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Corte di Cassazione 17 gennaio 2014, n. 901

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Corte di Cassazione 17 gennaio 2014, n. 901

Svolgimento del processo

Il Pretore di Patti condannava il Ministero del Lavoro, quale gestore del Fondo di mobilità della

manodopera, e l’INPS al pagamento, a favore di B.R.E., rispettivamente della somma di lire 891.204 e lire 2.702.678, con gli accessori di legge, a titolo di trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo di cassa integrazione guadagni, rigettando, per quanto ancora rileva in questa sede, l’eccezione di prescrizione formulata dal Ministero perché generica.

Proponeva appello il Ministero e il Tribunale di Messina confermava tale decisione.

Su ricorso del Ministero, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7094/07, annullava con rinvio la decisione impugnata, rilevando che non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 cod. proc. civ. la parte che, proposta originariamente un’eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa, e che il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere di applicare una norma comprovante un termine diverso.

Il processo veniva riassunto davanti alla Corte d’appello di Messina, la quale, con sentenza del 10 febbraio - 29 marzo 2011, dichiarava prescritto il credito fatto valere dal B., rilevando che esso aveva natura

retributiva ed era quindi soggetto alla prescrizione quinquennale. E poiché il periodo di integrazione salariale era cessato nel marzo 1990, tale prescrizione era maturata allorché, con il ricorso del 25 ottobre 1995, era stata proposta l’azione giudiziale.

Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il predetto lavoratore sulla base di un solo motivo.

Ha resistito con controricorso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (già Ministero del Lavoro). L’INPS ha rilasciato procura al suo difensore, il quale ha partecipato alla discussione orale.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo del ricorso il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., 21, comma 5, e 28 L. 675/77, 8 D.L. n. 86/88, convertito nella L. 160/88, 2 L. 297/82.

Deduce che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, il credito del lavoratore relativo al trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo di cassa integrazione, per presupposti e finalità ha natura previdenziale, onde non è soggetto alla prescrizione quinquennale bensì a quella decennale, nella specie non maturata.

Il ricorso è fondato.

Questa Corte, con sentenza del 3 aprile 2007 n. 8339, in una controversia del tutto analoga alla presente, ha affermato che il credito per cui è controversia, per presupposti e finalità, ha natura previdenziale e non

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retributiva, con conseguente applicazione della prescrizione decennale. Esso infatti, in quanto relativo al periodo di cassa integrazione e non compensativo di prestazioni di lavoro effettivamente rese ma gravante sul sistema previdenziale, assicura mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore temporaneamente ed involontariamente disoccupato.

Conformemente, questa Corte (Cass. 24 febbraio 2006 n. 4183) ha riconosciuto natura previdenziale al credito vantato dal lavoratore nei confronti dell’INPS ex art. 2 L. 297/82 (Fondo di garanzia), in caso di insolvenza del datore di lavoro, per la corresponsione degli emolumenti retributivi inerenti agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro.

In applicazione di tali principi, la sentenza impugnata, che ha ritenuto la natura retributiva del credito, deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, pacifico essendo che la prescrizione decennale non era maturata allorché venne proposta la domanda giudiziale, la causa va decisa nel merito, con la condanna del solo Ministero resistente - così come chiesto dal ricorrente - al pagamento a favore del B. della somma di € 423,08, come da sentenza di primo grado, con gli accessori di legge.

Vanno compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito, atteso il diverso esito dei relativi giudizi, mentre il Ministero resistente va condannato al pagamento delle spese del precedente giudizio di

cassazione e del presente giudizio, come in dispositivo, con distrazione a favore dei difensori dei ricorrenti. Nulla per le spese nei confronti dell’INPS, nei cui confronti il ricorrente non ha avanzato alcuna pretesa.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al pagamento, a favore del ricorrente, della somma di € 423,08, con gli accessori di legge. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna il predetto Ministero al pagamento delle spese del precedente giudizio di cassazione e del presente giudizio, che liquida, per ciascuno di essi, in € 100,00 per esborsi ed € 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, con distrazione a favore dei difensori del ricorrente. Nulla per le spese nei confronti dell’INPS.

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