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5. MATERIALI E METODI 5.1

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Academic year: 2021

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5.

MATERIALI E METODI

5.1

Studio dell’attività di pesca

Per raccogliere dati sulle attività di pesca nell’area di studio e su come questo mestiere interagisca con la popolazione di Tursiopi dell’Arcipelago Toscano, ho cercato la collaborazione dei pescatori locali e, in particolare, degli operatori di Piombino, Castiglione della Pescaia, Portoferraio, Porto Azzurro, Marina di Campo e Marciana Marina. Inizialmente mi sono recata in ognuno dei porti sopraccitati per incontrare i pescatori e porre loro un questionario (vedi Appendice 5: Questionario pescatori), nel quale si chiedeva:

• Con che frequenza vi capita di osservare cetacei? • Che specie avvistate maggiormente?

• Dove? E in che fase del lavoro?

• I cetacei riducono la quantità di pescato? In che percentuale?

• I cetacei recano danni agli strumenti utilizzati per la pesca? In che modo? Con che frequenza?

• Quali sono le specie che vi recano maggior disturbo?

Le domande sono state poste di persona (in altri studi il questionario è stato spedito ai pescatori con una busta affrancata per poterlo rispedire compilato ai ricercatori), in modo da farmi conoscere, spiegare loro il progetto e renderli disponibili a collaborare. Inoltre da un confronto diretto si possono ricavare molte più informazioni, sia sull’atteggiamento delle persone nei confronti dei cetacei, che sulle loro esperienze personali.

Il numero degli operatori della piccola pesca intervistati è basso, rispetto a quelli iscritti nei registri ufficiali delle Capitanerie di Porto, ma queste barche hanno orari flessibili, che dipendono principalmente dalla volontà del singolo pescatore; questo rende più difficile trovarli in banchina, anche perché i tempi di scarico e sistemazione della barca sono più brevi. Le imbarcazioni a strascico e soprattutto quelle da lampara, hanno orari più rigidi ed è quindi più facile sapere quando trovarle in porto. Infatti, ho dati da tutte le imbarcazioni di questo tipo

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A seguito dell’intervista è stato proposto ai pescatori di collaborare più concretamente, compilando delle schede di avvistamento (vedi Appendice 6: Scheda di avvistamento pescherecci), nelle quali si chiedeva di indicare:

• data;

• ore trascorse in mare; • avvistamento; • specie avvistata; • numero di individui; • luogo; • quantità di pescato; • tipologia di pescato.

Dopo il primo incontro, ho cercato di tornare con intervalli di un mese per ritirare la scheda e consegnarne una nuova.

Tutti i dati sono stati in seguito inseriti in tabelle riepilogative per poter costruire dei grafici ed essere analizzati.

Lo scopo delle interviste, è quello di: saggiare l’atteggiamento che i pescatori hanno nei confronti dei cetacei e in particolare dei delfini, ma anche di avere delle informazioni preliminari sul problema, in modo da poter meglio indirizzare anche la ricerca futura. La compilazione delle schede di avvistamento, invece, serve a porre le basi per una futura e più stretta collaborazione e per avere dei dati concreti da confrontare con le risposte e le percezioni dei pescatori. Grazie a questi documenti, possiamo ottenere delle informazioni importanti per poter correttamente salvaguardare gli animali, i pescatori e anche l’ambiente marino. Compilate ed analizzate correttamente, queste schede possono fornirci informazioni circa le aree più frequentate dai Tursiopi, le dimensioni dei gruppi presenti in arcipelago, la frequenza delle interazioni con le attività di pesca, le principali specie bersaglio della caccia dei Tursiopi e la reale diminuzione del pescato (sempre che ci sia una diminuzione!).

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5.2

L’attività di monitoraggio in mare

L’attività di monitoraggio in mare si è svolta nelle acque della bassa Toscana e dell’Isola d’Elba a bordo di Altair, un Dehler 37, imbarcazione a vela di circa 12 metri del Centro Ricerca Cetacei. L’uso della barca a vela è preferibile, perché meno invasivo rispetto alle imbarcazioni a motore in quanto crea minore disturbo alla fauna marina.

Figura 43: Altari, la barca a vela a bordo della quale ho svolto attività di monitoraggio.

Il monitoraggio consiste in uscite giornaliere alla ricerca dei cetacei, allo scopo di studiare gli individui e le abitudini della popolazione presente nell’area, cercando anche di capire se si tratta di individui stanziali o transienti (di passaggio). All’incirca una settimana al mese, mi sono imbarcata a bordo di Altair, trascorrendo le giornate in mare, quando le condizioni meteorologiche lo permettevano, oppure in porto per lavorare sui dati già raccolti e sulle foto scattate in precedenti avvistamenti.

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quindi si potrebbero trovare nella loro scia; un elevato numero di gabbiani in un’area ristretta, perché questi potrebbero cercare di approfittare della caccia dei delfini e quindi indicarci la loro presenza sotto la superficie; le pinne dorsali degli animali che emergono spumeggiando dall’acqua quando l’animale affiora per respirare.

La specie che più spesso ho incontrato è il Tursiope, in quanto la navigazione è stata effettuata prevalentemente sotto costa e, come detto, è questa la specie costiera per eccellenza. In una occasione, durante la navigazione verso Montecristo, ho avvistato anche una balenottera e varie stenelle effettuando la navigazione tra la terraferma e l’Isola d’Elba.

Gli studi sulle popolazioni si basano sulla tecnica della fotoidentificazione, molto usata da tutti i cetologi per poter raccogliere dati circa la dimensione della popolazione, la composizione sociale dei gruppi, la durata di vita, la residenzialità di un gruppo, i movimenti stagionali e migratori.

La fotoidentificazione è una tecnica di riconoscimento che si basa sulla possibilità di identificare in modo univoco gli animali incontrati durante la navigazione. Questa pratica ha avuto inizio nel 1997, quando alcuni scienziati impegnati nella ricerca sui cetacei costituirono un gruppo di lavoro che, sotto la sorveglianza dell’International Whaling Commission (organo preposto al controllo della caccia alle balene, ma anche alla tutela dei cetacei in generale), ha studiato la possibilità di utilizzo delle cicatrici naturali nelle stime di popolazione. Nel 1998 la pratica della fotoidentificazione è stata ratificata ed è ormai universalmente utilizzata. Per identificare i singoli individui, vengono prese in considerazioni alcune caratteristiche morfologiche, tra cui le più comuni sono: la forma della pinna dorsale e/o della pinna caudale, la colorazione, la presenza e la forma di cicatrici e tacche.

Per quanto riguarda il Tursiope, la struttura più idonea per il riconoscimento individuale è senza dubbio la pinna dorsale, in quanto è l’unica parte del corpo che emerge dall’acqua, e presenta forme, dimensioni e margine con tacche e cicatrici tali, che la rendono un tratto distinguibile da un individuo all’altro.

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Figura 44: Due esemplari fotoidentificati nelle acque dell’Elba; sono ben evidenti una depigmentazione (a) e le

tacche sul bordo (b) della pinna dorsale

Durante un avvistamento di cetacei ci sono delle regole da osservare per evitare di disturbare o arrecare danni agli animali:

• dalla distanza di 300 metri dai soggetti individuati, le imbarcazioni devono mantenere una velocità bassa e costante, senza bruschi cambiamenti di rotta; quest’area è detta “Approaching Zone” (zona d’avvicinamento), mentre la “Watching Zone” (zona di osservazione) non deve mai essere inferiore a 50 m per i piccoli odontoceti e 100 m per le balene e il Capodoglio, a meno che non siano loro ad avvicinarsi;

• una sola imbarcazione per volta può trovarsi nella Watching Zone, non più di due imbarcazioni nell’Approaching Zone;

• non bisogna mai dirigersi verso gli animali avvistati, ma si deve mantenere una rotta parallela alla loro.

Per quanto riguarda le fotografie delle pinne, è auspicabile scattare la foto da una visuale il più possibile perpendicolare all’asse longitudinale dell’animale, il sole deve essere alle spalle del fotografo in modo da evitare il controluce, è consigliabile un obbiettivo zoom per mettere rapidamente a fuoco esemplari vicini e lontani e avere una macchina con tempi di esposizione

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lato destro e sinistro della pinna dorsale. Le foto prescelte vengono quindi raffrontate con le foto di esemplari fotoidentificati e raccolte nella banca dati. Se una pinna viene riconosciuta come appartenente ad un individuo già fotoidentificato, le foto vengono semplicemente aggiunte all’archivio; se invece la pinna appartiene ad un nuovo individuo, gli viene assegnato un nome e si procede quindi al suo inserimento nell’archivio. Per ogni esemplare fotoidentificato viene riempita una scheda in cui sono contenuti i dati dell’esemplare come nome, sesso presunto, coordinate del primo avvistamento, 2 foto della pinna dorsale (una della parte destra, l’altra della sinistra), la data di ogni avvistamento di quell’ individuo, i nomi degli altri eventuali esemplari presenti insieme al soggetto identificato (vedi appendice 7: Scheda fotoidentificato).

Oltre alla scheda individuo viene anche riempita la scheda di avvistamento dove si riporta un resoconto generale di tutto l’avvistamento (vedi appendice 8: Scheda di avvistamento). I dati registrati sono:

• data dell’uscita;

• area e subarea di navigazione; • coordinate di partenza;

• situazione meteorologica; • ora di uscita e di rientro;

• tempo trascorso fino all’avvistamento; • durata dell’osservazione;

• rotta seguita;

• eventuali altre specie osservate.

Segue quindi la sezione con i dati del contatto, in cui si riporta:

• l’ora di inizio e di fine contatto; • il tempo totale di osservazione; • le coordinate dell’avvistamento; • la profondità;

• se la navigazione è stata condotta a motore o a vela; • il numero di esemplari avvistati;

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• la conformazione del gruppo; • il comportamento;

• gli esemplari già noti e i nuovi fotoidentificati durante l’avvistamento; • la frequenza delle emersioni;

• la descrizione del contatto e le diverse attività condotte dal gruppo o dai singoli.

Nella stessa scheda viene riportata l’eventuale presenza di reti da pesca o pescherecci per verificare se la presenza dei cetacei in quel tratto di mare è legata alla loro presenza.

Per l’attività di ricerca a mare vengono utilizzati diversi strumenti:

• registratore, modello Sony Microcassette-corder M-455, che serve per appuntare i dati di ogni uscita ed eventualmente del contatto, che verranno in seguito utilizzati per compilare la scheda di avvistamento;

• binocolo, modello Steiner Safari 8x32 e binocolo Keen optics Polar 7x50 che, permettendo di osservare più accuratamente l’orizzonte, offre maggiori possibilità di avvistamento. Il binocolo è anche molto utile per vedere se le barche circostanti sono dei pescherecci e quindi osservare con attenzione in direzione della sua poppa per verificare l’eventuale presenza di delfini che si stanno cibando a discapito dei pescatori;

• idrofono, modello GEFCO International Aquarian audio products H2 Hydrophone con cavo di 15 metri di lunghezza; viene calato in acqua durante un avvistamento per registrate le vocalizzazioni emesse dai cetacei, al fine di condurre studi sulla bioacustica;

• registratore digitale Microtrack collegato all’idrofono, audio a doppio canale di registrazione con scheda di memoria e cuffie Sony dotate di microfono per commento vocale del comportamento;

• macchina fotografica digitale, modello CANON EOS 300D Digital con due zoom, uno modello CANON ZOOM LENS EF-S 18-55 mm 1: 3.5-5.6 e l’altro modello CANON ZOOM LENS EF 90-300 mm 1: 4,5-5,6 USM entrambe con apertura del diaframma di 58 mm, strumento per eccellenza durante un avvistamento che permette di scattare le immagini utili per la fotoidentificazione;

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• GPS portatile Garmin track per la registrazione delle coordinate di avvistamento dei cetacei e delle rotte percorse durante l’avvistamento;

• Computer portatili per la rielaborazione dei dati.

Figura 45: alcuni degli strumenti utilizzati durante le uscite in mare e gli avvistamenti; a) registratore per

appuntare i dati dell’uscita; b) binocolo per l’osservazione dell’orizzonte; c) macchina fotografica per la fotoidentificazione.

Altri strumenti presenti sull’imbarcazione del Centro Ricerca Cetacei sono:

• VHF di cui uno fisso nel pannello strumenti e due portatili, modello A2E Navy-01 Marine Transceiver, necessari per le comunicazioni tra le differenti imbarcazioni del Centro, tra terra e mare, con le Capitanerie di Porto, con altre eventuali imbarcazioni presenti nell’area di ricerca e per le condizioni meteorologiche;

• GPS modello Garmin 65 utile per conoscere la posizione della barca durante la navigazione e dei cetacei durante un avvistamento; fornisce le coordinate Nord ed Est delle carte nautiche;

• bussole di navigazione e bussola di rilevamento per stimare il punto nave senza l’utilizzo del gps;

• profondimetro necessario per la registrazione delle profondità di avvistamento e nelle fasi di ancoraggio dell’imbarcazione;

• Speed segnala la velocità di navigazione in nodi;

• Windex indica la direzione del vento, le andature della barca e la velocità del vento reale ed apparente.

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5.3

Recupero degli spiaggiati

La raccolta dei dati sugli esemplari spiaggiati è cominciata a partire dai rendiconti del Centro Studi Cetacei (CSC), che raccoglie ogni anno tutti i dati inerenti gli spiaggiamenti di cetacei che si verificano lungo le coste italiane che vengono poi pubblicati l’anno successivo. Questo tipo di raccolta dati avviene dal 1986, da quando il “Progetto Spiaggiamenti” del CSC è divenuto operativo. Le informazioni giungono da diversi enti, quali Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Guardia Forestale, oltre che da privati i quali segnalano l’avvistamento dell’esemplare morto tramite una telefonata a Europ Assistance, che poi si occuperà di avvertire il CSC, coordinatore di tutte le operazioni di analisi e recupero della carcassa. In questo studio ho utilizzato i dati dei rendiconti sugli spiaggiamenti avvenuti negli anni 1987 – 2005, oltre a informazioni pervenute al Centro Ricerca Cetacei tramite la regione Puglia, che ha reso disponibile dei tabulati in cui sono riportati dati di spiaggiamenti dal 1996 al 2005; articoli di giornale in cui erano riportate notizie di spiaggiamenti; siti internet in cui erano raccolti dati aggiuntivi a quelli del Centro Studi Cetacei; privati che hanno avvertito direttamente il Centro Ricerca Cetacei e soprattutto le Capitaneria di Porto.

Nel 2006 infatti, il Centro Ricerca Cetacei si è rivolto direttamente alle Capitanerie di Porto della regione Toscana, chiedendo la loro collaborazione per quanto riguarda la fornitura dei dati sugli spiaggiamenti avvenuti lungo le loro coste. Grazie alla massima disponibilità e collaborazione ho potuto raccogliere diversi dati, che ancora oggi continuano a fornirci per quanto riguarda sia gli spiaggiamenti che gli avvistamenti nell’area toscana.

Le Capitanerie di Porto direttamente contattate sono: l’Ufficio Circondariale Marittimo di Piobino, a cui fa riferimento diretto anche l’Ufficio di Punta Ala, chiuso durante la stagione invernale; l’Ufficio Locale Marittimo di Follonica; l’Ufficio Locale Marittimo di Castiglione della Pescaia; l’Ufficio Locale Marittimo di Porto Azzurro; l’Ufficio Locale Marittimo di Marciana Marina; la Delegazione di Spiaggia di Marina di Campo; l’Ufficio Locale Marittimo di Rio Marina; l’Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano; la Delegazione di Spiaggia di San Vincenzo; l’Ufficio Locale Marittimo di Capraia Isola; l’Ufficio Locale Marittimo di Giglio Isola; la Direzione Marittima di Livorno; la Capitaneria di Porto di Portoferraio. Tutte le Capitanerie di Porto sono state fornite di schede di rilevamento sia per gli

Figura

Figura 43: Altari, la barca a vela a bordo della quale ho svolto attività di monitoraggio
Figura 44: Due esemplari fotoidentificati nelle acque dell’Elba; sono ben evidenti una depigmentazione (a) e le
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