’investimento, quando nella realtà potrei averli utilizzati tutti e 15, ricorrendo per i restanti 15 a debiti a medio-lungo termine. Ciò sarebbe come aver usato il cash flow per finanziare metà dell’investimento. Se avessi un aumento dei debiti di 15, saprei che il cash flow del periodo ha partecipato a finanziare per 15 le immobilizzazioni. Aumentando i debiti a ml t. di 15, il CCN sarebbe rimasto invariato.

Tuttavia, si sarebbe potuto finanziare tutto l’investimento con maggiori debiti (+ debiti m-l t. per 30) e usare i 15 di CF per migliorare il circolante netto. In tal caso, l’aumento di immobilizzazione è coperto da fonti consolidate. Il CCN aumenta perché ho investimento di 30, ma aumentano le fonti consolidate di 30 dati i debiti a ml t. e di 15 dato il cash flow, il quale è la fonte consolidata più forte oltre al PN. In sostanza, con i debiti pari a 30 finanzio gli impianti mentre con il cash flow di 15 miglioro il CCN. La differenza tra CF generato al netto dei dividendi e l’aumento di immobilizzazione al netto dell’aumento dei debiti a medio lungo va a migliorare il CCN. Così facendo si investe ma si migliora anche il CCN.

Se i 15 di CF non ci fossero stati, ma avessimo sempre avuto i 10 di ammortamenti ma anche 10 di reddito negativo, ciò avrebbe portato a un CF negativo, tale per cui avremmo dovuto aumentare i debiti o, per migliorare il CCN, richiedere un apporto di capitale dai soci (che è un’entrata)15. Se, al contrario, avessimo avuto + 30 di investimenti e + 45 di debiti a ml t, il CCN sarebbe rimasto uguale ma sarebbe peggiorato il margine di struttura (dato da CN-immob.): le immobilizzazioni sarebbero infatti aumentate ma il CN no.

Nell’usare il prospetto fonti-impieghi ho pertanto utilità a confrontare tutte le componenti e ad enucleare il cash flow dalla variazione delle immobilizzazione e del CN al netto dei dividendi. In sostanza, è come distinguere il cash flow dal suo utilizzo: posso usarlo per finanziare metà dell’investimento che era pari a 30, ma posso anche decidere di finanziare tutti i 30 con debiti a m-l termine, e nel decidere ciò tengo anche conto delle conseguenze su CCN, margine di struttura… Fare queste deduzioni è utili ai fini del nostro piano finanziario.

Abbiamo una traccia del cash flow anche in questo tipo di calcolo semplificato. È utile fare previsioni sul cash flow per decidere come impiegarlo e fare queste distinzioni ai fini di piano finanziario.

L4 lunedì 09 marzo 2020 IL CASH FLOW

È il margine di liquidità generato dalla differenza tra entrate dei ricavi e uscite dei costi dei prodotti venduti.

Abbiamo un cash flow generato dalla singola unità di prodotto da moltiplicare per il numero di unità di prodotto vendute. Tale flusso generato dalla gestione economica ha due grande valenze:

1. Ritorno delle immobilizzazioni: gli investimenti in capitali e in immobilizzazioni tecniche non hanno un ritorno diretto ma generano dei cash flow. Partecipano alla produzione come fattori produttivi a fecondità ripetuta e generano un flusso in entrata che è il cash flow. In tal modo si ha la misura di quanto ogni anno venga generato in cassa a fronte di un esborso iniziale di un investimento. È un rapporto che dà l’idea di qual è la durata e il ritorno di tale investimento, utile al fine di calcolare il rendimento degli investimenti. La somma di cash flow e di altri flussi di ritorno dà l’idea del rendimento e del recupero del nominale investito.

2. Componente della gestione finanziaria aziendale: il cash flow intesto come “autofinanziamento”, studiando come diventa un flusso di liquidità che costituisce una fonte interna di finanziamento della gestione e diversa dalle fonti esterne, che provengono dai soci e dai finanziatori di capitale di debito.

È un flusso generato dall’impresa stessa attraverso la propria gestione economica.

Di questo cash flow vi sono una serie di utilizzi possibili, tra cui:

15 È il modo alternativo di aumentare il CN oltre agli utili (o perdite).

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10 A. Rimborso dei debiti;

B. Remunerazione dei soci;

C. Nuovi investimenti.

Questi sono gli essenziali utilizzi del cash flow. Tuttavia, è anche possibile utilizzarlo per compiere nuovi investimenti.

Del cash flow vi sono una serie di classificazioni.

Cash flow della gestione caratteristica e cash flow della gestione complessiva:

Il cash flow della gestione caratteristica corrisponde essenzialmente all’EBITDA e dà un’idea di quanto l’impresa è stata in grado di generare in termini di liquidità. Il cash flow della gestione caratteristica è sostanzialmente analogo all’EBITDA elaborato dai dati contabili: è quel reddito prima di oneri finanziari (interessi), tasse e ammortamenti ovvero è dato da tutti i ricavi e costi al lordo delle voci più rilevanti della gestione extra-caratteristica.

La gestione caratteristica deve produrre liquidità: vi sono casi in cui ha percentuali notevoli ma anche casi in cui invece la percentuale è minore. La misura della liquidità generata dalla gestione caratteristica è importante perché dà il dato di quanta liquidità l’impresa genera per far fronte a nuovi investimenti, rimborsare i debiti.

Vi sono poi ricavi e costi monetari della gestione extra-caratteristica che riguardano l’attività non tipica dell’impresa, quali imposte, oneri e proventi finanziari, componenti straordinari. Tutte queste componenti non monetarie della gestione extra-caratteristica di solito in un’impresa hanno un risultato negativo ovvero consumano cassa.

Dal cash flow della gestione caratteristica, togliendo uscite e aggiungendo le entrate della gestione extra-caratteristica, otteniamo il cash flow complessivo, che è al netto delle componenti accessorie.

È interessante distinguere i 2 cash flow per capire quanto è stata la generazione di cassa da parte della gestione caratteristica e quanto assorbito dalla extra-caratteristica. Tendenzialmente, il cash flow della gestione caratteristica è maggiore di quello della gestione extra-caratteristica, poiché quest’ultima di solito assorbe liquidità, ovvero di solito i componenti di gestione extra-caratteristica sono costi (nel settore industriale ma anche in altri con alcune eccezioni, es. supermercati).

CF caratteristica: ricavi monetari - costi monetari (non includendo quelli di gestione extra caratteristica che sono imposte, oneri finanziari al netto dei proventi)

I componenti straordinari sono qualcosa che non abbiamo in sede di previsione in quanto sono, appunto, straordinari.

Cash flow potenziale e cash flow effettivo

Una seconda classificazione del cash flow è tra cash flow potenziale e cash flow effettivo. Quello potenziale in economia aziendale è chiamato “reddito spendibile” ed è il saldo tra ricavi monetari e costi monetari presi con il criterio di competenza del CE. Quello potenziale è dato da RICAVI MON – COSTI MON: cash flow.

Non è scontato che tutti questi componenti di ricavi e costi monetari siano effettivamente manifestati come liquidità entro il 31/12 dell’anno, dato che sono presi dal CE in cui sono stati inseriti in base al criterio di competenza. Pertanto, si presenta la necessità di considerare un cash flow effettivo, ossia partire da quello potenziale e ricondurlo all’effettivo incasso entro il 31/12. Ciò significa riconciliare competenza con cassa.

Come avviene tale riconciliazione?

• I ricavi di competenza diventano liquidi con l’incasso: la riconciliazione è data dalla variazione dei portafoglio di crediti. Nel corso di un anno avremo nei primi mesi incasso di ricavi di competenza dell’anno prima mentre quelli di competenza degli ultimi mesi di quest’anno andranno di cassa l’anno prossimo. È la variazione dei portafogli di crediti che fa la differenza tra ricavi di competenza e incassi. Un aumento dei crediti significa aumento degli impieghi e dunque minor incasso: tale è una componente di cash flow effettivo minore.

• Ciò è simmetrico dal punto di vista dei costi: i costi monetari diventano le uscite di cassa del Cash flow effettivo dell’anno: se i fornitori aumentano, ho meno uscite, se ho 60 di acquisiti e avevo 20 di fornitori, e ora sono 25, per quei 60 solo 55 li ho pagati, gli altri 5 hanno aumentato lo stock di fornitori ossia i debiti a bt di funzionamento.

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