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La tutela dei diritti umani nelle clausole di condizionalità dell' UE e delle istituzioni finanziarie multilaterali

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

DOTTORATO DI RICERCA IN “TUTELA DEI DIRITTI

UMANI”

XXIII CICLO

Dott.ssa Valeria Gravagno

“La tutela dei diritti umani nelle clausole di

condizionalità dell’ UE e delle Istituzioni finanziarie

multilaterali”

Coordinatore: Prof. Salvatore Aleo

Tutor: Prof. Dario Pettinato

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LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI NELLE CLAUSOLE

DI CONDIZIONALITA’ DELL’UE E DELLE

ISTITUZIONI FINANZIARIE MULTILATERALI

Indice

Introduzione

CAPITOLO I “Lo sviluppo dei diritti umani dalla CE all’UE”

1. Genesi e storia dei diritti umani: dal contesto internazionale a quello

comunitario 6

1.1 Dall' "agnosticismo" della Corte al riconoscimento dei diritti umani come

principi fondamentali dell'ordinamento comunitario 12

2. Profili normativi della tutela dei diritti umani 24

2.1 La tutela giurisdizionale multilivello dei diritti umani 35

CAPITOLO II "La tutela dei diritti umani nell'ambito della cooperazione allo sviluppo"

1. Cenni storico-normativi sulle relazioni esterne dell'Unione Europea e della comunità internazionale in materia di tutela e promozione dei diritti

(3)

umani 70

1.1 Le clausole di condizionalità democratica e il sistema convenzionale delle quattro Convenzioni di Lomè 94

1.2 La formula tipo delle clausole di condizionalità democratica: "clausola elemento essenziale" e "clausola inadempienza" 110

2. Dall' "aid regime" alla condizionalità positiva: recenti sviluppi della prassi europea 122

CAPITOLO III "La cooperazione finanziaria internazionale: attori e meccanismi" 1. La nascita delle Organizzazioni Finanziarie Multilaterali ed il nuovo ordine internazionale 138

2.La Banca Mondiale e il suo funzionamento 153

2.1 Il Fondo monetario internazionale: nascita ed evoluzione 159

(4)

CAPITOLO IV "L' applicazione della condizionalità da parte delle Istituzioni Finanziarie Multilaterali"

1. Origini e prospettive della condizionalità quale strumento di promozione e

tutela dei diritti umani 180

1.2 L' attività di sostegno allo sviluppo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale: dalla cross- conditionality alla

flex- conditionality 189

2. OMC, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale a confronto: verso una convergenza? 219

3. Le garanzie per la tutela dei diritti umani degli individui tra

internazionalismo e regionalismo 250

CONCLUSIONI 267

(5)
(6)
(7)

1

INTRODUZIONE

I diritti umani hanno conquistato l‟attenzione internazionale a partire soprattutto dalla fine delle Seconda Guerra Mondiale. Dal 1948 (anno di proclamazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell‟uomo) in poi, si è assistito ad una proliferazione degli strumenti normativi che tanto a livello internazionale (i due Patti delle Nazioni Unite del 1966 dedicati rispettivamente ai diritti civili e politici uno, e ai diritti economici, sociali e culturali l‟altro) quanto a livello regionale (la Convenzione Europea per i diritti umani – CEDU – del 1950), hanno sancito l‟importanza universale dei diritti fondamentali.

Ad una disamina storico – politico – normativa di tale evoluzione è dedicato il primo Capitolo del presente lavoro: attenzione particolare viene posta sul significativo ruolo giocato nell‟esperienza comunitaria, dalla ex Corte di giustizia delle Comunità europee, che con i suoi orientamenti e la sua giurisprudenza, ha permesso il riconoscimento dei diritti umani come principi fondamentali dell‟ordinamento comunitario. Ciò si è riflesso in una sostanziale evoluzione normativa e pertanto sono state accuratamente esaminate le disposizioni contenute tanto nel Trattato di Maastricht del febbraio 1992 quanto nel recentissimo Trattato di Lisbona (firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore nel dicembre 2009). Con esso, alla Carta dei diritti fondamentali, viene finalmente riconosciuto un valore giuridico vincolante e si definiscono le procedure di adesione dell‟Unione Europea alla Cedu.

Il secondo Capitolo prende spunto dalla considerazione dei mutamenti della comunità internazionale, verificatisi a seguito del processo di decolonizzazione. L‟indipendenza di nuovi Stati del mondo, ha lanciato una sfida all‟ Occidente: il tema della cooperazione allo sviluppo (ritenuto quasi un dovere degli Stati più sviluppati verso quelli

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2

meno sviluppati) si lega a doppio filo con il tema della promozione della democrazia e dei diritti umani. Da un filone di studi sviluppatosi in America Latina, si diffonde infatti, un concetto di sviluppo multilivello secondo cui l‟aiuto allo sviluppo implica necessariamente l‟aiuto per il raggiungimento di governi democratici e per un‟efficace tutela dei diritti fondamentali (pratiche sconosciute ai c.d. sistemi terzomondisti), ben al di là quindi di un mero sviluppo economico.

E‟ proprio a questo nuovo concetto di sviluppo che hanno fatto riferimento tanto l‟Unione europea quanto le Istituzioni finanziarie internazionali nella gestione dei loro rapporti con gli Stati terzi. In particolare, il ruolo di tali attori verrà considerato in relazione ai loro rapporti con gli Stati Terzi ed in merito alla cooperazione allo sviluppo.

Il lavoro ha cercato di evidenziare luci ed ombre della c.d. condizionalità: con essa, la concessione di aiuti economici ai paesi più bisognosi viene subordinata al rispetto da parte di questi ultimi, della democrazia e dei diritti umani. Nel contesto europeo, la condizionalità compare per la prima volta nella prima versione della Convenzione di Lomè nel 1972, stiupulata dalla Comunità europea con gli Stati ACP (Africa, Caraibi, Pacifico). Se da un lato l‟uso di tale strumento ha portato progressivamente a risultati positivi (grazie ad una sua formulazione più attenta a considerare le esigenze della popolazione degli Stati terzi), molti dubbi restano ancora sull‟idea stessa di condizionalità. Se i diritti umani sono davvero così importanti a livello universale, perchè essi non si sono ancora affermati come autonomi principi, dotati di forza propria? Se un attore regionale come l‟ Unione Europea condiziona l‟ aiuto economico o la membership ad essa, all‟ attuazione di valori e principi ritenuti fondamentali per il mondo occidentale, quanto tali diritti potranno essere sentiti come prioritari in Stati Terzi diversi per tradizione, cultura e storia? E soprattutto, se tali diritti non nascono come intrinsecamente connessi con una nazione, saranno mai realmente rispettati? In caso contrario, il mancato rispetto della condizionalità, è efficacemente sanzionato dall‟Unione Europea?

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3

Analoghe problematiche vengono affrontate nel IV Capitolo. Dopo una disamina storico-normativa circa la nascita e l‟evoluzione delle Istituzioni create a Bretton Woods nel 1944 (Fondo Monetario Internazionale, attuale Banca Mondiale e Gatt 1947, ora Organizzazione Mondiale del Commercio) e a cui è dedicato il Capitolo III, si valuterà – in un‟ottica comparata – il contributo che le suddette Istituzioni hanno dato alla cooperazione finanziaria internazionale.

La concessione degli aiuti economici, anch‟essa subordinata a meccanismi condizionali, solo apparentemente tiene in considerazione l‟importanza dei diritti umani, mancando un reale coinvolgimento della società civile e dei governi nazionali degli Stati beneficiari degli aiuti. Da qui le numerose critiche di scarsa trasparenza e di imposizione di rigidi piani di risanamento economico che ruotano intorno al c.d. Washington consensus.

Critiche che si espandono quando l‟attenzione si rivolge all‟Organizzazione Mondiale del commercio nata dagli accordi di Marrakesch del 1995. Nessuna disposizione normativa di tale Organizzazione contempla i diritti umani, ma la crescente importanza che questi ultimi hanno assunto sulla scena mondiale, ha spinto gli studiosi ad interrogarsi sul rapporto tra diritto internazionale commerciale e diritto internazionale dei diritti umani. E‟ ammissibile che in un mondo sempre più dominato dai rapporti di interdipendenza economica tra gli Stati, la principale istituzione internazionale preposta a regolamentare tali relazioni, non prenda in considerazione i diritti dell‟uomo? A tale problematica è interamente dedicato il terzo paragrafo dell‟ultimo Capitolo: si passeranno in rassegna le principali posizione dottrinali, volte soprattutto a suggerire un‟interpretazione estensiva delle clausole dell‟Accordo Gatt-Omc che consentono di derogare ai principi fondamentali del sistema stesso. La giustificazione di tali deroghe dovrebbe basarsi eminentemente sulla considerazione che non sempre una liberalizzazione indiscriminata del commercio, rappresenti la soluzione migliore per i Paesi in Via di sviluppo. Il problema principale

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4

sta, quindi, nell‟individuare nel sistema OMC degli strumenti attraverso i quali dare rilevanza ai diritti umani nei rapporti commerciali tra gli Stati membri, tenendo conto delle eventuali conseguenze negative che tali misure potrebbero avere nei confornti degli Stati che le subiscono. Il rischio che si corre, infatti, è che alcuni Stati usino gli strumenti commerciali a loro disposizione per tutelare “eticamente” i diritti umani ma “materialmente” i propri interessi economici. Si verificherebbe così una pericolosa condizionalità: si potrebbero negare i benefici economici ( accordati senza discriminazioni secondo i principi base del Gatt – Omc) e attuare pratiche protezionistiche nei confronti di tutti quegli Stati ritenuti colpevoli d violare i diritti umani in settori rilevanti del commercio internazionale (servizi, agricoltura e proprietà intellettuale).

Da ultimo, si metterà in evidenza una delle più gravi lacune dell‟ intero sistema dei diritti umani: l‟ assenza di meccanismi giuridici internazionali uniformi che consentano agli individui di rivendicare la violazione subita e di vedere efficacemente sanzionati i responsabili di tali violazioni, ossia gli Stati.

Sul piano internazionale, infatti, si assiste ad una sostanziale antinomia rappresentata dal fatto che è la sovranità dello Stato che si oppone a forme di sindacato internazionale su come i singoli Stati si comportano verso i propri cittadini. Sono proprio gli Stati, infatti (cioè i maggiori violatori dei diritti umani) gli enti cui rivolgersi per ottenere il rispetto dei diritti dell‟uomo. Gli spazi riservati ai singoli individui, sono residuali: solo il Comitato Internazionale dei diritti civili e politici, istitutito nell‟ambito del citato Patto delle Nazioni Unite del 1966, consente la possibilità di avanzare “comunicazioni individuali”, ma il Comitato potrà reagire con una semplice raccomandazione agli Stati accusati.

Sul piano regionale, invece, di indubbio valore positivo resta l‟istituzione giuridica prevista dalla Cedu, ossia la Corte europea dei diritti umani: ad essa potendosi rivolgere tutti i singoli che (una volta esperito i mezzi di ricorso interni) vogliano denunciare la violazione di

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5

diritti fondamentali. La Corte, accertata la responsabilità dello Stato potrà tuttavia procedere emettendo una sentenza che gli Stati sono sì obbligati ad “osservare” ma che di fatto si traduce in una parziale riparazione della situazione ex-ante, oppure in un‟equa soddisfazione alla parte lesa. L‟individuo, quindi, ancora una volta si trova stretto entro la morsa di un compromesso: tra il proprio diritto di rivendicare ed ottenere giustizia per una violazione subita, e le esigenze di rispettare la sovranità di quello stesso Stato che ha commesso la violazione e che “dovrebbe” riparare.

Da un punto di vista settoriale, invece, nell‟ambito delle Istituzioni finanziarie internazionali, l‟unica esperienza positiva è rappresentata dalla Banca Mondiale: la previsione di un organo quasi-giurisdizionale (non dotato di poteri vincolant) come l‟Inspection Panel, ha consentito negli ultimi anni di porre sotto controllo l‟attività della Banca. Tale istituto rappresenta un foro indipendente, permanente e formale per gruppi di privati cittadini che reputino che i loro diritti o interessi siano stati lesi o possano essere direttamente lesi da un progetto finanziato dalla Banca, a motivo del fatto che la Banca mondiale non abbia rispettato o probabilmente non rispetterà le sue stesse politiche

operative nella fase dell‟elaborazione, della valutazione o

dell‟implementazione dei progetti.

Ciò che emerge con forza, dunque, è l‟idea di un sistema dei diritti umani ancora troppo legato ad una logica stato-centrica piuttosto che realmente umano-centrica come la stessa ratio dei diritti umani vorrebbe.

(12)

6

CAPITOLO I

Lo sviluppo dei diritti umani dalla CE all‟UE.

1. Genesi e storia dei diritti umani: dal contesto internazionale a quello comunitario.

La marcia dei diritti umani verso una loro affermazione a livello universale affonda le proprie radici nelle grandi Rivoluzioni settecentesche che riconoscono per la prima volta il valore e l‟importanza dell‟individuo in quanto tale. La tutela di simili diritti è a lungo rimasta un affare interno agli Stati: ognuno se ne occupava a suo modo, secondo un principio westfaliano in virtù del quale ogni governo è sovrano in casa propria.

In tal senso si può affermare che l‟evoluzione storico-giuridica positivamente subita dai diritti umani, evidenzia uno sviluppo di questi ultimi come contraltare al potere assoluto degli Stati nazionali.

Al termine del primo conflitto mondiale, si decise di ristrutturare i rapporti internazionali con l‟intento di prevenire ricadute in simili barbarie a danno dell‟intera umanità. Si creò così la Società delle Nazioni, destinata – nelle speranze dei suoi fondatori – a bandire per sempre la violenza e indirizzare le relazioni internazionali lungo i binari di una pacifica convivenza. Furono gli Stati Uniti e la Francia ad insistere affinchè il principio democratico di autogoverno venisse considerato come criterio essenziale ai fini dell‟ammissione di nuovi soggetti nella

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7

Società delle Nazioni 1. In effetti, l‟articolo 1, secondo paragrafo del Patto istitutivo della Società, stabiliva che potevano esservi ammessi gli Stati, i dominions britannici e perfino le colonie, purchè fossero “fully self – governing”.

Nel 1919, quindi, non è tanto l‟osservanza dei diritti umani, quanto l‟ossequio ad alcuni di questi diritti (specificatamente solo quelli attinenti con la libera scelta della forma di governo) ad essere considerato decisivo per distinguere tra “Stati civili” e “Stati estranei” e come tali non ammissibili al club della Società delle Nazioni.

Gli anni immediatamente successivi al Secondo conflitto mondiale, sono da annoverarsi tra i più fertili per l‟attenzione dedicata ai diritti fondamentali della persona 2. Si afferma progressivamente, a partire dalla nascita dell‟ONU, l‟idea che il rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini non riguardi più solamente i governi nazionali, ma debba investire anche l‟intera comunità internazionale 3

.

Le Nazioni Unite, nate con l‟intento di mantenere la pace e la sicurezza internazionale e certe che ciò non potesse avvenire prescindendo da una tutela concreta ed efficace della dignità umana, furono in prima linea nel promuovere strumenti giuridici utili al riconoscimento dell‟importanza dei diritti dell‟uomo.

Gli articoli 1 (par. 3); 13 (lett. b); 55 (lett. c); 62 (par.2); 68 e 76 (lett.c), contenuti nella Carta di San Francisco del 24 ottobre 1945, rappresentano i primi riferimenti normativi dedicati ai diritti dell‟uomo e dei popoli 4.

La gravità ed il clamore suscitati dai crimini perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale furono tali che, per la prima volta, si istituirono dei Tribunali incaricati di perseguire individualmente coloro

1

Cassese Antonio & Gaeta Paola, “Le sfide attuali del diritto internazionale”, Il Mulino – Bologna, 2008, pp. 315.

2

Si precisa che non rientra nello scopo del presente lavoro approfondire il dibattito –per lo più filosofico - circa l‟uso corretto tra espressioni come “diritti umani”, “diritti della persona”, “diritti dell‟uomo”, “diritti dell‟individuo”. In tale sede si useranno indistintamente queste espressioni, sulla base dell‟assunto che ci si riferisce ad un nucleo di diritti riconosciuti all‟essere umano in quanto tale.

3

Alston Philip, Goodman Ryan, Steiner Henry J., “International Human Rights in context: law, politics, morals”, Oxford – University Press, 3th Edition, 2008.

(14)

8

che si erano resi responsabili di quegli atti. Secondo una formula molto popolare tra gli storici “ A Norimberga e Tokyo i vincitori hanno processato e condannato i vinti”, sostenendo che la legittimità del loro agire trovasse fondamento nel fatto che i crimini compiuti offendevano la coscienza di tutto il genere umano 5.

La normativa internazionale, superando le barriere dei singoli ordinamenti, si è tradotta via via con gli anni, in atti internazionali che hanno oggi ad oggetto l‟universalità dei diritti spettanti alla persona e che ne pongono l‟obbligo di tutela all‟interno di ogni Stato 6

.

L‟Assemblea Genarale dell‟ONU approvò il 10 dicembre 1948 la Dichiarazione Universale dei diritti dell‘uomo alla quale fece seguito – nel 1952 – la firma della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell‘uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) 7

. Questi primi documenti servivano ad impegnare gli Stati firmatari a rispettare un nocciolo di diritti: lo scenario globale cambiava vertiginosamente, ma i principi sui diritti umani sarebbero rimasti immutati. Allo stesso tempo si lanciava un messaggio importante a tutti i governi del pianeta ossia che

4

Il testo completo della Carta di San Francisco è disponibile on–line all‟indirizzo: http://www.un.org/en/documents/charter/html.

5

La letturatura storica dedicata alla ricostruzione del cammino dei diritti umani è molto vasta: Bhargava Gopal (Ed.), “Human Rights: concern and future”, Dehli – Kalpaz Publications, 2001, pp. 328; Campell Tom (Ed.), “Protecting human rights: instruments and institutions”, Oxford University Press, 2003, pp. 344; Chrestia Philippe, “L‘influence des droits de l‘homme sur l‘évolution du droit International contemporain”, in Revue trimestrielle des droits de l‘homme, 1998, Vol. 10, pp. 715- 738; De Stefani Paolo & Laita Francesco, “La tutela giuridica internazionale dei diritti umani: casi e materiali”, Cedam – Padova, 1997; Donnelly Jack, “Universal human rights in theory and practice”, 2th Edition – Cornell Univeristy, 2003, pp. 287; Douzinas Costas, “The end of human rights”, Hart Publishing – 2000, pp. 397; Freeman Michael, “Human Rights: an interdisciplinary approach”, Blackwell Publishing Company – 2002, pp. 195; Hannun Hurst, “International human rights: problems of law, policy and practice”, Late Richard – Lillich Edition, New York – Aspen, 2006, pp. 1176; Ishay Micheline R., “The history of human rights from ancient times to the globalization era”, Berkeley – University of California Press, 2004, pp. 451; Mac Eldowney John F. (Ed.), “Human rights in transition”, Lang – 2003, pp. 231; Symonides Janusz (Ed.), “Human Rights: concept and standards” – Dartmouth – Ashgate, 2000, pp. 373; Watson James Shand, “Theory and Reality in the International protection of human rights”, Ardsley –New York, Transnational Publications, 1999, pp. 333;

6

Lo Iodice Aldo, “ Diritto internazionale e diritto dell‘umanità”, Giuffrè Editore, 2001, pag. 297.

7

Per i testi completi sia rinvia al sito: http://www.un.org/en/documents/udhr.html per la Dichiarazione Universale dei diritti umani e al sito:http://www. Echr.coe.int/nr/rdonlyres/english.pdf per la Convenzione europea dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

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9

una parte significativa della Comunità internazionale reputava quei diritti, validi sopra ogni cosa 8.

A dimostrazione di ciò vengono siglati nel 1966 i Patti Internazionali: sui diritti civili e politici uno, su quelli economici, sociali e culturali l‟altro. Mentre la Dichiarazione universale del 1948 è la prima declinazione organica in termini di “raccomandazione” e non di obbligo giuridico, con i due Patti – entrati in vigore nel 1976 – si arrivò ad una positivizzazione giuridica dei diritti umani su scala globale.

Tali documenti contengono i principi fondamentali del cosiddetto “diritto internazionale dei diritti umani”, costituito da principi inderogabili, con la conseguenza di rendere nullo qualsiasi atto contrario a detti principi 9 .

L‟internazionalizzazione dei diritti umani deve, pertanto, intendersi alla luce di:

- un riconoscimento formale dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità umane mediante norme giuridiche internazionali;

- un‟ organizzazione internazionale, di matrice sia

intergovernativa sia non governativa, deputata a promuovere e garantire l‟attuazione delle suddette norme;

- una politica internazionale e le singole politiche estere, che attorno ai primi due ordini di elementi si dipanano.

I Patti Internazionali, unitamente alle successive Dichiarazioni sui diritti politici della donna (1953 10) e quella sui diritti del fanciullo ( 1959

11), segnano una generale tendenza alla “settorializzazione” della materia

e ad una regionalizzazione degli strumenti normativi. Si pensi alla Convenzione interamericana sui diritti dell‟uomo del 1969 e alla Convenzione africana del 1981 12.

8

Papisca Antonio, “I diritti economici, sociali e culturali nel sistema delle relazioni internazionali”, in Pace e Diritti umani, 1998, pp. 30- 53.

9

Papisca Antonio, op. cit., pag. 46. 10

Dichiarazione adottata dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 marzo 1953.

11

Dichiarazione adottata dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959.

12

Di Franco Paolo, “Il rispetto dei diritti dell‘uomo e le ‗condizionalità‘ democratiche nella cooperazione comunitaria allo sviluppo”, in Rivista di diritto europeo, Vol. 3,

(16)

10

In presenza di un corpus (ormai) organico di norme internazionali e di una crescente mobilitazione popolare in ogni parte del mondo per la sua implementazione, considerata inoltre la ratio del riconoscimento dei diritti umani – a qualsiasi livello esso trovi positivizzazione giuridica- , deve ritenersi che nell‟ordinamento giuridico internazionale abbia preso vigore un nuovo principio generale, humana dignitas servanda est, da aggiungersi ai più noti pacta servanda sunt e consuetudo servanda est 13.

Negli anni, quindi, le Nazioni Unite sono riuscite a passare da un concetto statico dei diritti umani (concepito come uno dei mezzi per il raggiungimento della pace internazionale) ad una dottrina dinamica, che arriva perfino ad incoraggiare lo scontro nonché il sovvertimento dello status quo, allo scopo di introdurre la giustizia sociale e il rispetto della dignità umana.

La logica dei diritti umani, nasce, dunque, per delegittimare quegli Stati che violano tali diritti. Questi ultimi servono per stabilire quali spazi di libertà gli apparati statali devono lasciare agli individui; entro quali limiti è ammissibile comprimere - in determinate circostanze - quegli spazi; quali caratteri devono rivestire le strutture statali per risultare conformi agli standards accettabili nel mondo.

Il codice internazionale dei diritti umani, è stato calato in un sistema di rapporti internazionali la cui logica strutturale – statocentrica – è diametralmente opposta a quella – umanocentrica – tipica dei diritti umani. Il principio di sovranità degli Stati si contrappone al principio di sovranità della persona umana: il diritto degli Stati all‟integrità

territoriale è antitetico rispetto al diritto dei popoli

all‟autodeterminazione 14

.

La breve carellata tracciata, rivela che i diritti umani si sono ritagliati spazi irreversibili nello scenario internazionale, con conseguenze inevitabili sia sul piano politico che culturale. Politico, perchè se i governi hanno deciso di impegnarsi a sottoscrivere documenti di portata universale, essi hanno poi dovuto giustificare dinanzi

1995, pag. 546; Meron Theodor, “Human Rights in International Law”, Oxford – Clarendon Press, 1994, pag 229- 232.

13

(17)

11

all‟opinione pubblica interna e mondiale le eventuali violazioni di tali diritti. Culturale, perchè da questo momento in poi, il dibattito sulla tutela dei diritti dell‟uomo, continuerà ad essere al centro della vita dei governi nazionali e dell‟ordine globale 15

.

I diritti umani hanno alla base un generoso desiderio di unificare il mondo, prescrivendo precise linee direttrici da osservare: in questo essi si propongono l‟ambizione di indicare i valori (il rispetto della persona come tale) e i disvalori (la negazione della dignità di ciascuno) che tutti gli Stati dovrebbero prendere come criteri discriminanti nelle loro azioni.

Il percorso aperto dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani ha consentito di creare una “coscienza umana”, una comunità di intenti, segnalando una presenza così forte dei diritti della persona, da non poter essere ignorata.

Anche la Comunità Europea, nata nel fervore degli anni ‟50, non potè fare a meno di confrontarsi con questa realtà. Come noto, i Trattati Istitutivi non contenevano alcun catalogo dei diritti fondamentali, ad eccezione di quei diritti ritenuti strettamente necessari al perseguimento della finalità economica che ne era il fondamento, ovvero la realizzazione di un mercato unico: la libera concorrenza, la libertà di circolazione delle merci, dei capitali, dei lavoratori e la libertà di stabilimento. In tal senso, correttamente in dottrina si parla di “diritti comunitari fondamentali” piuttosto che di “diritti umani universali” 16

.

Ma - come detto - l‟attenzione mostrata dal contesto internazionale verso una sempre maggiore considerazione dei diritti dell‟uomo, insieme alla progressiva espansione del raggio di azione della Comunità Europea, hanno reso quasi necessario un dibattito circa la possibilità che anche la Comunità si dotasse di efficaci norme a tutela della persona 17.

14 Idem, pag. 50. 15

Alston Philip & altri, op. cit., pag. 126. 16

Clapham Andrew, Cassese Antonio & Weiler J. H. H., “The human rights challenge: human rights and European Community. Methods of protection”, Baden –Baden, Nomos- 1991, Vol. II, pag. 34

17

Cfr., Risoluzioni del 27 aprile 1979, del 9 luglio 1991, del 18 gennaio 1994, del 17 maggio 1995, del 13 marzo 1996 (in GUCE dei rispettivi anni).

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12

1.1 Dall' “agnosticismo” della Corte al riconoscimento dei diritti dell'uomo come principi fondamentali dell'ordinamento comunitario.

I Trattati istitutivi delle Comunità europee, sia quello di Parigi come pure i successivi di Roma, coerentemente con l‟approccio economico del processo di integrazione, non contenevano alcun riferimento al probema dei diritti umani. Tuttavia, apparve presto evidente che il silenzio dei Trattati istiutivi in questa materia comportava di fatto , per gli atti comunitari, una sorta di immunità da qualsiasi meccanismo di controllo sul rispeto di tali diritti, fosse esso nazionale (operato dalle Corti costituzionali) o internazionale (svolto, ad esempio, dal sistema della Convenzione Europea dei diritti dell‟uomo). In altre parole, ogni qual volta la competenza passava dagli Stati membri alla Comunità, essa veniva sottratta ad ogni forma di controllo ed eventuali atti lesivi dei diritti umani adottati in virtù di quella competenza restavano privi di controllo giurisdizionale. La giurisprudenza comunitaria confermava e – giustificava – l‟esistenza di questa grave lacuna: nella nota sentenza Stork 18 la Corte di Giustizia aveva rifiutato di pronunciarsi sulla validità di un atto comunitario sulla base dei diritti umani protetti dalle costituzioni nazionali , perchè questo avrebbe potuto mettere a repentaglio il principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno degli Stati membri.

Occorrerà attendere dieci anni perchè la Corte, pur senza modificare tale orientamento, mostri una maggiore sensibilità per l‟importanza della tutela dei diritti umani nel sistema giuridico comunitario.

18

Sentenza Stork c. Alta Autorità CECA (causa 1/58), del 4 febbraio 1959, in Raccolta, pag. 43 ss.

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13

E' del 1969 la sentenza Stauder 19 che include i diritti umani tra i principi generali del diritto comunitario che, come ormai ampiamente sostenuto dai giuristi, costituiscono una fonte non scritta di tale diritto 20. Chiamati in via pregiudiziale ad apprezzare la validità di un provvedimento della Commissione, i giudici di Lussemburgo lo ritennero privo di elementi tali da “pregiudicare i diritti fondamentali della persona” ma affermarono che quei diritti “fanno parte dei principi generali dell' ordinamento comunitario di cui la Corte garantisce l'osservanza”. All'anno successivo risale, invece, la pronuncia resa dalla Corte nel caso Internationale Handelsgesell, nella quale la Corte, dopo aver escluso che si imponga il rispetto delle norme costituzionali degli Stati membri in tema di libertà fondamentali, ha affermato: “E' tuttavia opportuno accertare se non sia stata violata alcuna garanzia analoga, inerente al diritto comunitario. La tutela dei diritti fondamentali costituisce, infatti, parte integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di giustizia garantisce l'osservanza. La salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, va garantita entro l'ambito della struttura e delle finalità della Comunità” 21 . Merita un breve approfondimento il concetto di “tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”. L'origine di tale formula si ricava dall'art. 215, comma 2 del Trattato Cee, in cui si sostiene che i danni causati dalle Istituzioni e dagli agenti della Comunità

19

Per una disamina completa della giurisprudenza della Corte cfr. Strozzi Girolamo, “Diritto dell‘Unione Europea. Parte Istituzionale. Dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona”, 2009, IV Edizione - Giappichelli Editore – Torino, pp. 460; Spielmann, Dean, “Human Rights Case Law in the Strasbourg and Luxembourg Courts: Conflicts, Inconsistencies, and Complementarities‖, in Alston Philip Edition, The European Union and Human Rights 1999, pp. 331; Mancini Federico, op. cit.; Rottola Alessandro, op. cit.; Leclerc S., Akandji – Kombé J.F., Redor M.J., (a cura di ), “L‘Union européenne et les droits fondamentaux”, Bruxelles, 1999, pp. 268; Marcoux Liu, “Le concept de droits fondamentaux dans le droit de la Communauté économique européenne”, in Revue de droit International et de droit comparé, 1983, pp. 719- 727; Mowbray Alastair, “Cases and materials on the European Convention on Human Rights”, Oxford University Press, 2007, pp. 552;

20

In merito alla posizione di detti principi generali nel sistema delle fonti comunitarie, essi si pongono al vertice dgli atti normativi, imponendosi all'osservanza tanto delle Istituzioni che degli Stati membri quando agiscono nel campo del diritto comunitario o adottano misure di applicazione del diritto comunitario e costituiscono anche parametri per il giudizio di legittimità degli atti normativi derivati. Cfr.Strozzi Girolamo, op. cit, pag. 219.

21

(20)

14

vanno risarciti “conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri”. Di tale disposto normativo la Corte si avvalse quasi subito ben oltre i limiti della responsabilità extracontrattuale e, avendo in tal modo creato una nuova fonte di diritto, la utilizzò proprio nella materia dei diritti umani. In dottrina 22 ci si è chiesti se l'incorporazione dei diritti della persona tra i principi comuni significasse ad esempio che, per essere accolto in sede comunitaria, un diritto dovesse essere garantito dagli ordinamenti di tutti gli Stati membri; oppure se ciò volesse dire scegliere quale Stato tutela meglio un determinato diritto e in tal caso come avrebbe dovuto orientarsi la Corte, specie in materia di diritti economici e sociali, per i quali- notoriamente – il grado di tutela offertone in ogni singolo Stato, è diverso.

Il dibattito tra gli studiosi 23 ed il percorso che ha portato i giudici alla soluzione di tali dilemmi è stato particolarmente tortuoso e lungo, ma pare che oggi ci sia un accordo diffuso nel ritenere che “comune” sia solo il principio presente nel sistema di ogni Stato e che la Corte si muova verso la ricerca di standards massimi, minimi o medi di tutela. Il metro su cui essa misura le soluzioni che i vari sistemi le prospettano, è dato dallo spirito del Trattato e dalle esigenze di una comunità in via di costruzione. Ad essere prescelta, è quindi, la forma di protezione dei diritti della persona più conforme a tali criteri. I principi comuni cui la Corte si richiama, pertanto, non consistono nella soluzione ammessa in maniera concorde dal più gran numero di ordini giuridici, ma piuttosto in quella che appare come la migliore soluzione dopo uno studio critico delle soluzioni di diritto comparato. Un diretto riferimento agli strumenti internazionali arriva nel 1974 con la sentenza Nold 24: la Corte venne

22

Coppel Jason & O‟ Neill Aidan, “The European Court of Justice: taking rights seriously?”, in Common Market Law Review, 1992, pp. 669- 681; De Salvia Michele, “Lineamenti di diritto europeo dei diritti umani”, Cedam – Padova, 1991, pp. 132-153; De Witte Bruno, “Le rôle passeé et futur de la Cour de Justice des Communautés européennes dans la protection des droits de l‘homme”, sta in Alston Philip, Bustello Mara & Heenan James (Ed.), “L‘Union européenne et les droits de l‘homme”, Bruxelles – Bruylant, 2001, pp. 895- 935.

23 Cfr., Grementieri Valerio, “Il ruolo della Corte di Giustizia delle Comunità Europee per la protezione dei diritti fondamentali in Europa”, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1979, pag. 6; Cannizzaro Enzo, op. cit.; Chiti Edoardo, op. cit. 2424

Sentenza Nold c. Commissione del 14 maggio 1974, C. 4/73, in Raccolta, 1974, p. 491 e ss. Per un commento cfr., Gaya Giorgio, op. cit.

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invocata in merito alla tutela di un diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica rispetto ad una decisione della Commissione riguardante il funzionamento degli Uffici di vendita del carbone nella Ruhr. In tale pronuncia la Corte segnò due importanti passi avanti in merito alla tutela dei diritti dell'uomo: da una parte, infatti, sancì con fermezza di non poter “ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti dalle costituzioni degli Stati membri”; dall'altro, richiamò le indicazioni scaturenti dagli “strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato e aderito” e per ciò stesso atti a fornire “elementi di cui bisogna tener conto nell'ambito del diritto comunitario”. Nella sentenza in esame, tuttavia, la Corte chiarisce che ―...tali diritti non costituiscono prerogative assolute”, dovendo piuttosto essere considerati ―...nell'ambito della struttura e delle finalità della Comunità...”, con attenzione anche alla funzione sociale dei beni e delle attività prodotte, che possono quindi subire restrizioni giustificate dal perseguimento degli interessi generali della Comunità, purchè ad esserne lesa non sia la sostanza dei diritti stessi .

Da ciò deducendosi come la Corte abbia continuato a ritagliarsi uno spazio di sindacabilità di un atto comunitario in conflitto con un diritto fondamentale, tutelato da una norma nazionale. In realtà tale pronuncia è rimasta isolata e la dottrina concorda ormai nel ritenere che in materia di diritti dell'uomo, la Corte abbia inteso porre dei limiti chiari e precisi. Ad onor di cronaca, l'esplicito riferimento all'importanza dello strumento internazionale più completo in materia di diritti umani quale la CEDU verrà riconosciuto solo il 28 ottobre 1975 con la sentenza Rutili

25

.

Ad un lavoratore italiano immigrato in Francia e coinvolto in conflitti sindacali e politici molto aspri, era stato interdetto l'ingresso in

quattro dipartimenti, portando come giustificazione di tale

provvedimento, la tutela dell'ordine pubblico. La Corte dichiarò che i limiti posti ai poteri statali in fatto di polizia degli stranieri dalle norme

25

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16

comunitarie derivate, esprimono un principio più alto non ricavabile (qui si rinviene tutta l'importanza della sentenza) dagli “strumenti internazionali” genericamente intesi, ma consacrato nelle disposizioni di uno strumento internazionale specifico, ossia negli articoli 8-11 della Cedu e nell'articolo 2 del suo protocollo IV. Da dopo l'ultima ratifica di tale documento, operata nel 1974 dalla Francia, al pari degli Stati membri, la Comunità non può esercitare le proprie funzioni se non nell'osservanza dei diritti sanciti dalla Cedu: nella sentenza in questione, viene esplicitato che “i diritti garantiti dalla Convenzione di Roma del 1950, possono essere limitati a salvaguardia dell'ordine pubblico solo nella misura in cui tale restrizione sia ammissibile in una società democratica”. Da tale sentenza in avanti, i riferimenti alla Cedu diventeranno sempre più ricorrenti, come pure le citazioni delle Corte Europea dei diritti dell‟uomo. Per via giurisprudenziale e nel silenzio dei Trattati, vengono in tal modo riconosciuti numerosi diritti civii (rispetto della vita privata 26, libertà di espressione 27, libertà religiosa 28, diritto di soggiorno 29 o di espulsione 30), diritti relativi alla posizione dell‟individuo nei procedimenti giudiziari e amministrativi (diritto alla difesa 31, diritto all‟equo processo 32, controllo giurisdizionale degli atti amministrativi interni 33, principio nulla poena sine lege 34 e dell‟irretroattività della legge penale 35

) e diritti economici e sociali (

26

Sentenza National Panasonic del 26 giugno 1980, C. 136/79, in Raccolta, 1980, p. 2033 e ss.

27

Sentenza VBVB-VBBB del 17 gennaio 1984, C. 43/82, in Raccolta 1984, p. 19 e ss. 28

Sentenza Prais del 27 ottobre 1976, C. 130/75, in Raccolta 1976, p. 1589 e ss. 29

Sentenza Rutili del 29 ottobre 1975, C. 36/75, in Raccolta 1975, p. 1219 e ss. 30

Sentenza Royer dell‟8 aprile 1976, C. 48/75, in Raccolta 1976, p. 497 e ss. 31

Sentenza Transocean Marine paint association del 23 ottobre 1974, C. 17/74, in Raccolta 1974, p. 1063 e ss.

32

Sentenza Dufay del 1‟ aprile 1987, C. 257/85, in Raccolta 1987, p. 1561 e ss. 33 Sentenza Johnston del 15 maggio 1986, C. 222/84, in Raccolta 1986, p. 1651 e ss. 34

Sentenza Hansen del 10 luglio 1990, C. 144/90, in Raccolta, 1990, p. I-2911 e ss. 35

Sentenza Kirk del 10 luglio 1984, C. 63/83, in Raccolta, 1984, p. 2689 e ss. Parte della dottrina ritiene che proprio tale caso rappresenti il primo vero riconoscimento di un‟imporanza quasi vincolante delle norme CEDU e non meramente interpretative. La Corte ha attribuito sicuro valore ad una disposizione della Convenzione di Roma: il principio di irretroattività della norma penale, ricostruito oltre che in base alle norme nazionali anche alla luce dell'articolo 7 della Cedu.

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diritto di proprietà 36, diritto alla scelta e alla pratica di una professione

37

).

A seguito di questa giurisprudenza, si riconosce quindi, come l‟integrazione/incorporazione dei diritti fondamentali risulti pienamente conseguita nell‟ordinamento dell‟Unione, almeno nel senso che tale giurisprudenza si estende, oltre che alle istituzioni e agli atti dell‟Unione (come sancito nella sentenza Wachauf 38) alla stessa normativa degli Stati membri attuativa del diritto comunitario: ne resta preclusa la sola normativa nazionale priva di ogni legame con il diritto comunitario (sentenza Kremzow 39), sottolineandosi in questo modo, come i diritti fondamentali di cui la Corte di Giustizia assicura la tutela sono sì libertà fondamentali ma pur sempre strumentali agli obiettivi economici dei Trattati 40.

Nelle successive sentenze 41 la Corte o si limita ad osservare che la CEDU non conferisce una tutela rilevante ai fini della risoluzione della causa, oppure che le disposizioni convenzionali non contengono indicazioni “sufficientemente precise” (caso Hauer 42) o ancora che “essa

consente le limitazioni stabilite dalla normativa comunitaria” ( causa National Panasonic 43). Infine nei casi Testa, Johnston e Azko II 44, la Corte rileva che la Convenzione di Roma non aggiunge nulla a quanto previsto dalla normativa comunitaria. In buona sostanza, quindi, dinanzi all'inesistenza di un espresso catalogo comunitario dei diritti da tutelare, in presenza di un orientamento giurisprudenziale che ha considerato i

36

Sentenza Nold c. Commissione, cit. 37

Sentenza Testa, Maggio e Vitale del 19 giugno 1980, C. 41/79, in Raccolta, 1980, pp. 1979 e ss.

38

Sentenza del 13 luglio 1989, C. 5/88 in Raccolta, 1988, pp. 2609. 39

Sentenza del 29 maggio 1997, C. 299/95, in Raccolta, 1995, p. I – 2695. 40

Tesauro Giuseppe, “I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte di giustizia”, in Rivista Internazionale dei diritti dell‘uomo, 1992- Vol. 2, pp. 402- 426. 41

Cfr. in particolare: Dorca Marina, sentenza del 28 ottobre 1982, cause 50-58/82, in Raccolta, 1982, pag. 3949 e ss. (il richiamo alla Cedu è ai paragrafi 10-11); Sa Musique, sentenza del 7 giugno 1983, cause 100-103/80, in Raccolta, 1983, pag. 1825 e ss. (nei paragrafi 6-7 la Corte esclude la rilevanza dell'articolo 6 della Cedu)

42 Sentenza del 28 ottobre 1979, in Raccolta, pag. 3745, paragrafo 19. 43 Sentenza del 15 marzo 1980, in Raccolta, apg. 2057 e ss., paragrafi 19-20. 44

Rispettivamente: Sentenza del 19 giugno 1980, cause 41, 121 e 796/79, in Raccolta, 1980, pag. 1979 e ss, paragrafo 16; Sentenza del 26 giugno 1980, causa 136/ 79, in Raccolta, 1980, pag. 2033 e ss, paragrafo 18; Sentenza del 23 settembre 1986, causa 5/85, in Raccolta, pag. 3118, paragrafo 27.

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diritti umani funzionali alle finalità poste a fondamento dei Trattati istitutivi, la Corte si è riservata la facoltà di “selezionare” quei diritti fondamentali che intendeva incorporare e tutelare nell'ordinamento comunitario in ragione della loro integrazione con le tradizioni costituzionali e con i fondamenti del sistema. L'atteggiamento tenuto dalla Corte di Giustizia, in pratica, corrisponde a quello di regola assunto nel ricostruire i principi generali sulla base delle norme degli Stati membri: comparare per poi scegliere la regola che meglio si adatta alle esigenze dell'ordinamento comunitario (better law) 45. Conferma di ciò si ha nel caso Hauer 46, unica sentenza nella quale sono richiamate specifiche norme costituzionali: a Liselotte Hauer, era stato rifiutato il permesso di piantare una vigna, sulla base di un Regolamento comunitario. In simile occasione la Corte non si è richiamata né alla Cedu, né ad altri strumenti internazionali in materia di diritti fondamentali, ma si è limitata a ricordare che “norme e prassi costituzionali consentono al legislatore di disciplinare l'uso della proprietà privata nell'interesse generale” 47. Ancora, nel 1998, con la sentenza Grant 48, la Corte ha ribadito l'autonomia del sistema comunitario, collocando la protezione dei diritti fondamentali, su un piano inferiore rispetto ai Trattati Istitutivi. E' stato precisato, infatti, a conferma di tutta la linea giurisprudenziale tenuta sino a tale momento, che i diritti umani tutelati dalla Corte, derivano dai principi generali del diritto comunitario: questi ultimi si pongono, quindi, come fonte autonoma di diritto e traggono la loro sostanzialità giuridica non solo dall'essere riconosciuti dagli ordinamenti costituzionali o dagli strumenti

internazionali, ma dall'avere un'esplicita consacrazione nella

giurisprudenza della Corte. In linea con ciò, la Corte si è sempre

45

Gaya Giorgio, op. cit., pag. 582; Strozzi Girolamo, op. cit., pag. 232 46

Per una disamina più approfondita della Sentenza in questione si rimanda a Bellini Simona, “La tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento comunitario secondo la sentenza Hauer”, in Rivista di diritto internazionale, 1981, pp. 318- 327.

47

Tra le pronunce più recenti, cfr. Sentenza OMEGA: la tutela della dignità umana in quanto valore fondamentale, viene assunta come parametro per motivare la restrizione ad una delle libertà fondamentali (nel caso di specie il divieto di esercitare un‟attività economica) sancite dai Trattati. Sentenza del 14 ottobre 2004, C. 36/02, in Raccolta 2004, pp. 2481.

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“ostinata” ad affermare che un'eventuale contrasto tra un atto comunitario e norme interne – anche se relative ai diritti umani – non possa considerarsi condizione tale da inficiare la validità e l'efficacia dell'atto comunitario nello spazio interno degli Stati, alla luce della superiorità non già dei singoli, quanto del diritto comunitario.

Il costante riferimento alle norme CEDU, ha tuttavia reso quest‟ultima, parte integrante del diritto comunitario ed il riferimento frequente alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo costituisce altresì un riconoscimento della autorità dell‟interpretazione della Convenzione realizzata dallo specifico organo giurisdizionale che quest‟ultima ha istituito.

A tal proposito appare d‟obbligo una breve disamina circa il problema dell‟adesione alla CEDU da parte della Comunità/Unione europea.

Sin dagli settanta il Parlamento europeo con più Risoluzioni 49 e la Commissione – con un Memorandum del 4 aprile 1979 50 - si pronunciavano a favore di un'adesione della Comunità alla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU) 51. Il sistema CEDU sorge da un accordo tra gli Stati membri del Consiglio d‟Europa espressamente finalizzato alla tutela dei diritti umani, con contenuti e strumenti tipici del diritto internazionale: elenco dei diritti (poi aggiornato da una serie di Protocolli) riconosciuti a tutti i soggetti sottoposti alla giurisdizione degli Stati membri, creazione di un sistema di controllo (affidato alla Corte Europea dei diritti umani) finalizzato a comporre controversie tra Stati nonché, a determinate condizioni, tra individui e Stati.

Il tema della eventuale adesione alla Convenzione di Roma da parte della Comunità è stato sollevato dalla Commissione: degna di nota, a tal proposito, è la Dichiarazione congiunta firmata da Parlamento, Commissione e Consiglio nel 1979 a Lussemburgo 52, nella quale le tre

49

Cfr., Risoluzioni del 27 aprile 1979, del 9 luglio 1991, del 18 gennaio 1994, del 17 maggio 1995, del 13 marzo 1996 (in GUCE dei rispettivi anni).

50

Testo disponibile sul sito: http://europeanrights.eu/getfile.1979.pdf. 51

La Convenzione è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953. Il testo è disponibile sul sito del Consiglio d‟Europa (coe) all‟indirizzo: http://conventions.coe.int/Treaty/ita/treaties.html.

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istituzioni dopo avere ribadito che la Comunità si fonda sul principio dell'osservanza del diritto, si impegnano nell'esercizio dei propri compiti “al rispetto dei diritti fondamentali, quali risultano in particolare dalle costituzioni degli Stati membri, nonché dalla CEDU”. Si prospettava l‟idea di un “protocollo di adesione” nel quale risolvere i molteplici problemi determinati dalle diversità derivanti dal modo di essere di una tradizionale convenzione multilaterale, aperta agli Stati europei, e dalla peculiare situazione dell‟ordinamento comunitario. E‟ chiaro, infatti, che non si poteva realizzare una “adesione” nel senso classico dell‟espressione.

La CEDU, infatti, era aperta soltanto agli Stati e – per definizione – la Comunità o l‟Unione Europea non possiedono tale requisito. Di fronte, tuttavia, all‟incalzare delle sollecitazioni, si è sviluppato un orientamento favorevole all‟adesione, che ha portato alla formulazione della richiesta di parere della Corte, con la quale il Consiglio chiede se l‟adesione della comunità europea alla Convenzione “...sarebbe compatibile con il Trattato che istituisce la Comunità”.

Sino a tale momento, la Corte di Giustizia della Comunità Europea aveva sempre escluso la propria competenza in merito 53, ritenendo che non rientrasse tra i propri compiti quello di garantire il rispetto dei diritti posti a tutela dei singoli negli ordinamenti interni, ad essa spettando solo l'interpretazione e la corretta applicazione del diritto comunitario. Obiettivo primario della Corte, infatti, era quello di difendere la libertà di azione dei neonati organi europei come condizione di un diritto comunitario autonomo. Il ragionamento presumibilmente seguito dall'organo giurisdizionale europeo potrebbe essere così riassunto: cosa rimarrebbe del diritto comunitario se il Consiglio e la Commissione fossero obbligati ad assicurare che ogni misura da loro emanata è in regola con le garanzie costituzionali dei sei Stati membri

53 Cfr. Parere n. 2/94 del 28 marzo 1996 reso dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, disponibile on-line in lingua francese all‟indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/lexuriserv.do?uri:fr.html. Per un‟efficace commento a questo parere vedi Chiti Edoardo, “La tutela dei diritti dell‘uomo nell‘ordinamento comunitario. Un commento”, in Giornale di diritto amministrativo, n. 101- 1996, pp. 959- 965.

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fondatori o addirittura con qualsiasi tipo di norma nazionale 54 ? Tuttavia, il progredire della disciplina internazionale posta a tutela dei diritti fondamentali, la veloce integrazione comunitaria e le pressioni di alcune Corti Costituzionali 55- unitamente alle sollecitazioni da parte delle istituzioni comunitarie, spinsero la Corte a mutare orientamento. Si dice a tal proposito 56 che il renvironment messo in atto dalla Corte, sia da attribuirsi anche all'esigenza di colmare un emergente deficit democratico nella gestione della Comunità. L'irrilevanza dell'Assemblea di Strasburgo, lo sviluppo di organi non controllabili come il COREPER, la crescente burocratizzazione della Commissione, facevano sì che la produzione legislativa della Comunità presentasse poche similitudini con un processo democratico rappresentativo. Contro il rischio di un sistema di governo composto da funzionari nazionali ed europei, definire con precisione una higher law alla cui stregua sindacare gli atti delle istituzioni, divenne una priorità 57. L'ampliamento delle competenze riconosciute con gli anni alla CE, infatti, comportava inevitabilmente una maggiore ingerenza del diritto comunitario sul diritto interno degli Stati

58

; da ciò ricavandosi un maggior numero di possibilità in cui una non corretta trasposizione a livello nazionale delle norme comunitarie, potesse causare violazioni dei diritti fondamentali dei singoli. Dinanzi a tale quadro, nell‟analisi condotta per la redazione del parere 2/94 del 28 marzo 1996, la Corte conclude sull‟ammissibilità della richiesta e

54

Mancini Federico, “La tutela dei diritti dell'uomo: il ruolo della Corte di Giustizia delle Comunità europee”, in Rivista Trimestrale di diritto e procedura civile, 1989, pag. 5.

55

Specificatamente: la Corte italiana ha affermato che “l‘ordinamento statale non si apre incondizionatamente alla formazione comunitaria, giacchè in ogni caso vige il limite del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana”, Sentenza Frontini del 27 dicembre 1973, causa 183, in Foro Italiano, 1974, I, pag. 314 ss.. La Corte tedesca, invece, si è riservata “il diritto di esaminare la conformità del diritto comunitario ai diritti fondamentali sanciti dalla Legge fondamentale”. Cfr. sentenza Solange I, del 29 maggio 1974. Per un commento alle due Sentenze, cfr., Scheuner Ulrich, “Fundamental Rights in European Community Law and in National Constitutional Law. Recent decisions in Italy and in the Federal Republic of Germany”, in Common Market Law Review, 1975, pp. 171- 191.

56

Cannizzaro Enzo, “Tutela dei diritti fondamentali nell'ambito comunitario e garanzie costituzionali secondo le corti costituzionali italiana e tedesca”, in Rivista di diritto internazionale, 1990, pp. 377.

57

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conferma che “...i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali (la Corte) garantisce l‘osservanza” e che “il rispetto dei diritti dell‘uomo costituisce un requisito di legittimità degli atti comunitari”, ma conclude col ritenere che l‟adesione alla Convenzione “determinerebbe una modificazione sostanziale dell‘attuale regime comunitario di tutela dei diritti dell‘uomo, in quanto comporterebbe l‘inserimento in un sistema istituzionale internazionale distinto, nonchè l‘integrazione del complesso delle disposizioni della Convenzione nell‘ordinamento giuridico comunitario”. La Corte ritiene, dunque, che le necessarie modifiche avrebbero “carattere costituzionale” e che pertanto l‟articolo 300 non è utilizzabile, ma sarebbe necessaria una modifica del Trattato. Da questi argomenti, schematicamente riferiti, la conclusione della corte fu nel senso che “allo stato attuale dei diritto comunitario, la comunità non ha competenza per aderire alle Convenzione”. 59

Negli anni a seguire il progetto di adesione è stato ripreso nel Progetto di Costituzione per l‟Europa (art. 9) nel quale era inserito un esplicito paragrafo 2 che impegnava l‟Unione ad aderire alla CEDU, pur precisando che tale adesione non avrebbe modificato le competenze dell‟Unione stabilite dalla Costituzione stessa. Tuttavia i referendum indetti da Francia e Olanda nel maggio del 2005 in merito alla ratifica del Trattato costituzionale europeo hanno dato esito negativo, affossando così l‟ambizioso progetto avviato con tanta enfasi. Dopo un “periodo di riflessione” di recente si è giunti all‟approvazione del Trattato di Lisbona

60: esso si compone di due parti, il “Nuovo Trattato che modifica il

Trattato sull‟Unione europea” e il “Trattato sul funzionamento della Comunità europea”, entrambi con identico valore giuridico. Il Trattato di Lisbona non si sostituisce ai trattati esistenti ma si limita a modificarli.

58

Sorensen Max, “ Punti di contatto tra la Convenzione Europea dei diritti dell‘uomo ed il diritto delle Comunità europee”, in Rivista di diritto europeo, 1978, pp. 163 – 172. 59

Per un‟analisi del parere 2/94, cfr., Zanghì Claudio, “Un‘altra critica al parere 2/94 della Corte sull‘adesione della Comunità alla Convenzione europea dei diritti dell‘uomo”, in Scritti in onore di Federico Mancini, Milano, 1998, Vol. II, pp. 1101. 60

Firmato a Lisbona dai 27 Stati membri dell‟Unione il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1‟ dicembre 2009. I Trattati saranno due: il Trattato sull’UE (nuovo TUE) e

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23

Per quanto qui interessa, è opportuno notare che il Nuovo Trattato modificativo recepisce sostanzialmente – pur talora con diverso risalto – le novità più importanti sancite nel “fallito” Trattato cosituzionale. Così, l‟art. 6/2 del riformato Trattato UE prevede che l‟Unione aderisca alla Convenzione europea dei diritti dell‟uomo e che tale adesione non modifica le competenze dell‟Unione come definite nei Trattati stessi. In questo modo è stata inserita la norma che offre la base legale per l‟adesione dell‟Unione alla Convenzione; quella base legale, che la Corte UE aveva ritenuto allora inesistente nel suo parere 2/94 61. Tuttavia, il Trattato di Lisbona, a differenza del Trattato costituzionale, prevede che la decisione per l‟adesione sia presa all‟unanimità, il che probabilmente ne ritarderà l‟adozione. Il negoziato per l‟adesione dovrà comunque essere condotto con estrema cautela. Come del resto si desume anche dal tenore del protocollo allegato al Trattato di riforma, dovrà infatti trovarsi un (non facile) equilibrio fra due diverse esigenze: da un lato di salvaguardare le peculiarità dell‟ordinamento comunitario e la sua autonomia e dall‟altro di preservare i rapporti fra gli Stati membri e la Cedu 62.

Concordando con le parole di Antonio Tizzano 63, si può certamente affermare che nessun'altra istituzione comunitaria abbia svolto, come la Corte di Giustizia europea, un'azione così incisiva e determinante nel connotare le caratteristiche del sistema giuridico

comunitario, nell'imprimere una straordinaria accelerazione

all'evoluzione di tale sistema e nell'indirizzarla verso il processo di integrazione. Attraverso un'esperienza giurisdizionale che – a prescindere

il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il testo completo è consutabile on-line all‟indirizzo: http://europa.eu/lisbon_treaty.pdf.

61

La norma del nuovo Trattato non menziona i Protocolli aggiuntivi alla CEDU ed occorre ritenere che la decisione di aderire ad uno o più di essi debba essere presa eventualmente in seguito, dopo l’adesione alla Convenzione. Un aspetto specifico ai Protocolli è rappresentato dal fatto che non tutti gli Stati membri li hanno ratificati tutti. Merita menzione il fatto che nei Protocolli si trovano riconosciuti diritti di particolare rilievo in generale ed in particolare per il diritto dell’Unione: tra gli altri, il diritto di proprietà (articolo 1 Prot.1) e l’interdizione generale di ogni discriminazione (Prot.12).

62

Sulle implicazioni della futura adesione dell‟UE alla Cedu torneremo anche nel successivo paragrafo del presente lavoro.

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dai giudizi di merito – resta unica e straordinaria, la Corte ha inciso in modo profondo e determinante sulla complessiva configurazione del sistema comunitario, dando organicità e coerenza a tale sistema, ricostruendolo come un ordinamento giuridico autonomo e compiuto, rilevandone quei principi qualificanti che rendono oggi l'ordine giuridico comunitario, uno dei più originali. In tal senso sarebbe più corretto definire il ruolo giocato dalla Corte come “strutturale”, perchè ha fatto del diritto un elemento “costitutivo” del processo di integrazione europea. Ciò vale ancor di più proprio alla luce del suo cammino evolutivo in materia di diritti umani: superando il suo “agnoticismo” 64

iniziale, la Corte ha riconosciuto per incorporazione tra i principi generali e - sebbene alle condizioni da essa di volta in volta stabilite - l‟importanza dei diritti fondamentali dell'uomo. Si coglie in ciò una sostanziale differenza rispetto al contesto internazionale: in ambito comunitario il riconoscimento dell‟importanza dei diritti umani non è stato intenzionale. Piuttosto, esso risulta derivato dagli sforzi giurisprudenziali della Corte, mirati originariamente a stabilire e cristallizzare il primato del diritto comunitario su quello nazionale.

2. Profili normativi della tutela dei diritti umani.

Se da un lato, indiscutibilmente, il ruolo giurisprudenziale è stato determinante per un riconoscimento formale dei diritti umani all‟interno della Comunità Europea, dall‟altro, la codificazione dei diritti dell‟uomo è legata anche all‟attivismo delle tre Istituzioni comunitarie. Importanti in tal senso si sono rivelati, ad esempio, i lavori del Parlamento Europeo in tema di revisione del Trattato di Roma: nel Progetto di Trattato dell‟Unione Europea, noto come “Trattato Spinelli”, adottato il 14 febbraio 1984, nel Preambolo viene configurata l‟unificazione

63

Tizzano Antonio, “L‘azione dell‘Unione Europea per la promozione e la protezione dei diritti umani‖, in Diritto dell‘ Unione Europea”, 1999, pp. 149 – 167.

64

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democratica dell‟ Europa sotto forma della progettata Unione e l‟adesione ai principi della democrazia pluralistica, del rispetto dei diritti dell‟uomo e della preminenza del diritto, intesi come fondamento di essa.

L‟articolo 4, ai parr. 1, 2 e 3, sancisce la tutela dei diritti fondamentali quali risultano dai principi comuni delle costituzioni degli Stati membri, nonché dalla Cedu, mentre per i diritti economici, sociali e culturali, il riferimento va alla Carta Sociale europea. Non mancano, inoltre, le prospettive di adesione ai principali strumenti internazionali, come la CEDU e i due Patti delle Nazioni Unite del 1966. Il Progetto, include anche uno specifico meccanismo sanzionatorio, consistente nella sospensione dalla partecipazione alle istituzioni, da applicare nei casi di persistenti e gravi violazioni dei principi democratici o dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro (art. 4, par. 4; art. 44).

A livello normativo, l‟importanza dei diritti della persona, viene in rilievo in due passi del Preambolo dell‟Atto Unico Europeo, firmato nel 1986 65, senza trovare, tuttavia, cristallizzazione nel testo stesso del Trattato. Si tratta di un semplice accenno nel quale gli Stati membri si dichiarano decisi a promuovere insieme i valori democratici, fondandosi sui diritti fondamentali riconosciuti in tutte le costituzioni e le leggi degli

stessi Stati, nella Convenzione Europea e nella Carta sociale europea; sempre nel Preambolo è precisato che la Comunità promuoverà i principi della democrazia e del rispetto dei diritti umani anche nelle relazioni esterne.

Si può affermare, quindi, che tali punti del Preambolo 66, rappresentano semplicemente una “motivazione strutturale” dell‟ intero sistema, che può considerarsi ispirato ai principi democratici e al rispetto dei diritti umani, ma non certo “retto” da tali criteri nella sua stessa essenza. Non vi è, pertanto, alcuna norma esplicitamente dedicata ai

65

Il testo è disponibile on line, al seguente indirizzo: http://europa.eu/abc/treaties/archives/it/aue14a.html.

Per un commento, cfr., Ubertazzi G. M., “Atto Unico e tutela dei diritti dell‘uomo”, in Rivista Internazionale dei diritti dell‘uomo, 1989, pp. 296- 309.

66

E‟ utile ricordare che, ai sensi dell‟articolo 31, par. 2 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei Trattati, il Preambolo contribuisce a costituire il contesto del Trattato ai fini della sua stessa interpretazione.

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diritti umani: questi ultimi, anzi, vengono menzionati per relationem con riferimento agli ordinamenti nazionali dei membri e agli strumenti internazionali di carattere europeo. Nello specifico, il terzo capoverso del Preambolo, individua le radici dei possibili cataloghi dei diritti dell‟uomo nei principi di libertà e uguaglianza, oltre che nel correttivo della giustizia sociale e della solidarietà.

Il quinto capoverso, invece, è tutto imperniato sullo spirito europeista: sottolinea, infatti, la responsabilità dell‟Europa “di far valere in particolare i principi della democrazia e il rispetto del diritto e dei diritti dell‘uomo”, ai quali gli Stati membri si “sentono legati”, per contribuire congiuntamente al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, nell‟ottica della Carta delle Nazioni Unite” 67

. Tappa altrettanto importante, appare la Dichiarazione dei diritti e delle libertà fondamentali adottata dal Parlamento europeo il 12 aprile 1989 in cui si ricorda che “il rispetto dei diritti fondamentali costituisce il presupposto fondamentale della legittimità comunitaria”, e che “il completamento del mercato unico previsto per il 1993 rende più urgente l‘adozione di una dichiarazione dei diritti e delle libertà garantiti nell‘ambito del diritto comunitario e da tale diritto stesso”.

Detta Dichiarazione fu predisposta, da una parte, per dare una risposta alle sempre più pressanti richieste di formulazione di un catalogo autonomo dei diritti dell‟uomo, dall‟altra parte, per far fronte alle difficoltà che si opponevano ad una eventuale adesione delle Comunità alla Cedu. Alcuni studiosi 68 hanno sostenuto che lo scopo primario di detta Dichiarazione non voleva essere quello di attribuire alla Comunità una competenza nuova in merito ai diritti fondamentali, bensì quella di assoggettare la legislazione comunitaria esistente al rispetto dei diritti umani. Si evince da ciò che – in questo stadio dell‟evoluzione dei diritti dell‟uomo – le pressioni esercitate dalle Istituzioni comunitarie spingono affinchè la tematica dei diritti umani pervada in modo sostanziale e concreto, l‟intero ordinamento comunitario.

67

Pillitu Anna Paola, op. cit., pag. 6 68

Sperduti Giuseppe, “Caratteri del sistema europeo di protezione di diritti dell‘uomo”, in Rivista di diritto internazionale, 1974, pp- 434- 455.

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