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Impianti idroelettrici sul fiume Serchio: sviluppo di un modello e analisi delle prestazioni

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Impianti idroelettrici sull’asta del Serchio:

sviluppo di un modello e analisi delle

prestazioni

Relatori

Candidato

Prof. Umberto Desideri

Daniele Biagi

Ing. Lorenzo Ferrari

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Indice

Introduzione 1

Inquadramento della ricerca 4

Tipi di impianti idroelettrici 7

1.1 Impianti ad acqua fluente ... 9

1.2 Impianti a deflusso regolato ... 11

1.3 Impianti di pompaggio ... 13

Macchine idrauliche 15

2.1 Turbine ad azione ... 15

2.2 Turbine a reazione ... 19

2.3 Turbine reversibili ... 25

Caso studio: il fiume Serchio 29

3.1 Descrizione del bacino idrografico ... 29

3.2 Sfruttamento delle acque ... 33

Descrizione del software EPANET 37

Sviluppo del modello 44

5.1 Bacini e vasche di accumulo ... 45

5.2 Opere di presa e canali di derivazione in pressione ... 51

5.3 Centrali idroelettriche ... 54

5.3.1 Condotte forzate ... 54

5.3.2 Turbine ... 55

Risultati e commenti 67

6.1 Analisi preliminare ... 67

6.2 Valutazioni economiche ed energetiche ... 71

6.3 Sfruttamento della risorsa ... 78

6.4 Ipotesi di pompaggio ... 86 6.4.1 Pompaggio isolato ... 89 6.4.2 Pompaggio integrato ... 96 Conclusioni 100 Riferimenti 103 Ringraziamenti 105

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1

Introduzione

La risorsa idroelettrica è oggi la fonte rinnovabile con la maggior potenza installata e che contribuisce maggiormente alla produzione di energia; se per molto tempo lo sviluppo ha riguardato soprattutto impianti di potenza elevata, cui sono associate grandi dighe, negli ultimi anni, complice anche l’esaurimento di siti adatti alla costruzione di grandi opere idrauliche, l’attenzione si è spostata sui fiumi, anche di più piccole dimensioni, adatti ad ospitare impianti di potenze ridotte, appartenenti al piccolo, al mini ed al micro idroelettrico.

In questo contesto, il presente lavoro vuole quindi focalizzare l’attenzione su sistemi di questo tipo, soprattutto se inseriti all’interno di aste fluviali complesse, dove si possono avere molti impianti in cascata: l’obiettivo è quello di ricercare una gestione di quest’ultimi in modo da massimizzare la produzione e l’efficienza di funzionamento, anche in termini di sfruttamento delle acque; la fattibiltà della pratica del pompaggio con queste potenze in gioco e, soprattutto, con bacini di ridotte dimensioni è, infine, un ulteriore obiettivo che questo studio si propone di valutare.

In particolare, all’interno di questa tesi, è stato preso come caso studio il fiume Serchio, che scorre nell’alta Toscana e, le cui acque, rappresentano una risorsa fondamentale per il fabbisogno energetico della regione, ed in particolare, delle zone attraversate; il bacino del Serchio è diventato infatti, nel tempo, sede di una complessa rete idraulica composta da bacini, vasche di accumulo, canali di derivazione e centrali idroelettriche.

Lo studio prende in analisi il funzionamento di questi numerosi impianti, appartenenti perlopiù al mini idroelettrico, valutando l’influenza reciproca che essi esercitano l’uno sull’altro, non essendo gestiti tutti dal solito ente; per quest’ultimo aspetto, il lavoro cerca anche di trovare una possibile gestione ottimale della rete nel suo insieme, in modo da massimizzare i ricavi economici e sfruttare nel miglior modo possibile le acque del fiume. L’ultimo obiettivo è, infine, quello di valutare una possibile presenza di impianti di pompaggio all’interno dell’asta.

Il primo passo, dopo aver raccolto il maggior numero di dati possibile sulle infrastrutture della rete, è stato quello di dotarsi di un software con il quale poter modellare l’asta fluviale: a tal proposito la scelta è ricaduta su EPANET, un software utilizzato per la modellazione di sistemi in pressione per la distribuzione dell’acqua e distribuito gratuitamente dall’ US EPA (United States Environmental Protection Agency).

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2 Durante la costruzione del modello si sono quindi rese necessarie alcune ipotesi, sia per mancanza di dati, sia per alcuni limiti imposti dal software stesso: in particolare i serbatoi sono stati considerati come dei cilindri e, nella modellazione dello sfioro da quest’ultimi, sono stati ipotizzati sfioratori a stramazzo con delle portate massime di progetto stabilite sulla base di valori registrati nel fiume. Nelle centrali idroelettriche, invece, le turbine sono state considerate funzionanti a velocità costante e con un’apertura del distributore costante caso per caso; le curve di macchina, infine, sono state ricavate dalla letteratura. Una volta disponibile un modello funzionante per poter eseguire delle simulazioni, sono state quindi effettuate diverse analisi in due condizioni stagionali, quella invernale e quella primaverile; l’intera asta è stata infine considerata nel suo insieme, come se fosse gestita da un solo ente.

Le prime simulazioni hanno riguardato uno studio del comportamento del sistema sottoposto alle due condizioni di portate in ingresso: a tale scopo, sono state ipotizzate delle gestioni delle centrali in modo da adeguare la portata turbinata a quella in ingresso al bacino; in particolare è stato cercato un intervallo temporale per il quale avesse senso effettuare delle simulazioni e sono stati valutati possibili riscontri fra le portate di valle in uscita dal modello e quelle realmente registrate nel fiume.

Successivamente, dopo aver giudicato una settimana il giusto intervallo temporale su cui eseguire delle analisi, sono state ipotizzate nuove gestioni della rete, volte a sfruttare maggiormente il volume disponibile nei serbatoi più grandi; dopo aver quindi osservato la risposta del sistema e, in particolare, una produzione discontinua nel caso primaverile, è stata introdotta una gestione economica delle turbine, con lo scopo di ricercare l’esistenza di un’eventuale prezzo minimo di turbinaggio che massimizzasse il ricavo assoluto.

Con riferimento all’anno 2016 quindi, è stato considerato l’andamento del prezzo nella zona di riferimento, su una settimana, scelta in base a riscontri fra le portate registrate e quelle in uscita dalle simulazioni; facendo quindi spegnere le turbine in corrispondenza delle ore associate ad un prezzo inferiore a quello stabilito, al variare di quest’ultimo, è stato valutato l’andamento della produzione energetica e del ricavo.

Dopo aver stabilito quindi i punti di massima produttività per le varie gestioni ipotizzate, sono state eseguite delle simulazioni per capire, in questi punti, l’efficienza, in termini di acqua utilizzata e non, dell’intera rete; nel sistema si ha infatti, una parte di acqua, dovuta alle entrate o a quella gia presente nei bacini, che contribuisce alla generazione di energia, ed una parte invece, che non viene sfruttata, o perché uscita dal bacino senza essere turbinata o perché rimasta immagazzinata nel bacino stesso.

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3 Una volta analizzato il sistema nel suo complesso, l’analisi è stata quindi spostata sui singoli serbatoi, per capire quali fossero i più critici; una volta individuati, è stata quindi cambiata la gestione della turbina a valle di quest’ultimi, con lo scopo di migliorarne lo sfruttamento dell’acqua.

Infine, come ultima analisi, è stata indagata la possibilità di installazione di impianti di pompaggio all’interno dell’asta, con l’ipotesi di non aggiungere nuove opere idrauliche. Quest’ultima valutazione, anche a causa dell’ipotesi in gioco, ha richiesto delle valutazioni preliminari; poiché infatti non tutti i bacini lungo il fiume risultano adatti a questa pratica, o per volumi utili troppo piccoli o per collegamenti che non permettono il ripompaggio dell’acqua, è stato necessario scegliere quelli più idonei, che sono risultati in due possibili impianti.

La gestione dei due impianti è stata quindi scelta in base ad un criterio economico, con lo scopo di massimizzare il ricavo; esistendo infatti un’efficienza complessiva, detta di round

trip, in base al costo dell’energia nelle fasi di pompaggio, esiste un prezzo minimo di

turbinaggio al di sotto del quale non conviene scendere: le simulazioni sono state quindi effettuate facendo variare le coppie di prezzo, massimo di pompaggio e minimo di turbinaggio, cercando di coprire l’intero campo di funzionamento.

Le analisi sono state quindi eseguite in due diversi casi.

Inizialmente è stato valutato il funzionamento dei due impianti in condizioni isolate, sono state quindi eliminate dai bacini le entrate e le uscite in eccesso, sia quelle dovute a flussi naturali, sia quelle dovute a turbine o a canali di derivazione: per ciascun impianto è stata individuata la coppia di prezzi che massimizza il ricavo ed eseguite, infine, anche valutazioni dal punto di vista energetico.

Successivamente il funzionamento del pompaggio è stato analizzato all’interno della rete, con i bacini che ricevono acqua, non solo dall’impianto stesso, ma anche dai vari torrenti e collegamenti esistenti nell’asta; anche in questo caso è stata cercata la coppia di prezzi che massimizza il ricavo, mostrando infine le eventuali problematiche connesse ad un sistema di questo tipo.

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4

Inquadramento della ricerca

Il continuo interesse per i cambiamenti climatici ed il conseguente impegno da parte dei paesi alla riduzione delle emissioni, ha portato, negli ultimi decenni, ad una sostanziale crescita delle fonti rinnovabili; tra queste, la produzione da idroelettrico, è senza dubbio una delle più importanti, contribuendo ad evitare la combustione di 4,4 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno [1].

In generale alla produzione da idroelettrico sono associate basse emissioni di gas inquinanti: secondo il World Energy Council le emissioni di CO2 per GWh prodotto ammontano a 3-4 tonnellate per i sistemi ad acqua fluente e a 10-33 tonnellate per i sistemi a serbatoio, quantità che sono comunque circa cento volte inferiori rispetto a quelle che si hanno con un impianto tradizionale [2].

Tra le fonti rinnovabili è inoltre quella con la maggior potenza installata, con circa 1211 GW presenti a fine 2015.

L’idroelettrico offre dei vantaggi anche dal punto di vista tecnologico: sebbene i costi di installazione possano essere elevati, gli impianti hanno una durata di vita elevata, con bassi costi operativi e di manutenzione; la generazione da idroelettrico promuove inoltre la stabilità dei prezzi, non essendo soggetta alle fluttuazioni del mercato, ed è la fonte rinnovabile più economica [1] [2].

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5 Questa fonte rinnovabile è stata una delle prime ad essere studiata ed implementata, è quindi una tecnologia comprovata ed affidabile, con rendimenti di conversione tra i più elevati in assoluto, arrivando anche al 90%; la disponibilità di una grande varietà di taglie delle macchine, inoltre, fa si che questa possa andare incontro a esigenze di diverso tipo, da fabbisogni industriali o di grandi aree cittadine a fabbisogni di piccole aree rurali. Di fondamentale importanza risultano poi i servizi offerti alla rete elettrica: negli ultimi anni, infatti, tra le fonti rinnovabili, hanno visto un grande sviluppo anche l’eolico ed il fotovoltaico, fonti non programmabili ed intermittenti, che possono creare numerosi problemi al bilanciamento della rete, vista la loro discontinuità produttiva; la grande flessibilità degli impianti idroelettrici consente quindi un rapido intervento nel ripristino della frequenza e della tensione sulle linee elettriche.

Gli impianti di pompaggio in particolare, soprattutto su grande scala, con la capacità di accumulare grandi quantità di energia, rappresentano oggi il sistema più adatto a fornire i servizi di rete essendo la tecnologia di accumulo energetico migliore esistente attualmente [2] [3].

La rapidità con cui questi impianti entrano in funzione permette, inoltre, un rapido riavvio del sistema in caso di black out, assumendo un’importanza strategica anche a livello di sicurezza.

Capacità installata in impianti di pompaggio a livello mondiale [4].

PAESE CAPACITA’ (MW) Giappone 27438 Cina 21545 Stati Uniti 20858 Italia 7071 Spagna 6889 Germania 6388 Francia 5894 India 5072 Austria 4808

Corea del Sud 4700

I grandi progetti idroelettrici, non sono però sempre ben visti ed incontrano spesso opposizioni da parte delle popolazioni, a causa del loro grande impatto ambientale e sociale; la costruzione di quest’ultimi, per di più, dipende fortemente dalle caratteristiche del territorio, in quanto la costruzione di grandi opere (dighe, condotte, canali di derivazione) è vincolata all’orografia.

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6 Proprio per quanto detto, in molte aree, i siti adatti alla costruzione di nuovi grandi impianti idroelettrici sono assenti, con un forte sviluppo invece dei piccoli impianti ad acqua fluente; parlando della situazione nazionale ad esempio, sul territorio italiano sono presenti circa 300 grandi impianti (potenza maggiore di 10 MW) che tuttavia contribuiscono a circa l’80% della produzione da questa fonte [5] [6].

Come si vede dalla Figura e dai dati in Tabella, la fonte idroelettrica è quella che negli ultimi anni ha visto la minor crescita, quest’ultima dovuta soprattutto ad impianti di piccola taglia.

Tabella: Capacità installata in Italia in impianti idroelettrici [5].

2014 2015 Variazione assoluta 2014-2015 Variazione percentuale 2014-2015 Impianto P > 10 MW 303 303 0 0 1 < P < 10 MW 825 854 29 3,5 0 < P < 1 MW 2304 2536 232 10,1 TOT 3432 3693 261 7,6

In questo contesto quindi, risulta necessario migliorare i vecchi impianti esistenti aumentandone rendimento e flessibilità; si è inoltre venuto a creare un rinnovato interesse verso gli impianti di pompaggio, anche su piccola scala, spesso accoppiati direttamente alla fonte intermittente da bilanciare.

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Capitolo 1

Tipi di impianti idroelettrici

Gli impianti idroelettrici possono essere classificati in vari modi.

Una prima classificazione può essere data in base alla taglia, si definiscono quindi: • Micro idroelettrico: P < 100 kW

Mini idroelettrico: 100 kW < P < 1000 kW Piccolo idroelettrico: 1000 kW < P < 10000 kW Grande idroelettrico: P > 10000 kW

Gli impianti idroelettrici sfruttano l’energia contenuta nelle masse d’acqua, pertanto la potenza teorica ottenibile può essere ricavata dalla seguente formula:

𝑃𝑃 = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝑄𝑄̇𝐻𝐻𝑔𝑔 [𝑊𝑊]

Dove 𝑄𝑄̇ è la portata volumetrica in m3/s e 𝐻𝐻𝑔𝑔 il salto geodetico disponibile.

Proprio in base al salto geodetico è possibile dare un’altra classificazione di questi impianti:

Impianti a salto basso: 𝐻𝐻𝑔𝑔 < 20 𝑚𝑚 Impianti a salto medio: 𝐻𝐻𝑔𝑔 < 250 𝑚𝑚 Impianti a salto elevato: 𝐻𝐻𝑔𝑔 > 250 𝑚𝑚

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8 Un’ulteriore classificazione di questi impianti, viene fornita dal valore della portata turbinata:

Impianti di piccola portata: 𝑄𝑄̇ < 10 𝑚𝑚3𝑠𝑠 Impianti di portata media: 𝑄𝑄̇ < 100 𝑚𝑚3𝑠𝑠 Impianti di portata elevata: 𝑄𝑄̇ > 100 𝑚𝑚3𝑠𝑠

Per quanto riguarda i componenti generali dell’impianto, evidenziati in Figura 1.2, si hanno:

- Opere di captazione: permettono di raccogliere le acque necessarie

all’alimentazione dell’impianto, sono dighe, traverse ecc

- Opere di derivazione: convogliano le acque lungo una debole pendenza dalla presa

al punto di inizio della tubazione in pressione (condotta forzata). Possono essere costituite da un canale a pelo libero o da una galleria in pressione a seconda del tipo di impianto: nel primo caso al termine si troverà una vasca di carico, nel secondo un pozzo piezometrico, entrambi con la funzione di smorzamento della pressione in caso di brusche variazioni di portata

- Opere di filtraggio: sono finalizzate all’eliminazione dall’acqua di grossi corpi

sospesi (sabbia, ghiaia ecc), possono essere automatiche o meno e dipendono dalla portata derivata e dall’entità dei solidi trasportati

- Condotte forzate: servono ad addurre l’acqua dalla vasca di carico o dal pozzo

piezometrico alla turbina

- Centrali elettriche: sono gli edifici in cui vengono posti i macchinari (turbine,

alternatore ecc)

- Opere di restituzione: convogliano l’acqua dall’uscita della turbina all’alveo del

fiume

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1.1 Impianti ad acqua fluente

Questi impianti non dispongono di alcuna regolazione degli afflussi, la portata sfruttata coincide quindi con quella disponibile nel corso d’acqua (a meno del deflusso minimo vitale) e se la portata scende al di sotto di un valore minimo la produzione di energia cessa. Ipotizzando la sola variazione della portata, l’energia prodotta in un periodo T risulta:

𝐸𝐸(𝑇𝑇) = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐻𝐻𝜌𝜌 � 𝑄𝑄̇𝑇𝑇

0 (𝑡𝑡) 𝑑𝑑𝑡𝑡

Per questa tipologia di impianto risulta quindi di fondamentale importanza studiare la curva delle durate per dimensionare l’impianto stesso.

Figura 1.2: Principali opere idrauliche necessarie per un impianto idroelettrico.

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10 Il dimensionamento dell’impianto viene fatto scegliendo una portata nominale, si ha:

𝑃𝑃 = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝑄𝑄𝑛𝑛̇ 𝐻𝐻𝜌𝜌

Se l’impianto viene dimensionato su una portata nominale molto grande si avrà una potenza installata più elevata ma verosimilmente una produzione energetica annua bassa dovuta al basso numero di ore di funzionamento; viceversa l’impianto può essere dimensionato su portate più basse (con una potenza installata minore) cercando di massimizzare e rendere più costante la produzione energetica annua, con benefici per la stabilità della rete elettrica.

In questi impianti è solitamente presente un’opera di sbarramento detta traversa, la quale provoca un rialzamento (rigurgito) modesto del pelo libero tale che l’acqua a monte dello sbarramento non esca dall’alveo naturale. Le traverse fluviali possono essere alte una decina di metri e possono essee provviste di paratoie, in modo da gestire meglio i livelli a monte della stessa.

La centrale può essere posta direttamente nello sbarramento o a fianco di esso; se invece quest’ultima è posta a distanza dallo sbarramento, quest’ultimo presenta di lato delle opere di presa dell’acqua, un canale di derivazione, la condotta forzata ed infine la centrale con le opere di restituzione.

In questa tipologia di impianto ricadono varie taglie impiantistiche, ma la maggior parte sono quelle al di sotto dei 10 MW; questo schema vede infatti grande applicazione lungo il corso di fiumi, anche piccoli, con centrali appartenenti al mini o al piccolo idroelettrico.

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1.2 Impianti a deflusso regolato

Sono impianti nei quali a monte della presa tramite una diga si crea un invaso, che permette l’accumulo di un volume più o meno grande di acqua e garantisce la possibilità di regolare la portata alla turbina (e quindi la produzione). Quest’ultima può quindi essere adattata alla richiesta di carico da parte della rete o può, viceversa, essere fatta funzionare a portata più o meno costante, massimizzando l’efficienza e la produzione.

In base al volume di accumulo possono essere suddivisi ulteriormente in:

Impianti a bacino: sono impianti in cui si ha una durata di invaso minore di 400 ore e maggiore di 2 ore; sono generalmente impianti provvisti di modeste capacità di accumulo che consentono di regolare la produzione in relazione alle variazioni di carico giornaliere e settimanali, ad essi si affida una produzione di base nei periodi di morbida e la copertura dei picchi nei periodi di magra.

Impianti a serbatoio: sono impianti in cui si ha una durata di invaso maggiore o uguale a 400 ore; sono muniti di capacità tali da consentire il trasferimento stagionale di volumi idrici e quindi della relativa produzione. A questi impianti si affida generalmente un servizio di punta e rappresentano lo schema tipico dei grandi impianti, con salti anche superiori a 1000 metri.

Per questi impianti sussistono le seguenti definizioni [7].

Figura 1.5: Definizioni dei parametri principali di una diga secondo il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 24/03/82.

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12 • Altezza della diga: è il dislivello tra la quota del piano di coronamento e quella del

punto più basso della superficie di fondazione.

Quota di massimo invaso: è la quota massima a cui può giungere il livello d’acqua dell’invaso ove si verifichi il più gravoso evento di piena previsto, esclusa la sopraelevazione del moto ondoso.

Quota massima di regolazione: è la quota al quale ha inizio, automaticamente, lo sfioro dell’acqua dagli appositi dispositivi (sfioratori).

Quota minima di regolazione: è la quota minima cui può arrivare il livello dell’acqua senza smettere di essere derivata.

Volume totale di invaso: è la capacità del serbatoio compresa tra la quota di massimo invaso e la quota di minima fondazione; per le traverse fluviali è il volume compreso tra il profilo di rigurgito più elevato indotto dalla traversa ed il profilo di magra del corso sbarrato.

Volume utile di regolazione: è il volume compreso tra le quote, massima e minima di regolazione, rappresenta il volume d’acqua effettivamente utilizzabile.

Volume di laminazione: è il volume compreso tra la quota di massimo invaso e la quota massima di regolazione, ovvero per i serbatoi specifici per la laminazione delle piene tra la quota di massimo invaso e la quota della soglia inferiore dei dispositivi di scarico.

Franco: è il dislivello tra la quota di massimo coronamento e la quota di massimo invaso.

Franco netto: è il dislivello tra la quota del piano di coronamento e quella di massimo invaso aggiunta a questa la semiampiezza della massima onda prevedibile nel serbatoio.

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1.3 Impianti di pompaggio

Gli impianti di pompaggio vengono utilizzati per: - Sfruttare meglio i piccoli invasi

- Avere una riserva di energia da impiegare velocemente nei momenti di maggior richiesta

- Utilizzare l’energia prodotta in più di notte o nei giorni festivi

- Regolare la frequenza di rete: permettono di mantenere la frequenza all’interno del range ottimale con la continua modulazione della potenza attiva

- Riserva di back-up e di spinning

- Capacità di black start: permettono il riavvio del sistema elettrico in caso di blackout

Questi impianti dispongono di due serbatoi, uno a monte e uno a valle e funzionano in due fasi distinte: di notte, nei giorni festivi o più in generale quando la richiesta di energia è ridotta l’impianto assorbe energia dalla rete per pompare l’acqua dal serbatoio di valle a quello di monte; di giorno, viceversa, quando la richiesta di energia è più elevata, l’acqua viene fatta scendere dal serbatoio di monte a quello di valle, producendo così energia elettrica (Figura 1.6).

L’intero processo è chiaramente soggetto ad un rendimento minore dell’unità, si hanno infatti rendimenti globali intorno al 70-80 % (con punte anche dell’87 %): ciò significa, che per ogni wattora pompato dal serbatoio di valle a quello di monte nelle ore di minor richiesta, si ottengono 0,7-0,8 wattora durante la fase di turbinaggio successiva [2]. Figura 1.6: Funzionamento di un impianto di pompaggio; a sinistra la fase di turbinaggio, a destra la fase di pompaggio.

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14 Tuttavia ciò non costituisce un problema, in quanto l’energia acquistata dalla rete, essendo prelevata nelle ore vuote, è energia a basso prezzo, mentre l’energia prodotta nelle ore di picco è energia che viene ceduta ad un prezzo elevato; inoltre lo scopo principale di questi impianti, non è tanto la produzione di energia, quanto il bilanciamento della rete, fornendo grandi capacità di accumulo energetico.

Negli ultimi decenni infatti, si è assistito ad una sempre più crescente produzione di energia da parte di fonti rinnovabili, tuttavia queste fonti sono naturalmente intermittenti e non esattamente prevedibili e ciò comporta la continua necessità di bilanciare la rete elettrica, per assicurare la distribuzione di energia.

A tal proposito, gli impianti idroelettrici di pompaggio, rappresentano oggi la miglior tecnologia disponibile per accumulare grandi quantità di energia, sebbene non manchino anche in questo caso dei problemi: oltre all’elevato costo di costruzione (opere, turbina reversibile ecc) si aggiunge anche la difficoltà a reperire siti adatti: sono necessari infatti, oltre a serbatoi su differenti livelli, anche grandi capacità di accumulo o salti elevati. Si definiscono:

- Impianti di pompaggio di gronda: in questi impianti le pompe sono collegate ad un bacino inferiore diverso rispetto a quello in cui scaricano le turbine; non si possono avere quindi cicli di pompaggio e le pompe, che possono o meno essere installate nello stesso edificio della centrale di produzione, hanno il solo scopo di sollevare nel bacino superiore gli apporti captati dal serbatoio che le alimenta.

- Impianti di pompaggio puro o misto: in questi impianti le pompe e le turbine sono collegate allo stesso serbatoio inferiore, ciò permette di ripetere il ciclo un numero infinito di volte; si parla di pompaggio puro se gli apporti naturali che alimentano il serbatoio superiore sono inferiori al 5% del volume d’acqua mediamente turbinata in un anno, si parla invece di pompaggio misto se gli apporti naturali sono superiori al 5%.

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Capitolo 2

Macchine idrauliche

Le macchine idrauliche sono macchine che lavorano con l’acqua sfruttando l’energia potenziale contenuta nel fluido; sono formate da un distributore e dalla girante.

Un parametro di classificazione è il grado di reazione: si definisce grado di reazione il rapporto tra il salto sviluppato nel rotore (girante) e il salto totale, si ha:

𝑅𝑅 =∆𝐻𝐻∆𝐻𝐻𝑟𝑟 𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 Dove ∆𝐻𝐻 = 𝜌𝜌𝑔𝑔 +𝑝𝑝𝜌𝜌

In base a questo parametro le macchine vengono classificate in due categorie: - Turbine ad azione

- Turbine a reazione

2.1 Turbine ad azione

Si definiscono turbine ad azione quelle macchine in cui il salto viene sviluppato tutto nel distributore: all’uscita di quest’ultimo quindi l’energia di pressione del fluido è interamente trasformata in energia cinetica, nella girante quindi, con la deviazione del fluido, si ha la sola trasformazione da energia cinetica ad energia meccanica.

- Turbina Pelton:

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16 La Pelton è la turbina ad azione più utilizzata e può essere ad asse orizzontale o verticale; in essa sono presenti uno o più ugelli in cui l’energia di pressione viene trasformata in energia cinetica, all’uscita dall’ugello si crea quindi un getto d’acqua che colpisce le pale della girante; quest’ultime, a forma di doppio cucchiaio, non vengono colpite tutte nello stesso istante, gli ugelli distributori variano da un numero minimo di uno ad un massimo di sei o otto distribuiti uniformemente lungo la girante, mentre le pale possono essere in numero assai superiore.

Queste turbine sono caratterizzate da un basso numero di giri specifico (𝑁𝑁𝑠𝑠 = 5 ÷ 80 con potenza espressa in cavalli), sono adatte a sfruttare salti molto elevati (H > 1000 m) e lavorano generalmente con portate non troppo grandi.

In Figura 2.2 si riportano i triangoli delle velocità.

Un’elemento importante della macchina è rappresentato dalla spina Double, che consente la regolazione della portata: muovendo avanti e indietro la spina, viene fatta variare la sezione di uscita dell’ugello, con una conseguente una variazione della portata elaborata. Oltre alla spina è presente anche un tegolo deviatore: questo ha lo scopo di deviare il flusso dalle pale in caso di brusco distacco del carico in modo da evitare la fuga della turbina senza dover chiudere troppo velocemente la valvola di macchina, manovra che può portare a violenti colpi d’ariete nella condotta.

Figura 2.2: Sezione di pala e triangoli delle velocità relativi ad una Pelton.

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17 Le turbine Pelton riescono tuttavia a funzionare in modo ottimale ai carichi parziali, permettono infatti grandi variazioni di portata senza perdere troppi punti di rendimento. Queste turbine sono presenti anche in taglie più piccole, chiamate Micro e Mini Pelton e vengono utilizzate per campi di portata e salto ridotti, con rendimenti più bassi (Figura 2.4).

Dal grafico si nota che la turbina Pelton riesce a funzionare a rendimenti elevati anche a carico molto parzializzato, ciò la rende adatta all’inseguimento del carico di rete, nonché agli impianti ad acqua fluente fortemente dipendenti dalla portata del fiume.

- Turbina Turgo

Anche questa come la Pelton è una turbina ad azione; è caratterizzata da un numero specifico di giri più alto rispetto alla Pelton e differisce da quest’ultima in quanto le sue pale hanno forma e disposizione diverse, è tuttavia meno utilizzata.

Figura 2.4: Differenze di prestazioni tra le varie taglie di turbine Pelton (a destra); campo operativo (a sinistra).

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18 Il flusso in questa turbina, colpisce le pale con un angolo di 20° rispetto al piano meriadiano della ruota, entrando da un lato e uscendo dall’altro; a differenza della Pelton poi, qui il getto colpisce più pale contemporaneamente, cosa che le permette di elaborare una portata maggiore rispetto alla Pelton.

- Turbine Cross-flow:

Queste turbine, conosciute anche con il nome di Banki o Ossberger, sono macchine semplici e poco costose, non necessitano di particolare manutenzione e sono adatte soprattutto per le piccole potenze.

L’acqua, immessa dal distributore sulla periferia esterna, entra tra le pale esercitando una prima azione di spinta, attraversa la parte centrale, quindi si scarica esercitando una seconda azione di spinta sul lato opposto.

Ottimizzando la forma del diffusore a valle è possibile recuperare parte dell’energia, avendo così una piccola reazione allo scarico.

Figura 2.6: Ingresso del flusso in una turbina Turgo.

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2.2 Turbine a reazione

In queste turbine il salto utile viene solo in parte convertito in energia cinetica nel distributore, la restante parte viene convertita nella girante, che quindi non ha il solo scopo di deviare il flusso; sono caratterizzate da gradi di reazione diversi da zero e variabili a seconda del tipo e di taglia della turbina.

- Turbina Francis

La turbina Francis rappresenta oggi il tipo di turbina idraulica più utilizzato, sono tipiche dei grandi impianti, che elaborano portate elevate; questa macchina è a flusso centripeto: l’acqua entra nella macchina in direzione radiale e viene scaricata, dopo aver attraversato il rotore, in direzione assiale.

Il distributore intorno alla girante è costituito da due corone circolari, tra le quali stanno le pale che delimitano condotti a sezione decrescente per far si che si abbia la trasformazione dell’energia di pressione in energia cinetica; l’acqua vi viene convogliata tramite una voluta a forma di chiocciola, poiché la portata decresce man mano che il flusso attraversa i condotti.

Il fluido, dopo essere stato indirizzato, cede la sua energia alla girante e viene scaricato: per tale scopo si utilizza un diffusore, con il quale è possibile recuperare l’energia cinetica che l’acqua ha all’uscita del rotore e che altrimenti andrebbe persa.

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20 Queste turbine sono caratterizzate da un’ampio range di numero di giri specifico, in base a questo vengono classificate in lente, normali, veloci e ultraveloci.

Tabella 2.1: Classificazione turbine Francis in base al numero di giri specifico ed al grado di reazione.

Francis lenta Ns 55 -120 R ~ 0,30

Francis normale Ns 120 -200 R ~ 0,40

Francis veloce Ns 200 - 300 R ~ 0,50

Francis ultraveloce Ns 300 - 450 R ~ 0,60

Possono essere ad asse orizzontale o verticale e ampi range di salti, da 25 a 400 metri: in generale più il salto è alto più si prediligono macchine lente.

Al variare del numero di giri specifico inoltre, varia anche la forma geometrica della macchina.

Le macchine lente risultano molto schiacciate in senso assiale, con il bordo d’ingresso delle pale immediatamente affacciato al distributore: l’acqua è quindi costantemente guidata ed incanalata ed il flusso è quasi ovunque centripeto.

Nel caso di macchine normali lo sviluppo assiale risulta più accentuato, si ha un’attenuazione dell’andamento centripeto con il flusso che devìa presto verso un percorso assiale.

Infine, per numeri di giri specifici e gradi di reazione più elevati, quindi nel caso di turbine veloci ed ultraveloci, lo sviluppo è più in senso assiale che radiale; il distributore risulta essere molto alto e molto lontano dall’ingresso delle pale, l’acqua compie quindi un percorso elevato senza essere guidato.

Il numero di pale della girante è in generale limitato e diminuisce al crescere del grado di reazione; sono inoltre molto brevi e larghe. La variazione della forma è mostrata in Figura 2.9.

Figura 2.9: Variazione della forma geometrica della pala di una Francis al variare del numero di giri specifico.

(24)

21 Si riportano, in Figura 2.10, i triangoli delle velocità della macchina:

L’utilizzo del diffusore allo scarico, come detto, permette di recuperare parte dell’energia cinetica posseduta dal fluido in uscita trasformandola in energia di pressione; poiché il canale di scarico si trova a pressione atmosferica l’uso del diffusore permette quindi di avere all’uscita della girante una pressione inferiore e di sfruttare un salto utile maggiore. La regolazione della portata che attraversa la turbina e quindi della potenza prodotta, viene effettuata controllando l’inclinazione delle palette del distributore; una serie di coppie biella-manovella, tutte collegate ad un unico organo di regolazione, permettono di variare l’inclinazione contemporaneamente e nella stessa misura di tutte le pale con la semplice rotazione in senso orario o antiorario dell’organo di regolazione: il distributore che presenta queste caratteristiche prende il nome di distributore Fink (Figura 2.11).

Figura 2.10: Triangoli velocità turbina Francis.

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22 Il principale svantaggio di questo tipo di regolazione è dato dal fatto che ai carichi parziali il flusso approccia le pale della girante con una direzione diversa rispetto all’angolo di design 𝛽𝛽1, con un notevole incremento di perdite energetiche per impatto; il flusso inoltre, esce dalla girante con una componente di velocità tangenziale molto più elevata, con un conseguente incremento di perdite di energia cinetica (Figura 2.12).

Le turbine Francis vengono progettate per avere il massimo rendimento intorno all’ottanta per cento della portata nominale, allontanandosi quindi da questo valore si notano dei repentini cali di prestazione, soprattutto ai bassi carichi; queste turbine sono adatte quindi a lavorare in un range molto stretto di variazione della portata.

- Turbina Kaplan

La turbina Kaplan è una turbina a reazione in cui il flusso d’acqua attraversa la girante in direzione assiale; è caratterizzata da un numero di giri specifico elevato (𝑁𝑁𝑠𝑠 ≥ 500) ed è generalmente usata per piccoli dislivelli e portate elevate.

Dal punto di vista costruttivo, così come nelle Francis, sono presenti un distributore, una girante e il diffusore allo scarico: anche in questo caso quindi si sfrutta quest’ultimo per recuperare parte dell’energia cinetica che andrebbe persa in uscita, sempre ponendo attenzione ad evitare il fenomeno della cavitazione.

Figura 2.12: Variazione degli angoli di ingresso ed uscita dalla pala al variare della portata elaborata.

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23 Le pale, generalmente in numero limitato, risultano essere molto svergolate dalla radice alla punta secondo la teoria del vortice libero:

�𝑐𝑐𝑐𝑐𝑡𝑡𝑟𝑟 = 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠𝑡𝑡 𝑎𝑎 = 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠𝑡𝑡

Ne consegue che man mano che r aumenta, ovvero si passa dalla radice alla punta, la componente tangenziale della velocità deve diminuire.

La caratteristica principale di questa turbina risiede tuttavia nella possibilità di regolare le pale della girante, anche a turbina in funzione; ciò permette al fluido di mantenere la direzione ottimale di ingresso anche ai carichi ridotti evitando perdite per impatto, ne consegue quindi un’ampio range di funzionamento ad efficienze elevate.

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24 Le turbine di tipo Kaplan, come visibile dal grafico di Figura 2.14, sono infatti le più adatte a lavorare in condizioni molto variabili di carico, con efficienze che restano al di sopra dell’80% anche a carichi parziali molto ridotti.

- Turbina a Bulbo:

Questo tipo di turbina, simile alla Kaplan, viene inserita direttamente nella condotta e non presenta il distributore; il diffusore allo scarico invece rappresenta un’elemento fondamentale.

Sono utilizzate per salti molto bassi (< 10 m) e possono avere varie configurazioni, a seconda del collegamento con il generatore.

Figura 2.14: Andamento dell’efficienza in relazione alla portata elaborata dellle varie turbine.

(28)

25

2.3 Turbine reversibili

Queste macchine, utilizzate negli impianti di pompaggio, hanno la caratteristica di poter funzionare sia da pompa, che da turbina.

I gruppi macchina sono suddivisi in [8]: - Impianti Binari

- Impianti Ternari - Impianti Quaternari - Gruppi binari

I gruppi binari rappresentano oggi lo schema più utilizzato negli impianti di pompaggio; la particolarità risiede nell’utilizzo di una macchina idraulica reversibile, capace di funzionare sia come pompa che come turbina. In questi impianti si ha quindi una riduzione del numero di macchine installate, una maggior semplicità costruttiva ed una riduzione dei costi, a cui si contrappone però il peggior rendimento della macchina reversibile rispetto alle due utilizzate singolarmente.

L’accoppiamento è solitamente in verticale.

Durante il funzionamento, nel passaggio da una fase all’altra, c’è la necessità di invertire il senso di rotazione della macchina: risulta quindi necessario fermare il gruppo ed invertire l’alimentazione della macchina elettrica.

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26 Le macchine reversibili utilizzate in questi impianti sono costruttivamente simili ad una turbina Francis, ma presentano alcune sostanziali differenze, come mostrato in Figura 2.17.

Se consideriamo una turbina ed una macchina reversibile a parità di numero di giri specifico, di salto utilizzato e di velocità di rotazione, in una macchina reversibile il diametro della girante D1 risulta essere più grande rispetto a quello della turbina; poiché nella girante di quest’ultima i passaggi sono più corti, la decelerazione dell’acqua, nel funzionamento da pompa, sarebbe troppo brusca, con conseguenti perdite di efficienza. La macchina reversibile ha inoltre un minor numero di pale, mentre il diametro D2 invece risulta essere quasi identico tra le due macchine.

Il range di applicazione invece, risulta essere più stretto: sulla base del numero di giri specifico e di analisi su macchine realmente esistenti è possibile riportare indicativamente il campo di funzionamento di queste macchine (Tabella 2.2) [9]:

Tabella 2.2: Range di funzionamento di una turbina Francis in base al numero di giri specifico.

Ns (m, m3/s) Hmax Hmin

< 29 110 95

29 – 38,7 115 90

38,7 – 67,7 125 85

> 67,7 130 70

Figura 2.17: Confronto fra la girante di una pompa reversibile e di una turbina che lavorano alla stessa velocità e per lo stesso range di salti [9] .

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27 Per quanto riguarda i vani guidatori, sebbene siano utilizzati soprattutto nel controllo del carico in fase di turbinaggio, essi offrono dei vantaggi anche in fase di pompaggio: per un dato salto infatti, le questi vengono mantenuti ad un’apertura tale da ottenere il massimo rendimento. Quando invece la macchina opera a salti diversi da quello di design le perdite di efficienza risultano minori rispetto ad una macchina senza vani guidatori; inoltre, al massimo salto ammissibile, la conversione della velocità in pressione risulta essere più efficiente in presenza di vani guidatori, ne risulta così un salto massimo maggiore ed una riduzione della potenza in ingresso.

Tra le macchine reversibili poi, quelle a velocità variabile, che rappresentano le nuove tecnologie negli impianti di pompaggio, permettono ulteriori miglioramenti: in fase di pompaggio, per un determinato salto, la potenza assorbita può essere variata, ciò comporta la possibilità di regolare la frequenza di rete anche in fase di pompaggio, con benefici enormi ai fini del bilanciamento.

Il campo di funzionamento inoltre risulta esteso, con la possibilità di lavorare sempre nel punto di massima efficienza, condizione valida anche in fase di generazione.

La possibilità di variazione della velocità inoltre, garantisce un miglior adattamento alle richieste di rete, con una variazione di carico che avviene più velocemente rispetto alle turbine a velocità fissa, dove si può agire solo sui vani distributori; migliorando quindi il bilanciamento della rete aumenta l’efficienza complessiva dell’impianto, con una riduzione del numero di accensioni giornaliere [1].

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28 - Gruppi ternari

Questi gruppi sono composti da una macchina elettrica che svolge quindi sia la funzione di motore che quella di generatore e da due distinte macchine idrauliche: una turbina ed una pompa. Le tre macchine vengono generalmente disposte in verticale sullo stesso asse, con la turbina ed il generatore al di sopra del pelo libero dell’acqua e la pompa al di sotto.

Questo schema è solitamente utilizzato nel caso di salti elevati, con una pompa centrifuga accoppiata ad una turbina Pelton, nel caso di salti medi invece si preferisce utilizzare una turbina Francis.

- Gruppi Quaternari

Questi gruppi presentano due diverse sale macchine, una per la pompa ed una per la turbina, ne consegue perciò che le due non sono accoppiate.

Non è uno schema molto frequente, dati i maggiori costi e la maggior complicazione dell’impianto; possono essere presenti negli impianti di pompaggio di gronda, qual’ora il bacino di prelievo della pompa e quello di scarico della turbina risultino lontani tra loro.

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29

Capitolo 3

Caso studio: il fiume Serchio

3.1 Descrizione del bacino idrografico

Il Fiume Serchio nasce dallo spartiacque della dorsale appenninica che separa il settore più settentrionale della Toscana dall’Emilia Romagna, individuato, da ovest verso est, dall’allineamento delle cime dei monti Tondo (1783 m s.l.m.), Ischia (1727 m s.l.m.), Sillano (1875 m s.l.m.), Castellino (1818 m s.l.m.) e Prato (2008 m s.l.m.) che delimitano la testata del suo bacino [10].

Il fiume si forma dall’unione di piccoli corsi d’acqua e torrenti: dal versante appenninico i principali sono il Serchio di Sillano e il Serchio di Soraggio, dal versante apuano si hanno invece il Serchio di Minucciano e il Serchio di Gramolazzo.

Dopo la formazione del corso principale, quest’ultimo prosegue per circa cinquanta chilometri in direzione sud-est, fino alla confluenza con il torrente Lima, suo principale affluente.

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30 Una volta ricevute le acque del Lima e dopo aver raggiunto la piana di Lucca, il Serchio si dirige verso sud-ovest, attraversando la piana costiera di San Rossore-Migliarino, per poi immettersi in mare nella zona di Marina di Vecchiano in provincia di Pisa.

Il bacino idrografico del fiume Serchio con una superficie di circa 1408 km2 e una lunghezza complessiva dell’asta di 103 km, è il terzo per estensione tra quelli presenti nella regione Toscana, dopo l’Arno e l’Ombrone Grossetano; per importanza storico - economica, può essere diviso nelle seguenti microregioni: la Garfagnana (o alta valle del Serchio), la media Val di Serchio che è la più estesa (compresa la Val di Lima), la Piana di Lucca, il bacino del Lago di Massaciuccoli e la piana costiera (Versilia). La suddivisione è mostrata in Figura 3.2.

(34)

31 La sua conformazione allungata inoltre, fa si che la maggior parte degli affluenti abbiano lunghezza limitata (generalmente inferiori ai 20 km) e superfici di estensione non superiori ai 50 km2; tra questi si distingue il torrente Lima, che con una lunghezza di circa 42 km ed un bacino di 315 km2 rappresenta di gran lunga l’affluente principale [10].

Figura 3.3: Principali affluenti del fiume Serchio [11].

La particolare conformazione del bacino e le particolari caratteristiche geografiche ed orografiche fanno sì che l’area sia una delle più piovose d’Italia, con piogge la cui intensità supera, sui rilevi apuani, i 3000 mm annui [10] [12].

Si riportano ad esempio, in Tabella 3.1, le cumulate rilevate in corrispondenza dei pluviometri della Garfagnana e della Media Valle sul versante apuano [11]:

Tabella 3.1: Cumulate rilevate in corrispondenza dei pluviometri su versante apuano in Garfagnana e Media Valle.

Pluviometro Cumulata 2014 (mm) Cumulata 2013 (mm) Cumulata 2012 (mm)

Orto di Donna 3757 3431 2827 Vagli di Sotto 3379 3047 2196 Campargina 3848 3575 3133 Fornovolasco 3377 3372 2571 Palagnana 3300 3066 2288 Fabbriche di Vallico 2893 2804 2090 Convalle 2611 2327 1691

(35)

32 Il clima di questa zona quindi, fa si che la portata del fiume resti sempre al di sopra del deflusso minimo vitale, anche nei periodi di magra.

Da quanto sopra esposto e in relazione all’alto coefficiente medio di deflusso annuo (circa 0,7 da correlarsi all’elevata permeabilità dei terreni e alla presenza di circuiti profondi legati ai bacini carbonatici presenti nella parte alta del bacino stesso), il fiume risulta essere caratterizzato da elevati valori dei deflussi medi annui con una portata media a Borgo a Mozzano di circa 46 m3/s.

Analizzando i dati storici delle portate a Borgo a Mozzano, si rileva inoltre che il corso d’acqua è caratterizzato da portate di magra abbastanza consistenti: la portata di 6,50 m3/s risulta infatti mediamente garantita per 355 giorni all’anno e in 27 anni di osservazione essa non è mai scesa al di sotto di 4 m3/s [13].

In sintesi, in Tabella 3.2, sono riassunti i dati principali: Tabella 3.2: Dati principali riguardanti il bacino del fiume Serchio.

Superficie totale del bacino (km2) 1565

Superficie del bacino imbrifero (km2) 1408

Lunghezza del fiume (km) 103

Altezza media annua di pioggia (mm) 1946

Coefficiente medio annuo di deflusso 0,70

Quota massima del bacino (m.s.l.m) 2054

Quota media del bacino (m s.l.m.) 717

Portata media del Serchio (m3/s) 46

Portata minima del Serchio (m3/s) 6,50

Portata massima del Serchio con tempo di

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33

3.2 Sfruttamento delle acque

L’abbondanza di acqua e la morfologia del territorio hanno reso fin da sempre quest’area interessante dal punto di vista dello sfruttamento; in particolar modo, la costruzione di bacini artificiali, ha assunto un’importanza strategica sia per quanto concerne la produzione di energia elettrica (centrali idroelettriche Enel e impianti mini-idro), necessaria alla copertura della domanda dei principali settori economici dell’area, sia per l’importanza nel soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili, agricoli, industriali e di produzione, nonché alla riduzione del rischio idraulico, con la possibilità di attenuare eventi di piena. I principali bacini sono riassunti in Figura 3.4.

(37)

34 Lungo il corso del fiume Serchio sono presenti 11 invasi Enel, con un volume utile originario complessivo di circa 47 Mm3, del quale, circa il 75 % è rappresentato dall’invaso di Vagli: quest’ultimo visto il suo volume è l’unico lungo l’asta ad essere utilizzato con funzione di modulazione stagionale, gli altri sono bacini di regolazione giornaliera/settimanale.

Attraverso il reticolo idraulico strategico viene regolamentato il rilascio dagli invasi verso il fiume: tale rilascio oltre a garantire la ripartizione della risorsa tra le diverse esigenze dell’area, è anche finalizzato a prevenire l’esaurimento della stessa e ad assicurare il deflusso minimo vitale nel fiume durante tutto l’anno [14].

Nel bacino del Serchio si riscontra pertanto un uso storico della risorsa idrica ai fini energetici (inizio del ‘900) ad opera di Enel: dei 28 impianti idroelettrici gestiti in Toscana, circa il 60 % sono nel bacino del Serchio (17 impianti), con una potenza installata di gran lunga superiore agli altri bacini (Figura 3.5).

La maggior parte degli impianti presenti lungo il corso appartengono al mini-idroelettrico, anche se in gestione ad Enel ci sono impianti di taglia superiore: in particolar modo l’impianto di Torrite con la sua elevata potenza (circa 67 MW) e con la tipica caratteristica degli impianti idroelettrici di entrare rapidamente in funzione, rappresenta una risorsa fondamentale ai fini del bilanciamento della rete elettrica nazionale.

L’impianto di Isola Santa è l’unico impianto di pompaggio attualmente presente lungo l’asta e comprende una centrale di pompaggio cosidetta ‘’di gronda’’ (Figura 3.6).

La pompa installata ha il solo scopo di sollevare l’acqua prelevata dal bacino di Isola Santa a quello di Vagli quando il primo si trova ad un livello inferiore al secondo (ovvero la maggior parte dell’anno).

Figura 3.5: Sfruttamento a scopo energetico delle acque del fiume da parte di Enel e confronto con gli altri fiumi regionali [22].

(38)

35 Questa pratica risulta particolarmente vantaggiosa perché in questo modo è possibile riportare l’acqua proveniente dal bacino imbrifero sotteso ad Isola Santa nel bacino di accumulo della centrale di Torrite che la trasforma in energia elettrica sfruttando un salto molto maggiore (10-12 volte).

Dal punto di vista elettrico, per ogni kilowattora consumato dalla pompa di Isola Santa se ne producono circa 7,3 nella centrale di Torrite [15].

L’energia prodotta nella centrale di Torrite proviene sia dalla diga di Vagli sia da quella di Isola Santa, dove la quota parte relativa al volume di acqua derivante da quest’ultima è stimata tenendo conto dell’energia consumata per il pompaggio nell’anno di riferimento, delle ore di funzionamento della pompa e della relativa portata di circa 10 m3/s.

L’estensione del parco impianti Enel nel bacino del Serchio può essere così riassunta: • Dighe: 12

Sbarramenti fluviali: 3 Opere di captazione: 51

Opere idrauliche: 128 km, di cui: - Canali a pelo libero: 82,6 km

- Gallerie e canali in pressione: 40,6 km - Condotte forzate: 4,8 km

(39)

36 Negli ultimi anni poi, si è assistito ad un forte aumento del numero di impianti di produzione, quasi tutti di ridotte dimensioni e appartenenti a privati; tra le centrali già in funzione e quelle in progetto si possono contare lungo i corsi d’acqua del bacino del fiume Serchio circa cento impianti appartenenti al mini idroelettrico per una produzione energetica annua che oscilla intorno ai 15-35 GWh.

A livello generale, l’energia complessiva prodotta da fonte idroelettrica all’interno del bacino del Serchio (circa 480 GWh) costituisce circa l’80 % dell’energia prodotta da tale fonte a livello regionale e contribuisce a coprire circa il 12,5 % del fabbisogno della provicia di Lucca [14].

(40)

37

Capitolo 4

Descrizione del software EPANET

EPANET 2.0 è un codice di calcolo, disponibile gratuitamente, sviluppato dall’ EPA (Environmental Protection Agency) ovvero l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti d’America [16].

Il programma è in grado di simulare reti in pressione, con riferimento sia ai fenomeni idraulici che alla qualità dell’acqua; tuttavia, poiché quest’ultimo aspetto non risulta importante all’interno di questa tesi, non sarà approfondito molto nella spiegazione del programma.

In una rete possono essere presenti tubazioni, nodi, pompe, valvole, serbatoi di accumulo e riserve idriche, il software fornisce informazioni riguardo:

- La portata di acqua in ogni tubo - La pressione in ogni nodo

- Il livello dell’acqua in ogni serbatoio - La qualità e l’età dell’acqua nella rete

Di seguito vengono approfonditi alcuni elementi del software. - Tubazioni

Le tubazioni sono i collegamenti tra i nodi della rete e tra nodi e serbatoi; tra i parametri di input devono avere una lunghezza, un diametro, una rugosità ed un coefficiente per il calcolo delle perdite concentrate.

Dal calcolo in uscita si hanno invece la portata che scorre nel tubo, la velocità, il coefficiente di attrito e le perdite di carico, nonché parametri sulla qualità dell’acqua. Le perdite di carico distribuite vengono calcolate secondo una delle tre formule seguenti, in base alla scelta iniziale:

- Hazen-Williams - Chezy-Manning - Darcy-Weisbach

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38 Nel Sistema Internazionale la formula di Hazen-Williams è valida solamente in regime turbolento e non può essere utilizzata per fluidi diversi dall’acqua, è data dalla seguente espressione: ∆𝐻𝐻 𝐿𝐿 = 10,67 𝐶𝐶1,85 ∙ 𝑄𝑄1,85 𝐷𝐷4,87 ∆𝐻𝐻 [𝑚𝑚] è la perdita di carico

𝐿𝐿 [𝑚𝑚] è la lunghezza della condotta 𝐶𝐶 è il coefficiente di scabrezza 𝑄𝑄 [𝑚𝑚3⁄ ] è la portata convogliata 𝑠𝑠 𝐷𝐷 [𝑚𝑚] è il diametro del tubo

La formula di Chezy Manning è utilizzata soprattutto per canali aperti ed è la seguente: ∆𝐻𝐻

𝐿𝐿 = 10,27 ∙ 𝑛𝑛2 ∙ 𝑄𝑄2 𝐷𝐷5,33 ∆𝐻𝐻 [𝑚𝑚] è la perdita di carico

𝐿𝐿 [𝑚𝑚] è la lunghezza della condotta

𝑛𝑛 [𝑠𝑠 𝑚𝑚⁄ 1�3] è il coefficiente di scabrezza di Manning 𝑄𝑄 [𝑚𝑚3⁄ ] è la portata convogliata 𝑠𝑠

𝐷𝐷 [𝑚𝑚] è il diametro del tubo

Tabella 4.1: Coefficiente di scabrezza C e di Manning n per tubazioni di diverso materiale.

Tubazioni 𝑪𝑪 𝒏𝒏 �𝒔𝒔 𝒎𝒎 𝟏𝟏 𝟑𝟑⁄

Plastica 140-150 0,011-0,015

Acciaio 140-150 0,015-0,017

Ghisa 130-140 0,012-0,015

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39 La relazione di Darcy-Weisbach infine, risulta essere la più corretta poiché adattabile a tutti i regimi di moto:

∆𝐻𝐻 𝐿𝐿 = 𝑓𝑓𝑣𝑣2 2𝜌𝜌𝐷𝐷 = 8𝑓𝑓𝑄𝑄2 𝜌𝜌𝜋𝜋2𝐷𝐷5 ∆𝐻𝐻 [𝑚𝑚] è la perdita di carico

𝐿𝐿 [𝑚𝑚] è la lunghezza della condotta 𝑓𝑓 è il coefficiente di attrito

𝑄𝑄 [𝑚𝑚3⁄ ] è la portata convogliata 𝑠𝑠 𝐷𝐷 [𝑚𝑚] è il diametro del tubo

Per il calcolo del coefficiente di attrito il software utilizza uno dei seguenti metodi: - 𝑅𝑅𝑅𝑅 < 2000, viene usata la formula di Poiseuille

𝑓𝑓 =𝑅𝑅𝑅𝑅 64

- 𝑅𝑅𝑅𝑅 > 4000, viene usata un’approssimazione della formula di Colebrooke-White, dove 𝜀𝜀 è la scabrezza equivalente in millimetri

𝑓𝑓 = 0,25

�ln � 𝜀𝜀3,5𝐷𝐷 +𝑅𝑅𝑅𝑅5,740,9�� 2

- 2000 < 𝑅𝑅𝑅𝑅 < 4000, viene usata un’interpolazione cubica del diagramma di Moody (Figura 4.1)

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40 Le perdite di carico concentrate vengono invece calcolate introducendo un coefficiente di attrito 𝐾𝐾 che tiene conto delle varie perdite localizzate, come ad esempio valvole o tratti di curva della tubazione.

Si ha:

∆𝐻𝐻 𝐿𝐿 = 𝐾𝐾

𝑣𝑣2 2𝜌𝜌

Dove il coefficiente 𝐾𝐾, basato sulla velocità, viene convertito in un coefficiente basato sul flusso secondo la seguente legge:

𝑚𝑚 = 0,02517𝐷𝐷𝐾𝐾4 - Nodi

I nodi sono i punti della rete per i quali è fissata la portata erogata, sono definiti da una certa elevazione (quota al di sopra del livello del mare) e da una domanda idrica: quest’ultima può essere positiva o negativa a seconda che il flusso esca o entri nella rete; tramite l’assegnazione di un time pattern infine può essere fatta variare nel tempo.

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41 - Serbatoi

I serbatoi, chiamati tanks, rappresentano nodi nei quali è possibile accumulare una certa quantità di acqua e il cui livello (carico idraulico) può variare nel tempo; a tale scopo devono essere assegnati per ciascun serbatoio l’elevazione al di sopra del livello del mare, riferita alla base del serbatoio, il livello massimo e minimo raggiungibile dall’acqua all’interno dello stesso, ed il livello iniziale a cui si trova il serbatoio.

Risulta necessario inoltre assegnare un volume al serbatoio: ciò può essere fatto o assegnando una curva di variazione del volume con la quota o semplicemente considerando il serbatoio come cilindrico ed assegnando un diametro.

Il software restituisce in uscita durante il calcolo l’andamento del livello dell’acqua nel serbatoio e l’andamento della domanda dello stesso al netto tra ingressi ed uscite nonché, se introdotti, parametri riguardanti la qualità dell’acqua.

- Valvole

EPANET include al suo interno diversi tipi di valvole, in grado di limitare la pressione o il flusso in un determinato punto della rete, risulta necessario assegnare per ogni valvola i nodi di partenza ed arrivo, il diametro, ed il setting, che è un parametro relativo al tipo di valvola che viene utilizzata.

All’interno del programma sono presenti: - PRV: Pressure Reducing Valve

Questo tipo di valvola limita la pressione in un determinato punto della rete: può risultare parzialmente aperta per permettere di raggiungere la pressione fissata nel nodo di valle quando in quello di monte si ha un valore che eccede il limite, completamente aperta se la pressione a monte risulta più bassa della pressione di setting ed infine risulta chiusa se la pressione di valle eccede quella di monte, in quanto non è permessa l’inversione del flusso.

Il parametro di setting risulta quindi il valore di pressione che si vuole dare come limite. Non è possibile collegarle a due serbatoi.

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42 - PSV: Pressure Sustaining Valve

Questa valvola mantiene la pressione ad un valore predefinito nel punto della rete cui viene introdotta; così come le precedenti possono essere parzialmente aperte, completamente aperte o chiuse a seconda delle pressioni a monte e a valle rispetto al setting di pressione.

Il primo caso si verifica per mantenere il valore di pressione assegnato al nodo di monte nel caso in cui la pressione del nodo di valle sia inferiore a questo valore, il secondo caso si ha quando la pressione nel nodo di valle eccede il valore di setting, infine, l’ultimo caso, si ha quando la pressione a valle eccede quella a monte, poiché anche in questo caso non è ammessa l’inverisone del flusso.

Così come le PRV non possono essere collegate a due serbatoi. - PBV: Pressure Breaker valve

Queste valvole non sono dispositivi fisici esistenti, vengono utilizzate per modellare situazioni nelle quali si sa che si verificano certe perdite di carico, infatti assegnando il valore di setting è possibile forzare il fluido a determinate perdite attraverso la valvola stessa.

- FCV: Flow Control Valve

Vengono utilizzate nelle zone in cui si vuole limitare il flusso ad una certa quantità, valore impostato nel setting della valvola; anche queste cosi come le valvole di controllo della pressione, non possono essere collegate a due serbatoi.

- TCV: Throttle Control Valve

Queste valvole (a farfalla) permettono il controllo del flusso tramite l’introduzione di un parametro di attrito, legato all’apertura della valvola stessa.

- GPV: General Purpose Valve

Queste valvole vengono utilizzate per modellare situazioni in cui si ha una determinata relazione tra perdite di carico e portata, sono quindi adatte a simulare l’utilizzo di una turbina.

La relazione H-Q può essere assegnata alla valvola tramite la costruzione di una curva, il cui ID dovrà poi essere il parametro di setting della stessa valvola.

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43 - Time Patterns

I time patterns vengono utilizzati per far variare nel tempo una certa quantità, come ad esempio la domanda di un certo nodo o la velocità di una pompa.

Sono composti da un certo numero di intervalli temporali, per ognuno dei quali viene assegnato un moltiplicatore: man mano che il calcolo procede quindi, questo valore, che resta costante all’interno del singolo intervallo temporale, va a moltiplicare il valore base assegnato a quella determinata quantità, permettendole così di variare nel corso della simulazione.

- Controlli

I controlli, definiti tramite apposite frasi, stabiliscono come funziona la rete durante la simulazione: è possibile infatti variare lo stato o il setting di una tubazione o di una valvola in funzione del tempo, del livello di un serbatoio o della pressione in un determinato punto.

Ci sono due tipi di controlli: Simple o Rule Based.

I primi sono semplici frasi con le quali si cambiano le condizioni in base ai parametri elencati sopra, i secondi invece permettono la variazione dello stato o del setting anche in base ad una combinazione di condizioni che si possono verificare nella rete.

Possono risultare importanti per gestire lo svuotamento ed il riempimento dei serbatoi, in quanto il software in assenza di controlli chiude gli ingressi e le uscite di un serbatoio quando questo raggiunge rispettivamente il livello massimo o minimo possibile.

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44

Capitolo 5

Sviluppo del modello

Ai fini di questa tesi, il software EPANET precedentemente descritto, è stato utilizzato per modellare l’asta del fiume Serchio; in particolare, lungo il corso del fiume si trovano:

Bacini e vasche di accumulo

Opere di presa e canali di derivazione in pressione Centrali idroelettriche

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5.1 Bacini e vasche di accumulo

I bacini e le vasche di accumulo sono stati modellati tramite gli elementi tanks, per ognuno dei quali è noto il volume utile di regolazione [14] [15]; per ogni serbatoio risulta poi necessario inserire alcuni parametri:

- Quota s.l.m.: l’elevazione al di sopra del livello del mare è il primo parametro da inserire; per ogni serbatoio le quote sono state valutate tramite Google Maps, tuttavia l’elevazione non rappresenta un parametro di fondamentale importanza, in quanto i dislivelli del singolo bacino vengono dati rispetto a quest’ultima. - Livelli massimo e minimo: per ogni serbatoio sono stati considerati come il livello

di massimo invaso ed il livello minimo di regolazione; entrambi i parametri risultano noti per la maggior parte dei bacini [15], dove non sono noti sono state fatte delle ipotesi:

 Vasche di accumulo: per le vasche di accumulo è stato considerato un ΔH di regolazione di tre metri e un’ulteriore metro come livello di massimo invaso  Bacini: per i bacini è stato considerato un ΔH di regolazione di sette metri e

ulteriori due metri come livello di massimo invaso

Traverse: per le traverse non si possono definire dei veri e propri livelli di massimo invaso, sono stati quindi ipotizzati valutando, tramite Google Maps, le quote massime di altezza della traversa stessa

- Diametro: l’ipotesi che più si discosta dalla realtà, per quanto riguarda i serbatoi, è stata effettuata nell’introduzione di questo parametro: i serbatoi infatti, siano essi naturali o artificiali, non hanno una forma geometrica ben definita, ciò significa che la variazione di volume non è lineare con il livello. Nel modello proposto in questo elaborato invece, è stato ipotizzato di considerare serbatoi dalla forma cilindrica, con un diametro tale da rispettare il volume utile e il dislivello di regolazione:

𝐷𝐷 = 2�𝜋𝜋∆𝐻𝐻 𝑉𝑉𝑢𝑢

(49)

46 Tabella 5.1: Parametri, riguardanti i bacini (sopra) e le vasche (sotto), considerati all’interno del modello; le quote sono intese sul livello del mare. B: Bacino; S: Serbatoio; T: Traversa; V.A.: Vasca di Accumulo.

NOME CAT. VOLUME UTILE

[Mm3]

MAX

REGOLAZIONE REGOLAZIONE MIN INVASO MAX

Vicaglia B 0,580 935,4 920,4 938 Gramolazzo B 3,400 601,0 586,0 603 Vagli S 24,161 555,0 510,0 560 Isola Santa B 0,750 537,4 536,8 540 Villa Collemandina B 0,542 497,0 483,0 503 Pontecosi B 1,185 311,0 304,0 313 Castelnuovo G. T 0,053 263,0 262,0 266 Trombacco B 0,790 298,0 272,0 299 Turrite Cava B 0,621 168,0 160,0 169 Borgo a Mozzano T 0,300 92,0 84,0 94 Vinchiana B 0,120 83,0 75,0 85

NOME CAT. UTILE [mVOLUME 3] REGOLAZIONE MAX REGOLAZIONE MIN INVASO MAX

Sillano 2 V.A. 4000 755,4 752,4 756,4 Sillano 0 V.A. 2450 728,0 725,0 729,0 Sillico V.A. 15000 435,0 432,0 436,0 Gallicano I V.A. 4500 251,0 248,0 252,0 Gallicano II V.A. 8000 171,0 168,0 172,0 Ania V.A. 500 374,4 371,4 375,4 In generale una volta costruita la diga, sorgono alcune necessità, in particolare bisogna:

- Prevedere la possibilità di svuotare il serbatoio d’acqua

- Prevedere la possibilità di mantenere nell’invaso il livello voluto, che può essere diverso dalla quota massima o minima

- Prevedere la possibilità di incanalare parte dell’acqua per usi idroelettrici o per irrigazione

Per questi motivi è necessario che la diga sia dotata di canali di scarico; questi in base al livello cui sono posti vengono distinti in:

- Scarichi di superficie - Scarichi di mezzofondo - Scarichi di fondo

(50)

47 Gli scarichi di mezzofondo, di fondo e di esaurimento, sono scarichi forzati: questi entrano in funzione in base all’apertura di una valvola comandata automaticamente per permettere la regolazione del livello del bacino.

Gli scarichi di superficie, come da nome posti alla quota più elevata e anche detti scaricatori di piena, sono quelli che effettuano l’evaquazione della portata affluente al serbatoio quando questo ha raggiunto il livello massimo di regolazione: in genere sono scarichi liberi ma possono essere anche regolati da paratoie; in ogni caso la capacità di deflusso deve essere tale che il livello non raggiunga mai la massima capacità di invaso. I più comuni sono gli sfioratori a stramazzo (liberi o con organi mobili) e gli sfioratori a calice.

Nella modellazione della rete risulta quindi necessario tener conto di questo aspetto che il software utilizzato, considerando l’intera rete in pressione, non gestisce automaticamente: in EPANET infatti, i serbatoi sono considerati chiusi, ciò significa che non sono previste uscite una volta raggiunto il livello massimo.

Nel modello sono stati considerati per ogni serbatoio (comprese le vasche di accumulo) sfioratori a stramazzo: questi ultimi, usati nelle dighe tracimabili, sono inglobati direttamente nella costruzione muraria e l’acqua in eccesso inizia a defluire non appena il livello supera la quota di massima regolazione tramite la seguente legge:

𝑄𝑄̇ = 𝐶𝐶𝑑𝑑𝐿𝐿ℎ�2𝜌𝜌ℎ

(51)

48 Dove 𝐿𝐿 è la lunghezza totale dell’apertura, ℎ è l’altezza raggiunta dall’acqua al di sopra del livello di sfioro (livello di massima regolazione) mentre 𝐶𝐶𝑑𝑑 è il coefficiente di efflusso, che può essere considerato circa costante uguale a 0,45-0,48.

La gestione dello sfioro delle acque quindi, è stata effettuata con due delle valvole messe a disposizione dal software, una PSV in serie ad una GPV: tramite la prima valvola è stato settato il valore di pressione da mantenere fisso a valle, corrispondente al carico agente in corrispondenza del livello massimo di regolazione, alla seconda valvola è stata infine assegnata la legge di variazione della portata degli sfioratori a stramazzo.

In questo modo quindi, finchè il livello è inferiore a quello di massima regolazione, la GPV non fa passare portata, man mano invece che il carico aumenta al di sopra del livello di sfioro, la portata che attraversa la valvola aumenta, fino ad un massimo corrispondente alla massima altezza dello stramazzo 𝐻𝐻𝑚𝑚𝑎𝑎𝑚𝑚 detta carico fondamentale (Figura 5.3).

In generale il dimensionamento avviene in modo da assicurare che, anche in caso di eventi di piena gravosi, il livello del bacino resti al di sotto della quota massima.

Figura 5.3: Modellazione dello sfioro all’interno della rete (a sinistra); andamento della portata in relazione all’altezza di sfioro in uno sfioratore a stramazzo (a destra).

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