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Anno 16 (2020) N. 21 ASCENSIONE DEL SIGNORE 24 maggio 2020

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Academic year: 2022

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Bollettino della Parrocchia di S. Gioacchino in Prati – Roma Cari parrocchiani e amici,

sfogliando le immagini per la festa dell’Ascensione mi sono imbattuto in una foto proveniente dal famoso film “Marcellino pane vino”. È la famosa scena finale in cui il piccolo bambino chiede a Gesù di essere portato in cielo per vedere la sua mamma. Penso che ciascuno di noi sogna di vedere almeno per un attimo il Paradiso.

Facciamo tanta fatica ad imma- ginarlo, ma non viene mai

meno il nostro desiderio di raggiungerlo.

Questa domenica è per noi davvero particolare.

Dopo un lungo lockdown ritroviamo Gesù Eucares- tia. È il nostro paradiso. Il

desiderio di vedere Gesù nel Suo vero Corpo e Sangue si è fatto realtà dopo oltre due mesi di un digiuno forzato. Quando Marcellino trova nella vecchia soffitta un crocifisso vede il Cristo della Croce molto magro e immagina che abbia fame. Quindi decide di portargli soavemente da mangiare e da be- re, e avviene il miracolo: il corpo di Gesù crocifisso si muove per rice- vere il pasto offerto. Ho guardato il nostro grande crocifisso all’ingresso della Chiesa per vedere se Gesù per caso non sia dimagrito a causa della nostra assenza.

Comunque è stato bello lunedì scorso riaprire il portone centrale della Chiesa. Tutti ci siamo com- mossi. Tutti siamo accorsi, come a una tomba vuota, per riempirci di gioia e della presenza del Signore.

Ci è mancata tantissimo l’Eucares- tia quotidiana e nelle porte spalan- cate abbiamo visto un passaggio a qualcosa di nuovo. La vera doman- da che ci dobbiamo fare è se, a partire dal 18 maggio, il ritorno a Messa sazierà la nostra fame di Dio? Abbiamo sperimentato tanta nostalgia di Dio e ab- biamo pregato di rivederlo nelle chiese. Dobbiamo star molto attenti a non cadere nel rischio che il nostro ri- torno non serva solo ad ap- pagare le nostre nostalgie.

Penso che nei prossimi giorni verificheremo la verità dei nostri sentimenti. Sarebbe triste se terminata la celebrazione ci scoprissimo sempre gli stessi, forse ancora più pagani e concentrati su noi stessi. Abbiamo tanto aspettato la comunione eucaristica, ma si vedrà in che modo incontrare Gesù nell’Eucarestia inciderà sulla testi- monianza cristiana fuori le mura del nostro tempio.

Sono felice di rivedervi e sono sicuro che davanti a noi si apre una nuova stagione della vita cristiana.

Padre Pietro

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Il Vangelo della Domenica

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28, 16-20) In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

I discepoli sono tornati in Galilea, su quel monte che conoscevano bene.

Quando lo videro, si prostrarono. Gesù lascia la terra con un bilancio deficitario: gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto. E ci sono tutti all’appuntamento sull’ultima montagna. Questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito. Adesso sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà.

Essi però dubitarono... Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in persone che dubitano ancora. Non rimane ancora un po’, per spiegare meglio, per chiarire i punti oscuri. Ma affida il suo messaggio a gente che dubita ancora. Non esiste fede vera senza dubbi. I dubbi sono come i poveri, li avremo sempre con noi. Ma se li interroghi con coraggio, da apparenti nemici diverranno dei difensori della fede, la proteggeranno dall’assalto delle risposte superficiali e delle frasi fatte.

Gesù affida il mondo sognato alla fragilità degli Undici, e non all’intelligenza di primi della classe; affida la verità ai dubitanti, chiama i claudicanti ad andare fino agli estremi della terra, ha fede in noi che non abbiamo fede salda in lui. A me è stato dato ogni potere in cielo e

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sulla terra... Andate dunque. Quel dunque è bellissimo: dunque il mio potere è vostro; dunque ogni cosa mia e anche vostra: dunque sono io quello che vive in voi e vi incalza.

Dunque, andate. Fate discepoli tutti i popoli... Con quale scopo?

Arruolare devoti, rinforzare le fila? No, ma per un contagio, un’epidemia di vita e di nascite. E poi

le ultime parole, il testamento: Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Con voi, sempre, mai soli. Cosa sia l’Ascensione lo capiamo da queste parole. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro.

Non è andato al di là delle nubi, ma al di là delle forme.

È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme verso l’alto come forza ascensionale verso più luminosa vita: «Il Risorto avvolge misteriosa- mente le creature e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del

campo e gli uccelli che egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa» (Laudato si’, 100).

Chi sa sentire e godere questo mistero, cammina sulla terra come dentro un tabernacolo, dentro un battesimo infinito.

(P. Ermes Ronchi)

PREGA CON IL VANGELO

Signore risorto e glorificato, siamo consapevoli che finché dimoriamo in questo mondo la nostra fede e la nostra adorazione sono accompagnate da dubbi e paure. Alle nostre labbra impure hai chiesto di farsi strumento per far giungere la tua parola di salvezza ad ogni uomo in ogni tempo. Alle nostre fragili mani hai affidato il dono della rigenerazione attraverso le acque salutari del battesimo. Sostenuti dalla tua presenza, che hai promesso ogni giorno della nostra vita, nel tuo nome comunicheremo la gioia di essere tuoi discepoli.

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54ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

“PERCHÉ TU POSSA RACCONTARE E FISSARE NELLA MEMORIA” (ES 10,2).

LA VITA SI FA STORIA.

È l’importanza della narrazione il tema al centro del Messaggio per la 54ª Giornata delle comunicazioni sociali. Infatti, osserva papa Francesco, per non smarrirsi l’uomo ha bisogno di respirare la verità di racconti buoni.

Cioè «storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme». Occorre cioè ritornare a una narrazione umana, «che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo;

che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri».

Si tratta, come si capisce, di scegliere una strada controcorrente, perché, inutile negarlo, larga parte della comunicazione contemporanea è fatta di racconti artefatti per danneggiare l’av- versario, di trabocchetti per farlo cadere, di falsità verosimili spacciate per verità. Occorre allora la forza per scegliere una via diversa. «In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake) – denuncia il Papa –, abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni.

Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi.

Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano». E il segreto per riuscirci, per non perdersi d’animo, sta nel guardare a Dio, il Narratore per eccellenza. Infatti «quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati, quando immettiamo amore nelle nostre storie quotidiane, quando tessiamo di misericordia le trame dei nostri giorni, allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati a una memoria malata che ci imprigiona il cuore ma, aprendoci agli altri, ci apriamo alla visione stessa del Narratore».

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Ecco allora che anche quando raccontiamo il male, possiamo «imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio». E ci consola sapere che, come insegna la sapienza dei giorni, «mentre le storie usate a fini stru- mentali e di potere hanno esistenza breve, una buona storia è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A distanza di secoli rimane attuale, perché nutre la vita». (Da: Avvenire)

RITROVARE IL SENSO DELLA STORIA E DEL RACCONTO

«Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita».

«Anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio».

Con queste due frasi, l’una posta subito dopo l’inizio e l’altra verso la fine del suo Messaggio per la cinquanta- quattresima giornata mondiale delle Co- municazioni Sociali, Papa Francesco ci riporta con le sue parole all’essenza di un tema intorno al quale da tanto tempo giriamo in tondo. Come in un vortice che rischia di farci perdere la bussola, la stella polare, la direzione; con il parados- so che l’era della comunicazione rischia di coincidere con quella della in comunica-

bilità; e il trionfo dei big data con la sconfitta della sapienza necessaria per leggere e raccontare il senso di ogni storia, e con esso il significato della Storia.

Narrare viene da gnarus, fare esperienza. Ma senza la capacità di ricondurre l’esperienza a unità, non c’è sapienza, e nemmeno conoscenza;

tutto si riduce a una elencazione senza senso. A questo serve narrare.

Solo il racconto (sempre, anche nella scienza, serve una ipotesi di ricerca, una chiave di lettura delle cose) è capace di rivelare ciò che non è immediatamente visibile agli occhi, ciò che è nascosto, ciò che richiede il tempo della conoscenza per essere svelato.

Con il suo messaggio il Papa parla ai comunicatori, certo; ai giornalisti, sicuramente; ma parla in generale a tutti. Perché tutti comunichiamo. Tutti siamo responsabili del mondo che la nostra narrazione ricama.

I nostri racconti sono infiniti. Sono scritti, parlati, filmati; tessuti di parole, immagini, musica; memoria del passato e visione di futuro.

I nostri racconti sono la vita che tramandiamo.

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E a tutti il Papa chiede qual è la storia che ci raccontiamo? Quanto l’abbiamo davvero vissuta, meditata, riflettuta, capita, prima di raccon- tarla? È una storia vera? È una storia dinamica? O è una storia falsa? È una storia immobile? È una storia dove c’è l’uomo, e c’è il mistero che lo racchiude o è una storia che cancella la nostra umanità? È una storia raccontata bene o è una storia raccontata male? È una storia aperta alla speranza o una storia chiu- sa? Una storia che si com- piace del male o che cerca sempre, in ogni situazione, la scintilla di bene capace di riscattarla?

Tutte le storie si com- prendono solo alla fine. Qual è la fine delle nostre storie?

Quale spazio è lasciato al mistero di Dio, alla possi- bilità della redenzione?

Dov’è la sapienza del racconto? «I grandi sapienti del passato — ha scritto il Papa nella Laudato si’ — correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione. …La vera sapienza, frutto della riflessione, del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone, non si acquisisce con una mera accumulazione di dati che finisce per saturare e confondere, in una specie di inquinamento mentale».

Non sempre ci rendiamo conto di quanto importante sia il ruolo della comunicazione (e in essa di ognuno di noi quando comunica) nell’essere strumenti di comprensione o di fraintendimento, nel costruire o nel distruggere una consapevolezza responsabile, nel nutrire o nel mal-nutrire le nostre identità in divenire.

Da queste domande, da questa assunzione di responsabilità che ci riguarda tutti, possiamo riprendere il cammino. E riprenderlo, da credenti, con la consapevolezza di un evento che ha cambiato la storia, illuminandola nel mistero di Dio che si fa uomo proprio per redimerla. Di fronte a questo mistero i Re Magi, sapienti di quella sapienza che rischiamo di perdere nel trambusto delle nostre vite, per proteggere la storia che era stata loro rivelata e il Dio Bambino che la incarnava, furono avvertiti in sogno che per tornare a casa occorreva scegliere un altro cammino. Conviene anche a noi, per ritrovare il luogo che custodisce il senso della storia e del racconto, scegliere un cammino diverso rispetto a quello che ci ha portato sin qui. Per ripartire serve un altro cammino, un’altra storia, un altro modo di vedere, di raccontare, di fare memoria, di costruire — narrandolo — il futuro.

Paolo Ruffini Prefetto del Dicastero per la Comunicazione

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NOVENA DELLO SPIRITO SANTO DI S. ALFNOSO

Il papa Leone XIII, nell’enciclica Divinum illud munus del 9 maggio 1897, scriveva che nei suoi giorni si sarebbero potuti trovare cristiani i quali, alla domanda se avessero ricevuto lo Spirito Santo, avrebbero risposto, come i discepoli di Efeso a san Paolo: Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo (At 19, 2); e auspicava che sorgessero nuovi apostoli per annunciare l’esistenza e il dono della ter- za persona della Santissima Trinità.

Probabilmente anche ai nostri giorni per molti cristiani lo Spirito divino è fondamentalmente scono- sciuto. Infatti, se è vero che in mol- te preghiere liturgiche e personali, e soprattutto nell’amministrazione della Cresima e nella solennità della Pentecoste, lo Spirito Santo viene invocato e glorificato, è altrettanto vero che non se ne conosce a fondo né la missione né gli innumerevoli benefici. Perciò anche oggi, come al tempo di Leone XIII, è auspicabile che nuovi apostoli annuncino al mondo non soltanto l’esistenza dello Spirito, ma la necessità della sua presenza e dei suoi sette doni (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio).

La novena dello Spirito Santo è utile per risvegliare in noi una grande devozione verso lo Spirito Santo, che ci spinga ad amarlo maggiormente e a invocarlo più spesso.

Sant’Alfonso, ben consapevole della missione dello Spirito Santo e della sua necessità nella vita della Chiesa e nell’esistenza di ogni cris- tiano, è stato un apostolo molto impegnato nell’annunciare l’esistenza della terza persona della Santissima Trinità e nel ricordare quanto Gesù aveva annunciato, e a propagarne la devozione e la preghiera.

Egli era convinto che questa novena fosse una delle più importanti

«perché è stata celebrata dai santi Apostoli e da Maria santissima nel cenacolo e arricchita di tanti eccellenti prodigi e doni straordinari».

Allo Spirito Santo de Liguori ha dedicato varie riflessioni e preghiere. Ha scritto anche una poesia (Vieni, vieni, o Spirito Santo) e ha disegnato una Madonna «che nel petto - come scrive lo stesso Autore - tiene dipinto lo Spirito Santo»: con questa immagine ha vo-

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luto ricordare il momento del sì di Maria alla incarnazione di Gesù, la quale è avvenuta per opera dello Spirito Santo.

La Novena dello Spirito Santo fu pubblicata a Napoli nel 1766, insieme al libro Via della salute. Essa comprende dieci meditazioni con affetti e preghiere, che si concludono con una invocazione alla Madonna per ogni giorno. Per le riflessioni egli si è ispirato alle invocazioni dei due inni liturgici: Veni, Creator Spiritus e Veni, Sancte Spiritus.

Nel corso della novena richiama i grandi doni e le azioni che lo Spirito compie nel cuore dei credenti in Cristo: egli spinge a far grandi cose per amore di Dio e del prossimo; fa nascere buoni sentimenti e desideri di pace; allontana le tentazioni; illumina nel dubbio; dà conforto nelle difficoltà; dà forza per concedere il perdono; alla mente dà la capacità di conoscere la bontà infinita di Dio; concede il dono della preghiera e insegna a farla bene.

p. Ezio Marcelli

Introduzione di S. Alfonso

La novena dello Spirito Santo è la più

importante di tutte, perché essa è stata celebrata, per prima volta, dagli Apostoli e da Maria santissima nel Cenacolo. Nella Pentecoste, poi, vi furono prodigi e doni straordinari, ma il dono principale fu lo stesso Spirito Santo, che Gesù Cristo ci ha meritato con la sua passione e donato dopo la sua morte, come aveva pro-messo agli Apostoli: “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16,7).

Lo Spirito Santo è l’amore scambievole fra il Padre e il Verbo eterno. Per questo il

dono dell’amore, che il Signore diffonde nei nostri cuori e che è il più grande di tutti i doni, è attribuito specialmente allo Spirito Santo, come afferma san Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Pertanto in questa novena vogliamo considerare i pregi dell’amore divino, per desiderare di ottenerlo e di esserne partecipi soprattutto con la preghiera. Infatti Dio ha promesso di donarlo a chi umilmente glielo chiede: “Il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiederanno” (Lc 11,13).

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NOTA SUGLI ORATORI ESTIVI

Sì agli oratori estivi, con le dovute accortezze. Mentre i campi estivi sono, nelle condizioni attuali, «fortemente sconsigliati». L’Ufficio catechistico e il Servizio per la pastorale giovanile della diocesi presentano una nota con le indicazioni per la realizzazione degli oratori estivi in tempo di pandemia, recependo le “Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di so- cialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emer- genza Covid–19” a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia, nonché le indicazioni del Servizio nazionale Cei per la pastorale giovanile.

«La Chiesa vuole con coraggio e responsabilità non tirarsi indietro nel dare il suo contributo per la ripresa sociale ed essere vicina alle famiglie.

Sappiamo, inoltre, che queste iniziative, prima di essere un servizio sociale, sono un’opportunità preziosa per l’accompagnamento della formazione umana e cristiana di bambini e ragazzi». Ne sono convinti don Andrea Cavallini e don Antonio Magnotta, direttori rispettivamente dell’Ufficio catechistico e del Servizio per la pastorale giovanile.

Il sussidio per l’oratorio estivo pensato per quest’anno, infatti, è legato al cammino diocesano sull’ascolto e si chiama “#BecomingSuper … Per ascoltare meglio”. Le attività saranno, naturalmente, rimodulate per rispettare le indicazioni governative, garantire la sicurezza dei bambini e la tranquillità dei loro genitori. «Quest’anno gli oratori estivi vanno imma- ginati come una molteplicità di “piccoli oratori” autonomi e separati tra loro. I bambini vanno divisi in gruppi completamente autonomi l’uno dall’altro che non devono mai intercettarsi, ma essere, pur nello stesso ambiente, rigidamente separati tra loro».

Gruppi separati come piccole isole nel mare della parrocchia, spiega David Lo Bascio, presidente del Cor: «Lo chiamiamo progetto arcipelago:

ci saranno tanti gruppi di bambini con un animatore, eventualmente distribuiti anche in strutture che vanno oltre la parrocchia, come i vicini parchi». Un adulto ogni 5 (scuola materna), 7 (scuola elementare) o 10 ragazzi (adolescenti), mentre in caso di bambini disabili è previsto il rapporto uno a uno. «Gli educatori devono avere una certificazione medica che attesti le loro buone condizioni di salute».

I bambini dovranno indossare la mascherina, anche durante le attività all’aria aperta; nei locali al chiuso si dovranno svolgere pulizie o disinfezioni quotidiane, e si suggerisce di individuare un responsabile dell’igiene. Quanto ai campi estivi, la nota sottolinea che «il campo

“classico” presenta maggiori criticità e l’osservanza delle indicazioni è ancora più complicata. Quindi ci sentiamo di sconsigliarlo fortemente».

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IL MINISTERO DEL LETTORATO AI SEMINARISTI REDENTORISTI

Sabato, 23 maggio, nella Cappella dello Studentato Internazionale della Conferenza dei Redentoristi d’Europa, cinque nostri seminaristi sono stati istituiti Lettori dal Superiore Provin- ciale della Provincia di Roma p.

Antonio Cirulli. Hanno concelebrato il vicario generale della Congregazione dei Redentoristi P. Alberto Eseverri, il consigliere generale p. Pedro Lopez e i formatori p. Jacek Zdrzalek e p.

Pietro Kiet.

La Chiesa fin dall’inizio riconosce i carismi e i ministeri suscitati dallo Spirito Santo tra i suoi membri come dono e grazia. Nel cammino formativo di un seminarista verso sacerdozio ci sono diverse tappe che lo aiutano a discernere la chiamata del Signore e a rispondere ad essa generosamente configurandosi a Cristo riconoscendo i suoi doni. Una di queste tappe è il ministero del lettorato.

Ricevendo questo ministero, il Lettore si impegna a proclamare la Parola di Dio nell’assemblea liturgica; ad educare alla fede i fanciulli e gli adulti e a guidarli a ricevere degnamente i Sacramenti; a portare l’annun- cio missionario del Vangelo di Salvezza agli uomini che ancora non lo conoscono. In che cosa consiste il rito? Una parola molto semplice: il responsabile della formazione chiama il giovane per nome ed egli alzandosi in piedi dice: “Eccomi”. Poi, dopo aver

ricevuto la benedizione del superiore provinciale, al lettore viene consegna- ta la Sacra Scrittura, che d’ora in poi deve custodire e trasmettere ai fratelli.

Nelle Costituzioni dei Redentoristi leggiamo: “Dalla testimonianza della vita e della carità sorge la testi- monianza della parola secondo la possibilità del momento e le attitudini personali. È proprio questa la missione

principale dei Redentoristi nella Chiesa: la proclamazione esplicita della parola di Dio in vista della conversione fondamentale. Quando sarà giunto il momento e il Signore aprirà loro la porta della predicazione, i congregati sempre pronti a testimoniare quella speranza che è in loro, integrando la testimonianza silenziosa della presenza fraterna con quella della parola, annunzieranno on fiducia e costanza il mistero di Cristo”.

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INTENZIONI SANTE MESSE:

Ricordiamo che si possono sempre segnare le Sante Messe per le vostre intenzioni, contattandoci o passando dalla sagrestia o dall’ufficio parrocchiale. Ogni giorno le applichiamo e menzioniamo quando celebriamo la Santa Messa.

SOSTENERE LA CARITAS E LA CHIESA PARROCCHIALE:

Anche nella nostra Parrocchia si vive il dramma sociale, legato al blocco di tante attività, che crea nuove povertà. La nostra comunità continua a prodigarsi nel servizio di carità, pur essen- do enormemente diminuiti gli introiti. Per poter garantire la continuità dell’attività di assisten- za e mantenere le strutture parrocchiali, vi chiediamo di con- tribuire alle nostre necessità in diversi modi.

Con l’adesione al progetto “Carrello sospeso” presso il Supermercato Pam in via dei Gracchi. Tutti i prodotti ali- mentari raccolti vegono portati alla Caritas parrocchiale che poi prepara i pacchi per le famiglie in difficoltà.

Con le offerte nelle cassette della chiesa: accendendo il lumino e mettendo anche una piccola offerta contribuite al mantenimento della chiesa.

Per chi preferisce dare un contributo in denaro. Si può lasciare il contributo presso l’ufficio parrocchiale oppure tramite bonifico. L’IBAN del conto corrente della Parrocchia è: PARROCCHIA S. GIOACCHINO IN PRATI IBAN: IT73 R031 0403 2010 0000 0130 899

Vi ringraziamo anticipatamente per la vostra generosità.

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Vita della Parrocchia

Orario Sante Messe nella “Fase 2” della Pandemia:

Giorni festivi: 9 – 10.30 – 12 – 13.15 – 19.00 Giorni feriali: 8 – 9.30 – 11 – 19.00

La Messa feriale delle 13.00 nella «Fase 2» della pandemia è sospesa.

Apertura della chiesa nella “Fase 2” della Pandemia:

Lunedì – Sabato: 7.30 – 12.45 e 16.30 – 19.30 Domenica: 8.00 – 14.00 e 16.30 – 19.30

Confessioni:

Lunedì – Sabato: 8.00 – 11.00 e 17.00 – 19.00 Domenica: durante tutte le Messe

- Nei giorni feriali occorre recarsi in sagrestia dove sarà presente il sacerdote.

- L’ascolto delle confessioni e i colloqui spirituali avvengono nella Cappella di Spagna (dell’Adorazione).

- In parrocchia è presente un Missionario della Misericordia.

Nella «Fase 2» della Pandemia il Santissimo Sacramento sarà esposto sull’altare maggiore dal lunedì al sabato dalle ore 8.30 alle 12.45 e dalle ore 16.30 alle 19.00 (durante le Sante Messe sarà reposto).

In questa fase di transizione non possiamo utilizzare le altre Cappelle a motivo delle difficoltà di mantenere la distanza minima di sicurezza. Gli adoratori dell’Eucarestia possono partecipare all’adorazione ad orari diversi.

Per i funerali contattare personalmente il Parroco e informarsi sulle norme riguardanti la celebrazione delle esequie.

Il richiamo al pieno rispetto delle disposizioni sopraindicate, relative al distanziamento e all’uso di idonei dispositivi di protezione personale si applica anche nelle celebrazioni del Battesimo, Matrimonio e Unzione degli Infermi.

L’ufficio parrocchiale (in Piazza dei Quiriti 17) è aperto dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 12.00.

Bollettino settimanale della Parrocchia di S. Gioacchino in Prati, Roma

Tel. 063216659;SITO WEB: www.sangioacchino.org - Parroco: P. Pietro Sulkowski Facebook: Parrocchia San Gioacchino in Prati

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