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Capitolo 1 : Wireless Sensor Networks.

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Academic year: 2021

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Capitolo 1 : Wireless Sensor

Networks.

Lo sviluppo tecnologico e le nuove richieste commerciali hanno portato alla nascita di nuove tecniche per il monitoraggio dell’ambiente. Le reti di sensori [1] sono un esempio di tali tecniche.

Si tratta di un insieme di nodi, detti anche “mote”, che cooperano per effettuare il monitoraggio delle grandezze di interesse; tali nodi trasmettono e ricevono dati in modo wireless, cioè sul canale radio, e quindi non necessitano di cablaggio; questo rende queste reti libere da vincoli di posizionamento e semplici da implementare, in quanto si possono spargere liberamente i nodi.

Non bisogna fermarsi solo all’apparenza, infatti si potrebbe pensare che tali reti si occupino semplicemente di effettuare delle misurazioni e inoltrino dei dati in modo passivo. In effetti i nodi sono dei piccoli computer che svolgono delle attività molto più complesse

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delle semplici misurazioni: la gestione del monitoraggio è di tipo attivo e quindi questi nodi sono in grado di elaborare i dati misurati e filtrarli in modo intelligente per non sovraccaricare la rete.

Come una qualunque rete di telecomunicazione, anche una rete di sensori necessita di un protocollo per la comunicazione tra i nodi. Dal momento che essi presentano un raggio d’azione limitato (una decina di metri o poco più) è necessario utilizzare un protocollo di routing che sia “ad hoc”, cioè che sia dinamico e in grado di adattarsi alle varie situazioni topologiche che si presentano; una tecnica che si adatta bene alle richieste e all’architettura di tali reti, e che quindi viene utilizzata, è il cosiddetto multi-hop.

La rete è costituita da un numero variabile di nodi distribuiti in modo più o meno denso. La posizione dei nodi, come già detto, non deve essere necessariamente predeterminata: infatti la topologia può essere dinamica ed adattarsi anche al movimento dei nodi.

Proprio per superare questi ostacoli dovuti alla dinamicità della rete è stato necessario studiare degli algoritmi e dei protocolli che permettessero alla rete di fare “self-organization”. Quindi lo studio e lo sviluppo di queste reti si è concentrato oltre che sugli aspetti come l’hardware, il livello fisico e i problemi energetici, anche sui campi propri delle reti di telecomunicazioni, come “addressing” e routing a livello di rete, o anche, a livello più alto, di “topology discovery” e sincronizzazione tra i nodi.

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Funzionemanto di una rete di sensori

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Ogni nodo, come già detto, ha una zona di copertura in cui riesce a trasmettere i dati; questa dipende dalla potenza utilizzata in trasmissione e dall’antenna montata sul mote. Ovviamente all’aumentare della potenza utilizzata cresce la zona di copertura del nodo, ma diminuisce la durata della sua batteria. Infatti questi nodi, essendo wireless, sono alimentati, in modo autonomo, con delle batterie alcaline; quindi, in fase di progetto, bisogna tenere d’occhio l’aspetto energetico. In più va detto che la trasmissione dei dati è la cosa più pesante per i mote, in quanto facendo tale operazione consumano molta più energia di quanta non sia necessaria per effettuare una misurazione o fare l’elaborazione dei dati.

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Figura 1. Sensor Network

Una volta che un nodo ha effettuato una misurazione, spedisce i dati via radio; se nella suo raggio d’azione è presente un nodo, questo li riceve e li inoltra verso prossimo “hop”. Saltando così da nodo a nodo, il pacchetto contenente i dati arriva fino al nodo ricevitore, detto “sink”. Questo nodo permette ad un utente esterno alla rete di poter analizzare, da remoto, le misurazioni fatte dai sensori, e funge quindi da “gateway” tra la rete di sensori e il mondo esterno.

I campi di utilizzo di tali reti sono molteplici grazie alla loro dinamicità ed adattabilità.

Una delle principali applicazioni è il monitoraggio di piante e animali perchè non interferisce con il loro habitat naturale dal momento che non necessita di infrastrutture (e quindi in modo meno

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invasivo rispetto ai metodi tradizionali). Alcuni esempi sono la rilevazione di incendi e inondazioni, controlli ambientali e meteorologici e la sorveglianza preventiva in caso di calamità naturali.

Un altro campo di largo utilizzo di tali reti è quello militare. Le loro caratteristiche principali (rapido schieramento dei nodi, autoconfigurazione, tolleranza ai guasti) ne sposano perfettamente le richieste; in più l’assenza di un’infrastruttura fissa le rende meno vulnerabili al “nemico”. Esse sono utili per realizzare sistemi di comando, controllo, comunicazione, intelligence (un esempio è la missione statunitense in Afghanistan), sorveglianza, riconoscimento e localizzazione dei bersagli, nonché la rilevazione di attacchi nucleari e chimici.

In ambito medico, tali reti possono essere utilizzate per il monitoraggio dei pazienti (utilizzando dei “body sensor”) o per l’assistenza di pazienti disabili. In più possono essere impiegate anche per altre attività commerciali, come la gestione degli inventari di un’azienda, monitoraggio della qualità dei sui prodotti, localizzazione delle merci all’interno dei magazzini, seguire i movimenti del personale e anche per fare controllo della strumentazione industriale.

Gli utilizzi più recenti invece riguardano lo studio dei movimenti degli edifici nelle zone più a rischio di sismi, l’utilizzo di etichette

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intelligenti nei musei per seguire gli spostamenti dei visitatori e del personale e infine iniziano a essere impiegate anche nelle esplorazioni dello spazio.

Composizione hardware dei motes

Un mote è costituito da quattro elementi principali, come si può vedere in Figura 2: sensing unit, processing unit, transceiver unit e power unit. In più ci possono essere dei componenti aggiuntivi come un location finding system, un power generator o un mobilizer (tratteggiati in figura).

La sensing unit è composta da due sottoblocchi: i sensori e i convertitori analogico-digitale (ADC). Il segnale analogico, prodotto dal sensore, una volta convertito in segnale digitale dall’ADC, viene passato alla processing unit. Questa è costituita da un processore e, nella maggior parte dei casi, da una storage unit; il suo compito è di elaborare i dati e occupasi delle procedure che permettono al nodo sensore di collaborare con gli altri nodi della rete per portare a termine il “sensing task”. La transceiver unit si occupa di collegare il nodo al resto della rete. Invece la power unit, uno dei componenti più importanti, fornisce energia a tutti i componenti del nodo; esso

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può essere supportato da power scavenging units, come ad esempio delle cellule fotovoltaiche.

Figura 2. Architettura di un mote.

Poi ci possono essere dei componenti che dipendono dal tipo di applicazione che viene richiesta: ad esempio alcune tecniche di routing, per avere un corretto funzionamento, necessitano della conoscenza della posizione del nodo con elevata precisione, ecco perché può essere necessario includere nel nodo un location finding system, come ad esempio un GPS; oppure può capitare che l’applicazione richieda che il nodo sensore sia in grado di muoversi e quindi bisogna fornirlo di un mobilizer.

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Tutti i nodi della rete, sia il sink che gli altri, seguono lo stack protocollare seguente.

Figura 3. Stack protocollare delle Sensor Network

Esso consiste di: physical layer, data link layer, network layer, transport layer, application layer; ortogonalmente a questi livelli troviamo: power management plane, mobility management plane e task management plane.

Il livello fisico si occupa delle tecniche di modulazione, in fase di trasmissione e ricezione. In questo livello si effettua quindi la scelta

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della frequenza di trasmissione, la scelta della portante, la rivelazione del segnale e la cifratura dei dati.

A livello data link si compie il multiplexing del flusso di dati, la loro divisione in frame, quindi il controllo sia dell’accesso al mezzo che degli errori. Siccome i nodi possono essere mobili, è necessario che il protocollo MAC (Medium Access Control) sia power-aware e permetta di ridurre le collisioni con i vicini.

Il livello di rete è invece si occupa del routing. Ovviamente c’è bisogno di tecniche di routing particolari per tali reti, visto che le tradizionali tecniche di “ad hoc” routing contrastano con le caratteristiche delle reti di sensori, infatti c’è bisogno di un routing che sia efficiente dal punto di vista energetico.

Il livello di trasporto è specialmente necessario quando il sistema viene progettato in modo tale che sia interfacciato con Internet o altre reti esterne.

Invece il livello applicazione dipende dal tipo di sensing task che si intende fare.

Per quanto riguarda la parte di controllo abbiamo tre piani, che si occupano rispettivamente della gestione della potenza, della mobilità e del coordinamento dei nodi affinché cooperino per portare a termine il sensing task.

Questo è quello che avviene in teoria; in realtà l’evoluzione delle Sensor Network sta portando ad un sistema in cui non abbiamo più

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questa divisione netta dei livelli: per cercare di avere sistema efficiente dal punto di vista energetico, gli strati tendono a fondersi tra loro e quindi anziché avere tre livelli distinti Physical, Data Link e Network, abbiamo un unico blocco, che li racchiude tutti, detto Network Protocol Stack.

Figura

Figura 1. Sensor Network
Figura 2.  Architettura di un mote.
Figura 3. Stack protocollare delle Sensor Network
Figura 4. Stack protocollare con aggregazione dei livelli

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