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Qual è la differenza tra corrispettivo e tributo con riferimento alle entrate del comune

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Academic year: 2022

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Qual è la differenza tra corrispettivo e tributo con riferimento alle entrate del comune

Nelle amministrazioni pubbliche il reperimento e l'allocazione delle risorse finanziarie sono finalizzati a garantire alla collettività il soddisfacimento dei fabbisogni: se le risorse fossero illimitate, non sarebbe necessario programmare, ovvero individuare le priorità di spesa e i mezzi con cui farvi fronte.

Alla base della programmazione, quindi, vi sono scelte e decisioni discrezionali da parte dell'organo di governo che indirizza l'impiego delle risorse alla realizzazione di un programma di spesa piuttosto che ad un altro, sulla base di motivazioni sociali, ambientali, tecniche, economiche e finanziarie: la corretta programmazione della spesa pubblica è finalizzata ad individuare, pertanto, le esigenze e i fabbisogni da soddisfare, le modalità di reperimento delle risorse finanziarie e ottimizza le risorse per arrivare alla realizzazione della decisione di spesa con principi di economicità ed efficienza.

In questo senso programmare costituisce concreta attuazione del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione inteso come economicità della gestione e contenimento dei costi dei servizi pubblici.

L'art. 119 della Costituzione attribuisce a Comuni, Province, Città metropolitane, e Regioni, autonomia finanziaria di entrate e spese, e pertanto è riconosciuta loro il potere di imporre tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione (art. 23 Cost. che riserva alla

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legge l’istituzione di nuovi tributi) e art. 52 D.lgs 446/1997 che prevede che l’ente non può disciplinare con proprio regolamento l’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi, e dell’aliquota massima dei singoli tributi.

L’entrata rappresenta una delle due categorie principali in cui viene suddiviso il bilancio e comprende tutti gli introiti che, a vario titolo, sono di competenza del comune in accordo alle proprie funzioni.

Si suole distingue tra entrate tributarie e entrate extra tributarie, dove per tributo si intende una entrata pubblico di tipo coattivo, per distinguere quelle entrate non tributarie acquisite iure privatorum, ossia mediante l’esercizio di attività di diritto privato della PA.

Il tributo non deriva da rapporti contrattuali, ma dalla legge nello svolgimento di una funzione fondata e disciplinata dalla legge stessa.

Viene così individuato quell’ampio genus delle prestazioni patrimoniali imposte, cui fa riferimento l’art. 23 Cost., non caratterizzate da corrispettività come nelle entrate di diritto privato, ma nelle quali l’acquisizione delle risorse patrimoniali avviene coattivamente al verificarsi di atti o fatti che la legge prevede come fonte di obbligazioni a favore dell’ente pubblico e quale risultato dell’esercizio di potestà pubbliche di prelievo coattivo normativamente disciplinate.

Tuttavia questo genus di entrate patrimoniali di diritto pubblico non si esaurisce con la nozione di tributo, in quanto all’interno di tale genus si riscontrano forme di prelievo coattivo che non hanno natura tributaria, come ad esempio le prestazioni coattive di natura

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pecuniaria in conseguenza della violazione di un dovere giuridico, e che sono comminate dal soggetto pubblico a titolo di sanzione, e quindi non trovano il fondamento nella doverosità della partecipazione alle spese pubbliche, che è il principale connotato del tributo, ma nella reazione dell’ordinamento alla condotta antidoverosa del privato (fatto illecito).

Sotto quest’ottica il tributo è una prestazione che ha tra i suoi termini distintivi il fatto che consiste in un’obbligazione che ha per oggetto una prestazione pecuniaria a titolo definitivo, che nasce direttamente o indirettamente da una legge, e che sorge solamente in presenza di un presupposto di un fatto, e non di un illecito.

Il tributo viene distinto in tre diverse figure: l’imposta, la tassa, il contributo.

L’imposta riguarda i tributi nei quali la prestazione patrimoniale è destinata al finanziamento di servizi pubblici indivisibili, ossia servizi ed utilità dei quali è destinataria la generalità dei consociati, la tassa è invece il tributo in cui la prestazione pecuniaria è dovuta dal soggetto in conseguenza della fruizione o della fruibilità di un servizio o di un’attività pubblica, mentre il contributo può essere definito come tributo con doppia natura: da un lato natura di imposta e dall’altro natura di tassa come ad esempio per gli oneri di urbanizzazione conseguenti alla lottizzazione di un’area: il contributo ha natura di imposta per la finalità della prestazione legata alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche (strada, illuminazione, parcheggi), che costituiscono utilità di natura indivisibile, tuttavia di tali infrastrutture il più probabile fruitore sarà il

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titolare dell’area, con conseguente avvicinamento del tributo alle caratteristiche della tassa.

La tassa si pone in stretta correlazione con la fruizione del servizio reso dall’ente pubblico destinatario della prestazione pecuniaria, e risulta talvolta tenue la distinzione con il corrispettivo per pubblici servizi che invece non è un tributo.

Nell’ambito dei corrispettivi rientrano le entrate da servizi a domanda individuale ossia tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale.

La linea di discrimine tra le due categorie (anche se non sempre risulta essere netta), è la remunerazione dei servizi pubblici, che sarebbe estranea alla nozione di tributo, e quindi della tassa, poiché il servizio per il quale è dovuta la prestazione pecuniaria ricade nell’esclusiva dello Stato o degli enti locali, e pertanto collegato all’emanazione di atti amministrativi, e ad effetti che solo l’esercizio della funzione pubblica può determinare.

Per converso, i servizi resi dall’ente pubblico che anche il privato potrebbe realizzare in regime di libera concorrenza, e danno luogo a corrispettivi, come canoni, tariffe, vanno considerati estranei alla nozione di tassa, in quanto ricadenti nel regime delle prestazione a carattere privatistico.

Questa distinzione ha una rilevanza pratica poiché mentre la tassa non è soggetta all’applicazione di tributi come l’IVA, il corrispettivo di diritto privato è base imponibile per la sua applicazione.

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Inoltre tale distinzione è rilevante anche ai fini giurisdizionali, poiché nel caso di controversie in materia di corrispettivi, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.

Ad esempio la Tari essendo una tassa è esente Iva, e la stessa normativa comunitaria esclude, in generale, l’assoggettamento ad Iva, perché percepiti da enti pubblici per le attività ed operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità (Comune), e ciò ancorché il regolamento comunale affidi a terzi l’accertamento o la riscossione dei relativi prelievi, come confermato dalla Corte di Cassazione nel 2017, dove una società terza affidataria, per conto del Comune, del servizio di riscossione dell’imposta sui rifiuti, era stata condannata a restituire ad alcuni utenti del servizio, l’importo indebitamente percepito a titolo IVA sulle bollette emesse per la riscossione della tariffa.

In relazione al nuovo canone unico patrimoniale in vigore dal 1 gennaio 2021, sostitutivo della Tosap, Cosap, ICP DPA, CIMP, e canone occupazione strade di pertinenza dei comuni e delle province, poiché alcuni di questi balzelli avevano natura tributaria (Tosap) e altri aventi natura patrimoniale (COSAP) e quindi di corrispettivo, molti operatori si sono posti il dubbio su corretto trattamento ai fini IVA della riscossione della nuova entrata locale, mancando uno specifico chiarimento ufficiale.

Una tesi ritiene che si dovrebbe applicare l’IVA in quando è un corrispettivo di natura privatistica, e quindi entrata non di natura tributaria, trattandosi di un pagamento a fronte di un impegno

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assunto nell’atto di contratto-concessione di beni situati sul proprio demanio e patrimonio indisponibile.

Altra tesi ritiene invece, che pur avendo natura patrimoniale non tributaria, costituirebbe un’entrata pretesa dagli enti locali in forza del proprio potere autoritativo nell’ambito dell’attività di rilascio delle concessione e autorizzazioni, sicché il nuovo canone unico, pur essendo qualificabile come corrispettivo, e realizzando quindi ai fini IVA il presupposto impositivo oggettivo, sarebbe invece privo del connesso presupposto impositivo soggettivo, dato che gli enti locali non possono essere considerati ai dell’IVA “soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, e pertanto l’attività svolta in tale veste sia priva di valore aggiunto, anche quando in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

In attesa di una interpretazione ufficiale, si ritiene probabile che venga condivisa quest’ultima impostazione, in quanto si raccorda con la linea interpretativa dell’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 25/2003, in merito alla COSAP.

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