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CAPITOLO 3 IL PERCORSO DI ACCOGLIENZA, TUTELA E INTEGRAZIONE DEL MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO.

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65 CAPITOLO 3

IL PERCORSO DI ACCOGLIENZA, TUTELA E INTEGRAZIONE DEL MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO.

In questo capitolo esamineremo quello che è il percorso di accoglienza, e le principali norme che lo regolano, per il MSNA rintracciato in Italia, a partire dal suo arrivo sul territorio italiano (o alla frontiera) per arrivare al raggiungimento della maggiore età.

3. 1 Il minore straniero non accompagnato alla frontiera italiana.

Nei capitoli precedenti abbiamo più volte fatto riferimento al divieto di espulsione per il minore straniero che, per qualsiasi ragione, si trovi sul territorio italiano, a norma dell’articolo 19, comma 2, lettera a), del T.U.I..

Passiamo adesso ad analizzare quelle situazioni in cui il minore straniero si trovi invece da solo alla frontiera esterna dello Stato.

Per quanto riguarda la persona maggiorenne, qualora questa si presenti ai valichi di frontiera sprovvista dei requisiti richiesti per l’ingresso regolare nello Stato, previsti dal T.U.I. (e quindi, nello specifico: passaporto, visto, mezzi di sussistenza, non essere segnalato al S.I.S. e non essere condannato per i reati elencati all’art. 380 c.p.p. per i quali è quindi previsto l’arresto in flagranza, oltre che reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione e emigrazione clandestina, il reclutamento

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di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite1), viene respinta2.

Per ciò che attiene invece i minori soli, non vi sono nella legislazione nazionale norme che ne prevedano esplicitamente il respingimento, e questo non viene attuato nemmeno nella prassi delle Forze dell’Ordine3

.

La Risoluzione del Consiglio Europeo del 19974 sui MSNA, a cui abbiamo fatto riferimento anche nel secondo capitolo, in effetti prevedeva la possibilità del respingimento, quando all’articolo 2 affermava:

“Conformemente alle loro legislazioni e prassi nazionali, gli Stati membri possono rifiutare l'ammissione alla frontiera ai minori non accompagnati, segnatamente a quelli sprovvisti dei documenti e delle autorizzazioni necessari a tal fine.”

Tuttavia tale disposizione sembra essere superata sia dalle norme che dalla giurisprudenza successiva5.

Infatti, per citare un esempio, la c.d. Direttiva Rimpatri, emanata dal Parlamento e dal Consiglio Europeo nel 20086, all’articolo 10, prevede, proprio a proposito dei MSNA, che:

“Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un'assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l'interesse superiore del bambino.

Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.”

1 Requisiti previsti all’Articolo 4“Ingresso nel territorio dello Stato” del T.U.I. 2 Articolo 10, comma 1, “Respingimento” del T.U.I..

3

Accorinti M., “Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati” , Consiglio Nazionale delle Ricerche, Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale, Roma, 2014, pag. 23

4 Risoluzione del Consiglio del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati cittadini di paesi terzi (97/C

221/03)

5 Morozzo della Rocca P., I minori d’età nel diritto dell’immigrazione, in Morozzo della Rocca P. (a cura

di), Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline ed orientamenti giurisprudenziali, Ravenna, 2015, Maggioli Editore, pag. 159.

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Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

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Seppur quindi non venga vietato esplicitamente il respingimento, si prevede come clausola di salvaguardia l’assistenza immediata, nonché la verifica di un ambiente idoneo a riaccogliere il minore, nell’ottica della tutela del suo specifico e superiore interesse7

. È quindi auspicabile che, anche per il minore che si trovi alla frontiera, siano primariamente svolte le indagini familiari necessarie affinché possa essere presa una decisione adeguata per ciò che riguarda l’eventualità di un rimpatrio, piuttosto che per l’avvio di un percorso di accoglienza e integrazione in Italia. Questo nel rispetto dell’obbligo di protezione nei confronti dei minorenni8

.

Nella medesima direzione si è espressa anche nel 2010 la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio riguardante il Piano d'azione sui minori non accompagnati (2010-2014) 9, la quale, al paragrafo 4 , denominato “Accoglienza e Garanzie procedurali nell’UE”, afferma:

“Le misure di accoglienza e garanzie procedurali specifiche devono applicarsi dal momento in cui il minore non accompagnato è individuato alla frontiera esterna o sul territorio dell'UE, fino a quando non si trovi una soluzione durevole.[…]”

Per questo motivo, è preferibile mettere in atto una lettura interpretativa estensiva del dettato dell’articolo 19, comma 2, lettera a), ed applicare quindi il divieto di espulsione anche al respingimento, affinché lo Stato che eventualmente dovesse respingere il minore non venga meno ai propri obblighi di protezione e tutela così come sanciti dalle Convenzioni internazionali.

7 Ibidem nota 5. 8

Ibidem nota 3, pag. 24.

9 “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio Piano d'azione sui minori non

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3. 2 Il rintraccio sul territorio italiano: prima accoglienza e segnalazioni.

Nel momento in cui un minore straniero viene rintracciato sul territorio nazionale privo dei genitori o di altre figure per lui legalmente responsabili (in base ad un provvedimento formale), vengono messi in atto una serie di provvedimenti giuridici ed amministrativi, al pari di quanto accade per un minore italiano solo10, oltre ad alcuni atti specifici legati alla condizione di minore straniero non accompagnato.

Per questo motivo è molto importate che sin dall’inizio vengano raccolti sufficienti elementi per accertarne lo status; elementi che poi saranno ulteriormente approfonditi con le indagini familiari.

In primo luogo, chiunque entri in contatto con lui può segnalarlo o accompagnarlo presso una autorità pubblica (polizia municipale, commissariato, stazione dei carabinieri). Lo stesso minore può chiaramente rivolgersi ad una di esse. Inoltre, i pubblici ufficiali hanno l’obbligo di segnalazione11

.

A questo punto, una volta identificato il minore ed accertato il fatto che egli non ha in Italia figure di riferimento che possano immediatamente occuparsi di lui, vengono messe in atto le disposizioni previste dall’articolo 403 del Codice Civile12

, segnalandolo agli enti competenti per la protezione dell’infanzia, quindi, nello specifico, il Comune sul cui territorio il minore è stato rinvenuto, perché sia posto in luogo sicuro.

A questo punto, vengono coinvolti, attraverso la segnalazione, anche altri soggetti.

In primis, il Giudice Tutelare, affinché proceda all’apertura della tutela, in base a quanto

disposto dall’articolo 34313

del Codice Civile, e quindi alla nomina di un soggetto che possa anche rappresentarlo legalmente.

Inoltre, tale segnalazione deve essere inoltrata anche alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni, al fine di valutare l’opportunità di trasmettere il caso al Tribunale, per

10 Art. 37 bis L. n. 184/1983. 11 Art. 33, comma 5, L. n. 184/1983.

12 Art. 403 C. C. “Intervento della Pubblica Autorità a favore dei minori: Quando il minore è moralmente o

materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.”

13

Art. 343 C.C. “Apertura della tutela. Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause (49, 330) non

possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore.[…]”

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eventualmente pronunciarsi sullo “stato di abbandono”14 del minore stesso, e quindi sulla possibile adottabilità.15 Questo è previsto sia dall’articolo 9, comma 1, della Legge n. 184/198316, sia, proprio in riferimento al MSNA, all’articolo 28, comma 1, lettera a) del D.P.R. 394/199917.

Nel caso specifico del MSNA, la legge dispone18 poi che il minore sia segnalato alla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione (Direzione Generale) presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ex Comitato Minori Stranieri, ai fini del censimento. Questo passaggio, pur apparendo secondario rispetto alle altre segnalazioni, è in realtà fondamentale, in quanto consente di poter periodicamente fare riferimento ad una banca dati aggiornata19 su quelle che sono le caratteristiche quantitative e qualitative del fenomeno dei MSNA, e poter quindi attuare, anche a livello di Stato centrale, attività di programmazione adeguate, efficaci ed efficienti.

Il T.U.I. prevede inoltre, all’articolo 2, comma 7, la necessità di segnalare anche alla rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del paese a cui appartiene lo straniero in caso si sia proceduto ad adottare nei suoi confronti provvedimenti in materia di tutela minorile.

Come possiamo dedurre da questo elenco, i soggetti coinvolti sin da subito sono diversi. La centralità e il fulcro dell’intervento rimane però, ai sensi del citato articolo 403 c.c., nelle mani del Servizio Sociale del Comune su cui il minore è stato rintracciato.

Spetta infatti ad esso collocare il minore in un luogo sicuro, generalmente strutture di prima accoglienza o direttamente in comunità, nonché effettuare le dovute segnalazioni 20. Il Comune rimarrà poi l’Ente centrale in tutto il percorso di integrazione ed accoglienza, prendendo effettivamente in carico il minore, sia amministrativamente che

14 Art. 8 L. n. 184/1983.

15 Morozzo della Rocca P., I minori d’età nel diritto dell’immigrazione, in Morozzo della Rocca P. (a cura

di), Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline ed orientamenti giurisprudenziali, Ravenna, 2015, Maggioli Editore, pag. 161.

16 “Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I

pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.”

17 A proposito del rilascio del permesso di soggiorno per minore età: “Se si tratta di minore abbandonato, è

immediatamente informato il tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza”

18 Articolo 5 del DPCM n. 535/1999

19 Sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (www.lavoro.gov.it), nell’apposita sezione

dedicata ai minori stranieri, viene pubblicato mensilmente un report statistico e quadrimestralmente un report di monitoraggio con dati aggiornati.

20 Miazzi L. , Minori non accompagnati in Morozzo Della Rocca P. (a cura di ), Immigrazione e

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professionalmente, attraverso i Servizi, e costruendo, assieme agli altri soggetti (tutore, comunità, eventuale famiglia affidataria o altri parenti naturali presenti) il progetto di presa in carico, almeno sino al compimento della maggiore età. Spesso inoltre, è proprio il Sindaco del Comune che viene nominato tutore o affidatario del minore, con tutti i limiti che tale scelta contiene e che analizzeremo più avanti21.

Questo comporta la necessità di una formazione specifica, sia da un punto di vista giuridico e legale che linguistico - culturale che non tutti gli Enti e non tutti gli operatori riescono ad assicurare22.

21

Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma, 2014, CNR Edizioni, pag. 34.

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3. 3 L’accertamento dell’identità e della minore età.

Come già abbiamo notato, sin dal primo contatto del minore con l’Autorità Pubblica, è fondamentale identificare il minore stesso, così da poter verificare che i genitori, o altri per loro legalmente responsabili, non siano presenti sul territorio italiano.

È molto importante inoltre accertare l’età del minore, soprattutto per quei ragazzi molto vicini al diciottesimo anno di età e nei confronti dei quali possono sorgere legittimamente dubbi sull’autenticità delle dichiarazioni piuttosto che sulla documentazione presentata e in loro possesso.

Per ciò che riguarda l’identificazione, il Regolamento dell’ex Comitato Minori Stranieri prevede che:

“L’identità del minore è accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico – consolari del paese d’origine.”23

Naturalmente, l’identità viene accertata sulla base di eventuali documenti in possesso del minore, oltre che delle sue dichiarazioni, a patto che essi vengano considerati affidabili. Al pari di quanto accade per gli altri stranieri, è possibile che il MSNA sia sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici, nel caso in cui vi siano ragioni per dubitare dell’identità, così come previsto dall’articolo 6, comma 4, del T. U. I.24

.

Si tratta di una misura posta a tutela non solo dell’ ordine pubblico, ma anche del minore stesso, in quanto consente sin dai primi contatti con la Pubblica Amministrazione di poter impostare un percorso adeguato in relazione all’età, la nazionalità, nonché il contesto di provenienza. Permette inoltre di poter sin da subito attivarsi per lo svolgimento delle indagini familiari.

Un discorso a parte merita l’accertamento dell’età. Si tratta di un tema sicuramente molto discusso, oggetto di un ampio dibattito, ed in continua evoluzione, anche in ragione dello sviluppo degli strumenti e delle metodologie tecnico – scientifiche che consentono di determinare con maggiore o minore certezza l’età stessa.

23

Art. 5, comma 3, D.P.C.M. n. 535/1999.

24 Miazzi L. , Minori non accompagnati in Morozzo Della Rocca P. (a cura di ), Immigrazione e

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Tuttavia, manca nell’ordinamento italiano una normativa organica riguardante la materia, e si deve quindi far riferimento ad una molteplicità di fonti, spesso di rango diverso, legate in gran parte dei casi a condizioni e situazioni specifiche e puntuali, e per questo non immediatamente estensibili a tutti i MSNA.

Sicuramente però, la normativa, pur con difficoltà procedurali ed applicative, si rifà ad una serie di principi condivisi (anche a livello internazionale) e rispettosi dei diritti fondamentali.

Come principio di partenza, sia per la normativa che per la prassi, deve anche qui considerarsi in primo luogo l’interesse del minore (o presunto tale), sia nelle modalità con cui si effettuano i test per la determinazione dell’età, sia poi nelle scelte che deriveranno dai risultati, molto spesso contenenti un margine di errore dichiarato 25, ai sensi di quanto previsto sia dalla Convenzione O.N.U. sui Diritti del Fanciullo26 sia, nell’ordinamento italiano, dall’ art. 28, comma 3, del D. Lgs. 286/199827. L’applicazione di tale principio comporta anche il fatto che, qualora all’esito di esami o verifiche l’età accertata oscilli tra la minore e la maggiore età, debba essere privilegiata quest’ultima, con la conseguente applicazione dei benefici e le tutele previste per i minorenni.

È necessario altresì tenere in considerazione quanto previsto dall’articolo 19 della medesima Convenzione O.N.U. sui Diritti del Fanciullo28, ovvero la protezione da qualsiasi forma di abuso e violenza, nel rispetto dell’integrità fisica del minore. Nel caso specifico dell’accertamento dell’età, questo dovrà tradursi nell’utilizzo di metodologie non invasive, e tali da non arrecare traumi o danni al presunto minore. L’esame non potrà quindi limitarsi, come avviene comunemente nella prassi, anche nel caso italiano, ad un esame medico, quale ad esempio la radiografia del polso, dovendosi piuttosto limitare il ricorso ad esso soltanto nella residualità di casi particolari, e preferendo piuttosto far uso di

25 Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma,

2014, CNR Edizioni, pag. 29.

26 L’articolo 3, comma 1, prevede infatti che “ In tutte le decisioni riguardanti i fanciulli che scaturiscano da

istituzioni di assistenza sociale, private o pubbliche, tribunali, autorità amministrative o organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve costituire oggetto di primaria considerazione”.

27

“In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.”

28

Gli Stati parti adotteranno ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore o dei tutori o di chiunque altro se ne prenda cura.”

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altri metodi (colloqui, reperimento di informazioni, valutazione del livello di maturità psico – sociale).

Infine, a garanzia dello straniero minore, o presunto tale, si pone anche il fondamentale principio di non discriminazione, anch’esso sancito dalla Convenzione O.N.U. sui Diritti del Fanciullo29: la nazionalità (così come l’origine etnica piuttosto che specifiche caratteristiche fisiche) non può essere la motivazione per la quale si ricorre sistematicamente ed in via ordinaria all’accertamento dell’età, ma debbono sussistere dubbi di altra natura e da valutare caso per caso30.

Questi ed altri principi sono codificati dalla normativa sovranazionale, ed in molti casi sono stati recepiti anche in quella italiana. Mancano tuttavia, sia a livello nazionale che sovranazionale, protocolli precisi che regolamentino le procedure, nonché i criteri, di attribuzione dell’età. Ciò rende difficoltoso anche per i singoli Stati poter formulare una normativa organica (che, come abbiamo visto, in Italia è appunto assente), in grado di assicurare il godimento dei diritti riconosciuti ai minori nonché di rispettare il principio di uguaglianza.31

La normativa europea sull’argomento ha tuttavia cercato recentemente di fornire indicazioni puntuali e precise.

In particolare, la Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo 2013 / 32 / UE32, prevede una serie di garanzie specifiche per il minore (richiedente asilo, ma estensibile anche agli altri MSNA) in tutta la procedura di determinazione dell’età.

Infatti, essa afferma all’articolo 25 (denominato appunto “Garanzie per i minori non

accompagnati”):

“Gli Stati membri possono effettuare visite mediche per accertare l’età del minore non accompagnato nel quadro dell’esame di una domanda di protezione internazionale, laddove, in base a sue dichiarazioni generali o altre indicazioni pertinenti, gli Stati membri nutrano dubbi circa l’età. Se in seguito gli Stati membri

29 Art. 2, comma 2 della Convenzione : “Gli Stati parti devono adottare ogni misura appropriata per

assicurare che il fanciullo sia protetto contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivata dallo status, le attività, le opinioni espresse o il credo dei suoi genitori, dei suoi tutori o di membri della sua famiglia.”

30 Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) – Rappresentanza per il Sud Europa:“

L’accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati e separati in Italia”, Roma, marzo 2014.

31 Ibidem nota 30. 32

DIRETTIVA 2013/32/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione).

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continuano a nutrire dubbi circa l’età del richiedente, considerano il richiedente un minore.”

Da queste prime righe, possiamo dedurre due aspetti fondamentali nella procedura della determinazione dell’età: la residualità dell’utilizzo di esami specifici (di regola ci si attiene a quanto attestato dai documenti in possesso del minore, o, in assenza di essi, dalle sue dichiarazioni), e la presunzione della minore età nel caso in cui, anche a seguito di esami, l’età determinata oscilli in un range tra la minore e la maggiore età33

.

Procedendo nella lettura della Direttiva (stesso articolo 25), vengono specificati ulteriori dettagli riguardanti le modalità utilizzabili per la determinazione dell’età del presunto minore, anche e soprattutto in relazione all’utilizzo delle visite mediche:

“Le visite mediche sono effettuate nel pieno rispetto della dignità della persona con l’esame meno invasivo possibile ed effettuato da professionisti nel settore medico qualificati che consentano, nella misura del possibile, un esito affidabile.

Se vengono effettuate visite mediche gli Stati membri provvedono affinché:

a) il minore non accompagnato sia informato, prima dell’esame della domanda di protezione internazionale e in una lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire, della possibilità che la sua età possa essere determinata attraverso una visita medica. Le informazioni comprendono il tipo di visita previsto e le possibili conseguenze dei risultati della visita medica ai fini dell’esame della domanda di protezione internazionale, così come le conseguenze cui va incontro il minore non accompagnato che si rifiuti di sottoporsi a visita medica;

b) i minori non accompagnati e/o i loro rappresentanti acconsentano allo svolgimento di una visita medica atta ad accertare l’età dei minori interessati; […]”

Anche da questo paragrafo possiamo comprendere come l’utilizzo di esami medici debba essere una scelta residuale e legata solo a circostanze eccezionali e come debba esser svolta nel modo meno invasivo possibile.

33

Ribadito anche in Morozzo della Rocca P., I minori d’età nel diritto dell’immigrazione, in Morozzo della Rocca P. (a cura di), Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline ed orientamenti giurisprudenziali, Ravenna, 2015, Maggioli Editore, pag. 164-165.

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Importante è anche il fatto che la decisione di effettuare tali esami debba essere sottoposta al consenso dell’interessato (o al tutore, e quindi a qualcuno che possa rappresentarlo legalmente): nel caso specifico del minore richiedente asilo tale clausola ha anche un ruolo di garanzia, in quanto, come specificato poco più avanti nel medesimo paragrafo, il rifiuto di sottoporsi agli esami non può essere da solo causa di decadenza o rifiuto della domanda di asilo.

Quanto previsto dalla presente Direttiva, è difficilmente riscontrabile nella normativa italiana, soprattutto in ragione, come già accennato, della sua frammentarietà.

In tal senso si è espresso anche l’UNHCR nel 2014, in un rapporto denominato appunto ”L’accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati e separati in Italia”, nel quale si evidenziano le molteplici criticità a cui è sottoposto l’ordinamento italiano.

Il rapporto in questione è particolarmente interessante, oltre che per le raccomandazioni che vengono rivolte all’Italia, anche perché offre una sintesi completa di quelli che debbono essere i criteri fondamentali (e le conseguenti garanzie) da rispettare nelle procedure per la determinazione e accertamento dell’età, non solo in via teorica, ma presentando anche indicazioni pratiche.

In particolare, potremmo qui riassumerli così:

 Esistenza di un dubbio fondato e ricorso all’accertamento dell’età solo come

extrema ratio. Come affermato dal rapporto infatti, occorre che “[…] l’accertamento dell’età non sia disposto in maniera sistematica, ma sulla base di una valutazione individuale, obiettiva e imparziale, in presenza di elementi sostanziali che mettano in discussione la presunta età, dopo aver debitamente chiarito e motivato le ragioni del dubbio.”.

 Presunzione della minore età e beneficio del dubbio: la minore età deve essere presunta qualora sussista un dubbio e gli esami non siano in grado di stabilirla con esattezza (come già abbiamo accennato, è sempre presente un margine, o meglio un

range, di errore entro il quale si colloca anche il risultato di esami medici).

 Approccio multidisciplinare ed utilizzo di personale specializzato: il metodo utilizzato per accertare l’età, data la complessità e la difficoltà nel farlo, non può essere unico, ma deve tener conto di una molteplicità di aspetti. Per questo, deve mirare ad accertare sia lo sviluppo fisico che cognitivo, sociale e psicologico, attraverso il lavoro coordinato di un’ equipe multi professionale. A tal proposito, è

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fondamentale che per lo svolgimento di tale delicata attività sia impiegato personale debitamente formato sia nel lavoro con i minori che nella conoscenza dell’ambiente socio-culturale da cui essi provengono.

 Utilizzo di metodi non invasivi e rispettosi della persona: occorre tenere in considerazione quelli che possono essere i rischi per il benessere fisico ma anche psicologico del minore che possono derivare dal sottoporsi a particolari esami diagnostici. Nello specifico, particolari problemi possono porsi nel caso di esami medici che richiedano l’esposizione a radiazioni ionizzanti, il cui utilizzo è controverso in ragione dei danni che possono arrecare.

In generale, le modalità di esami medici utilizzati sono: esame visivo (anamnesi, valutazione indicatori antropometrici e / o sviluppo puberale), valutazione del grado di maturazione scheletrica (principalmente tramite radiografia della mano e del polso) e/o stato di sviluppo dentario.

Oltre a tali esami fisici, utilizzabili, come abbiamo visto, solo in via residuale, viene naturalmente esaminata la documentazione posseduta attestante l’età, vengono raccolte e analizzate informazioni (mediante colloqui con il minore ed il coinvolgimento delle autorità consolari del Paese d’origine), e infine viene valutato il livello di maturità psico - sociale, cognitiva e comportamentale, esame questo che deve tener conto in modo approfondito di fattori sociali ed elementi culturali che certamente si differenziano a seconda della provenienza del minore e che per tale ragione possono fortemente influenzare il risultato.

 L’indicazione del margine di errore che il referto contiene. Questo elemento è fondamentale in quanto, come abbiamo avuto modo di osservare, non esistono esami capaci di offrire risultati univoci ed esatti. È importante inoltre perché tale indicazione consente di impugnare il referto (ed eventuali provvedimenti ad esso conseguenti) davanti all’Autorità Giudiziaria.

 La presenza di un rappresentante indipendente, ma anche di personale a sua volta indipendente nell’accertare l’età.

 Il consenso informato da parte del presunto minore, conseguenza del fatto che egli debba essere in ogni fase informato, ascoltato e messo al corrente, in una lingua e in una modalità comprensibile per lui, sia sulle procedure e le ragioni dell’accertamento sia sulle sue conseguenze che sulla possibilità di poter rifiutare il

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consenso. A tale diritto si collega inoltre quello ulteriore di poter contestare (da parte del presunto minore) sia la procedura che il risultato dell’accertamento.

 Il riconoscimento reciproco del risultato dell’accertamento dell’età. Quest’ultimo punto apre una serie di problematiche legate proprio alla scarsità di normativa organica in materia nell’ordinamento italiano. Infatti, la mancanza di riconoscimento dell’autorevolezza di esami precedenti a cui il minore potrebbe essere stato sottoposto, può comportare che lo stesso minore possa essere sottoposto a più esami proprio perché diversi Enti non riconoscono quanto rilevato e/o diagnosticati da altre strutture, anche pubbliche.

Esemplare a tal proposito è il caso di un ragazzo bengalese, oggetto di sentenza del T.A.R, che nel 2013, a distanza di circa un mese, è stato sottoposto a due diverse procedure di accertamento dell’età, che hanno offerto risultati differenti34

. Mentre il primo ha confermato la minore età, da lui dichiarata, pur con un margine di errore di circa due anni, dai 16 ai 18, il secondo ha invece attribuito al ragazzo un’età di 19 anni. Tale vicenda, è stata appunto oggetto di ricorso davanti al T.A.R. Regionale del Lazio da parte del cittadino straniero nei confronti di Roma Capitale, Ente che aveva disposto il secondo esame. In particolare, oltre ad alcuni elementi procedurali, il ricorrente si è opposto nel merito nei confronti di Roma Capitale contestando l’eccesso di potere, a suo dire esercitato nel momento in cui lo ha sottoposto ad un ulteriore esame di accertamento dell’età, senza acquisirne il consenso, e senza aver prima contestato l’esito del primo esame.

Il Giudice, tuttavia, considera infondato il ricorso, adducendo tale motivazione:

“[…] circa la ratio di tale ulteriore accertamento, va ulteriormente precisato che il primo accertamento svolto nei confronti del ricorrente è stato effettuato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli, senza alcun ausilio di strumenti diagnostici, mentre il secondo accertamento, affidato ad una Commissione appositamente istituita e specializzata, è finalizzato unicamente alla determinazione dell’età

34 La sentenza oggetto di analisi non è unica nel suo caso, vd. Ad esempio T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent.,

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anagrafica attraverso esami diagnostici valutati collegialmente con l’apporto di varie specializzazioni”35

.

Da questo caso specifico possiamo notare come la non uniformità di strumenti, conseguenza della mancanza di procedure e protocolli condivisi, possa portare a una disomogeneità tale da smentire i diversi risultati nonché a vanificare i provvedimenti adottati nei confronti dello straniero inizialmente considerato erroneamente minore, quali, ad esempio, l’inserimento in comunità.

Molti elementi ci inducono quindi a considerare la necessità di prevedere maggiori garanzie, sia per il presunto minore che per gli Enti deputati all’accoglienza, anche sulla base delle indicazioni sopra esposte.

Analizziamo adesso quella che è la normativa italiana in materia. La prima fonte a cui possiamo far riferimento è il Decreto Legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008 “Attuazione

della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”, il quale

all’articolo 19 prevede che:

“Se sussistono dubbi in ordine all’età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo rappresentante legale, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne l’età. […]”

Questa norma si riferisce in primo luogo ai MSNA richiedenti asilo, ma è stata poi nella pratica estesa a tutti i MSNA.

35 T.A.R. Lazio Sezione seconda sentenza sul ricorso 2596/2014. La medesima sentenza afferma inoltre,

sempre riguardo alla differenza tra i due esami ai quali il ricorrente era stato sottoposto,: ”Le finalità del

disposto accertamento specialistico e le modalità con cui lo stesso è stato condotto, alla luce della miglior scienza ed esperienza disponibili e sulla base di un protocollo predeterminato, non consentono di ravvisare alcuna lesione, per effetto dell'adozione del gravato provvedimento di dimissioni del ricorrente dal centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, dell'invocato principio della presunzione della minore età, non essendo invero condivisibili le affermazioni di parte ricorrente circa l'inattendibilità dell'accertamento dell'età effettuato dalla apposita Commissione, dovendo al riguardo richiamarsi quanto innanzi illustrato circa la natura degli esami effettuati e la relativa valenza, che consentono di ritenerne la prevalenza rispetto agli esiti del precedente sommario accertamento svolto presso l'Ospedale Fatebenefratelli che, in quanto effettuato sulla base di un esame diretto del soggetto, senza ulteriori ausili diagnostici e strumentali, non necessita di essere appositamente contestato, in quanto superato da accertamenti specialistici condotti secondo il miglior protocollo disponibile, con l'ulteriore conseguenza che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non può predicarsi l'equivalenza tra i due accertamenti, stanti le rilevate differenze metodologiche e di approfondimento tra gli stessi, che si riflettono sul carattere di maggiore attendibilità del secondo accertamento medico.”

(15)

79

La norma ha carattere residuale, ovvero, dovrebbe applicarsi soltanto in quei casi in cui sussistono dubbi sulla minore età, per assenza di documenti o per inadeguatezza o apparente inaffidabilità degli stessi. In tutti gli altri casi, l’autorità pubblica dovrebbe attenersi alla documentazione presentata.

Inoltre, prevede sia la necessità del consenso da parte del diretto interessato36 (la cui mancanza, nel caso particolare dei MSNA richiedenti asilo, non è motivo di rifiuto della domanda né di adozione della richiesta37) sia la necessità di utilizzare metodi di accertamenti dell’età non invasivi.

Oltre a questo articolo specifico, ad oggi riferimento legislativo principale per ciò che riguarda l’accertamento dell’età, vale la pena ricordare anche la Circolare del 9 luglio 2007 del Ministero dell’Interno e le Linee Guida del Comitato Minori Stranieri dello stesso anno.

La Circolare sottolinea l’importanza dell’identificazione e dell’accertamento dell’età del minore migrante, al fine primariamente di poter meglio tutelare i suoi diritti. Per la stessa ragione, si prevede che, nel caso in cui sussista un dubbio riguardo all’età38, anche dopo l’effettuazione degli esami necessari, e nel tempo necessario ad acquisirne i risultati, si presuma comunque la minore età39:

“[…]la minore età deve essere presunta qualora la perizia di accertamento indichi un margine di errore.

Si soggiunge, infine, che fintantoché non siano disponibili i risultati degli accertamenti in argomento, all'immigrato dovranno essere comunque applicate le disposizioni relative alla protezione dei minori.”

Sempre in questa direzione di colloca anche la disposizione prevista dalle Linee Guida del Comitato Minori Stranieri del 2007, le quali riprendono ed approfondiscono quanto espresso dalla Circolare citata, e stabiliscono che, qualora il minore sia in possesso di un

36 Ribadito anche al comma 3 del medesimo articolo. 37 Art. 19 comma 3, D. L. ivo 28 gennaio 2008 n.25.

38 La medesima Circolare afferma che: “[…]come è evidenziato dalla prassi, tali accertamenti non

forniscono, di regola, risultati esatti, limitandosi ad indicare la fascia d'età compatibile con i risultati ottenuti, può accadere che il margine di errore comprenda al suo interno sia la minore che la maggiore età.”.

39 Nel prevedere questo, la Circolare cita tra gli altri l'art. 8, comma 2, del D.P.R. 22.9.1988, n. 448

“Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni". Come possiamo intuire, è una norma che in primis si riferisce al processo penale, ma come accade per il D. L. ivo 25/2008, il quale fa riferimento ai MSNA richiedenti asilo, anche tale articolo viene esteso a tutti i MSNA.

(16)

80

documento che riporta soltanto l’anno di nascita, si debba presumere come data di nascita il 31 dicembre dell’anno riportato40

.

Affrontare in maniera abbastanza estesa l’argomento dell’accertamento dell’età appariva doveroso, in quanto si tratta di un atto fondamentale poi per l’attuazione delle successive fasi di accoglienza e di presa in carico. Passeremo quindi, nei prossimi paragrafi, ad occuparci nello specifico di quelle che sono gli adempimenti necessari per l’accoglienza, nonché le procedure e le modalità più utilizzate e diffuse.

40 Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma,

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3. 4 La Tutela Legale del Minore Straniero Non Accompagnato.

L’ordinamento italiano prevede che la persona minore di età sia incapace di agire giuridicamente e quindi di poter autonomamente tutelare i propri diritti.

Per questo, non appena il MSNA viene rintracciato sul territorio italiano, identificato come minore ed accertato che non ha in Italia figure per lui legalmente responsabili, è necessario provvedere sia alle segnalazioni di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti, sia alla nomina di un tutore.

Infatti, ai sensi dell’articolo 343 del Codice Civile:

“Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e degli interessi del minore.”

Questa disposizione trova riscontro anche nella L. n. 184/1983 che, come abbiamo visto, si applica anche al minore straniero, e che, all’articolo 3 prevede che, da un lato i legali rappresentanti della comunità a cui il minore è affidato esercitino in via provvisoria i poteri tutelari41, dall’altro che essi stessi procedano, entro trenta giorni dall’accoglienza, alla proposta dell’istanza per la nomina del tutore stesso, precisando che essi non possono essere chiamati a ricoprire tale ufficio42.

Alla nomina del Tutore procede (su segnalazione della pubblica autorità) il Giudice Tutelare43. È frequente che il tutore nominato sia il Sindaco del Comune sul cui territorio il minore è stato rintracciato, il quale poi delega quelle che sono le funzioni specifiche del tutore al Servizio Sociale. Tuttavia, tale prassi desta alcuni dubbi, in quanto può apparire come una semplice funzione burocratica che entra a far parte dei compiti di un ufficio pubblico, mentre, come vedremo in seguito, si tratta di un compito molto delicato, nonché prolungato nel tempo. Inoltre, benché non sussistano incompatibilità formali come invece

41 Art. 3, comma 1, L. n. 184//1983:“I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di

assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.”

42 Art. 3, comma 2, L. n. 184/1983: “Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza del

minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.”

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accade per i legali rappresentanti delle comunità e strutture di accoglienza, la situazione per cui il tutore è anche l’Ente Locale erogatore (direttamente o indirettamente, tramite ad esempio convenzioni con il Terzo Settore) dell’accoglienza e dell’assistenza, può dar luogo a conflitti di interessi tra l’Ente appunto, e il minore (in tal caso l’assistito) del quale però, l’Ente stesso è il legale rappresentante44

.

L’ incompatibilità causata da possibili conflitti di interesse è stata recentemente sollevata anche con la Direttiva UE 2013/33/UE45, la quale, all’articolo 24, paragrafo 1, ha precisato che:

“[…] Le organizzazioni o gli individui i cui interessi contrastano o possono potenzialmente contrastare con quelli del minore non accompagnato non sono ammissibili ad assumere il ruolo di rappresentanti.”

Per questi motivi, in alcune realtà italiane è stata tentata l’introduzione della nomina di tutori esterni alla Pubblica Amministrazione, in genere avvocati. Tale esperienza non ha però semplice applicazione anche in considerazione del fatto che l’ufficio di Tutore deve essere svolto gratuitamente, e implica un impegno non indifferente46.

Infatti, le funzioni del Tutore sono in generale piuttosto ampie e complesse, così come stabilito dal Codice Civile, in quanto egli “ha la cura della persona del minore, lo

rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni”47.

Questo implica non solo un impegno di tipo amministrativo (benché tra le funzioni del tutore vi siano anche quella di gestione di un eventuale patrimonio del minore), ma una cura a tutto tondo delle necessità del minore stesso, che, soprattutto nel caso del MSNA, possono essere particolarmente difficoltose.

Infatti, come previsto dal Codice Civile, il Giudice Tutelare, proprio sulla base della proposta fatta dal tutore, delibera anche “[…] sul luogo dove il minore deve essere allevato

44 Morozzo della Rocca P., I minori d’età nel diritto dell’immigrazione, in Morozzo della Rocca P. (a cura

di), Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline ed orientamenti giurisprudenziali, Ravenna, 2015, Maggioli Editore, pag. 167-168.

45

“Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 , recante norme

relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.” Nonostante tale previsione si applichi ai

MSNA richiedenti asilo, essa può essere estesa a tutti i MSNA, poiché anche nel caso di MSNA non richiedenti asilo possono comunque sorgere conflitti di interessi con le istituzioni deputate all’accoglienza.

46

Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma, 2014, CNR Edizioni, pag. 35.

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83

e sul suo avviamento agli studi o all’esercizio di un’arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci […]” 48

.

Da ciò discende una serie di adempimenti piuttosto ampia. Si tratta in primo luogo, come già detto, di proporre al Giudice Tutelare il luogo nel quale il minore sarà accolto (non necessariamente presso il tutore stesso), quindi un’eventuale struttura di accoglienza o comunità educativa, piuttosto che una famiglia affidataria.

Il tutore inoltre, in prima persona, o delegando altri, come ad esempio gli operatori delle strutture in cui il minore è inserito, procede ad avviare le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno (presso la Questura territorialmente competente), provvede all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, nonché a scuola, piuttosto che a corsi professionali od altre attività.

Il tutore inoltre rappresenta legalmente il MSNA nel caso in cui quest’ultimo incorra in sanzioni penali, nonché se ha necessità di impugnare provvedimenti emessi nei suoi confronti dall’Autorità Giudiziaria e/o Amministrativa.

Infine, come vedremo meglio nel capitolo dedicato ai MSNA richiedenti asilo, il tutore accompagna il minore all’audizione della Commissione che valuta il riconoscimento per lo

status di rifugiato, e lo segue nell’intera procedura di richiesta d’asilo49.

Oltre a queste funzioni di tipo ordinario, il tutore può essere chiamato ad intervenire anche in situazioni eccezionali, quali ad esempio problemi di salute piuttosto che necessità di modifica del progetto assistenziale. Per questo motivo, si richiede la sua piena reperibilità. L’incarico del tutore è pro tempore, ovvero, egli rimane in carico fino al compimento del diciottesimo anno di età del minore, momento in cui, in base alla legge italiana, egli acquisisce capacità di agire50ed è quindi in grado di tutelare legalmente i propri interessi, motivo per cui il tutore, conseguentemente, decade.

La nomina del tutore è un primo e fondamentale passaggio del progetto di accoglienza, che potremmo definire propedeutico a tutte le azioni successive. Nonostante ciò, le statistiche indicano come vi sia una forte disparità nelle prassi attuate dai diversi Enti presenti sul territorio nazionale, e come non in tutti i casi, nonostante le precise disposizioni previste

48 Articolo 371 Codice Civile “Provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione”.

49 Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma,

2014, CNR Edizioni, pag. 34.

50

Sulla base dell’ Art. 2 del Codice Civile “Maggiore età. Capacità di agire”: “La maggiore età è fissata al

compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa.”

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dalla legge, si provveda alla segnalazione al Giudice Tutelare e quindi all’apertura della tutela.

Il Rapporto ANCI/Cittalia sui MSNA del 2014 rivela che, benché vi sia stato un aumento, nel periodo che va dall’anno 2008 all’anno 2012, nella percentuale di tutele aperte sul numero di minori accolti, essa sia ancora lontana dal totale. Infatti, se nel 2008 il numero di minori accolti in seconda accoglienza era di 3.841, e le tutele aperte 1.391(ovvero, il 36,2%), nell’anno 2012, su 4.181 MSNA, le tutele erano di 2.981, corrispondenti al 71,3%51.

Considerata la delicatezza del ruolo, la complessità dei compiti da svolgere e la conoscenza della materia giuridica, ma non solo, nell’ambito minorile e dell’immigrazione che esso richiede, si rende necessario che egli sia una persona affidabile, adatta a ricoprire tale ufficio ed adeguatamente formata, meglio se personale volontario ed indipendente dalle istituzioni, e che sia scelto con cura sia dal Giudice Tutelare che della Pubblica Amministrazione segnalante e che ha in carico il minore.

È importante inoltre che egli sia reso partecipe della progettualità che verrà predisposta, e che, con l’ausilio dei Servizi Sociali e degli altri attori implicati nell’accoglienza, dovrà aver cura di attuare e di monitorare.

Questo per evitare che la figura del tutore sia soltanto un ruolo burocratico – amministrativo e possa, al contrario, divenire un punto di riferimento per il ragazzo e per la rete di integrazione che lo sostiene, così come previsto dalla normativa specifica sulla tutela che abbiamo cercato di illustrare.

51 Fonte dati: A cura di Giovannetti M., I minori stranieri non accompagnati in Italia, V rapporto

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85

3. 5 Il progetto di accoglienza e integrazione del MSNA in Italia. aspettative e realtà.

3.5. 1 L’accoglienza alloggiativa, il passaggio alla seconda accoglienza e il rischio di fughe.

Una volta che il Minore Straniero non Accompagnato è stato rintracciato ed identificato sul territorio italiano, e la sua posizione è stata regolarizzata, sia attraverso il rilascio del permesso di soggiorno52 sia attraverso la nomina di un tutore che possa legalmente rappresentarlo nonché curare i suoi interessi, inizia la fase dell’accoglienza vera e propria, con tutte le sfide e le difficoltà che essa comporta.

Come già affermato diverse volte, una volta che lo straniero è stato riconosciuto come minorenne, e nello specifico come MSNA, le procedure per la sua protezione sono analoghe a quelle che si aprono per un qualsiasi minore italiano provvisoriamente o permanentemente privo delle figure esercitanti per lui la responsabilità genitoriale.

Quindi, oltre alle disposizioni previste dal Codice Civile per l’apertura della tutela, vengono applicati quelli che sono gli istituti contenuti nella Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore ad una famiglia”, la quale nello specifico disciplina l’affido e l’adozione.

Abbiamo avuto modo di specificare che il MSNA non necessariamente coincide con il minore in stato di abbandono, che, data questa sua condizione, può essere dichiarato adottabile sulla base degli articoli 8 e seguenti della citata legge. In molti casi infatti la famiglia è presente, ma impossibilitata a svolgere le proprie funzioni di cura in ragione della distanza fisica. Per questo, più frequentemente, si applica quanto previsto dalla L. n. 184/1983 in materia di affidamento.

In particolare, l’articolo 2 della legge prevede:

“ 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di

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assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.”

La legge, in considerazione dell’importanza che la crescita entro un ambiente familiare ha per lo sviluppo del bambino e del ragazzo, indica prioritariamente la necessità di prevedere, per coloro che non possono, per le più varie ragioni, vivere assieme alla propria famiglia di origine in via non definitiva, l’inserimento entro un nucleo familiare (diverso dal proprio o facente parte della famiglia allargata) disposto ad accoglierli temporaneamente.

Tuttavia, consapevole delle difficoltà esistenti nel reperimento di tali famiglie affidatarie, delle difficoltà legate all’abbinamento con i bambini e i ragazzi in affido, nonché alla pluralità e complessità delle situazioni che non sempre rendono opportuno l’inserimento in un nucleo familiare diverso dal proprio, il legislatore ha inteso prevedere come alternativa quello delle comunità educative, familiari e di accoglienza53.

È proprio in queste strutture che vengono generalmente accolti i MSNA, sia nella prima accoglienza, in maniera più emergenziale, sia nella seconda, nella quale si sviluppa il percorso di integrazione.

Alcuni dati quantitativi molto sintetici, ma al tempo stesso molto significativi, per inquadrare il fenomeno dell’accoglienza sono quelli riportati quadrimestralmente nel report di monitoraggio predisposto dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione, che dal 2012 svolge anche le funzioni dell’ex Comitato Minori Stranieri (tra cui appunto quella di censire i MSNA presenti sul territorio italiano)54.

53 Per ciò che riguarda le situazioni di emergenza, coincidenti con la quasi totalità dei casi dei MSNA, si

applica anche quanto disposto dall’articolo 403 del Codice Civile.

54

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione “I minori stranieri non accompagnati (MSNA) in Italia – Report di Monitoraggio. Dati al 31

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87

Sulla base di tali dati, al 31 dicembre 2015, su un totale di 11.921 MSNA presenti, oltre l’89,3% per cento di loro è stato accolto presso una struttura (in valore assoluto, 10. 648), mentre, appena il 5,7% presso privati (corrispondenti a 675 minori)55.

La scelta di inserire tali minori in strutture di accoglienza56, piuttosto che procedere alla ricerca di una famiglia affidataria, è dettata da una molteplicità di fattori: in primo luogo, come abbiamo visto, dalla situazione emergenziale, che porta a dover immediatamente collocare in un luogo adeguato il minore, non appena egli sia stato rintracciato sul territorio. In tal caso, le strutture coinvolte possono essere sia quelle che vengono definite dal Nomenclatore Regionale Toscano57 come “strutture di pronta accoglienza per minori”, le quali, sempre in base alla definizione del nomenclatore, costituiscono “[…]strutture

residenziali, per minori in situazioni di emergenza, che provvedono alla tempestiva e temporanea accoglienza di essi quando si trovano in situazione di abbandono o di urgente bisogno di allontanamento dall'ambiente familiare. Il limite massimo dei minori può essere temporaneamente elevato qualora sia necessario accogliere ragazzi per i quali non sia momentaneamente possibile una alternativa.“, sia le stesse comunità educative e/o

residenziali58 in cui poi si svilupperà l’intero percorso di accoglienza, qualora vi siano posti disponibili.

Oltre a tali aspetti prettamente pratici, occorre considerare anche le caratteristiche personali e demografiche di questi minori.

Come abbiamo avuto modo di analizzare nel secondo capitolo, si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi con un’età superiore ai 15 anni, con un progetto migratorio ben preciso, con desideri e aspettative elevate e variegate, e, soprattutto, con un debito forte nei confronti della famiglia d’origine rimasta in patria.

55

Rispetto al rimanente 5% (ovvero, 598 minori), il dato riguardate la soluzione di accoglienza non è disponibile.

56 Sempre secondo il report del Ministero si tratta nella maggior parte dei casi, (82%) di strutture autorizzate

ed accreditate dall’ente pubblico.

57 Il nomenclatore regionale toscano contiene la definizione degli interventi sociali e socio sanitari integrati

erogati dalla Regione Toscana, ma molti di essi sono presenti sull’intero territorio italiano. E’ stato approvato con D. G. R. Toscana 580/2009.

58

Sempre in base al Nomenclatore Regionale Toscano è definita Comunità socio educativa per minori quel “Presidio residenziale a carattere educativo, rivolto prevalentemente a preadolescenti e adolescenti

sprovvisti di figure parentali idonee a seguirli nel processo formativo. L’assistenza è fornita da educatori professionali che esercitano in quel contesto la loro specifica professione in forma di attività lavorativa. Ogni educatore esercita la propria funzione su un piccolo gruppo di ospiti (generalmente inferiore a 12) ed è tenuto a rispettare dei turni lavorativi che garantiscano la presenza costante di almeno un adulto per ogni gruppo di minori.”

(24)

88

Tali caratteristiche, rendono difficile poter pensare alla costruzione di un progetto di affido che vada a buon fine, sia per la famiglia affidataria che per il ragazzo inserito. Sono infatti soprattutto i timori delle possibili famiglie affidatarie a frenare questo tipo di progettualità. Le paure principali sono quelle legate all’età del minore, come detto generalmente adolescenziale, sia alle esperienze specifiche del giovane migrante (traumi legati al viaggio, richieste della famiglia d’origine, rischio di devianza)59

.

Eppure, varrebbe la pena di investire in questo tipo di accoglienza, nella sensibilizzazione all’affido e nel reperimento di famiglie affidatarie, per due ordini di motivi: da un lato, la possibilità di poter offrire un’alternativa a quei minori che presentano difficoltà ad adattarsi a quelle che sono le regole e le dinamiche della vita comunitaria, dall’altro perché il permesso di soggiorno cosiddetto per affidamento consente la sua convertibilità al raggiungimento della maggiore età senza bisogno del parere dell’ex Comitato Minori Stranieri, semplificando non poco il procedimento amministrativo, e soprattutto offrendo al minore sin dalle prime fasi di accoglienza la certezza che il suo percorso in Italia continuerà anche dopo i diciotto anni, con le conseguenze che, in termini di motivazione ed impegno, questa consapevolezza può offrire nell’affrontare i percorsi scolastici, formativi e lavorativi che verranno proposti, nonché nella prevenzione delle fughe.

L’accoglienza e il percorso di integrazione del MSNA richiede una serie di competenze specifiche, a partire dagli atti necessari per l’ottenimento del permesso di soggiorno per poi passare all’iscrizione ai corsi di studio e di apprendimento della lingua italiana, che difficilmente possono essere soddisfatte da un nucleo familiare affidatario, a meno che non sia adeguatamente formato e preparato.

In generale, come scrive Marco Accorinti nel suo report riguardante l’accoglienza dei MSNA in Italia, le strutture in cui avviene la prima accoglienza dovrebbero garantire:

“- un ambiente accogliente e familiare in cui il minore possa sentirsi accolto e

rispettato;

- condizioni di vita dignitose e adeguate a favorire lo sviluppo fisico e psichico di soggetti in età evolutiva (apertura durante le ventiquattro ore, fornitura di cibo qualitativamente e quantitativamente adeguato, condizioni adeguate per garantire l’igiene personale, il vestiario etc.);

59 A cura di Giovannetti M., I minori stranieri non accompagnati in Italia, V rapporto ANCI/CITTALIA,

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89

-il rispetto delle esigenze culturali e religiose del minore (rispetto delle abitudini alimentari, possibilità di praticare la propria religione, possibilità di parlare la propria lingua etc.).” 60

La sfida vera e propria dell’accoglienza comincia però in un secondo momento, quando occorre predisporre il progetto socio educativo del minore stesso. È proprio qui che il personale sia degli Enti Locali e del altri attori della pubblica amministrazione, sia gli operatori della comunità devono mettere in campo la capacità di intercettare i bisogni del MSNA, le sue aspettative e le sue frustrazioni. Tale abilità si rivela infatti un elemento dirimente nel progetto di accoglienza. Non è infatti pacifico e scontato che quelli che sono i desideri del minore corrispondano sempre alle prassi di accoglienza predisposte ed attuate dalle istituzioni e dalle comunità.

Tale incapacità di comprendersi, può portare ad un abbandono del progetto da parte del minore stesso, che molto spesso si concretizza nella fuga dalla comunità. Fuga che riporta il ragazzo in una condizione di clandestinità, che diventa a sua volta l’anticamera dello sfruttamento e della tratta.

I dati contenuti nel V rapporto ANCI sulla situazione dei Minori Stranieri Non Accompagnati in Italia offrono un panorama poco rassicurante su quello che è l’andamento del fenomeno delle fughe, sin dalle prime fase cosiddette di pronta accoglienza61.

Nell’anno 2012, su 6.551 minori accolti in prima accoglienza, il 26,4% di essi si sono resi irreperibili, ovvero 1.730. È bene specificare che tale incidenza percentuale si è ridotta in questi ultimi anni, passando dal 62,3% del 2006 a poco più del 26% del 2012, segno probabilmente che migliorano le capacità delle strutture e degli operatori dell’accoglienza. Tuttavia, la percentuale rimane alta, così come dovrebbe rimanere alta l’attenzione sul tema. Commentando questi dati, lo stesso Rapporto ANCI afferma infatti:

“Il tema degli allontanamenti rappresenta uno dei problemi con i quali gli operatori si confrontano quotidianamente e che interroga i servizi, e non solo, sull’adeguatezza degli interventi che tendono a proteggere e tutelare il minore e

60 Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma,

2014, CNR Edizioni, Pag. 45.

61 A cura di Giovannetti M., I minori stranieri non accompagnati in Italia, V rapporto ANCI/CITTALIA,

(26)

90

che spesso, purtroppo, mal si conciliano con le aspettative, i bisogni di un adolescente prossimo alla maggiore età teso a portare a compimento il proprio progetto migratorio che ha come obiettivo specifico quello di lavorare e guadagnare soldi da mandare alla famiglia d’origine. Oltre a ciò, l’adeguatezza delle strutture destinate all’accoglienza, l’attivazione o meno di servizi ed interventi adatti ad affrontare il primo periodo, condizionano la qualità della “risposta” e rendono più o meno corrispondente ai bisogni del minore l’intervento di presa in carico. Purtroppo non sempre e ovunque siamo in presenza di una progettualità ricca e strutturata adatta ad affrontare la fase più difficile nella quale vanno impiantate le prime radici di una relazione fondamentale per il destino futuro del minore, e un dato e che ci spinge a ritenere cruciali gli interventi di primo periodo e proprio quello legato al fatto che la più alta percentuale di “dispersione” si verifica entro la prima settimana (50,3%) per poi scendere nei periodi successivi e risalire trascorse oltre quattro settimane (27,4%).”

Le fughe riguardano soprattutto quei minori che sono inseriti entro progetti migratori più ampi, nei quali il passaggio e l’eventuale sosta in Italia non è che una tappa intermedia. La fuga dalle strutture e dai percorsi di integrazione è quindi funzionale al proseguimento del viaggio. Inaspettatamente, esse coinvolgono anche minori provenienti da zone di guerra, per i quali sarebbe quasi certo il rilascio di un permesso di soggiorno per asilo o per motivi umanitari: nonostante ciò, essi non presentano domanda e dopo pochi giorni si danno alla fuga, probabilmente per cercare di raggiungere paesi nei quali possono contare su maggiori opportunità, anche lavorative, nonché su una più solida rete informale formata da connazionali62. Tutti questi motivi ci suggeriscono quanto il progetto di accoglienza, l’adeguatezza delle prassi, la formazione e la professionalità degli operatori, siano elementi fondamentali sin dalle prime fasi dell’accoglienza, principalmente per ragioni di tutela e protezione, oltre che per porre le basi per la seconda e più duratura accoglienza. La sfida infatti che si apre nella seconda fase è quella dell’integrazione, che superi la situazione emergenziale e possa offrire una prospettiva di lungo periodo, capace di andare anche oltre la maggiore età.

62 Accorinti M., Politiche e pratiche sociali per l’accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, Roma,

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3. 5. 2 La seconda accoglienza e la sfida dell’integrazione.

Una volta messi in atto i primi interventi, sia alloggiativi che di tutela e protezione (quali l’inserimento in strutture di accoglienza, le segnalazioni all’ex Comitato Minori Stranieri, al Tribunale dei Minorenni e al Giudice Tutelare per l’apertura della tutela), si avvia quella che viene definita come seconda accoglienza, il cui strumento cardine è il progetto educativo e di accoglienza sociale63.

Come noto, non vi è una normativa né una prassi uniformemente diffusa sull’intero territorio nazionale, nonostante le indicazioni fornite dalla Direzione generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del Lavoro e Delle Politiche Sociali attraverso le sue Linee Guida dedicate appunto al tema dei MSNA.

Generalmente quindi, si tiene conto di indicazioni regionali, che poi i singoli Enti e le singole zone cercano di tradurre in prassi più o meno consolidate. Ci sono tuttavia una serie di passaggi e di azioni che quasi ovunque vengono attuati, e che cercheremo di esaminare.

Occorre innanzi tutto che la comunità educativa e di accoglienza, ove non abbia ancora provveduto il tutore, proceda all’iscrizione del minore al Servizio Sanitario Nazionale, tramite l’Azienda U.S.L. situata sul territorio di residenza. Tale iscrizione è obbligatoria, e dà diritto ad alcuni servizi, come vaccinazioni, profilassi, esami diagnostici, tutela sociale della gravidanza e della maternità. Consente inoltre di accedere ad ulteriori prestazioni, gratuitamente o in regime di compartecipazione (ticket) a seconda della specifica normativa regionale, quali: visite mediche ambulatoriali e specialistiche, anche a domicilio, ricoveri in ospedale, esami diagnostici (ematici, radiografie e ecografie), assistenza riabilitativa e per protesi. Permette inoltre di poter ricevere i farmaci, anche in questo caso gratuitamente o con compartecipazione. Considerata l’importanza del diritto alla salute, sancito dalla L. 23 dicembre 1978, n. 83364, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale nonché ribadito nello specifico per i minori, dalla Convenzione O.N.U. sui

63 Ibidem nota 62, pag. 45. 64

Legge 23 dicembre 1978, n. 833 Istituzione del servizio sanitario nazionale, articolo 1, comma 1: “La

Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.”

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