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STORIA DEI PROBLEMI AMBIENTALI

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Academic year: 2021

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(1)

STORIA DEI PROBLEMI AMBIENTALI

Giandomenico Piluso (DEPS)

Lezioni: mercoledì: 10-12 (aula 2) giovedì: 12-14 (aula 1)

Ricevimento: giovedì: 10-12,

ufficio 219, 2° piano, Dipartimento di Economia Politica e Statistica

Tutte le informazioni: http://www.econ-pol.unisi.it/piluso/didattica.htm Contatti: giandomenico.piluso@unisi.it

(2)

Il corso

Il corso si svolge in 40 ore, articolato in due moduli di 20 ore ciascuno, e comporta l’acquisizione di 6 crediti (3 + 3)

Testi di riferimento per il primo modulo (26 ottobre-24 novembre):

S. Mosley, Storia globale dell’ambiente, Bologna, Il Mulino, 2013

[J. McNeill, Qualcosa di nuovo sotto il sole, Torino, Einaudi, 2000]

Modalità d’esame:

Per i “frequentanti”: una prova intermedia (primo modulo) e una seconda prova parziale (secondo modulo)

Per tutti: le prove parziali e gli esami saranno svolti in forma scritta

2

(3)

Obiettivi del corso

3

Il corso considera i mutamenti degli ecosistemi per effetto

dell'aumento della popolazione e del progresso tecnico negli ultimi cinquecento anni

Il corso è suddiviso in due moduli:

Il primo modulo prende in esame periodizzazione e dinamiche dei mutamenti ambientali.

Il secondo modulo esamina questi temi con riferimento a studi di caso (in particolare il focus è: Italia, imprese).

Il primo modulo, in particolare:

i mutamenti ambientali correlati ai processi di globalizzazione degli ecosistemi

l'impatto dell'industrializzazione, sia nei paesi industrializzati sia nei paesi non industrializzati ma interessati dai "flussi globali“

l'effetto della crescita demografica e dello sviluppo tecnologico in relazione alla scarsità relativa delle risorse naturali

l'ascesa delle città industriali

le politiche di contenimento degli effetti dell'attività umana sull'ambiente naturale

(4)

L’approccio standard:

esternalità, costi-benefici

L’approccio standard affronta i casi di

inquinamento prodotto da produzione e consumo in termini di “fallimento del mercato” propri di

un’economia non regolata [Smith, OUP, 2011]

Le politiche di contenimento/abbattimento delle forme di inquinamento devono:

contenere le esternalità negative [Ch. Pigou] che i casi di free riding verso i “public goods” possono generare

market failures;

calcolare i costi-benefici marginali in termini di qualità della vita (o salute) vs reddito e profitto

4

(5)

Le esternalità negative

The Great Smog of London: Nov. 1952 (d.) o i casi di inquinamento da produzioni industriali (s.) sono classici casi di esternalità negative

https://www.theguardian.com/environment/gallery/2012/dec/0 5/60-years-great-smog-london-in-pictures#img-3

Clean Air Act (1956); US National Air Pollution Control Administration (1955)

5

(6)

A broader view

Climate Change

Melting ice in west

Antarctica could raise seas by 3m, warns study

Nasa research finds ice in the region has gone into

‘irreversible retreat’ and claims effect is

unstoppable’

[The Guardian, 3 November 2015]

6

(7)

Ambiente e storia

Interazione tra popolazione e ambiente

Le trasformazione su vasta scala dell’ambiente sono state determinate da forze naturali

la deriva dei continenti (unità temporale: ere geologiche)

i terremoti e le eruzioni vulcaniche (mix)

i mutamenti climatici (lungo termine)

Dalla metà dell’Ottocento i cambiamenti indotti dall’uomo competono con quelli naturali

per effetto della domanda di risorse naturali i servizi

dell’ecosistema sono stati danneggiati o il loro consumo è divenuto insostenibile (15/24)

le “impronte ecologiche” delle attività antropiche (agricoltura, industria, urbanizzazione) aumentano e modificano il Pianeta (anche in termini irreversibili)

7

(8)

Micro o macro?

In natura tutto è collegato (p.e. i cambiamenti climatici) → approccio big history:

differenza tra regioni ma forte correlazione tra i fenomeni

i fenomeni locali tendono ad avere effetti cumulativi così da esercitare pressioni sulla biosfera (l’ecosistema dell’intero pianeta)

Le relazioni uomo-ambiente hanno quindi complesse variabili di tempo e spazio

e richiedono contestualizzazione e comparazione

I fenomeni locali specifici possono avere dimensione micro e ampiezza temporale relativamente contenuta (breve/medio)

ma, complessivamente, hanno impatto macroeconomico perché correlati (scala temporale differenziata)

8

(9)

La biosfera e i suoi “servizi”

9

(10)

Una diversa periodizzazione

La storia degli uomini ha una periodizzazione

differente dalla storia dell’ambiente e delle interazioni tra specie umana e ambiente

Un’ipotesi di longue durée à la Braudel? [Braudel, 1949;

Abulafia, 2012]

O le dinamiche di lunghissima durata misurabili in ere geologiche (milioni di anni)?

L’ipotesi è che il cambiamento sia più rilevante della continuità (la natura è instabile e caotica)

Il focus è centrato sul mutamento delle relazioni tra uomo e ambiente negli ultimi cinquecento anni

10

(11)

Dopo Colombo il mondo cambia…

La scoperta del Nuovo Mondo modifica condizioni e flussi dell’ambiente

Gli ecosistemi e le popolazioni tornano in contatto dopo un lungo isolamento

L’ecologia dell’intero pianeta ne viene rivoluzionata

esposizione a malattie, microbi e virus, verso cui mancavano resistenza genetica e immunità acquisita (unificazione

microbica)

semplificazione degli ecosistemi per scambio di flora e fauna tra Vecchio e Nuovo Mondo

accelerazione del ritmo ed estensione del raggio degli scambi biotici (oceani, vele)

11

(12)

L’integrazione degli ecostistemi

La “prima globalizzazione” è un’integrazione degli ecosistemi del Pianeta, prima che dei mercati

internazionali

si riduce la varietà e le differenze tra gli ecosistemi

L’espansione degli imperi europei si traduce in

repliche biologiche dell’Europa (le “nuove Europe”

nelle Americhe e in Australasia)

Le colture del Nuovo Mondo (mais, patate, manioca) sostengono la crescita demografica europea (più

energia per ettaro/uomo)

Il cambio d’uso del suolo della superficie terrestre al di fuori dell’Europa alza la produttività, offre più e nuove risorse

12

(13)

The Atlantic trade system

Materie prime, pellicce,

“nuovi”

prodotti

(zucchero di

canna)

(14)

La tecnologia e l’energia

Il mutamento di paradigma energetico (dalle fonti rinnovabili a quelle non rinnovabili) è connesso alla GPT della prima rivoluzione industriale

bacini carboniferi, campi petroliferi, giacimenti di gas

Lo sfruttamento dei combustibili fossili per produrre energia ha un impatto crescente sui flussi bio-geo- chimici della biosfera

fosforo, azoto, carbonio, zolfo

deforestazione, erosione dei suoli, ciclo idrogeologico (eutrofizzazione)

anidride carbonica → concentrazione dei gas serra → cambiamento climatico

Nella seconda metà dell’Ottocento con la rivoluzione industriale si esce dall’antico regime biologico

14

(15)

L’industrializzazione e l’energia

Le società/economie agricole erano limitate

dall’energia ricavabile dalla superficie (acqua, terra, legname) → bassi redditi → bassi consumi

energia animale e biomasse

L’industrializzazione rompe il vincolo (malthusiano) dell’energia scarsa

combustibili fossili, economici e “inesauribili” (stime mobili) e distribuiti in modo ineguale tra regioni del pianeta

Con il paradigma energetico “fossile”, non rinnovabile la forza meccanica sostituisce quella animale

L’innovazione tecnologica diventa “costante” e alza la produttività del lavoro [Mokyr, 2005]

15

(16)

L’uomo, un animale urbano

L’industrializzazione modifica il regime biologico

La meccanizzazione e i fertilizzanti

artificiali aumentano la produttività (e la regolarità) in agricoltura (minor rilevanza e variabilità dei cicli agricoli) e liberano forza lavoro dal settore primario

L’urbanizzazione (dal 7% a >50% della popolazione in due secoli) modifica cicli di vita e livelli dei consumi (alti costi

ambientali)

La vita sociale si modifica (macchine e orologi), si impone la velocità

16

(17)

L’impatto sulla biosfera

In un arco temporale relativamente breve l’uomo e la tecnologia hanno avuto un impatto significativo sulla biosfera (e sul suo funzionamento)

Il riscaldamento globale (tra 1,8° e 6,4° nel XXI sec.) produce un’ampia gamma di “disastri naturali”:

desertificazione e siccità

estinzione delle specie

innalzamento dei mari

mutamento degli assetti climatici

A ciò si aggiunge l’introduzione di sostanze non esistenti in natura

plastiche, scorie nucleari, clorofluorocarburo (buco nell’ozono)

17

(18)

Demografia, tecnologia, reddito, consumi

Tra i fattori antropici dei mutamenti della biosfera (clima, in primis):

l’aumento della popolazione

l’innovazione tecnologica come “risorsa inesauribile”:

elude la scarsità di energia e risorse, ma preme sui servizi degli ecosistemi

la crescita del reddito si associa alla crescita dei

consumi (asimmetrica, per aree e paesi così come per classi di reddito) senza valutazione della sostenibilità delle risorse naturali limitate

deforestazione, erosione del suolo, perdita della biodiversità

18

(19)

La popolazione mondiale, 1820-2012

Popolazione (in miliardi) Tasso di crescita annuo (%)

1500 0,4 -

1600 0,5 0,2

1700 0,6 0,2

1820 1,0 0,5

1850 1,2 0,5

1900 1,6 0,6

1950 2,5 0,8

1990 5,3 1,8

2000 6,0 1,5

2012 7,0 1,4

19

(20)

La popolazione mondiale per aree regionali

20

(21)

Crescita della popolazione, 1750-2050

21

(22)

Il reddito pro capite, 1-2008

22

World per capita gdp (1990 Geary Khamis $)

index numbers

1 467 83

1000 453 80

1500 565 100

1820 651 117

1900 1263 224

1950 2138 378

1992 5145 942

2008 7614 1347

(23)

Energia: produzione e consumi, 1800-1990

1800 1900 1990

Biomasse 1000 1400 1800

Carbone 10 1000 5000

Petrolio 0 20 3000

Consumi di energia 250 800 10000

Indice (1900=100) 31 100 1250

Dati in miliardi di tonnellate

N.B. Una tonnellata di petrolio fornisce 5-10 volte l’energia prodotta da una tonnellata di legname e circa due volte quella prodotta da una tonnellata di carbone

23

(24)

Quartili delle trasformazioni ambientali indotte dall’uomo (1000 A.C-1985): 1985=100%

25% 50% 75%

Deforestazione 1700 1850 1915

Estinzione vertebrati terrestri

1790 1880 1910

Ritiro delle acque 1925 1955 1975

Rilascio di fosforo 1955 1975 1980

Rilascio di azoto 1970 1975 1980

Rilascio di zolfo 1940 1960 1970

Rilascio di carbonio 1815 1920 1960

24

(25)

L’estinzione delle specie e la biodiversità

Dodo: isole Mauritius (le isole rendono più vulnerabili le specie faunistiche)

si estinse rapidamente con l’arrivo di portoghesi e olandesi (XVII sec.) 25

(26)

La caccia globale

La varietà e il numero delle specie faunistiche si sono ridotti dal 1500/1600

Dal 1600 si sono estinte 485 specie animali (tasso superiore)

La caccia globale depaupera gli ecosistemi e la loro complessità con effetti sulle popolazioni

(determinandone l’estinzione o quasi estinzione)

La caccia commerciale → materie prime

carne, pellicce, piume, avorio

La caccia connessa all’espansione coloniale

frontiere di caccia: il colonialismo è domanda di materie prime

La caccia sportiva

essenzialmente praticata dalle élites

26

(27)

Uniformazione, impoverimento

La caccia globale è un fattore della globalizzazione degli ecosistemi

ha ridotto la “megafauna carismatica”

è aumentata, di contro, la popolazione di specie sinantropiche addomesticate

La caccia moderna ha ridotto la biodiversità e minato la sostenibilità delle popolazioni indigene

un tipico scambio ineguale tra europei e indigeni (disparità dei livelli tecnologici)

La caccia globale non è compatibile con i principi di sostenibilità ambientale (impronta ecologica)

una discontinuità rispetto alle popolazioni di cacciatori- raccoglitori

27

(28)

La caccia commerciale

Dal 1500 la caccia per fini commerciali si estende sull’intero pianeta (effetto del progresso tecnico)

La fauna selvatica - terrestre e marina - è oggetto di forme di depredazione a esaurimento

si forma un mercato globale per scambi monetari indotti dai consumi delle classi abbienti (“conspicuous consumptions”)

Sono scarsi gli incentivi a preservare la fauna per il futuro: la fauna appare risorsa diffusa e inesauribile

Differenze nei regimi coloniali, ma alcune costanti:

individuazione e “estrazione” delle specie

esaurimento dello stock e ridislocazione dei cacciatori in nuove aree

indebolimento delle società e culture delle popolazioni indigene

28

(29)

L’alterazione dei rapporti tra popolazione e ambiente

I cacciatori-mercanti (europei) alterano le relazioni tra la popolazione indigena e l’ambiente

La popolazione locale viene impiegata

(volontariamente) nello sfruttamento delle risorse faunistiche

scambio ineguale tra materie prime animali e beni tecnologicamente “complessi”

si ri-orienta dalla caccia per la sussistenza a quella per i mercati internazionali (varia il grado di

sostenibilità)

i sistemi di sussistenza vengono alterati con effetti di medio termine

alla fine dell’estrazione l’ecosistema non offre più risorse per la sussistenza delle popolazioni indigene

29

(30)

Commercio e caccia di pellicce nel Nuovo Mondo

30

Fur Traders in Canada, William Faden, 1776

(31)

La “caccia circumpolare”, l’avorio, le piume e le balene

La caccia commerciale per il mercato internazionale delle pellicce si sviluppa dal XVII sec.

America settentrionale e Siberia

Il mercato globale, un mercato competitivo

scambio delle pellicce siberiane con oro, argento, seta, tè, porcellana asiatici

la domanda asiatica di avorio innesca la caccia di corni di elefante in Africa e India (poi rinoceronte e ippopotamo)

le piume: la moda determina la domanda e Londra diventa il mercato internazionale delle piume, fino agli anni ‘20 quando un mutamento accidentale nella domanda (moda) ne fa

crollare la domanda

la caccia delle balene (olio e stecche) diventa caccia

commerciale dal XVI sec. (baschi) con le flotte d’altura che si diffondono dal XVII-XVIII sec. (olandesi, tedeschi, inglesi)

31

(32)

La balena: la caccia “industriale”

Abraham Speeck, Danish Whaling Station, 1634

32

(33)

Caccia, domanda e moda

33

(34)

La pesca (in milioni di tonnellate)

pesca marina pesca interna itticoltura totale

1800 ≈ 1,0

1850 ≈ 1,5

1900 ≈ 2,0

1938 ≈ 33,0

1945 ≈ 13,0 ≈ 5,0 ≈ 18,0

1950 ≈ 15,0

1961-1963 33,0

1967-1969 47,0

1973-1975 51,0

1979-1981 56,0

1982-1984 60,0 6,0 7,0 73,0

1985-1987 68,0 6,0 9,0 83,0

34

(35)

La caccia della frontiera

La colonizzazione dipende dalla caccia per una pluralità di motivi:

accumulazione di capitale: si reinvestono gli utili in agricoltura

materie prime animali per la gestione delle attività primarie

la fauna offre cibo e consente di preservare lo stock di

bestiame dei coloni (sistema di sopravvivenza prima che la produzione primaria diventi redditizia)

i coloni avvertono i grandi erbivori come una minaccia, o una alternativa, alle colture (estensione delle superfici colturali)

sostituzione degli animali selvatici con il bestiame di allevamento (bovini e conigli)

eliminazione dei “parassiti” (caccia e taglie)

I coloni rendono uniforme l’ambiente extraeuropeo al modello europeo

35

(36)

«My name is George Nathaniel Curzon…»

36

My name is George Nathaniel Curzon, I am a most superior person

My cheeks are pink, my hair is sleek, I dine at Blenheim twice a week

(A Balliol Rhyme)

[Ed. Kingsley Amis, The New Oxford Book of English Light Verse, OUP, 1978]

G. N. Curzon (1859-1925), viceré dell’India, 1899-1905

(37)

La caccia sportiva

In età vittoriana le élites politico-militari europee

trasformano il “cacciare” in “caccia” (caccia grossa) in India e Africa, un’attività ricreativa distintiva della

upperclass

Due funzioni simboliche:

la caccia grossa è spettacolare e simboleggia il dominio politico imperiale sui territori coloniali

la caccia grossa pretende di affermare il principio del fair play come elemento del governo imperiale (i viceré britannici in India)

La caccia per l’intrattenimento “razionale” delle istituzioni scientifiche europee e americane

37

(38)

Il caso: il bisonte americano

Il bisonte americano, una specie estremamente volatile (stime: da 75/100 mln a 30 mln):

un grande magazzino tribale per i nativi americani (oltre 100 prodotti derivati)

ciò non esclude metodi di caccia dissipativi (il Salto dei bisonti, Colorado) prima dell’adozione del cavallo e del fucile (che

alzano l’efficienza della caccia dei nativi) dalla fine del XVIII sec.

Dalla metà del XIX sec. la popolazione dei bisonti crolla drasticamente (entro la fine del secolo):

efficienza dei cacciatori euro-americani (fucili)

crescita della domanda industriale (cinghie di trasmissione) e civile (pelli)

estensione dell’agricoltura bilanciata dalle riserve naturali

38

(39)

Le politiche di preservazione

Dalla metà del XIX sec. si adottano politiche di preservazione delle specie in via di estinzione

parchi naturali e (bio)riserve

La preservazione della fauna (1900; 1933; 1940;

IUCN, 1948; WWF, 1962): bioriserve

Le politiche consentono un parziale ripopolamento ma in condizioni particolari di tutela delle specie

a limitazione dell’interferenza antropica (allontanamento degli abitanti poveri a conservazione delle specie protette;

proibizione dei metodi di caccia tradizionali)

Sono sufficienti?

no, si stima che il 25% dei mammiferi e il 12% dei volatili sia a rischio di estinzione nei prossimi cento anni

39

(40)

La deforestazione

La deforestazione del pianeta è la maggiore trasformazione a opera dell’uomo

Si calcola una riduzione dell’estensione delle foreste tra il 15 e il 45% (altre stime: 40%)

graduale per i limiti tecnologici (ascia e fuoco) fino al XVIII sec.:

in Europa il diboscamento segue la rinascita del Medio Evo

accelerazione con la meccanizzazione di taglio e trasporto del legname dal XIX sec.

La deforestazione modifica l’ambiente naturale con effetti sulla qualità dei servizi degli ecosistemi

Ne sono colpiti i tre tipi di foreste:

boreali, temperate e tropicali

40

(41)

Le foreste e la deforestazione

Fino agli anni ‘50 la deforestazione ha interessato soprattutto le foreste boreali e temperate

con la scomparsa, p. es., di foreste primarie in Europa

Dal 1950 la deforestazione riguarda soprattutto le foreste tropicali (grande biodiversità) e le specie arboree pregiate

teak, mogano, sandalo, ebano

Dal XVIII sec. la silvicoltura scientifica mira a uno sfruttamento razionale, efficiente e sostenibile, delle foreste, ma…

41

(42)

Le foreste: risorsa naturale 1/2

Il legname (e quindi le foreste) è stato centrale nelle economie preindustriali (e oltre)

fonte energetica e materia prima (costruzioni, navi, industria)

le foreste erano assimilabili a colture (p.es., ghiande-maiali)

Il commercio a lunga distanza includeva il legname sin dall’antichità

Il commercio in età medievale: prodotti ad alto valore aggiunto dall’Oriente (e Medio Oriente) in cambio di legname (europeo)

Dal XVI sec. il commercio atlantico includeva esportazione e importazione di legname (New England-Madeira-Caraibi)

Le foreste scandinave e baltiche fornivano legname per costruzione in Gran Bretagna e Europa

42

(43)

Le foreste: risorsa naturale 2/2

La cantieristica navale dipendeva dal legname esotico dall’inizio del XIX sec. (teak dell’India e della

Birmania)

La siderurgia europea e americana utilizzavano ancora legname agli inizi del XIX sec.

La costruzione delle reti ferroviarie e le reti “parallele”

(telegrafo) impiegava legname (traverse, torri idriche, ponti)

L’industria continua a utilizzare legname e cellulosa (carta, costruzioni, packaging)

Il legname è usato come combustibile da 2 mld della popolazione mondiale

43

(44)

Le foreste riserva di biodiversità

Le foreste offrono servizi ecologici fondamentali, sono una riserva di biodiversità (soprattutto le foreste

tropicali > diversità biotica)

ospitano i 2/3 delle specie terrestri (fauna e flora)

stabilizzano il paesaggio riducendo l’erosione del suolo e il rischio di inondazioni

proteggono le risorse idriche (75% dell’acqua dolce da aree boschive)

stabilizzano il ciclo idrogeologico globale

catturano in modo efficiente l’anidride carbonica e

regolano il clima contenendo il cambiamento climatico

44

(45)

Lucus lucus est arborum multitudo cum religione (Servio, Ad Aeneidem)

Il bosco sacro è ricorrente nelle civiltà (J.G. Frazer, The Golden Bough, 1890)

La tutela delle foreste a fini “ricreativi” muove dalla cultura illuministico-romantica (Rousseau, Byron, Wordsworth, Friederich, Thoreau)

Dalla metà del XIX si creano i primi parchi naturali nazionali (Yellowstone, 1872; Yosemite, 1890;

Sequoia, 1890)

UK: il primo tentativo del 1884 fallì; 1945 White Paper on National Parks; CPRE

http://www.nationalparks.gov.uk/learningabout/whatisanationalpark/history#early19

Da riserva di caccia reale (1856) a parco nazionale: il Gran Paradiso (1920-1922)

45

(46)

La deforestazione, in migliaia di km2

pre 1650 1650-1749 1750-1849 1850-1978 totale

Nord America 6 80 380 641 1107

Centro America 18 30 40 200 288

America Latina 18 100 170 637 925

Oceania 6 6 6 362 380

Russia-URSS 70 180 270 575 1095

Europa 204 66 186 81 537

Asia 974 216 606 1220 3016

Africa 226 80 42 469 817

Totale 1522 758 1700 4185 8165

46

(47)

La deforestazione (globale)

I fattori della deforestazione rimangono:

estrazione di legname (guerre per accesso al legname: guerre della Gran Bretagna contro la Birmania per il teak, 1824-1886)

estensione dell’agricoltura (pascoli e coltivi)

la dimensione degli alberi era considerata misura della fertilità del suolo

La deforestazione lascia segni persistenti nell’antichità classica (Roma e Grecia)

In Europa, Asia e Africa la deforestazione è intensa prima del 1650

In Europa la deforestazione rallenta dopo il 1850 e aumenta al di fuori dell’Europa

47

(48)

Deforestazione e progresso tecnico

Con la rivoluzione industriale l’innovazione tecnologica (offerta) accresce il ritmo della deforestazione

navigazione a vapore e ferrovia – costi di trasporto

infrastrutture di trasporto secondarie (fiumi e canali, strade, impianti, razionalizzazione della logistica, mezzi di trasporto a motore)

si velocizzano i flussi dei tronchi da e verso le segherie commerciali

applicazione della forza a vapore alle segherie (industrializzazione dell’industria del legname)

L’industrializzazione della foresta si completa dopo la metà del XX sec. (sega elettrica: 1858, 1947)

cresce l’efficienza nell’abbattimento degli alberi: la velocità accelera tra 100 e 10000 volte rispetto all’ascia

48

(49)

La deforestazione globale 1/2

Dopo il 1650 la deforestazione diventa generalizzata per le piantagioni coloniali

L’impatto della deforestazione europea è altissimo, estrazione e sostituzione d’uso del suolo non

sostenibile

La deforestazione è praticata anche in Asia (Giappone e Cina), sia per espandere l’agricoltura sia per

estrarre materie prime (combustibile e costruzioni)

Aumento della popolazione e dei consumi di materie prime e fonti energetiche

Durante il XX sec. le foreste si sono parzialmente ricostituite in Europa, Stati Uniti e Giappone

49

(50)

La deforestazione globale 2/2

La deforestazione extra-europea cresce per aumento della domanda di legname connessa

all’industrializzazione:

aumento del reddito e dei consumi della popolazione in crescita

correlato aumento della domanda di energia, materie prime (dal 1850 ca si aggiunge la carta/cellulosa), materiali da costruzione (sostituzione tecnologica parziale)

aumento della domanda di prodotti in competizione con le foreste (carburanti, commodities, cibo, altri generi di largo consumo)

La deforestazione è destinata a crescere?

È un fenomeno correlato alla dinamica demografica e a quella di reddito, meno al progresso tecnico

(innovazione di prodotto e sostituzione del legname)

50

(51)

Fattori naturali della deforestazione

La deforestazione e la variazione del manto forestale dipendono però anche da fattori naturali (o

indirettamente dall’attività umana):

i mutamenti climatici:

producono lo spostamento delle foreste boreali a nord in presenza di aumenti della temperatura

la quota di variazione della temperatura per effetto delle attività umane incide indirettamente

gli incendi

sono favoriti dalle variazioni climatiche e dal disboscamento (p.es., New Brunswick, 1825)

le malattie

l’importazione di specie arboree può introdurre fattori patogeni

51

(52)

La silvicoltura scientifica

La deforestazione dell’isola di Sant’Elena e delle

Mauritius dopo il XVII sec. – isole come laboratori – induce a correlarla con inaridimento, erosione del suolo e scarsità d’acqua

Le prime proposte di politiche forestali:

John Evelyn, Sylva, 1664

Jean-Baptiste Colbert, Ordonnance des eaux et forêts, 1669

Dal particolarismo delle comunità locali all’approccio

“universale” per migliorare la gestione del patrimonio forestale

Queste politiche rispondono a una visione mercantilista

52

(53)

La gestione forestale in Germania:

un modello europeo

Lo sviluppo delle silvicoltura scientifica dipese dalle politiche cameraliste dei principati tedeschi nel XVIII sec.

Una risposta alla scarsità di legname:

tecniche specifiche di indagine e inventariazione

calcolo dei tassi di crescita delle varietà arboree

gestione dei tagli di lungo periodo

rimboschimento (ceduazione e bosco protettivo)

regolamentazione delle foreste (gestione sostenibile del patrimonio come capitale vs. taglio come interessi)

istruzione e addestramento degli addetti

creazione di scuole specialistiche (Hartz, 1763)

obiettivi: sostenibilità e resa costante

53

(54)

Il modello tedesco si generalizza

Il modello tedesco viene esportato in Europa, in UK e negli USA, ma anche in Asia e nelle colonie

Tre vie:

l’istituzionalizzazione della tutela forestale a livello internazionale:

la cooperazione internazionale per condividere informazione e coordinare le politiche (organizzazioni internazionali)

la circolazione delle conoscenze e dei modelli organizzativi (servizi e uffici governativi, scuole specialistiche

La mobilità del capitale umano (Bernard Lorentz, Dietrich Brandeis, Bernhard Fernow)

Alfred Moeller, Dauerwald: il modello della foresta

54

(55)

Da “miniere” a “fabbriche”

Il manto forestale viene protetto inizialmente per assicurare la produzione “strategica” di legname

Un problema di efficienza della produzione di un bene e sostenibilità (vincoli intertemporali)

Si affermano:

la monocoltura per massimizzare la produttività (scarsi incentivi alla biodiversità)

la produzione continuativa (piantagioni), rotazione

l’uniformazione mina la qualità delle aree boschive

Si presentano forme di centralizzazione delle funzioni (Stato vs comunità locali):

si ripresenta il problema tipico dei commons

55

(56)

L’evoluzione della copertura “verde” del pianeta:

foreste, praterie, pascoli e coltivi (in milioni di Km2)

foreste e boschi

praterie pascoli coltivi

8000 A.C. 65 63 0 0

1700 A.C. 62 63 5 2,7

1850 60 60 8 5,4

1900 58 54 14 8,0

1930 56 49 19 10,0

1950 54 45 23 11,7

1960 53 41 27 12,8

1980 51 35 33 15,0

1990 48 36 34 15,2

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(57)

Solo “industria” delle foreste?

Negli USA si afferma il principio della tutela delle foreste come tutela dell’ambiente e dei servizi ecologici

George Marsh, Man and Nature, 1864

La scienza deve risanare la natura degradata

Le politiche devono assicurare i servizi ecologici fondamentali

il conservazionismo non ha solo ragioni utilitaristiche:

John Muir, Sierra Club, 1892

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(58)

La silvicoltura nell’India coloniale

Dalla metà del XVIII sec. il dominio coloniale

britannico segna una cesura nella storia ambientale dell’India:

aumenta l’intensità dell’estrazione delle risorse naturali

in particolare, il manto forestale ne è minacciato

si altera un delicato e fragile equilibrio istituzionale tra popolazione e risorse: il Raj, il governo imperiale

britannico, sostituisce le élites locali

aumenta la popolazione indiana: da 120 a 280 mln tra il 1700 e il 1900

e l’agricoltura contadina

58

(59)

La deforestazione dell’India

La deforestazione dell’India ha quindi un fattore

endogeno (la crescita della popolazione) e un fattore esogeno (il Raj)

Il fattore endogeno sottrae manto forestale per pascolo e per colture ad alto rendimento:

riso

Le foreste sono abbattute per le colture da reddito estensive

il modello colturale: la piantagione monocolturale

le piantagione estensive “imperiali” per i mercati metropolitano e mondiale:

tè, cotone, canna da zucchero, caffè

ma anche legname (post blocco napoleonico)

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(60)

La domanda di legname indiano

Il fattore esogeno preme sulle foreste anche per l’aumento della domanda di legname

L’India diventa un fornitore essenziale di legname per l’Impero (si sostituiscono le importazioni dal Baltico e dagli USA

I botanici britannici selezionano alcune specie

cedro dell’Himalaya (sino a 60m, alberi delle navi e travi costruzioni), sal (crescita rapida, legname da costruzione), teak (cantieri navali, UK e India), sandalo (export to China, incenso)

La domanda imperiale (UK + India) aumenta

tonnellaggio marina mercantile da 1,28 mln a 5 mln tra 1778 e 1860

espansione ferroviaria in India post 1853 (da 1300 a 51.600

60

(61)

L’Imperial Forest Service (1864)

La domanda “ferroviaria” modifica la domanda di legname

L’IFS diretto da Brandis seleziona specie resistenti e a crescita rapida,

sostituisce le foreste miste dell’Himalaya (conifere e querce) con monocolture (chir pine) che forniscono legname e resine

rende fragili le comunità locali che avevano nei sempreverdi per foraggio e pastura per il bestiame

si scartano specie esotiche (eucalipto australiano) che non assicurano la tenuta del suolo (erosione e

inaridimento) in aree semi-aride

61

(62)

L’IFS: uno sfruttamento efficiente?

Un giudizio complesso:

L’IFS avrebbe reso efficiente lo sfruttamento delle risorse forestali dell’India come colonia

Ma l’IFS prevede di amministrare in perdita aree di rimboschimento per ristabilire equilibri (1909)

Gli Indian Forest Acts (1865 e 1878) introducono gradi di tutela delle foreste (riservate, protette, di villaggio), anche a tutela delle comunità locali

L’IFS sviluppa competenze che vengono estese anche ad altre aree imperiali in Oceania, Asia e Africa

L’IFS entra in contrasto con l’agricoltura itinerante e le comunità locali

62

(63)

Le politiche forestali dell’India

L’IFS deroga durante le guerre mondiali, quando la domanda pone sotto pressione le risorse coloniali

L’India indipendente (1947) non modifica le politiche di sfruttamento delle foreste (subordinate alle

necessità “nazionali”, 1952)

Solo dopo le campagne Chipko degli anni 1970 si modifica gradualmente la politica forestale indiana

per promuovere un uso sostenibile delle risorse naturali (servizi ecologici)

Joint Forest Management e National Forest Policy (1988):

equilibrio come obiettivo di lungo termine

63

(64)

Suolo e irrigazione

I suoli sono una risorsa naturale fondamentale:

nutrienti

umidità e riserve idriche

micro-organismi indispensabili per le produzioni alimentari

assorbimento di carbonio

L’erosione del suolo ha conosciuto tre “shocks”

la diffusione dell’agricoltura dalle valli fluviali, 2000 A.C.

l’espansione delle agricolture coloniali europee, XV-XVI sec.

l’affermazione dell’agricoltura commerciale nelle terre m

arginali e dell’agricoltura meccanizzata, post-1945

L’erosione dei suoli come effetto della diffusione dell’agricoltura incide sulle condizioni ambientali

64

(65)

La varietà dei suoli

I suoli presentano un’alta varietà tipologica (20.000 tipi diversi) in relazione a

clima, vegetazione, topografia, basamento geologico

La fertilità dei terreni dipende dalla natura dei terreni

profondità variabile sino a 2m

Solo in minima percentuale (ca 11%) i suoli possono essere coltivati senza interventi preliminari

(tipicamente, il loess)

l’irrigazione modifica la fertilità dei suoli

le foreste pluviali sono invece difficili da coltivare, perché poco profondi e poveri di nutrienti

Dopo il 1500 l’agricoltura “europea” ha sollecitato l’utilizzo di suoli poco fertili

65

(66)

Il suolo risorsa naturale

La crescita della popolazione le terre marginali sono convertite a coltivi e pascoli

attualmente: ca 35%, di cui: 11% coltivi e 24% pascoli

Il suolo offre:

terreni per le coltivazioni di generi alimentari e fibre tessili

pascoli e colture foraggere per l’allevamento

materia prima per la manifattura (vasellame e stoviglie) e le costruzioni (mattoni, tegole, condutture)

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(67)

Per i servizi ecologici

e servizi ecologici:

la pedosfera connette i sistemi globali (atmosfera, idrosfera, litosfera) in un’unica entità (biosfera)

la biodiversità sotterranea (organismi e micro-organismi)

il ciclo dei nutrienti: batteri (fissare l’azoto ai terreni),

organismi che decompongono la materia organica (humus)

l’approvvigionamento idrico: i suoli assorbono e trattengono acqua per la vegetazione

l’assorbimento idrico dei suoli limita i rischi di inondazione e consente un trattamento delle acque: offrono acqua dolce e potabile

il terreno incamera carbonio e contrasta il mutamento climatico

Tre rischi:

erosione, esaurimento, salinizzazione dei terreni

67

(68)

I terreni perduti

Le attività antropiche hanno comportato l’aumento dell’erosione, dell’esaurimento e della salinizzazione dei terreni

L’erosione naturale ha due fattori:

vento e pioggia: rimuovono e redistribuiscono suolo

superficiale (es., Valle del Nilo in Egitto: piana alluvionale, limo)

L’agricoltura sedentaria accresce e accelera l’erosione naturale

il diboscamento modifica i ritmi di erosione per esposizione dei suoli a vento e pioggia (l’erosione è maggiore sugli altopiani e sui pendii)

l’aratura riduce la quantità di organismi che garantiscono la fertilità del suolo (il drenaggio e l’irrigazione contrastano)

68

(69)

L’erosione del suolo 1/3

L’erosione del suolo connessa all’attività antropica è fenomeno connesso ai tre shocks

Il degrado dei suoli sull’Altopiano del Loess (Cina nordoccidentale)

diboscamento + agricoltura espongono suoli sottili e leggeri alla forza di vento e pioggia

i deflussi fangosi sono portati dal Fiume Giallo: aumenta frequenza e portata delle inondazioni

L’azione degli europei nelle colonie: “pionieri ambientali”

l’introduzione di pecore merino nella Valle del Mezquital

(Messico) nel XV sec.: da terra coltivata (mais, fagioli, zucca) a terreni dilavati e aridi

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(70)

L’erosione del suolo 2/3

I coloni europei come “pionieri ambientali” modificano l’ambiente sostituendo le agricolture locali con metodi di coltivazione estensiva (piantagioni)

le piantagioni di zucchero nei Caraibi (Barbados) nel XVI sec.

le piantagioni di zucchero e caffè in Brasile dal XVI sec.

le piantagioni di cotone e tabacco nelle colonie americane meridionali XVII-XIX secc.

nelle praterie del Midwest degli USA, XIX sec.: Dust Bowl (1920s-1930s)

Il contrasto dell’erosione e dell’esaurimento:

con l’irrigazione, ma con il rischio di salinizzazione

con la concimazione naturale (concime animale e guano)

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(71)

L’erosione del suolo 3/3

L’erosione del suolo accelera con l’agricoltura meccanizzata dopo il 1945

È un effetto dell’integrazione dei mercati

internazionali e della crescita dei volumi dei prodotti primari scambiati a livello mondiale

Ma anche della meccanizzazione e dell’avvento della chimica inorganica

negli USA dagli anni venti del XX sec., in Europa e in UK dopo il 1945

nella fascia tropicale con effetti sul consumo dei suoli per l’agricoltura per monocolture

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(72)

L’irrigazione: un effetto

“subottimale”

La regolazione delle acque come soluzione alla perdita di fertilità dei suoli ha effetti inattesi:

la costruzione di dighe, canali e bacini per creare sistemi idrici complessi che consentano di regolare l’uso di acqua presenta problemi ambientali

tipicamente, lo scarso drenaggio provoca ristagno e salinizzazione

Punjab; Lago d’Aral (URSS), la diga di Assuan (Egitto)

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(73)

La gestione e conservazione del suolo

In alternativa all’agricoltura itinerante sostenibile ma scarsamente produttiva (densità della popolazione)

> l’adozione dell’agricoltura intensiva in Europa

(Lombardia, Paesi Bassi, Inghilterra) dal XV-XVI sec.:

combina agricoltura e allevamento

L’impiego di concime animale (e umano in Asia) per reintegrare la fertilità del terreno)

La produzione di concimi naturali (guano, fosfato) e concimi chimici azotati (Haber-Bosch e Fauser)

Ma l’impiego dei concimi chimici altera il ciclo dell’azoto e del fosforo nell’atmosfera

inquinamento, eutrofizzazione

73

(74)

Le risposte istituzionali

Dagli anni trenta del XX sec. si cerca di “istruire” i coltivatori per ottenere il massimo dai terreni:

Imperial/Commonwealth Bureau of Soil Science, 1927

US Soil Conservation Service (USA), 1935

Non si elimina il problema della coerenza tra tecnologie e ambiente

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(75)

Città e ambiente

Le città esprimono per definizione una domanda di servizi e risorse naturali

infrastrutture (trasporto e comunicazioni)

flussi di derrate alimentari e scorte (in età romana: annona), combustibili, materiali da costruzione

acqua dolce (acquedotti), scarichi fognari

incendi e inondazioni (pompieri)

qualità dell’aria e servizi sanitari (cordone sanitario: XV sec.)

Le città devono ridurre le diseconomie esterne connesse alla concentrazione di popolazione:

è una funzione cruciale per dare equilibrio (e crescita) ai centri urbani

sicurezza della città e hinterland produttivo (servizi e risorse)

75

(76)

La città industriale

Con l’industrializzazione si modifica il ruolo (e il tipo) di città:

da centro politico-amministrativo (consumo) a centro di produzione di beni e servizi (produzione e

consumo)

si moltiplicano le diseconomie esterne prodotte dai fattori di inquinamento

si rende necessario potenziare i servizi sotterranei delle città (fogne, acquedotti, gas e illuminazione, metropolitane)

nascono i moderni servizi di polizia e antincendio

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Città e campagna?

Il “metabolismo” delle città industriali si modifica:

l’impronta ecologica aumenta (diseconomie esterne), oltre l’hinterland

la città e l’hinterland modificano relazioni, si creano connessioni di flussi di risorse e reti tecnologiche (comunicazioni e trasporto)

cade la dicotomia preindustriale città/campagna

La crescita delle grandi città e delle conurbazioni metropolitane indica uno spostamento della

popolazione (3,3 mld) e preconizza un aumento dell’impatto ambientale delle città

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Le maggiori città del mondo nel 1800

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Le maggiori città del mondo nel 1900

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Le maggiori città del mondo nel 2000

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(81)

La grande divergenza, e ritorno

La grande divergenza nei livelli di produttività e reddito è un fenomeno dell’Ottocento

deindustrializzazione dell’Asia e industrializzazione dell’Europa e dei “Western offsprings” (USA)

Le maggiori città (>1 mln) si spostano dall’Asia

all’Europa e agli Stati Uniti (le grandi capitali del XIX sec.)

La seconda globalizzazione produce megalopoli (>10 mln) e convergenza dei redditi (Asia) (v. tab. seg.):

megalopoli non produttive (Africa, Asia, America Latina)

megalopoli produttive (beni e servizi)

81

(82)

Il tasso di urbanizzazione, 1890-1990

1890 1910 1930 1950 1970 1990

USA 35 46 56 64 70 75

Giappone 30 40 48 56 71 77

Europa Occ. 35 45 55 63 72 78

America Latina 5 7 17 41 57 71

URSS 12 14 18 39 57 66

Africa 5 5 7 15 23 34

Cina 5 5 6 11 17 33

South Asia 5 8 12 16 21 28

Mondo 14 18 23 29 37 43

82

(83)

Le prime città

Le prime città seguono la rivoluzione agricola:

per “alimentare” la popolazione di una città non produttiva occorre un surplus nel settore primario, se la produttività è inferiore non si può “liberare” fattore lavoro dall’agricoltura

L’agricoltura della Mesopotamia, della Valle dell’Indo e dell’Egitto è più produttiva perché si avvale

dell’irrigazione

La regimazione delle acque richiede organizzazione sociale e cooperazione > precondizioni della

formazione di centri urbani

La città favorisce

stratificazione sociale e specializzazione professionale

accentramento delle funzioni di controllo delle risorse

83

(84)

La città antica

La città antica è centrata sulla funzione politico- religiosa, sono città “compatte” e pedonali

templi, edifici pubblici, mercato

Le città antiche accentrano funzioni amministrative e religiose

una struttura “razionale”: a griglia, a scacchiera

assicurano protezione (cinte murarie) contro

“predatori” e fenomeni naturali (inondazioni)

l’ideale dell’autosufficienza non viene raggiunto, nonostante la simbiosi con la campagna circostante

La stratificazione e specializzazione sociale

promuovono anzi il commercio a lunga distanza

84

(85)

La città e il mondo

Le élites delle città esprimono una domanda di beni di lusso (distintivi, “conspicuous consumptions”, quale proxy del potere politico-religioso)

Le città dell’antichità creano reti mercantili complesse per assicurare consumi distintivi alle élites

consumi individuali:

alimenti, manufatti, pietre e metalli preziosi, tessuti

consumi collettivi:

la città “monumentale” richiede materiali da costruzione specifici (marmi)

La città antica concentra uomini e cose, regola flussi

sono vulnerabili a shock esogeni: epidemie

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(86)

L’inquinamento delle città

La concentrazione di popolazione (e consumi) produce disfunzioni:

incendi, epidemie, inondazioni, sovraffollamento (esposizione a parassiti e malattie croniche)

e inquinamento

inquinamento acustico, fumi, spazzatura, macerie, uso di piombo per le tubazioni idrauliche, ceramiche, giocattoli

L’uso del piombo nella Roma imperiale provoca danni sulla salute (fertilità e danni neurologici)

aumento di 10 volte in età romana

La caduta dell’Impero è prodotta da fattori endogeni, tra cui l’inquinamento da piombo [E. Gibbon, 1776- 88]

86

(87)

Le città e lo scambio colombiano

L’estensione coloniale degli imperi europei si regge su scambi intercontinentali in cui le città sono nodi di reti complesse

Il declino relativo delle città del Mediterraneo

(Genova, Venezia) si basa sulla crescita dei porti atlantici (Lisbona, Siviglia, Londra, Anversa,

Amsterdam)

I marinai e i mercanti europei annullano i “confini biologici” [Crosby]

Le città europee si trasformano in centri di servizi finanziari, assicurativi, portuali e mercantili

sono centri di un’economia mondo [Wallerstein]

87

(88)

Un’economia mondo

La formazione di reti di scambio mercantile su scala globale (senza che necessariamente si produca una integrazione dei mercati, misura della globalizzazione)

Il Seicento, secolo d’oro dell’Olanda, coincide con la grande trasformazione (anche istituzionale) delle città europee

ascesa di un ceto mercantile e istituzioni politiche partecipative

creazione di aree di scarico (porti), stoccaggio e trasformazione dei prodotti coloniali

costruzione di aree urbane specializzate per funzioni (Amsterdam: la Borsa, gli uffici della VOC, 1602)

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