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La responsabilità extracontrattuale dello Stato per violazione del diritto comunitario. Comparazione fra i modelli francese, spagnolo e italiano

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(1)

Dottorato di ricerca in Diritto Comparato

XXII Ciclo

LA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE DELLO STATO PER

VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO.

COMPARAZIONE FRA I MODELLI FRANCESE, SPAGNOLO E ITALIANO

Dottorando:

Dott. Lorenzo Bairati

Coordinatore del dottorato:

Chiar.mo Prof. Vincenzo Varano – Università degli Studi di Firenze

Responsabili scientifici:

Chiar.ma Prof.ssa Silvia Ferreri – Università degli Studi di Torino

Chiar.mo Prof. Xavier Arbós Marín – Universitat de Girona

Settore disciplinare: IUS/02

(2)
(3)

INDICE

INTRODUZIONE...VII

CAPITOLO

I.

L’ILLECITO

COMUNITARIO

IN

PROSPETTIVA

COMPARATA... 1

P

REMESSE

. ... 1

I

TERMINI DELLA COMPARAZIONE

. ... 12

L’

INDIVIDUAZIONE DEL METODO

. ... 16

I

L PROCESSO DI CROSS

-

FERTILISATION

. ... 24

CAPITOLO II. L’ILLECITO COMUNITARIO SECONDO IL MODELLO

DELINEATO DALLA CORTE DI GIUSTIZIA... 35

I

L PERCORSO DI COSTRUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DELLO

S

TATO PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO

. ... 35

Gli antecedenti logici del principio. La responsabilità dello Stato prima

della sentenza Francovich. ... 35

La sentenza Francovich. 19 novembre 1991. ... 40

La sentenza Wagner-Miret. 16 dicembre 1993. ... 43

La sentenza Faccini Dori. 14 luglio 1994. ... 45

La sentenza Brasserie du Pêcheur /Factortame III. 5 marzo 1996. .. 46

La sentenza British Telecommunications. 26 marzo 1996. ... 50

La sentenza Hedley Lomas. 23 maggio 1996. ... 52

La sentenza Dillenkofer. 8 ottobre 1996. ... 54

La sentenza Denkavit. 17 ottobre 1996... 56

La sentenza Könle. 1 giugno 1999... 58

La sentenza Rechberger. 15 giugno 1999. ... 59

La sentenza Haim II. 4 luglio 2000... 61

La sentenza Köbler. 30 settembre 2003. ... 62

La sentenza Pfeiffer. 5 ottobre 2004. ... 65

La sentenza Traghetti del Mediterraneo. 13 giugno 2006... 69

La sentenza Danske Slagterier. 24 marzo 2009. ... 71

L

A RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DELLO

S

TATO NELLE SUE DIVERSE FUNZIONI E ARTICOLAZIONI

. ... 77

La responsabilità dello Stato legislatore... 79

La responsabilità dello Stato amministratore. ... 85

(4)

L’esistenza di una norma comunitaria che conferisce diritti ai cittadini.

... 98

La sussistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata. .. 104

L’esistenza di un nesso di causalità diretto fra la violazione

sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario e il danno

sofferto dai soggetti privati. ... 113

Ulteriori criteri indicati dalla Corte di giustizia. In particolare, sulla

quantificazione del danno. ... 118

CAPITOLO III. IL CONFINE FRA I PARADIGMI. REGOLE E LIMITI

DELL’AUTONOMIA DEGLI STATI MEMBRI NELL’APPLICAZIONE

DELL’ILLECITO COMUNITARIO... 123

P

REMESSA

. ... 123

I

PRINCIPI REGOLATORI DEL SISTEMA MULTI

-

LIVELLO DI RESPONSABILITÀ DELLO

S

TATO

. ... 127

Il principio di autonomia istituzionale e processuale. ... 127

Il principio di equivalenza. ... 132

Il principio di effettività... 134

Applicazioni del principio di effettività. La qualificazione delle

situazioni giuridiche soggettive nel diritto interno e nel diritto

comunitario. ... 138

G

LI ELEMENTI DELLA FATTISPECIE REGOLATI IN DIRITTO INTERNO

. ... 142

Gli organi giurisdizionali competenti a giudicare. ... 142

La determinazione del soggetto passivo. ... 145

La determinazione dell’elemento soggettivo. ... 147

I termini di decadenza e di prescrizione. Il problema del dies a quo.

... 149

Il nesso causale, la natura del danno risarcibile e la sua

quantificazione. ... 155

CAPITOLO

IV.

LA

RESPONSABILITÀ

PATRIMONIALE

PER

VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO IN FRANCIA... 163

P

REMESSA

... 163

S

ENTENZE

... 168

La sentenza Henri Ramel. Conseil d’État, 7 dicembre 1979. ... 168

La sentenza Alivar. Conseil d’État, 23 marzo 1984... 169

La sentenza Nicolo. Conseil d’État, 20 ottobre 1989. ... 171

La sentenza Boisdet. Conseil d’État, 24 settembre 1990... 174

La sentenza Arizona Tabacco. Conseil d’État, 28 febbraio 1992.... 175

La sentenza Dangeville. Conseil d’État, 30 ottobre 1996... 178

La sentenza Magiera. Conseil d’État, 28 giugno 2002... 181

(5)

La sentenza SA Fontanille. Tribunal Administratif de Clermont –

Ferrand, 23 settembre 2004... 184

La sentenza Gardedieu. Conseil d’État, dell’8 febbraio 2007... 188

La sentenza Robert Gestas. Conseil d’État, del 18 giugno 2008. ... 190

L

A RESPONSABILITÀ PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO IN

F

RANCIA

.

... 193

La responsabilità dello Stato amministratore per violazione del diritto

comunitario in Francia... 195

La responsabilità del legislatore in Francia. ... 200

La responsabilità per fatto del giudice... 215

La responsabilità degli enti locali. ... 219

L’

ILLECITO COMUNITARIO IN

F

RANCIA

,

SECONDO I PROFILI E LE CATEGORIE DELLA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE

. ... 223

Premesse... 223

Il giudice competente. ... 224

Il legittimato passivo... 226

L’elemento soggettivo. ... 227

Il nesso di causalità... 235

La prescrizione... 237

La quantificazione del danno risarcibile e le modalità di riparazione.

... 238

CAPITOLO

V.

LA

RESPONSABILITÀ

PATRIMONIALE

PER

VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO IN SPAGNA. ... 241

Premesse... 241

S

ENTENZE

...E

RRORE

. I

L SEGNALIBRO NON È DEFINITO

.

Sentenza del Tribunal Supremo del 30 dicembre 1992. ... 243

Sentenza della Audiencia Nacional del 25 giugno 1997. ... 245

Sentenza della Audiencia Nacional del 7 maggio 2002. ... 247

Sentenza del Tribunal Supremo del 20 giugno 2002. ... 253

Sentenza del Tribunal Supremo del 12 giugno del 2003. ... 254

Sentenza del Tribunal Supremo del 29 gennaio 2004. ... 258

Sentenza del Tribunal Supremo del 30 aprile 2004. ... 260

Sentenza del Tribunal Superior de Justicia de La Rioja, del 22

novembre 2007. ... 262

Sentenza del Tribunal Supremo dell’ 11 gennaio 2008... 263

Sentenza del Tribunal Supremo del 30 gennaio 2008. ... 264

Sentenza della Audiencia Nacional del 10 febbraio 2009. ... 265

L

A RESPONSABILITÀ PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO IN

S

PAGNA

.

... 267

La responsabilità per violazione del diritto comunitario imputabile

all’amministrazione. ... 268

La responsabilità dello Stato legislatore... 271

La responsabilità per violazione del diritto comunitario imputabile alle

Comunidades Autónomas e alle altre articolazioni territoriali... 290

L’

ILLECITO COMUNITARIO IN

S

PAGNA

,

SECONDO GLI ELEMENTI DELLA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE

. ... 300

(6)

L’elemento soggettivo. ... 306

Decadenza e prescrizione... 310

L’individuazione del legittimato passivo. ... 313

Nesso di causalità. Caso fortuito e forza maggiore... 315

La determinazione del danno risarcibile e la sua quantificazione. .. 318

CAPITOLO

VI.

LA

RESPONSABILITÀ

PATRIMONIALE

PER

VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO IN ITALIA. ... 321

I

NTRODUZIONE

... 321

S

ENTENZE

... 323

Le sentenze dei giudici di merito in relazione al caso Francovich... 323

Il caso Francovich al vaglio della Corte di Cassazione. La sentenza

della Cassazione, sez. lavoro, 11 ottobre 1995. ... 327

Sentenza del Tribunale di Caltanissetta, 15 settembre 1997. ... 330

Sentenza della Cassazione, 11 giugno 1998. ... 334

Sentenza del Tribunale di Rovereto, 17 luglio 1998... 335

Sentenza della Cassazione, 10 aprile 2002. ... 337

Sentenza del Tribunale di Roma, 21 maggio 2002. ... 339

Sentenza della Cassazione, 16 maggio 2003. ... 340

Sentenza della Corte dei Conti, 18 giugno 2004... 342

Sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, 4 febbraio 2005. Di nuovo

sulla questione degli ex specializzandi. ... 343

Sentenza della Cassazione, 21 ottobre 2005... 344

Sentenza del Tribunale di Genova, 23 aprile 2008. ... 347

Sentenza del Consiglio di Stato, 20 gennaio 2009... 349

Sentenza della Cassazione, SS.UU., 17 aprile 2009. ... 353

L

A RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DELLO

S

TATO ITALIANO PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO

. ... 356

La responsabilità per violazione del diritto comunitario dello Stato

amministratore. ... 356

La responsabilità del legislatore in Italia... 362

La responsabilità del giudice... 372

La responsabilità per violazione del diritto comunitario imputabile agli

enti territoriali. ... 379

L’

ILLECITO COMUNITARIO NELL

ORDINAMENTO ITALIANO

,

SECONDO I PROFILI E LE CATEGORIE DELLA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE

... 383

La natura risarcitoria dell’illecito comunitario e le sue conseguenze.

... 383

Il giudice competente. ... 385

Il legittimato passivo... 388

Il danno ingiusto... 390

L’elemento soggettivo ... 391

Il nesso di causalità... 402

(7)

Determinazione e quantificazione del danno, e possibilità di accordare

un risarcimento in forma specifica... 405

GLI

ESITI

DELLA

COMPARAZIONE:

MISURAZIONE

DELLE

DIFFERENZE FRA LE ESPERIENZE CONSIDERATE E RIFLESSIONI

CONCLUSIVE CIRCA LA FORMAZIONE DI UNO JUS COMMUNE

DELLA RESPONSABILITÀ PUBBLICA. ... 409

L

E TRE ESPERIENZE A CONFRONTO

. M

ISURAZIONE DELLE DIFFERENZE E RIFLESSIONI CRITICHE

... 409

La responsabilità delle amministrazioni... 410

La responsabilità del legislatore... 418

La responsabilità del giudice... 423

La partecipazione degli enti locali. ... 429

G

LI EFFETTI DELL

APPLICAZIONE DELL

ILLECITO COMUNITARIO SUI POTERI DELLO

S

TATO E SUGLI ATTI ESPRESSIONE DELLA SUA SOVRANITÀ

. ... 433

Gli effetti relativi ai diversi poteri dello Stato. Stato amministratore e

Stato legislatore. ... 433

Le conseguenze dell’illecito comunitario per fatto di un organo

giurisdizionale in ordine all’erosione della portata oggettiva del

giudicato... 437

L

E PROSPETTIVE CIRCA L

UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO DELLA RESPONSABILITÀ PUBBLICA IN

E

UROPA E GLI STRUMENTI DI TUTELA DELLE POSIZIONI GIURIDICHE INDIVIDUALI

... 442

L’uniformazione del diritto della responsabilità pubblica in Europa. 442

Profili di diritto sostanziale... 447

Profili di diritto processuale. ... 450

C

ONCLUSIONI

. ... 455

GIURISPRUDENZA CITATA... 459

G

IURISPRUDENZA EUROPEA

... 459

Corte di giustizia. ... 459

Tribunale di primo grado. ... 467

Conclusioni degli Avvocati Generali... 467

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. ... 468

G

IURISPRUDENZA ITALIANA

... 469

Corte Costituzionale... 469

Altre giurisdizioni ... 469

G

IURISPRUDENZA SPAGNOLA

... 473

Tribunal Constitucional... 473

Altre giurisdizioni ... 474

G

IURISPRUDENZA FRANCESE

... 477

Conseil Constitutionnel ... 477

Altre giurisdizioni ... 477

(8)

Paesi Bassi ... 483

(9)

Il tema della responsabilità dello Stato per violazione del diritto

comunitario è, ormai da tempo, oggetto di attenzione da parte di cultori di

diverse branche del diritto. Le ragioni di questo prolungato interesse si

spiegano facilmente, se si considerano le sue diverse implicazioni, fra cui

spiccano l’accelerazione del processo di integrazione europea e il

tentativo di assicurare, anche a livello comunitario, l’effettività dei diritti dei

cittadini.

A partire dagli anni ’90 si è assistito ad un dibattito molto intenso a

proposito delle tensioni fra l’opera, svolta dei giudici comunitari, tesa alla

concreta applicazione del diritto comunitario, e le resistenze opposte dal

livello municipale, costituite da oggettivi elementi di diritto positivo, e da

una scarsa propensione degli interpreti a ragionare in chiave di

ordinamenti aperti e interconnessi. Il tema, originariamente prediletto dai

cultori del diritto comunitario, è diventato oggetto di indagine anche dei

costituzionalisti, in particolar modo in seguito all’affermazione della

responsabilità per violazione del diritto comunitario da parte dello Stato

nelle sue vesti di legislatore. La questione circa la possibilità, aberrante

secondo l’impostazione classica, che il legislatore sia chiamato a

rispondere in termini patrimoniali nei confronti dei soggetti danneggiati

dall’attività normativa, era già stata sollevata nei decenni precedenti da

parte di autorevoli costituzionalisti. Tale dibattito, in considerazione del

nuovo parametro di legalità costituito dal diritto comunitario, è stato

nuovamente sollevato, ed è ormai opinione comune che la celebre formula

secondo cui “the King can do no wrong”, che esprime la pressoché

illimitata sovranità del Parlamento, debba essere necessariamente rivista.

Sul tema si sono anche esercitati gli amministrativisti, chiamati ad

approfondire il tema della responsabilità per violazione del diritto

comunitario derivante da attività amministrativa. In Italia, il tema è stato

(10)

connesse all’applicazione dell’art. 2043 Cod. Civ..

La coesistenza del “paradigma comunitario” di responsabilità dello Stato

con i diversi regimi nazionali di responsabilità pubblica, ha indotto anche i

comparatisti ad esplorare questo campo, in modo da rispondere alle

questioni relative al rapporto fra i diversi modelli di responsabilità. In

questo quadro, il raffronto delle diverse esperienze municipali, l’analisi del

rapporto fra livelli di legalità, e le riflessioni circa il fenomeno di

cross-fertilisation, inteso non solo come meccanica applicazione del diritto

comunitario, ma anche come occasione di dialogo fra giudici e di

elaborazione culturale, sono in una fase di piena maturazione.

Questa analisi intende collocarsi in questo filone, in considerazione dei

profili problematici rimasti insoluti nonché delle rinnovate prospettive di

applicazione di questa figura. Seguendo l’impostazione tradizionale

dell’indagine comparatistica, un primo obiettivo consiste nell’accertare le

differenze e le somiglianze fra diversi ordinamenti, dando conto di un

processo circolare, di reciproca permeazione, interessata da fenomeni di

recezione e di resistenza, fra modelli nazionali e paradigma comunitario.

L’indagine persegue la finalità di comparare le soluzioni applicative del

paradigma comunitario di responsabilità dello Stato in diversi ordinamenti

nazionali; in altri termini, di studiare come la responsabilità dello Stato,

così come delineata in sede comunitaria, si inserisca nell’architettura

giuridica e istituzionale degli ordinamenti considerati. A questo proposito,

ruolo particolarmente importante è stato ricoperto dai giudici, che nei

diciotto anni trascorsi dalla prima fondamentale sentenza Francovich

(risalente al 1991), hanno interpretato il principio affermato dalla Corte di

giustizia, lo hanno declinato in ambito nazionale, ed hanno così contribuito

a renderlo effettivo. Per questa ragione, ampio spazio sarà riservato

all’analisi dei casi pratici, in modo da superare l’impostazione prevalente,

che a nostro parere è caratterizzata da un certo formalismo. Questo

aspetto costituisce l’elemento di novità di questa analisi, che, ovviamente,

(11)

intende fare tesoro dei numerosissimi contributi esistenti a riguardo, ma

che al contempo intende colmare una lacuna; infatti, se le opere disponibili

hanno trattato in profondità il paradigma comunitario, si sono soffermate

solo raramente e in modo piuttosto sbrigativo sulle pronunce dei giudici

nazionali. D’altra parte, le numerose note di commento ai singoli casi non

sono in grado di sviluppare un’approfondita riflessione comparatistica, che

in questo ambito appare particolarmente opportuna.

Una prima tradizionale diramazione dell’analisi coincide con la

considerazione dello Stato nelle sue funzioni e articolazioni. In altri termini,

il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto

comunitario si declina in modo diverso a seconda che la violazione sia

imputabile allo Stato - legislatore, allo Stato - Pubblica Amministrazione o

allo Stato - giudice.

Un secondo aspetto finora poco frequentato dalla dottrina italiana, è quello

relativo alla responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario

connesso al tema dell’organizzazione interna degli Stati, ovvero dei

fenomeni di decentramento politico e amministrativo. Anche a questo

proposito, la comparazione delle esperienze considerate appare di

particolare

interesse,

in

considerazione

del

diverso

grado

di

decentramento che tradizionalmente caratterizza tali ordinamenti. Infatti la

Francia è un paese tradizionalmente accentrato, in cui le articolazioni

territoriali hanno competenze meramente amministrative, e in cui a livello

di enti locali esistono assemblee elettive prive di competenze legislative.

All’opposto, la Spagna ha un’organizzazione interna improntata a un

pronunciato regionalismo; ciò significa, in primo luogo, che accanto

all’entità statale, che opera secondo le sue diverse funzioni, esistono enti

locali dotati di ampie competenze sia legislative che esecutive. A questo

proposito, il caso Italiano si trova in qualche modo in una posizione

mediana, perché le regioni, in seguito alla riforma del Titolo V dell’anno

2001 (Legge costituzionale n. 3 del 2001 e successivo referendum

confermativo del 7 ottobre 2001), hanno assunto importanti competenze

(12)

autonomia ravvisabile nell’ordinamento spagnolo. Questa questione

appare particolarmente rilevante a proposito della responsabilità dello

Stato, perché l’organizzazione interna, materia totalmente delegata alla

sovranità statale, può influire sensibilmente sulla tutela delle posizioni

giuridiche

comunitarie.

Questo

tema,

così

come

quello

della

partecipazione degli enti locali all’applicazione del diritto comunitario, è in

rapida evoluzione, tanto che le analisi a tal proposito non sono mai

risolutive. A ciò si aggiunga che la rapidità con cui si sviluppa la

giurisprudenza fa sì che le opere dedicate al tema diventino obsolete in un

tempo relativamente breve.

Tutti questi elementi servono per dare una risposta in relazione alla natura

della responsabilità per violazione del diritto comunitario ed alla sua

efficacia in funzione della tutela dei diritti dei cittadini. Inoltre, la disamina

di tale figura aiuterà a svolgere alcune riflessioni circa la progressiva

creazione di un diritto comune della responsabilità pubblica per violazione

del diritto comunitario.

(13)

PROSPETTIVA COMPARATA.

Premesse.

Secondo le parole di Rodolfo Sacco, “la comparazione presuppone,

evidentemente, l’accertamento che esiste una pluralità di modelli giuridici,

ma essa va al di là di questo semplice accertamento. Se essa porta la sua

attenzione su questi molteplici modelli, lo fa per stabilire in quale misura i

modelli sono identici, ed in quale misura sono differenti. In termini più

semplici, poiché l’identità dei modelli può essere rappresentata con l’idea

di una differenza pari a zero, la comparazione consiste nel misurare le

differenze che esistono tra una molteplicità di modelli giuridici”

1

. Chi

compara svolge un’opera di raffronto e misurazione delle differenze fra i

termini considerati, e sia che l’esercizio riguardi singoli istituti, sia che

ambisca a considerare intere partizioni giuridiche appartenenti a diversi

ordinamenti nazionali (comparazione micro o macro, secondo la celebre

distinzione proposta da Konrad Zweigert e Hein Koetz), deve muovere da

un primo momento, consistente nell’individuazione dei termini della

comparazione, ovvero degli elementi il cui raffronto sarà oggetto della

ricerca

2

; questa fase appare necessaria per chi voglia svolgere

1

Cit. da R. SACCO, Introduzione al Diritto Comparato, Trattato di Diritto Comparato, UTET, Torino, 1992, pag. 11. D’altra parte, secondo Gino Gorla la comparazione giuridica consiste in “un’attività o processo di conoscenza di due o più fenomeni giuridici (storicamente determinati) per vedere che cosa essi abbiano di diverso e che cosa di comune”. Si tratta di “un processo quasi circolare che va dall’uno all’altro termine, e dall’altro ritorna sull’uno e così via; e arricchisce in tal modo sempre più la conoscenza dell’uno e dell’altro, per i caratteri individuali di ciascuno di essi (che risultano e possono risultare soltanto dal raffronto, poiché non si dà l’“individuo” senza l’“altro”) e per i caratteri comuni. Nello stesso tempo si controlla l’ipotesi di lavoro di un quid comune, e così si attinge la conoscenza di questo quid e la si sviluppa”. Cit. da G. GORLA, M. CAPPELLETTI, Diritto comparato e diritto comune europeo, Studi di diritto comparato, Giuffrè, Milano, 1981, pag. 70.

2

A tal proposito, Gerhard Danneman sostiene che “the basis of comparison is formed by the objects of reserch which, within the chosen topic, are selected for comparison, and

(14)

un’indagine rigorosa, ai fini di una migliore conoscenza del diritto

3

. In

queste pagine si metteranno in luce i termini che prenderemo in

considerazione in questa ricerca, nonché il metodo con cui questa verrà

svolta. A tale scopo, è necessario offrire una prima sommaria descrizione

della fattispecie di cui intendiamo trattare.

L’affermazione del principio della responsabilità degli Stati in caso di

inadempimento degli obblighi derivanti dallo status di membro dell’Unione

Europea costituisce una tappa fondamentale del percorso di formazione

del diritto europeo, e della sua progressiva integrazione negli ordinamenti

giuridici dei diversi Stati nazionali. Tale principio trova il proprio

fondamento nell’art. 10 del Trattato che istituisce la Comunità Europea

(versione consolidata, di seguito TCE), che impone agli Stati membri il

dovere di leale collaborazione, ovvero di “adottare tutte le misure di

carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli

obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle

istituzioni della Comunità”

4

.

Il principio di responsabilità per violazione del diritto comunitario era

affermato e trovava una sua applicazione pratica anche prima della

sentenza Francovich, per rispondere alla fondamentale esigenza, avvertita

durante il processo di europeizzazione, di superare le resistenze

all’applicazione del diritto comunitario opposte dalle diverse autorità ed

istanze nazionali

5

. Che le ragioni dell’inottemperanza consistessero in una

also includes the sources which are consulted. The selection of the basis of comparison appears to be the only stage of the comparative enquiry for which there seem to be full agreement that we must strive for similarity”. Cit. da G. DANNEMANN, Comparative Law: Study of Similarities or Differences?, in M. REIMANN e R. ZIMMERMANN, The Oxford Handbook of Comparative Law, Oxford University Press, Oxford, New York, 2008 (pp. 383 - 419), pag. 407.

3

Questo è il primo e principale obiettivo della comparazione giuridica, secondo quanto enunciato nella prima tesi di Trento: “il compito della comparazione giuridica, senza il quale non sarebbe scienza, è l’acquisizione di una migliore conoscenza del diritto, così come in generale il compito di tutte le scienze comparatistiche è l’acquisizione di una migliore conoscenza dei dati appartenenti all’area a cui essa si applica. L’ulteriore ricerca e promozione del modello legale o interpretativo migliore sono risultati considerevolissimi della comparazione, ma quest’ultima rimane scienza anche se questi risultati fanno difetto”. Cfr. G. AJANI, Sistemi giuridici comparati. Lezioni e materiali, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 5 e ss.

4

“Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti. Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato”.

5

Sentenza della Corte (in seguito CGCE), del 19 novembre 1991. Andrea Francovich e Danila Bonifaci e altri c. Repubblica Italiana.– Cause riunite C-6/90 e C-9/90, Racc. 1991,

(15)

volontà esplicitamente ostruzionistica, o, piuttosto, in oggettive difficoltà di

ordine tecnico, appariva sempre più evidente che l’applicazione del diritto

di fonte sopranazionale (originario o derivato che fosse) non potesse

reggersi solo sugli strumenti della politica. Anche senza considerare le

resistenze dovute a ragioni di opportunità politica, sono molto frequenti i

casi in cui il recepimento è ostacolato da impedimenti di ordine tecnico,

soprattutto in ragione del fatto che il diritto comunitario deve essere

recepito ed applicato in sistemi quanto mai distinti fra loro

6

. Questo

elemento

è

facilmente

identificabile

non

solo

in

prospettiva

macrocomparatistica, ovvero in riferimento all’applicazione del diritto

europeo in ordinamenti sia di civil law sia di common law, ma anche in

relazione

a

comparazioni

micro,

ovvero

nella

prospettiva

di

un’applicazione uniforme ed effettiva di normative settoriali in ordinamenti

che, pur appartenendo allo stesso sistema giuridico, divergono

sensibilmente in relazione a singoli istituti

78

.

Il Trattato della Comunità Europea (di seguito, TCE) dedica pochissimo

spazio alle azioni legali che i cittadini possono intentare per proteggere i

propri diritti

9

. Nel caso di violazione del Trattato da parte delle Istituzioni

comunitarie, l’art. 230 (art. 263 del Trattato di Lisbona) dispone che i

pag. I-05357. A tale sentenza verrà dedicato ampio spazio nel prossimo capitolo. Si tratta di una sentenza fondamentale che ha per la prima volta delineato concretamente la figura della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario nei confronti dei cittadini danneggiati a causa di tale violazione.

6

Sono piuttosto frequenti i casi di direttive considerate impopolari, che quindi incontrano delle resistenze al momento del loro recepimento. Questo fenomeno è particolarmente evidente negli Stati caratterizzati da fenomeni di decentramento; a questo proposito è paradigmatica l’esperienza della Spagna, in cui esiste una sfera di competenze che può essere esercitata sia dal legislatore statale sia dai legislatori delle Comunidades Autónomas. In questo caso non sono affatto infrequenti comportamenti dilatori, da parte dalle rispettive assemblee legislative, che in tal modo evitano di assumersi la responsabilità politica collegata al recepimento di normative che possano scontentare porzioni più o meno ampie di elettorato.

7

Come noto, da tali considerazioni hanno preso le mosse numerosissime riflessioni da parte dei cultori del diritto comparato. A proposito del ruolo svolto dai comparatisti circa l’integrazione fra diritto comunitario e diritti nazionali. V. fra i tanti, J.A. JOLOWICZ, New Perspectives of a Common Law of Europe: some practical aspects and the case for applied comparative law., in M. CAPPELLETTI, New Perspectives for a Common Law of Europe, Sijthoff, Leyden, London, Boston, 1978, (pp. 237 - 265).

8

Mi riferisco alla tradizionale contrapposizione fra sistema di common law e sistema romano-germanico introdotto da René David che, come noto, propose una classificazione che identificava quattro grandi sistemi: romano-germanico, di common law, di tipo socialista, sistemi filosofici e religiosi. Cfr. R. DAVID, Les grands systèmes de droit contemporains, I, Dalloz, Paris, 1960.

9

Lo stesso vale per il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, conosciuto comunemente come Trattato di Lisbona.

(16)

soggetti possano presentare azione di annullamento davanti alla Corte di

giustizia

10

. Inoltre, è prevista un’azione per danni nei confronti della

Comunità negli articoli 288 (2) (ex art. 215) e 235 (ex art. 178)

11

. Il Trattato

nulla prevede, invece, a proposito di azioni di tutela del patrimonio dei

cittadini derivante da violazione imputabile ad una funzione o articolazione

dello Stato

12

. L’unico strumento atto a garantire che gli Stati membri

10

Art. 263 Trattato di Lisbona: “La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere, proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione. La Corte è competente, alle stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti, la Banca centrale europea ed il Comitato delle regioni propongono per salvaguardare le proprie prerogative. Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d'esecuzione. Gli atti che istituiscono gli organi e organismi dell'Unione possono prevedere condizioni e modalità specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti di detti organi o organismi destinati a produrre effetti giuridici nei loro confronti. I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza”.

11

Rispettivamente, artt. 340 e 268 del Trattato di Lisbona. Art. 340: “In materia di responsabilità extracontrattuale, l'Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni”; art. 268: “La Corte di giustizia nell'Unione europea è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all'articolo 340, secondo e terzo comma”. A tal proposito, ricordiamo che il trasferimento di competenze dagli Stati a favore delle Istituzioni comunitarie, in forza dei trattati, conferisce a dette istituzioni una capacità di azione il cui esercizio può ledere i diritti dei soggetti amministrati. Per questa ragione il Trattato riconosce il diritto ai soggetti dell’ordinamento giuridico comunitario di ottenere dalla Corte di giustizia il risarcimento dei danni causati dall’attività delle istituzioni e degli agenti della Comunità. Il tema è approfondito in F. FINES, Étude de la responsabilité extracontractuelle de la Communauté économique européenne: de la référence aux "principes généraux communs" à l'édification jurisprudentielle d'un système autonome, L.G.D.J., Paris, 1990. 12

L’unica disposizione presente nel Trattato, che prevede, tra l’altro, non un rimedio giudiziale ma una semplice sanzione, è quella, relativa alla concorrenza, di cui all’art. 81, che dispone: “Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione; b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza; e) nel subordinare la conclusione di

(17)

adempiano agli obblighi scaturenti dalla partecipazione all’Unione,

consiste nella procedura di infrazione di cui agli art. 226 – 228 TCE (art.

258 – 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea)

13

. Tali

disposizioni, tuttavia, non mirano a tutelare in termini patrimoniali le

posizioni giuridiche individuali lese a seguito di violazione del diritto

comunitario: piuttosto, questo strumento è stato concepito per indurre gli

Stati membri ad adempiere agli obblighi derivanti dall’adesione ai Trattati

e, pertanto, è alla Comunità che, in caso di inadempimento, essi devono

rispondere.

Fino a che la Corte di giustizia non statuì esplicitamente che gli Stati

membri potessero essere condannati al risarcimento dei danni nei

confronti dei soggetti danneggiati per illecito comunitario (con la sentenza

Francovich), l’ordinamento comunitario prevedeva una responsabilità

solamente ad extra, e il cittadino non vedeva tutelato in alcun modo i

contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi. 2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”. Si noti che in questo caso si tratta di una sanzione per violazioni commesse da soggetti privati.

13

L’art. 258 è dedicato agli obblighi in capo allo Stato in virtù del diritto comunitario. Questa formula deve essere intesa nel senso che fonti di tali obblighi sono le norme del diritto comunitario originario, gli atti vincolanti (tanto tipici quanto atipici) delle Istituzioni comunitarie e gli accordi e le norme che vincolano la Comunità, così come le sentenze della Corte di giustizia. In definitiva, lo Stato si trova in questa situazione ogniqualvolta violi un obbligo dall’ordinamento giuridico comunitario considerato nel suo insieme. La violazione può consistere in un’omissione o in un comportamento attivo; d’altra parte, sono imputabili allo Stato tutte le violazioni del diritto comunitario commesse da qualsiasi suo organo, così come quelle realizzate dagli enti locali negli Stati con struttura composta. Articolo 258: “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni.Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea”. Articolo 260: “1. Quando la Corte di giustizia dell'Unione europea riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta. 2. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso le misure che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire la Corte. Essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze. La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità”. Per un’analisi della procedura d’infrazione, e dei rapporti con le altre misure di tutela dell’adempimento degli obblighi comunitari, v. D. SIMON, The sanction of Member States serious violations of Community Law, in D. O'KEEFFE, Judicial Review in European Union Law, Kluwer Law International, The Hague - London - Boston, 2000, (pp. 275 - 286).

(18)

propri diritti

14

. A tal proposito, inoltre, segnaliamo che ben poche sono le

procedure messe in moto, e solo due volte la Corte di giustizia ha imposto

una sanzione ad uno Stato membro

15

.

In un quadro in cui gli Stati rispondevano solo e soltanto alla Comunità, la

previsione, da parte della Corte di giustizia, di una responsabilità ad intra,

ovvero nei confronti dei cittadini i cui diritti erano stati vulnerati a causa di

un illecito da parte dello Stato, fu salutata come un’evoluzione dalla

portata dirompente

16

. In riferimento al principio della responsabilità dello

Stato per violazione del diritto comunitario, ci si riferisce comunemente

alla “dottrina Francovich” il che testimonia il fondamentale ruolo di tale

pronuncia nel processo di europeizzazione

17

. Il principio espresso nella

14

Tra l’altro, la sentenza emessa al termine del procedimento di cui agli art. 226 – 228 TCE non soccorreva in alcun modo, dato il suo carattere meramente dichiarativo.

15

Ad oggi, solo in due occasioni la Corte di giustizia ha imposto una sanzione agli Stati membri in seguito all’accertamento di una violazione del diritto comunitario: Sent. CGCE, 25 novembre 2003, Commissione delle Comunità europee c. Regno di Spagna. Causa C-278/01, Racc. I-14141; Sent. CGCE, 4 luglio 2000, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica ellenica. Causa C-387/97. Racc. I-5047. In molti casi, la procedura è stata avviata, ma gli Stati in questione hanno adempiuto ai propri obblighi prima che la Corte di giustizia emettesse una sentenza che imponesse una penalità pecuniaria. Maggiori dettagli a questo riguardo sono forniti da Anthony Arnull, nel paragrafo dal titolo eloquente: “How effective are infringement proceedings?”. Cfr. A. ARNULL, The European Union and its Court of Justice. Second Edition, Oxford University Press, Oxford – New York, 2006.

16

C’è chi ha definito “rivoluzionaria” la giurisprudenza della Corte di giustizia, perché ha delineato una nuova figura di illecito che ha sconvolto principi ritenuti del tutto consolidati. Tale affermazione può essere condivisa nel senso che per la prima volta la Corte di giustizia ha delineato un rimedio che si fonda sull’iniziativa dei singoli cittadini danneggiati dal comportamento illecito dello Stato; ciò detto, a distanza di quasi vent’anni dalla sentenza Francovich, è innegabile che le grandi aspettative sollevate con tale pronuncia siano state quantomeno parzialmente tradite. Nel prossimo capitolo vedremo come la sentenza Francovich si ponga in linea di continuità con la giurisprudenza della Corte di giustizia, e che la figura di illecito delineata a partire da tale pronuncia si fondi su principi – cardine inerenti al Trattato.

17

Tale termine è frequentemente utilizzato dai politologi, oltre che dai giuristi, per denominare concetti parzialmente distinti. A tal proposito, Sergio Fabbrini offre una definizione sufficientemente ampia per comprendere le diverse sfaccettature di tale fenomeno: “Comunque si definisca l’europeizzazione, tuttavia è indubbio che essa sia consistita nell’attivazione, a livello dei singoli Stati membri, di pratiche istituzionali, corsi di azione (politiche pubbliche) e schemi cognitivi per affrontare i problemi domestici provenienti dal livello comunitario”. Cit. da S. FABBRINI, Politica comparata. Introduzione alle democrazie contemporanee, Laterza, Roma-Bari, 2008, pp. 199-200. A tale processo è dedicata gran parte dell’opera di Joseph Weiler, il cui studio è fondamentale per chi intenda approfondire le ragioni profonde, gli elementi e le dinamiche del processo di costituzionalizzazione dell’Europa; per questo motivo nel corso della trattazione si fará costante riferimento all’opera di questo autore. L’autore ripercorre criticamente i mutamenti e le trasformazioni che hanno interessato il processo di integrazione in: J.H.H. WEILER, The Transformation of Europe, in Yale Law Journal, 100, 1990, (pp. 2403-2483). A proposito del concetto di cittadinanza europea l’autore afferma: “We see through this exquisite exegesis that in the curtailment of the totalistic claim of the nation-state and

(19)

sentenza Francovich trova il proprio fondamento nei principi comunitari di

efficacia diretta e di primato; la Corte di giustizia, delineando la nuova

figura di illecito come conseguenza dell’applicazione di tali principi, da un

lato svolge un’opera di assestamento e sviluppo della propria

giurisprudenza e, dall’altro, dimostra come il nuovo strumento di tutela sia

inerente al Trattato, e pertanto fuori dalla sfera di competenza degli Stati,

che, quantomeno formalmente, non possono che rispettarlo e svilupparlo

all’interno dei rispettivi ordinamenti nazionali

18

.

Come detto, la dottrina, soprattutto negli anni ’90, ha dimostrato grande

entusiasmo a proposito della portata della pronuncia Francovich. In

particolare, venne sottolineato come in questo modo trovasse nuovo

vigore il controllo giudiziario sugli atti degli Stati membri, attraverso una

più incisiva azione da parte dei soggetti danneggiati. D’altra parte, vi era

chi segnalava come in questo modo venisse rafforzata l’effettività delle

direttive, tramite una sorta di parziale compensazione al mancato

riconoscimento dell’efficacia diretta orizzontale

19

. Infine, si affermò che

the reduction of nationality as the principal referent for transnational human intercourse, the Community ideal of supranationalism is evocative of, and resonates with, Enlightenment ideas, with the privileging of the individual, with a different aspect of liberalism which has its current progeny our modern notions of human rights. In this respect the Community ideal is heir to Enlightenment liberalism. Supranationalism assumes a new, additional meaning which refers not to relations among nations but to the ability of hte individual to rise above his or her national closet”. Cit. da J.H.H. WEILER, The Constitution of Europe. “Do the new clothes have an emperor?” Cambridge University Press, Cambridge, 1999; J.S. BELL, Comparative Administrative Law, in M. REIMANN e R. ZIMMERMANN, The Oxford Handbook of Comparative Law, Oxford University Press, Oxford, New York, 2008, (pp. 1259 – 1286), pag. 343. Per quanto riguarda la dottrina italiana, v.: V.E. PARSI (ed.), Cittadinanza e identità costituzionale europea. Ricerca del Centro di Ricerche in Analisi Economica, Economia Internazionale, Sviluppo Economico, Il Mulino, Bologna, 2001; L. AZZENA, L'integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo, Quaderni del Dipartimento di Diritto Pubblico, Torino, Giappichelli, 1998.

18

Nel corso delle prossime pagine segnaleremo il ruolo fondamentale svolto a questo proposito da parte della Corte di giustizia, che ha interpretato il proprio ruolo in modo da incidere direttamente sul rapporto fra diritto comunitario e diritti nazionali, nel quadro della missione generale che lo stesso Trattato le conferisce, ovvero quella di assicurare “il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati” (art. 19 TCE). In particolare, si approfondirà il tema della relazione organica fra la Corte di giustizia e i tribunali nazionali orientata ad un’applicazione armoniosa ed uniforme ed uno sviluppo coerente del diritto comunitario. Sul ruolo svolto dalla Corte di giustizia in funzione del processo di integrazione europea, v., fra i numerosissimi contributi disponibili, A. STONE SWEET, The Judicial construction of Europe, Oxford University Press, Oxford, 2004. V. in particolare il primo capitolo, intitolato “The European Court and Integration”.

19

Il rapporto con il principio di effetto diretto continua ad essere al centro di un acceso dibattito, che verrà approfondito nel corso della trattazione. Per un contributo recente sugli ultimi sviluppi della giurisprudenza della Corte di giustizia a proposito dei principi di

(20)

tale pronuncia non sarebbe rimasta senza conseguenze neanche riguardo

allo sviluppo della giurisprudenza della stessa Corte di giustizia a

proposito del regime di responsabilità delle Istituzioni comunitarie

20

.

Riservandoci di tornare su tali questioni, segnaliamo, in prima

approssimazione, che questa decisione da un lato ha inaugurato una

nuova era in relazione alla tutela dei diritti dei cittadini, fornendo ai singoli

un quadro di riferimento per far valere in via diretta la violazione del diritto

comunitario nei confronti dello Stato inadempiente. Dall’altro, ha introdotto

un nuovo tipo di illecito extracontrattuale al fine di incidere direttamente sul

rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti statali

21

. Pertanto, non

pare esagerato affermare che questa pronuncia costituisca una sorta di

bandiera dell’europeismo o, se si preferisce, di manifesto di dimensione

costituzionale

22

.

efficacia diretta e preminenza delle direttive, v. VON DANWITZ, Effets juridiques des directive selon la jurisprudence récente de la Cour de Justice, in Revue Trimestrielle du droit communautaire, 4 2007, (pp. 575 – 596)

20

Alle “consequences of the Francovich case law” fa riferimento D.F. WAELBROECK, Treaty violations and liability of Member States: the effect of the Francovich case law, in T. HEUKELS e A. McDONNELL, The Action for Dammages in Community Law, Kluwer Law International, The Hague - London - Boston, 1997, (pp. 311-337).

21

Come sottolinea, fra gli altri, Pier Giuseppe Monateri, è un caso in cui la responsabilità civile viene utilizzata “con finalità di diritto costituzionale”, ovvero per intervenire in un settore estraneo agli scopi e agli ambiti applicativi tipici dell’illecito extracontrattuale. A questo proposito, v. P.G. MONATERI, La responsabilità civile, Trattato di Diritto Comparato, UTET, Torino, 1998, pag. 857.

22

A tal proposito, sottolineiamo il ruolo fondamentale della Corte di giustizia la cui giurisprudenza è fonte dell’ordinamento comunitario in virtù del principio del precedente, nonostante l’efficacia inter partes, e non erga omnes, che il Trattato riconosce alle sue pronunce. Anche se, secondo la lettera del Trattato, il giudice si dovrebbe limitare ad impartire un comando concreto per la soluzione della controversia, e dovrebbe quindi essere estranea alla sentenza l’enunciazione di principi di diritto, la Corte ha utilizzato la logica giuridica, la deduzione dal sistema comunitario e la comparazione degli ordinamenti degli Stati membri per l’esercizio di una funzione “quasi legislativa”, di vera e propria creazione del diritto. Si tratta del fenomeno di creazione giudiziaria del diritto che ha attecchito da decenni anche nell’Europa continentale, e che ha spinto parte consistente della dottrina ad evocare il riconoscimento della giurisprudenza non solo come fonte materiale del diritto, ma anche come fonte formale. Per cui, le sentenze emesse dal giudice comunitario vanno considerate “come fonte di statuizioni compiute e direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri. Fonte atipica, in quanto nessuna norma dei Trattati conferisce espressamente alla Corte un siffatto potere”. Cit. da AZZENA, L'integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo cit., pag. 33. L’autrice, nel capitolo dedicato alle “riflessioni sul ruolo attuale e potenziale della Corte di giustizia nella tutela dei diritti individuali” si sofferma sull’ambiguità della Corte di giustizia, che oscilla fra il ruolo di Tribunale amministrativo e quello di Tribunale costituzionale. A proposito di tale fenomeno, visto dalla prospettiva del diritto italiano, v. F. GHERA, Pregiudiziale comunitaria, pregiudiziale costituzionale e valore di precedente nelle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, in Giurisprudenza costituzionale, XLV, 2, 2000, (pp. 1193 – 1223). In particolare, v. il paragrafo 4, dal titolo “Valore di precedente o “diretta applicabilità delle sentenze della Corte di giustizia?”, pag. 1212.

(21)

In tale occasione i giudici della Corte di giustizia hanno enunciato il

principio secondo cui lo Stato che viola il diritto comunitario può essere

condannato al risarcimento dei danni nei confronti dei cittadini danneggiati

da tale violazione. In altri termini, in forza di tale previsione, lo Stato che

viola il diritto comunitario è chiamato non solo a rispondere nei confronti

della Comunità (responsabilità ad extra), ma anche a risarcire i cittadini

concretamente danneggiati dal suo comportamento (responsabilità ad

intra). Tale principio è stato progressivamente dotato di struttura dal filone

giurisprudenziale che si è dipanato fino a tempi recentissimi e che è

sicuramente destinato ad evolversi ulteriormente. Per cui questa figura,

sotto l’impulso della Corte di giustizia, a partire dagli anni ‘90 ha affiancato

i tradizionali rimedi alla mancata attuazione del diritto comunitario

23

. Gli

elementi che costituiscono il paradigma comunitario di responsabilità dello

Stato nei confronti dei soggetti danneggiati saranno oggetto del prossimo

capitolo, necessario ai fini di una successiva comparazione fra modelli; a

tale scopo, è in primo luogo necessario analizzare le modalità con cui tale

principio è stato progressivamente dotato di efficacia vincolante

24

.

Questo obiettivo, prima dell’intervento della Corte di giustizia, era stato

oggetto di un dibattito, intercorso in primo luogo fra soggetti istituzionali,

che si era sviluppato intorno alla scelta degli strumenti più idonei al fine di

dotare tale principio di concreta operatività

25

. I soggetti che parteciparono

23

Questo concetto è ben espresso in A. BENACCHIO, Diritto privato della comunità europea. Fonti, modelli, regole, Cedam, Padova, 2008, pag. 126: “Quando non sia possibile: a) attribuire efficacia diretta alla direttiva rimasta inattuata, né b) interpretare il diritto interno conformemente alla direttiva medesima, al cittadino danneggiato dalla mancata attuazione della direttiva non resta che chiedere il risarcimento del danno nei confronti dello Stato consistente nel pagamento di una somma di denaro corrispondente al danno subito in conseguenza della mancata possibilità di esercitare i diritti che la tempestiva attuazione della direttiva gli avrebbe attribuito”. Come vedremo, questo non vuol dire che tale rimedio sia residuale, perché può essere esperito anche nel caso in cui la direttiva inattuata abbia efficacia diretta.

24

L’indagine intende incentrarsi non tanto sulla storia e sui fondamenti del principio, cui sono dedicati innumerevoli contributi, quanto, piuttosto, sulle sue soluzioni applicative, in modo da riflettere sulle prospettive di tale figura in tema di tutela dei diritti dei cittadini.

25

Con la sentenza Francovich la Corte di giustizia rispose all’esigenza, denunciata a livello sia istituzionale sia dottrinale, di responsabilizzare gli Stati in caso di violazione del diritto comunitario, per assicurare una maggiore effettività del diritto di fonte sopranazionale, e in definitiva, per costruire un’Europa dei cittadini e non solo degli Stati. Si era pronunciato esplicitamente in tal senso il Parlamento Europeo, che nei primi anni ’80 aveva esplicitamente affermato l’opportunità di prevedere un obbligo di risarcimento in modo da compensare i danni occorsi ai cittadini a causa di una violazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Nella risoluzione finale (Risoluzione sulla

(22)

al dibattito avevano di fronte a sé diversi modelli di riferimento, fra cui i

regimi di responsabilità dello Stato coniati a livello statale e, d’altra parte,

la responsabilità extracontrattuale della Comunità Europea

26

. Coloro che

si misurarono con tale questione fecero tesoro dell’elaborazione degli

studiosi del diritto comunitario, che tradizionalmente riconduce il rapporto

fra diritto comunitario e diritto statale a quattro distinti modelli. A seconda

della “diversa intensità dell’impatto che le norme prodotte dalla comunità

hanno sui sistemi nazionali o, se si preferisce, dalla forza maggiore o

minore con cui esse penetrano all’interno di questi”, ci si riferisce,

tradizionalmente, a sostituzione, armonizzazione, coordinamento e

coesistenza

27

. A questo proposito ricordiamo che una delle ipotesi in

campo, sostenuta dalla Commissione Europea, prevedeva una

sostituzione legislativa che avrebbe condotto all’abrogazione delle

normative nazionali ad opera di quella comunitaria. Alla fine, come

sappiamo, si seguì un’altra strada, consistente in una progressiva

armonizzazione promossa dalla Corte di giustizia, ed orientata alla

comunitarizzazione dei rimedi sanzionatori nazionali

28

. Per perseguire

responsabilità degli Stati Membri in ordine all’applicazione e al rispetto del diritto comunitario; GUCE n° C 068 del 14/03/1983 pag. 0032) si invitò la Commissione a presentare proposte dirette a conseguire l’uniformazione delle disposizioni nazionali relative al risarcimento dei danni derivati da atti amministrativi illegali. Tale questione è approfondita in J. TALLBERG, European Governance and supranational Institutions. Making State Comply, Routledge, London New York, 2003, paragrafo dal titolo “Early supranational calls for sanction”, pp. 74 – 76. Fra i contributi che nei primi anni ’80 si concentrarono sul riconoscimento di tale principio, v.: D. WYATT, New Legal order, or old?, in European Law Review, 7, Num. 3, 1982, (pp. 147 - 166); F. SCHOCKWEILER, L’execution des arrêts de la Cour, in F. CAPOTORTI, Du droit International au droit de la Integration. Liber amicorum P. Pescatore, Nomos, Verlagsgesellschaft, Baden-Baden, 1987, (pp. 613 - 635); J. TEMPLE LANG, Community Constitutional Law: article 5 EEC Treaty, in Common Market Law Review, 27, 1990, (pp. 645 - 681). A tale minoritaria ma lungimirante posizione dottrinale è dedicato un passaggio in J.D. JANER TORRENS, La responsabilidad patrimonial de los poderes públicos nacionales por infracción del derecho comunitario, Tirant Lo Blanch, Valencia, 2002, pp. 90 – 91.

26

A tale figura abbiamo accennato nelle pagine precedenti.

27

Cfr. G.F. MANCINI, Democrazia e costituzionalismo nell'Unione europea, Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 365.

28

In questo modo la Corte persegue una tecnica di armonizzazione complessa e delicata che intende risolvere la tensione istituzionale fra centralizzazione e decentralizzazione dei rimedi alla violazione del diritto comunitario. Questo dibattito, del resto, risaliva ai decenni precedenti, in le disposizioni comunitarie non applicate avevano raggiunto un tale numero da mettere in pericolo la stessa esistenza di un mercato unico e la prospettiva di un’Unione Economica e monetaria. A partire dai primi anni ’80 erano state avanzate proposte tendenti alla decentralizzazione dei meccanismi di sanzione e di responsabilizzazione degli inadempimenti statali, il che minacciava la funzione di controllo e di applicazione accentrata della Corte di giustizia, già parzialmente screditata dalla disapplicazione delle sentenze di condanna per inadempimento del diritto

(23)

questo obiettivo, la Corte ha utilizzato una strategia che ha origine sin

dagli anni Sessanta, e che consiste nell’enunciazione di principi all’interno

delle sentenze, e ad una successiva assimilazione e applicazione da parte

dei giudici nazionali

29

. In altri termini si avviò un dialogo fra giudici

comunitari e giudici nazionali atto a fissare il raggiungimento di quegli

obiettivi che non potevano essere imposti alle corti nazionali come

conseguenza di una relazione gerarchica

30

.

A questo indirizzo rispondono la sentenza Francovich e la giurisprudenza

successiva, che, come noto, fissano i presupposti della responsabilità, ma

delegano agli Stati membri il completamento normativo della fattispecie

sotto un profilo di diritto sia sostanziale sia processuale

31

. Pertanto, “in

ragione del fatto che la disciplina dei presupposti della responsabilità dello

Stato membro, elaborata dalla Corte di giustizia, non è sufficiente, da sola,

ad affrontare e risolvere tutti i problemi con cui il giudice interno è

chiamato a confrontarsi ai fini del decidere”, gli ordinamenti interni

svolgono un ruolo fondamentale nell’integrazione della disciplina

32

.

comunitario. Cfr. A. LAZARI, Modelli e paradigmi della responsabilità dello Stato, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 266.

29

Alla enunciazione di tali principi, e a questa tecnica utilizzata dalla Corte di giustizia nella funzione creatrice di diritto, verrà dedicato ampio spazio nel corso della trattazione.

30

Pur non sussistendo, formalmente, una relazione gerarchica fra giudici nazionali e corti comunitarie, il compito del giudice nazionale di applicare il diritto comunitario si fonda sul primato e l’applicabilità diretta del diritto comunitario, che implicano la disapplicazione di qualsiasi disposizione contraria di diritto interno. A tal proposito, il legislatore comunitario ha creato una vera e propria relazione organica fra Corte di giustizia e giurisdizioni nazionali, al fine dell’applicazione armoniosa e coerente del diritto comunitario. In questo quadro, si è sviluppato un dialogo fra corti comunitarie e corti nazionali, a proposito del quale Monica Claes afferma: “In analysing the national answer to Francovich and its progeny, the focus will be on constitutional questions, mainly the liability of the legislating State, and the allocation of liability within the State”. Cit. da M. CLAES, The National Courts Mandates in the European Constitution, Hart Publishing, Oxford and Portland, Oregon, 2006, pag. 346.

31

Come vedremo nel terzo capitolo, la sua applicazione è interamente affidata ai giudici nazionali. Questo principio viene introdotto esplicitamente nella Sentenza Brasserie du Pêcheur, in cui si afferma che il giudice nazionale può condannare il proprio Stato al risarcimento del danno subito dai singoli in conseguenza di un presunto comportamento inadempiente senza attendere che la Corte di giustizia si sia pronunciata sul merito; in questo modo si sposta dagli organi comunitari ai giudici nazionali la competenza circa la valutazione dei comportamenti degli Stati in relazione all’esecuzione del Trattato.

32

Cfr. E. CALZOLAIO, L'illecito dello stato tra diritto comunitario e diritto interno. Una prospettiva comparatistica, Giuffrè, Milano, 2004, pag. 33. Gran parte della dottrina ha sottolineato come i presupposti stabiliti dalla Corte di giustizia siano allo stesso tempo troppo vaghi e troppo restrittivi; per cui negli ultimi anni si è fatta strada la tesi che sostiene che tali presupposti andrebbero complessivamente riformati. Ci occuperemo di tale questione nel prosieguo della trattazione.

(24)

I termini della comparazione.

La responsabilità dello stato per violazione del diritto comunitario, se da un

lato ha origine nelle sentenze della Corte di giustizia, dall’altro si sviluppa

negli ordinamenti dei singoli Stati, e trova applicazione ad opera delle corti

nazionali

33

.

Questo elemento sollecita l’interesse del comparatista, tanto più se si

considera che l’introduzione di questo principio ha messo in moto un

processo di adeguamento e di trasformazione del diritto da parte degli

Stati nazionali che presenta interessanti profili di criticità, legati al fatto

che, parallelamente alla compenetrazione del diritto comunitario nei diritti

nazionali, si assiste ad un complesso fenomeno di resistenza da parte dei

diritti municipali

34

. A questo si aggiunga che i giudici nazionali sono

chiamati a giudicare in tema di conseguenze patrimoniali di violazioni del

diritto comunitario e che, nel farlo, tendono ad applicare le categorie

giuridiche proprie delle cultura giuridica nazionale in cui si sono formati e a

cui appartengono

35

. Questi fenomeni sono stati oggetto di intenso dibattito

dottrinale, che ha superato i confini nazionali ed ha condotto ad una

rinnovata circolazione delle idee, che ha travalicato i limiti di applicazione

del diritto comunitario, e ne ha messo in evidenza tutta la forza espansiva.

Quanto appena accennato ci porta a ritenere che i termini della

comparazione corrispondano a porzioni di diversi ordinamenti nazionali cui

si affianca (con le complesse dinamiche che vedremo) il paradigma

33

Ami Barav a questo proposito afferma: “It is in the domestic forensic forum that Community rights are vindicated and it is due, mainly, to the national judges that the Court of Justice has been enabled, undeterred, to contribute to the betterment of the judicial protection of individuals vested with enforceable Community rights”. Cit. da A. BARAV, State Liability in Damages for Beach of Community Law in the National Courts, in T. HEUKELS e A. McDONNEL, The Action for Damages in Community Law, Kluwer Law International, The Hague, London, Boston, 1997, (pp. 363 – 408), pag. 407.

34

Intendiamo dire che attraverso l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia si è progressivamente delineata a livello comunitario una fattispecie che ha affiancato le discipline nazionali di responsabilità dello Stato, che sono estremamente radicate nelle tradizioni giuridiche nazionali. In altri termini, il paradigma comunitario della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è stato creato, e quindi si è imposto agli Stati, quando a livello statale le teorie relative alla responsabilità dello Stato si sono imposte e convertite in diritto vigente da diversi decenni.

35

A proposito dei rapporti fra la Corte di giustizia e le Corti nazionali, è molto frequente il ricorso a metafore belliche. V. per esempio CLAES, The National Courts Mandates in the European Constitution, parte 2, dal titolo: “The Court of Justice and National Constitutional Juridictions: La Guerre des juges?”.

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