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Densità minerale ossea e metabolismo fosfo-calcico in pazienti pediatrici affetti da leucemia linfoblastica acuta durante la terapia di mantenimento e al termine del trattamento.

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SCUOLA DI MEDICINA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

Densità minerale ossea e metabolismo fosfo-calcico in

pazienti pediatrici affetti da leucemia linfoblastica acuta

durante la terapia di mantenimento e al termine del

trattamento

RELATORE

Dott.ssa Emanuela De Marco

CORRELATORE

Dott. Giampiero Igli Baroncelli

CANDIDATA

Giulia Nuzzi

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A Nonno…

Ho imparato a vedere con gli occhi di un bambino un mondo che non conoscevo e che ti rende più forte dentro e fuori, ho imparato a vedere amore dove inizialmente

vedevo rabbia e rassegnazione, ho definitivamente imparato quanto è importante la passione in quello che facciamo e in quello in cui crediamo.

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INDICE

1 RIASSUNTO ... 1

2 INTRODUZIONE ... 3

2.1 – Leucemia linfoblastica acuta ... 3

2.2 – Patogenesi ... 3

2.3 – Classificazione ... 4

2.4 – Quadro clinico ... 6

2.5 – Diagnosi ... 6

2.6 – Stratificazione del rischio ... 8

2.7 – Trattamento ... 9

2.7.1 – Differenze tra protocollo AIEOP-BFM ALL 2009 e il precedente studio AIEOP-BFM ALL 2000 ... 10

2.7.2 – Definizioni di risposta al prednisone, remissione e resistenza ... 12

2.7.3 – Trattamento secondo il protocollo AIEOP-BFM ALL 2009 ... 13

2.8 – Complicanze del trattamento ... 22

2.8.1 – Complicanze precoci ... 22

2.8.2 – Complicanze tardive ... 23

3 SCOPI DELLO STUDIO ... 27

4 PAZIENTI E METODI ... 28

4.1 – Pazienti ... 28

4.2 – Fratture all’esordio e durante il trattamento ... 30

4.3 – Disegno dello studio ... 30

4.4 – Consenso informato... 31

4.5 – Metodi ... 31

4.5.1 – Valutazione delle caratteristiche auxologiche ... 31

4.5.2 – Misurazione dei livelli di PTH ... 32

4.5.3 – Misurazione dei livelli di 25OHD ... 32

4.5.4 – Misurazione della densità minerale ossea ... 33

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5 RISULTATI ... 37

5.1 – Dati auxologici ... 37

5.2 – Parametri del metabolismo fosfo-calcico e stato vitaminico D ... 37

5.3 – Densità minerale ossea di corpo intero, vertebre lombari e collo femorale ... 40

5.4 – Analisi in base alla fascia di rischio ... 46

5.5 – Analisi dei parametri biochimici e densitometrici in base al dosaggio del prednisone ... 47

5.6 – Correlazioni tra parametri clinici e biochimici ... 50

6 DISCUSSIONE ... 51

7 CONCLUSIONI ... 58

8 BIBLIOGRAFIA ... 59

9 RINGRAZIAMENTI ... 68

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1

1

RIASSUNTO

Premessa. La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è il tumore più frequente in età

pediatrica, rappresentando l'80% delle diagnosi di leucemia e circa il 30% di tutte le neoplasie diagnosticate tra 0 e 14 anni1.

I progressi degli ultimi decenni nei metodi diagnostici e terapeutici costituiscono un grande successo della medicina moderna, poiché il tasso di sopravvivenza libera da malattia, a 5 anni dalla diagnosi, è passato gradualmente dal 10% all’attuale 80%, con una sopravvivenza a lungo termine > 90 %2

. Il successo ottenuto nella cura delle LLA infantili ha però generato nuovi problemi riguardanti la qualità di vita dei pazienti guariti. In particolare, l’intensificazione della terapia ha comportato un aumento del rischio di complicanze, soprattutto a lungo termine. Tra queste, le più frequenti sono quelle endocrinologiche, che includono deficit di accrescimento staturale, alterazioni dello sviluppo puberale, obesità e anomalie a carico del metabolismo minerale ed osseo3,4.

Scopi dello studio. Il presente studio si è proposto di esaminare le alterazioni a

carico del metabolismo fosfo-calcico e della densità minerale ossea in pazienti pediatrici affetti da LLA durante la terapia di mantenimento e al termine della stessa.

Sono stati valutati i principali parametri del metabolismo fosfo-calcico (paratormone, PTH e 25-idrossivitamina D, 25OHD), le caratteristiche auxologiche e lo stato minerale osseo, mediante densitometria ossea a doppio raggio-X (DXA), dello scheletro assiale (BMD vertebre lombari, L-BMD; BMD collo femorale, F-BMD) e del corpo intero (TB-BMD). I valori di L-BMD e F-BMD sono stati corretti sia per l’area che per il volume stimato della regione ossea valutata. I valori densitometrici sono stati espressi in Z-score.

Pazienti e Metodi. Sono stati esaminati 48 pazienti (M = 21; F = 27) con LLA

(8.7 ± 3.7 aa) in terapia di mantenimento (n = 14) e fuori terapia (n = 34), classificandoli in base alla fascia di rischio (rischio alto, HR n = 7; rischio intermedio, IR n = 13; rischio standard, SR n = 28) e al dosaggio di prednisone (PDN) utilizzato nel trattamento (PDN < 3.4 g/m2, n = 23; PDN 3.4-5 g/m2, n = 18; PDN > 7 g/m2, n = 7). I pazienti sono stati inoltre suddivisi secondo lo stadio puberale che presentavano all'inizio dello studio (prepuberi, n = 31; puberi, n = 17) e in base allo stato vitaminico

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2

D (ipovitaminosi D, valori di 25OHD <20 ng/ml, n = 21; normale stato vitaminico D, valori di 25OHD >20 ng/ml, n = 27).

Risultati. I livelli di PTH risultavano più elevati (p <0.0001) nei pazienti in

terapia di mantenimento rispetto a quelli fuori terapia, che mostravano valori di PTH nella norma; sei pazienti in terapia di mantenimento presentavano iperparatiroidismo secondario (PTH 95.0  28.7 pg/ml) associato a ridotti livelli di 25OHD (11.1  6.5 ng/ml).

I livelli di 25OHD risultavano ridotti (p<0.0001) nei pazienti in terapia di mantenimento rispetto a quelli fuori terapia, così come risultavano ridotti (p<0.05 – p<0.0001) i valori di TB-BMD Z-score, L-BMDa Z-score, BMDa Z-score e F-BMDv Z-score nei pazienti in terapia di mantenimento rispetto a quelli fuori terapia. Questi ultimi valori risultavano ridotti (p<0.05 - p<0.02) anche nei pazienti con ipovitaminosi D rispetto ai pazienti con normale stato vitaminico D.

I pazienti in fascia HR mostravano livelli di 25OHD più bassi rispetto ai pazienti in fascia IR e SR, mentre i pazienti che avevano ricevuto un dosaggio totale di prednisone (PDN) > 7 g/m2 presentavano livelli di PTH più elevati (p<0.05), livelli di 25OHD più bassi (p<0.01) e valori di L-BMD ridotti (p<0.05 - <0.01) rispetto ai pazienti trattati con dosaggi inferiori di PDN.

Commenti e conclusioni. I risultati del presente studio dimostrano che i pazienti

pediatrici in terapia di mantenimento hanno una ridotta densità minerale ossea a livello dello scheletro intero e assiale rispetto ai pazienti fuori terapia.

La maggioranza dei pazienti (93%) in terapia di mantenimento e circa un quarto dei pazienti fuori terapia era affetta da ipovitaminosi D. Nei pazienti in terapia di mantenimento l’ipovitaminosi D può associarsi ad un aumento dei livelli di PTH fino alla insorgenza di una condizione di iperparatiroidismo secondario. L’ipovitaminosi D, associata a livelli di PTH più elevati e ad una ridotta massa ossea vertebrale, era più evidente nei pazienti in fascia HR e in trattamento con PDN ad alte dosi.

Pertanto tutti i pazienti con LLA dovrebbero eseguire la valutazione periodica della densità minerale ossea, dello stato vitaminico D e dei livelli di PTH, sia durante che dopo la sospensione della terapia, almeno fino al raggiungimento del picco di massa ossea, soprattutto nei pazienti che presentano valori ridotti di BMD.

L’ipovitaminosi D, indipendentemente dalle fasi della terapia, dovrebbe essere corretta mediante la somministrazione di vitamina D.

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INTRODUZIONE

2.1 – Leucemia linfoblastica acuta

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è la neoplasia più frequente in età pediatrica, rappresentando l'80% delle diagnosi di leucemia e circa il 30% di tutte le neoplasie diagnosticate tra 0 e 14 anni1.

Il numero stimato di nuovi casi/anno è di circa 400 in Italia, 5.000 in Europa e 100.000 nel mondo. L’incidenza è lievemente più alta nel sesso maschile che in quello femminile; tale differenza è più marcata durante l’adolescenza. Il picco di incidenza si ha tra 2 - 5 anni di età5.

Si tratta di una malattia maligna del sistema emopoietico che origina da un primitivo disordine della linfopoiesi in cui alcuni precursori della linea linfoide subiscono una trasformazione tumorale (blasti leucemici); contrariamente alle cellule ematiche sane, i blasti si replicano molto velocemente in maniera incontrollata e afinalistica e non maturano, non diventando pertanto in grado di assumere le funzioni di un globulo bianco maturo e sano.

Inizialmente le cellule leucemiche si moltiplicano rapidamente soprattutto a livello midollare, poi, con la progressione della malattia, infiltrando anche altri organi e tessuti quali il fegato, la milza e i linfonodi.

Poiché nel midollo ha luogo la normale produzione delle cellule ematiche, la crescita di cellule leucemiche a questo livello ostacola il processo di ematopoiesi che è fondamentale per garantire le difese immunitarie, la coagulazione del sangue e l’ossigenazione dei tessuti6

.

2.2 – Patogenesi

Sebbene i fattori eziologici alla base dello sviluppo del clone leucemico non siano ancora completamente noti, la patogenesi della LLA viene attribuita ad un'interazione tra suscettibilità genetica ed esposizione a fattori ambientali. Numerose evidenze supportano infatti una maggiore incidenza di LLA nei bambini esposti a

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radiazioni ionizzanti, ad alcune sostanze chimiche quali il benzene e nei soggetti affetti da particolari patologie genetiche predisponenti come la trisomia 21 e la sindrome di Bloom7.

Studi molecolari hanno rilevato una possibile origine prenatale di molte LLA infantili; secondo i modelli attuali un clone di cellule staminali pre-leucemiche verrebbe generato in seguito ad una prima mutazione in utero che, in una minoranza di casi, progredirebbe a leucemia dopo ulteriori mutazioni in epoca post-natale. Tuttavia, la natura degli eventi che porterebbero alla attivazione di questo processo non è ancora ben definita8.

L’influenza di fattori ereditari si basa sulla dimostrazione della comparsa di una forma leucemica in fratelli il cui gemello monocoriale ha sviluppato una leucemia. Questo farebbe ipotizzare uno scambio del clone leucemico tramite il sangue placentare. L’opinione che casi di LLA si possano sviluppare direttamente nell’utero materno è anche legata alla dimostrazione della presenza di un riarrangiamento clonale dei geni del T-cell receptor o delle immunoglobuline o della sequenza di un gene di fusione leucemico nel sangue prelevato alla nascita in bambini che hanno in seguito sviluppato una leucemia, anche se per lo sviluppo della stessa sembra sia necessaria la presenza di altri cofattori9.

Tra i fattori ambientali, l'esposizione a radiazioni (anche per cure mediche come la radioterapia) e ad alcune sostanze chimiche come il benzene, utilizzato nelle raffinerie e nelle industrie chimiche e contenuto per esempio in alcuni pesticidi e nel fumo di sigaretta, sembrano rappresentare importanti fattori predisponenti l'insorgenza di LLA.

2.3 – Classificazione

La LLA viene classificata in base alle caratteristiche morfologiche e molecolari dei linfociti; tale classificazione è utile per definirne meglio la prognosi e il percorso terapeutico.

In passato, la classificazione del gruppo Franco-Americano-Britannico (FAB) era quella maggiormente utilizzata; essa distingueva tre sottotipi di LLA (L1, L2, L3) in base alle caratteristiche morfologiche delle cellule tumorali10,7.

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5

Le caratteristiche di tale classificazione sono riportate in Tabella 1.

Tabella 1 – Classificazione FAB

L1 Blasti di piccole dimensioni con

scarso citoplasma Più frequente nel bambino

L2 Blasti grandi ed eterogenei, con uno o

più nucleoli Più frequente nell’adulto

L3 Blasti vacuolati iperbasofili, con

nucleoli e vacuoli nucleari Più frequente nel bambino

La classificazione proposta dal gruppo FAB è stata sostituita da una nuova classificazione11,12 proposta nel 2008 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che tiene conto sia del tipo di linfocita di origine (B o T) che del grado di maturazione delle cellule leucemiche (Tabella 2).

Tabella 2 – Classificazione delle leucemie linfoblastiche secondo l’OMS

Leucemie linfoblastiche acute a cellule B

LLA - B non altrimenti specificata (NAS) LLA - B con ricorrenti anomalie genetiche LLA - B con t(9;22) (q34;q11.2); BCR-ABL1 LLA - B con t(v;11q23); MLL riarrangiata LLA - B con t(12;21) (p13;q22); ETV6-RUNX1 LLA - B con iperdiploidia

LLA - B con ipodiploidia

LLA - B con t(5;14) (q31;q32); IL3-IGH LLA - B con t(1;19)(q23;p13.3); TCF3-PBX1

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2.4 – Quadro clinico

La LLA può manifestarsi in modo piuttosto eterogeneo, con segni e sintomi aspecifici, difficilmente distinguibili da quelli delle più comuni patologie dell'infanzia (Tabella 3). Oltre il 50% dei pazienti con LLA si presenta con segni e sintomi relativi alla condizione di insufficienza midollare, quali febbre e infezioni persistenti (dovuti alla neutropenia), astenia, pallore, tachicardia (conseguenza dell’anemia) e manifestazioni emorragiche cutanee e/o mucose sine trauma (legati alla piastrinopenia). Oltre a questi può essere evidenziata epato-splenomegalia, spesso associata a linfoadenomegalia13. Un esordio subdolo è costituito da dolori osteoarticolari diffusi che, associati a febbricola persistente, possono mimare una patologia reumatologica, mentre pazienti con interessamento del sistema nervoso centrale (SNC) possono presentare cefalea o diplopia. Un raro sintomo di esordio è rappresentato dall'aumento del volume testicolare, non associato però a sintomatologia dolorosa6,14. In Tabella 3 sono riportati i principali segni e sintomi di esordio della LLA.

Tabella 3 – Principali segni e sintomi di esordio della LLA

Sintomi e segni clinici Dati di laboratorio

Astenia e malessere generale Anemia Calo ponderale Piastrinopenia

Dispnea Leucocitosi / Leucopenia

Manifestazioni emorragiche Neutropenia

Febbre Alterazione degli indici di funzionalità epatica Dolori ossei e/o muscolari Alterazione degli indici di funzionalità renale Epato- e/o splenomegalia LDH aumentato

Linfoadenomegalia Sintomi neurologici

2.5 – Diagnosi

La diagnosi e la classificazione del tipo di LLA si basano sull'esame citomorfologico del midollo osseo, del sangue periferico e del liquido cerebrospinale.

La diagnosi di LLA si caratterizza per la presenza di linfoblasti ≥ 25% nel midollo osseo. Nel sangue periferico si evidenzia, nella maggior parte dei casi, un

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quadro di citopenia trilineare, talvolta associato a leucocitosi. La tipizzazione immunofenotipica mediante citofluorimetria infine definisce la stratificazione di rischio, necessaria a stabilire il trattamento più adeguato.

Per la determinazione delle condizioni basali del paziente e delle manifestazioni extramidollari della malattia sono importanti una accurata anamnesi ed esame clinico e una specifica diagnostica di laboratorio e strumentale. In Tabella 4 sono riassunti i principali elementi clinici, ematochimici e strumentali per la diagnosi di LLA.

Tabella 4 – Elementi clinici, ematochimici e strumentali per la diagnosi di LLA Anamnesi

Esame obiettivo generale (per ricercare eventuali linfoadenomegalie, epatomegalia e/o splenomegalia) ed esame neurologico

Esame emocromo con formula leucocitaria

Aspirato di sangue midollare (diagnosi e caratterizzazione biologica della malattia)

Rachicentesi con studio citomorfologico (leucociti, eritrociti, eventuali blasti leucemici) e chimico-fisico prima dell’inizio della prefase citoriduttiva

RX torace, preferibilmente in due proiezioni (A-P e L-L) per lo studio di una eventuale localizzazione mediastinica

TC cranio e/o RM encefalo ECG ed ecocardiogramma EEG

Visita oculistica con esame del fondo oculare

Profilo biochimico (funzionalità epatica e renale, LDH) Test per la valutazione della coagulazione

Emogruppo

Sierologia virale (Rosolia, EBV, HSV, CMV, HAV, HBV, HCV, HIV1/2)

La citogenetica dell'intero cariotipo e la genetica molecolare consentiranno poi di identificare aberrazioni cromosomiche prognosticamente rilevanti (geni di fusione, ploidia) che avranno anch'esse implicazione sulla stratificazione del rischio e sul trattamento15,16.

Il coinvolgimento del SNC può essere evidenziato sia clinicamente mediante indagini neuroradiologiche (TC o RM) che mediante rachicentesi, con valutazione

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8

chimico-fisica (proteine e glucosio) del liquor, conteggio delle cellule nucleate e degli eritrociti e valutazione morfologica17,18.

2.6 – Stratificazione del rischio

I progressi ottenuti negli ultimi 10-15 anni nel trattamento di bambini e adolescenti affetti da LLA sono il risultato del miglioramento della definizione delle fasce di rischio, degli studi di ottimizzazione terapeutica, nei quali viene analizzata sistematicamente ed in modo controllato l’efficacia di diverse strategie di trattamento, e dell’impiego del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche nei pazienti ad alto rischio di ricaduta19.

La caratterizzazione immunofenotipica, citogenetica e molecolare, e la precoce risposta al trattamento permettono di stratificare i pazienti in differenti gruppi di rischio, ciascuno dei quali viene trattato con strategie terapeutiche specifiche20.

In Tabella 5 sono riportati i principali fattori prognostici, favorevoli e sfavorevoli, della LLA infantile.

Tabella 5 – Fattori prognostici della LLA

Fattori di rischio Favorevoli Sfavorevoli

Età 1 – 9 aa < 1 e > 10 aa

Sesso F M

Razza Caucasica, Asiatica Africana, Americana

Linfoadenomegalia, epatomegalia, splenomegalia

Assenti Presenti

Conta dei GB alla diagnosi < 50 x 109/L > 50 x 109/L

Classe FAB L1 L2

DNA index > 1.16 < 1.16

Risposta alla terapia di induzione al giorno 28

Assenza di blasti periferici Presenza di blasti periferici

Citogenetica Iperdiploidia Trisomie 4 e 10

Ipodiploidia t(9;22), t(4;11)

Genetica molecolare TEL-AML1 Riarrangiamento del gene MLL

Immunofenotipo Precursori cellule B T-cell

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Il rischio di recidiva della LLA non è uguale per tutti i pazienti.

I pazienti vengono suddivisi in gruppi con differente probabilità di ricaduta (stratificazione del rischio) sulla base di fattori biologici e clinici (fattori di rischio).

I bambini classificati ad alto rischio vengono trattati con schemi di terapia più intensiva e, in alcuni casi, sottoposti a trapianto di cellule staminali, mentre i pazienti con basso rischio di recidiva sono trattati con chemioterapia di minore intensità21.

La risposta alla terapia, cioè la rapidità della scomparsa delle cellule leucemiche dal midollo e dal sangue, è un importante fattore per la definizione della fascia di rischio e viene esaminata con diverse metodiche. Il metodo più semplice è la quantificazione al microscopio delle cellule leucemiche, metodo che ha una sensibilità relativamente bassa, per cui l’aspirato midollare è considerato normale se le cellule di aspetto atipico sono meno di cinque ogni cento cellule esaminate. Con altre metodiche biologiche e cellulari, possono essere dimostrate con alta sensibilità anche quantità molto piccole di cellule leucemiche residue (“Malattia Residua Minima” – MRM o MRD)22. Tali metodiche consentono di identificare una cellula leucemica tra 100.000 o più cellule normali.

Sulla base dei due “time points” (TP) utilizzati per la determinazione della MRD (TP1 al giorno +33 della fase di induzione e TP2 al giorno +78 dall’inizio del trattamento), è possibile stratificare i pazienti in tre gruppi di rischio “MRD based”: standard (MRD-SR), intermedio (MRD-IR) ed alto (MRD-HR).

Studi precedenti hanno dimostrato come i pazienti con MRD assente già in fase precoce di terapia abbiano un rischio minimo di presentare recidiva di malattia, pertanto questi pazienti sono trattati con una chemioterapia di minore intensità, mentre il gruppo di pazienti in cui sono riscontrabili cellule leucemiche residue in fasi più avanzate di terapia necessita di un trattamento più intensivo 23.

2.7 – Trattamento

Dal 2000 al 2006, i gruppi AIEOP e BFM hanno condotto il più grande studio internazionale (AIEOP-BFM ALL 2000) in cui sono state applicate prospetticamente la stratificazione del rischio e l’adattamento della chemioterapia sulla base della risposta molecolare precoce al trattamento16.

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A seconda del gruppo di appartenenza, viene somministrato ai pazienti uno schema di trattamento differente, della durata complessiva di due anni, benché all’inizio tutti i pazienti ricevano un elemento di terapia intensiva denominato Protocollo I, della durata di circa nove settimane.

Nei pazienti che non hanno un elevato rischio di recidiva (Rischio Standard, SR o Intermedio, IR) la terapia successiva prevede una fase di consolidamento (“Protocollo M”) della durata di otto settimane, una fase di reinduzione (Protocollo II) della durata di sette settimane e, infine, la terapia di mantenimento.

Nei pazienti con alto rischio di recidiva invece (Alto Rischio, HR), secondo il protocollo AIEOP-BFM ALL 2009, è prevista la somministrazione di tre blocchi di terapia più brevi ma molto intensi (Blocchi HR) a distanza di tre settimane l’uno dall’altro, in sostituzione del Protocollo M. Successivamente, come reinduzione, è prevista la somministrazione del Protocollo III per tre volte. Si prosegue quindi con la terapia di mantenimento24.

Una parte dei pazienti classificati ad alto rischio potrà essere sottoposta a trapianto di cellule staminali (trapianto di midollo osseo)25. Per i pazienti HR in cui, nonostante la terapia intensiva, si evidenzia la presenza di elevati livelli di Malattia Residua Minima, prima del trapianto è prevista un’ulteriore intensificazione della terapia mediante la somministrazione di un blocco di chemioterapia aggiuntivo (DNX-FLA)2.

2.7.1 – Differenze tra protocollo AIEOP-BFM ALL 2009 e il precedente studio AIEOP-BFM ALL 2000

Lo studio AIEOP-BFM ALL 2000 ha dimostrato l’applicabilità su larga scala dell’analisi, mediante metodica PCR, della malattia residua minima (MRD) in un contesto multicentrico ed ha confermato le indicazioni fornite da uno studio pilota internazionale condotto dal 1991 al 1995 dai membri dell’International BFM Study Group23.

La maggior parte dei pazienti è stata così stratificata sulla base dei risultati delle analisi MRD ma, a causa di requisiti metodologici molto rigorosi e di rigidi criteri di eleggibilità, non è stato possibile stratificare sulla base della risposta molecolare circa il 20% dei pazienti.

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L’obiettivo dello Studio AIEOP-BFM ALL 2009 è stato pertanto quello di estendere la stratificazione di rischio basata su analisi MRD a tutti i pazienti; ciò è stato ottenuto mediante la revisione dei requisiti per la stratificazione sulla base di MRD con metodica PCR26 e attraverso l’utilizzo di analisi di MRD mediante citofluorimetria.

La stratificazione nello studio AIEOP-BFM ALL 2009 ha mantenuto l’obiettivo di adattare la terapia al rischio individuale; le caratteristiche biologiche della leucemia (immunofenotipo, specifiche anomalie cromosomiche) rendono conto infatti della differente prognosi in questi sottogruppi di pazienti. Di conseguenza, è stato necessario identificare precisi criteri che giustificassero scelte di riduzione/intensificazione del trattamento16.

La precisa valutazione della risposta al trattamento (risposta al prednisone, risposta post-induzione, MRD) viene mantenuta come criterio principale per l’identificazione dei pazienti ad alto rischio e per la stratificazione (SR, IR) all’interno dei differenti sottogruppi biologici. Rispetto al precedente studio però, è stato possibile applicare tale stratificazione “risposta-orientata” ad un numero maggiore di pazienti.

In particolare, le principali differenze tra i due protocolli sono le seguenti:

I. Stratificazione del rischio

Come nel protocollo AIEOP-BFM 2000, la risposta al prednisone, lo stato di remissione al g+33, la PCR-MRD e la presenza di riarrangiamento MLL/AF4 sono ancora utilizzati come criteri di stratificazione nel trial AIEOP-BFM ALL 200916. In aggiunta, vengono considerati altri sottogruppi biologici in base ad immunofenotipo (LLA-T o pB-LLA), presenza del riarrangiamento TEL/AML1 ed ipodiploidia ed in accordo ai risultati MRD misurati tramite citofluorimetria su midollo osseo al giorno +15. I pazienti con pB-LLA o immunofenotipo non noto e PCR-MRD ≥ 10-3 al TP1 e qualunque positività ≥ 10-3 al TP2 sono qualificati al trattamento per alto rischio.

II. Scelta dello steroide nel Protocollo IA

Dopo la prefase steroidea, solo i pazienti con LLA-T PGR ricevono desametasone; tutti gli altri pazienti proseguono il trattamento steroideo con prednisone.

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III. PEG-L-Asparaginasi come prodotto L-Asparaginasi di prima linea

Il prodotto PEG-L-ASP è utilizzato come preparazione di prima linea in tutti i pazienti. È somministrato al dosaggio di 2500 UI/m2 e.v. in 2 ore in singola dose, con dose massima assoluta di 3750 UI. La somministrazione è prevista durante il Protocollo I nei giorni +12 e +26, in ciascun blocco HR in singola dose al g+6 e durante la reinduzione al g+8 del Protocollo II o al g+1 del Protocollo III.

IV. Terapia di reinduzione nei gruppi SR e IR

Tutti i pazienti SR e IR ricevono un Protocollo II in reinduzione.

V. Radioterapia Craniale (RTC)

La radioterapia craniale preventiva è stata omessa in alcuni sottogruppi di pazienti, i quali ricevono una terapia intratecale protratta durante la chemioterapia di mantenimento, ed è stata riservata solamente ad una popolazione molto selezionata di bambini affetti da LLA.

2.7.2 – Definizioni di risposta al prednisone, remissione e resistenza

Risposta al prednisone

La risposta al prednisone viene valutata al termine della pre-fase citoriduttiva, che consiste in 7 giorni di prednisone più una dose intratecale di methotrexate. La conta assoluta dei blasti nel sangue periferico al giorno +8 è cruciale per la stratificazione.

- “prednisone good response” (PGR): conta assoluta di blasti nel sangue periferico < 1000/µl

- “prednisone poor response” (PPR): conta assoluta di blasti nel sangue periferico > 1000/µl

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Remissione Completa

Per definizione, la Remissione Completa (CR) non può essere definita prima del giorno +33 del Protocollo I.

Per la definizione di Remissione Completa (CR) devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

- < 5% blasti (M1) in un aspirato di midollo osseo rappresentativo, con sufficiente cellularità e segni di ripresa di mielopoiesi normale.

- < 5 cellule nucleate/μl nel CSF o > 5 cellule nucleate/μl e non evidenza di blasti in cytospin

- non evidenza di infiltrati leucemici secondo valutazione clinica e radiologica; una massa mediastinica all’esordio deve essere ridotta ad almeno 1/3 del volume tumorale iniziale.

L’identificazione di cellule blastiche residue mediante PCR o FCM non è rilevante per la definizione della remissione completa16.

Remissione Completa con risposta tardiva (“Late Response”)

Per CR “tardiva” si intende una CR (secondo la definizione sopra fornita) che viene ottenuta non al giorno +33 ma solo successivamente con il Protocollo IB o con qualunque dei blocchi dell’alto rischio. Questi pazienti si definiscono “resistenti al g+33” o “resistenti alla fase IA”.

Resistenza al protocollo (“Morphological Non-Response”)

La resistenza al protocollo viene definita in un paziente che non ha ottenuto CR alla fine del terzo blocco HR (HR-3’).

2.7.3 – Trattamento secondo il protocollo AIEOP-BFM ALL 2009

Il protocollo AIEOP-BFM ALL 2009 è uno studio clinico collaborativo prospettico per il trattamento di bambini e adolescenti (età ≥ 1 anno e < 18 anni) affetti

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da leucemia linfoblastica acuta di nuova diagnosi. La terapia somministrata viene adattata al gruppo di rischio di appartenenza, identificato mediante stratificazione dei pazienti secondo criteri biologici e clinici. Nel protocollo sono previste tre domande randomizzate allo scopo di ridurre morbidità e mortalità correlate al trattamento nei sottogruppi di pazienti con buona risposta (Random R1) e migliorare la prognosi dei pazienti a rischio intermedio e rischio alto mediante intensificazione del trattamento (Random R2 e RHR). Il protocollo prevede anche parti osservazionali su specifici gruppi di pazienti16.

Protocollo I

 Protocollo IA/IA’. Applicabile a tutti i pazienti con pB-LLA; lo steroide somministrato è prednisone. Vengono somministrate 4 (IA) vs 2 (IA’) dosi di daunorubicina secondo Random R1.

 Protocollo IAD. Applicabile a tutti i pazienti con LLA-T/PGR; lo steroide

somministrato è desametasone.

 Protocollo IACPM con una dose aggiuntiva di ciclofosfamide. Applicabile a tutti i

pazienti con LLA-T/PPR; lo steroide somministrato è prednisone.

 Protocollo IB/IB-ASP+. Applicabile a tutti i pazienti. Nei pazienti HR, in accordo con la randomizzazione RHR, viene somministrata PEG-L-ASP (IB-ASP+) in modo protratto.

Prefase citoriduttiva

o Prednisone (o, in alternativa, metilprednisolone) 60 mg/m2

/die p.o. o e.v. in 3 somministrazioni dal giorno 1 al giorno 7.

o Methotrexate intratecale al giorno 1. Dose per età:

≥ 1 anno < 2 anni: 8 mg ≥ 2 anni < 3 anni: 10 mg ≥ 3 anni: 12 mg

(19)

15

In caso di importante “massa” cellulare leucemica iniziale (GB ≥ 100000/μl e/o importante epatosplenomegalia e/o massa mediastinica), il dosaggio iniziale di prednisone è più basso rispetto alla dose prevista, con successivo rapido incremento sulla scorta della risposta al trattamento, degli esami di laboratorio ed in particolare della funzionalità renale. La dose cumulativa totale di PDN nei primi 7 giorni è compresa tra 210 e 420 mg/m2.

Protocollo IA, Protocollo IA’, Protocollo IACPM

o Prednisone (o, in alternativa, metilprednisolone) 60 mg/m2

/die p.o. o e.v. in 3 somministrazioni dal giorno 8 al giorno 28 (21 giorni). Dal giorno +29 si prevede lo scalo in 9 giorni, dimezzando la dose ogni 3 giorni.

o Vincristina 1.5 mg/m2

/dose e.v. (dose massima 2 mg/dose) i giorni 8, 15, 22 e 29 (4 dosi).

o Daunorubicina 30 mg/m2

/dose e.v. lenta nei giorni 8, 15, 22 e 29 (2 dosi solo nel braccio sperimentale).

o Ciclofosfamide 1000 mg/m2

/dose e.v. in 1 ora il giorno 10 (solo nei pazienti con LLA-T/PPR).

o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2

/dose e.v. in 2 ore i giorni 12 e 26 (2 dosi). Dosaggio massimo: 3750 UI/dose.

In caso di reazione allergica al prodotto PEG-L-ASP, dovrebbe essere somministrato il prodotto asparaginasi da Erwinia al dosaggio di 20000 UI/m2/dose e.v. (1h) o i.m. ogni 2 giorni, sette dosi in sostituzione di ogni dose di PEG-L-ASP omessa.

o Methotrexate intratecale i giorni 12 e 33 (dose per età).

Protocollo IAD

Il Protocollo IAD con desametasone come prodotto steroideo è somministrato a tutti i pazienti con LLA-T che non presentino criteri di alto rischio definiti al giorno +8.

o Desametasone 10 mg/m2

/die p.o. o e.v. in 3 somministrazioni dal giorno 8 al giorno 28 (21 giorni); dal giorno +29 si prevede lo scalo in 9 giorni, dimezzando la dose ogni 3 giorni.

(20)

16

o Daunorubicina 30 mg/m2

/dose e.v. lenta i giorni 8, 15, 22 e 29 (4 dosi). o Farmaci come nel protocollo IA, IA’, IACPM

Protocollo IB

o Ciclofosfamide 1000 mg/m2

/dose e.v. in 1 ora i giorni 36 e 64. o Citosina Arabinoside 75 mg/m2

/die s.c. o e.v. in dose unica i giorni 38-41, 45-48, 52-55, 59-62 (quattro cicli di quattro giorni ciascuno).

o 6-Mercaptopurina 60 mg/m2

/die p.o. dal giorno 36 al giorno 63 (totale 28 giorni). Nei 28 giorni previsti, dovrebbe essere somministrata una dose cumulativa di 1680 mg/m2.

o Methotrexate intratecale i giorni 45 e 59 (dose per età).

Protocollo IB ASP+

Il Protocollo IB con PEG-L-ASP (Protocollo IB-ASP+) è somministrato ai pazienti definiti ad alto rischio al giorno +33 e che sono stati randomizzati nel braccio sperimentale della randomizzazione RHR. Questo protocollo è identico al Protocollo IB eccetto che per l’aggiunta di PEG-L-ASP (4 dosi).

Protocollo M

Il Protocollo M inizia 2 settimane dopo il temine del Protocollo IB. E’ applicabile ai pazienti di tutti i gruppi di rischio eccetto i pazienti identificati ad alto rischio al giorno +78 (TP2).

o 6-Mercaptopurina 25 mg/m2

/die p.o. dal giorno 1 al giorno 56. Nei 56 giorni previsti, dovrebbe essere somministrata una dose cumulativa di 1400 mg/m2. o Methotrexate ad alte dosi: 5 g/m2

/dose e.v. in 24 ore (una dose ogni 2 settimane per un totale di 4 dosi).

o Citrovorum Factor (Forma Levogira): 7.5 mg/m2

e.v. 42, 48 e 54 ore dall'inizio dell'HD-MTX.

(21)

17

o Methotrexate intratecale in qualunque momento durante l’infusione di HD-MTX i giorni 8, 22, 36 e 50.

Blocchi dell’Alto Rischio (HR’)

I blocchi dell’alto rischio sono somministrati a tutti i pazienti stratificati nel gruppo HR, in sostituzione del Protocollo M. Trattandosi di una chemioterapia molto intensiva, tali pazienti ricevono obbligatoriamente una terapia con fattore umano ricombinante stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) dal giorno +11 di ciascun blocco per ottenere un più rapido recupero della conta neutrofila.

HR-1’

Il blocco HR-1’ inizia 2 settimane dopo il termine del Protocollo IB.

o Desametasone 20 mg/m2

/die p.o. o e.v. in tre dosi giornaliere, dal giorno 1 al giorno 5 compreso.

o Vincristina 1.5 mg/m2

/die e.v. (max 2 mg) i giorni 1 e 6 (2 dosi). o Methotrexate ad alte dosi: 5 g/m2

/dose e.v. in 24 ore il giorno 1. o Citrovorum Factor (Forma Levogira): 7.5 mg/m2

e.v. 42, 48 e 54 ore dopo l'inizio dell'HD-MTX.

o Ciclofosfamide 200 mg/m2

e.v. in 1 ora ogni 12 ore per 5 dosi dal giorno 2 al giorno 4.

o Citosina Arabinoside ad alte dosi 2 g/m2

e.v. in infusione di 3 ore ogni 12 ore il giorno 5 (2 dosi).

o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/mq/dose e.v. il giorno 6 (dosaggio massimo: 3750 UI/dose).

o Methotrexate intratecale il giorno 1 in qualunque momento durante l’infusione di HD-MTX (dose per età).

(22)

18

HR-2’

Il blocco HR2’ inizia a rigenerazione midollare avvenuta ed appena possibile dopo il precedente blocco HR1’.

o Desametasone 20 mg/m2

/die p.o. o e.v. in tre dosi giornaliere, dal giorno 1 al giorno 5 compreso.

o Vindesina 3 mg/m2

/dose e.v. (dose massima 5 mg) i giorni 1 e 6 (2 dosi). o Methotrexate ad alte dosi: 5 g/m2

/dose e.v. in 24 ore il giorno 1. o Citrovorum Factor (Forma Levogira): 7,5 mg/m2

e.v. 42, 48 e 54 ore dopo l'inizio dell'HD-MTX.

o Ifosfamide 800 mg/m2

e.v. ogni 12 ore per 5 dosi in infusione di 1 ora dal giorno 2 al giorno 4.

o Daunorubicina 30 mg/m2

e.v. in infusione continua di 24h il giorno 5. o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2

/dose e.v. il giorno 6 (dosaggio massimo: 3750 UI/dose).

o Methotrexate intratecale il giorno 1 in qualunque momento durante l’infusione di HD-MTX (dose per età).

HR-3’

Il blocco HR-3’ inizia a rigenerazione midollare avvenuta ed appena possibile dopo il precedente blocco HR-2’.

o Desametasone 20 mg/m2

/die p.o. o e.v. in tre dosi giornaliere, dal giorno 1 al giorno 5 compreso.

o Citosina Arabinoside ad alte dosi 2 g/m2

e.v. in infusione di 3 ore ogni 12 ore i giorni 1 e 2 (4 dosi).

o Etoposide 100 mg/m2

in infusione venosa di 2 h ogni 12 ore per 5 dosi nei giorni 3, 4 e 5.

o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2

/dose e.v. il giorno 6 (dosaggio massimo: 3750 UI/dose).

(23)

19

o Methotrexate intratecale il giorno 1 in qualunque momento durante l’infusione di HD-MTX (dose per età).

Protocollo II

Il Protocollo II è somministrato ai seguenti gruppi come trattamento di reinduzione:

 SR

 LLA-T IR

 pB-LLA IR randomizzati al braccio di trattamento senza PEG-L-ASP protratta per 20 settimane (braccio controllo della randomizzazione R2)

Protocollo IIA

o Desametasone 10 mg/m2

/die per os in tre dosi giornaliere per 21 giorni, dal giorno 1 al giorno 21. Dal giorno 22 si prevede lo scalo in 9 giorni, dimezzando la dose ogni 3 giorni.

o Vincristina 1.5 mg/m2

/dose (max 2 mg) e.v. nei giorni 8, 15, 22 e 29. o Adriamicina 30 mg/m2

/dose e.v. push lento, nei giorni 8, 15, 22 e 29. o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2

/dose e.v. in 2 ore il giorno 8 (1 dose). Dosaggio massimo: 3750 UI/dose.

o Methotrexate intratecale i giorni 1 e 18 solo nei pazienti con malattia SNC all’esordio (dose per età).

Protocollo IIB

o Ciclofosfamide 1000 mg/m2

/dose e.v. in 1 ora il giorno 36 o Citosina Arabinoside 75 mg/m2

/dose s.c. o e.v. in dose unica i giorni 38-41 e 45-48 (due cicli di quattro giorni ciascuno)

o Tioguanina 60 mg/m2

/die p.o. dal giorno 36 al giorno 49 (totale 14 giorni). Nei 14 giorni previsti, dovrebbe essere somministrata una dose cumulativa di 840 mg/m2.

(24)

20

Protocollo II – ASP+

Il Protocollo II-ASP+ è somministrato come trattamento di reinduzione a tutti i pazienti IR che nella seconda randomizzazione (R2) sono stati assegnati al braccio sperimentale con 20 settimane (10 dosi) di PEG-L-ASP.

Protocollo III

Il Protocollo III è previsto come trattamento di reinduzione per tutti i pazienti HR ed è somministrato tre volte dopo una fase di Mantenimento ad Interim (4 settimane) tra ciascun elemento. Ciascun Protocollo III e ciascuna fase di Mantenimento ad Interim sono seguite da una pausa di una settimana.

Protocollo IIIA

Il primo Protocollo IIIA inizia due settimane dopo il termine del terzo blocco HR (HR-3’). Il secondo ed il terzo Protocollo III iniziano dopo una fase di 4 settimane di Mantenimento ad Interim.

o Desametasone 10 mg/m2

/die per os in tre dosi giornaliere per 14 giorni, dal giorno 1 al giorno 14. Dal giorno 15 si prevede lo scalo in 9 giorni, dimezzando la dose ogni 3 giorni.

o Vincristina 1.5 mg/m2

/dose (max 2 mg) e.v. nei giorni 1 e 8. o Adriamicina 30 mg/m2

/dose e.v. push lento, nei giorni 1 e 8. o PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2

/dose e.v. in 2 ore il giorno 1 (1 dose). Dosaggio massimo: 3750 UI/dose.

o Methotrexate intratecale il giorno 1 di ciascun Protocollo IIIA solo nei pazienti con malattia SNC all’esordio (dose per età).

(25)

21

Protocollo IIIB

o Ciclofosfamide 500 mg/m2

/dose e.v. in 1 ora il giorno 15 o Citosina Arabinoside 75 mg/m2

/dose s.c. o e.v. in dose unica i giorni 17-20 e 24-27 (due cicli di quattro giorni ciascuno)

o Tioguanina 60 mg/m2

/die p.o. dal giorno 15 al giorno 28 (totale 14 giorni). o Methotrexate intratecale i giorni 17 e 24 (dose per età).

Mantenimento ad Interim

Applicabile a tutti i pazienti HR non avviati a trapianto di cellule staminali, il Mantenimento ad Interim inizia una settimana dopo il termine del 1° e 2° Protocollo III, se le conte ematologiche sono in recupero, e dura 4 settimane.

o 6-Mercaptopurina 50 mg/m2

/die p.o. dal giorno 1 al giorno 28 o Methotrexate 20 mg/m2

p.o. una volta alla settimana i giorni 1, 8, 15, 22 delle previste 4 settimane di terapia.

o Radioterapia Craniale durante la 1° fase ad Interim solo in alcuni sottogruppi di pazienti.

Mantenimento

Questa fase inizia 2 settimane dopo il termine del Protocollo II o del terzo Protocollo III (nei pazienti HR non avviati ad allotrapianto) in presenza di adeguate conte periferiche. Per tutti i pazienti la durata totale della terapia, incluso il Mantenimento, è di 24 mesi (104 settimane).

La dose di 6-MP e MTX definita di seguito rappresenta una “dose guida” che deve essere aggiustata secondo i parametri di crasi ematica:

o 6-Mercaptopurina 50 mg/m2

/die p.o. dal giorno 1 o Methotrexate 20 mg/m2

p.o. una volta alla settimana dal giorno 1

o PEG-L-Asparaginasi: solo per i pazienti randomizzati nel braccio sperimentale della randomizzazione R2: PEG-L-Asparaginasi 2500 UI/m2/dose e.v. (2 h) ogni

(26)

22

2 settimane per 10 dosi totali, iniziate nel Protocollo II-ASP+.

o Methotrexate intratecale ogni 6 settimane per un totale di 6 dosi è previsto per i seguenti sottogruppi di pazienti (tutti SNC negativi):

- LLA-T (HR o non-HR) con età < 2 anni all’inizio del Mantenimento - LLA-T non-HR e GB < 100 000/μl alla diagnosi

- non-T LLA HR solo per alcuni specifici criteri o Radioterapia Craniale in alcuni sottogruppi di pazienti.

2.8 – Complicanze del trattamento

I progressi degli ultimi decenni nei metodi diagnostici e nell'ottimizzazione dell'uso in combinazione di farmaci già esistenti, oltre all'impiego del trapianto di cellule staminali emopoietiche nei pazienti ad alto rischio di ricaduta, hanno determinato una sopravvivenza a cinque anni di oltre il 90%19,27.

Il successo ottenuto nella cura delle neoplasie infantili ha però generato nuovi problemi riguardanti la qualità di vita dei pazienti guariti. I possibili effetti collaterali connessi al trattamento sono ben noti, mentre i danni tardivi sono stati riconosciuti solo in tempi relativamente recenti, in rapporto all’aumento del numero di pazienti lungosopravviventi28.

2.8.1 – Complicanze precoci

I più frequenti effetti collaterali acuti e subacuti dovuti alla terapia antiblastica sono riportati in Tabella 6. Si tratta per lo più di disturbi gastro-enterici, alopecia, mucositi, febbre e neutropenia. Essendo la chemioterapia un trattamento citotossico, i tessuti maggiormente interessati sono quelli ad alta proliferazione, quali il midollo osseo e le mucose29.

(27)

23

Tabella 6 – Complicanze precoci del trattamento della LLA

Nausea e vomito Sindrome da lisi tumorale

Mucositi Sanguinamenti

Febbre Tromboembolismo

Alopecia Infezioni

Neutropenia

Alcuni pazienti possono presentare reazioni avverse importanti durante la chemioterapia di induzione. La tossicità può dipendere direttamente dagli agenti chemioterapici o dalla rapida eliminazione di un grande quantitativo di blasti leucemici (sindrome da lisi tumorale)30. Tra quelli che, in acuto, pongono il paziente in maggior pericolo di vita si evidenziano la sindrome da lisi tumorale, la trombosi, il sanguinamento e le infezioni.

2.8.2 – Complicanze tardive

Tra i possibili effetti collaterali tardivi del trattamento della LLA si annoverano disfunzioni cardiache, danni renali, tossicità polmonare, perdita o riduzione dell’udito, insorgenza di secondi tumori, lesioni dentarie e complicanze endocrinologiche tra le quali le più frequenti sono rappresentate da alterazioni del metabolismo osseo, ritardo di crescita, deficit di ormone della crescita (GH) con bassa statura, obesità, ipotiroidismo, ipogonadismo e infertilità, pubertà precoce31 (Tabella 7).

Tabella 7 – Complicanze tardive del trattamento della LLA

Tossicità cardiaca Alterazioni del metabolismo osseo Tossicità renale Ritardo di crescita / deficit di GH

Tossicità polmonare Obesità

Riduzione / perdita dell’udito Ipotiroidismo

Seconde neoplasie Ipogonadismo, infertilità

(28)

24

2.8.2.1 – Complicanze endocrinologiche

Tra i principali effetti indesiderati tardivi correlati al trattamento della LLA, in particolare quelli legati all’utilizzo di corticosteroidi e chemioterapici quale il methotrexate (MTX), vi sono le alterazioni del metabolismo osseo e dei sistemi ormonali che lo regolano, oltre ad una alterata acquisizione della massa minerale ossea, che potrebbe associarsi ad un aumentato rischio di osteopenia ed osteoporosi con insorgenza di fratture patologiche in giovane età32.

Una condizione di ridotta densità minerale ossea (BMD) può già essere presente alla diagnosi oppure insorgere durante la fase di induzione o di mantenimento, potendo anche persistere per anni dopo la sospensione della terapia.

La patogenesi di tale complicanza è probabilmente multifattoriale28. La ridotta esposizione alla luce solare, la scarsa attività fisica, lo scarso apporto dietetico di calcio, così come la somministrazione intratecale di MTX e l’utilizzo di corticosteroidi ad alte dosi sono tutti potenziali fattori di rischio per l’insorgenza di ipovitaminosi D e per la riduzione della massa ossea33-35. I principali fattori coinvolti in una possibile alterazione del metabolismo minerale osseo sono riportati in Tabella 8.

Tabella 8 - Principali fattori coinvolti nel metabolismo osseo

Principali fattori coinvolti nel metabolismo osseo

Eventi patogenetici Conseguenze

Scarsa esposizione solare Ridotta produzione di vitamina D Scarsa attività fisica Riduzione della massa ossea Terapia corticosteroidea Aumento del riassorbimento

osseo, con ridotto assorbimento intestinale di Calcio

MTX intratecale Riduzione di folati e dell’attività Osteoblastica

RT craniale e/o MTX intratecale Deficit ormonali (GH, IGF-1, LH, FSH, TSH)

(29)

25

Tra i vari fattori coinvolti nella patogenesi delle alterazioni del metabolismo fosfo-calcico l’utilizzo di alti dosaggi, in cronico, di corticosteroidi svolge sicuramente un ruolo primario. In Figura 1 sono schematizzati i principali effetti dei corticosteroidi su organi e apparati, rappresentanti i principali determinanti dell’alterato turnover osseo con ridotto processo di formazione e aumentato riassorbimento osseo. Tali alterazioni si associano a una diminuzione della massa ossea con conseguente aumentato rischio di insorgenza di osteoporosi e possibili fratture da fragilità.

Figura 1 - Effetti sistemici dei corticosteroidi

I pazienti che non ricevono radioterapia craniale generalmente raggiungono una statura finale adeguata dopo il termine della terapia. La crescita staturale nei pazienti trattati con radioterapia craniale, soprattutto se questa viene effettuata ad alte dosi (24Gy), è frequentemente ritardata36; questo effetto risulta essere più evidente nei pazienti che vengono trattati in epoca prepuberale37.

È stato inoltre riportato un deficit di GH nei pazienti che vengono sottoposti a terapia con MTX intratecale e ad alte dosi38.

(30)

26

Per quanto riguarda lo sviluppo puberale, i principali fattori che ne possono determinare alterazioni sono la radioterapia craniale e gli agenti alchilanti, in quanto gonadotossici. Se somministrati ad alte dosi, gli agenti alchilanti, come la ciclofosfamide, possono causare pubertà ritardata o infertilità nelle femmine, mentre i maschi presentano generalmente un normale sviluppo puberale39. In entrambi i sessi gli effetti di questi agenti chemioterapici sono maggiori se effettuati dopo la pubertà.

Ad oggi non sono state documentate alterazioni dell'asse ipotalamo-ipofisario dovute alla chemioterapia intratecale, mentre alcuni studi hanno dimostrato che la radioterapia craniale può causare pubertà anticipata o precoce, soprattutto nelle pazienti di sesso femminile40-42.

I dati attuali sembrano indicare che i pazienti con LLA trattati esclusivamente con chemioterapia hanno, nella maggior parte dei casi, un normale sviluppo puberale mentre quelli trattati con radioterapia craniale a dosaggi compresi tra 18-24 Gy, possono sviluppare pubertà precoce. Non è stato ancora stabilito con certezza se un dosaggio maggiore di radioterapia (24 Gy) possa causare pubertà ritardata, ipogonadismo ipogonadotropo o menopausa precoce43,44.

L'ipogonadismo ipergonadotropo si rileva prevalentemente nei pazienti di sesso maschile che sono stati sottoposti a radioterapia craniale o a trapianto di midollo osseo45-47. I pazienti che invece sono sottoposti a chemioterapia esclusiva oppure chemioterapia associata a radioterapia craniale sembrano avere un rischio aumentato di sviluppare ipogonadismo ipogonadotropo45.

L'obesità rappresenta una frequente complicanza tardiva. Anche in questo caso l'irradiazione craniale è un importante fattore di rischio37,48-50. Il meccanismo non è noto, ma si presume possa derivare da danni indotti a livello del SNC sui meccanismi di controllo dell'appetito51.

Infine, alterazioni a carico della funzione tiroidea si evidenziano quasi esclusivamente nei pazienti sottoposti a radioterapia craniale52,53.

(31)

27

3

SCOPI DELLO STUDIO

Il presente studio si propone di analizzare le complicanze a carico della densità minerale ossea e del metabolismo fosfo-calcico in pazienti in età pediatrica affetti da LLA durante la terapia di mantenimento e al termine del trattamento.

Nei pazienti arruolati nello studio sono stati valutati i seguenti parametri:

- Caratteristiche auxologiche: statura, peso, BMI.

- Principali parametri del metabolismo fosfo-calcico: calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina (ALP), paratormone (PTH), 25-idrossivitamina D (25OHD). - Densità minerale ossea a livello dello scheletro assiale e del corpo intero.

- Correlazioni tra i parametri clinici, biochimici, densitometrici, modalità di trattamento e fascia di rischio.

(32)

28

4

PAZIENTI E METODI

4.1 – Pazienti

Sono stati esaminati 48 pazienti affetti da LLA (M = 21; F = 27), con un’età media di 8,7 ± 3,7 anni (range 3,1 – 15,4 anni). In tutti i pazienti la diagnosi e il trattamento sono stati eseguiti presso l’U.O. Oncoematologia Pediatrica dell’AOUP.

Un gruppo di pazienti (n = 17) è stato trattato con il Protocollo AIEOP-BFM ALL 2000, mentre un secondo gruppo (n = 31) è stato trattato con il Protocollo AIEOP-BFM ALL 2009.

I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo di pazienti che aveva sospeso il trattamento e risultava quindi fuori terapia (pazienti off therapy, n = 34) e un gruppo di pazienti che era ancora in corso di terapia durante la fase di mantenimento (pazienti in terapia di mantenimento, n = 14).

I pazienti sono stati ulteriormente classificati in base alla fascia di rischio (High Risk, n = 7; Intermediate Risk, n = 13; Standard Risk, n = 28) e al dosaggio complessivo di corticosteroidi utilizzato in terapia, indicando con PDN la somma del dosaggio di prednisone e della dose equivalente di desametasone somministrati nelle varie fasi di trattamento.

I pazienti sono stati infine suddivisi in base allo stadio puberale che presentavano all’inizio dello studio (prepuberi, n = 31; puberi, n = 17) e in base allo stato vitaminico (ipovitaminosi D, n = 21; livelli normali di vitamina D, n = 27).

In Tabella 9 sono riportate le principali caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati nello studio, suddivisi in pazienti off therapy e pazienti in mantenimento, associate ai principali parametri esaminati.

(33)

29

Tabella 9 – Caratteristiche cliniche dei pazienti esaminati suddivisi in base alla fase terapeutica Pazienti totali (n = 48) Off therapy (n = 34) Mantenimento (n = 14)

Età all’inizio dello studio (anni) 8.7 ± 3.7 9.1 ± 3.5 7.8 ± 4

Sesso M/F (n) 21/27 13/21 8/6

Prepuberi / Puberi (n) 31/17 20/14 11/3

Statura (Z-score) 0.1 ± 0.9 -0.1 ± 0.9 0.2 ± 0.7

BMI (Z-score) 0.7 ± 0.9 0.7 ± 1.0 0.7 ± 0.8

Anni fuori terapia (n) - 3.2 ± 2.1 0

Protocollo terapeutico

2000/2009 (n) 17/31 17/17 0/14

Valori espressi come media ± DS

In Tabella 10 sono riportate le caratteristiche dei pazienti suddivisi in base alla fascia di rischio.

Tabella 10 - Caratteristiche cliniche dei pazienti esaminati suddivisi in base al rischio

HR (n = 7) IR ( n= 13) SR (n = 28)

Età all’inizio dello studio (anni) 7.0 ± 2.9 8.9 ± 3.8 9.0 ± 3.7

Sesso M/F (n) 5/2 3/10 13/15

Prepuberi / Puberi (n) 5/2 8/5 19/9

Statura (Z-score) 0.2 ± 0.5 0.1 ± 0.9 -0.1 ± 1.0

BMI (Z-score) 0.8 ± 1.0 0.3 ± 0.5 0.9 ± 1.0

Anni fuori terapia (n) 1.8 ± 0.8 3.7 ± 1.9 3.2 ± 2.2

Protocollo terapeutico 2000/2009 (n)

1/6 5/8 11/17

(34)

30

4.2 – Fratture all’esordio e durante il trattamento

In due pazienti l’esordio della malattia è stato caratterizzato dalla presenza di fratture. Le fratture erano insorte in conseguenza di un trauma minimo e si localizzavano a livello del polso sinistro in un paziente e a livello dell’olecrano sinistro nell’altro (Figura 2).

Figura 2 - Frattura dell'olecrano sin. in paziente all'esordio di malattia (RX eseguita

con apparecchio gessato). Evidente un quadro di diffusa osteopenia.

La paziente che all’esordio aveva riportato la frattura del polso sinistro, durante le prime fasi di trattamento aveva presentato una ulteriore frattura in sede sovracondiloidea.

4.3 – Disegno dello studio

In tutti i pazienti, all’inizio dello studio, sono stati misurati il peso e la statura ed è stato calcolato l’indice di massa corporea (BMI). I valori di statura e BMI sono stati comparati con i valori di riferimento per età e sesso.

All’ingresso, in tutti i pazienti sono state misurate le concentrazioni plasmatiche di calcio, fosforo, fosfatasi alcalina (ALP), paratormone (PTH) e 25-idrossivitamina D (25OHD).

Nella maggior parte dei pazienti è stata inoltre misurata la densità minerale ossea (BMD) a livello del corpo intero, del rachide lombare e del collo femorale, mediante

(35)

31

densitometria ossea a doppio raggio-X (DXA, dual energy X-ray absorptiometry). I valori densitometrici ottenuti sono stati comparati con i valori di riferimento per età e sesso.

4.4 – Consenso informato

In tutti i pazienti è stato ottenuto il consenso informato dei genitori all’esecuzione dell’esame clinico, dei prelievi ematici e della valutazione densitometrica per la stima dello stato minerale osseo e della composizione corporea.

Lo studio è stato condotto in conformità alla dichiarazione di Helsinki II.

4.5 – Metodi

4.5.1 – Valutazione delle caratteristiche auxologiche

In tutti i pazienti sono stati misurati la statura e il peso, rispettivamente mediante statimetro a muro e bilancia meccanica. La statura è stata espressa in Z-score. Il BMI, espresso in Z-score, è stato calcolato con la formula (kg) / (statura in m)2.

I valori espressi in Z-score per la statura ed il BMI sono stati calcolati mediante la formula:

valore del paziente – valore normale per l’età ed il sesso DS del valore normale per l’età ed il sesso

I valori della statura e del BMI sono stati calcolati con le curve di Cole e Freeman54.

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32

4.5.2 – Misurazione dei livelli di PTH

I livelli di PTH sono stati misurati mediante metodica IRMA (immunoradiometric assay) utilizzando il kit commerciale (hPTH-120 min-IRMA Asbach Medical Products, Germany). Il metodo prevede due fasi e si basa sull’utilizzo di due anticorpi specifici, uno per il frammento PTH-N-ter 1-34 e l’altro, marcato con I125, per il frammento 44-68 della molecola del PTH. Tale metodica consente di escludere delle sequenze amminoacidiche della molecola del PTH (frazione 7 – 84) che potrebbero interferire con la misurazione dei livelli circolanti di PTH espressi come molecola intatta.

Il coefficiente di variazione (CV) intra- ed inter- dosaggio del metodo è risultato < 10%.

I valori di riferimento del PTH sono compresi tra 10 e 65 pg/ml.

4.5.3 – Misurazione dei livelli di 25OHD

Per la determinazione dei valori di 25OHD è stata utilizzata una metodica RIA (DiaSorin Liaison 125I). Questo metodo prevede una procedura composta da due fasi. La prima fase si caratterizza per un’estrazione rapida con acetonitrile, dal siero o dal plasma, della 25OHD e di altri metaboliti idrossilati. Dopo l’estrazione, il campione trattato viene analizzato utilizzando una procedura RIA di equilibrio. Il metodo si basa sull’utilizzo di un anticorpo specifico per la 25OHD.

I CV intra- ed inter-dosaggio sono entrambi < 10%.

I valori ottenuti nei pazienti esaminati nel presente studio sono stati comparati con i valori di riferimento per l’età indicati dalla Società di Endocrinologia Pediatrica Americana55, dall’Istituto di Medicina degli Stati Uniti56, dall’Accademia Americana di Pediatria57, dalla Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica58, dalla Società del Nord-America di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica58 e dalla Società di Nutrizione in Germania, Austria e Svizzera59. Tali valori sono compresi tra 20 e 200 ng/ml; valori di 25OHD < 20 ng/ml sono francamente indicativi di una condizione di ipovitaminosi D60.

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33

4.5.4 – Misurazione della densità minerale ossea

I valori di BMD per il corpo intero (TB-BMD), le vertebre lombari (L2-L4; L-BMD) e il collo femorale (F-L-BMD) sono stati misurati mediante apparecchiatura DXA (Lunar-GE, Prodigy, Madison, WI, USA). In Figura 3 è riportata la scansione del corpo intero, in Figura 4 la scansione delle vertebre lombari ed in Figura 5 la scansione del femore prossimale, tutte ottenute con tale metodica.

Figura 3 – Densitometria ossea a raggi X a doppia energia (DXA) a carico di corpo

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34

Figura 4 - Densitometria ossea a raggi X a doppia energia (DXA) a carico delle

vertebre lombari.

Figura 5 - DXA: studio del femore prossimale (Lunar iDXA GE Healthcare, Madison,

USA).

I valori di TB-BMD, L-BMD e F-BMD, espressi in g/cm2, sono calcolati in base al rapporto tra il contenuto minerale osseo (BMC) e l’area stimata (BA) del segmento osseo misurato (BMC/BA = BMDa o BMD61). I valori di TB-BMD, L-BMDa e F-BMDa riflettono una misura integrale dell’osso corticale e trabecolare. I valori di TB-BMD sono stati ottenuti misurando il corpo intero, compreso il cranio.

(39)

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I valori di BMD volumetrica lombare (L-BMDv), espressi in g/cm3, esprimono una misurazione della BMD corretta per il volume osseo stimato.

Per la stima del volume osseo di L2-L4 è stata utilizzata la formula suggerita da Kroger et al.62,63:

L-BMDv = BMDa (L2-L4) × [4 / (π × Lm)]

Lm = larghezza media misurata a livello delle vertebre lombari L2-L4

Questo modello assume che il corpo della vertebra lombare abbia una forma cilindrica. La validità di questo modello è stata dimostrata utilizzando i dati volumetrici ottenuti in vivo mediante l’impiego della risonanza magnetica eseguita a livello delle vertebre lombari64.

Nonostante la correzione dei valori di BMD in base al volume vertebrale stimato non sia anatomica, i valori di L-BMDv esprimono, con una migliore approssimazione, la “vera” densità minerale ossea rispetto alla L-BMDa65.

La larghezza, l’altezza e l’area dei corpi vertebrali (L2-L4) vengono calcolati direttamente dal software dell’apparecchiatura DXA.

La stima della BMD volumetrica femorale (F-BMDv) si basa, come per la misurazione a livello delle vertebre lombari, sul modello matematico proposto da Kroger et al.62,63. Tale modello paragona il corpo femorale ad un cilindro e consente di calcolare la BMD volumetrica femorale utilizzando la seguente formula:

F-BMDv = BMDa × (4/π) × h/Af

h = altezza della sezione cilindrica esaminata del collo femorale Af = area del collo femorale

L’altezza e l’area del collo femorale vengono calcolate mediante il software dell’apparecchiatura DXA.

I valori di TB-BMD, L-BMDa e F-BMDa, come quelli di L-BMDv e F-BMDv, sono stati espressi in Z-score utilizzando la stessa formula impiegata per il calcolo dello Z-score delle variabili auxologiche.

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36

I valori di TB-BMD, L-BMDa e L-BMDv sono stati comparati con quelli indicati da Van der Sluis et al.66, mentre i valori di F-BMDa e F-BMDv sono stati comparati con quelli di Kroger et al.62,63.

I valori di riferimento per il calcolo dello Z-score del corpo intero, delle vertebre lombari e del collo femorale sono stati acquisiti utilizzando la stessa metodica DXA e le stesse procedure di calcolo impiegate nei pazienti esaminati nel presente studio.

Il CV, in vivo, per il corpo intero è stimato < 0.6% e per la L-BMD < 1.0%67. Per la F-BMD il CV stimato è < 2.3%63.

4.5.5 – Analisi statistica

I risultati sono stati espressi come media ± DS. La comparazione dei valori dei vari parametri, espressi come Z-score, rispetto ai valori di riferimento è stata effettuata mediante l’utilizzo del test non parametrico di Wilcoxon (Mann-Whitney).

La comparazione dei parametri clinici, biochimici e densitometrici tra i gruppi di pazienti selezionati in base alla fascia di rischio ed in base ai dosaggi di PDN è stata effettuata mediante analisi dell’ANOVA con post-test di Tukey.

Le correlazioni lineari tra i vari parametri clinici, biochimici, densitometrici, modalità di trattamento e fascia di rischio è stata effettuata mediante l’analisi di regressione lineare semplice utilizzando la formula di Pearson.

E’ stato considerato significativo un valore di p<0.05 per tutte le analisi statistiche effettuate.

Tutte le valutazioni statistiche sono state eseguite mediante programma SPSS-versione 13.0 (Statistical Package of Social Sciences, SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

(41)

37

5

RISULTATI

5.1 – Dati auxologici

La statura e il BMI, espressi in Z-score, non mostravano differenze significative (p = NS) tra i pazienti fuori terapia e quelli in mantenimento (rispettivamente, statura 0.1 ± 0.9 Z-score e 0.2 ± 0.7 Z-score; BMI 0.7 ± 1.0 Z-score e 0.7 ± 0.8 Z-score).

Il confronto tra i valori medi della statura e del BMI, espressi in Z-score, tra i pazienti in fase prepuberale e quelli in fase puberale (statura 0.1 ± 0.7 Z-score e 0.1 ± 1.1 Z-score; BMI 0.7 ± 0.9 Z-score e 0.6 ± 1.1 Z-score) non metteva in evidenza differenze significative (p = NS).

5.2 – Parametri del metabolismo fosfo-calcico e stato vitaminico D

I livelli sierici medi di calcio, fosforo e ALP non mostravano differenze significative (p = NS) tra il gruppo dei pazienti fuori terapia e quelli in terapia di mantenimento.

I livelli sierici di PTH erano significativamente aumentati (p<0.0001) nei pazienti in terapia di mantenimento rispetto ai pazienti fuori terapia (Figura 6).

Figura 6 - Valori di PTH nei due gruppi di pazienti esaminati classificati in base alla

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I livelli sierici medi di 25OHD risultavano significativamente (p<0.0001) ridotti nei pazienti in terapia di mantenimento rispetto a quelli fuori terapia (Figura 7). Nei pazienti fuori terapia, solo 8 (24%) presentavano valori ridotti di vitamina D (< 20 ng/ml), mentre nel gruppo di pazienti in terapia di mantenimento la quasi totalità (93%) mostrava un quadro di ipovitaminosi D.

Figura 7 - Livelli sierici di 25OHD nei due gruppi di pazienti esaminati classificati in

base alla fase terapeutica. Fuori terapia n = 34, in mantenimento n= 14.

Il confronto tra tutti i pazienti con ipovitaminosi D (n = 21) e quelli con valori nella norma di vitamina D (n = 27) metteva in evidenza che i valori di PTH erano significativamente più elevati (p<0.05) nei primi rispetto ai secondi (Figura 8).

Figura 8 - Livelli di PTH nei due gruppi di pazienti classificati in base allo stato

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Tutti i pazienti off therapy mostravano valori di PTH compresi nei limiti di normalità (valori di PTH 10-65 pg/ml), mentre sei pazienti del gruppo di mantenimento mostravano livelli di PTH al di sopra della norma (95 ± 28.7 pg/ml). In questi sei pazienti i valori di 25OHD erano < 20 ng/ml (11.1 ± 6.5 ng/ml). Tali risultati erano compatibili con una condizione di iperparatiroidismo secondario.

I sei pazienti con iperparatiroidismo secondario e ipovitaminosi D sono stati sottoposti a trattamento con vitamina D (2000 UI/die) per 30 giorni e calcio carbonato (50 mg/kg/die in 2 somministrazioni giornaliere) per 10 giorni. Dopo 15 giorni di terapia si evidenziava una normalizzazione dei livelli di PTH in tutti e sei i pazienti (Figura 9) e dei livelli di 25OHD in cinque di essi (Figura 10). Nel sesto paziente i valori di 25OHD si normalizzavano (27.7 ng/ml) dopo 45 giorni di terapia con vitamina D.

Figura 9 - Valori di PTH nei pazienti affetti da iperparatiroidismo secondario prima

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Figura 10 - Valori di 25OHD nei pazienti affetti da iperaparatiroidismo secondario

prima del trattamento e dopo 15 giorni di terapia.

Per quanto riguarda la classificazione dei pazienti in base allo stadio puberale non erano evidenti differenze significative (p = NS) dei valori medi di PTH e 25OHD tra i pazienti prepuberi e puberi (rispettivamente, PTH: 38.3 ± 24.9 pg/mL, n = 31 e 37.5 ± 26 pg/mL, n = 17; 25OHD: 23.3 ± 11.9 ng/mL, n = 31 e 26 ± 9.9 ng/mL, n = 17).

5.3 – Densità minerale ossea di corpo intero, vertebre lombari e collo femorale

I valori medi di TB-BMD Z-score, L-BMDa Z-score, BMDa Z-score e F-BMDv Z-score risultavano significativamente più bassi (p <0.02 - p <0.0001) nei pazienti in terapia di mantenimento rispetto a quelli fuori terapia (Figure 11-14).

I valori medi di L-BMDv non differivano (p = NS) tra i due gruppi di pazienti (rispettivamente, -0.8 ± 0.7 Z-score e -0.3 ± 1.2 Z-score).

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Figura 11 - Valori di TB-BMD Z-score nei due gruppi di pazienti classificati in base

alla fase terapeutica. Fuori terapia n = 34, in mantenimento n = 14.

Figura 12 - Valori di L-BMDa Z-score nei due gruppi di pazienti classificati in base

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Figura 13 - Valori di F-BMDa Z-score nei due gruppi di pazienti classificati in base

alla fase terapeutica. Fuori terapia n = 34, in mantenimento n = 14.

Figura 14 - Valori di F-BMDv Z-score nei due gruppi di pazienti classificati in base

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