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CAPITOLO 4 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

4.1 LINEAMENTI GENERALI

La zona di studio può essere collocata nella porzione mediana del bacino idrografico del fiume Serchio, la cui configurazione risulta abbastanza varia e complessa, dipendente non solo da motivi legati alla dinamica idrologica, ma anche alla struttura tettonica e alla conformazione litologica del substrato roccioso. Il Serchio, infatti, segue un andamento quasi rettilineo impostato in blocchi ribassati che costituiscono la depressione tettonica.

Anche per la Turrite di Gallicano, soprattutto nella parte terminale, nei pressi dell’abitato omonimo, in località S. Andrea, si può ipotizzare un controllo tettonico. Qui, infatti, il torrente, a tratti tortuoso, presenta degli tratti tettonici in corrispondenza di faglie dirette a direzione WSW-ENE.

In sinistra idrografica del fiume Serchio, pur essendo sempre ipotizzabile un certo controllo tettonico del territorio, è evidente l’importanza del fattore morfologico e litologico nella configurazione del reticolo stesso. I canali che solcano la conoide di Barga presentano un pattern divergente dalla zona apicale, costituita dall’abitato omonimo. Essi risultano molto approfonditi e rettilinei, con numerosi rami secondari e con alvei impostati nelle argille dei depositi fluvio-lacustri. Il torrente Loppora presenta un tracciato abbastanza rettilineo interrotto da una variazione di tracciato nei pressi dell’abitato di Loppia, proprio in corrispondenza del sistema di faglie a direzione appenninica, che caratterizza questa zona.

Da un punto di vista geomorfologico, la Media Valle del Serchio, con particolare riferimento all’area di studio, è caratterizzata, sul versante occidentale, da forme aspre e versanti acclivi talvolta sub-verticali, dove affiorano le porzioni carbonatiche della Falda Toscana. Dove invece affiora la parte superiore della Successione Toscana non metamorfica (Scaglia toscana e Macigno) le forme risultano più arrotondate e le valli più aperte con pendenze meno marcate.

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Nella zona più ribassata della depressione affiorano, invece, i depositi fluvio-lacustri che caratterizzano tutta l’area di studio posta ad Est del fiume Serchio. In questa area la morfologia è caratterizzata da vari canali che incidono in maniera profonda i conoidi pleistocenici; il risultato è quello di un paesaggio costituito da forme sub-pianeggianti determinate da tali conoidi, interrotte da profonde scarpate di erosione torrentizia.

Lo studio effettuato nell’area ha messo in evidenza che la concentrazione degli eventi franosi si ha in corrispondenza di litologie tipiche quali la Scaglia toscana e i depositi fluvio-lacustri. Si possono riconoscere anche altre formazioni, che mostrano caratteristiche di propensione al dissesto, anche se in maniera minore rispetto alle due sopra citate Una di queste è il Macigno, il quale è caratterizzato da elevata fatturazione e alterazione, che gli autori (Nardi et al. 1987) mettono in relazione non solo alla vicinanza della formazione con le faglie principali, ma anche al fatto che tale litologia si trova in aree che furono proprie del bacino lacustre di Barga.

Infine c’è da notare anche un’elevata tettonizzazione di alcune litologie competenti; in particolare la Maiolica, lungo la strada che da Gallicano porta a Verni, risulta essere quella con caratteristiche di stabilità peggiori, in quanto, oltre ad avere una giacitura a franapoggo è contraddistinta da un’elevata suddivisione in blocchi, di varie dimensioni in condizioni di stabilità precaria.

Il rilevamento ha permesso di individuare come movimento di frana più comune quello di scorrimento planare, ben rappresentato soprattutto nelle litologie argillitiche, nei depositi villafranchiani e in minor parte nel Macigno e nelle Marne a Posidonia.

Per quanto riguarda le frane di crollo, che risultano essere poco frequenti, si individuano quasi esclusivamente nei depositi plioquaternari, soprattutto all’interno dei ciottoli a prevalenti elementi di arenaria Macigno. Solitamente si tratta di dissesti di limitata entità, che si ripetono periodicamente nel tempo. Infine, i fenomeni complessi, soprattutto scorrimento-colata, risultano piuttosto diffusi in corrispondenza dei depositi fluvio-lacustri della conoide di Barga.

Per quanto riguarda la velocità di movimento, utilizzando il diagramma di classificazione (tabella 4.1) di Cruden & Varnes (1996), secondo D’Amato

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Avanzi et al. (1999), la quasi totalità delle frane rientra nelle classi da “lento” (velocità da 1,6 m/anno a 13 m/mese) ad “estremamente lento” (velocità minore di 16 mm/anno) e molto raramente superano tali velocità. Ciò è in accordo sia con la tipologia di movimento, sia con le caratteristiche dei materiali interessati, nei quali spesso la resistenza è decaduta ai valori residui, trattandosi di movimenti preesistenti.

A quanto detto fanno eccezione le frane di crollo, che rientrano nella categoria dei movimenti “estremamente rapidi” (velocità maggiore di 5 m/sec). C’è da notare, sempre secondo gli autori, che, di solito, i movimenti franosi sono rappresentati da lente riattivazioni di dissesti precedenti, mentre le frane di prima generazione sono rappresentate essenzialmente da crolli.

Per concludere, c’è da evidenziare che la dissestabilità del territorio, oltre che con le caratteristiche geologiche e morfologiche, è chiaramente connessa anche con l’alta sismicità e con le caratteristiche meteo-climatiche.

Vengono, di seguito, elencati gli eventi sismici più violenti conosciuti: 1481, 1740, 1746, VIII° M.C.S.; 1920 X° M.C.S.; 1939 VII° M.C.S.; 1980, 1985, 1987, VI° M.C.S.. Inoltre, secondo Cattaneo et al. (1986a,b), sono attendibili sismi con valori dell’VIII° M.C.S. con tempi di ritorno di 50 anni e addirittura prossimi al X° M.C.S. con tempi di ritorno di 500 anni.

Infine, per inquadrare ulteriormente l’area, è bene evidenziare che eventi meteorologici estremi non sono rari (es. alluvione del 2000); la zona è caratterizzata da una piovosità media annua di circa 1800 mm e si raggiungono valori prossimi a 100 mm in un ora e di 350 mm e più, distribuiti in pochi giorni (Nardi et al. 1987).

Riepilogando, queste condizioni sfavorevoli, unite alle caratteristiche geologiche (rocce con elevata composizione argillitica o argillosa, alternanza tra livelli lapidei e pelitici, elevato grado di alterazione e/o fatturazione), morfologiche (elevata energia del rilievo, lunghezza del pendio), alla grande diffusione dei dissesti non ancora stabilizzati e all’azione continua dei processi torrentizi (erosione, scalzamento alla base dei pendii e mobilizzazione delle coperture dei versanti) contribuiscono a mantenere alta la pericolosità dei fenomeni franosi.

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Nonostante ciò, il rischio, in queste aree non è elevato; infatti la vulnerabilità è bassa, in quanto le attività e la popolazione si concentrano in piccoli nuclei, posti in aree a stabilità soddisfacente quali fondovalle o terrazzi fluviali (Dallan et al. 1991). Può accadere che edifici, che si trovano in posizione prossima elle scarpate dei terrazzi fluviali, si trovino in condizioni di rischio, quando si verifica l’arretramento di una corona di frana.

Il rischio può essere definito come l’entità del danno atteso, in una data area e in un certo intervallo di tempo, per il verificarsi di un particolare evento franoso. Sinteticamente, esso si può esprimere come prodotto della pericolosità (probabilità di occorrenza di un dato evento, in una data area e in un certo intervallo di tempo) per la vulnerabilità (grado di perdita di un elemento o gruppo di elementi a rischio, derivante dal verificarsi dell’evento), per il valore economico degli elementi a rischio.

Per una completa valutazione delle caratteristiche geomorfologiche dell’area di tesi, ed in particolare quelle che riflettono la stabilità dei versanti o derivano da processi gravitativi, si è reso necessario un rilevamento di terreno.

Particolare attenzione è stata dedicata a:

• processi, forme e depositi dovuti alle acque correnti • processi, forme e depositi dovuti alla gravità

• forme antropiche

4.2 PROCESSI FORME E DEPOSITI DOVUTI ALLE ACQUE

CORRENTI

Le acque dilavanti e i corsi d’ acqua, dal punto di vista geomorfologico, rappresentano i principali agenti dei processi di denudazione deiversanti e costituiscono i sistemi di scorrimento e deposito fondamentali del ciclo idrologico.

In questo paragrafo esaminiamo il lavoro prodotto da quel agente morfogenetico che è l’acqua corrente, responsabile sia dei fenomeni di erosione che di deposito.

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Saranno considerate sia l’azione dell’acque dilavanti sui versanti , sia quella delle acque correnti incanalate.

4.2.1 FORME DI ACCUMULO FLUVIALE E RELATIVI DEPOSITI

• Depositi alluvionali terrazzati

Sono delle aree relativamente pianeggianti, di dimensioni variabili, che rappresentano vecchie superfici di origine fluviale, delimitate da scarpate, che risultano da un successivo intaglio. Spesso, le scarpate dei terrazzi hanno una forma simile ad archi concavi, riconducibile all’erosione operata dalle anse ricurve dei torrenti.

Per quanto riguarda la cronologia dei terrazzamenti, questa si basa, salvo casi particolari, sul confronto delle loro quote; i terrazzi più elevati sono considerati come più antichi, i più bassi come più recenti. Sono stati distinti con sigla alfanumerica bn1,2,n in ordine crescente con il diminuire dell’età.

Infine, c’è da evidenziare il fatto che, tali superfici rappresentano luoghi favorevoli alla costruzione e sviluppo di centri abitati; questo è dovuto sia alla geometria che alla quota. Tale quota, infatti, risulta molto superiore rispetto a quella raggiungibile dalle piene.

Sia in destra, che in sinistra idrografica del fiume Serchio, si rinvengono vari ordini di alluvioni terrazzate, soprelevate rispetto a quelle recenti. Esse sono formate da depositi di origine fluviale, costituiti da ciottoli, da ellissoidici ad appiattiti con dimensioni che variano da pochi centimetri fino a circa 1 m di diametro; il tutto immerso in una matrice essenzialmente sabbiosa da ocracea a marrone.

Nella zona di Gallicano, queste forme sono visibili soprattutto lungo il corso del fiume Serchio, dal Fosso Tre Canali fino alla località Le Capanne e sono distinte dalle alluvioni recenti tramite piccole scarpate. Tali superfici, definite di quinto ordine, originatesi dalle migrazioni del Serchio stesso, sono correlabili con quelle situate sulla sponda opposto.

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La medesima morfologia è osservabile anche lungo il basso corso della Turrite di Gallicano, dove l’abitato stesso è impostato su una spianata di origine fluviale. Qui, secondo D’Amato Avanzi & Puccinelli (1988), sono riconoscibili tre ordini di depositi terrazzati, riferibili a tre cicli fluviali distinti, probabilmente di età olocenica e parzialmente correlabili con quelli al piede del conoide di Barga. Altri lembi di terrazzi isolati e quasi completamente smantellati dall’erosione, sono visibili a quote più elevate in sinistra della Turrite. Sempre secondo gli autori, a tali terrazzi non è possibile attribuire un’età, visto le difficoltà di correlarli sia tra di loro, che con terrazzi di ordine noto.

Nell’elemento Barga sono stati distinti, invece, sei ordini di terrazzi, individuati a quote decrescenti, in cui quelli più antichi (figura 4.1) sono rappresentati dalle conoidi pleistoceniche erose. Questi terrazzi risultano inattivi, in quanto posti a quote troppo elevate per essere raggiunti da eventuali piene.

Figura 4.1: ordine delle superfici di spianamento post-villafranchiane; in questa figura non compaiono i terrazzi di V e VI ordine in quanto non coinvolgono la superficie del conoide, ma risultano normali superfici di terrazzo alluvionale del fiume Serchio.

I terrazzamenti più recenti (bn5, bn6) si trovano a quote basse, rispettivamente in corrispondenza degli abitati di Fornaci di Barga, (e come precedentemente detto nella zona di Gallicano) e in prossimità del fiume Serchio in località Mologno. Queste superfici terrazzate, originate dalle migrazioni del Serchio, sono pressoché

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pianeggianti e si interpongono tra le alluvioni recenti e attuali e le pendici del conoide.

Il primo ordine di terrazzo è rappresentato da una ristretta fascia, che si estende da Case Volpaio (325 m slm), fino all’altezza dell’ospedale di Barga (370 m slm). Tale superficie risulta caratterizzata a Sud-Est da bordi con geometria frastagliata, a causa delle numerose frane e per l’azione erosiva del Rio Sartoiani e Zanesi, la quale è prodotta alla base del versante.

Tale superficie, ad Ovest, risulta in contatto, tramite una scarpata non molto ripida, con un terrazzo classificabile nel secondo ordine. Questa spianata è rappresentata dal Pian di Gragno che, come quella precedente, presenta dei bordi molto frastagliati dovuti all’azione dei torrenti, che lo limitano quasi per intero (il Rio Val di Lago a est, il Rio Chitarrino a Sud e il Rio della Giuvicchia a Sud-Est). Un’altra spianata di secondo ordine, ma di più piccole dimensioni, si colloca a Sud-Est di Pian di Gragno, in corrispondenza dell’abitato di Giuvicchia di Sotto (300 m slm). Questa superficie, probabilmente, doveva essere collegata con quella di Pian di Gragno, in modo da costituire un unico terrazzo fluviale, prima che il Rio della Giuvicchia lo incidesse.

Il terrazzo di Piano Grande, classificabile come di terzo ordine, rientra solo in parte nella zona oggetto di studio e viene correlato con quello su cui si trova l’ospedale di Barga, in quanto prima dell’incisione da parte del Rio Fontana Maggio, dovevano rappresentare un’unica superficie.

Altre spianate riferibili al quarto ordine, le troviamo in corrispondenza del basso corso del Rio Zanesi, sia in destra, che in sinistra idrografica, poco al di sopra dell’abitato di Fornaci di Barga, ad una quota media di circa 215 m slm.

Vi sono poi altri piccoli lembi di terrazzi, quasi completamente smantellati dagli agenti morfogenetici, che compaiono soprattutto nella parte orientale di Barga, la cui correlazione con le altre superfici risulta difficoltosa, a causa delle loro ridotte dimensioni.

I terrazzi alluvionali della conoide di Barga sono stati generati da molteplici fattori, tra i quali, il sollevamento tettonico, che ha provocato a più riprese l’incisione della conoide da parte dei torrenti, e le variazioni climatiche del Quaternario (Tongiorgi & Trevisan, 1953), che hanno provocato un susseguirsi di

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processi di deposizione ed erosione, disarticolando ulteriormente la morfologia del conoide.

• Depositi alluvioni recenti e attuali

Nell’area rilevata, i depositi appartenenti a questa classe si ritrovano soprattutto ai lati del fiume Serchio e dei maggiori torrenti quali, il Loppora e la Turrite di Gallicano; questi depositi possono essere distinti in due ordini:

• alluvioni recenti: materiale che è stato depositato in epoche recenti ma comunque inattivo.

• alluvioni attuali: materiale soggetto a variazione di spessore e forma, a causa della frequenti piene che si possono verificare nel territorio.

Questi depositi, sono rappresentati essenzialmente da ghiaie e ciottoli, da sub-arrotondati ad sub-arrotondati e presentano la differenza che, nelle alluvioni recenti, tali elementi risultano immersi in una matrice sabbiosa limosa, mentre le alluvioni attuali possono talvolta presentarsi più dilavate.

Queste alluvioni caratterizzano i corsi d’acqua maggiori, in quanto, presentano pendenze minori ed un alveo più ampio, che consente un rallentamento della corrente, con conseguente deposizione del materiale preso in carico nei tratti più a monte.

• Coni alluvionali

Sono depositi di forma convessa, che si aprono a ventaglio allo sbocco dei corsi d’acqua nelle pianure. I detriti vengono distribuiti sulla superficie della conoide, per mezzo di frequenti spostamenti dell’alveo, secondo i raggi del ventaglio. Questi depositi sono costituiti da materiale eterogeneo per dimensioni: ciottoli, ghiaie, sabbie, limi.

In questa area, le differenze tra le varie conoidi, presenti sul territorio, riguardano la composizione, che è funzione dell’area di alimentazione del corso d’acqua. Sul versante apuano prevalgono coni di deiezione a prevalenti clasti calcarei e subordinatamente elementi di arenaria, come nei pressi delle località S. Lucia, le

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Capanne e a sud-ovest dell’abitato di Gallicano; sul versante opposto, invece, i depositi mostrano una netta prevalenza di materiale arenaceo.

Infine, c’è da mettere in evidenza conoidi attualmente in fase di smantellamento e incisione quali quello allo sbocco del Fosso Tre Canali e del Rio del Chitarrino.,

4.2.2. FORME DI EROSIONE FLUVIALE

L’erosione fluviale può manifestarsi, sia come erosione in profondità (incisione), sia come erosione laterale; due fenomeni che spesso coesistono. L’erosione laterale, con lo scalzamento delle sponde, elabora le scarpate d’erosione fluviale e tende a farle arretrare. Il lavorio della acque, sulle rocce del letto, consiste in minor parte in un’azione di disfacimento chimico-fisico e nella maggior parte in un’azione di tipo meccanico, direttamente connessa agli urti e sfregamenti dei detriti, che l’acqua trasporta.

Nelle rocce poco coerenti, l’erosione è facile e rapida e le sue forme caratteristiche sono subito cancellate mano a mano che si creano; il letto si approfondisce e si allarga, fino a che gli episodi di sedimentazione non diventano tali da compensare quelli erosivi.

Tale situazione nelle rocce compatte viene raggiunta molto più lentamente; il profilo longitudinale dei ripidi canali incisi a forra tende, nel tempo, ad assumere una forma di equilibrio diminuendo le pendenze.L’erosione fluviale può portare alla formazione anche di gradini, che si formano per la diversa resistenza delle rocce nei confronti dell’erosione e/o a causa di dislocazioni tettoniche.

In linea generale, i processi erosivi legati allo scorrere delle acque, risultano più efficaci nei corsi d’acqua di ordine minore, in quanto, tali canali sono caratterizzati da alvei molto stretti e pendenze marcate.

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• Alvei in approfondimento:

L’incisione dipende da molteplici fattori: pendenza del rilievo, litologia delle rocce costituenti il letto dell’alveo ecc.. Condizioni, queste, che possono accelerare o meno il fenomeno di approfondimento.

Se le rocce sono poco resistenti, come avviene nei torrenti affluenti di sinistra del fiume Serchio, l’erosione fluviale agisce in maniera incisiva facendo approfondire l’alveo del corso d’acqua. Fenomeni di questo tipo si possono riscontrare in corrispondenza del Rio Zanesi, Rio Sartoiani, Rio Latrani, Rio Fontana Maggio, Rio del Chitarrino.

Quando l’incisione avviene in torrenti caratterizzati da un letto impostato in rocce compatte, come detto, l’approfondimento si esplica in maniera lenta e graduale. Il risultato, di tale incisione, è la formazione di forre, dette appunto di incisione, come si può osservare nella zona di Gallicano in corrispondenza del Rio Uscito e del Canale del Folle, affluenti rispettivamente di destra e di sinistra della Turrite di Gallicano. Tali corsi d’acqua si impostano in formazioni mesozoiche della Successione Toscana non metamorfica.

• Scarpata di erosione:

Sempre nel versante appenninico del fiume Serchio, particolarmente attiva, risulta l’erosione laterale dei versanti vallivi entro i quali scorrono i vari corsi d’acqua. L’erosione delle sponde si verifica in particolari punti del letto fluviale, in corrispondenza dei quali, si ha un contatto diretto tra acqua corrente e versante; ciò caratterizza i corsi d’acqua in cui sono presenti meandri più accentuati, che determinano uno spostamento verso l’esterno del filo della corrente e conseguente erosione.

Tali esempi li ritroviamo lungo il torrente Loppora, all’altezza del medesimo cimitero, in corrispondenza del Rio Val di Lago, nel tratto compreso tra il compo sportivo e il podere Biagioni e nel tratto terminale di Rio Zanesi.

Possiamo notare, infine, che i tratti dei torrenti e rii sopra citati, sono caratterizzati da varie frane, definibili attive, in cui probabilmente le cause di innesco sono da ricondursi anche all’erosione al piede da parte dei torrenti. Per

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questo motivo gli orli di scarpata di erosione fluviale sono da considerarsi praticamente tutti attivi, con altezze che non superano mai i 5 m.

• Letto fluviale a gradini e cascate

Queste forme, presenti in corsi d’acqua il cui letto è composto da rocce compatte, sono controllate, sia dalle discontinuità, quanto dalla natura litologica del substrato. Infatti, numerosi gradini, si impostano in corrispondenza di variazioni litologiche, in cui si ha una differenza di resistenza delle rocce all’erosione fluviale.

Le cascate possono essere assimilate a dei gradini in cui l’azione erosiva delle acque e le condizioni litologiche del substrato, hanno favorito lo scalzamento al piede e la rimozione degli strati più teneri, nei confronti dell’erosione fluviale. Tali forme sono visibili lungo il Canale del Folle, affluente di sinistra della Turrite (vicino dell’omonimo allevamento ittico), nella parte medio superiore del Rio Usceto e del Canale Accoli e lungo il canale che si origina dalle pendici sotto l’abitato di Verni (figura 4.2); questi ultimi affluenti di destra della Turrite di Gallicano.

Figura 4.2: piccola cascata, visibile lungo il corso del Canale Accoli.

Lungo questi corsi d’acqua sono presenti gradini e cascate con altezze, solitamente , non superiori ai 2 m.

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4.2.3. FORME DI EROSIONE DOVUTE AL DILAVAMENTO

Ricordando che, i versanti che caratterizzano tutta la zona studiata, risultano ripidi e di breve lunghezza, è facile immaginare, come le acque piovane determinino la formazione di solchi di ruscellamento concentrato.

Tali forme sono più evidenti nel versante appenninico del fiume Serchio, essendo caratterizzato per la quasi totalità da formazioni poco coerenti. Solchi di ruscellamento concentrato sono visibili nei versanti acclivi della conoide di Barga, lungo le scarpate delle spianate morfologiche di origine fluviale.

4.3 PROCESSI FORME E DEPOSITI DOVUTI ALLA GRAVITA’

4.3.1. NOMENCLATURA DELLE FRANE

Per quanto riguarda la caratterizzazione e la classificazione dei fenomeni franosi, sono stati presi in considerazione vari lavori quali: Carrara et al.(1987), Canuti & Esu (1995), le raccomandazioni del Working Party for World Landslides Inventory (WP/WLI) (1993 a, b), Canuti & Casagli (1994), Varnes (1978), e Cruden & Varnes (1996).

ELEMENTI GEOMETRICI DELLE FRANE (Canuti &Esu 1995) (figura 4.3)

1. CORONAMENTO (crown): materiale rimasto praticamente in posto nella parte alta della "scarpata principale".

2. SCARPATA PRINCIPALE (main scarp): superficie generalmente ripida che delimita l'area quasi indisturbata circostante la parte sommitale della frana, generata dal movimento del "materiale spostato" (13). Rappresenta la parte visibile della "superficie di rottura" (10)

3. PUNTO SOMMITALE (top): punto più alto del contatto fra "materiale spostato" (13) e la "scarpata principale" (2).

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4. TESTATA (head): parti più alte della frana lungo il contatto fra il "materiale spostato" (13) e la "scarpata principale" (2).

Figura 4.3: elementi geometrici delle frane (da Canuti & Esu, 1995)

5. CORPO PRINCIPALE (main body): parte del " materiale spostato " (13) che ricopre la " superficie di rottura " (10) fra la " scarpata principale " (2) e l' "unghia della superficie di rottura" (11).

6. PIEDE (foot): porzione della frana che si è mossa oltre l' "unghia della superficie di rottura" (11) e ricopre la "superficie originaria del versante" (20).

7. PUNTO INFERIORE (tip): punto dell' "unghia" (9) situato a maggior distanza dal "punto sommitale" (3) della frana.

8. UNGHIA (toe): margine inferiore, generalmente curvo, del "materiale spostato" della frana, situato alla maggior distanza dalla "scarpata principale" (2).

9. SUPERFICIE DI ROTTURA (surface rupture): superficie che forma (o che formava) il limite inferiore del "materiale spostato" (13) sotto la

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"superficie originaria del versante" (20). L'idealizzazione della " superficie di rottura" può essere definita "superficie di scorrimento".

10. UNGHIA DELLA SUPERFICIE DI ROTTURA (toe of the surface of rupture): intersezione (generalmente sepolta) fra la parte inferiore della "superficie di rottura" (10) della frana e la "superficie originaria del versante" (20).

11. SUPERFICIE DI SEPARAZIONE (surface of separation): parte della "superficie originaria del versante" (20) ricoperta dal "piede" (7) della frana.

12. MATERIALE SPOSTATO (o FRANATO) (displaced material) materiale spostato dalla sua posizione originaria sul versante a causa del movimento della frana. Esso forma sia la "massa distaccata" (17) che l' "accumulo" (18).

13. ZONA DI ABBASSAMENTO (zone of depletion): parte della frana entro la quale il "materiale spostato" (13) giace al di sotto della "superficie originaria del versante" (20).

14. ZONA DI ACCUMULO (zone of accumulation): parte delta frana entro la quale il " materiale spostato" (13) giace al di sopra della "superficie originaria del versante" (20).

15. ABBASSAMENTO (depletion): volume delimitato dalla "scarpata principale" (2), la "massa distaccata" (17) e la "superficie originaria del versante" (20).

16. MASSA ABBASSATA (depletion mass): volume del "materiale spostato" (13) che ricopre la "superficie di rottura " (10) e che giace al di sotto della "superficie originaria del versante" (20).

17. ACCUMULO (accumulation): volume del "materiale spostato" (13) che giace al di sopra della "superficie originaria del versante" (20).

18. FIANCO (flank): materiale non spostato adiacente ai margini della "superficie di rottura" (10). I fianchi possono essere identificati mediante l'azimut misurato con la bussola oppure dai termini "destro" e "sinistro", riferiti a chi guarda la frana dal "coronamento" (1).

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19. SUPERFICIE ORIGINARIA DEL VERSANTE (original ground surface): superficie del versante che esisteva prima che avvenisse il movimento franoso.

CARATTERISTICHE DIMENSIONALI DELLE FRANE (Canuti & Esu 1995) (figura 4.4)

1. LARGHEZZA DELLA MASSA SPOSTATA Wd: larghezza massima della "massa spostata" misurata perpendicolarmente alla "lunghezza della massa spostata" Ld

2. LARGHEZZA DELLA SUPERFICIE DI ROTTURA Wr,: larghezza massima fra i "fianchi" della frana, misurata perpendicolarmente alla "lunghezza della superficie di rottura" Lr.

3. LUNGHEZZA TOTALE L: distanza minima fra il "punto inferiore" della frana ed il "coronamento".

Figura 4.4: caratteristiche dimensionali delle frane (da Canuti & Esu, 1995)

4. LUNGHEZZA DELLA MASSA SPOSTATA Ld: minima distanza fra il "punto sommitale" ed il "punto inferiore".

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5. LUNGHEZZA DELLA SUPERFICIE DI ROTTURA Lr: minima distanza fra l'unghia della superficie di rottura ed il coronamento.

6. PROFONDITA' DELLA MASSA SPOSTATA Dd: profondità massima della "superficie di rottura" sotto la "superficie originaria del versante" misurata perpendicolarmente al piano contenente Ld e Wd. 7. PROFONDITA' DELLA SUPERFICIE DI ROTTURA D,: profonditý

massima della "superficie di rottura" sotto la " superficie del versante" misurata perpendicolarmente al piano contenente Lr e Wr.

CLASSIFICAZIONE DELLE FRANE

Frana, è un termine generale, che indica tutti i fenomeni di caduta e i movimenti di masse rocciose o di materiali sciolti, come effetto prevalente della forza di gravità (Castiglioni 1979); sono dei movimenti di massa coinvolgenti rocce detrito o terre attraverso i quali si manifesta la tendenza da parte di un corpo al raggiungimento di un minimo di energia potenziale.

Nonostante le definizioni devono essere semplici, esse costituiscono dei complessi fenomeni geomorfologici, la cui classificazione è spesso controversa. Il sistema più recente di classificazione è quello proposto da Cruden & Varnes (1996) e si basa su due parametri essenziali:

1. tipologia del materiale coinvolto:

- rocce

- detrito

- terra

2. tipologia del movimento di massa - crollo

- ribaltamento

- scivolamento - espansione - colamento

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Il tipo di materiale coinvolto viene descritto facendo riferimento alle sue condizioni prima del movimento franoso. Per roccia si intende materiale lapideo intatto dotato di coesione per cementazione e secondo Varnes (1978), dotato di una resistenza a compressione semplice maggiore di 25 Mpa. Mentre, per detrito e terra si intende un’ aggregato naturale di grani minerali,che può essere facilmente disgregato per agitazione in acqua, rispettivamente costituito in prevalenza da elementi grossolani ( > 2 mm.) e fini (< 2 mm.).

Tipologia del movimento di massa

Descrive la dinamica con cui si manifestano i vari fenomeni di instabilità.

Crollo: fenomeno che inizia con il distacco di terra o roccia da un pendio aclive e prosegue quindi per caduta libera nell’aria, rimbalzo e rotolamento della massa

distaccata. Si originano lungo discontinuità preesistenti o di neoformazione e sono caratterizzati da alta velocità e scarsi segni premonitori; sono tipici di rocce lapidee; cause innescanti sono: crioclastismo, azione radicale, sismi, scalzamento alla base del versante.

Ribaltamento: rotazione in avanti, verso l’esterno del versante di una massa di terra o roccia, intorno ad un punto o asse situato al di sotto del centro di gravità della massa spostata. Il fenomeno può evolvere in crolli o scivolamento asseconda delle caratteristiche geometriche e strutturali della massa coinvolta. La velocità di movimento può variare da lento a rapido oppure, modificarsi durante il movimento. Cause predisponesti sono di tipo strutturale, mentre le cause innescanti sono: crioclastismo, azione

(18)

Scorrimenti (scivolamenti): movimento verso la base del versante di una massa di terra o roccia che avviene in gran parte lungo una superficie di rottura o entro una fascia relativamente sottile di intensa deformazione di taglio. In base alla forma della superficie di rottura si distinguono due principali tipologie:

- traslativo: superficie di rottura planare. Questi scorrimenti si verificano per superamento della resistenza di taglio all’interno di una massa che può essere omogenea o presentare stratificazione; alla superficie principale sono spesso associate superfici secondarie. Sono ricorrenti in rocce plastiche ma anche in ammassi omogenei a vario grado di cementazione e in coltri alterate. Influenti sono le pressioni dell’acqua e le loro oscillazioni, la presenza di sovraccarichi e l’azione di sismi.

-- planare: superficie di rottura planare. Si verifica su superfici di rottura preesistenti con inclinazione uguale o inferiore al pendio. Sono tipiche in rocce stratificate omogenee o di alternanza di rocce a reologia differente.

Espansione: movimento di estensione di terreno coesivo o di roccia, combinato con una generale subsidenza della massa stessa, che si frattura e disarticola in più parti, sopra a materiale tenero non coesivo. L’espansione è quindi determinata da fenomeni di liquefazione, fluimento ed estrusione di questo materiale tenero non coesivo. Cause condizionanti sono l’incremento delle pressioni interstiziali alla base del litotipo a maggior competenza o incremento del carico piezometrico nell’ammasso sovrastante. Le deformazioni avvengono anche su pendenze molto basse e sono evidenziate dalle disarticolazioni e suddivisioni in blocchi della roccia sovrastante

(19)

Colamento: movimento distribuito in maniera continua all’interno della massa spostata. Le superfici di taglio all’interno di questa sono multiple, temporanee e generalmente non vengono conservate. La distribuzione delle velocità nella massa spostata è analoga a quella all’interno di un fluido viscoso.

- Colamento lento: dove i movimenti sono caratterizzati da bassa velocità e coinvolgono terreni ad elevato contenuto argilloso e perlopiù basso contenuto di acqua. Si tratta di fenomeni anche di grandi dimensioni, che interessano prevalentemente versanti non molto ripidi, costituiti da rocce argillose o da rocce alterate con matrice argillosa

- Colamento veloce: dove i movimenti sono caratterizzati da velocità elevata e interessano per lo più terreni sciolti in presenza di un significativo contenuto d’ acqua. Si tratta di quei fenomeni, solitamente di dimensioni non rilevanti che si innescano in conseguenza di precipitazioni intense e coinvolgono normalmente i terreni sciolti di copertura, in tutta la loro gamma granulometrica, di versanti caratterizzati da pendenze piuttosto elevate.

Infine per completezza, vengono di seguito riportate le definizioni delle deformazioni gravitative profonde (dgpv), secondo Canuti & Casagli (1994), e dei movimenti lenti nel regolite (Castiglioni 1979).

Dgpv: movimento di massa molto complesso, che si attiva attraverso una deformazione per lo più lenta e progressiva della massa rocciosa, senza che siano apprezzabili superfici di rottura continue. Il processo di rottura avviene per spostamenti differenziali estremamente lenti, che si verificano lungo serie di giunti e piani di discontinuità variamente orientati, o per deformazioni dell’ammasso roccioso concentrate lungo fasce di maggior debolezza, localizzate a differente profondità e aventi diversi spessori. Ciò determina un mutamento

(20)

delle condizioni di stabilità generali di ampi settori di versante, coinvolgendoli spesso dagli spartiacque, fino talora al fondovalle, per profondità che superano il centinaio di metri, causando spostamenti di volumi rocciosi di parecchie decine di milioni di m³ verso il basso e verso l’asse della valle. Le evidenze morfologiche più significative si osservano sulle parti sommatali dei versanti, caratterizzati dalla presenza di contropendenze e trincee, “trench”, non che di veri e propri avvallamenti trasversali di versante o lungo le dorsali spartiacque. Si verificano cosi quei tipici fenomeni di sdoppiamento anche multipli delle creste stesse. Al piede del versante l’evidenza maggiore è rappresentata da elevati spessori di materiale detritico.

Movimenti lenti nel regolite : gli spostamenti verso il basso che il regolite subisce per effetto della gravità sono resi visibili da vari indizi, come l’inclinazione di pali piantati verticalmente, la rottura di muri di sostegno, la deformazione di massicciate stradali, l’apparizione di crepe sui muri degli edifici, ecc. Questi fenomeni, di solito lenti, possono essere indizi di vere frane incipienti; ma a volte sono il risultato di un normale assestamento continuo del mantello detritico che riveste i versanti. Si distinguono, ma non sempre in modo netto due tipi:

- soliflusso:può essere assimilato al colamento lento di una massa fluida molto viscosa. Per verificarsi non richiede forti pendenze; è tipico dei suoli ricchi di limo e argilla, capaci di imbeversi di acqua. Il movimento si manifesta nel suolo fluidificato in seguito a pioggia e imbibizione, oppure per disgelo; è un fenomeno abituale su versanti costituiti da rocce argillose e nell’ ambiente periglaciale dove viene detto geliflusso. Si riconosce per il formarsi di colate, lobi, terrazzette e increspature del terreno. La velocità varia da qualche mm

(21)

a qualche m per anno, naturalmente anche in funzione dell’aclività del pendio.

- Soil creep: per la sua lentezza è considerato come un movimento “strisciante”; non è un processo peculiare ma piuttosto il risultato di un insieme di tutti quei movimenti parziali che

producono piccoli spostamenti nelle sue

ioni termiche, formazione e scioglimento di ghiacci o passaggio di animali. Il moto di discesa è più sensibile in superficie che in profondità, ciò è reso evidente dall’inarcamento dei fusti di piante erette.

particelle, come contrazioni e dilataz

VELOCITA’ DI MOVIMENTO (tabella 4.1)

iene di seguito mostrato la tabella relativa alla scala delle velocità e dei danni

bella 4.1: velocità di movimento delle

V

prodotti dalle frane (Cruden & Varnes 1996).

Ta frane.

(22)

ATTIVITA’ DI FRANA

ello studio dei fenomeni di instabilità è fondamentale, oltre all’individuazione

Stato di attività N

della tipologia, la valutazione dello stato, dello stile e della distribuzione dell’attività del movimento. La terminologia adottata nella descrizione dello stato di attività è basata sulle raccomandazioni del WP/WLI (1993a) e del Glossario Internazionale delle frane (WP/WLI,1993b), tradotto in italiano in Canuti & Esu (1995), in Canuti & Casagli (1994) e riproposto più recentemente in Cruden & Varnes (1996).

efinito il significato dei termini utilizzati:

i aree soggette a

- Riattivata: una frana che è di nuovo attiva dopo essere stata inattiva.

- Sospesa: se si è mossa entro l’ultimo ciclo stagionale ma non è attiva

e frane inattive sono suddivise ulteriormente nelle seguenti sottoclassi:

dalle sue

Naturalmente stabilizzata : frana che non è più influenzata dalle Qui di seguito viene d

- Attiva: frana attualmente in movimento. Nel caso d

crolli, ribaltamenti e sprofondamenti diffusi, il termine attivo potrà essere utilizzato qualora sia alta la frequenza temporale dei singoli fenomeni su tutta l’area.

attualmente. Se l’ultima fase di attività risale a prima dell’ultimo ciclo stagionale, la frana, secondo gli autori citati, è da definirsi "inattiva".

L

- Quiescente: se si ritiene possibile una sua riattivazione

cause originarie; fenomeno per il quale permangono le cause del movimento.

-

sue cause originali; fenomeno per il quale le cause del movimento sono state naturalmente rimosse.

(23)

- Artificialmente stabilizzata : se non si ritiene possibile una sua

Relitta (paleofrane): frana inattiva originatasi in condizioni

Distribuzione di attività

riattivazione in quanto protetta dalle sue cause originarie, o da altre, con misure di stabilizzazione.

-

geomorfologiche o climatiche considerevolmente diverse dalle attuali. Le frane relitte sono inattive ma comunque possono essere riattivate dall’attività antropica.

n intende dove la frana si sta muovendo e permette di

a a muoversi ma in cui

Figura 4. nti et al., 1996)

- retrogressivo: se la superficie di rottura si estende in senso opposto a

Figura 4.6: distribuzione di attività retrogressiva (da Amanti et al.,1996)

Co distribuzione di attività si

prevedere il tipo di evoluzione, in senso spaziale, del dissesto. Di seguito vengono riportate le differenti tipologie di distribuzione di attività:

- costante: frana in cui il materiale spostato continu

la superficie di rottura non mostra variazioni apprezzabili 8figura 4.5).

5: distribuzione di attività costante (da Ama

quello del movimento del materiale spostato; comporta l'arretramento della scarpata principale (figura 4.6).

(24)

-

movi azione di superfici di

scorr o successive

ento del piede

Figura 4.7: distribuzione di attività avanzata (da Amanti et al.,1996)

- bi i

m

- in diminuzione: se il materiale coinvolto in una frana attiva diminuisce di volume nel tempo, indipendentemente dalle cause che comportano tale diminuzione (figura 4.9).

Figura 4.9: distribuzione di attività in diminuizione (da Amanti et al.,1996)

avanzante: se la superficie di rottura si estende nella direzione del mento. Si realizza o attraverso la form

imento multiple (cioè formatesi contemporaneamente) (cioè formatesi in tempi diversi) o per semplice avanzam (figura 4.7).

in allargamento: se la superficie di rottura si estende su uno o entram argini laterali (figura 4.8).

(25)

- ù ateriale al volume

confinato (confined): movimento in cui è presente una scarpata ma in cui assa spostata, nto del materiale

• Stil

Di seguito vengono riportati i vari tipi di stile di attività, così come indicati nella figura:

- singolo: ngolo movimento del materiale

elativamente intatto (figura 4.12).

multi-direzionale: se la superficie di rottura si estende in due o pi direzioni; in tal modo viene continuamente aggiunto m

del materiale spostato (figura 4.10).

Figura 4.10: distribuzione di attività multidirezionale (da Amanti et al.,1996)

-non è visibile la superficie di scorrimento al piede della m probabilmente dovuti alla compressione ed al rigonfiame al piede (figura 4.11).

Figura 4.11: distribuzione di attività confinata (da Amanti et al.,1996)

e

fenomeno che consiste in un si spostato, spesso costituito da un unico blocco r

(26)

Figura 4.12: stile di attività singolo (da Amanti et al.,1996)

- complesso inazione di due o più tipi

di movim cui i diversi tipi di

movime

Figur anti et al.,1996)

- composito: e o più meccanismi di movimento

spostata, talvolta simultaneamente. possono presentare sequenze di

primo movimento quello a quota topograficamente più elevata (figura 4.14)

ti et al.,1996)

: fenomeno caratterizzato dalla comb ento; il termine è limitato ai casi in nto sono in sequenza temporale 8figura 4.13).

a 4.13: stile di attività complesso (da Am

fenomeno in cui du avvengono in parti diverse della massa Zone diverse della massa spostata

movimento diverse; si considera per convenzione come

(27)

- successivo: molteplice ripetizione dello stesso tipo di movimento in cui le a; fenomeno

Figura al.,1996)

- multiplo: molteplice ripetizione dello stesso tipo di movimento, che causa un ampliamento della superficie di rottura; la nuova massa spostata è in

6)

diverse masse spostate non condividono la superficie di rottur dato da un insieme di movimenti identici ma individuali (figura 4.15).

4.15: stile di attività successivo (da Amanti et

contatto con la massa spostata precedentemente e spesso condivide con essa la superficie di rottura(figura 4.16)

(28)

4.3.2. PRINCIPALI EVENTI FRANOSI PRESENTI NELL’AREA

Frane di crollo

uesto fenomeno caratterizza soprattutto le formazioni competenti a della Successione Toscana.

torrente, ma soprattutto lungo

la Turrite di Gallicano, lungo la strada che costeggia tale alveo. Qui,

igura 4.17: reti paramassi lungo la Verni

• Q

comportamento rigido

Evidenze di tali movimenti li ritroviamo lungo il Rio Uscito, dove sono visibili alcuni ammassi rocciosi adagiati lungo l’alveo del

la strada che da Gallicano porta a Verni, proprio al di sotto di tale abitato. Qui, la Maiolica si presenta con elevati spessori, pareti sub-verticali e risulta caratterizzata da un elevato grado di fatturazione, il quale ne produce una suddivisione in blocchi di varie di varie dimensioni. Proprio per questo motivo, tale via di comunicazione viene protetta da eventuali crolli, attraverso reti paramassi.

Ancora reti paramassi sono visibili in corrispondenza della confluenza del Canale del Folle con

infatti, materiale detritico polidimensionale, ad elevato grado di addensamento, impostata sul Calcare cavernoso, minaccia la viabilità della zona (figura 4.17)

F

(29)

Nella zona del comune di Barga, frane di crollo sono state riconosciute presso oppia, poco a nord del cimitero (figura 4.18) in destra del torrente Loppora, nella

igura 4.18: orlo di scarpata di crollo impostata sui conglomerati di Barga nelle vicinanze ella pieve di Loppia.

onglomerati poligenici cementati.

avità, lo scalzamento al piede provocato

ogia di frana

ento della matrice della roccia dovuto all’alternarsi di gelo-disgelo, L

parte sud-occidentale dell’Uccelliera, nelle valli del Rio Cavo e a metà del versante ovest del Rio Sartoiani.

F d

Questa tipologia di frana si genera nei versanti acclivi, costituiti da ghiaie e c

Il meccanismo di innesco, di questi dissesti, può essere imputato a vari fattori quali: la tensione dovuta alla gr

dall’azione erosiva dei torrenti, ma anche all’intervento umano, che in maniera incurante agisce sul territorio modificando l’equilibrio dei versanti.

Infine, c’è da sottolineare la presenza di crolli che coinvolgono materiale appartenente ai depositi alluvionali terrazzati antichi; questa tipol

caratterizza si tutti i bordi dei terrazzi fluviali ma soprattutto quelli del Pian Grande.

Le cause di tali movimenti sono da ricondursi all’elevata acclivita, alla perdita o indebolim

lunghi periodi di pioggia, con conseguente liberazione dei clasti che la compongono,

(30)

• Frane di scorrimento

Nelle zone di studio, all’interno dei comuni di Gallicano e Molazzana, gli eventi n a quasi tutti, soprattutto quelli in corrispondenza dei

lla Borella, dove il

igura 4.19: frana di scivolamento situata sul versante sinistro del Fosso della Borella, in o è rappresentata l’area di distacco.

fra osi sono molteplici, m

centri abitati, verificatesi o riattivatisi in seguito all’alluvione del novembre del 2000, rientrano adesso nei dissesti artificialmente stabilizzati.

Quanto detto è visibile presso l’abitato di Molazzana proprio al di sotto del cimitero del capoluogo stesso e in corrispondenza del Fosso de

fenomeno franoso innescatosi nel novembre del 2000, ha portato all’evacuazione dell’abitazione, che è stata in parte coinvolta dal movimento. Nella figura 4.19 si notano bene le opere di ingegneria naturalistica adottate, quali palificate e drenaggi, ma anche muretti di contenimento. Sempre nella figura è possibile individuare, anche se parzialmente ricoperta dalla vegetazione, l’area di distacco della frana che presenta una classica forma a ferro di cavallo ed uno spessore del materiale coinvolto non superiore ai 2 metri. Il movimento ha interessato essenzialmente la coltre superficiale detritica e/o di alterazione, rappresentata essenzialmente da materiale derivante dall’alterazione del Macigno.

F ross

(31)

Anche al di sopra dell’abitato di Gallicano, sul versante sud del Mt. Termina, la

ane di scivolamento attive si riscontrano soprattutto in

gura 4.20: palificata al di sopra di un muro a gravità nei pressi di Molazzana

ali fenomeni sono da mettere in relazione, sia a litologie ricche in materiali

all’elevata umidità che talvolta caratterizza queste aree.

stabilizzazione delle frane è stata ottenuta attraverso muretti di contenimento, terrazzamenti artificiali e drenaggi per intercettare e convogliare le acque superficiali, allontanandole verso canali di recapito naturale. Ancora dissesti, attualmente stabilizzati, sono visibili lungo tutta la strada che da Gallicano giunge a Molazzana; muretti di contenimento rivestiti con pietre ornamentali, per diminuire l’impatto ambientale e opere di ingegneria naturalistica quali palificate o rinverdimento con specie vegetali idonee (Figura 4.20). Questa ultima opera viene utilizzata qualora il fenomeno franoso si presenta di piccole dimensioni e a bassa inclinazione.

In questa zona, fr

corrispondenza dei corsi d’acqua minori, quali i canali che solcano il versante sud della Turrite di Gallicano, lungo il versante destro del Fosso Tre Canali (figura 4.21) e in corrispondenza del Fosso Poccesa, poco ad est dell’abitato di Molazzana.

Fi

T

argillosi (come Scaglia toscana, calcari e marne a Posidonia ed Unità Ottone), sia allo scalzamento al piede dei versanti causato dall’azione erosiva dei torrenti che

(32)

Fi T

gura 4.21: frana di scivolamento planare impostata su materiale detritica presso il Fosso re Canali.

o ll’area situata ad Ovest del fiume Serchio e questo è da ricondursi a motivi di

i, Rio della Giuvicchia. I terreni

ù a valle; Nell’elemento Barga, la superficie interessata da dissesti risulta maggiore rispett a

carattere litologico, morfologico e idrologico.

Scivolamenti che coinvolgono le coperture sono visibili lungo i versanti delle valli dei maggiori rii: Rio Cavo, Rio Zanes

coinvolti risultano caratterizzati da un’importante frazione sabbioso-coesiva e le cause di attivazione sono da imputarsi principalmente all’elevata aclività dei versanti e all’azione di scalzamento al piede da parte dei corsi d’acqua. Gli spessori coinvolti nei franamenti sembrano non superare i 2 m e in molti casi sono visibili i coronamenti delle frane sui bordi delle spianate morfologiche.

C’è da notare, lungo il basso corso del Rio Val di Lago, che il versante orientale risulta caratterizzato da un pendio dolce, specialmente nella sua parte pi

questo, unito alla distanza dal corso d’acqua, fa si che in questa zona si concentrino le frane quiescenti Questi dissesti, talvolta, risultano caratterizzati da una forma rotondeggiante e sub-pianeggiante, a causa del rimodellamento subito; tali geometrie le ritroviamo anche poco più a nord del campo sportivo di Barga lungo il corso del Rio Fontana Maggio (figura 4.22).

(33)

Figura 4.22: frana quiescente che caratterizza il versante destro del Rio fontana Maggio

Se

portivo, abbiamo una serie di scivolamenti di grandi dimensioni, che si

colare, la

del Rio mpre in questa zona, ma situati stavolta sul versante opposto del campo s

originano, nella maggior parte, dal terrazzo di terzo ordine. Tali dissesti terminano in corrispondenza dell’alveo del Rio Fontana Maggio, provocandone sbarramenti, deviazioni del corso d’acqua e anche la rottura di una briglia situata proprio in questa zona. Lo spessore del materiale coinvolta negli scivolamenti, che caratterizzano questa valle, sembra non superino mai i 3 m di spessore.

Movimenti franosi di grandi dimensioni, che coinvolgono materiali ghiaioso-sabbiosi, sono presenti un po’ lungo tutto il Rio Sartoiani; in parti

distribuzione di questi corpi di frana, cosi come accade un po’ per tutta l’area, risulta strettamente connessa con le diramazioni secondarie dei vari rii.

Evidenze di questi fenomeni di dissesto, anche a più piccola scala, possono essere notati lungo tutti i canali della zona; ad esempio, lungo la strada, in destra

Zanesi, è visibile una frattura al bordo esterno della strada stessa, indicativa, assieme agli avvallamenti presenti, di un dissesto in atto (figura 4.23).

(34)

Figura 4.23: esempio dei molteplici dissesti, a piccola scala, che caratterizzano tutta l’area di studio.

Frane di scivolamento attualmente stabilizzate sono visibili lungo le principali vie di comunicazione della zona, come lungo tutta la strada che collega l’abitato di Loppia di Sotto al paese di Barga, dove le opere sono rappresentate essenzialmente da muretti a gravità rivestiti con pietre ornamentali.

In particolare un’opera di risistemazione (figura 4.24) è visibile in località Mologno, lungo la statale della Garfagnana, dove, a ridosso del versante, è stata disposta una parete di sostegno formata da gabbionate, con a lato una canaletta per la raccolta e lo smaltimento delle acque superficiali.

Figura 4.24: opera di stabilizzazione di versante, visibile lungo la statale della Garfagnana presso Mologno.

(35)

Scorrimenti –colata

Questa tipologia di frana risulta presente soprattutto nelle valli del Rio Cavo, Rio Zanesi e Rio della Giuvicchia.

Importante, per la minaccia ad alcune abitazioni, è il movimento franoso in località Uccelliera in sinistra del Rio Sartoiani, che presenta un’estensione di circa 150 m ed arriva fino al fondo valle.

Talvolta, alcuni fenomeni franosi di questo tipo si associano a processi di erosione per acque correnti incanalate, generando incisioni sul versante e portando alla creazione di piccoli reticoli idrografici.(figura 4.25).

Figura 4.25: incisione presente sul versante destro del Rio Latrani

• Soliflusso

Sono movimenti lenti, generati per effetto della forza di gravità, lungo superfici corrispondenti alla profondità di inibizione dei materiali limoso-argillosi. Evidenze di tali movimenti sono rappresentate dalla forma curva alla base degli alberi e dai lobi e dalle increspature della coltre erbosa. Il riconoscimento sul terreno di tali fenomeni non risulta difficoltoso, ma spesso è complicato distinguere questi fenomeni di soliflusso da movimenti franosi quiescenti.

(36)

4.4 FORME ANTROPICHE

Modificazioni morfologiche, correlate all’attività umana, sono visibili sul tutto il territorio di studio. I rilevati stradali, ferroviari e terreni di riporto, si concentrano nelle aree pianeggianti lungo il corso del fiume Serchio, al di fuori delle zone inondabili dalle piene.

Altre forme sono rappresentate dai terrazzamenti antropici che ritroviamo sopra l’abitato di Gallicano e presso Molazzana. Per quanto riguarda le opere di regimazione delle acque, numerose sono le briglie in tutti i torrenti e rii della zona. Tali costruzioni hanno la funzione di rallentare il deflusso delle acque, diminuendo la pendenza del corso d’acqua e favorendo cosi la sedimentazione a monte. Spesso, tali opere vengono utilizzate in sequenze ravvicinate di 4-5 briglie come nel caso del torrente Loppora, nei pressi del cimitero, in modo tale da amplificare notevolmente l’effetto di riduzione della velocità dell’acqua nel tratto in esame. (figura 4.26).

Figura

Figura 4.1: ordine delle superfici di spianamento post-villafranchiane; in questa figura non  compaiono i terrazzi di V e VI ordine in quanto non coinvolgono la superficie del conoide,  ma risultano normali superfici di terrazzo alluvionale del fiume Serch
Figura 4.2: piccola cascata, visibile lungo il  corso del Canale Accoli.
Figura 4.14: stile di attività composito (da Aman
Figura 4.16: stile di attività multiplo (da Amanti et al.,199
+5

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