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Academic year: 2023

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Marco Raso

1 Università degli Studi di Genova

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

I “luoghi rifiutati” a

Sestri Levante, Riva Trigoso, Moneglia, Casarza Ligure

ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011 15 marzo 2012

RELATORE: Prof.ssa Antida GAZZOLA

CORRELATORE: Arch. Daniela RIMONDI STUDENTE: Marco RASO

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Marco Raso

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Università degli Studi di Genova - FACOLTA DI ARCHITETTURA

Indice

PRIMA PARTE

Introduzione Capitolo 1 –

1.1 La scelta delle aree di studio

1.2 Breve inquadramento storico e geografico dei comuni esaminati

1.3 Considerazioni da un primo sopraluogo

1.4 Principali caratteri dei comuni esaminati e tipologie di “luogo rifiutato”

1.5 Ipotesi sulle cause della presenza di luoghi rifiutati

1.6 Omogeneità/disomogeneità tra luoghi rifiutati nei Comuni scelti

Capitolo 2 –

2.1 Definizione di “luogo rifiutato”

2.2 Tipologie

2.2.1 Luoghi abbandonati 2.2.2 Paesaggi del rifiuto

2.2.3 Luoghi demoliti / demolibili

2.3 I diversi significati del rifiuto e della negatività

SECONDA PARTE

Capitolo 3 –

3.1 Caratteristica dell’analisi sul campo 3.2 Le schede di analisi

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Marco Raso

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3.3 Elaborazione delle schede

3.4 Valutazioni sul materiale raccolto.

3.5 Indagine sociologica: interviste e applicazione di tecniche di sociologia visuale

3.6 Interviste a testimoni privilegiati 3.7 Esiti del lavoro sul campo

Capitolo 4 –

4.1 Esempi e casi studio 4.1.1 Guerrilla Lighting.

4.1.2 “Guerrilla gardening”, così Berlino si trasforma in un’area verde autogestita.

4.1.3 M2O - Nuovo Ossigeno per Torino.

4.1.4 fa-ctory architettura, Emanuele Stefani KLEE2D.

4.1.5 Installazione 2012Architecten.

4.1.6 Spazi Indecisi: un progetto che cerca la bellezza della città abbandonata,

4.1.7 Milano come New York: un parco sulle rotaie dismesse da San Cristoforo a Porta Genova, un progetto per contornare di verde la città di New York.

4.1.8 Tre esempi di riqualificazione urbana a basso costo.

4.2 Considerazioni finali sui casi esaminati

Conclusioni

Bibliografia - sitografia

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PRIMA PARTE

Introduzione

L‟obiettivo del presente studio è di esaminare il territorio che comprende i Comuni di Sestri Levante, con la sua frazione Riva Trigoso, Moneglia, e Casarza Ligure mediante uno schema metodologico che mi consenta di raccogliere informazioni e documenti in relazione all‟esistenza di quelli che sono definiti luoghi del rifiuto.

La nostra vita, la vita umana si svolge in un contesto urbano o semi-rurale con cui s‟interagisce in modo continuo e crescente.

Sia nell‟ambito individuale che sociale, quindi collettivo, questo scambio nutre e trasforma sia le persone sia l‟ambiente, a causa delle persone o dell‟ambiente che incide sull‟evoluzione o sul degrado delle persone e dei gruppi sociali, o di entrambi simultaneamente.

Questa tematica è studiata da varie discipline come la sociologia, la filosofia, la psicologia, da ambiti tecnici come quelli ambientali, politici, amministrativi, e dal punto di vista urbanistico e architettonico.

Nel campo architettonico e urbanistico ogni giorno diventa più necessario un accurato studio dell‟influenza e della presenza di luoghi che si possono definire spazi rifiutati, abbandonati e residui e della loro influenza nel ”modus vivente” della società.

Lo scopo di questo lavoro è di ampliare la visione e la riflessione sulla presenza di spazi rifiutati applicando idonei strumenti di valutazione che permettano di identificare le tipologie

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di spazi abbandonati a livello urbano.

Fornire una definizione dell‟oggetto sul quale si vuole compiere l‟indagine, è il punto di partenza della ricerca.

Vivendo quotidianamente il territorio di ricerca, alcuni casi evidenti sono già di mia conoscenza e sono stati proprio questi a indurmi a compiere approfondimenti.

In ogni caso le diverse realtà, vanno studiate e indagate con un approccio scientificamente provato e con un lavoro attento e rigoroso al fine di poter ricostruire un quadro di analisi e riflessione il più possibile completo ed esaustivo.

È altrettanto importante capire dal lavoro di ricerca che mi propongo di svolgere, quanto gli amministratori pubblici affrontino il tema del luogo abbandonato e rifiutato, se esiste una mappatura dei luoghi a rischio per il territorio oggetto dell‟indagine e se esiste una strategia per contrastarne la formazione.

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Capitolo 1

1.1 La Scelta delle aree di studio

Vivendo e lavorando nell‟estrema provincia orientale di Genova, nella riviera di Levante, capita di verificare sul territorio alcune realtà che meritano un più accorto esame.

Come accennato nell‟introduzione, il territorio d‟indagine scelto, comprende i comuni di Sestri Levante con la sua frazione Riva Trigoso, il comune di Casarza Ligure e Moneglia.

L‟ambito territoriale oggetto della mia ricerca, riunisce e racconta realtà molto differenti di Comuni geograficamente vicini;

vocazione e intenti degli abitanti, realtà sociali e contesti urbani e suburbani profondamente differenti.

La quotidiana frequentazione di queste aree, il vivere e rapportarsi continuo con luoghi e persone, ha creato un interesse ad approfondire storia e natura dei luoghi, un ambiente che accoglie insediamenti successivi e oggi praticamente continui.

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1.2 Breve inquadramento storico e geografico dei comuni esaminati

Ho scelto di esaminare i Comuni di Sestri Levante con la sua frazione Riva Trigoso, Moneglia e Casarza Ligure.

Sestri Levante: è il capoluogo più importante tra quelli esaminati, lo deve a un territorio che ne ha permesso un processo di sviluppo continuo negli anni, con opportunità alle quali ha potuto accedere in maniera privilegiata rispetto ai Comuni “minori”

circostanti. La piana alluvionale del fiume Petronio, ha concesso aree pianeggianti, piuttosto rare in questa realtà, attraendo negli anni ‟60 dello scorso secolo attività industriali (su tutte la FIT), che per decenni ha influenzato la vita del territorio e le sue aspettative.

Riva Trigoso: Frazione di Sestri Levante è, di fatto, un Borgo che vive di vita propria e apparentemente indipendente dal Comune di cui è Frazione. Parlando di Riva si pensa subito ai cantieri navali, Fincantieri, la costruzione di navi le commesse da parte della Marina Militare. Il borgo vive ed ha vissuto dai primi anni del „900 in simbiosi con l‟attività cantieristica che ha “invaso”

una parte importante della costa, ma che nel contempo ha costituito fonte di occupazione e benessere per gli abitanti e per l‟indotto.

Alle spalle di Sestri Levante e in continuità, risalendo il torrente Petronio e la strada provinciale, sorge Casarza Ligure.

Nell‟ultimo decennio Casarza Ligure ha visto sorgere interi

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quartieri, nella parte del territorio sulla sponda a levante del Petronio.

I nuovi insediamenti hanno richiamato nuovi residenti che strategicamente prediligono Casarza per la sua vicinanza a Sestri Levante, pur avendo costi di acquisto o locazione più accessibile.

La posizione strategica di Casarza è dimostrata secondo me, anche dal recente insediamento di un‟università privata che ha in Liguria come unica sede Casarza Ligure.

Uscendo da Sestri Levante, direzione est, seguendo la via Aurelia, si viaggia in direzione di Moneglia.

La prima particolarità molto caratterizzante di questo paese, riguarda la via di accesso lungo la costa, che comprende un tratto di circa 6 km di tunnel inframmezzati da suggestivi scorci sulle scogliere. L‟antica sede ferroviaria (spostata a monte già prima del secondo conflitto mondiale) ha lasciato queste gallerie dei primi anni del „900, adottate da subito come percorso carrabile e tutt‟oggi la via più diretta per accedere al paese. L‟alternativa per entrare in Moneglia è la Via Aurelia che arrampicandosi verso il passo del Bracco, a un certo punto svela Moneglia.

L‟anfiteatro sul mare ha quattro frazioni più svariate piccole località, la maggior parte delle attività per lo più a vocazione turistica ricettiva, è insediata a valle, lungo il tratto di costa.

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1.3 Considerazioni da un primo sopraluogo

Conoscere il territorio a volte non basta, o meglio è proprio conoscendolo che spesso capita di guardare senza osservare.

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Nel corso dell‟indagine conoscitiva, l‟obiettivo è quello di analizzare spazi e ambienti sociali, prestando attenzione a percezioni di disagio.

Muoversi sul territorio acquisendo immagini, mi ha consentito di valutare i luoghi del quotidiano in una veste nuova, quella di ricercatore.

1.4 Principali caratteri dei comuni esaminati e tipologie di

“luogo rifiutato”

I Comuni presi in esame si differenziano oltre che per quanto già descritto nei precedenti capitoli, anche per la tipologia e diffusione di spazi in qualche modo definibili rifiutati.

Sestri Levante: in questa realtà quello che appare evidente è senz‟altro la presenza dell‟autostrada e del suo svincolo.

Realizzata intorno al 1968, ancora oggi rappresenta una barriera, un ostacolo che vede due sviluppi differenti del territorio secondo la sua collocazione rispetto alla sede autostradale. L‟autostrada con le sue necessarie infrastrutture, taglia parallelamente alla costa il territorio comunale. I problemi più evidenti si possono riscontrare negli spazi sotto i viadotti e in ciò che succede sotto lo svincolo, lungo la strada che conduce a Santa Vittoria.

Riva Trigoso: è uno splendido borgo ligure della Riviera di Levante, posto nel Golfo del Tigullio tra Sestri Levante (Punta Manara) e Moneglia (Punta Baffe), a pochi chilometri dalle Cinque Terre. Raccolta intorno allo sbocco naturale a mare della Val Petronio, Riva Trigoso è tagliata in due dalla foce del Petronio. La

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parte verso Moneglia si dice anche “Riva Levante” mentre “Riva Ponente” è il borgo antico, caratterizzato da suggestive casette dai tradizionali colori liguri (giallo, ocra, rosa, …), un‟autentica tavolozza di colori “pastello” adagiata tra il blu del mare, l‟azzurro del cielo e il verde della macchia mediterranea che circonda il golfo.

Il Borgo in sé ha una vocazione turistica, nella parte più antica del nucleo di Riva, non si può fare a meno di imbattersi negli ex “canterini” di proprietà Fincantieri. Un capannone fatiscente avente un fronte di oltre duecento metri. Barriera tra le case del borgo e il mare, è ubicato sulla spiaggia. In disuso da anni è oggi in rovina e si trova nei posti più suggestivi del paese, nel cuore della vecchia Riva.

Moneglia: è una realtà molto particolare. Raggiungibile attraverso una serie di tunnel realizzati nei primi anni del „900 per consentire alla prima linea ferroviaria di collegare i paesi di questo tratto di riviera, rappresenta oggi la via più agevole per collegarsi a Sestri Levante. Gli interventi di rilievo in un territorio che si sviluppa per lo più nel fondo delle due valli principali che lo costituiscono, oltre che dalle frazioni e varie località ubicate sulle alture, non sono in realtà molti. In un‟area definibile come satura, di particolare rilievo è l‟intervento di recupero del patrimonio urbano esistente. Proprio nella funzione finale che si attribuisce, o meglio che non si attribuisce a determinati spazi, va cercata la tipologia predominante dei luoghi rifiutati in Moneglia.

Casarza Ligure: uno sviluppo non coordinato e in fasi di

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rapida successione caratterizza un territorio che presenta vaste aree incolte e inutilizzate contrapposte a un‟urbanizzazione intensa, a macchia di leopardo, prediligendo zone talvolta di difficile accesso, vista la pendenza dei versanti, che non ha comunque impedito negli anni la realizzazione d‟interi quartieri.

Altra considerazione importante è senz‟altro l‟alternarsi di zone residenziali e di capannoni artigianali. Si tratta di aree dove – a discapito degli insediamenti abitativi – si evidenzia una mancanza di arredi urbani, anche solo di marciapiede che scoraggiano i residenti a percorrere tali strade a piedi, favorendo esclusivamente l‟utilizzo dell‟auto, anche per brevi spostamenti.

1.5 Ipotesi sulle cause della presenza di luoghi rifiutati Le considerazioni sui luoghi esaminati, e quanto, emerso dalle indagini svolte che nei capitoli successivi si possono rilevare confermano che la presenza di luoghi del rifiuto nasce gradualmente: ad esempio la presenza di aree di proprietà di privati che trascurano i propri beni in prossimità, di aree verdi pubbliche, danno inizialmente una sensazione di disagio, che spinge i soggetti che vivono o frequentano la zona, a evitarla, o peggio a deturparla e imbruttirla, contagiati da “brutture”

circostanti.

Altra ipotesi potrebbe essere considerata la presenza sul territorio di manufatti industriali risalenti a periodi remoti, ormai in disuso.

Il fabbricato in questo caso viene a far parte del territorio, è

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accettato dai residenti che, con il passare del tempo subiscono passivamente l‟ingombrante presenza e che non manifestano più un dissenso di massa, se non tramite sporadiche iniziative o manifestazioni di comitati spontanei o lamentele di singoli cittadini nei confronti della guida politica del momento.

1.6 Omogeneità/disomogeneità tra luoghi rifiutati nei Comuni scelti

Come in precedenza accennato, esistono differenze sostanziali tra i Comuni presi in esame. Aspetti che nascono dalla vocazione specifica del contesto urbano, e dalle caratteristiche morfologiche, culturali di un territorio.

Sestri Levante, città di riviera, con il suo centro storico ancora oggi trasmette sensazioni di un passato legato al mare e alle sue attività, ma anche alla fabbrica e alla produzione, intese come una presenza importante, che crea occupazione e sviluppo.

Nel suo interno Casarza Ligure, che vede negli anni settanta- ottanta un primo incremento demografico con la costruzione di un numero considerevole di fabbricati sulle alture, è caratterizzata da strade che s‟inerpicano lungo panorami urbani continui. Qui in quel periodo vivevano coloro che per lo più lavoravano nella fabbrica di Sestri Levante, o nei cantieri navali di Riva Trigoso.

Riva Trigoso e il suo cantiere navale rivelano una simbiosi che ancora oggi – con non poche difficoltà – continua nel Borgo.

Oggi gli operai dipendenti del Cantiere sono notevolmente diminuiti, ma la quotidianità del paese risente indubbiamente di

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questa presenza.

Moneglia è certamente caratterizzata dal suo tunnel e rappresenta una peculiarità unica, che ha senza dubbio avuto un‟importante influenza negli anni, caratterizzando vocazioni e attitudini degli abitanti.

La qualità dei luoghi, la stessa ubicazione degli insediamenti, accomuna l‟ambito di ricerca, esprimendone l‟alto valore paesistico.

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Capitolo 2 – Teoria

2.1 Definizione di “luogo rifiutato”

L‟approfondimento dello studio sugli spazi abbandonati o rifiutati esige una definizione chiara sia come concetto, sia dal punto di vista lessicale, che permetta un‟identificazione delle diverse tipologie di questa problematica nell‟ambito urbano moderno.

A questo proposito il libro “Progetti di paesaggio per i luoghi rifiutati”1 offre una visione ampia e precisa di cui citiamo:

“Il paesaggio è, in sé, come è noto, un concetto multisemico che fa parte, come oggetto di interesse, di diverse discipline”.

In campo sociologico è un tema che presenta numerosi elementi di complessità e anche di ambiguità. Il paesaggio comprende luoghi naturali o costruiti ma, soprattutto oggi, rappresenta il prodotto di effetti diretti o indiretti delle attività umane.

Per questa ragione bisogna considerare che tutti i paesaggi siano “culturali” e, come tali, direttamente dipendenti dalla visione culturale, sociale ed economica delle collettività.

Nella Convenzione Europea del Paesaggio (2000), questo è definito (art. 1) come “...parte di territorio come è percepito dalle

1 Calcagno Maniglio, A. (2011), Progetti di Paesaggio per i luoghi rifiutati, Gangemi Editore, Genova.

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popolazioni (e) il cui carattere è il risultato di fattori naturali e/o umani e delle loro interrelazioni”.

Queste “parti di territorio”, questi luoghi sempre sottoposti allo “sguardo culturale” umano, possono essere produttori di benessere e di soddisfazione, ma anche di paura o d‟incertezza, o essere rifiutati, dimenticati, abbandonati, ritenuti degradati e pericolosi.

In questi casi il paesaggio assume una connotazione negativa nella percezione e negli usi, spesso con conseguenze gravi sotto ogni punto di vista.

Nell‟analisi che segue, si sono prese in considerazione, in particolare, la relazione tra gli attori sociali e alcune tipologie di luoghi che possono dare origine a fenomeni di costruzione d‟immagini negative, di rifiuto, di abbandono, attraverso meccanismi di stigmatizzazione a loro volta centrati sulla presenza di incivilities, di degrado fisico, funzionale o sociale o di mancata comprensione o accettazione di particolare paesaggi2.

Si è partiti dall‟elaborazione di una proposta di lessico territoriale, attraverso la consultazione della più stimolante letteratura scientifica attuale in materia – di varia derivazione disciplinare, ma con rilevanza sociale – per passare a una lettura più strettamente sociologica dei diversi significati di luoghi invisibili, abbandonati, ignorati, che tiene conto delle tipologie di

2 Nell’ambito dell’équipe, Fabio Poggi ha esplorato le ipotesi per un lessico territoriale; Antida Gazzola ha eseguito una lettura dei diversi significati; Daniela Rimondi ha offerto una esemplificazione indicativa di alcuni luoghi nell’ambito ligure, con la sperimentazione e applicazione di strumenti idonei di indagine e di catalogazione.

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rifiuto e la conseguente molteplicità di usi da parte della collettività e che è indirizzato all‟analisi dello scambio transattivo tra attori sociali e ambiente nella costruzione di identificazioni negative del paesaggio…”

“Ipotesi per un lessico territoriale”

All‟interno dell‟espressione luoghi rifiutati, che utilizzeremo qui come contenitore lessicale piuttosto che come definizione univoca, è possibile riconoscere, sulla base della letteratura ricorrente nell‟attuale dibattito socio-territoriale, alcune espressioni relative alla natura specifica di tali luoghi.

2.2 Tipologie

2.2.1 Luoghi abbandonati

Il testo di Gilles Clément3, Manifesto del Terzo paesaggio, può essere considerato paradigmatico per orientarsi all‟interno del vasto insieme di definizioni e neologismi che riguardano i luoghi rifiutati.

A partire da una condizione paesaggistica terza – perché indefinita o indefinibile, uscita da un utilizzo ma ancora non rifunzionalizzata, né ombra né luce – è possibile riconoscere una declinazione di luoghi abbandonati che il paesaggista, agronomo e botanico francese denomina in questi modi:

residuo (délaissé), come «abbandono di un terreno

3Clément, G. (2005) Manifesto del Terzo paesaggio, a cura di F. De Pieri, Quodlibet, Macerata.

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precedentemente sfruttato.La sua origine è molteplice: agricola, industriale, urbana, turistica ecc. […] I residui riguardano tutti gli spazi. La città, l‟industria, il turismo producono tanti residui quanto l‟agricoltura, la silvicoltura e l‟allevamento. […] Ogni organizzazione razionale del territorio produce un residuo».

Pur considerando cautamente la divisione netta tra rurale e urbano, può essere utile seguire la definizione di Clément di residui in funzione di questi due ambiti, ovvero:

1) in ambito urbano i residui «corrispondono a terreni in attesa di una destinazione o in attesa dell‟esecuzione di progetti sospesi per ragioni finanziarie o di decisione politica. Gli sfasamenti temporali, spesso lunghi, permettono alle aree urbane abbandonate di coprirsi di un manto forestale (foreste dei residui)». Come commenta l‟Arcitetto Filippo De Pieri4, ciò corrisponde a «ciò che resta sul territorio dopo un uso (e prima di un altro uso), ma corrisponde anche ai ritagli del territorio che restano ai margini del découpage operato dalle tecniche di pianificazione».

2) in ambito rurale «i residui occupano i rilievi accidentati, incompatibili con le macchine per lo sfruttamento agricolo, e tutti gli spazi di risulta direttamente legati all‟organizzazione del territorio: confini dei campi, siepi, margini, bordi delle strade».

In funzione delle diverse categorie di analisi, i residui possono

4 De Pieri, F. (2005) Il controllo improbabile. Progetti urbani, burocrazie, decisioni in una città capitale dell’Ottocento, Franco Angeli, Milano.

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declinarsi in residui compatti e residui frammentati (categoria morfologica), residui antichi e residui recenti.

Un termine strettamente legato a residuo è quello di friche, termine frequentemente utilizzato nel dibattito attuale, che così come «esclude contemporaneamente la natura e l‟agricoltura» allo stesso tempo, in senso traslato, esclude la natura e il costruito;

esso può essere definito, al variare dei contesti, come

friche urbana

1) terreno incolto in ambito urbano, ma anche in ambito periurbano, extraurbano; anche denominato incolto;

2) area dismessa quando si fa riferimento all‟abbandono di un utilizzo precedente;

friche industriale area industriale abbandonata in attesa o meno di riconversione;

friche turistica complesso turistico in disuso per degrado e/o inadeguatezza alla domanda (un esempio interessante può essere quello del Villaggio Europa costruito nel „63 sopra lo spiaggione di Corniglia, Cinque Terre, ora in stato di abbandono e sul quale ci sono state recenti polemiche per progetti di riutilizzo e trasformazione).

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Villaggio Europa, Corniglia (SP)

2.2.2 Paesaggi del rifiuto

Nella letteratura anglosassone numerosi studi si sono concentrati sullo sviluppo e la diffusione dei cosiddetti waste landscapes (Berger, Waldheim) “paesaggi del rifiuto / paesaggi rifiutati”.

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La denominazione segue a riflessioni sorte intorno a un modo consumistico di sviluppo territoriale tipicamente occidentale, che ha per effetto la configurazione di uno spazio o paesaggio del rifiuto.

In particolare le seguenti categorie offrono spunti di rilessione:

waste: rifiuti urbani, fognatura, impianti – la categoria può comprendere sia i luoghi invasi dai rifiuti (basta pensare al recente caso, emblematico ma non certo unico, di molte strade di Napoli) sia i luoghi in cui vengono depositati i rifiuti urbani, le discariche, i luoghi destinati allo smaltimento o alla lavorazione.

Sono tutti luoghi discreditati e visti in genere dalle collettività come una presenza dannosa e da evitarsi. Secondo alcuni studiosi, invece, le discariche, i centri per il riciclaggio, il trasferimento dei rifiuti e gli impianti di depurazione non solo fanno parte di un processo pervasivo, essenziale, costruttivo di civiltà, ma rappresentano un elemento fondamentale per il nostro modo di considerare, ordire e formare il paesaggio.

Invece gli atteggiamenti difensivi e di rifiuto che abbiamo di questi luoghi e la loro emarginazione nel pubblico dibattito, limitano la nostra capacità di rispondere in modo creativo ed efficace al crescente problema dello smaltimento dei rifiuti. Le fognature e gli impianti tecnologici fanno parte dei luoghi

“dimenticati” di cui soprattutto i cittadini non implicati professionalmente nella produzione del territorio non tengono mai conto,

wasted places (luoghi sprecati, sfruttati): siti abbandonati o

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contaminati – la categoria comprende luoghi invasi da strutture incompiute (monconi di autostrade, svincoli, ponti mai completati, interi ospedali mai usati, edifici mai abitati) o compromessi da usi incongrui (come, ad esempio, alvei di fiumi invasi da rottami)

wasteful places (luoghi superflui, inutili) – a questa categoria appartengono i luoghi incongrui rispetto agli usi e perciò abbandonati all‟incuria e al degrado come i parcheggi sovradimensionati, le attrezzature sportive inadeguate alla abitudini delle popolazioni, i tanti “spazi socializzanti” costruiti nelle nostre periferie e diventati spazi abbandonati o, peggio, destinati ad attività illecite.

2.2.3 Luoghi demoliti / demolibili

La cultura urbanistica e architettonica italiana ha sempre considerato con sospetto la pratica della demolizione. Le città e i territori italiani hanno tradizionalmente seguito, come noto, dall‟epoca medievale in avanti, una linea evolutiva basata sull‟accrescimento e giustapposizione o sovrapposizione, piuttosto che sulla demolizione e ricostruzione.

Anche nel „900, secolo generalmente connotato dalla veloce alternanza storico-territoriale di distruzioni e ricostruzioni5, l‟Italia ha mostrato mediamente un atteggiamento molto cauto rispetto al processo di abbandono-demolizione-nuova costruzione.

Tralasciando per un attimo i casi dimensionalmente minori,

5Augé, M. (2004) Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino.

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rispetto a cui l‟azione di demolizione è perseguita dal singolo cittadino in ambiti territoriali privati, può essere interessante provare a riconoscere i casi nei quali la portata della demolizione, e congiuntamente dell‟interesse pubblico da questa suscitato, hanno avuto una eco maggiore:

ecomostri, si tratta di un edificio o di un complesso di edifici giudicati incompatibili – da specialisti, media, associazioni – con l‟ambiente naturale e/o costruito circostante (nel territorio ligure si può ricordare la recente demolizione del cosiddetto Scheletrone sull‟isola Palmaria a Portovenere);

La struttura definita “Scheletrone” era costituito da tre corpi e due edifici: il corpo n. 1 è su cinque livelli, il corpo n. 2 è su sette livelli posti su altrettanti gradoni del versante, il

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corpo n. 3 è ad un solo livello, l’edificio A era un bed and breakfast, ed infine l’edificio B era un magazzino attrezzi agricoli.

quartieri di edilizia pubblica, per dimensione e profilo simbolico tali quartieri residenziali hanno assunto in Europa un ruolo di causa-effetto di malessere socio-ambientale ormai indistricabile dalle vicende della ricostruzione economica postbellica iniziata negli anni ‟50, con particolare risalto in Francia attraverso la vicenda dei grands ensembles. Su di essi pesa un‟opinione pubblica di diverso orientamento politico, ideologico, culturale, che si è particolarmente inasprita negli ultimi decenni non solo in Francia ma anche in Italia sull‟ipotesi della demolizione come extrema ratio in seguito a anni di programmi di riqualificazione non gestiti efficacemente o falliti;

casi ibridi in alcuni casi tali quartieri, a causa di un rilevante impatto visivo e paesaggistico, hanno assunto la denominazione di ecomostri, come nel caso delle cosiddette Lavatrici di Genova-Pegli.

Quartiere delle Lavatrici, Genova-Pegli

Tali esempi provano anche l‟utilità di incrociare in fase di

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analisi le categorie utilizzate per la costruzione di questo lessico.

2.3 I diversi significati del rifiuto e della negatività.

Nei luoghi metropolitani – alcuni dei quali sono stati definiti impropriamente nonluoghi7, condizione in sé, non necessariamente negativa - non sempre è facile che si sviluppi il senso di appartenenza, quel belonging che è fondato su una profonda affinità con i luoghi, sulla loro riconoscibilità, sulla costruzione di un rapporto affettivo, di cui l‟impatto emotivo fortemente legato ai processi di simbolizzazione.6

Le tribù urbane, cioè i gruppi caratterizzati da forme di espressività, da rituali e da concezioni estetiche diverse, accentuano i propri caratteri distintivi utilizzando veicoli comunicativi a presa diretta, cioè con un elevato potenziale empatico ed emotivo, come i tags (disegni murali o su treni, autobus ecc.) e i graffiti con cui, secondo Richard Sennett7 i cittadini praticano l‟arte di esporsi, dal momento che, frustrati da una condizione di permanente instabilità sempre a metà tra successo e fallimento, non riescono a praticare l‟arte di proporsi sulla scena delle interazioni sociali di ribalta 8.

Oggi le città sono dotate di svariati luoghi che possono

6 Gazzola, A. et alii (2004) Paesaggi sociali: sociologia della città, del territorio e dell'ambiente, Coedit, Genova.

7 Sennett, R. (1992) La coscienza dell'occhio: progetto e vita sociale nelle città, Feltrinelli, Milano.

8 Goffman, E. (1981) Relazioni in pubblico. Microstudi sull'ordine pubblico, Bompiani, Milano.

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definirsi «spazi pubblici ma non civili», pubblici perché accessibili circa a tutti, non civili perché in essi si registra l‟irrilevanza dell‟interazione.

La prima categoria di «spazi pubblici ma non civili» è costituita da quei luoghi inospitali, «imperiosi e impervi»10 che incutono soggezione e scoraggiano la permanenza, sebbene quanto la vista riesca a comprendere, risulti inconsueto e sorprendente per qualità estetica e vastità delle dimensioni.

Questi luoghi “respingenti” sembrano concretare quella che Lévi Strauss9, in Tristi Tropici, chiama strategia antropoemica, e che consiste nel rigettare gli altri a causa della loro diversità ed estraneità.

Un‟altra categoria di «spazi pubblici ma non civili» è costituita da quei luoghi che tendono a considerare il cittadino, quasi esclusivamente, nella sua veste di consumatore.

Spazi pubblici di consumo sono, ad esempio, le sale da concerto, i teatri, i cinema multisala, le stazioni turistiche, gli impianti sportivi, i centri commerciali e le caffetterie.

Questi spazi stimolano l‟azione ma non l‟interazione, poiché lo scambio tra attori sociali costituisce un intralcio all‟attività di consumo, distoglie l‟attenzione del compratore e gli impedisce di concentrarsi sullo «shopping».

Questa categoria di spazi mette in pratica quella che Lèvi Strauss11 chiama strategia antropofagica e che consiste nell‟assimilare gli altri a se stessi, attraverso la loro “ingestione” e

9 Lévi-Strauss, C. (1966) Tristi Tropici, a cura di Bianca Garofi, Il Saggiatore, Milano.

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“digestione”. Il processo metabolico completa la trasformazione di ciò che è ingerito nella stessa sostanza del corpo che lo ingerisce.

La strategia antropoemica, dunque, vuole allontanare e ricusare l‟«altro», mentre la strategia antropofagica nega la sua alterità e «diversità», cancellandola o rendendola invisibile.

Alle due categorie sopraelencate di «spazi pubblici ma non civili» occorre aggiungere quella costituita dagli «spazi vuoti», usando il termine coniato da Jerzy Kociatiewicz e Monika Kostera.

Gli «spazi vuoti» sono «luoghi ai quali non è attribuito nessun significato», vuoti quindi soprattutto di significato, luoghi che sono

«inaccessibili a causa della loro invisibilità».

Questi sono spazi di risulta, che spesso derivano dalla progettazione e dalla strutturazione di aree più amene: «luoghi non colonizzati e luoghi che nessuno desidera o sente la necessità di destinare alla colonizzazione».

Oltre queste definizioni offerte dagli studiosi di sociologia, ci sono altre possibili categorie emerse dalle ricerche sul campo.

Luoghi “invisibili”

La presenza di caratteristiche considerate dai diversi attori sociali (e in modo spesso differente l‟uno dall‟altro) negative, pericolose, offensive, perturbanti, inadeguate talvolta si traduce in una sorta di scotomizzazione per cui quel luogo, quel paesaggio, sono

“tagliati via dalla mente”, dimenticati, trascurati, ignorati, cancellati dalla memoria rendendoli invisibili.

Luoghi sociofughi

I luoghi della paura, ovvero gli spazi abbandonati, “vuoti di...”,

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cioè mancanti di qualche elemento essenziale a renderli vivibili, percorribili, accettabili, e non solo “vuoti” perché privi di attività.

I luoghi pericolosi sono quelli in cui si ravvisa:

- Presenza di situazioni pericolose o a rischio (fisico, naturale o sociale);

- Presenza di persone ritenute "pericolose" (nomadi, clandestini, vagabondi, accattoni, senza fissa dimora, prostitute/i malati mentali, tossicodipendenti, spacciatori, alcolizzati, punk a bestia, bande giovanili, ecc.);

- Luoghi in cui si producono reati o situazioni pericolose;

- Luoghi in cui si rilevano incivilities.

“Le «inciviltà» comprendono le mancanze alle regole dell'educazione da parte di bambini, giovani e meno giovani:

insulti, rumori molesti - grida, porte sbattute, radio, televisori e riproduttori di musica ascoltati a tutto volume, ciclomotori scoppiettanti a tutto gas - a ogni ora del giorno e della notte, sigarette fumate ovunque con noncuranza dei divieti e del prossimo, atti di vandalismo (cassette delle lettere forzate, automobili danneggiate, graffiti e scritte sui muri), sporcizia abbandonata, orinate a cielo aperto, scarpe appoggiate laddove gli altri si siedono, atteggiamenti «trasandati» di gruppi di giovani, che occupano spazi privati o pubblici con comportamenti contrastanti con i desideri dei più, sporcizia e deterioramento di spazi pubblici e proprietà private, tendenza sempre più frequente a non rispettare il Codice della strada, prepotenza generalizzata.

In poche parole, assenza di rispetto per la collettività e per i

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singoli, strafottenza, mancanza di attenzione per gli altri”. (Carrer, 2003).

Luoghi del degrado

La letteratura sociologica in merito, distingue diverse tipologie di luoghi in cui possono essere individuate varie forme di degrado che si esprime con presenze inquietanti, che evocano l‟incuria dei privati e dell‟amministrazione pubblica o l‟incombere di un pericolo talvolta indistinto, ma sempre percepito come possibile.

Luoghi urbani in stato di abbandono o degradati - Presenza di rifiuti;

- Presenza di rottami;

- Presenza di autoveicoli abbandonati;

- arredi urbani deturpati (panchine, fioriere,lampioni, lampadine fuori uso o rotte, cabine telefoniche fuori uso, sporche o inagibili, pensiline, paline, cartelli pubblicitari, insegne);

- Recipienti (“cassonetti”) per la spazzatura bruciati o deturpati;

- Tombini intasati, dissestati o, più recentemente “piombati”, come è avvenuto nelle “zone rosse” delle città sede di manifestazioni internazionali che si temeva dessero luogo a manifestazioni violente;

- Vecchie transenne;

- Vecchi ponteggi;

- Superfici con graffiti o scritte.

Luoghi naturali in stato di abbandono o degradati per la presenza di:

- Presenza di rifiuti;

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- Presenza di rottami;

- Presenza “disordine ambientale” (rami rotti, recinzioni abbattute o divelte, frane, colture abbandonate, strade abbandonate,

“ecomostri”).

I luoghi dell‟ambiguità (negativi per alcuni, positivi per altri: la fabbrica, l‟area dismessa, il centro storico, il luogo solitario, il luogo affollato).

La sindrome della finestra rotta

Per capire meglio l‟argomento e la sua importanza riporto due diversi esempi che ci permettono di vedere il processo di retro alimentazione conscio e inconscio fra il comportamento umano – sociale e l‟ambiente:

Nel 1969, all'Università di Stanford, il professor Philip Zimbardo realizzò un interessante esperimento di psicologia sociale.

Lasciò due automobili abbandonate per strada. Erano identiche: la stessa marca, lo stesso modello e lo stesso colore.

Una la lasciò nel Bronx, per allora una zona povera e conflittuale di New York, e l'altra in Palo Alto, una zona tranquilla e ricca della California.

L'automobile abbandonata nel Bronx fu demolita quasi subito. In poche ore perse le ruote, il motore, i sedili, etc.

Portarono via tutte le cose utilizzabili, e il resto fu presto vittima del vandalismo. Invece, l'automobile abbandonata in Palo Alto si manteneva intatta.

Sarebbe molto facile attribuire quella conclusione alla

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diversità di vita sociale che si conduceva nei quartieri nei quali si lasciarono le automobili.

Tuttavia l'esperimento continuò: mentre l'automobile abbandonata nel Bronx era già stata demolita e quella di Palo Alto era intatta da una settimana, gli investigatori ruppero un vetro dell'automobile di Palo Alto.

Il risultato di quella finestra rotta fu, sorprendentemente, molto simile a quello del Bronx: il veicolo fu depredato completamente in pochi giorni, vittima del furto e del vandalismo che lo ridussero allo stesso stato in cui rimase l'altro.

Sembra chiaro che un vetro rotto in un'automobile abbandonata trasmetta un'immagine di deterioramento, di disinteresse e di spensieratezza, e quel messaggio rompe alcuni misteriosi codici di convivenza e trasmette l'idea di assenza di legge, di norme, di regole.

Ogni nuovo piccolo attacco che soffriva il veicolo senza che succedesse niente, riaffermava e potenziava quell'idea, fino a che la scalata diventò incontenibile e sboccò nella stessa violenza irrazionale.

In esperimenti posteriori, i professori James Q. Wilson e George Kelling svilupparono la Teoria dalla finestra rotta, la stessa che definì, che da un punto di vista criminologico il delitto è maggiore nelle zone di maggiore disattenzione, sporcizia, disordine o maltrattamento materiale.

Se si rompe il vetro di una finestra in un edificio e nessuno lo ripara, presto si romperanno anche tutti gli altri vetri.

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Se un edificio o una comunità umani manifestano segni di deterioramento e quello non sembra importare a nessuno, si genererà subito il brodo di coltivazione propizia per il delitto.

Se si commettono piccole mancanze e non sono sanzionate, presto appariranno mancanze maggiori, e dopo trasgressioni ancora più gravi.

Queste idee furono applicate a gran scala per la prima volta nel Metro di New York a metà degli ottanta, e dopo, nel 1994, nella politica di Tolleranza zero del famoso e polemico sindaco di New York, Rudolph Giuliani.

Gli aspetti positivi e negativi di quella strategia poliziesca di Giuliani hanno fatto correre fiumi d‟inchiostro, ma sembra chiaro, in ogni caso, che è importante in qualunque organizzazione umana mantenere alcuni minimi principi di ordine e rispetto nei quali non deve ammettersi nessuna trasgressione, per piccola che sia.

Non si tenta di imporre atteggiamenti autoritari, bensì di prenderci cura con più attenzione di tutto quello che abbiamo osservato, che è già più importante di quello che sembra.

Nell'educazione dei figli o degli alunni, per esempio, queste ultime decadi ci hanno fatto capire l'importanza dell'ordine materiale, del rispetto dell'adulto, della considerazione del più debole o svantaggiato, delle semplici norme di urbanità, del modo di vestire e di comportarsi, della puntualità o del modo di parlare.

Sono questioni alle quali un tempo fu dato loro eccessiva importanza, senza capirne le ragioni fondamentali.

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Oggi tuttavia, sappiamo che non sono semplici questioni di formalità, ma sono piccoli dettagli che costituiscono e modellano tutto un modo di essere.

Piccoli tratti o gesti senza apparente importanza, ma che configurano senz‟ombra di dubbio dei principi fondamentali di convivenza sociale e urbana.

Favola della Rana

Ritengo interessante inserire anche questo breve racconto, che a mio parere rappresenta una riflessione su come tutti dobbiamo prestare attenzione allo spazio che ci circonda, perché questo non si trasformi sino ad un punto dal quale è difficile tornare indietro.

Una rana, immersa in una pentola d‟acqua che si riscalda molto lentamente, all‟inizio si trova bene, ma quando l‟acqua comincia a scottare, non ha più le forze per saltare fuori.

In molti casi della vita quotidiana ci troviamo in situazioni simili: il contesto peggiora poco a poco, impercettibilmente, e quando ci accorgiamo del pericolo è ormai troppo tardi.

Pensiamo alla degenerazione dei programmi tv, del livello di istruzione, delle condizioni ambientali.

D‟altro canto il bambù, quando è piantato, per molto tempo non dà segni di vita, fino a quando all‟improvviso viene fuori un‟intera pianta: ancora una metafora dalla natura per stigmatizzare un comportamento umano, in una società che ci abitua ad avere e volere tutto subito e dimentica che i risultati più importanti sono frutto di una lunga preparazione. Clerc Olivier

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Commentando questa breve storia, si può sostenere che con un lento ma costante degrado del nostro ambiente quotidiano, sia possibile abituarsi al peggio, senza rendersi conto di quanto compromesso sia ormai il contesto urbano, piuttosto che sociale, culturale.

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