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Carità, amore e fratellanza sono la strada

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L'OSSERVATORE ROMANO

Il dialogo con i giornalisti sul volo di ritorno da Baghdad

«Carità, amore e fratellanza sono la strada»

Nel colloquio Francesco ripercorre le tappe della storica visita:

l'incontro con "l'uomo saggio e uomo di Dio" Al-Sistani, l'emozione di fronte alle chiese distrutte di Mosul, la commozione per le parole della mamma cristiana che ha perso il figlio e perdonato gli uccisori, la promessa di un viaggio in Libano

C

arità, amore e fratel- lanza sono la strada da percorrere. Lo ha detto il Papa con- versando con i giornalisti sul volo che lunedì mattina, 8 marzo, da Baghdad lo riporta- va a Roma, dopo lo storico viaggio di quattro giorni in Iraq. Francesco ha raccontato le proprie impressioni sull'in- contro con Al-Sistani, la com- mozione di fronte alle chiese distrutte di Mosul e di aver promesso al patriarca Béchara Raï di visitare il Libano. All'i- nizio dell'incontro ad alta quota, il Pontefice ha salutato monsignor Dieudonné Dato- nou, il nuovo coordinatore dei viaggi papali, che ha definito

«il nuovo sceriffo». Poi si è ri- volto così ai giornalisti: «Pri- ma di tutto grazie per il vostro lavoro, per la vostra compa- gnia, e la vostra stanchezza.

Oggi è la festa della donna, complimenti alle donne! Nel- l'incontro con la moglie del Presidente dell'Iraq parlava- mo del perché non ci sia la fe- sta degli uomini. Io ho detto:

ma perché noi uomini siamo sempre in festa! La moglie del

Presidente mi ha parlato delle donne, ha detto cose belle og- gi, quella fortezza che hanno le donne nel portare avanti la vita, la storia, la famiglia, tan- te cose. E terzo: ieri era il compleanno della giornalista di Cope: tanti auguri e dob- biamo festeggiarlo, poi vedre- mo come, qui si può». Pubbli- chiamo una trascrizione di la- voro, non ufficiale, delle do- mande dei giornalisti e delle risposte del Santo Padre.

Santità, due anni fa ad Abu Dhabi ci sono stati l'incontro con l'Imam Al Tayyeb di Al Azhar e la firma della Dichiarazione sulla fratellanza. Tse giorni fa lei si é incontrato con Al-Si- stani: si può pensare a qualcosa di simile anche con il versante sciita dell'Islam? E

poi

una seconda do- manda sul Libano: san Giovanni Paolo zl diceva che

più

che un Paese é un messaggio. Oggi purtroppo da libanese le dico che questo messaggio ormai sta scomparendo.

È

imminente una sua visita in Libano?

Il documento di Abu Dha- bi del 4 febbraio è stato prepa- rato con il Grande imam in se- greto, durante sei mesi, pre- gando, riflettendo e correg- gendo il testo. E stato — è dir-

lo un po' presuntuoso, pren- detela come una presunzione

— un primo passo di ciò che lei mi domanda. Possiamo di- re che questo sarebbe il secon- do e ce ne saranno altri. E im- portante il cammino della fra- tellanza. Il documento di Abu Dhabi ha lasciato in me l'in- quietudine della fratellanza, e poi è uscita Fratelli tutti. Ambe- due i documenti si devono studiare perché vanno nella stessa direzione, sulla via della fratellanza. L'Ayatollah Al-Si- stani ha una frase che cerco di ricordare bene: gli uomini so- no o fratelli per religione o uguali per creazione. Nella fratellanza è l'uguaglianza, ma sotto l'uguaglianza non pos- siamo andare. Credo che sia una strada anche culturale.

Pensiamo a noi cristiani, alla guerra dei Trent'anni, alla not- te di san Bartolomeo, per fare un esempio. Come fra noi cambia la mentalità: perché la nostra fede ci fa scoprire che è questo, la rivelazione di Gesù è l'amore e la carità e ci porta a questo: ma quanti secoli per attuarli! Onesto è importante, la fratellanza umana, come

uomini tutti fratelli, e dobbia-

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mo andare avanti con le altre tito il dovere di fare questo religioni. Il Concilio Vaticano pellegrinaggio di fede e di pe- li ha fatto un passo grosso in

questo, e anche le istituzioni nitenza, e di andare a trovare dopo, il Consiglio per l'unità un grande, un saggio, un uo- dei cristiani e il Consiglio per mo di Dio: soltanto ascoltan- il dialogo interreligioso. Il car- dolo si percepisce questo. Par- dinale Ayuso ci accompagna lando di messaggi, direi che è un messaggio per tutti, e lui è oggi. Tu sei umano, sei figlio

di Dio e sei mio fratello, pun- una persona che ha quella to! Questa sarebbe l'indica- saggezza e anche la prudenza.

zinne più grande, e tante volte Mi diceva: «Io da io anni non si deve rischiare per fare que- ricevo gente che viene avisi- sto passo. Lei sa che ci sono tarmi con altri scopi politici e culturali... soltanto religiosi. E alcune critiche: che il Papa

lui è stato molto rispettoso,

non è coraggioso, è un inco- ,

sciente che sta facendo dei molto rispettoso nell incontro.

passi contro la dottrina catto- Io mi sono sentito onorato.

lica, che è a un passo dall'ere- Anche al momento del saluto, sia, ci sono dei rischi. Ma que- lui mai si alza... Si è alzato per ste decisioni si prendono sem- salutarmi, per due volte, un pre in preghiera, in dialogo,uomo umile e saggio, a me ha chiedendo consiglio, in rifles fatto bene all'anima questo in-

s contro. È una luce, e questi

ione. Non sono un capriccio

e anche sono la linea che il saggi sono dappertutto perché Concilio ha insegnato. Vengo la saggezza di Dio è stata alla seconda domanda: il Li sparsa in tutto il mondo. Suc- alla

è un messaggio, il Liba—

no soffre, il Libano è più di un non sono solo coloro che sono sugli altari. Succede tutti i equilibrio, ha la debolezza

delle diversità, alcune ancora giorni, quelli che io chiamo i non riconciliate, ma ha la for santi della porta accanto, uo- tezza del grande popolo ri- mini e donne che vivono la lo- conciliato, come la fortezza ro fede, qualsiasi sia, con coe- dei cedri. II patriarca Raï mi renna. Quelli che vivono i va- ha chiesto per favore durante lori umani con coerenza, la questo viaggio di fare una so- fratellanza con coerenza. Cre- sta a Beirut, ma mi è sembrato do che dovremmo scoprire questa gente, metterla in evi- un po' poco... Una briciola

davanti a un problema, a un denza, perché ci sono tanti Paese che soffre come il Liba- esempi... Quando ci sono no. Gli ho scritto una lettera, scandali anche nella Chiesa, ho fatto la promessa di fare un tanti, e questo non aiuta, ma viaggio. Ma il Libano in que- facciamo vedere la gente che sto momento è in crisi, ma in cerca la strada della fratellan- za, i santi della porta accanto, crisi — non voglio offendere —

in crisi di vita. Il Libano è tan- e troveremo sicuramente gente to generoso nell'accoglienza della nostra famiglia, qualche dei profughi. nonno, qualche nonna.

In che misura l'incontro con Al-Si-/l suo viaggio ha avuto una enorme stani era un messaggio anche verso i ripercussione in tutto il mondo, crede capi religiosi dell'Iran? che potrebbe essere il viaggio" del Io credo che sia stato un pontificato? Anche si è detto che fosse messaggio universale Ho sen- il più rischioso. Ha avuto paura in

qualche momento del suo viaggio?

Sta per compiere l'ottavo anno del suo pontfcato, continua a pensare che sarà corto? Infine, la grande do- manda: ritornerà una volta in Ar- gentina?

Comincio dall'ultima, una domanda... che capisco ed è legata al libro del mio amico giornalista Nelson Castro, me- dico. Lui aveva fatto un libro sulle malattie dei presidenti e io una volta gli ho detto: ma se vieni a Roma, devi farne uno sulla malattia dei Papi, perché sarà interessante cono- scere le loro malattie, almeno di alcuni degli ultimi tempi.

Mi ha fatto un'intervista, ed è uscito il libro: mi dicono che è buono, ío non l'ho visto. Lui mi ha fatto una domanda: «Se lei si dimette tornerà in Ar- gentina o rimarrà qui?». Io ho detto: non tornerò in Argenti- na, ma rimarrò qui nella mia diocesi. Ma in quella ipotesi, la risposta va unita alla do- manda. Quando vado in Ar- gentina o perché non ci va- do... io rispondo sempre un po' ironicamente: sono stato 76 anni in Argentina, è suffi- ciente no? C'è una cosa che, non so perché, non si dice: era stato programmato un viaggio in Argentina nel novembre del 2017. Si cominciava a lavorare, si faceva Cile, Argentina e Uruguay. Era per la fine di novembre... Ma poi in quel tempo il Cile era in campagna elettorale, in quei giorni a di- cembre è stato eletto il succes- sore di Michelle Bachelet, e io dovevo andare prima che cambiasse il governo. Non po- tevo andare. Avevamo pensa- to di fare così: andiamo a gen- naio in Cile e poi Argentina e Uruguay... Ma non era possi- bile, perché gennaio è come luglio-agosto per i due Paesi.

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Ripensando la cosa. è stato fatto il suggerimento: perché non associare il Perú? Perché il Perú era stato staccato dal viaggio in Ecuador, Bolivia, Paraguay. Era rimasto da par- te. E da lì è nato il viaggio nel gennaio 2018 in Cile e Perú.

Ma questo io voglio dirlo per- ché non si facciano fantasie di

"patriafobia": quando ci sarà l'opportunità si potrà fare, perché ci sono l'Argentina, l'Uruguay, e il sud ciel Brasile.

Poi sui viaggi. Io per prendere una decisione sui viaggi ascol- to, ascolto il consiglio dei con- siglieri e talvolta viene qualcu- no e dico: cosa ne pensi, devo andare in quel posto? A me fa bene ascoltare, questo mi aiu- ta a prendere più avanti delle decisioni. Ascolto i consiglieri e alla fine prego, rifletto tanto, su alcuni viaggi io rifletto tan- to. Poi la decisione viene da dentro, di pancia, quasi spon- tanea, ma come frutto maturo.

E un percorso lungo. Alcuni sono più difficili altri più faci- li. La decisione su questo viaggio viene da prima, dalla ambasciatrice, medico pedia- tra che è stata rappresentante dell'Iraq: brava, brava, ha in- sistito. Poi è venuta l'amba- sciatrice presso l'Italia, lei è una donna di lotta. Poi è arri- vato il nuovo ambasciatore in Vaticano. Prima era venuto il presidente. Tutte queste cose mi sono rimaste dentro. Ma c'è una cosa dietro la decisio- ne che io vorrei menzionare:

una di voi mi ha regalato l'ul- tima edizione spagnola del li- bro L'Ultima ragazza di Nadia Mourad. Io l'ho letto in italia- no, è la storia degli yazidi. E Nadia Mourad racconta cose terrificanti. Io vi consiglio di leggerlo, in alcuni punti potrà sembrare pesante, ma per me questo è il motivo di fondo

della mia decisione. Quel li- bro lavorava dentro. Anche quando ho ascoltato Nadia che è venuta a raccontarmi delle cose terribili... Tutte queste cose insieme hanno fat- to la decisione, pensando tutte le problematiche, tante. Ma alla fine è venuta la decisione e l'ho presa. Poi sull'ottavo anno del pontificato. Devo fa- re così? (il Papa incrocia le dita in segno scaramantico, ndr). Non so se i viaggi si realizzeranno o no, solo vi confesso che in questo viaggio mi sono stan- cato molto di più che negli al- tri. Gli 84 anni non vengono soli, è una conseguenza... ma vedremo. Adesso dovrò anda- re in Ungheria alla Messa fi- nale del Congresso Eucaristi- co internazionale, non una vi- sita al Paese, ma soltanto per la messa. Ma Budapest è due ore di macchina da Bratislava, perché non fare una visita in Slovacchia? E così che vengo- no le cose...

Questo viaggio ha avuto uno straor- dinario significato per persone che hanno potuto vederla, ma è stata an- che un'occasione per la diffusione del virus, in particolare con le persone che erano insieme ammassate. Lei è preoccupato che possano ammalarsi e

morire per aver voluto vedere lei?

Come ho detto precedente- mente, i viaggi si "cucinano"

nel tempo nella mia coscienza, e questa è una delle cose che

mi faceva forza. Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione che veramente veni- va da dentro. E io ho detto che Quello che mi dà di deci- dere così, si occupi della gen- te. Ma dopo la preghiera e do- po la consapevolezza dei ri- schi. Dopo tutto.

Abbiamo visto il coraggio, il dinami- smo dei cristiani iracheni, abbiamo visto anche le sfide che devono af-

frontare, la minaccia della violenza islamista, l'esodo e la testimonianza della fede nel loro ambiente. Queste sono le sfide dei cristiani in tutta la regione. Abbiamo parlato del Libano, ma anche la Siria, la Trra Santa.

Dieci anni fa si è svolto un Sinodo per il Medio Oriente ma il suo svi- luppo è stato interrotto dall'attacco alla cattedrale di Baghdad. Pensa di realizzare qualcosa per l'intero Medio Oriente, un sinodo regionale o qual- siasi altra iniziativa?

Non sto pensando a un Si- nodo, sono aperto a tante ini- ziative ma un Sinodo non mi è venuto. Lei ha buttato il pri- mo seme, vediamo. La vita dei cristiani è travagliata, ma non solo quella dei cristiani, abbia- mo parlato degli yazidi... E questo, non so perché, mi ha dato una forza molto grande.

C'è il problema della migra- zione. Ieri mentre tornavamo in macchina da Qaragosh a Erbil, vedevo tanta gente, gio- vani, l'età è molto molto bas- sa. E la domanda che qualcu- no mi ha fatto: ma qual è il fu- turo per questi giovani? Dove andranno? In tanti dovranno lasciare il Paese. Prima di par- tire per il viaggio l'altro gior- no, venerdì, sono venuti a congedarmi dodici iracheni profughi: uno aveva una pro- tesi alla gamba perché era scappato finendo sotto i ca- mion e aveva avuto un inci- dente. La migrazione è un di- ritto doppio: diritto a non mi- grare, diritto a migrare. Que- sta gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come far- lo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la mi- grazione è un diritto umano.

L'altra volta mi diceva un so- ciologo italiano parlando del- l'inverno demografico in Ita-

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lia: entro quarant'anni dovre- mo "importare" stranieri per- ché lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni. Voi francesi siete stati più furbi, siete andati avanti di dieci an- ni con la legge a sostegno del- la famiglia, il vostro livello di crescita è molto grande.

Ma la migrazione la si vive come un'invasione. Ieri ho vo- luto ricevere dopo la Messa, perché lui lo ha chiesto, il pa- pà di Alan Kurdi, questo bambino, che è un simbolo, Alan Kurdi è un simbolo: per questo io ho regalato la scul- tura alla FAO. E un simbolo che va oltre un bambino mor- to nella migrazione, un sim- bolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servo- no urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il di- ritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiag- gia. È riceverli, accompagnar- li, farli progredire e integrarli.

L'integrazione dei migranti è la chiave. Due aneddoti: a Za- ventem, nel Belgio, i terroristi erano belgi, nati in Belgio ma emigrati islamici ghettizzati, non integrati. L'altro esempio, quando sono andato in Sve- zia, la ministra che mi conge- dava era giovanissima e aveva una fisionomia speciale, non tipica degli svedesi. Era figlia di un migrante e di una svede- se, così integrata che è diven- tata ministro. Pensiamo a que- ste due cose, ci faranno pensa- re tanto: integrare. Sulle mi- grazioni, che credo sia il dramma della regione. Io vor- rei ringraziare i Paesi generosi che ricevono i migranti: il Li-

bano che ha, credo, due milio- ni di siriani; la Giordania — purtroppo non ci passeremo sopra e il re voleva farci un omaggio con gli aerei al no- stro passaggio — è generosissi- ma: più di un milione e mezzo di migranti. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie tante!

In tre giorni in questo Paese chiave del Medio Oriente ha fatto quello che i potenti della terra discutono da trent'anni. Lei ha già spiegato qual è la genesi interessante dei suoi viaggi, come nascono le scelte dei suoi viaggi, ma adesso in questa contingenza, guardando al Medio Oriente, può mettere in conto un viaggio in Siria?

Quali possono essere gli obiettivi da qui un anno di altri luoghi in cui è richiesta la sua presenza?

In Medio Oriente soltanto l'ipotesi, e anche la promessa, è i1 Libano. Non ho pensato a un viaggio in Siria, perché non mi è venuta l'ispirazione.

Ma sono tanto vicino alla martoriata e amata Siria, come io la chiamo. Io ricordo all'i- nizio del pontificato quel po- meriggio di preghiera in piaz- za San Pietro, c'era il rosario, l'adorazione del Santissimo.

Ma quanti musulmani con i tappeti a terra pregavano con noi per la pace in Siria, per fermare i bombardamenti, in quel momento in cui si diceva che ci sarebbe stato un bom- bardamento feroce. La porto nel cuore la Siria. Ma pensare un viaggio, non mi è venuto.

In questi giorni, mesi la sua attività è stata molto limitata. Ieri ha avuto il primo contatto diretto molto vicino con la gente a Qaragosh: che cosa ha provato? Secondo lei, adesso con tut- to l'attuale regime sanitario, si pos- sono ricominciare le udienze generali con la gente, con fedeli, come erano prima?

Io mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle

udienze. Vorrei ricominciare le udienze generali al più pre- sto. Speriamo che ci siano le condizioni, in questo io seguo le norme delle autorità. Loro sono i responsabili e loro han- no la grazia di Dio per aiutar- ci in questo, sono i responsa- bili nel dare le norme. Ci piac- ciano o non ci piacciano, i re- sponsabili sono loro e devono fare così. Adesso ho ricomin- ciato con l'Angelus in piazza, con le distanze si può fare. C'è la proposta dí piccole udienze generali, ma non ho deciso finché non si rende chiaro lo sviluppo della situazione. Do- po questi mesi di prigione, davvero mi sentivo un po' im- prigionato, questo viaggio è stato per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli. Un prete si fa prete per servire, al servizio del popolo di Dio, non per carrierismo, non per i soldi. Questa mattina nella messa c'era la Lettura biblica sulla guarigione di Naaman il siro e diceva che questo Naa- man voleva fare dei doni dopo aver ottenuto la guarigione.

Ma il profeta Eliseo li rifiutò.

La Bibbia continua: l'assisten- te del profeta Eliseo, quando se ne erano andati, sistemò be- ne il profeta e di corsa seguì Naaman e gli chiese dei doni per lui. E Dio disse: «La leb- bra che aveva Naaman sarà a te». Io ho paura che noi, uo- mini e donne di Chiesa, so- prattutto che noi sacerdoti, non abbiamo questa vicinanza gratuita al popolo di Dio che è quello che ci salva. E fare come il servo di Naaman: sì, aiutare, ma poi andare indie- tro per i doni. Di quella leb- bra ho paura. E l'unico che ci salva dalla lebbra della cupidi- gia, della superbia è il santo

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popolo di Dio. Quello di cui Dio parlò con Davide: «Io ti ho tolto dal gregge, non di- menticarti del gregge». Quel- lo di cui Paolo parlò con Ti- moteo: «Ricordati tua mam- ma e tua nonna che ti hanno allattato alla fede», cioè non perdere l'appartenenza al po- polo di Dio per diventare una casta privilegiata di consacra- ti, chierici, qualsiasi cosa. Il contatto col popolo ci salva, ci aiuta, noi diamo l'eucaristia, la predicazione, la nostra fun- zione. Ma loro ci danno l'ap- partenenza. Non dimentichia- mo questa appartenenza al.

popolo di Dio. Cosa ho in- contrato in Iraq, a Qaragosh?

Io non mi immaginavo le rovi- ne di Mosul, non mi immagi- navo davvero... Sì, avrò visto le cose, ho letto il libro, ma questo tocca, è toccante.

Quello che più mi ha toccato è la testimonianza di una mamma a Qaraqosh. Hanno dato la loro testimonianza un prete che veramente conosce la povertà, il servizio, la peni- tenza, e una donna che nei primi bombardamenti dell'Isis ha perso il figlio. Lei ha detto una parola: perdono. Sono ri- masto commosso. Una mam- ma che dice: io perdono, chie- do perdono per loro. Mi è ve- nuto alla memoria il viaggio in Colombia, quell'incontro a Villavicencio dove tante per- sone, donne soprattutto, ma- dri e spose, dicevano la loro esperienza dell'assassinio dei figli e del marito. Dicevano:

«io perdono, io perdono».

Questa parola l'abbiamo per- sa, sappiamo insultare alla grande, sappiamo condannare alla grande, io per primo. Ma perdonare... perdonare i ne- mici, questo è Vangelo puro.

E questo che più mi ha colpito a Qaraqosh.

Volevo sapere che cosa ha provato dall'elicottero vedendo la città di- strutta di Mosul e poi pregando nelle rovine di una chiesa. Se posso, visto che è la festa della donna, volevo fare una piccola domanda anche sulle donne. Lei ha sostenuto le donne a Qaragosh con parole molto belle, ma cosa pensa del fatto che una donna musulmana innamorata non può sposarsi un cristiano senza essere scartata dalla famiglia o peggio an- cora?

Di Mosul ho detto un po'

"en passant" quello che ho sentito. Mi sono fermato da- vanti alla chiesa distrutta, non avevo parole. Da non credere, da non credere... Non solo quella chiesa ma anche le altre chiese, anche una moschea di- strutta. Si vede che non era d'accordo con questa gente.

Da non credere la crudeltà umana nostra. In questo mo- mento, non voglio dire la pa- rola, si ricomincia: guardiamo l'Africa. E con la nostra espe- rienza di Mosul queste chiese distrutte e tutto, si crea l'ini- micizia, la guerra, e anche ri- comincia ad agire il cosiddetto Stato islamico. Questa è una cosa brutta, molto brutta. Una domanda che mi è venuta in mente nella chiesa era questa:

ma chi vende le armi a questi distruttori? Perché le armi non le fanno loro a casa. Sì qual- che ordigno lo faranno... Ma chi vende le armi? Chi è il re- sponsabile? Almeno chiederei a questi che vendono le armi la sincerità di dire: noi vendia- mo le armi. Non lo dicono. E brutto. Ora le donne. Le don- ne sono più coraggiose degli uomini, ma quello è sempre stato così. Ma la donna anche oggi è umiliata, andiamo a quell'estremo: una di voi mi ha fatto vedere la lista dei prezzi delle donne (preparata dall'Isis che comprava le donne cri-

stiane e yazide, ndr). Io non pote- vo credere: se la donna è così, di tale età costa tanto... Le donne si vendono, le donne si schiavizzano. Anche nel cen- tro di Roma il lavoro contro la tratta è un lavoro di ogni gior- no. Nel Giubileo sono stato a visitare una delle tante case dell'Opera don Benzi. Ragaz- ze riscattate, una con l'orec- chio tagliato perché non aveva portato i soldi quel giorno, l'altra portata da Bratislava nel bagagliaio della macchina, schiava, rapita. Questo succe- de fra noi, eh! La tratta della gente. In questi Paesi, soprat- tutto la parte dell'Africa, c'è la mutilazione come un rito che si deve fare. Ma le donne sono schiave ancora e dobbiamo lottare, lottare, per la dignità delle donne. Sono coloro che portano avanti la storia, que- sta non è una esagerazione, le donne portano avanti la storia e non è un complimento per- ché oggi è il giorno delle don- ne. Anche la schiavitù è così, il rifiuto alla donna... Pensare che in un posto è stata fatta una discussione se il ripudio alla moglie deve essere dato per scritto o soltanto orale.

Neppure il diritto di avere l'atto di ripudio! Ma questo succede oggi, ma per non al- lontanarci pensiamo al centro di Roma, alle ragazze che so- no rapite e sono sfruttate. Cre- do di aver detto tutto su que- sto. Vi auguro buon fine viag- gio e vi chiedo di pregare per

me che ho bisogno.

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