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Nel 1829, nell’ambito della spedizione franco-toscana guidata da lui e dal collega pisano I

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Regno di Tutankhamen

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CAPITOLO 14. LA TOMBA DI AMENHOTEP DETTO HUY, VICERÉ DI KUSH (TT 40)

,

§ 1. Storia della scoperta e delle pubblicazioni1

La tomba venne scoperta prima del 1828 da J. Gardner Wilkinson, che ne ricopiò alcune scene nei suoi manoscritti e pubblicandole in parte nei suoi libri2. Nel 1829, nell’ambito della spedizione franco-toscana guidata da lui e dal collega pisano I. Rosellini, J-F. Champollion visitò la tomba e prese qualche appunto3 e così fece il disegnatore della spedizione guidata da R. Hay4. Più tempo vi dedicò Nestor l’Hôte una decina di anni dopo5 e poi R. Lepsius, che pubblicò alcune riproduzioni a colori delle scene dei tributi stranieri6.

Altri numerosi studiosi vi si dedicarono con maggiore o minore dedizione, prestando ora attenzione alle scene ora ai testi, essi sono: A.C.T.E. Prisse d’Avennes, A. Erman, P.E. Newberry, K. Piehl, W.M.F. Petrie, H. Jéquier e W.

Wreszinski7.

Le sale interne vennero sgomberate da N. de Garis Davies nella primavera del 1921, cinque anni dopo la moglie Nina con Sir A.H. Gardiner poterono

1 PM I 1, pp. 75-78; KAMPP, pp. 233-235.

2 WILKINSON J.G., Materia Hieroglyphica: containing the Egyptian Pantheon, and the Succession of the Pharaohs, Government Press, Malta 1828, p. 87, n. 6; Idem, Topography of Thebes and general view of Egypt. Being a short account of the principal objects worthy of notice in the Valley of the Nile, to the Second Cataract and Wadee Samneh, with the Fyoom, Oases, and Eastern Desert, from Sooez to Berenice; with remarks on the manners and customs of the ancient egyptians and the productions of the country, &c. &c., John Murray, London 1835, pp. 135-8;

Idem, The Manners and Customs of the Ancient Egyptians. Including their private life, government, laws, arts, manufactures, religion, and early history, derived from a comparison of the paintings, sculptures, and monuments still existing, with the accounts of ancient authors, John Murray, London 1837, vol. I, p. 385, 298; vol. III, p. 195.

3 CHAMPOLLION J.F., Monuments de l’Égypte e de la Nubie. Notices descriptives conformes aux manuscrits autographes, Firmin Didot, Paris 1835, vol. 1, pp. 477-80.

4 Add. MSS 29.851B, fogli 340-86.

5 L’HOTE N., Lettres écrites d’Égypte en 1838 et 1839, contenant des observations sur divers monuments égyptiens nouvellement explorés et dessinés, Firmin Didot, Paris 1840, p. 99.

6 LEPSIUS, D. Text III, pp. 301-6, tavv. CXV, CXVI.

7 Indicazioni bibliografiche precise in PM I 1, pp. 75-78.

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pubblicare i rilievi e le piante precise8. La parte inferiore di una statua in granito nero rappresentante Amenhotep inginocchiato venne trovata da M. Alliot in un pozzo di Qurnet Murai nei primi anni ’30 del secolo scorso9.

§ 2. Il proprietario

Amenhotep detto Huy (il soprannome è più utilizzato del nome stesso, come nel caso di Kheruef), era figlio della dama Unaaher (WncAḥr), ma il nome del padre ci è sconosciuto. Nella tomba non è mai nominato né rappresentato; ciò portò Gardiner a supporre che fosse una persona di basso rango o, al contrario, un uomo importante nell’amministrazione di Akhenaten, così coinvolto nell’esperienza amarniana da consigliare il silenzio sulla sua identità. C’è da chiedersi chi non fosse troppo compromesso con l’esperienza amarniana fra i nobili della Corte e i funzionari dello Stato al tempo di Tutankhamen; le epurazioni, se ci furono, avvennero comunque più tardi, fra Horemheb e Ramesse II e, dopo tanto tempo, non poterono che limitarsi ad attaccare la memoria di quegli uomini.

Un indizio sembra provenire dalla città di el-Amarna: il nome della madre di Amenhotep, l’inusuale Unaaher, compare in qualità di moglie nella tomba del potente Huya (AT 1), Intendente della Grande Sposa Reale Tiy, Sovrintendente al Tesoro della Casa della medesima regina e Sovrintendente all’Harem Reale10. È quindi possibile che Amenhotep sia il figlio di questo potente funzionario della corte di Akhenaten, anche se il suo nome non compare mai nella suddetta tomba, accanto a quello della presunta nonna Tuy, delle zie Nebet e Kherput. Forse non è un caso che un graffito a nome di questo personaggio, in relazione con l’Intendente della Grande Sposa Reale Tiy Kheruef (TT 192)11, compaia ad Aswan.

La moglie di Amenhotep è Taemwadjesi, Prima donna dell’Harem di Nebkheperura in Sehetep-netjeru-Nebkheperura (il tempio del giovane re a Faras, la capitale del Vicereame). I figli che gli diede sono tutti ben inseriti

8 DAVIES NINA DE G. – GARDINER A.H., The tomb of Huy, Viceroy of Nubia in the reign of Tut'ankhamun, The Egypt Exploration Society, London 1926.

9 ALLIOT M., Fouilles a Deir el-Médineh 1930-1931. Un puits funéraire à Qournet-Mora’i, 21 fevrier – 7 mars 1931, in BIFAO 32 (1932), pp. 65-81.

10 DAVIES III, p. 4, tav. XXI.

11 Cfr. Cap. 8, § 2.

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nell’amministrazione dello Stato: Tjer[…], principale capo stalliere di Sua Maestà, un figlio anonimo con l’incarico di auriga di Sua Maestà e inviato reale e, infine, il generale dei carristi, capo stalliere e portatore di stendardo Paser, che forse successe al padre nell’ufficio di Viceré (un Paser è infatti attestato durante i regni di Ay e Horemheb). Suo fratello Merymose, Secondo Profeta di Tutankhamen divinizzato, celebrava il servizio divino nel medesimo tempio di Sehetep-netjeru-Nebkheperura (‘Nebkheperura pacifica gli dèi’).

Fra i titoli e gli incarichi di cui si fregia, Amenhotep elenca quelli di Principe ereditario, vero Scriba reale amato dal Re e flabellifero alla destra del Re.

Con l’assunzione del titolo di Figlio Reale di Kush (Viceré), egli ottenne anche le cariche e titoli di Sovrintendente al bestiame di Amon nella terra di Kush, Sovrintendente alle terre (produttrici) dell’oro di Amon, coraggioso di Sua Maestà nella cavalleria, Padre del dio. Secondo Gardiner egli dovette la sua ascesa proprio a Tutankhamen, interpretando così la scena di investitura rappresentata nella tomba: non dimentichiamo però che una scena simile datata ad Amenhotep IV si trova nella tomba di Ramose (TT 55), che tuttavia aveva ottenuto il visirato già da Amenhotep III circa una ventina di anni prima; si potrebbe quindi trattare di una semplice conferma.

Poiché nessun altro Viceré è segnalato fra i due, è assai probabile che egli succedesse a Thutmosi, il quale deteneva la carica sotto Akhenaten; la sua carriera nell’amministrazione coloniale12 può però essere iniziata già ai tempi del predecessore Merymose, principe della Casa reale figlio di Amenhotep III, in quanto uno Scrittore dei dispacci del Viceré Merymose a nome Huy è registrato su una stele tebana del Viceré stesso.

Altre testimonianze lasciate da Huy sono costituite da un graffito di Ellessiya dove un certo Amenemope ci informa riguardo alla sua carriera (era scrittore di dispacci sotto Merymose, scriba e sovrintendente ai lavori nella casa

12 Il termine può sembrare un anacronismo, ma non si può negare che l’occupazione militare e la gestione amministrativa della Nubia tesa allo sfruttamento delle sue risorse naturali e umane forniscano paralleli puntuali con l’esperienza coloniale europea dell’Età moderna. Dopotutto, lo stesso termine di “Viceré” è un adattamento non casuale di concetti della storiografia moderna o dell’amministrazione coloniale corrente al tempo di queste pubblicazioni (il Viceré fu gerarchicamente e ideologicamente qualcosa di più di un semplice Governatore coloniale): si pensi all’Impero britannico in India (1876-1947) o all’effimero Impero italiano in Etiopia (1936-1941), per citare due esempi di vicereame coloniale; cfr. LABANCA N., Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 194-196 in particolare.

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del Viceré Thutmosi e Delegato di Kush sotto Huy)13, una statua nel tempio di Amemnhotep III a el-Kab14 e una stele da Karnak15. Dubbi sull’identificazione di Huy con il Viceré di Tutankhamen o con quello di Ramesse II sono posti per un graffito di Bigah (si ricorderà, dove si trova anche un graffito del Visir Ramose) e per un’iscrizione rinvenuta a Sehel, dove Huy è mostrato in adorazione dei cartigli di Ramesse II: i cartigli originali di Tutankhamen sono stati forse sostituiti in epoca successiva in conseguenza della damnatio memoriae?16

§ 3. Architettura delle camere interne e dell’ipogeo (tavv. XXIIa-b)

La tomba di Amenhotep (TT 40) si trova sul pendio settentrionale della collina di Qurnet Murai, una necropoli particolarmente adatta per la sepoltura dei funzionari di tarda XVIII dinastia in quanto in asse con i templi funerari di Amenhotep III, Tutankhamen-Ay e Horemheb. La tomba si trova sullo stesso fronte di roccia e immediatamente a N-E della TT 383, appartenente a Merymose, figlio di Amenhotep III e predecessore di Huy.

La corte non era ancora stata sgomberata ai tempi della pubblicazione della tomba. La cornice della porta di ingresso non si conserva, sebbene secondo l’autore dovesse essere di roccia inusualmente solida (in realtà sembrerebbe del conglomerato di non grandi qualità). Il passaggio di ingresso doveva essere decorato, anche se resta solo una pallida figura sul muro orientale con tracce sbiadite di testo e in alto un fregio di khekeru; si tratta evidentemente di una figura di Amenhotep, forse seguito dalla moglie, nell’atto di rientrare alla tomba recitando un inno al sole che tramonta. Il soffitto era decorato con un motivo molto elaborato, che in parte si conserva ancora.

La sala trasversa è altamente asimmetrica: le pareti sono in alcuni casi addirittura concave, né è rispettata la perpendicolarità reciproca fra muri, pavimenti e soffitto. Le pareti sono state livellate e intonacate con malta di fango arricchita di molta paglia, in uno strato dallo spessore variabile fra 1,5 e 7,5 cm.

13 REISNER G.A., The Viceroys of Ethiopia, in JEA 6 (1920), p. 35.

14 Al confine nord della propria provincia; cfr. LEPSIUS, D. Text, vol. V, p. 115.

15 GAUTHIER H., Le livre des rois d’Égypte. Recueil de titres et protocoles royaux, noms propres de rois, reines, princes, princesses et parents de rois, suivie d’un index alphabétique, vol. II, IFAO, Le Caire, 1917, p. 338, n. 12.

16 DAVIES NINA DE G. – GARDINER A.H., op. cit.,p. 8; di questa opinione sono G.A. Reisner e M.

Gauthier; diversamente pensa HABACHI L., Sixteen Studies in Lower Nubia, Imprimerie de l’Institut Français d’Archéologie Orientale, Cairo 1981, p. 162.

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Una mano di bianco ha preceduto la decorazione pittorica vera e propria, sopra la quale è stata stesa una vernice deleteria, che col tempo ha scurito e opacizzato i dipinti. Dello splendore dei colori che attirò i primi studiosi rimaneva ben poco già ai tempi di Davies, essendo la casa servita come abitazione o stalla per molto tempo. Lungo tutte le pareti vi è un fregio di 13,5 cm di spessore, realizzato con un motivo non molto comune di fiori di loto e boccioli con la punta verso il basso e una banda nera e rossa su sfondo bianco. Il soffitto è leggermente voltato rispetto all’asse di simmetria della tomba.

Il secondo passaggio è leggermente più corto, decorato ancora con un fregio a khekeru, e con i resti di qualche scena fortemente danneggiata; la parete E è troppo compromessa, per leggervi qualcosa oltre la rappresentazione di una porta, un albero con frutti rossi e una figura di Huy con in mano uno scettro sekhem o un mazzo di fiori. Il soffitto venne preparato per la decorazione, che tuttavia non venne mai eseguita.

La sala interna segue la tradizione amarniana nell’essere a pilastri (qui ve ne sono solo quattro) e piuttosto spaziosa. La parete settentrionale è rozzamente scavata a causa della qualità della roccia: un enorme masso ancora è incastrato a metà della parete. Muri, soffitto e facce dei pilastri vennero intonacati con fango per essere decorati, ma i lavori vennero poi interrotti: in Età post-amarniana più che in altri momenti è lecito chiedersi se a causa della morte o della caduta in disgrazia di Huy.

Nella camera interna un pozzo conduce ad una rozza camera dal soffitto basso: questa deve essere l’unica struttura originale, mentre il resto è opera successiva, che ha scavato praticamente tutto il livello al di sotto della sala trasversa.

Un secondo pozzo venne scavato all’estremità E della sala trasversa, così vicino al muro da danneggiarne i dipinti. L’apertura nel pavimento dà accesso ad una camera sotterranea ad E.

La piccola camera dal soffitto basso aperta all’estremità E della sala trasversa, al di sotto di una stele il cui specchio non venne mai decorato, poteva essere parimenti un luogo di sepoltura.

Vi sono altre cinque camere adatte ad ospitare una sepoltura, in realtà estensioni della prima penetrazione ipogea. Una galleria conduce dalla corte ad ambienti sotterranei passando sotto l’ala W della sala trasversa verso N, ma venne

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poi murata con mattoni crudi. Nell’angolo N-W due muri sono stati eretti per alloggiare un sarcofago. Esattamente di fronte, vi è una seconda camera con pavimento scavato, a E della quale un’altra stanza e all’angolo N-E di questa una caverna che passa al di sotto di quella scavata a partire dalla sala a pilastri, con un fronte costruito in pietra e uno stipite parimenti di pietra. Uno stretto pozzo è stato infine ricavato nel primo passaggio dell’ingresso, della larghezza giusta per alloggiarvi un solo corpo.

§ 4. Programma decorativo

La maggior parte della decorazione, realizzata a sola pittura, si trova concentrata nella sala trasversa e ha come soggetto principale le attività amministrative di Huy come Viceré. In questo la tomba rientra nel modello tipico delle tombe della XVIII dinastia, che destinava alla decorazione della sala trasversa scene di vita quotidiana, ma risente ancora fortemente di elementi amarniani, più che nella presenza di Tutankhamen, tutto sommato contenuta, nella minuzia dei dettagli della descrizione del lavoro del funzionario. Elementi di passaggio fra il modello tebano della XVIII dinastia, il modello amarniano e quello di nuovo tebano della XIX dinastia verranno presi in considerazione in un altro paragrafo, dopo aver descritto tutte le scene della tomba.

Le figure di Huy sono nella maggior parte dei casi state cancellate;

vennero poi coperte di intonaco e ridipinte in stile meno raffinato, secondo Norman de Garis Davies, in Età ramesside avanzata.

Se nel caso delle cancellazioni dei cartigli di Akhenaten il nome Amenhotep veniva lasciato intatto, con il cartiglio di Tutankhamen solo l’elemento divino del nome venne salvato, cancellando Tut-ankh-. Del praenomen Nebkheperura si salvò allo stesso modo solo l’elemento -Ra.

§ 4.1. La parete meridionale, ala est

Nell’angolo S-E della sala trasversa la decorazione prende l’avvio con una raffigurazione di Tutankhamen in trono, al di sotto di un baldacchino e con in testa un elmo kepresh e addosso tutti i simboli della regalità. Davanti al sovrano, al di sotto dei gradini del trono, una schiera di funzionari in atteggiamento di

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omaggio e la scena di affidamento dell’incarico a Huy in due registri. In quello superiore, il Sovrintendente al Tesoro17 parla in nome del sovrano e conferisce la potestà al nuovo Viceré, ritratto con un flabello mentre avanza verso il trono seguito da quattro cortigiani inchinati. Testo: “Il Sovrintendente al Tesoro dice:

«Così parla il Faraone, vita, forza e salute: ‘Ti viene consegnato (il territorio) fra Nekhen e Nesut-tauy’». Il Figlio reale di Kush dice: «Possa Amon, Signore di Nesut-tauy dare accordo a tutto ciò che hai comandato (?), o sovrano, mio signore». I cortigiani che sono nel Palazzo dicono: «Tu sei il figlio di Amon, o Nebkheperura! Possa egli fare in modo che i capi di tutte le terre vengano a te con tutti i prodotti scelti, i migliori delle loro terre!»”. L’insediamento del Viceré avviene per mano del Sovrintendente al Tesoro, che Huy dovrà riempire dell’oro nubiano, forse anche in ragione del fatto che Tutankhamen non doveva avere più di dieci anni alla sua ascesa al trono. I confini del vicereame sono estesissimi: da Hierakonpolis, all’altezza di el-Kab, fino a Napata.

Nel registro inferiore due funzionari consegnano a Huy le insegne del potere: un oggetto non determinato, forse una stola rituale, nel primo caso e l’anello del sigillo in oro nel secondo caso: “Dare il sigillo dell’Ufficio al Figlio Reale (di Kush) da parte del […]18. Consegnare l’Ufficio al Figlio Reale di Kush da Nekhen a Qery19”.

Verso destra i due registri si interrompono per fare spazio ad una larga figura di Huy che lascia il Palazzo con in mano un mazzo di fiori, seguito dal figlio Paser e da un altro figlio: “Uscire lodato dal Palazzo, essendo stato promosso alla presenza del dio buono a Figlio Reale (di Kush) e Sovrintendente a tutte le terre meridionali, Huy; Khentunnefer (= l’Alta Nubia) essendogli stata affidato e l’Alto Egitto legato assieme sotto la sua supervisione, in modo tale da amministrarli per conto del Signore delle Due Terre come tutti i sudditi di Sua Maestà”.

17 Si tratta con tutta probabilità di Maya, proprietario della tomba menfita analizzata al Cap. 5, § 6.11. Egli verosimilmente appare anche nella TT 50, con stesso nome e stesso titolo, mentre assiste alla premiazione di Neferhotep, Padre divino di Amon-Ra, e di Parennefer, Padre divino di Amon.

18 Gardiner propone “Visir”, ma l’abito del funzionario non è la tipica tunica sorretta da due passanti dietro al collo e quindi tenderemmo ad escudere questa identificazione, sebbene fra l’Ufficio del Visir e quello del Viceré ci fosse una certa vicinanza (tale che il Viceré era presente al funerale di Ramose, cfr. Cap. 9, § 4.3). Norman de Garis Davies ritenne impossibile la lettura

“Visir” e propose quella di “Portasigilli”.

19 O “Qaroy”, la regione di Napata.

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Davanti a lui la scena di divide di nuovo, questa volta in tre registri, con diversi funzionari nell’atto di festeggiare Huy e indirizzare parole di complimento al sovrano. Gardiner rileva l’oscurità della frase: “O Viceré del Signore, possa Amon riceverlo!”, ritenendo che o Tutankhamen risiedesse ancora fuori Tebe (ma non vi sarebbe mai tornato comunque, se non per l’incoronazione, forse la festa Opet, la ricezione del tributo nubiano rappresentato sulla parete settentrionale e, ovviamente, la sepoltura) o il clero di Amon avesse un atteggiamento tipido nei confronti del sovrano (ma il clero di Amon venne reintegrato proprio da Tutankhamen, dato che Akhenaten ne aveva chiuso i templi). Si tratterebbe qui di un più innocente e generico augurio verso il re; tanto più che poco oltre alcuni servitori carichi di mazzi di fiori dicono: “Il Signore appartiene ad Amon! Egli vivrà per sempre! Egli alleva generazioni e generazioni”. Nel registro inferiore vi sono uomini dell’equipaggio guidati da comandanti della marina e portastendardi.

Un registro ancora inferiore mostra, all’estremità sinistra, funzionari prostrati davanti al trono di Tutankhamen e a destra il corteo che accompagna Huy, capeggiato da personaggi allegri e movimentati, con strumenti musicali, rami e fiori, seguiti da funzionari dall’atteggiamento più composto.

Una sottoscena disposta su tre piccoli registri, registrata da Nestor l’Hôte, ma distrutta ai tempi di Nina Davies, mostra sulla destra una figura seduta verso sinistra, probabilmente Huy, assistito da alcuni scribi, mentre ispeziona una lunga serie di capi di bestiame, in alcuni casi mentre vengono marchiati a fuoco con il nome del re, e di manifatture (carpentieri, orefici?).

Dopo un vuoto di circa un metro e mezzo dalla scena di uscita dal Palazzo, Huy è ritratto nell’atto di compiere un sacrificio agli dei per ringraziarli di aver ottenuto la promozione20. Dietro di lui vi è la moglie e intorno diversi servitori nell’atto di preparare le offerte, che il testo registrato da R. Lepsius descrive così:

“Ogni cosa buona e pura, un migliaio di pani e (anfore di) birra, buoi e oche, un migliaio di tutti i vegetali, un migliaio di libagioni, un migliaio di (anfore di) vino, un migliaio di (misure di) incenso, un migliaio di fiori, un migliaio di tutte le cose [gradevoli] e dolci; mettere mirra sul fuoco ad Horakhty, a Sokar-Osiri, Signore

20 In genere, questa è l’interpretazione della scena, che è contigua, appunto, a quella della promozione. Tuttavia, la scena continua, al di là della porta di ingresso, con la rappresentazione di Huy all’uscita del tempio e, più oltre, all’imbarco verso la Nubia: Huy potrebbe aver voluto compiere anche un’offerta per propiziare il proprio viaggio a sud.

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di Shetit, Nefertem e Unennefer e tutti gli dei della Terra Sacra, quelli che sono sull’Isola dei Giusti”.

Benché la scena rientri perfettamente nel canone, che prevede a lato della porta di ingresso una rappresentazione del defunto nell’atto di compiere offerte agli dèi, questa scena non appare isolata dal contesto, ma fa parte dell’intero programma figurativo di questa parete, che si snoda da E verso W raccontando un unico continuum cronologico, dall’assegnazione dell’incarico alla partenza di Huy, passando appunto per il sacrificio divino.

§ 4.2. La parete meridionale, ala ovest

Senza soluzione di continuità, tranne ovviamente l’apertura dell’ingresso, le scene proseguono sulla porzione occidentale della parete con la raffigurazione di Amenhotep all’uscita del tempio di Amon. L’edificio non è rappresentato in nessuna delle due scene e solo nella seconda viene menzionato: “Venire dal Tempio di Amon, dopo aver fatto ciò che è lodabile alla sua vista, per amministrare la terra di Kush da parte del Principe ereditario, gran cortigiano, importante nel suo ufficio, grande nella sua dignità, etc.”. Una fila superiore di quattro uomini presenta probabilmente quelli che sono i suoi figli, i primi due essendo certamente Paser e Tjer[…]. Nella fila sottostante vi è una fila di donne capitanate dalla madre, ritratta con i capelli bianchi, e da diverse donne i cui nomi sono solo parzialmente conservati. Nel terzo registro vi sono amici, parenti e servitori della casa di Huy.

Davanti ad Amenhotep la barca viceregale è rappresentata due volte, forse in due fasi diverse del viaggio, ora con le vele spiegate e ora con le vele ammainate (tav. LIV), con il Viceré nella cabina e i cavalli a bordo. Un uccello sull’albero maestro dà un’unica nota di colore alla scena, piuttosto immobile.

Diversi dettagli rendono e due barche leggermente diverse fra loro e rispetto alle altre rappresentate nella porzione occidentale del muro N. Forse non si tratta di un’unica imbarcazione, anche perché è ragionevole ritenere che il seguito del Viceré fosse piuttosto nutrito, da non poter essere contenuto in un’unica nave. La scena del rientro dalla Nubia in occasione della presentazione del tributo, dipinta sulla parete settentrionale, mostra infatti barche marcatamente diverse nella rappresentazione e nella funzione (la barca del Viceré, la barca dei principi nubiani, la flottiglia commerciale).

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Nel registro inferiore alcuni funzionari sono rappresentati nell’atto di salutare Huy prima della partenza; fra di loro i più importanti esponenti dell’amministrazione coloniale: il Delegato21 di Uauat e il Delegato di Kush. Essi compaiono anche nel registro superiore, di fronte a Huy, dall’altra parte rispetto alle barche, e quindi, come specifica il testo, allo sbarco in Nubia. Accanto ai Delegati, su più registri, vi sono gli uomini dell’equipaggio già visti prima, una delegazione di donne (mogli dei funzionari coloniali e di egiziani trasferiti?), il sindaco di Kha-em-maat (Soleb), il Sovrintendente al bestiame, il Primo Profeta di Nebkheperura Khai, il Comandante della fortezza di Sehetep-netjeru, il Sindaco di Sehetep-netjeru Huy, il Secondo Profeta di Nebkheperura e fratello del Viceré Merymose, due sacerdoti-uab personale nel medesimo tempio.

A destra la scena cambia e una grossa riga nera la separa dalle precedenti.

Amenhotep seduto in alta uniforme verso destra presiede alla preparazione del tributo nubiano, rappresentato in ben cinque registri davanti a lui. Collaborano uomini e donne, adulti, anziani dai capelli bianchi e bambini: la raccolta ha fruttato oro in anelli e in barre, pelli di pantera e di vacca, dischi di cornalina o diaspro rosso, del minerale verde non identificabile (rame?), faretre e archi. Gli scribi registrano: fra di essi si distinguono Hati, scriba della stalla, e Hornefer, scriba contatore dell’oro, ritratto nell’atto di pesare il prezioso metallo su bilance con pesi in forma di buoi. La scena ricorda la testa di bue sulla bilancia dello scriba Parennefer davanti a Nebamun nella TT 181; nella tomba dello scultore la bilancia ha sulla sommità una piuma di Maat, mentre nella TT 40 vi è un babbuino di Thot col crescente lunare sulla testa: sembra quasi un simbolo di quel trionfo della burocrazia (disonesta) spazzata poi via dalla retorica di Horemheb.

Nella scena successiva, che chiude la lunga serie della parete meridionale della tomba ed è allo stesso modo separata dalle altre con una linea nera, vi è una rappresentazione di quella che sembrerebbe l’ispezione della flotta vicereale da parte di Amenhotep. Il Viceré è raffigurato in piedi, in alta uniforme; davanti a lui cinque registri non ben conservati, raffigurano delle barche da trasporto caricate con casse, sembrerebbe in diverse fasi: ferme sulla riva, trascinate sul fango

21 Benché probabilmente dotati anche di poteri militari, ‘delegato’ sembra una traduzione migliore rispetto a ‘tenente’ o ‘tenente-colonnello’, in quanto questi funzionari reggevano, probabilmente più con funzioni amministrative ed economiche che marziali, due “governatorati” dell’estesa

“colonia”, ricevendo quindi una delega del potere vicereale. Uauat corrisponde alla regione fra la Prima e la Seconda Cateratta, mentre Kush è la regione più meridionale tra Semnah e Napata. Il graffito di Ellessiya ci informa che il Delegato di Kush al tempo di Huy era Amenemope.

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scivoloso da uomini dotati di funi, in acqua con a bordo l’equipaggio. Un registro mediano malamente conservato mostra “offerte”22 di giare sigillate e pani. Nel registro inferiore due scribi, il summenzionato Hornefer e un tale Kha, stanno registrando alcune mercanzie di colore rosso conservate entro reti bianche.

§ 4.3. La parete settentrionale, ala sud

Come da tradizione tebana le due pareti ai lati del passaggio verso le camere interne sono decorati con rappresentazioni del sovrano regnante. La composizione di questa parte della parete, però, fa iniziare la sequenza di scene nell’angolo occidentale, dove è rappresentato il “giungere da Kush con tutti i buoni tributi consistenti di ogni cosa scelta fra le migliori delle terre meridionali.

Sbarcare a Tebe da parte del Viceré di Kush, Huy”. Dall’alto verso il basso sono rappresentate la barca del Viceré con i suoi cavalli, la nave dei principi nubiani con alcuni schiavi e diverse barche da trasporto con reti e bestiame. Marinai si affaccendano su e giù per la banchina, mentre un capitano ne picchia uno con un bastone e un cane abbaia alle sue spalle. Un uomo dell’equipaggio dice: “Siamo a Tebe: la città è in buona salute!”. Una larga figura del Viceré verso destra è raffigurata in piedi.

All’estremità destra della parete Tutankhamen è rappresentato sotto il classico baldacchino con tutte le insegne della regalità, mentre Amenhotep gli si approccia da sinistra, con in mano il pastorale heqa, segno del suo potere di rappresentante della Corona in Nubia, e la piuma di struzzo concessagli dal suo titolo di flabellifero. Dietro di lui sono impilati gli oggetti facenti parte del tributo nubiano: mucchi di anelli d’oro, dischi di cornalina o diaspro rosso, il minerale verde già citato, avorio, ebano, archi, scudi, sgabelli e letti, armadi, scrigni d’oro, un modello di cocchio in oro. Fra questi mucchi di doni – o mercanzie – si distinguono tre oggetti, probabilmente opera di oreficeria, dalle forme piuttosto curiose e dal gusto decisamente “rococò”: sembrano delle realizzazione araldiche con cartigli del Re, motivi floreali, pelli di leopardo e di vacca, stoffe decorate con rosette, figure di scimmie, giraffe, palme e africani legati in diverse pose a

22 A volte è deleterio l’abuso di questo termine, anche in scene dove non c’è nulla di rituale: si tratta probabilmente delle scorte di viveri necessarie all’equipaggio delle imbarcazioni. Più che di un’ispezione della flottiglia, sembrerebbe che qui Amenhotep sovrintenda a una delle tante partenze delle navi con il tributo appena raccolto. È evidente che il tributo non veniva inviato una tantum, ma con frequenza assidua (annuale, semestrale?): non tutte le volte quindi il Viceré lo presentava personalmente al Faraone.

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formare, sostanzialmente, un piedistallo, una coppa a semicerchio e una piramide- capanna sovrapposta. A sinistra dei doni una seconda figura di Amenhotep è raffigurata in ginocchio in adorazione, evidentemente, del sovrano.

Verso sinistra, dietro all’ammasso di tributi, sono rappresentati i principi nubiani venuti in Egitto a rendere omaggio al faraone: lo stesso Huy, voltato indietro, fa loro un cenno come ad invitarli alla Presenza. Nel registro superiore, vestiti di pelli e addobbati di piume e vistosi orecchini, vi sono i capi di Uauat e il principe di Miam, Heqanefer, che si prostra al suolo. Seguono una principessa e i figli dei principi di tutte le terre, vestiti alla egiziana con molti gioielli. Le proporzioni, con teste leggermente più grandi del corpo, richiama alla mente le pitture della tomba di Tutankhamen: è evidente tutto l’imbarazzo e l’incertezza della fase di sperimentazione artistica che deve riconciliare l’arte più propriamente amarniana e quella tradizionale. Dietro di loro una principessa su un cocchio trainato da una coppia di buoi nani e guidato da ariga è vestita come le altre, ma con un diadema ornato di molte piume di struzzo; vi sono alcuni servitori che recano altri tributi. Seguono cinque schiavi africani e due donne dal realistico seno nudo pendente che tengono per mano tre bambini23.

Nel registro inferiore sono rappresentati i capi dell’altro governatorato provinciale, che la legenda così descrive: “I capi di Kush. Essi dicono: «Omaggio a te, re d’Egitto24, sole dei Nove Archi. Concedici il respiro che ci hai dato, affinché possiamo vivere secondo il tuo piacere»”. Seguono portatori di tributo con code di giraffa, oro e una piccola giraffa in carne ed ossa. Segue una fila di buoi con le corna adornate di teste di nubiani, piume e mani come in adorazione del Faraone. Il sacrificio del toro è un motivo magico molto comune in Egitto, in quanto all’animale si associavano i nemici tradizionali del Paese. In riferimento alle corna addobbate, la rappresentazione della Festa Opet fatta scolpire da

23 Non deve stupire questa commistione di principi egittizzati e di schiavi legati: prigionieri ed ambasciatori sono genericamente visti come portatori di “prodotti” (senza distinzioni fra tributi veri e propri, doni diplomatici, bottino di guerra o beni commerciali regolarmente pagati) e quindi come uomini sottomessi. Nell’ideologia dunque tutti i popoli stranieri sono sottomessi al Faraone, che gli dei hanno investito di una regalità universale; questa concezione sembra ricevere nuovo impulso proprio durante il regno di Akhenaten; cfr. LIVERANI M., Guerra e diplomazia nell’antico Oriente, Laterza, Roma-Bari 1994.

24 Notevole l’uso di Kmt invece del tradizionale Nb tA.wy o Nswt-bỉty: è la resa realistica del punto di vista dei capi nubiani, che riconoscono la sovranità del faraone, ma nel contempo ne sottolineano l’alterità usando un termine geografico più distaccato.

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Tutankhamen e da Horemheb sulle pareti del tempio di Luxor ci mostra una simile processione di tori addobbati con fantocci in forma di asiatici e di africani.

Nel registro inferiore sono rappresentati ancora i capi di Kush, mentre indirizzano al sovrano altri complimenti stereotipi. Questa fila di uomini e quella sottostante (in cui vi sono amici, donne e servitori del Viceré all’uscita della sua casa, rappresentata da un portale di granito in cui due figure del proprietario sono in dorazione del cartiglio di Tutankhamen) terminano di fronte ad un’altra figura di Amenhotep verso sinistra, ritratto con i noti collari d’oro al collo, simbolo dell’approvazione regale: “Giungere in pace dal Palazzo reale da parte del Principe ereditario, il Padre divino amato dal dio, il Viceré di Kush, Huy, dopo che ha ricevuto i favori del Signore delle Due Terre, essendo stato ricompensato con oro al suo collo e alle sue braccia volta dopo volta, straordinariamente tante (volte). Grande è la tua lode, o Nebkheperura! Se uno dovesse contare tutte le occasioni una per una, esse sarebbero troppe per poterle scrivere!”.

Al di sotto di tutte le scene, separate da linee gialle e rosse, corrono delle sottoscene in scala minore con lunghe file di portatori di offerte, fortemente danneggiate.

§ 4.4. La parete settentrionale, ala est

Parallelamente alla figura del re all’altro lato della porta, anche qui Tutankhamen è rappresentato al di sotto del baldacchino nel consueto atteggiamento di ieratica staticità, adornato con tutte le insegne della dignità regale. Davanti al trono una figura di Amenhotep è ritratta nell’atto di inchinarsi, porgendo il flabello al re, e tenendo saldo nell’altra mano lo scettro heqa. Verso destra due registri con figure di Amenhotep, di principi asiatici e di oggetti facenti parte del tributo di queste province si dividono ciasuno in altri due registri con rappresentazioni di dignitari siro-palestinesi nell’atto di omaggiare il sovrano e recare i tributi.

In quale veste Huy presenta il tributo asiatico al Faraone? Gardiner suggerisce di collegare questa rappresentazione al titolo portato dal funzionario nelle legende descrittive: “Delegato del Re in ogni terra”. È evidentemente la spiegazione migliore, piuttosto che ritenere che tale compito gli sia attribuito in via del tutto onorifica. Ricordiamo che una carica simile (“Delegato del Re di fronte alle Due Terre”) è detenuta da Horemheb, che se ne fregia nella sua tomba

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menifta, nella quale è rappresentato in scene del tutto simili mentre presenta al sovrano25 i tributi del Sud e del Nord dell’impero (Cfr. Cap. 5, § 6.8)26. La didascalia a corredo della presentazione del ricco tributo consistente in lapislazzuli, cornalina, rame, vasellame d’oro e d’argento, turchese e pietre semipreziose recita così: “Il Viceré di Kush, Sovrintendente a tutte le terre meridionali, flabellifero alla destra del Re, Huy, giusto di voce. Egli dice: «Possa tuo padre Amon proteggerti con milioni di giubilei, possa darti durata come Re delle Due Terre ed eternità come Signore dei Nove Archi! Tu sei Ra; la tua forma è la sua forma27. A te appartiene il cielo stabile sui suoi quattro supporti. La terra dimora sotto di te a causa della tua eccellenza, tu o buon Signore!». Presentare il tributo al Signore delle Due Terre, che è stato offerto dal vile Retjenu, da parte del Delegato del Re in tutte le terre, il Viceré di Kush, il Sovrintendente a tutte le terre meridionali, Amenhotep, giusto di voce”.

Come i loro colleghi meridionali, i principi siriani compiono atti di estremo omaggio al sovrano: “I capi dell’Alto Retjenu, che non conoscevano l’Egitto dai tempi del dio28, chiedono pietà davanti a Sua Maestà. Essi dicono:

«Dacci il tuo respiro di vita. Allora noi potremo raccontare del tuo potere vittorioso: non ci sono ribelli nelle vicinanze, ogni terra è in pace»”. Queste parole, acompagnate da una consona iconografia, trova riscontro puntuale nelle lettere di el-Amarna, scritte dai vassalli siro-palestinesi e fenici ad Akhenaten non più di quindici anni prima: anche qui abbondano epiteti laudativi come “il re mio signore, mio dio, mio sole”, “soffio di vita”, epiteti di auto-umiliazione come “tuo servo”, “terreno dei tuoi piedi”29 ed espressioni del tipo “sette e sette volte io mi prosterno, di ventre e di dorso”, “e chi sarei io, un cane, […] se non ascoltassi

25 Tutankhamen o già Ay?

26 GARDINER A., The Memphite Tomb of the General Haremhab, in JEA 39 (1953), pp. 3-12;

MARTIN G.T., Excavation at the memphite tomb of Ḥoremḥeb, 1975: preliminary report, in JEA 62 (1976), pp. 5-13; MARTIN G.T., Excavation at the memphite tomb of Ḥoremḥeb, 1976:

preliminary report, in JEA 63 (1977), pp. 13-19; MARTIN G.T., Excavation at the memphite tomb of Ḥoremḥeb, 1977: preliminary report, in JEA 64 (1978), pp. 5-9; SCHNEIDER H.D., The memphite tomb of Horemheb, commander-in-chief of Tut’ankhamūn, Rijksmuseum Van Oudheden-Egypt Exploration Society, London 1996.

27 Cfr. la tomba amarniana di Tutu (AT 8): “Come per l’Aten, tu sei il suo amato figlio, tu sei della sua stessa natura”; DAVIES VI, pp. 7-15; tavv. XI-XXI, XXXV-XXXVI.

28 Cfr. la didascalia della celebrazione giubilare di Amenhotep III nella tomba di Kheruef (TT 192): “Lodare il dio perfetto e rendere omaggio al figlio di Amon da parte dei principi di tutte le lontane terre straniere che erano ignoranti dell’Egitto”; cfr. Cap. 8, § 4.2; NIMS C.F. (A CURA DI), The tomb of Kheruef. Theban Tomb 192, University of Chicago-Oriental Institut Publications 102, Chicago 1980, p. 42.

29 Analisi dei formulari epistolari in LIVERANI M. (A CURA DI), Le lettere di el-Amarna. 1. Le lettere dei “Piccoli Re”, Paideia, Brescia 1998, pp. 55-58.

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sempre le parole del re mio signore, Sole nei cieli?”30. Le assicurazioni di pace e di assenza di ribellione stridono invece con il contenuto delle stesse lettere del tempo di Akhenaten (in entrambi i casi, per lo più pura retorica).

Nelle file di ambasciatori siriani e più oltre verso E la parete è fortemente danneggiata. All’estremità di questa parete vi era una larga figura di Osiri con la corona atef e Huy in atteggiamento di adorazione; sebbene le figure siano completamente distrutte, il testo è intatto: “Il Viceré di Kush, il Sovrintendente a tutte le terre meridionali, Huy, giusto di voce. Egli dice: «Salute a te, o grande, signore dalle apparizioni gloriose, grande in titolatura, alto di piume, signore della corona atef, unico dio che ha creato se stesso, temuto in tutte le terre! Sono giunto a te per vedere il tuo volto, per osservare la tua bellezza. Ho raggiunta una buona età venerabile nel favore di questo dio buono. Sono invecchiato, ho raggiunto la vecchiaia, le mie membra forti nell’amministrare per il Re. Io non ho detto il falso, io non ho compiuto il male, io non ho conosciuto […]. Nessun mio difetto è giunto, nessuna mancanza in me è stata trovata. Chi ti loda dovrebbe essere tranquillo; io sono uno che ha domato la passione. Concedimi una grande strada nella necropoli, per venire ed uscire da R-setjau, per bere acqua dalla profondità del fiume e per far festa. Per il ka del Viceré di Kush, Huy, giusto di voce»”.

Come per l’ala W, anche qui al di sotto di tutte le scene, separate da linee gialle e rosse, corrono delle sottoscene in scala minore con lunghe file di portatori di offerte, in parte danneggiate.

§ 4.5. La parete occidentale

Questa parete è occupata al centro dallo spazio riservato ad una stele, che non venne mai dipinta né, al contrario della gemella all’estremità opposta della sala trasversa, venne mai preliminarmente imbiancata.

La composizione è organizzata su tre registri, due affiancati alla stele e uno alla sommità della parete. Qui Huy è raffigurato specularmente nell’atto di compiere offerte a due divinità sedute al centro, schiena contro schiena: Osiri e Anubi. Nei registri inferiori, corredati dalla didascalia: “Sedere in compagnia di Osiri e di Anubi, il Signore di R-setjau” o “Partecipare di tutte le cose buone

30 EA 378; Ibidem, p. 105.

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davanti ad Osiri”, Amenhotep siede elegantemente vestito davanti a diverse tavole d’offerta, con la mano protesa nel gesto di prendere del cibo.

Una piccola scena centrale, collocata sotto lo specchio vuoto della stele, mostra due donne e un uomo in un forno intenti a preparare del pane.

§ 4.6. La parete orientale

Questa parete, che al suo centro avrebbe dovuto ospitare, dipinta, una stele falsa porta, presenta scene del rituale funerario celebrato alla morte di Amenhotep.

La composizione è organizzata su quattro registri per ogni lato della stele. In essi, opportune didascalie spiegano le cerimonie, dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra: 1. “Dare il ka al suo signore”, un sacerdote-lettore con la pelle di leopardo offre il geroglifico del ka ad una figura mummiforme seduta di Huy31; 2.

“Dare colore verde e trucco per gli occhi”, lo stesso sacerdote porge due vasetti a Huy, ancora ritratto come una mummia seduta; 3. “Dare l’unguento del dio”, da qui in poi Huy è vestito normalmente e l’officiante è sempre il sacerdote-lettore;

4. “Fare una purificazione con coppe di acqua”; 5. “Dare vesti bianche”; 6.

“Dare doni di frutta (?)”; 7. “Dare pane e birra”; 8. “Dare vestiti”. Il Viceré è rappresentato con diverse insegne: lo scettro sekhem, lo scettro uas, il flagello, un bastone lungo e sottile.

§ 4.7. Il passaggio alla camera interna, parete ovest

La scena di adorazione di Osiri da parte di Amenhotep qui raffigurata un tempo è quasi completamente distrutta, diversi buchi sono tagliati sulla parete e un graffito ha acceso l’ira di A. Gardiner: “A barbarian of the name of I.T. MORSE

has not improved the appearance of the wall by scratching his name on it in huge letters” 32. L’inno, lacunoso, recita così: “Lodare Ptah il grande e Osiri, bello di

31 Iconografia piuttosto inusuale; una scena simile è rappresentata sui muri del passaggio alla sala trasversa della tomba di Kheruef, dove il defunto partecipa delle offeerte poste su di un tavolino decorato con un grosso geroglifico ka; NIMS C.F. (A CURA DI), The tomb of Kheruef. Theban Tomb 192, University of Chicago-Oriental Institut Publications 102, Chicago 1980, tav. LXX.

32 Stupida moda non del tutto cessata, a vedere le tombe tebane di oggi, ma anche le necropoli di Giza e Saqqara, vergognosamente abbandonate a se stesse; nemmeno le grandi piramidi di Giza ne sono immuni, con iscrizioni a volte molto recenti (XXI secolo). D’altra parte, la mancanza di una severa sorveglianza, unita ad una scarsa cultura del rispetto verso i monumenti sia della popolazione locale sia delle decine di migliaia di turisti, non può che sfociare in simili atti di vandalismo o in comportamenti scorretti (è capitato persino di vedere persone sdraiate nel sarcofago di Cheope, all’interno della Grande piramide, recitare mantra New Age e risentirsi se venivano invitate a maggiore saggezza).

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viso, che [ha creato?] ciò che esiste, il grande dio della prima Età, che ha dato nascita a se stesso prima che questa terra venisse in essere. Egli dice: «Omaggio a te, che sei grande, distinto come i decani degli dei, [che venne in esistenza prima] che gli dei venissero in esistenza […] [il cielo], tu hai reso stabile colui che è in esso. Tutti i ka che vengono in esistenza, tu [li?] hai resi stabili […] egli tra di loro per nascondere le terre (?) degli dei. Tu hai creato te stesso […] nel [tuo] corpo, giorno e notte (sono?) come te (?) per sempre e […]». Fatto dal principe ereditario, il grande nobile nel Palazzo, importante nel suo Ufficio, grande nel suo rango, un funzionario alla testa del popolo, che si avvicina al Re dell’Alto Egitto, che si stende vicino al Re del Basso Egitto, nel cuore di Horo, che riempie […] trovando buono […]. «Omaggio a te […] Unennefer, figlio di [Nut] e Geb […] grande di potere […]»”.

§ 5. Un’arte di transizione

La tomba di Amenhotep è particolarmente interessante perché in molti suoi aspetti iconografici, nella scelta della composizione e nello stile, rappresenta una mediazione fra tre correnti artistiche o più generalmente culturali: la tradizione tebana della XVIII dinastia, l’esperienza amarniana, il successivo sviluppo dell’arte tebana nella XIX dinastia.

Se della precedente tradizione tebana Huy prese la scelta delle due sole divinità tradizionali Anubi e Osiri, la loro rappresentazione nella sala trasversa e non nelle camere interne è già sintomo di quell’invasione della familiarità col sacro tipica della XIX dinastia, senza tuttavia già destinare agli dei i registri superiore e agli uomini quelli inferiori. La menzione di dei settentrionali come Nefertem, Ptah e Horakhty, inoltre, anticipa esiti futuri.

Del Disco di Akhenaten non vi è nessuna traccia, nemmeno nei testi, dove il sole è sempre Rc e mai ’Itn.

Se il re occupa la posizione dominante secondo i canoni pre-amarniani, cioè ai due lati del passaggio verso le camere interne, una terza immagine di Tutankhamen è rappresentata nell’angolo di S-E della sala trasversa e non compare simmetricamente dall’altra parte evidentemente solo perché tutta la parete è consacrata ad una singola scena: la promozione di Huy, il ringraziamento agli dèi, la partenza, la raccolta del tributo e la sua spedizione. In ogni caso il re,

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che risiedeva lontano da Amenhotep e non aveva grandi contatti personali, è raffigurato in tutte le occasioni possibili (investitutra, ricezione di ben due tributi).

Anche il fatto di estendere ad un’unica parete, senza tenere conto degli ostacoli fisici, un unico tema – in particolare la celebrazione dell’offerta ad Amon e l’uscita dal tempio sono tagliate dalla porta d’ingresso – è una licenza che diverrà comune in Età successiva.

Bisogna tenere conto che qui Tutankhamen ha già rinunciato alla Finestra delle Apparizioni che tanto caratterizzava le strutture palatine di Amarna (ma anche quelle tebane dei primi anni di Amenhotep IV) in favore di un ritorno al semplice baldacchino: è forse un modo di rendere ragione di una caratteristica architettonica effettiva, evidentemente del Palazzo reale di Menfi, dove Tutankhamen risiedeva, o del nuovo Palazzo reale di Tebe, dove il re può aver celebrato l’insediamento di Amenhotep e sicuramente la ricezione del tributo occidentale? Ay33 tornerà alla Finestra delle Apparizioni e anche Ramesse II34 si farà ritrarre mentre si sporge da questa architettura, che, in funzione di una marcata teologizzazione della figura del sovrano, separava anche fisicamente il re dai sudditi.

Una nota realistica, di sapore amarniano anche se non attestata in quel periodo, dove rappresentazioni della vecchiaia sfruttano mezzi espressivi più eclatanti, è la raffigurazione di alcune persone – in primo luogo la madre di Huy – con i capelli bianchi; la caratteristica verrà poi trasmessa alla successiva iconografia35.

§ 6. La datazione della tomba

Unico elemento di datazione è la presenza di Tutankhamen come sovrano regnante. Nessun accenno viene fatto ad Akhenaten, ad el-Amarna o al Disco:

evidentemente Amenhotep non venne troppo coinvolto dalle vicende nazionali,

33 TT 49; cfr. Cap. 16. Horemheb, nella TT 50, userà una mezza via: è ritratto in piedi, in un ambiente privo di architetture salvo per un grosso bancone coperto da un grosso cuscino; un precedente è ravvisabile nella tomba amarniana di Meryra II, dove la coppia reale Semenkhkara- Merytaten è mostrata in piedi davanti a Meryra e la Finestra delle Apparizioni appare rimpicciolita sullo sfondo.

34 Nella tomba A.14 a Dra Abu el-Naga.

35 Cfr, la TT 290, ramesside.

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soprattutto se consideriamo che probabilmente già dal tempo di Amenhotep III serviva nell’amministrazione coloniale alle dipendenze del Viceré Merymose.

La decorazione della tomba venne effettuata sicuramente dopo l’anno III di Tutankhamen, quando il sovrano aveva abbandonato Akhetaten e con essa il nomen Tutankhaten; la consorte regale Ankhesenamen non è mai ritratta.

Non c’è dunque ragione di datare la tomba al periodo fra Akhenaten e Tutankhamen, come in Porter-Moss36.

§ 7. Risultati della ricognizione

Nei giorni 9 e 30 novembre 2006 sono state effettuate due ricognizioni alla TT 40, che è chiusa al pubblico e raggiungibile tramite uno dei sentieri che attraversano la collina di Qurnet Murai passando fra le case del villaggio.

Ai tempi di Nina Davies e Alan Gardiner la corte non era stata sgomberata e, con tutta probabilità, nessuna casa era eretta nelle immediate vicinanze. Oggi la corte è cintata da un muretto di mattoni crudi e grosse pietre intonacato con fango nella parte anteriore (tav. XXIIIa); il muro protegge l’ingresso della tomba da una casa edificata subito a W dell’accesso in parte sopra lo stesso muro e dalla terra della scarpata ad E, sulla quale è stato eretto un rudimentale pollaio. Una casa di abitazione intonacata di giallo e con infissi blu insiste direttamente sulla tomba, continuandone verso l’alto la rozza facciata (tav. XIIIb).

La corte è ingombra di paglia e di immondizie, in particolar modo sacchetti e bottiglie di plastica in grande quantità; anche il passaggio dell’ingresso, in fondo al quale è eretto un cancello di ferro pieno con delle sbarre sulla sommità, è ingombro di rifiuti. Nonostante l’aria di abbandono che si respira, i custodi sono ben presenti e da una baracca nascosta al di sopra del livello della tomba sono pronti ad intervenire con sollecitudine se qualcuno si avvicina alla tomba o intende varcare l’ingresso della corte, sebbene aperto.

Tale encomiabile zelo può essere placato solo con la paziente spiegazione che l’intromissione ha fini scientifici: la paura che turisti o persone malintenzionate forzino l’ingresso della tomba per arrecare dei danni o asportare porzioni di decorazione è forte. Le punizioni nei confronti dei custodi colpevoli di

36 PM I 1, p. 75.

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negligenza o addirittura di complicità nei danneggiamenti sono infatti molto severe.

In effetti, una piccola parte della decorazione del soffitto del passaggio dell’ingresso, non protetto perché, come si è detto, il cancello è posto alla fine del passaggio stesso, si è conservata e i colori sono ancora vividi.

Sul cancello è apposto con noncuranza un cartello in metallo con il numero della tomba in colore nero e nella sola numerazione occidentale (“G(urnet?) M(urai?) (?) 40).

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