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I servizi sociali negli enti locali

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Academic year: 2022

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Enti locali e Pubblica Amministrazione

Enrico Amante Alessandro Bertani Andrea Faccon

gestione e servizi

Professionisti, tecnici e imprese Gruppo Editoriale Esselibri - Simone

Se

sistemi editoriali ®

Disciplina, finalità, forme di gestione e di collaborazione tra enti locali Responsabilità e tutela

I servizi sociali

negli enti locali

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3

Premessa

PREMESSA

L’opera mira a fornire un valido inquadramento sistematico dei cosiddetti “servizi sociali” di livello locale, intesi come quel complesso di attività gestite dagli Enti locali, “relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia” (art. 128 D.Lgs. 112/1998).

Se sul piano definitorio la nozione di “servizio sociale” non sembra creare particolari difficoltà, è tuttavia opinione comune che sul terreno della prassi amministrativa e dell’esperienza giurisprudenziale non può giungersi alle medesime conclusioni.

In questo senso, il volume si prefigge l’obiettivo di svolgere un’analisi sistematica delle problematiche teoriche e pratiche sottese a questa delicata e vitale materia, fornendo anzitutto nella prima parte una ricostruzione dogmatica e generale del concetto (e degli strumenti) di pubblico servizio, per arrivare ad inquadrare in modo appropriato gli istituti dei servizi privi di rilevanza industriale/economica e, quindi, dei servizi sociali in senso stretto. Brevi cenni sono, infine, dedicati ai principali servizi locali privi di rilevanza economica/industriale diversi dai servizi sociali (istru- zione scolastica; formazione professionale; attività culturali).

Nella seconda parte, esaurita la trattazione generale sul riparto di competenze tra Stato e Regioni secondo la nuova disciplina del Titolo V della Costituzione, vengono quindi passate in disamina le singole fattispecie di servizi sociali (tutela dei disabili, tutela dei minori e dei giovani, tossicodipendenza, servizi sociali per i cittadini extraeuropei e gli apolidi, tutela delle persone anziane).

Da ultimo – e in maniera diffusa ed estremamente aggiornata – sono analizzate le forme di gestione e l’organizzazione amministrativa degli uffici preposti all’erogazio- ne dei servizi, senza con ciò trascurare le problematiche afferenti alla tutela delle posizioni giuridiche e al contenzioso sottesi al tema de qua. Particolare interesse suscita, infine, proprio l’esposizione relativa ai criteri di riparto di giurisdizione tra Autorità Giudiziaria Ordinaria e Amministrativa in materia di pubblici servizi, ag- giornata alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 204/2004.

GLI AUTORI

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Parte Prima

Inquadramento dei pubblici servizi

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7

1.I pubblici servizi: i principi generali

1 I pubblici servizi: i principi generali

1.1 Il concetto di “servizio pubblico” tra economia, sociologia e diritto

La nozione di “servizio pubblico” — che nella prospettiva che segue ricomprende anche quella di “servizio sociale” —, lungi dall’assumere un univoco significato, è ancora ad oggi oggetto di numerosi tentativi di definizione.

Essa, in definitiva, oscilla costantemente tra due poli; uno oggettivo (che la identifica con le attività economiche che rivestono rilievo ai fini dell’interesse pubblico, carat- teristica che ne giustifica la sottoposizione a programmi e controlli opportuni a fini sociali), l’altro soggettivo (che la identifica con quelle attività che per decisione specifica di legge o per provvedimento amministrativo debbono essere svolte per promuovere lo sviluppo economico e sociale di una determinata comunità (cd.

assunzione del pubblico servizio).

Non è agevole individuare una nozione generalmente valida del fenomeno che si designa con tale locuzione.

La dottrina più recente (BRANCASI) lo ha identificato con quelle attività che sono conformate dall’amministrazione e sono sottoposte a un regime di doverosità in considerazione delle prestazioni che, con il loro esercizio, l’amministrazione stessa vuole siano rese alla collettività.

Tale nozione appare idonea a comprendere gli elementi essenziali della nozione, ponendo l’accento sui profili soggettivi del fenomeno in esame.

Due gli elementi fondamentali:

— la doverosità per il gestore e, prima ancora, per i pubblici poteri (A. ROMANO);

IL CONCETTO DI DOVEROSITÀ IN DOTTRINA

Come è stato notato in dottrina, la caratteristica comune delle funzioni e dei servizi pubblici assunti dalle

“organizzazioni pubbliche” è la doverosità, trattandosi “di attività che devono essere compiute per curare gli interessi della collettività” (così CERULLI IRELLI);

La doverosità del servizio pubblico è stata puntualizzata dalla dottrina (PAJNO).

Si è osservato che la doverosità si combina con la natura oggettiva del servizio pubblico, in quanto tale elemen- to:

— significa esattamente che l’ente locale deve svolgere a favore dei cittadini una determinata attività (econo- mica o non economica) attraverso forme che possono mutare nel tempo;

— non comporta che l’ente locale è l’unico soggetto legittimato ad occuparsi di quell’attività, perché la legit- timazione degli altri soggetti allo svolgimento del servizio non deriva dalla natura pubblica del soggetto.

I rilievi della dottrina appaiono significativi perché sottolineano che la doverosità non significa titolarità esclusiva del servizio pubblico da parte dell’Ente pubblico ma, al contrario, che la titolarità del servizio può essere del soggetto pubblico o dei cittadini e, in quest’ultimo caso fonda il loro potere di provvedere in ordine ai sevizi medesimi (PAJNO);

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Parte Prima - Inquadramento dei pubblici servizi

8 — l’esistenza di un potere di conformazione che si risolve nel “potere di prendere le

misure che assicureranno al pubblico il servizio adeguato, cioè le prestazioni che i poteri pubblici intendono garantirgli” (così MARCOU, richiamando MASSERA).

Più in generale, si va affermando una nozione “soggettiva temperata” (MONTEDO- RO), che appare quella più idonea ad inquadrare fedelmente la complessità e diso- mogeneità della normativa vigente nei diversi settori.

In effetti, la nozione oggettiva, specialmente nella versione dilatata recepita dalla giurisprudenza in tema di riparto di giurisdizione, appare priva di una valenza euristica o dommatica ma solo descrittiva e quasi didascalica.

GLI ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA

Un esempio di dilatazione della concezione oggettiva del servizio pubblico è offerto, oltre che dalla ben nota ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2000, che ha identificato il servizio pubblico con qualsiasi attività rilevante per l’amministrazione, anche dalla decisione della sez. V, 1282/2003 che ha qualificato come servizio pubblico anche l’attività di trattamento dei rifiuti svolta in base alla autorizzazione di cui all’art.

27 D.Lgs. 22/1997 (cd. Decreto Ronchi).

È agevole osservare che l’attività in parola non si qualifica, a stretto rigore:

— per la doverosità, in quanto si tratta di attività in tutto e per tutto libera, che non si dirige a soddisfare, in via diretta ed immediata, bisogni ed esigenze espresse dalla comunità locale (o nazionale) ma costituisce semplicemente espressione della libertà d’iniziativa privata garantita dall’art. 41 Cost.;

— né come attività economica conformata da misure pubblicistiche, poiché non possono essere considerate misure conformative le prescrizioni — peraltro solo eventuali — imponibili in sede di rilascio dell’autoriz- zatoria ex art. 27 cit., che hanno funzione di evitare che l’attività economica si ripercuota in danno di interessi pubblici (e non, invece, di permettere che si indirizzi al soddisfacimento di ben individuati bisogni di un determinato bacino d’utenza).

Probabilmente ogni difficoltà definitoria è dovuta alla circostanza che il concetto di

“pubblico servizio” non nasce nell’ambito della scienza giuridica, bensì si presenta originariamente come inerente alle scienze economiche o sociologiche. Se il “servizio pubblico” è dunque anzitutto un concetto socio-economico, è tuttavia innegabile che proprio il suo calarsi nella dinamica sociale gli attribuisca una valenza propriamente giuridica, di cui diviene un elemento o — meglio ancora — uno strumento preordinato al raggiungimento di finalità di giustizia sostanziale.

In termini economici, il “pubblico servizio” viene valutato come quell’insieme di prestazioni di cui si fa carico la comunità per garantirne la fruizione generalizzata.

Nella nozione economica, pertanto, si evidenzia lo studio dei meccanismi di ripar- tizione degli oneri e dei costi (come, ad esempio, i modi di finanziamento del servizio) e, soprattutto, degli effetti che tali meccanismi possono avere sul piano macro-economico.

Da un punto di vista sociologico, invece, la nozione di “servizio pubblico” è tesa ad enfatizzare il fattore della fruibilità del servizio alla persona. In tale prospettiva, i sociologi approfondiscono gli effetti e l’impatto che le diverse misure di gestione del servizo (quali finanziamento, tariffe, livelli qualitativi e quantitativi) possono avere

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1.I pubblici servizi: i principi generali

sulle dinamiche sociali, adottando tuttavia come assunto originario il fatto che, per definirsi “pubblico”, il servizio deve estendersi a tutti.

Come sopra accennato, le diverse nozioni — che, in definitiva, non sono altro che differenti prospettive di inquadramento del concetto in discussione — finiscono ine- vitabilmente con l’assumere connotati giuridici. È infatti pacifico che non esista realtà economica o sociologica scissa da un appropriato inquadramento nell’ordina- mento di diritto. Così accade anche nella nostra materia, ove più che mai emerge con chiarezza tale polivalenza.

In questo senso, è emblematica la definizione che viene data in sede comunitaria del c.d. “servizio di interesse economico generale” (ossia i servizi pubblici, storicamente originari dei sistemi a diritto amministrativo di derivazione francese ed oggi disci- plinati a livello locale dall’art. 113 TUEL), qualificato come il “servizio offerto con qualità minime, in maniera continuativa e a tariffe accessibili, indipendentemente dalla localizzazione geografica del fruitore” (Direttiva CE 97/33). È per tali motivi che le linee su cui si è mosso il legislatore comunitario (e di conseguenza quello nazio- nale) sono state essenzialmente quelle di affiancare al concetto di servizio pubblico quello di servizio universale.

IL SERVIZIO UNIVERSALE

Il servizio universale viene, in particolare, comunemente inteso come un sottoinsieme del servizio di interesse economico generale, da cui del resto si differenzia sotto due profili.

Il primo è di derivazione storica, poiché, mentre il servizio pubblico ha coinciso — perlomeno nelle sue forme originarie — con una gestione in esclusiva, il servizio universale può tollerare, ma non coincidere con la gestione riservata. Anzi, esso è il primo strumento utilizzato nei settori delle public utilities, da un lato, per garantire il rispetto di un minimo di “socialità” a seguito degli interventi di liberalizzazione e, dall’altro, per incentivare la distinzione tra servizio pubblico e gestione in esclusiva. Esemplare risulta, in questo senso, quanto sostenuto in dottrina da PREDIERI, secondo cui: “quando la commissione Ce afferma che l’idea di servizio universale è ancora da delineare, ci ricorda che la liberalizzazione è una scatola tutta da riempire, compiendo scelte del tipo: più libero mer- cato ovvero più attenzione ai problemi sociali”. Ancora più netta è invece l’opinione di MULLER, il quale esprime le preoccupazioni di parte della dottrina che ritiene che il concetto stesso di servizio universale serva per reintro- durre una forte regolamentazione del mercato, abbandonata in un clima di entusiasmo generalizzato per la liberalizzazione.

Il secondo elemento di differenziazione tra servizio pubblico e servzio universale attiene, invece, ad un profilo di tipo contenutistico. Il servizio di interesse economico generale deve infatti essere fornito con continuità, senza discriminazioni di trattamento e in maniera consona ad addattarsi ai bisogni degli utenti; il servizio universale, oltre a dover rispettare i suddetti requisiti, deve essere offerto anche a tariffe accessibili. Inoltre, sempre in relazione a quest’ultimo, l’obbligo di prestazione tipico del servizio pubblico si arricchisce con il c.d. obbligo di predisposi- zione, che altro non significa che obbligo dell’organismo erogatore del servizio di sottostare ad una disciplina di regolazione, connaturata del resto allo stesso fenomeno di apertura al mercato anche a livello locale (sia pure, come vedremo, in forme particolari).

I caratteri che, in conclusione, sottendono la disciplina dell’universalità sono pertanto due: a) la garanzia della fornitura di un servizio minimo in ogni area geografica; b) la c.d. “abbordabilità della tariffa”.

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Parte Prima - Inquadramento dei pubblici servizi

10 Con il concetto di servizio universale il legislatore Ue ha inteso adottare una nozione

che risente molto del filone sociologico cui si è accennato in precedenza, ponendo cioè l’attenzione sull’aspetto della fruibilità a tutti del servizio. Anzi: la garanzia dell’estensione generalizzata senza discriminazione risulta essere ontologicamente legata allo strumento (giuridico) del servizio pubblico.

In conclusione, è evidente che, al di là delle trasposizioni nella realtà del diritto di concetti in origine ad essa estranei, la nozione di “servizio pubblico” assume una sua rilevanza prettamente giuridica, allorquando lo studio si sposta dai connotati onto- logici ai meccanismi procedurali attraverso i quali gli enti preposti garantiscono la sua erogazione.

1.2 “Servizio pubblico” e “mercato regolato”

Proprio il concetto e lo strumento dell’universalità, consente più in generale, di spostare l’attenzione su quanto sostenuto dalla più attenta dottrina (MERUSI), che ha sottolineato l‘importanza del passaggio dal sistema dei “servizi pubblici” a quello del c.d. “mercato regolato”.

“Regolazione” e “servizio pubblico”, difatti, debbono essere tenuti ben distinti nel- l’analisi sistematica che si intende portare aventi in questa sede. Molto spesso, la prassi amministrativa, l’imprecisione delle scelte legislative e, dunque, l’inevitabile, correlata confusione giurisprudenziale sul punto fanno sorgere l’errata convinzione che i due concetti costituiscano in definitiva due facce della stessa medaglia.

Così, parrebbe facile sostenere che, comunque vogliamo chiamarle, le prestazioni rese da imprese pubbliche o private per il soddisfacimento di particolari bisogni della collettività siano pubblici servizi per definizione. Il che, se da un punto di vista sostanzialistico potrebbe anche risultare accettabile, deve invece escludersi se ponia- mo l’attenzione sugli strumenti giuridici di un pubblico servizio.

In particolare, è chiaro che non può parlarsi di “servizio pubblico” in senso stretto se esiste un mercato di riferimento in cui operano le imprese in regime di concor- renza, anche se questo è poi sottoposto a fattori esterni di intervento, ossia alla

“regolazione”.

La regolazione, pertanto, può definirsi come quell’insieme di strumenti volti a creare una contendibilità tra più soggetti in un comune mercato (c.d. “concorrenza nel mercato”, su cui si veda più diffusamente infra). In questo contesto, i fattori esterni di regolazione sono posti a presidio non tanto della “pubblicità” delle prestazioni, quanto piuttosto dell’esistenza stessa della concorrenza e al fine e al fine di garantire l’effettività del funzionamento del sistema.

Partendo da queste premesse, è lecito chiedersi se nello specifico il settore dei pubblici servizi locali costituisca un sistema di “servizio pubblico“ nell’accezione appena delineata, ovvero se lo stesso possa, a legislazione vigente, qualificarsi come “mer- cato regolato”. A tale proposito, la dottrina sopra richiamata ha opportunamente sottolineato la peculiarità del sistema locale, nel quale osterebbe all’introduzione di

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11

1.I pubblici servizi: i principi generali

una regolazione finalizzata alla creazione di un mercato concorrenziale proprio la mancanza di un mercato rilevante (si ritiene, infatti, che tranne il Comune di Roma, ove è in atto un processo del genere di cui si discute, le singole Autorità comunali esercitino i loro poteri su aree non aventi sufficienti dimensioni).

1.3 Brevi cenni ad un’evoluzione storica della gestione ed

erogazione dei pubblici servizi: dalla municipalizzazione, alle aziende speciali, alle s.p.a.

Non è possibile procedere ad un’analisi puntuale delle modalità di gestione ed erogazione dei servizi pubblici (e dunque anche di quelli sociali), senza preliminar- mente indagare su quell’evoluzione storica che ha visto emergere le realtà istituzio- nali locali con un ruolo centrale, a tutt’oggi ancora evidente.

In Italia (come del resto altrove, soprattutto in Francia ed Inghilterra), l’esperienza dei Comuni si è imposta sin dai primi del ’900 come quella maggiormente indicata per far fronte ai diversi e nuovi bisogni delle comunità.

La prima riforma organica del sistema dei servizi pubblici locali è, dunque, stata realizzata con la legge Giolitti (L. 29 marzo 1903, n. 103), la quale, sul modello inglese delle realtà municipali, ha provveduto ad individuare nel Comune il centro di imputabilità della gestione dei servizi. In particolare, a fronte delle crescenti titubanze dell’industria privata ad assecondare le nuove esigenze sociali (come, ad esempio, la garanzia di fruizione del servizio a tutto il territorio, ovvero le riduzioni dei costi per l’utenza), la legge Giolitti introduceva il processo di municipalizzazione, consentendo ai Comuni di assumersi “formalmente e pubblicamente” la responsabi- lità di garantire i servizi pubblici. L’organo a ciò deputato era individuato nel Consiglio comunale, il quale deliberava l’assunzione del servizio a capo dell’Ente, approvando uno specifico progetto tecnico-finanziario, sottoposto a ratifica del corpo elettorale (LIGUORI).

Nel 1925, a completamento della riforma del 1903, fu emanato il R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, il quale poneva una dettagliata disciplina per l’organizzazione gestio- nale dei servizi, di fatto sopravvissuta sino alle riforme del 1990.

Per ciò che attiene le forme di gestione-erogazione del servizio, il modello preminen- te veniva così individuato nell’azienda speciale, dotata di autonomia amministrativa e contabile, con capacità di compiere atti rientranti nell’autonomia privata, ma a quell’epoca sprovvista di personalità giuridica. In definitiva, a differenza delle azien- de speciali conosciute dopo la riforma dell’art. 22 della legge 142/1990, quelle dell’era giolittiana erano riconducibili allo schema dell’impresa-organo, piuttosto che dell’ente-impresa: in questo senso si è parlato di aziende municipalizzate.

Tuttavia, questo non era l’unico sistema di gestione consentito, prevedendosi inoltre l’esercizio in economia (senza cioè un’apposita struttura, ma con semplice assunzione diretta da parte dell’ente) o tramite “concessione all’industria privata” (art. 26 T.U.

del 1925). In assenza di una specifica normativa pro-concorrenziale ed, anzi, in un

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Parte Prima - Inquadramento dei pubblici servizi

12 sistema con spiccati connotati pubblicistici quale era quello originatosi con la legge

Giolitti (D’ALBERTI), il modello della concessione era ritenuto ineluttabile laddove sussistesse un rapporto “fiduciario” tra il Comune e l’impresa privata, talchè nella prassi si addiveniva all’individuazione del concessionario con semplice trattativa privata, prescindendo dalle più complesse procedure ad evidenza pubblica (MASSA- RO).

Come si è accennato, il sistema risultante dalla legge Giolitti, dal T.U. Comuni e Province del 1925, nonchè dal T.U. Finanza Locale del 1931 è sostanzialmente sopravvissuto sino alle riforme del 1990. La legge 142/1990 ha innovato il settore, prevedendo in particolare l’affidamento del servizio a società per azioni, dapprima esclusivamente a partecipazione maggioritaria pubblica e, successivamente, anche prive di questo vincolo (articolo 12 L. 498/1992, attuato con D.P.R. 533/1996).

Ma la riforma del 1990 ha in realtà un impatto innovativo ulteriore. Se, infatti, l’istituto dell’azienda speciale permane, la legge 142/1990 ne modifica strutturalmen- te la natura, attribuendole cioè autonomia imprenditoriale e soprattutto personalità giuridica. In buona sostanza, il modello cui il riformatore fa riferimento non è più quello dell’impresa-organo, bensì quello dell’ente-impresa. Tuttavia, è stata da subito chiara la tendenza del riformatore, il quale — pur innovando la natura delle aziende speciali — ne ha previsto una graduale (ma inesorabile) estinzione. L’articolo 17, commi 51-57 della legge 59/1997 ha infatti optato per il superamento del nuovo modello, promuovendo cioè la sua trasformazione in s.p.a.

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Indice Generale

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Indice Generale

Premessa ... Pag. 3

Parte Prima

Inquadramento dei pubblici servizi

■ 1 I pubblici servizi: i principi generali

1.1 Il concetto di “servizio pubblico” tra economia, sociologia e diritto ... » 7

1.2 “Servizio pubblico” e “mercato regolato” ... » 10

1.3 Brevi cenni ad un’evoluzione storica della gestione ed erogazione dei pubblici servizi: dalla municipalizzazione, alle aziende speciali, alle s.p.a. ... » 11

■ 2 I servizi pubblici a rilevanza industriale/economica 2.1 Una prima definizione ... » 13

2.2 La novella recata dall’articolo 35 della legge finanziaria per il 2002 ... » 13

La separazione tra reti e servizi ... » 13

2.3 L’erogazione del servizio ... » 14

2.3.1 Concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato ... » 14

2.3.2 Spunti di riflessione sul nuovo tenore letterale dell’art. 113 TUEL (ex D.L. 269/2003), comparato al previgente testo, introdotto dall’art. 35 legge fi- nanziaria 2002 ... » 15

■ 3 Servizi a rilevanza industriale/economica e servizi privi di detta rile- vanza 3.1 L’ambito di applicabilità degli articoli 113 e 113bis TUEL: i criteri distintivi e le principali teorie ... » 21

3.1.1 Il requisito dell’industrialità del servizio ... » 21

3.1.2 Il concetto di rilevanza economica ... » 23

3.2 Servizi privi di rilevanza industriale/economica e servizi sociali ... » 24

3.2.1 Identità o differenza? ... » 24

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Indice Generale

310 3.2.2 Una nozione condivisa di “servizio sociale” ... Pag. 25

3.2.3 I principali servizi locali privi di rilevanza economica/industriale diversi dai

servizi sociali ... » 27

3.2.4 L’istruzione scolastica ... » 28

3.2.5 La formazione professionale e il mercato del lavoro ... » 29

3.2.6 Le attività culturali: biblioteche e musei degli enti locali ... » 31

Parte Seconda L’evoluzione normativa e la disciplina sostanziale dei servizi sociali ■ 1 L’evoluzione normativa dei servizi sociali: dal D.P.R. 616/1977 alla leg- ge quadro 328/2000 1.1 La legge Crispi ... » 35

1.2 La Costituzione repubblicana ... » 36

1.3 Il D.P.R. 616 del 1977 ... » 38

1.3.1 L’introduzione del settore organico dei servizi sociali ... » 39

1.3.2 La riorganizzazione del settore dell’assistenza ... » 41

1.4 La legge di accompagnamento alla finanziaria 1998 (L. 27 dicembre 1997, n. 449): il reddito minimo d’inserimento ed il c.d. redditometro ... » 41

1.4.1 Il Fondo per le politiche sociali ... » 42

1.4.2 Il reddito minimo d’inserimento ... » 42

1.4.3 La valutazione della situazione economica dei richiedenti prestazioni so- ciali agevolate: il c.d. redditometro ... » 47

1.5 Il decreto legislativo 112/1998 ... » 48

1.5.1 La definizione dei servizi sociali ... » 48

1.5.2 La riallocazione delle funzioni amministrative in materia di servizi sociali » 49 1.5.3 Il Fondo nazionale per le politiche sociali ... » 49

1.6 La legge quadro sui servizi sociali ... » 51

1.7 La riforma del titolo V della Parte II della Costituzione ... » 51

1.8 La Carta di Nizza e la Costituzione europea ... » 53

■ 2 I soggetti attuatori del sistema socio-assistenziale 2.1 I Comuni ed i rapporti tra i diversi livelli istituzionali ... » 57

2.2 Le Province ... » 58

2.3 Le Regioni ... » 59

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311

Indice Generale

2.4 Lo Stato ... Pag. 60

2.5 Le AUSL e l’integrazione socio-sanitaria ... » 62

2.6 Le IPAB ... » 63

2.7 Il terzo settore ... » 65

2.7.1 La definizione di attività di volontariato ... » 66

2.7.2 Le organizzazioni di volontariato ... » 67

2.7.3 Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) ... » 70

■ 3 La legge quadro sui servizi sociali 3.1 La genesi della legge. I servizi sociali anteriormente alla legge quadro ... » 73

3.2 Il richiamo ai principi costituzionali e la loro specificazione nel settore dei servizi sociali. Le finalità della legge quadro ... » 74

3.2.1 Il richiamo ai principi costituzionali ... » 74

3.2.2 I principi della legge quadro ... » 75

3.2.3 Le finalità della legge quadro ... » 76

3.3 La definizione di servizi sociali. Il sistema integrato degli interventi. Il livello essenziale delle prestazioni ... » 78

3.3.1 Il recepimento dell’art. 128 D.Lgs. 112/1998 ... » 78

3.3.2 Il livello essenziale delle prestazioni ... » 78

3.3.3 Le cause del bisogno e gli strumenti di intervento ... » 80

3.4 La ripartizione di competenze tra amministrazioni ... » 83

3.5 Il riconoscimento del ruolo fondamentale del c.d. terzo settore ... » 84

3.6 L’enunciazione della finalità di promozione della solidarietà sociale ... » 85

3.7 I destinatari dei servizi sociali. Il diritto soggettivo dei beneficiari ... » 85

3.7.1 L’universalità del sistema integrato ... » 85

3.7.2 I destinatari dei servizi ... » 86

3.7.3 Il diritto soggettivo alla prestazione. I beneficiari con priorità ... » 87

3.8 Il principio della programmazione ... » 88

3.8.1 Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali ... » 89

3.8.2 Il Piano regionale ... » 90

3.8.3 Il Piano di zona ... » 91

3.9 il finanziamento plurimo dei servizi ... » 91

3.10 la professionalizzazione degli operatori sociali ... » 92

3.10.1 La professione di psicologo ... » 93

3.10.2 La professione di assistente sociale ... » 93

3.10.3 La professione di sociologo ... » 95

3.10.4 La professione di educatore professionale ... » 96

3.10.5 I nuovi corsi di laurea di primo e secondo livello ... » 96

(14)

Indice Generale

312 3.11 Il riordino delle IPAB. Cenni sulle istituzioni sociali ... Pag. 97

3.12 Considerazioni conclusive sulla legge quadro ... » 97

■ 4 La tutela dei disabili 4.1 I principi in materia di integrazione sociale e assistenza della persona disa- bile ... » 99

4.2 La definizione normativa di disabile. La gravità dell’handicap. Gli accerta- menti dell’A.S.L. Il diritto soggettivo del disabile ... » 99

4.2.1 La definizione di persona disabile ... » 99

4.2.2 La gravità della minorazione ... » 100

4.2.3 La valutazione dell’A.S.L. ... » 101

4.2.4 Il diritto soggettivo del disabile ... » 102

4.3 La cura e la riabilitazione. Il servizio di aiuto personale ... » 102

4.4 L’integrazione scolastica e professionale ... » 105

4.4.1 L’integrazione scolastica ... » 105

4.4.2 L’integrazione professionale e lavorativa ... » 107

4.5 Altri interventi volti a favorire l’integrazione socio-economica della perso- na disabile ... » 108

4.6 L’organizzazione amministrativa dei servizi alla persona disabile ... » 110

■ 5 La tutela dei minori e dei giovani 5.1 La convenzione internazionale per i diritti dei minori di diciotto anni ... » 115

5.2 La legge 28 agosto 1997 n. 285 sulla tutela dei minori e dell’infanzia ... » 117

5.3 La legge 19 luglio 1991 n. 216 in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose ... » 120

5.4 La Commissione parlamentare per l’infanzia e l’osservatorio nazionale per l’infanzia (legge 23 dicembre 1997, n. 451; D.P.R. 5 ottobre 1998, n. 369) ... » 125

5.4.1 La Commissione parlamentare per l’infanzia ... » 125

5.4.2 L’Osservatorio nazionale per l’infanzia ... » 126

5.4.3 Il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia ... » 128

5.5 Il servizio sociale degli asili nido ... » 129

5.6 La legge 17 ottobre 1967 n. 977 di tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti ... » 129

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313

Indice Generale

■ 6 La tossicodipendenza

6.1 Le funzioni dello Stato ... Pag. 133 6.1.1 L’organizzazione amministrativa: i compiti dei Ministeri, il Comitato nazio-

nale e l’Osservatorio permanente. Il Fondo nazionale d’intervento ... » 133

6.1.2 Le misure di prevenzione: gli interventi informativi ed educativi ... » 136

6.1.3 La disciplina delle sostanze ... » 137

6.2 Le funzioni delle Regioni e degli Enti locali ... » 137

6.2.1 Il ruolo delle Regioni ... » 138

6.2.2 Il ruolo degli Enti locali ... » 138

6.3 I gruppi di volontariato ed i c.d. Enti ausiliari ... » 139

6.4 Il SERT ... » 139

6.5 Lo status di tossicodipendente. Il tossicodipendente detenuto ... » 140

6.5.1 Il programma terapeutico ... » 140

6.5.2 Il trattamento del tossicodipendente detenuto (artt. 87 e ss.) ... » 141

■ 7 I servizi sociali per i cittadini extraeuropei e per gli apolidi 7.1 L’ambito di applicazione del Testo Unico ... » 145

7.2 Il documento programmatico per le politiche d’immigrazione e gli stranie- ri. Il comitato per gli stranieri minori ... » 146

7.3 La tutela socio-sanitaria dei cittadini extraeuropei ... » 147

7.3.1 La tutela sanitaria ... » 147

7.3.2 Inserimento scolastico, avviamento professionale: le attività interculturali . » 148 7.3.3 Gli alloggi e l’assistenza sociale per gli extraeuropei ... » 149

7.4 Le misure di integrazione sociale ed il Fondo nazionale per le politiche migratorie ... » 151

■ 8 La tutela delle persone anziane 8.1 La tutela degli anziani nel nostro ordinamento ... » 155

8.2 Gli anziani nella legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale ... » 155

8.3 Le Residenze sanitarie assistenziali (RSA) ... » 155

8.3.1 Le RSA nella legge finanziaria del 1988 ... » 155

8.3.2 Le RSA nel DPCM 22 dicembre 1989 ... » 156

8.4 La tutela degli anziani nella legge quadro 328/2000 ... » 157

(16)

Indice Generale

314 Parte Terza

Le forme di gestione dei servizi pubblici sociali e la tutela delle posizioni giuridiche derivate

■ 1 Le forme di gestione dei servizi pubblici sociali: dall’art. 22, L. 142/

1990 al Testo Unico degli Enti locali (T.U.E.L.)

1.1 Cenni alla previgente normativa sull’ordinamento delle autonomie locali

(L. 142/1990) ... Pag. 161 1.2 I servizi pubblici nel nuovo ordinamento delle autonomie locali (D.Lgs.

267/2000) ... » 162

1.3 La disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici sociali nell’origina- ria formulazione del T.U.E.L (art. 113 D.Lgs. 267/2000) ... » 163

1.4 La scelta delle forme di gestione del servizio pubblico nel regime anteriore all’art. 14 D.L. 30-9-2003, n. 269 convertito in L. 24-11-2003, n. 326 ... » 163

1.5 In particolare: la concessione di servizio pubblico ... » 164

1.6 La riforma della L. 28-12-2001, n. 448 e l’introduzione dell’art. 113bis nel T.U.E.L. ... » 170

1.7 Distinzione tra servizi pubblici locali di rilevanza industriale e servizi pub- blici locali privi di rilevanza industriale ... » 171

1.8 Ulteriori profili di rilevanza della distinzione tra servizi con o senza rilevan- za industriale ... » 171

1.9 Tipicità delle forme di gestione individuate dal legislatore ... » 172

1.10 In particolare: l’affidamento diretto all’azienda speciale ... » 173

1.11 L’affidamento diretto alla società mista ... » 174

1.12 Affidamento di ulteriori servizi alla società mista ... » 176

1.13 Adesione successiva alla società mista ... » 177

1.14 Proroghe dell’affidamento dei servizi pubblici alla società mista ... » 178

1.15 Scelta del socio in sede di aumento di capitale ... » 179

1.16 Esecuzione del servizio tramite soci (in house) ... » 181

1.17 Attivita extramoenia della società mista e delle aziende speciali ... » 183

■ 2 Le forme di gestione dei servizi pubblici locali non economici nella nuova formulazione dell’art. 113bis T.U.E.L. 2.1 Il ruolo attuale degli Enti locali: tra sussidiarietà verticale ed orizzontale ... » 187

2.2 La delibera di assunzione ... » 187

2.3 Le forme di gestione ... » 189

2.4 L’individuazione della forma di gestione nella nuova formulazione degli artt. 113bis e 116 T.U.E.L. ... » 190

(17)

315

Indice Generale

2.5 Le singole forme di gestione: la gestione in economia ... Pag. 192

2.6 L’istituzione ... » 192

2.7 Le aziende speciali ... » 193

2.8 La trasformazione delle aziende speciali in società per azioni ... » 195

2.9 La disciplina comune ad aziende speciali ed istituzioni ... » 196

2.10 Le società per la gestione del servizio sociale: in particolare la società a capitale interamente pubblico ... » 198

2.11 Disciplina dei rapporti tra ente locale ed erogatori del servizio pubblico sociale: il contratto di servizio ... » 200

2.12 Affidamento diretto di servizi culturali e del tempo libero ad associazioni e fondazioni ... » 201

2.13 Ammissibilità di affidamenti a terzi a seguito di gara ad evidenza pubblica ... » 202

2.14 Ulteriori forme di collaborazione per la gestione dei servizi pubblici sociali: sponsorizzazioni, accordi di collaborazione e convenzioni ... » 204

2.15 La disciplina relativa alla tariffa ... » 206

2.16 La disciplina relativa ai beni strumentali al servizio pubblico sociale ... » 209

2.17 La sentenza della Corte costituzionale 27 luglio 2004, n. 272 ... » 210

■ 3 La gestione dei servizi sociali in collaborazione tra Enti locali 3.1 Premessa sulle forme di collaborazione per l’esercizio di funzioni pubbli- che e servizi pubblici ... » 215

3.2 Le convenzioni ed i consorzi di Enti locali ... » 215

3.3 Le Città metropolitane ... » 218

3.4 Le Unioni di Comuni ... » 220

3.5 Le Comunità montane ... » 220

3.6 Esercizio associato di funzioni ed accordo di programma ... » 223

3.7 Le circoscrizoni di decentramento comunale ... » 225

3.8 Circondari e circoscrizioni provinciali ... » 225

■ 4 Contratti del gestore del servizio pubblico sociale 4.1 Cenni sull’evidenza pubblica interna e comunitaria ... » 227

4.2 Cenni alla legislazione comunitaria vigente in materia di appalti pubblici ... » 228

4.3 Cenni sui sistemi di scelta del contraente delle gare pubbliche comunitarie .. » 229

4.4 La trattativa privata (procedura negoziata) come procedura eccezionale: la causa dell’urgenza ... » 229

4.5 Segue: le ragioni tecniche ... » 230

4.6 Procedure aperte e ristrette ... » 231

(18)

Indice Generale

316 4.7 Fasi principali delle procedure di evidenza pubblica ... Pag. 231

4.8 Criteri di aggiudicazione ... » 233

4.9 Stipula ed esecuzione del contratto ... » 235

4.10 Il subappalto ... » 235

4.11 Effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto ... » 236

4.12 Ambito e limiti di applicazione della normativa sull’evidenza pubblica: limi- ti soggettivi ... » 237

4.13 La rilevanza della nozione di organismo di diritto pubblico nel settore dei servizi sociali ... » 238

4.14 Segue: limiti oggettivi d’importo (soglie comunitarie) ... » 239

4.15 Rilevanza dei servizi sociali nella disciplina degli appalti pubblici di servizi ... » 241

4.16 La partecipazione di enti non profit a gare pubbliche indette dall’ente pubblico (o dal gestore) ... » 245

4.17 Esecuzione in economia (in house) ... » 245

4.18 Un caso particolare: esecuzione di lavori in economia da parte della società mista locale ... » 246

4.19 Quadro di sintesi della tutela del soggetto partecipante a gara d’appalto ... » 249

4.19.1 Giudice competente e rito applicabile ... » 249

4.19.2 Effetti del ricorso (tutela cautelare) ... » 249

4.19.3 Decisione ... » 250

4.19.4 Tipologie dei provvedimenti emanabili dal G.A. ... » 250

4.19.5 Impugnazioni ... » 251

■ 5 Posizioni giuridiche soggettive dei privati nell’ambito del servizio sociale 5.1 Posizione giuridiche soggetive dei privati di fronte al servizio pubblico sociale ... » 253

5.2 In particolare: la decisione pubblica di assunzione del servizio ... » 254

5.3 La decisione di organizzazione e gestione del servizio sociale: i diritti finan- ziariamente condizionati ... » 254

5.4 Segue: l’ammissione a fruire del servizio sociale ... » 256

5.5 L’erogazione del servizio: il rapporto gestore/utente ... » 258

5.6 La qualità dei servizi: la Carta dei servizi sociali ... » 259

5.7 Accesso ai documenti amministrativi ... » 263

(19)

317

Indice Generale

■ 6 La tutela giurisdizionale: ambito e limiti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

6.1 Cenni sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo Pag. 265 6.2 Il progressivo ampliamento della giurisdizione esclusiva del giudice ammi-

nistrativo: in particolare l’art. 33, D.Lgs. 80/1998 e l’art. 7, L. 205/2000 e la

declaratoria d’incostituzionalità (sentenza 6-7-2004 n. 204) ... » 265

6.3 Individuazione del servizio pubblico rilevante ai fini dell’art. 33 D.Lgs. 80/ 1998 ... » 270

6.4 Servizio pubblico tra nozione oggettiva e soggettiva ... » 271

6.5 Segue: riconduzione dei servizi sociali alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 33, D.Lgs. 80/1998... » 274

6.6 Ambito della giurisdizione su servizi pubblici ai sensi dell’art. 33, D.Lgs. 80/ 1998 ... » 275

6.7 Le controversie relative alle vicende dei gestori (art. 33, co. 2 lett. a) ... » 275

6.8 Le controversie relative ai rapporti tra Pubblica Amministrazione e gestore del servizio sociale (art. 33, co. 2, lett. b) ... » 276

6.9 Le controversie relative alla vigilanza e al controllo nei confronti di gestori di pubblici servizi (art. 33, co. 2, lett. c) ... » 277

6.10 Le controversie relative alle procedure di affidamento degli appalti pubbli- ci (art. 33, co. 2, lett. d) ... » 278

6.10.1 Appalti di servizi e servizio pubblico ... » 278

6.10.2 Servizi sociali ... » 280

6.10.3 Controversie tra servizio pubblico e fornitori ... » 281

6.11 Le attività e prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di un pubblico servizio, ivi comprese quelle rese nell’am- bito del servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione (art. 33, co. 2, lett. e) ... » 281

6.12 I rapporti individuali d’utenza con soggetti privati (art. 33, co. 2, lett. e)... » 282

6.13 Segue: controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o alle cose (art. 33, co. 2, lett. e) ... » 284

6.14 Azioni collettive ex L. 281/1998 nell’ambito dei servizi sociali ... » 285

6.15 Esempi di disamina della questione di giurisdizione in materie d’incerta ascrizione ai servizi pubblici ... » 286

6.15.1 Questione relativa alla corresponsione di borse di studio ... » 286

6.15.2 Caso relativo all’edilizia residenziale pubblica ... » 289

■ 7 La tutela amministrativa 7.1 Rimedi di giustizia amministrativa: quadro di sintesi ... » 293

7.2 Classificazioni dei rimedi di giustizia amministrativa ... » 293

(20)

Indice Generale

318 7.3 Cenni sulla disciplina dei ricorsi amministrativi ... Pag. 295

7.4 Peculiarità dei rimedi di giustizia amministrativa nell’ambito dei servizi

pubblici sociali ... » 295 7.5 I rimedi amministrativi nella gestione: in particolare, i reclami di cui all’art.

13, co. 2, L. 8-11-2000, n. 328 ... » 297 7.6 Il difensore civico ... » 298

■ 8 Cenni sulla responsabilità nel servizio pubblico sociale

8.1 Profili d’inquadramento della responsabilità nel servizio pubblico ... » 299 8.2 Regime speciale della responsabilità contrattuale nel servizio pubblico .... » 300 8.3 Profili della responsabilità dei pubblici dipendenti ... » 301 8.4 Segue: cenni sulla responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti . » 303 8.5 Segue: sulla responsabilità amministrativa degli amministratori di aziende

e società miste locali ... » 305 8.6 La speciale responsabilità degli amministratori locali per prestazioni e ser-

vizi resi in violazione delle prescritte formalità ... » 306

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