Osservazioni di oggetti celesti con un piccolo telescopio.
Progetto realizzato per l'A.S. 2007/2008
per gli studenti delle V classi del Liceo Scientifico Copernico.
Con questo progetto intendiamo svolgere un'attività pratica di Astronomia. Requisiti fondamentali sono: cielo buio (lontano dalle luci della città), assenza di nubi e, naturalmente, un telescopio.
Il telescopio in dotazione al Liceo Scientifico Copernico possiede due caratteristiche molto interessanti: la guida e il puntamento automatico. La prima consente di “inseguire” gli oggetti celesti che si muovono in cielo a causa del moto di rotazione della terra attorno al proprio asse (Fig.1), la seconda permette un notevole risparmio di tempo nell'identificazione e puntamento di oggetti che possono essere non visibili ad occhio nudo. Infatti, in assenza di puntamento
Fig.1
Moto apparente delle stelle attorno al polo celeste (prolungamento dell'asse di rotazione della terra). Le orbite sono concentriche, la lunghezza degli archi ci indica la durata della posa; sapreste calcolarla ?automatico il processo di identificazione e puntamento degli oggetti celesti richiede tempo ed abilità , nonchè l'ausilio di dettagliate carte del cielo.
Per potere utilizzare il puntamento automatico dobbiamo “inizializzare” il telescopio, ossia fornirgli le indicazioni precise del luogo (latitudine e longitudine) e del tempo di osservazione (giorno mese anno ed ora), poichè la posizione degli astri dipende dal luogo e dal periodo dell'anno in cui stiamo osservando
1. Dopo aver inserito le coordinate del luogo di osservazione dovremo identificare 3 stelle abbastanza luminose (in modo da essere ben distinguibili dalle altre all'interno del campo e abbastanza lontane fra loro, circa 60°). Dovremo
centrarequeste 3 stelle nel puntatore e nell'oculare e far memorizzare al telescopio le loro posizioni.
Non sarà necessario sapere che stelle sono, sarà la posizione relativa di queste 3 stelle a permettere al telescopio di costruire una mappatura del cielo locale. Il telescopio, infine, ha in memoria un elenco degli oggetti celesti più interessanti e luminosi visibili dal nostro punto di osservazione, non dovremo fare altro che inviarlo con un apposito comando all'oggetto che ci interessa.
La prima cosa che noteremo già in fase di inizializzazione è che nell'oculare del telescopio appaiono molte più stelle di quanto ne vediamo ad occhio nudo (circa 6000 su tutto il cielo, 3000 nell'emisfero nord in condizioni di visibilità ottimale: cielo buio e terso). La ragione
1 Alcune costellazioni (per esempio le due Orse e Cassiopea.) sono sempre visibili nell'emisfero settentrionale ma hanno posizioni che dipendono dal luogo e dal tempo di osservazione, altre (per esempio Orione e le costellazioni zodiacali) sono visibili solo in certi perioodi dell' anno.
della differenza è che lo specchio del telescopio raccoglie più luce del nostro occhio (in un
rapporto
Dd 2
ove D è il diametro dello specchio del telescopio e d quello della pupilla
Fig. 2
I due telescopi Keck situati a Mauna Kea (Hawaii) ed operativi dal 1993 (Keck 1) e dal 1996 (Keck 2). Ciasun telescopio ha uno specchio costituito da 36 tasselli di forma esagonale per un diametro totale pari a 10 metridell'occhio) e può quindi vedere sorgenti di luce più deboli. Ciò spiega l'importanza di utilizzare telescopi con specchi di grande diametro (come, per esempio, i telescopi Keck e VLT, Figs. 2 e 3).
La capacità di osservare oggetti deboli aumenta considerevolmente quando all' occhio si sostituisce un rivelatore capace di effettuare l'integrazione temporale del segnale
2.
Gli oggetti che osserveremo col telescopio sono relativamente brillanti ed appartengono, per la maggior parte, al catalogo di Messier.
Charles Messier (1730 1817), fu un astronomo francese che realizzò, fra il 1758 ed il 1782, il primo catalogo di oggetti diffusi
(ossia di aspetto non stellare).l catalogo di Messier contiene solo 102 oggetti che possono essere ammassi di stelle (aperti o globulari), galassie e nebulose (planetarie, resti di supernovae e di formazione stellare).
Fig. 3
I quattro telescopi VLT dell' ESO situati al Cerro Paranal (Cile), operativi dal 1998 (il primo) e dal 2000 (il quarto). Ciascuno è dotato di uno specchio di 8.2 metri di diametro.Scopo di Messier era mettere a disposizione degli scopritori/osservatori di comete un elenco di oggetti di aspetto diffuso (simile a quello delle comete) affinchè potessero
controllare la veridicità della loro scoperta.
All'epoca era del tutto ignota la natura
“esterna” delle galassie che erano ritenute, a torto, oggetti della nostra galassia. Solo Immanuel Kant ne aveva appena postulato, nella Storia naturale universale e teoria dei cieli pubblicata nel 1755, la natura di
“universi isola”, ma su basi puramente speculative.
Bisognerà attendere il 1900 quando, a seguito del “grande dibattito sulla natura delle nebulae”, che durerà 20 anni, le galassie otterranno finalmente il riconoscimento scientifico ufficiale di sistemi esterni.
2
Fino a 30 anni fa si utilizzavano, comunemente, le lastre fotografiche, che sono state progressivamente rimpiazzate dai rivelatori allo stato solido CCD).Elenco oggetti osservabili
(fra cui sceglieremo i più adatti alle condizioni, trasparenza e stabilità, della notte) L' elenco non include Marte e Saturno (osservabili in prima sera) e Giove (osservabile intorno alle 24:00 nelle notti di giugno).
Nome: è l'identificatore più comune per l'oggetto astronomico. La M indica che l'oggetto appartiene al catalogo di Messier.
Tipo: specifica la natura dell'oggetto.
Coord.: equatoriali (alfa e delta approssimate all'ora e al grado) . Non ci servono per puntare il telescopio ma ci indicano dove si trova l'oggetto. Bisogna sempre puntare prima gli oggetti più a Ovest (alfa piccola) perchè sono quelli che tramontano prima.
La delta invece è legata all'altezza sull'orizzonte dell'oggetto (piccola oggetto basso, grande oggetto più alto).
Magnitudine: nella banda V (visuale). Ad occhio nudo in condizioni ottimali vediamo fino alla 6.0 (gli oggetti con magn V > 6 sono invisibili).
Dimensione: in primi (o in secondi) è l'estensione apparente dell'oggetto. Per confronto, le stelle hanno un estensione di qualche secondo. Il campo dell'oculare f25 è di 1° 15'. (Per i due sistemi di stelle doppie la dimensione indica la separazione angolare fra le due stelle).
Distanza : in anni luce fra noi e l'oggetto. La luce che vediamo è partita da alcune centinaia ad alcuni milioni di anni fa.
Nome tipo coord magn.
(V)
Dimen. Dist.
(anni luce) Double cluster 2 ammassi aperti 2h +57° 4.3 30' 7 200 M 44 (Praesepe) ammasso aperto 9h +20° 3.7 95' 577
M 81 galassia 10h +69° 6.9 21' x 10' 12 000 000
M104 (el Sombrero) galassia 13h 12° 8.0 9' x 4' 50 000 000 Mizar Alcor Stella doppia 13h +55 2.0 4.0 12' 78
M 53 ammasso globulare 13h +18° 7.7 13' 58 000
M 51 (the whirlpool) galassia 13h +47 8.4 11' x 7' 37 000 000
M 3 ammasso globulare 14h +28° 6.4 18' 25 100
M 101 galassia 14h +54° 7.9 22' 27 000 000
M 92 ammasso globulare 17h +43° 6.4 14' 26 700 000
M 13 ammasso globulare 17h +36° 5.8 20' 25 100 M 11 (wild duck) ammasso aperto 19h 06° 5.3 14' 6 000 Albireo (beta Cygni) Stella doppia 19h +28 3.0 5.0 34” 380
Nome tipo coord magn.
(V)
Dimen. Dist.
(anni luce) M 27 (dumbbell) nebulosa planetaria 20h +22° 7.4 8' x 6' 1 250
Serate per le osservazioni 29/5, 3/6, 5/6, 9/6
IMMAGINI
(acquisite da telescopi molto diversi fra loro ma comunque molto più grandi del nostro... noi non le vedremo cosi' bene...)
Double cluster
M 44 (Praesepe)
M 81
M 104 (el Sombrero)
M 53 M 51
M 3
M 101
M 92
M 13
M 11
M 27 (the dumbbell nebula)
Le stelle doppie :
Molte stelle appaiono doppie se osservate con adeguata risoluzione
3(ossia capacità di distinguere, risolvere, le singole componenti) queste stelle sono dette binarie visuali. Una binaria visuale può non costituire un sistema legato gravitazionalmente, può, infatti, trattarsi di un semplice effetto di proiezione sulla volta celeste.
Per verificare che la binaria visuale costituisca un sistema legato è necessario effettuare una serie di osservazioni del sistema, nel tempo, per misurare la presenza di eventuali moti di rivoluzione (entrambe le componenti ruotano attorno al centro di massa del sistema).
In molti sistemi binari le due componenti non sono distinguibili poichè la separazione
Fig. 4
L'occultamento di una delle due componenti il sistema doppio ad opera dell'altra provoca una variazione di luce .angolare (apparente) diviene sempre più piccola all'aumentare della distanza fra noi e questi sistemi. Quando l'asse dell'orbita del sistema binario forma un angolo di 90°
con la linea di vista: le due componenti del sistema si oscurano (eclissano) a vicenda durante il moto orbitale. In questi casi si osservano variazioni regolari della luce (Fig. 4) dovute all'oscuramento reciproco che sono tanto più simili/diverse in intensità quanto più sono simili/diversi in luminosità i due astri che compongono il sistema. I sistemi binari identificati
analizzando le curve vengono detti binarie fotometriche o binarie ad eclisse.
Fig. 5
La riga spettrale si sdoppia quando le componenti della velocità radiale (lungo la linea di vista) delle stelle sono opposte.Un sistema binario legato può anche essere identificato con tecniche spettrografiche, misurando lo spostamento Doppler delle righe spettrali
4(Fig. 5). Le binarie identificate in questo modo sono dette spettrografiche. Questo metodo non può essere applicato a sistemi
il cui piano orbitale sia ortogonale alla linea di vista, poichè in tale caso le componenti radiali (lungo la linea di vista e quindi misurabili con l' effetto Doppler) delle velocità sono nulle (le velocità sono integralmente tangenziali).
3
La risoluzione dipende dalle ottiche utilizzate per le osservazioni. Il telescopio del Liceo Copernico è equipaggiato con due oculari, uno di lunghezza focale corta (9 mm) e l'altro di focale più lunga (25 cm). L'ingrandimento ottenibile dipende dal rapporto fra la focale del telescopio (1 m nel nostro caso) e quella dell'oculare ( Ing=ftelfoc ). Per cui utilizzando l'uno o l'altro potremo avere rispettivamente 110 o 40 ingrandimenti. Maggior ingrandimento significa maggiore dettaglio nell'immagine a scapito di una minore quantità di luce.
4 Tecnica che si usa anche per identificare sistemi planetari extrasolari.