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Inaugurazione Anno Accademico I RADICALI LIBERI: UNA MODA O UNA REALTA?

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Academic year: 2022

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Inaugurazione Anno Accademico 2001-2002

Prolusione del Prof. Lucedio Greci

I RADICALI LIBERI: UNA MODA O UNA REALTA’?

Questa breve relazione ha lo scopo di spiegare come i radicali liberi siano una grande realtà nei processi di trasformazione della materia e quanto siano limitate le informazioni scientifiche che sono fornite dai mezzi di comunicazione.

I radicali liberi sono atomi o raggruppamenti di atomi che posseggono un elettrone disaccoppiato. Queste specie sono in genere molto reattive, avendo una elevata tendenza ad accoppiarsi le une con le altre per formare un legame chimico.

L’individuazione del primo radicale libero è avvenuta nel 1900 ad opera di M. Gomberg ed il radicale identificato è il trifenilmetile. La sua scoperta, fatta durante la sintesi dell’esametil etano, è stata possibile perché l’energia del legame fra due radicali trifenilmetili è così bassa (11 Kcal/mole) da consentire un equilibrio con il dimero a temperatura ambiente. Da allora però, data la loro elevata reattività, i radicali restano inutilizzati per parecchio tempo e solo verso gli anni quaranta si inizia ad usarli nella chimica organica di sintesi per opera dei chimici D.H. Hey e W.A. Waters nel Regno Unito, e F.R. Mayo, M.S. Kharash , P.J. Flory e H. Hengelmann negli USA. Le prime applicazioni di radicali centrati al carbonio riguardarono le reazioni di addizione radicalica al doppio legame etilenico, la polimerizzazione radicalica e l’alogenazione degli idrocarburi saturi. Nonostante il successo delle prime applicazioni, la chimica dei radicali stenta comunque a decollare: mancano ancora sufficienti conoscenze sulla loro stabilità e sul loro carattere polare, conoscenze che saranno poi acquisite con l’avvento della Risonanza Paramagnetica Elettronica (RPE) che inizia a svilupparsi dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni sessanta la tecnica spettroscopica EPR (Electronic Paramagnetic Resonance, o ESR, Electronic Spin Resonance) è già abbastanza diffusa. Ciò ha permesso, insieme con l’aumentato interesse dei ricercatori per i radicali liberi, lo sviluppo di una chimica dei radicali nelle sintesi così come in altri ambiti scientifici, come la biologia.

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Si diceva all’inizio che i radicali liberi sono atomi o raggruppamenti di atomi che hanno un elettrone spaiato; essi possono essere generati per via fotochimica (eq. 1), o per riscaldamento di soluzioni di composti labili (eq. 2).

La molecola dell’azoisobutirronitrile (AIBN) (eq. 2), composto che ancora oggi, viene usato come iniziatore di reazioni radicaliche, è utile per spiegare i concetti di radicale e di radicale libero. In questa molecola troviamo un gruppo atomico di due atomi di azoto e altri due gruppi;

tutti questi raggruppamenti atomici sono radicali legati fra di loro per formare una molecola. Il radicale libero è, invece, quella specie (atomo o raggruppamento atomico) che possiede un elettrone disaccoppiato e che è libera di muoversi in una fase liquida o gassosa per interferire con altre specie, non necessariamente radicaliche, in accordo con la loro reattività (vedi il cianoisopropile derivante dalla decomposizione termica dell’AIBN).

L’irraggiamento ed il riscaldamento delle sostanze non rappresentano gli unici metodi per generare radicali: essi, infatti, possono essere ottenuti attraverso processi ossido-riduttivi o anche mediante trasferimenti di atomi, in particolare atomi di idrogeno e di alogeni.

I radicali possono essere neutri, pur avendo un preciso carattere polare, o possono avere, oltre all’elettrone disaccoppiato, una carica positiva (radicali cationi) o negativa (radicali anioni). I radicali neutri possono avere l’elettrone spaiato centrato su atomi diversi: al carbonio (radicali al carbonio), all’azoto (radicali amminili), all’ossigeno (radicali alcossili, perossili, idrossile), radicali allo zolfo (radicali tiili), così come è indicato di seguito.

Cl Cl

N N CN CN N2

CH3

CH3 NC

CH3

CH3

CH3

CH3

Cl + Cl

luce

. .

(1)

2

.

+

calore

C C C (2)

(3)

Vedremo anche che esistono radicali neutri centrati su atomi metallici di derivati organo- metallici. I radicali cationici ed anionici, quelli facilmente osservabili, sono in generale radicali di sistemi aromatici o eteroaromatici, essendo quelli alifatici osservabili solo in condizioni particolari a causa delle loro elevata instabilità.

I radicali liberi vengono impiegati nella sintesi organica, trovano eccellenti applicazioni nella preparazione di materiali polimerici speciali, sono alla base di diversi processi fondamentali in sistemi biologici, hanno un ruolo importante nella chimica dell’atmosfera.

La brevità di questa presentazione mi consente di indicare solo qualche esempio significativo di processi radicalici.

I radicali nella sintesi organica Quando la chimica dei radicali era ancora agli albori, e cioè prima della seconda guerra mondiale, l’unica reazione radicalica di interesse industriale era l’alogenazione (clorurazione o bromurazione) di idrocarburi alifatici. E’ ben noto che questi composti, che ci sono forniti direttamente dalla natura tramite il petrolio, sono così poco reattivi che per la loro scarsa reattività sono anche chiamati paraffine, dal latino parum affinis.

Attraverso una reazione radicalica a catena essi possono essere trasformati in alogeno derivati da cui si possono poi ottenere alcoli, esteri, ammine, tioli, nitrili (precursori di ammine ed acidi), alcheni ed idrocarburi superiori. La reazione non era, e non è, molto selettiva in quanto si ottiene un miscuglio di derivati alogenati: infatti gli idrogeni degli idrocarburi possono essere tutti

R N R

R O R S

R R

R

radicali neutri

radicali ioni

molecola

molecola - +

.

.

radicale catione

radicale anione

. . . .

C

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sostituiti dall’alogeno, anche se con velocità diverse. Di seguito è riportata la reazione di clorurazione radicalica a catena del metano.

Cl CH3

CH3Cl Cl2

CH2Cl2 CHCl3 CCl4

HCl

.

CH4

.

Una volta che il cloro radicale è stato generato attraverso un processo di iniziazione, la reazione procede spontaneamente, ma, come menzionato prima, oltre alla formazione del cloro metano (CH3Cl), si ottengono anche il diclorometano (CH2Cl2), il triclometano (CHCl3) e il tetraclorometano (CCl4), che possono poi esser separati per distillazione frazionata, processo industriale di facile realizzazione.

Un esempio di reazione radicalica di sintesi altamente specifica, frutto di una chimica radicalica moderna, è la ciclizzazione a cascata riportata nello Schema 1. Volendo preparare il composto A, che contiene quattro anelli, è possibile realizzarne la sintesi con un’unica reazione (one pot reaction) partendo dal composto B, che invece ne contiene soltanto due.

SCHEMA 1

N O

Cl

N O

SnR3

N O

N O

N O

H ClSnR3

HSnR3

. .

.

.

B A C

D

E

(5)

Il radicale trialchilstannile (SnR3), un radicale centrato su un atomo metallico, strappa l’atomo di cloro dal composto B generando il radicale C, che spontaneamente crea, attraverso l’addizione ai doppi legami etilenici, i nuovi anelli dei composti D ed E; il prodotto desiderato si forma dal radicale E che strappa un idrogeno all’idruro di stagno, rigenerando in tal modo il radicale stannile che fa procedere la reazione in modo ciclico. Oggigiorno di queste reazioni se ne possono elencare centinaia.

I radicali liberi nei materiali E’ ben noto che un materiale polimerico presenta buone caratteristiche di resistenza meccanica quanto più le macromolecole che lo costituiscono sono lineari, senza ramificazioni e con una distribuzione dei pesi molecolari che rientri in un intervallo abbastanza ristretto. Materiali che soddisfano questi requisiti offrono una maggiore compattazione delle macromolecole, una maggiore densità, migliori prestazioni.

Oggi esistono catalizzatori in grado di produrre catene polimeriche ordinate in condizioni blande.

Questi composti sono delle idrossilammine alchilate (alcossiammine), che hanno la proprietà di subire rottura omolitica del legame carbonio-ossigeno a temperature moderatamente basse generando un equilibrio come quello indicato nell’eq. 3.

Se un’alcossiammina con R = stirile viene decomposta in presenza di stirolo, le molecole di stirolo iniziano ad addizionarsi, inserendosi in modo ordinato tra il nitrossido ed il radicale stirile. Questa poliaddizione, oltre ad avvenire a temperature più basse rispetto alla temperatura di polimerizzazione termica, ha luogo con un ordine che è determinato dagli effetti del radicale nitrossido stabile e dal radicale stirile labile: tale fenomeno, descritto recentemente, è noto come persistent radical effect. Utilizzando le alcossiammine, alla fine della polimerizzazione avremo macromolecole alcossiamminiche in cui il radicale R corrisponde ad una catena polimerica. Il polimero che si ottiene viene detto polimero vivente (living polymer) perché, se scaldato in presenza di un monomero diverso, può ricominciare a polimerizzare formando un copolimero, sempre però in modo regiospecifico.

N O

N O R

+

R

. .

∆ (3)

Nitrossido Alcossiammina

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Un problema di notevole importanza industriale è rappresentato dalla polimerizzazione dell’etilene che avviene a 250 °C e 1800-2000 bar, condizioni di lavoro estremamente pericolose per il rischio di esplosioni. Poiché nei nostri laboratori erano stati preparati nitrossidi stabili a temperature superiori ai 200 °C, da questi abbiamo sintetizzato, in collaborazione con la Elf- Atochem, l’alcossiammina indicata nello Schema 2 e l’abbiamo utilizzata nella polimerizzazione dell’etilene.

SCHEMA 2

(CH2=CH2)

N N

O Ph

Ph Ph

CH3CH2 (CH2CH2)n-2 CH CH2

n 250°C

1800-2000 bar 150°C 1800-2000 bar

L’utilizzo di questa alcossiammina ha permesso di ottenere una più elevata conversione alla temperatura di 150 °C, con un conseguente abbassamento del rischio di esplosioni, ed un miglioramento delle caratteristiche del polimero. Questo risultato ci ha consentito di depositare un brevetto in collaborazione con la Elf-Atochem.

I radicali rivestono una notevole importanza anche nel campo dei materiali organici conduttori.

È noto che i cosiddetti polimeri organici conduttori, quando sono drogati, hanno la capacità di condurre la corrente elettrica. In questo caso il drogaggio non consiste in una additivazione, bensì in una ossidazione o riduzione del materiale: un politiofene diventa un semiconduttore quando viene ossidato a radicale catione. Nei nostri laboratori, abbiamo ottenuto radicali cationi

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di trimeri indolici che si comportano da semiconduttori e che, a temperature costanti, presentano resistività diverse quando sono esposti a luce di diversa intensità.

I radicali liberi nei sistemi biologici Le principali specie radicaliche coinvolte nei processi biologici sono gli alchilperossili (ROO), gli alcossili (RO) l’idroperossile (HOO) e l’idrossile (HO), che si generano a cascata a partire dall’ossigeno (O2) e dal suo prodotto di riduzione, lo ione superossido (O2•-

). Oltre ai radicali dell’ossigeno, hanno importanza biologica anche i radicali azotati come il monossido di azoto (nitric oxide, NO) e quelli dello zolfo, come i radicali tiili. Tutti questi radicali, in misura diversa, hanno la proprietà di attivare alcuni dei processi vitali per la cellula, così come sono capaci di indurre danni di tipo ossidativo (stress ossidativo) sulle principali macromolecole biologiche. Infatti, essi possono attaccare le catene idrocarburiche più o meno insature di acidi grassi (R’H) producendo alterazioni alla membrana cellulare (doppio strato lipidico) attraverso il processo della perossidazione lipidica. Lo Schema 3 mette in evidenza come, una volta generatosi un radicale al carbonio (R’), la reazione di perossidazione proceda in modo ciclico con conseguente amplificazione del danno.

SCHEMA 3 N

N N

H H H

+.

x -

Trimero indolico radicale catione

ROOH R'

R'H ROO

O2

.

R'H = acido grasso insaturo

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Gli stessi radicali possono inoltre produrre mutazioni attraverso modificazioni strutturali di acidi nucleici (DNA e RNA), così come alterare la struttura delle proteine. Questi effetti deleteri dovuti all’azione dei radicali liberi hanno permesso di spiegare diverse patologie, compreso il naturale invecchiamento delle specie viventi. Tutti gli organismi sono, però, dotati di sistemi di difesa endogeni per combattere il danno dovuto ai radicali liberi, i cosiddetti antiossidanti.

Tuttavia, spesso, si ricorre all’uso di antiossidanti esogeni (integratori alimentari, prodotti cosmetici, creme solari, ecc.) per incrementare le naturali difese contro queste specie reattive.

Recentemente sono stati utilizzati alcuni antiossidanti, da noi sintetizzati, per contrastare l’effetto negativo dei filtri solari, comunemente presenti nelle creme solari. E’ stato visto, infatti, che i filtri solari, nel momento in cui assorbono la radiazione, offrono protezione contro le scottature, ma allo stesso tempo subiscono la rottura dei propri legami generando radicali al carbonio che per reazione con l’ossigeno danno radicali perossili capaci di causare danno al DNA. Nella Figura è riportato un tipico esperimento che mostra, per mezzo dell’elettroforesi, il danno subito dal DNA plasmidico quando è irradiato con radiazioni UVA (quelle del sole o delle normali lampade abbronzanti) in presenza ed in assenza di un filtro solare (Parsol 1789). Il DNA mostra una diversa mobilità elettroforetica a seconda della forma in cui si trova (le quattro linee riportate nella Figura per ogni esperimento, si riferiscono all’irraggiamento al tempo zero, dopo 10’, dopo 20’ e dopo 30’): quando esso non subisce danno, rimane nella forma superavvolta (S); il DNA quando danneggiato assume le forme R (rilassato) e L (lineare) che migrano per eluizione.

Nella Figura è possibile vedere che il campione costituito dal solo DNA, (Controllo), non subisce alcun danno anche dopo 30’ di irraggiamento. Invece, in presenza di filtro solare si evidenzia un danno al DNA che aumenta all’aumentare del tempo di esposizione UVA. Anche aggiungendo vitamina E, noto antiossidante, non si osserva alcuna protezione, cosa che invece si verifica quando si utilizzano antiossidanti sintetizzati nei nostri laboratori.

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L L S S R R

L L S S R R

Co C on nt tr r ol o l lo l o Pa P ar r so s ol l 1 1 78 7 89 9

Nu N uo ov vo o A An n ti t io os ss si i da d an n te t e Vi V it ta a mi m in na a E E

FIGURA

Questi risultati hanno permesso il deposito di un brevetto per la classe di composti che mostrano le caratteristiche antiossidanti sopra citate.

I radicali liberi nell’atmosfera E’ stato detto all’inizio che le radiazioni portano alla rottura omolitica dei legami chimici con formazione di radicali liberi. Quindi è facilmente intuibile che le radiazioni ultraviolette in determinate zone della stratosfera possono produrre diossido di azoto da azoto e ossigeno ed ozono dall’ossigeno. Questi composti, anche se all’ozono viene riconosciuto il ruolo di filtro per le radiazioni ultraviolette, sono di per sé tossici e lo diventano ancora se consideriamo i composti che essi formano con le sostanze organiche volatili (VOC, Volatile Organic Compounds) presenti nell’atmosfera. Tutte le conoscenze che oggi si hanno sulla chimica dei radicali liberi in fase gassosa sono state possibili, ancora una volta, solo grazie all’introduzione di tecniche specifiche come la spettroscopia di massa.

Questa breve relazione è sufficiente per mettere in evidenza che la chimica dei radicali liberi è tanto ampia da interessare una molteplicità di trasformazioni che vanno dalla chimica, alla biochimica, alla chimica dell’ambiente; gli esempi riportati si riferiscono, infatti, soltanto ad una piccolissima parte dei processi in cui i radicali liberi sono coinvolti. Sicuramente un grosso

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stimolo allo studio della chimica dei radicali è venuto, negli ultimi decenni, dalla scoperta di tutte le implicazioni che essi hanno in ambito biologico, e ciò ha creato un interesse per queste specie che si estende ben oltre il mondo scientifico.

Si racconta che nel 1960 un famoso professore della State University of Science and Technology di Ames (Iowa-USA) era stato invitato a fare una conferenza in una Università texana: data la notorietà del relatore, l’aula in cui si doveva tenere la conferenza era talmente affollata che gli organizzatori erano stati costretti a cercare un’aula più grande. Il tema della relazione era “The Fate of Free Radicals”. Dopo le prime diapositive più della metà dei presenti aveva abbandonato l’aula, tanto scarse erano le conoscenze scientifiche sull’argomento. Una cosa del genere al giorno d’oggi non accadrebbe di sicuro. Non c’è mezzo di comunicazione che, ogni giorno, non parli di radicali liberi e dei mezzi (efficaci e non!) per combatterli, basti pensare che sono riusciti anche ad inventare le patate al selenio o l’acqua che combatte i radicali liberi.

Non ci sono dubbi!! I radicali liberi sono una realtà e non una semplice moda per ostentare cultura e soddisfare interessi commerciali e pubblicitari.

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