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Modelli di lettura e finger-tracking. Analisi dei dati di un campione di lettori a sviluppo tipico e atipico della scuola primaria e secondaria di primo grado.

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DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INFORMATICA UMANISTICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Modelli di lettura e finger-tracking.

Analisi dei dati di un campione di lettori a sviluppo tipico

e atipico della scuola primaria e secondaria di primo grado

CANDIDATO

RELATORE

Anna Rodella Dr. Claudia Marzi

(2)

Indice

1 Introduzione 4

2 Inquadramento teorico e sperimentale 9

2.1 Modelli della lettura . . . 9

2.2 L’ortografia dell’italiano . . . 12

2.3 L’evidenza degli esperimenti di word naming e picture naming e l’importanza della lettura ecologica . . . 13

2.4 Alcuni cenni sui disturbi di lettura . . . 16

2.5 Tecniche di monitoraggio dei movimenti oculari . . . 20

3 Analisi dei profili di lettura 22 3.1 Il dataset . . . 23

3.2 Il dato comportamentale . . . 25

3.3 Variabili . . . 26

3.3.1 Variabili base: lunghezza, frequenza, classe . . . 27

3.3.2 Variabili semantiche: età di acquisizione, immaginabi-lità, concretezza . . . 40

3.3.3 Variabili lessicali: frequenza media del vicinato, am-piezza del vicinato, distanza media dal vicinato . . . . 44

3.4 Discussione dei risultati . . . 49

3.4.1 Sviluppo tipico delle abilità di lettura . . . 49

3.4.2 Sviluppo atipico delle abilità di lettura . . . 59

4 Considerazioni finali 66 4.1 Discussione generale . . . 66

(3)

INDICE 3 4.2 La lettura dinamica all’interno delle parole . . . 68 4.3 Conclusioni . . . 71

Bibliografia 74

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Capitolo 1

Introduzione

Saper leggere fluentemente e capire ciò che si sta leggendo sono abilità ne-cessarie per l’accesso ad una educazione superiore, oltre che a moltissimi aspetti della vita sociale e professionale. In particolare, una componente fondamentale dell’apprendimento scolastico si fonda proprio sulla capacità degli studenti di sviluppare conoscenze e competenze specifiche attraverso la lettura dei testi scritti.

Infatti, i bambini imparano a leggere prima degli otto anni, per poi leggere per apprendere dopo gli otto anni (Maffioletti 2016).

Tuttavia, valutare su larga scala le capacità di lettura e i profili incre-mentali delle strategie di lettura nei bambini non è un compito semplice. Ciò richiede il monitoraggio di diverse abilità quali una accurata decodifica, l’accesso lessicale e la comprensione linguistica. Leggere - e capire ciò che si sta leggendo - richiede, infatti, di saper decodificare le parole sul testo scritto e interpretare il loro contenuto, anche in relazione con gli altri elementi della struttura sintattica, integrando i significati delle singole frasi fino a formare una rappresentazione concettuale di un intero testo.

Generalmente la valutazione del corretto sviluppo delle abilità di lettura avviene in contesto scolastico, in parte attraverso la lettura a voce alta e in parte attraverso la comprensione del testo. Solo nel caso di specifiche difficol-tà (quali, ad esempio, dislessia, deficit attentivi, ritardi cognitivi), si ricorre a test di valutazione standardizzati (si vedano Le prove di Lettura, Cornoldi &

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 5 Colpo, 2014, e le prove ALCE, Bonifacci et al. 2014). Tradizionalmente, le valutazioni sono condotte con «carta e penna», ovvero con il testo stampato su carta, con l’utilizzo di un cronomentro per la valutazione della velocità per quantificare la fluenza di lettura, e una griglia di parametri da valutare con inserimento manuale, quali, ad esempio, eventuali errori nella lettura a voce alta.

Recentemente, sono state sviluppate versioni digitali degli stessi protocol-li, o con l’inclusione della valutazione automatica del livello di competenza del singolo bambino in base ad alcuni parametri (un esempio di questo è l’americano RISE test, Readiness Improvement Success Empowerment1, o

l’inglese NGRT, New Group Reading Test2). Per l’italiano, le Prove di

Let-tura MT, disponibili sia per la scuola primaria che secondaria, e le prove ALCE , sono disponibili sia in versione cartacea che digitale.

In questo contesto, ReadLet3, una piattaforma informatica sviluppata

presso ComphysLab dell’Istituto di Linguistica Computazionale del CNR Pisa, si pone l’obiettivo di utilizzare tecnologie ICT portatili e il cloud-computing per raccogliere, strutturare, integrare e analizzare i dati relativi a sedute di lettura svolte durante le normali attività scolastiche al fine del-la valutazione, monitoraggio e potenziamento dell’efficienza di lettura neldel-la scuola primaria e secondaria di primo grado.

Con ReadLet, il bambino può leggere un testo visualizzato sullo schermo tattile di un tablet, in lettura silente o ad alta voce, semplicemente facendo scorrere il dito sotto al testo che sta leggendo per guidare la sua lettura. Al termine della sessione di lettura, al bambino vengono proposte alcune domande a risposta multipla per verificare la comprensione di quanto ha appena letto.

Durante la sessione di lettura, il tablet tiene traccia dei dati multimodali allineati nel tempo, ovvero la registrazione vocale nel caso della modalità di

1https://utahrise.org/

2https://www.gl-assessment.co.uk/products/new-group-reading-test-ngrt/

3ReadLet - Reading to understand: an ICT-driven, large-scale investigation of early

grade children’s reading strategies è un Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN 2017 n. 2017W8HFRX) coordinato dal ComphysLab dell’Istituto di Linguistica Compu-tazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (http://www.comphyslab.it). Ulteriori dettagli sono reperibili alla pagina web del progetto https://www.readlet.it.

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 6 lettura ad alta voce, il tempo di scorrimento del dito, il tempo di lettura, e il tempo di risposta alle domande con il numero di risposte corrette. I dati re-gistrati, e opportunamente analizzati, possono offrire un profilo quantitativo dettagliato per ogni sessione di lettura.

In aggiunta, le tecnologie del linguaggio4 consentono di aumentare la

va-lidità ecologica dei protocolli per la valutazione della lettura utilizzando, ad esempio, testi piuttosto che parole in isolamento, e controllando le variabili linguistiche e i fattori cognitivi che possono influenzare la capacità di lettura. La tecnologia mobile di un tablet e il cloud-computing sono così in grado di trasformare un semplice - e relativamente economico - tablet in un disposi-tivo per la raccolta dei dati. Inoltre, mediante le tecniche automatiche di annotazione del testo e la valutazione della complessità sintattica e lessicale, è possible adattare i testi al grado di scolarità e al livello di competenza del lettore.

Recenti evidenze sperimentali nell’analisi della percezione visiva (Lio et al. 2019) mostrano che i movimenti degli occhi e delle dita sono fortemente cor-relati durante l’esplorazione di immagini su uno schermo tattile, supportando l’intuizione che i modelli di esplorazione delle immagini nelle due modalità - visiva e tattile - siano altamente congruenti. Inoltre, accompagnare con il dito ciò che si sta analizzando visivamente è quanto i bambini naturalmente fanno quando imparano a leggere. Nonostante le dinamiche indubbiamente diverse dei due tipi di esplorazione del testo, tenere il dito sul testo aiuta i bambini a imparare a guardare i caratteri stampati, supporta il movimento direzionale e facilita l’attenzione nella fase di decodifica alfabetica (Mesmer & Lake 2010; Uhry 2002).

Basato su questa approssimazione del movimento oculare, nell’ambito del progetto ReadLet il finger-tracking, ovvero il movimento tattile del dito sullo schermo di un tablet, consiste nel registrare le serie temporali di eventi tattili

4Mediante strumenti di Natural Language Processing vengono annotate tutte le parole

nel testo per livelli di analisi linguistica, tra cui le parti del discorso, la tipicità lessicale (in termini di densità del vicinato lessicale di una parola), la complessità morfologica, la frequenza (per type e token) in base ad alcuni corpora, la posizione del token e il ruolo sintattico nella frase. I testi così annotati possono essere controllati e classificati per livelli crescenti di leggibilità (Dell’Orletta et al. 2011).

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 7 del bambino mentre legge una storia sullo schermo del tablet. Con questo approccio sono stati testati - tra il 2018 e il 2019 - 281 bambini delle classi dalla 3. classe della scuola primaria alla 1. classe della scuola secondaria di primo grado di scuole della Maremma Toscana e del Canton Ticino della Svizzera Italiana5.

Partendo proprio dai dati raccolti di finger-tracking sia per il compito di lettura ad alta voce che di lettura silente con verifica della comprensione me-diante questionario, l’obiettivo di questa tesi è analizzare il profilo di lettura in chiave incrementale, focalizzando l’attenzione sui soli sostantivi presen-ti nei tespresen-ti sottopospresen-ti ai bambini. La scelta di focalizzarmi sui sostanpresen-tivi è motivata dal fatto che sono parole di contenuto che difficilmente possono es-sere saltate durante il tracciamento col dito, e per la loro minore variabilità in termini di lunghezza (numero di caratteri) e frequenza (attestazione in corpus).

Lunghezza e frequenza, infatti, risultano essere i principali fattori che condizionano l’apprendimento della lettura: parole molto lunghe e poco fre-quenti sono quelle che nei primi anni di scolarità rappresentano una sfida. Ed è solo attraverso la crescente esposizione alle parole scritte che la differenza di velocità di lettura tra parole ad alta e bassa frequenza tende a diminuire, come mostra l’evidenza riportata da Zoccolotti e colleghi (Zoccolotti et al. 2009), suggerendo un effetto progressivo di radicamento nella memoria a lun-go termine sia delle parole ad alta che a bassa frequenza. Analogamente, è stato evidenziato che anche l’effetto di rallentamento sulla lettura delle parole molto lunghe (con una lunghezza maggiore di 8 caratteri, come riportato in De Luca et al. 2008), diminuisce col progredire dell’età e, quindi, del livello di scolarità.

Dopo questa breve introduzione alla tematica, nel prossimo capitolo con-centrerò l’attenzione sulla definizione del quadro teorico e sperimentale di riferimento per il presente lavoro, descrivendo brevemente i principali mo-delli di lettura: il Dual Route Model o modello a due vie (Coltheart et al. 1993, 2001), l’approccio, sempre a due vie, del modello proposto da Grainger

5I dati sono stati raccolti nelle scuole da Claudia Cappa (IFC-CNR) e Sara Giulivi

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 8 e colleghi (Grainger et al. 2011), e l’approccio connessionista rappresentato dal modello TRACE (McClelland & Elman 1986). Seguiranno una breve rassegna dei principali paradigmi sperimentali adottati nell’ambito della ri-cerca psicolinguistica, un accenno ai principali disturbi dell’apprendimento aventi un effetto specifico sulla lettura, per poi concludere il capitolo 2 con le tecniche di rilevamento del focus attentivo in lettura.

Il capitolo 3 costituirà la parte originale del presente lavoro con una ana-lisi dettagliata dei dati di finger-tracking sui sostantivi, con l’obiettivo di verificare sperimentalmente il ruolo dei diversi fattori del testo nel determi-nare il profilo di elaborazione nei bambini a sviluppo tipico, e di come alcuni di questi fattori sembrano non avere un ruolo nella lettura nei bambini a sviluppo atipico.

Infine, nel capitolo 4 seguirà una discussione generale dei risultati, con alcune considerazioni finali, anche in una prospettiva dinamica della lettura.

(9)

Capitolo 2

Inquadramento teorico e

sperimentale

Il presente capitolo si propone di delineare sinteticamente il quadro teorico di riferimento, relativamente ai modelli di lettura psico-cognitivi e all’evidenza sperimentale sui soggetti, con particolare riferimento all’evidenza sull’Italia-no, con una nota sull’importanza della lettura ecologica, ovvero delle parole in contesto. Segue una sezione dedicata ai disturbi specifici di lettura. In-fine, saranno brevemente introdotte le tecniche convenzionali di monitorag-gio dei movimenti oculari (eye-tracking), unitamente a tecniche alternative di controllo dell’attenzione del lettore sulle parti del testo che sta leggendo (finger-tracking).

2.1

Modelli della lettura

Un modello della lettura si propone di spiegare il meccanismo con cui un parlante riconosce una parola scritta e accede al suo significato; in altre parole, un modello della lettura intende spiegare il modo in cui leggiamo e capiamo ciò che leggiamo.

Nell’ambito della psicologia cognitiva il modello più diffuso che descrive l’architettura funzionale dei meccanismi che sottendono all’abilità di lettura è il modello a due vie (o Dual Route Model) proposto da Coltheart et al.

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 10 (1993, 2001) per la lettura a voce alta. Secondo questo modello, un lettore esperto ha a disposizione due strategie di lettura: una via lessicale e una via non lessicale o sub-lessicale. Da una parte, la strategia lessicale prevede il riconoscimento della parola scritta sulla base di un confronto con un suo modello presente nel lessico mentale, con conseguente accesso al suo signi-ficato e alle sue caratteristiche ortografiche e fonologiche. Dall’altra parte, la modalità non lessicale corrisponde al meccanismo di conversione grafema-fonema, con il quale la produzione della parola avviene incrementalmente. Nel modello a due vie la modalità non lessicale viene anche definita come “via fonologica”, proprio perché consente al lettore di segmentare una stringa di lettere, assegnare ad ognuna (o a una sequenza di lettere) il suono (fonema) corrispondente e, quindi, leggere la parola mediante l’unione delle sotto-parti (denominata, infatti, anche via sub-lessicale).

Quindi, nella lettura di parole conosciute potrà essere prediletta la via lessicale, basata sulle conoscenze disponibili nella memoria a lungo termine, dalla quale viene recuperata la forma fonologica della parola dopo averla riconosciuta come già nota e, quindi, come già presente nel lessico mentale. Quante più sono le rappresentazioni ortografiche e fonologiche contenute nella memoria a lungo termine - ovvero le rappresentazioni percettive delle parole conosciute dal lettore - tanto più il lettore potrà fare affidamento sulla via lessicale.

Viceversa, nella lettura di parole nuove o a bassissima frequenza, e quindi non direttamete accessibili per il lettore, sarà utilizzata una strategia non lessicale di decodifica grafema-fonema, in quanto, quando si legge una parola mai vista prima - non presente nel lessico mentale - il suo riconoscimento per via lessicale non può avvenire. Il Dual Route Model delinea, quindi, una strategia di apprendimento mediante la via fonologica per le parole nuove, le quali andranno incrementalmente, all’aumentare dell’età, ad ampliare il lessico memorizzato. Ciò consentirebbe al lettore di prediligere progressiva-mente sempre più la modalità di riconoscimento delle parole nel loro insieme, rendendo la lettura più veloce e meno dispendiosa.

In chiave evolutiva, l’abilità di lettura fonologica viene suddivisa in tre fasi, con (i) una lettura fonologica iniziale riconducibile alla fase in cui il

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 11 bambino riesce a leggere solo qualche parola già familiare tramite indizi fo-netici che consentono di riconoscerle, (ii) una lettura fonologica intermedia nella quale il bambino riesce a fondere i fonemi in sillabe e a concatenare le sillabe non troppo complesse (fase denominata anche come lettura sillabica), (iii) una fase dove la lettura fonologica diventa più avanzata e consente al bambino di pronunciare l’intera parola ad alta voce dopo una lettura sillabica silente.

In riferimento alla lettura silente, un altro modello basato su un approc-cio a due vie è stato proposto da Grainger e colleghi (2011). Da un lato, il riconoscimento della parola nel suo complesso (via lessicale) si basa su una strategia di decodifica ortografica fondata sul riconoscimento di gruppi di lettere, non necessariamente contigue, che risultano particolarmente infor-mative per identificare la parola letta e accedere al suo significato. Dall’altro lato, la via non lessicale è invece sensibile all’ordine sequenziale delle lette-re e beneficia della plette-resenza di grafemi che co-occorrono flette-requentemente e formano delle sottostrutture di ordine superiore alla lettera (chunk, ovvero sotto-strutture frequenti o anche morfemi, come ad esempio gli affissi). In entrambe le strategie, un ruolo fondamentale è giocato dalla frequenza: nel primo caso, la frequenza con cui un’unità sub-lessicale occorre in un certo contesto determina la probabilità con cui quella sotto-struttura appartiene alla parola target. Nel secondo caso, combinazioni di lettere contigue che co-occorrono frequentemente permettono la formazione di chunk collegati a rappresentazioni note, in modo tale da diminuire la quantità di informazione da elaborare.

In chiave evolutiva, Grainger et al. (2011) ipotizzano che nella fase inizia-le inizia-le paroinizia-le vengano decodificate inizia-lettera per inizia-lettera, e i suoni corrispondenti a ogni grafema vengano così appresi (phonological recoding). Successivamen-te, grazie a questa fase iniziale così impegnativa e complessa, nei lettori a sviluppo tipico emergerebbe da un lato una strategia lessicale che beneficia del riconoscimento della parola nel suo insieme, insensibile all’ordine delle lettere che la compongono; dall’altro, una strategia volta non a decodificare il singolo grafema, ma basata sul riconoscimento di unità di lettere contingue frequenti riconducibili a sotto-strutture note, quindi più facili da identificare e

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 12 leggere. Di grande importanza risulta, dunque, oltre alla frequenza di queste sotto-strutture, anche il loro grado di riconoscimento, che sarà direttamen-te proporzionale al livello di trasparenza della parola in cui compaiono: più la corrispondenza grafema-fonema è trasparente, come nel caso dell’italiano, più facile sarà assegnare a una certa unità sub-lessicale una rappresentazio-ne fonologica univoca, comurappresentazio-ne a parole diverse che contengono quel chunk sub-lessicale.

A differenza dei modelli a due vie, gli approcci connessionisti (Rumelhart & McClelland 1981, 1986: Interactive-Activation Model) mettono in evidenza la natura interattiva del processo di percezione. In particolare, suggeriscono che la percezione visiva (alla base della lettura) implica un processing pa-rallelo e distribuito tra i diversi livelli di elaborazione del dato linguistico che comunicano bidirezionalmente mediante feedback di natura sia inibitoria che facilitatoria. Propongono, quindi, sia un processo top-down (conceptually driven), che bottom-up (data-driven).

Nell’ambito del paradigma connessionista è stato elaborato il modello TRACE (McClelland & Elman 1986), strutturato su tre livelli: (i) il livello dei tratti, ovvero il livello di riconoscimento minimo nel quale vengono ri-conosciuti i segni che costituiscono i grafemi, (ii) un livello intermedio, nel quale vengono riconosciute le lettere, infine (iii) il livello di riconoscimen-to delle parole. L’elaborazione avviene in entrambe le direzioni, quindi dal livello percettivo al livello della parola e viceversa, mediante le interazioni eccitatorie e inibitorie tra i diversi livelli, che sono continuamente coinvolti.

2.2

L’ortografia dell’italiano

Nel caso di una ortografia trasparente come quella dell’italiano, i bambini tendono ad essere più inclini ad affidarsi alla strategia sub-lessicale (Bura-ni et al. 2002), per poi, progressivamente, integrare in modo efficace sia la strategia di lettura sub-lessicale che quella lessicale. Proprio grazie alla cor-rispondenza prevalentemente trasparente tra i grafemi e le loro rappresenta-zioni fonemiche, l’evidenza mostra livelli di accuratezza raggiunti abbastanza precocemente (Orsolini et al. 2006).

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 13 E’ interessante osservare che proprio nel caso delle lingue con ortografia trasparente l’evidenza suggerisca la velocità di lettura come indicatore di performance più sensibile dell’accuratezza, come riportato per l’italiano nello studio di Brizzolara e colleghi (Brizzolara et al. 2006), e per lo spagno-lo in Serrano & Defior (2008). Questi studi mostrano anche che i bambini dislessici, in particolare, tendono ad avere un ritmo di lettura più lento ri-spetto ai bambini a sviluppo tipico di pari età e classe. Ulteriori studi che valutano sia la velocità di lettura che l’accuratezza evidenziano proprio una progressiva divergenza tra i profili dei bambini a sviluppo tipico e quelli a sviluppo atipico (come, ad esempio, negli studi di Barca et al. 2006; De Luca et al. 2008).

In questa prospettiva, le analisi dettagliate che riporto nel capitolo 3. si focalizzano proprio sulle diverse dinamiche di lettura dei bambini a sviluppo tipico e atipico modulate dal ruolo dei diversi fattori del testo nel determinare la velocità di lettura.

2.3

L’evidenza degli esperimenti di

word

na-ming e picture nana-ming e l’importanza

del-la lettura ecologica

I task di word naming e picture naming costituiscono i protocolli sperimen-tali più comunemente adottati nell’ambito della ricerca psicolinguistica per verificare il tempo di lettura e accesso lessicale nei soggetti. Questi compiti consistono, rispettivamente, nel leggere ad alta voce una parola scritta e nel nominare l’entità rappresentata da un’immagine. I due compiti possono es-sere utilizzati sia separatamente che congiuntamente. Di solito si riscontrano tempi di reazione (ovvero, il tempo di latenza tra la somministrazione del-l’input visivo e la risposta del soggetto) minori nel compito di word naming rispetto al compito di picture naming. Per spiegare questo effetto sono sta-te propossta-te diverse insta-terpretazioni (Basta-tes et al. 2001; Federmeyer & Kutas 1999; Potter & Faulconer 1975), sottolineando la differenza sostanziale tra il compito di lettura e il compito di denominazione: affinchè un soggetto possa

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 14 denominare la figura osservata, è necessario che la figura venga riconosciuta, e quindi che il soggetto acceda al suo nome. Il riconoscimento di un’im-magine corrisponde alla sua categorizzazione con un concetto; al termine di questo processo, il concetto può essere usato come chiave di accesso a un lessico che contiene le informazioni relative alla denominazione del concetto stesso. Quest’ultimo processo non è immediatamente necessario nel compito di sola lettura della parola, che si può basare su una semplice conversione grafema-fonema e, dunque, su una elaborazione pre-lessicale. Il percorso, in-vece, obbligato di riconoscimento e di accesso nel compito di picture naming si tradurrebbe in un incremento nei tempi di reazione.

Si riscontrano, tuttavia, dei fattori che contribuiscono ad abbassare i tem-pi di reazione nel comtem-pito di denominazione di figura; essi sono la complessità della figura stessa, ovvero il livello di dettaglio del disegno, l’image agreement, vale a dire il grado di accordo tra le immagini categorizzate dai partecipan-ti e l’immagine sottoposta, e il name agreement, ovvero il grado di accordo tra i partecipanti sul definire la figura target con una determinata parola. Dunque anche il grado di immaginabilità, cioè la capacità della parola di evocare un’immagine mentale, risulta altresì fondamentale: più la parola è immaginabile, associabile quindi a un’immagine simile a quella presentata, più veloce sarà l’accesso lessicale.

Anche la frequenza di parola e l’età di acquisizione dovrebbero facilitare il compito, mentre il livello di familiarità dell’entità rappresentata dalla figura e la lunghezza della parola non sembrano essere sempre variabili determinanti (Alario et al. 2004). In merito al ruolo svolto dall’età di acquisizione (Belke et al. 2005; Juhasz 2005) sono state elaborate due ipotesi che spiegherebbero il motivo per il quale parole acquisite prima sono accedute più velocemente: l’ipotesi della completezza fonologica (phonological completeness hypothesis; Brown & Watson 1987) e l’ipotesi semantica (semantic hypothesis; Brysbaert et al. 2000). La prima suggerisce che parole apprese precocemente sono im-magazzinate nel lessico mentale nella propria interezza, permettendo dunque un accesso più diretto e immediato alla parola stessa, mentre quelle acquisite più tardi sono memorizzate come combinazioni di strutture sub-lessicali. La seconda ipotesi suggerisce che le parole acquisite prima sono proprio quelle

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 15 caratterizzate da un accesso semantico potenzialmente più rapido.

Con particolare riferimento all’italiano (Bates et al. 2001), il compito di picture naming sembra essere facilitato da alcune variabili quali il livello di dettaglio dell’immagine mostrata, il numero delle parole che competono per definire l’entità rappresentata, l’età di acquisizione (soprattutto per i lettori non esperti, quindi i bambini: D’Amico et al. 2001), il grado di immaginabilità e concretezza, e la frequenza di parola. Tuttavia, da recenti esperimenti (Navarrete et al. 2019) emerge che la frequenza di parola non abbia un effetto significativo, nonostante sia tradizionalmente considerata un importante predittore del tempo di reazione nel compito di picture naming (Almeida et al. 2007).

Nel compito di word naming le variabili semantiche e l’età di acquisizione lasciano spazio all’effetto della frequenza di parola, della sua lunghezza orto-grafica, e dell’ampiezza del vicinato (Spieler et al. 2000), evidenza confermata anche in esperimenti sulla lingua italiana (Barca et al. 2002).1

Per quanto riguarda gli studi che coinvolgono anche soggetti con difficol-tà di lettura, come nel caso dei soggetti dislessici, l’evidenza mostra che i soggetti con difficoltà sono caratterizzati proprio da prestazioni peggiori se confrontati a soggetti di pari età a sviluppo tipico. Inoltre, in un confronto sui due compiti, i soggetti a sviluppo atipico mostrano minore difficoltà nel compito di word naming, mentre nei soggetti tipici non si riscontra una dif-ferenza significativa nella performance tra i due compiti. In particolare, nel compito di picture naming, nei bambini dislessici si ha il maggior numero di errori nell’accesso a parole polisillabiche e/o poco frequenti: questa evidenza suggerisce che alla base dei tempi di reazione più lunghi di questi soggetti vi sia un deficit fonologico, da intendersi come una difficoltà nel recupero della codifica fonologica delle parole, piuttosto che dovuto ad un lessico più povero (Swan et al. 1997).

Come detto precedentemente, il compito di word naming si basa sulla lettura di parole singole, avulse da un possibile contesto sintattico. Questa modalità è lontana dalla lettura abituale, che al contrario prevede come input

1L’effetto della frequenza di parola tende ad abbreviare il tempo di denominazione, così

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 16 visivo una concatenazione di parole in frasi, e un susseguirsi di frasi. E se è vero che ogni parola possiede delle caratteristiche ortografiche e fonologi-che proprie, non si può né prescindere dall’aspetto prosodico delle parole nel contesto di una frase, e quindi dall’influenza sulla lettura delle parole vicine alla parola target, né dall’elaborazione del significato delle singole parole nel-l’economia globale della struttura sintattica, ed infine del senso complessivo di un intero testo.

In questa prospettiva, un compito di lettura più ecologico, con parole in contesto, è fondamentale per poter cogliere queste sfumature, in quanto la velocità di lettura delle singole parole non sarà assoluta, come in un compito di word naming, ma parte di una performance che riguarda l’intero testo. Una metodologia non esclude l’altra: in Levy et al. (1997) è stato dimostrato che bambini con disturbi di lettura mostrano risultati migliori nella fluenza e nella comprensione di racconti che contengono singole parole che i bambini si sono precedentemente allenati a leggere come parole in isolamento.

2.4

Alcuni cenni sui disturbi di lettura

La competenza di lettura può essere compromessa da disturbi specifici del-l’apprendimento (DSA), i quali si manifestano solitamente con l’inizio della scolarizzazione.

La dislessia, così come la disortografia, la disgrafia e la discalculia, rien-tra in questa categoria e si configura come un deficit nella decodifica del testo stampato. Si tratta di un disturbo variegato, classificabile in due macrotipologie: dislessia centrale e dislessia periferica.

Alla dislessia centrale, che coinvolge l’elaborazione fonologica del-l’input visivo, afferiscono (i) la dislessia superficiale o di superficie, (ii) la dislessia fonologica e (iii) la dislessia profonda.

I soggetti affetti da dislessia superficiale riescono a leggere le parole che vedono, soprattutto se facilitati da una corrispondenza grafema-fonema tra-sparente (come quella dell’italiano), ma non riescono ad accedere al lessico ortografico, e quindi pronunciano una parola scritta attraverso le regole di conversione lettera-suono. Ciò porta, ad esempio, a regolarizzazioni delle

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pa-CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 17 role rare con corrispondenza lettere-suono irregolare (del tipo «glicine») o con accento sulla terz’ultima sillaba (tipo «àncora»). Questa forma di dislessia si traduce, quindi, in una ridotta capacità di accesso alla via lessicale, con il ricorso alla conversione grafema-fonema. Ciò influenza la velocità di lettura ad alta voce, ed in particolare rende problematica la lettura di parole con rappresentazione ortografica ambigua (quali, ad esempio, «lago» e «l’ago»). La dislessia fonologica, al contrario, non interferisce nella lettura di paro-le note e nell’accesso al paro-lessico ortografico, ma crea difficoltà nella paro-lettura di parole nuove o comunque poco frequenti, impedendo di leggere parole inven-tate nel caso, ad esempio, dei test con non-parole. Questo tipo di dislessia determina tempi di apprendimento della lettura più lunghi.

Nel caso della dislessia profonda, i soggetti non sono in grado di leggere parole inventate e nuove, commettono errori semantici (potrebbero legge-re «cane» al posto di «gatto»), visivi («muro» per «duro»), di morfologia derivazionale («fedeltà» per «fedele») e morfosintattici («andato» per «an-davo»). Tra l’altro, questi soggetti leggono molto meglio parole caratterizzate da un referente concreto («sedia») rispetto a parole astratte («superbia»). Questa forma di dislessia viene interpretata come una lesione multipla sia della conversione grafema-fonema nella route sub-lessicale, sia nella route lessicale diretta tra lessico ortografico di input e lessico fonologico di output, inducendo il soggetto a leggere tramite rappresentazione semantica.

Vi è poi la dislessia periferica, il cui effetto è limitato all’elaborazio-ne dell’aspetto della parola, ovvero le difficoltà di lettura sono riconducibili a un deficit nella fase iniziale di analisi ortografica. Nello sviluppo delle abilità di lettura proprio l’analisi visiva riveste un ruolo importante, poi-ché il processo di decodifica richiede abilità di orientamento e focalizzazione attentiva, processi di discriminazione e identificazione delle lettere, un’effi-ciente programmazione dei movimenti oculari e un’efficace coordinazione tra la sequenzialità della scansione visiva da sinistra a destra e il riconoscimento visivo (Brizzolara et al. 2007).

Tutti questi processi sono cruciali, e un deficit in uno di questi aspetti può costituire una forma di specifica dislessia: (i) dislessia del posizionamen-to delle lettere, la quale permette al soggetposizionamen-to di identificare correttamente le

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CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 18 lettere che vede ma in un ordine diverso, con la tendenza alla trasposizione soprattutto delle lettere interne. I risultati mostrano errori di lettura sia per parole che non-parole, con una maggiore incidenza per parole con possibi-lità di anagramma (come nel caso di «trono» e «torno»); in questo caso la probabilità dell’errore dipende dalla frequenza relativa della parola target e del suo anagramma. Questa specifica dislessia, se diagnosticata precocemen-te, può essere trattata in modo molto efficace supportando la lettura con la traccia del dito, proprio a supporto di una scansione seriale priva di errori (Friedmann & Rahamim 2014). Nella (ii) dislessia attentiva uno degli errori più tipici è la migrazione delle lettere tra parole contigue (ad esempio, data la sequenza «pane riso» questa può essere letta come «rane piso», o, come riportato in Friedmann & Coltheart 2016, «light fate» può essere letto come «fight late»). Anche in questo caso, gli errori sono maggiormente probabili quando l’effetto della possibile migrazione produce parole esistenti. Nel ca-so di diagnosi precoce, la strategia di ca-sostegno utilizzata è quella di coprire progressivamente la parola successiva alla parola target. Con (iii) dislessia dell’identificazione delle lettere ci si riferisce ad un deficit nella funzione re-sponsabile della creazione di identità astratte per le lettere. Non si tratta di un deficit visivo, ma di una incapacità di accedere all’identità astratta di alcune lettere a partire dalla loro rappresentazione. I soggetti affetti dimo-strano di sbagliare ad identificare quelle lettere se presentate in isolamento e tendono a sostituirle od ometterle all’interno sia di parole o non parole. La (iv) dislessia da neglect è un disturbo dell’elaborazione visiva delle parole che comporta la mancata elaborazione di una parte del campo visivo, general-mente la parte sinistra dell’input visivo, inducendo errori nella lettura dovuti alla minore attenzione alle porzioni delle parole corrispondenti alle aree del campo visivo negletto. L’esito può risultare in omissioni, sostituzioni o ag-giunte di lettere da quel lato della parola, soprattutto se ciò corrisponde a parole esistenti (come nel caso della parola target «letto» che può essere letta come «etto» o «tetto»). Trattandosi di un deficit a livello sub-lessicale, esso va ad influire sulla comprensione e sul compito di decisione lessicale. Questo tipo di dislessia può essere trattato con manipolazioni del testo che stimolano l’attenzione anche verso il lato sensibile, così da ridurre in modo

(19)

considerevo-CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 19 le il numero di errori nella lettura. Questo tipo di dislessia si può manifestare anche in seguito a danni cerebrali all’emisfero destro, nel quale caso si parla di dislessia da neglect acquisita. Infine, la (v) dislessia visuale o del buffer di input ortografico è un deficit dell’analizzatore ortografico-visuale a livel-lo dell’output, e va dunque ad influenzare sia l’identificazione delle lettere (dislessia dell’identificazione delle lettere), sia il posizionamento delle lettere nella parola, sia l’attribuzione delle varie lettere ad una parola (come per la dislessia attentiva).

In generale, è stato mostrato come i bambini dislessici facciano molta fati-ca a leggere non-parole, probabilmente a fati-causa di una sfati-carsa consapevolezza della struttura fonologica delle parole, oltre che di una limitata competenza nella codifica fonologica (Pennington et al. 2009). Inoltre, è stato dimostrato che vale anche l’effetto contrario: nel corso del tempo, una scarsa competen-za di lettura può comportare una bassa consapevolezcompeten-za fonologica (Perfetti et al. 1987; Torgesen et al. 1994). Un altro aspetto da enfatizzare è il fatto che la dislessia si accompagni spesso a problemi di comprensione del testo (Hulme et al. 2016). Benché si tratti di due prolematiche differenti (con soggetti, i cosiddetti poor comprehenders, che nonostante una perfetta pa-dronanza della decodifica fonologica del testo, presentano delle difficoltà al livello della comprensione semantica) può tuttavia verificarsi la compresenza dei due deficit inficiando in modo significativo la capacità di lettura.

Un ulteriore disturbo che può inibire la capacità e la qualità della lettura è il cosiddetto deficit dell’attenzione e iperattività (DDAI), che si manifesta nella prima infanzia e si presenta come un’evidente difficoltà nel mantenere l’attenzione o nel focalizzarsi su uno stesso compito specifico per un periodo di tempo prolungato. Sul fronte della lettura, un comportamento del genere si traduce nella difficoltà a concludere la lettura di un testo, con un livello attentivo che decresce al perdurare del compito. Un aspetto che sembra ac-comunare i bambini dislessici e quelli affetti da DDAI è la difficoltà mostrata nei compiti di rapid serial naming (RSN), ovvero quei compiti che misura-no la velocità con cui un individuo riesce a misura-nominare una certo numero di oggetti, colori, lettere o cifre (Shanahan et al. 2006).

(20)

CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 20

2.5

Tecniche di monitoraggio dei movimenti

ocu-lari

Mentre leggiamo i nostri occhi si muovono ogni 200-350 millisecondi (Rayner 1998). I movimenti oculari, funzionali a spostare la fovea (la parte a più alta risoluzione della retina), sono necessari ad aggiornare costantemente il nostro campo visivo di circa 15 gradi. Inoltre, la nostra capacità di esaminare in modo dettagliato ciò che guardiamo decade molto velocemente. Ciò porta ad un continuo alternarsi di punti di fissazioni e movimenti (detti «saccadi») che spostano l’attenzione alla fissazione successiva. I movimenti oculari riflettono, quindi, sia l’esplorazione di ciò che si trova nel campo visivo, sia -nella lettura di un testo - i primi livelli di elaborazione linguistica. Mentre leggiamo, l’ampiezza delle saccadi (in un lettore adulto, in media 7-9 caratte-ri) e la durata delle fissazioni è modulata dalla complessità e difficoltà di ciò che stiamo leggendo. E più un testo è complesso, più diminuisce l’ampiezza della saccade, mentre aumenta il tempo di fissazione (Rayner 1998). Questi due parametri, unitamente alle regressioni, ovvero la fissazione di parti di testo su cui vi è già stata una fissazione, definiscono il comportamento del lettore, e sono rilevabili tramite un eye-tracker.

La tecnica di eye-tracking, usata per raccogliere dati sui movimenti oculari e sul tempo impiegato da un soggetto per soffermarsi su un determianto punto sullo spazio (su un foglio di carta o sul monitor di un PC), è fortemente legata al contesto controllato del laboratorio.2 Dunque, si tratta di una modalità

poco efficace per effettuare studi su larga scala, soprattutto nel caso di studi che includono tra i partecipanti i bambini: in questo caso sarebbe auspicabile utilizzare un metodo più ecologico, che permetta di raccogliere i dati sulla lettura dei soggetti con modalità più naturali e a loro familiari.

Qui può entrare in gioco il ruolo dei gesti della mano nell’ambito del-l’analisi della percezione visiva: recenti esperimenti (Korbach et al. 2019) evidenziano come, durante attività di comprensione e apprendimento

sup-2Anche l’uso di eye-tracker portatili richiede comunque la presenza di tecnici esperti

nelle attività di calibrazione dello strumento, e necessitano, comunque, una posizione statica della testa del soggetto.

(21)

CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TEORICO E SPERIMENTALE 21 portate da dispositivi con schermo tattile, i movimenti delle dita, ad esempio su un tablet, favoriscono l’apprendimento, l’attenzione visiva e una elabora-zione più profonda delle informazioni. A supporto di tale evidenza risultano le evidenze dell’esperimento condotto da Lio et al. (2019). In questo studio, i soggetti sono invitati ad esplorare un’immagine sfuocata mostrata su un tablet touchscreen utilizzando le dita; le aree immediatamente al di sopra del punto in cui il soggetto tocca l’immagine sono automaticamente mostrate in alta risoluzione, simulando la visione centrale (o foveale) del soggetto. I risultati mostrano che i pattern di esplorazione dell’immagine in modalità visiva e in modalità tattile sono estremamente coerenti.

Nella lettura di un testo, questo comportamento riflette la strategia di finger-pointing utilizzata dai bambini per imparare a esplorare il dato te-stuale, segnando con il dito le parole che a mano a mano vengono lette. Dunque, la proposta di una tecnica alternativa di finger-tracking si ispira proprio a questa strategia, in quanto consiste nel registrare la traccia di un dito che scorre sulla superficie di uno schermo tattile.

Nei dati sperimentali oggetto del prossimo capitolo, viene chiesto ai sog-getti di leggere su un normale dispositivo tablet un breve racconto accompa-gnando il processo percettivo seriale con il dito indice della mano dominante. Nonostante le evidenti differenze tra le due metodiche, alla luce della coerenza riscontrata negli studi recenti sopracitati tra i movimenti ocula-ri e tattili, il finger-tracking può essere considerato una buona approssima-zione dell’eye-tracking. Soprattutto nel caso dei bambini, il finger-tracking permette di raccogliere i dati in maniera più naturale, e di poter condurre esperimenti con un elevato numero di partecipanti in tempi più ridotti.3

3Dato il costo relativamente basso di un tablet, e la sua facilità di utilizzo senza la

necessità di particolari configurazioni o calibrazioni, è facilmente intuibile che con alcuni tablet sia possibile testare le abilità di lettura di una classe intera di bambini in poche ore.

(22)

Capitolo 3

Analisi dei profili di lettura

In questo capitolo concentrerò l’attenzione sulle analisi quantitative dei dati comportamentali rilevati dal campione di 281 bambini, di cui 247 a sviluppo tipico e 34 a sviluppo atipico1. Ai bambini, distribuiti sulle classi terza,

quarta, quinta elementare e prima media, di scuole della Maremma Toscana e del Canton Ticino della Svizzera Italiana, è stato fatto leggere un testo di narrativa in lettura ad alta voce ed un testo di narrativa in lettura silente comprensivo di un breve questionario finale con domande volte alla verifica dell’effettiva lettura e della comprensione del testo. I testi, opportunamente adattati per il livello delle quattro diverse classi prese in esame, sono stati mostrati sullo schermo di un tablet da 10 pollici in font Lato (17 pt), con caratteri di colore nero su fondo bianco. L’esperimento ha fatto parte di uno studio pilota del progetto ReadLet.

ReadLet è un’applicazione web con l’interfaccia di un tablet, disegnata per monitorare le abilità di lettura dei soggetti (Ferro et al. 2018), attraverso la semplice somministrazione di testi e la richiesta di sottolineare il testo che via via viene letto con il dito indice della mano dominante. I dati sulla velocità di lettura dei bambini del campione in esame, infatti, sono stati raccolti proprio tramite finger-tracking.

1Nell’ambito del progetto, la classificazione tra bambini a sviluppo tipico e bambini a

sviluppo atipico è stata fatta seguendo le indicazioni di insegnanti e/o clinici. Il gruppo a sviluppo atipico comprende bambini dislessici (con eventuali differenze tra loro, e.g. superficiale, profonda), bambini con disturbi dell’attenzione e iperattività, e bambini con altre problematiche, tra le quali ritardi cognitivi e bisogni educativi speciali.

(23)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 23 Durante ogni sessione di lettura, ReadLet tiene traccia dei dati multi-modali allineati nel tempo (la registrazione vocale nel caso della lettura ad alta voce, il tempo di scorrimento del dito, il tempo di lettura, e il tempo di risposta alle domande con il numero di risposte corrette). I dati registrati, e opportunamente analizzati, consentono di modellare un profilo quantitativo dettagliato per ogni sessione di lettura.

3.1

Il dataset

A partire dai testi di narrativa somministrati ai bambini dei quattro gradi di scolarizzazione durante le campagne sperimentali, opportunamente an-notati per parti del discorso (part of speech o POS), ho selezionato i soli sostantivi.

Questa scelta è determinata dall’obiettivo di monitorare, su una classe omogenea di stimoli,2 i profili comportamentali dei bambini in funzione di

variabili semantiche, lessicali e sub-lessicali, quali concretezza, immaginabili-tà, età di acquisizione, frequenza, frequenza media del vicinato di una parola e distanza media dal vicinato.

Pertanto, ho integrato il dataset dei sostantivi presenti nei testi utilizzati per il progetto ReadLet, e relative osservazioni comportamentali, con le norme linguistiche incluse sia nel dataset ItAoA (Age of Acquisition per l’italiano, Montefinese et al. 2019) sia nell’adattamento del corpus Affective Norms for English Words (ANEW ) per l’italiano (Montefinese et al. 2014).

Ne risulta un dataset di 97 lemmi per 109 token3, dove per ogni token,

unitamente al tempo di lettura impiegato da ogni bambino per ogni specifica modalità di lettura e per la specifica classe, sono ripostati: frequenza, lun-ghezza, età di acquisizione, concretezza e immaginabilità, numero dei vicini, frequenza media dei vicini, distanza media dal vicinato.

2I sostantivi, i quali costituiscono insieme a verbi, aggettivi e avverbi le parti del discorso

con contenuto, presentano minore variabilità di lunghezza (ricompresa tra 4 e 10 simboli ortografici) e di frequenza (frequenza media 9.45, deviazione standard 1.61), nel dataset in oggetto.

(24)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 24 Qui di seguito riporto graficamente le distribuzioni dei token per lunghez-za (Figura 3.1) e per frequenlunghez-za (Figura 3.2), espressa come il logaritmo in base naturale più 1 delle occorrenze nel corpus di riferimento Subtlex-IT.4

0 1000 2000 3000 4 6 8 10 lunghezza osser v azioni Sostantivi

Figura 3.1: Distribuzione dei sostantivi in base alla lunghezza. Pacchetto ggplot2, funzione geom_histogram.

(25)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 25 0 500 1000 1500 5 7 9 11 frequenza osser v azioni Sostantivi

Figura 3.2: Distribuzione dei sostantivi in base al logaritmo della frequenza + 1 (dal corpus Subtlex-IT ).

3.2

Il dato comportamentale

Il progetto di ricerca ReadLet somministra ai bambini la lettura di un testo visualizzato sullo schermo del tablet, con una complessità controllata in base al grado di scolarità (classe 3., 4., 5. elementare e 1. media).

Mediante strumenti di analisi automatica vengono annotate tutte le paro-le nel testo per livelli di analisi linguistica (Part-of-Speech, la tipicità paro-lessicaparo-le in termini di densità del vicinato lessicale, la complessità morfologica, la fre-quenza) in base ad alcuni corpora di riferimento. I testi annotati possono così essere controllati e classificati per livelli crescenti di complessità e leggi-bilità. Mediante tecniche automatiche di annotazione del testo e valutazione della complessità sintattica/lessicale/morfologica, è possibile quindi adattare i testi al grado di scolarità e al livello di competenza relativo.

Il protocollo prevede sia il compito di lettura ad alta voce, che il compito di lettura silente con un breve questionario finale per verificare l’effettiva

(26)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 26 comprensione del testo. In entrambi i casi viene chiesto al bambino di «tenere il segno», ovvero di scorrere il testo con il dito nel corso della lettura. Il tablet cattura i tempi di scorrimento, o finger-tracking, sul testo e ogni evento tattile sullo schermo. Dai tempi totali per sessione, mediante ogni evento di touch è possibile determinare il tempo speso su ogni singolo token.

Recentemente, è stato mostrato come il controllo della velocità di let-tura/decodifica con i tempi di finger tracking si correli significativamen-te con alcuni parametri significativamen-temporali di riferimento evidenziati da significativamen-tecniche di eye-tracking (come riportato in Lio et al. 2019; Korbach et al. 2020).

Pertanto, il tempo speso su un token (espresso in secondi) può essere una misura del grado di difficoltà di decodifica ed elaborazione dello stesso.

3.3

Variabili

Le variabili in esame e modellate5 in relazione al tempo di lettura per parola

sono le seguenti:

• Variabili base: lunghezza, frequenza, classe (come variabile categoriale di gruppo);

• Variabili semantiche: età di acquisizione,6 immaginabilità, concretezza;

• Variabili lessicali: frequenza media del vicinato, ampiezza del vicina-to, e distanza media dal vicinato (intesa come distanza media delle 20 parole più vicine/simili alla parola target, orthographic Levenshtein distance 20 o Old20, Yarkoni et al. 2008).

5Le distribuzioni, correlazioni, metodi di regressione - lineari e non - e relativi plot sono

stati condotti con il pacchetto software per le analisi statistiche R (R Core Team 2020 ).

6Nonostante l’età di acquisizione (o age of acquisition, AoA) non sia una variabile

strettamente semantica, ma piuttosto semantico-lessicale (come classificata nello studio riportato in De Luca et al. 2008), ho scelto di inserirla all’interno di questo gruppo per l’alta correlazione che ha con immaginabilità e concretezza.

(27)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 27

3.3.1

Variabili base: lunghezza, frequenza, classe

La lunghezza di una parola è espressa come il numero dei simboli ortografici che la compongono.

Per quanto riguarda la frequenza, ho scelto di utilizzare i valori del cor-pus Subtlex-IT (Crepaldi et al. 2013) riportati in ItAoA (Montefinese et al. 2019), espressi come il logaritmo in base naturale delle occorrenze più 1.

La classe, infine, fa riferimento al livello di scolarità del bambino a partire dalla terza elementare fino alla prima media (indicate per facilità di lettura come 3., 4., 5. per le classi elementari, e 6. per la 1. media).

Poiché il tempo speso su ogni parola è strettamente dipendente dalla lun-ghezza della parola stessa, preliminarmente considero la variabile lunlun-ghezza al fine di verificare che influisca positivamente sul tempo di lettura per parola. Ovvero, a parole più lunghe dovrebbe corrispondere un tempo di lettura gene-ralmente più alto, come confermato dalla correlazione positiva tra lunghezza e tempo (r=0.26, p-value <0.001).

Osservando i boxplot in Figura 3.3 si può notare come il tempo di lettu-ra effettivamente aumenti al crescere della lunghezza delle parole per i due gruppi di bambini, a sviluppo tipico (grafico di sinistra) e atipico (grafico di destra).

(28)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 28 tipici atipici 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 lunghezza

tempo per token

4 5 6 7 8 9 10

Figura 3.3: Distribuzione del tempo di lettura in base alla lunghezza dei token, bambini a sviluppo tipico e atipico. Funzione geom_boxplot, arric-chita con l’opzione varwidth per evidenziare le diverse distribuzioni delle osservazioni.

Nei bambini a sviluppo tipico, la distribuzione del tempo speso all’aumen-tare della lunghezza per token cresce linearmente (per le lunghezze comprese tra 4 e 8 caratteri), con un interessante effetto di crescita non lineare, bensì esponenziale, per i sostantivi più lunghi (9 e 10 caratteri).

Il tempo medio speso dai bambini a sviluppo atipico per lunghezze cre-scenti ha, invece, un aumento meno lineare.

Nel modello di interazione lineare riportato in Figura 3.4 si può osser-vare come, per i bambini a sviluppo tipico, la lunghezza abbia un effetto che progressivamente decresce all’aumentare della classe - ovvero al grado di proficiency dei bambini - con regressioni che al crescere della lunghezza

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 29 sono sempre meno pendenti (le slope, o pendenze, per la 5. e 6. classe sono significativamente minori rispetto alla 3. classe: p-value <0.05 e <0.01, ri-spettivamente). Il maggior effetto di lunghezza crescente si ha per i bambini più piccoli a sviluppo atipico (si osservi la pendenza per la 3. classe, che differisce significativamente da quella per i bambini di pari grado a sviluppo tipico, con una significatività statistica espressa da p-value <0.001).

tipici atipici 4 6 8 10 4 6 8 10 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 lunghezza

tempo per token

3 4 5 6

Figura 3.4: Regressioni lineari, divise per bambini a sviluppo tipico e atipico, della lunghezza dei token per ogni classe, come predittori del tempo medio di lettura. Funzione ggplot, metodo lineare lm.

Al contrario della lunghezza, la frequenza si correla negativamente al tem-po di lettura (r=-0.13, p-value <0.001)7: parole più frequenti sono

general-7La correlazione minima, seppur statisticamente significativa, pone l’accento sulla bassa

varianza spiegata dalle frequenze basate su un corpus (Subtlex-IT ) non specificatamente proveniente da testi per bambini, bensì basato sui sottotitoli di pellicole cinematografiche.

(30)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 30 mente lette in minor tempo rispetto alle parole a più bassa frequenza. Per mostrare graficamente questa relazione, ho diviso i valori di frequenza delle parole in tre gruppi: bassa, media e alta.8

Nei boxplot di Figura 3.5 si può osservare una diminuzione del tempo medio di lettura per token all’aumentare della loro frequenza, sia nei bambini a sviluppo tipico che atipico.

tipici atipici

bassa media alta bassa media alta

0.0 0.5 1.0 1.5

frequenza

tempo per token

bassa media alta

Figura 3.5: Distribuzione del tempo di lettura in base alla frequenza dei token (raggruppati per basse, medie e alte frequenze), bambini a sviluppo tipico e atipico.

L’effetto della frequenza interagisce anche con il crescente grado di pro-ficiency, cioè con il crescere della classe, come si può osservare nei plot di regressione lineare riportati in Figura 3.6. Come per la lunghezza, il tempo

8I tre gruppi di frequenza corrispondono a valori del logaritmo di frequenza + 1

(31)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 31 medio speso su ogni parola si abbassa al crescere della classe per i bambini a sviluppo tipico - come indice di un graduale e crescente aumento delle abilità di lettura - con una incidenza dell’effetto di frequenza che progressivamente pesa sempre meno: l’intercetta per la 6. classe è, infatti, significativamente minore rispetto a quella per la 3. classe, con p-value <0.001, e una pendenza minore con un p-value <0.05.

E, sempre in linea con quanto osservato per la lunghezza, si può notare come l’effetto di frequenza sia massimo per i bambini a sviluppo atipico della 3. classe, con una intercetta significativamente maggiore rispetto sia a quelli di pari grado a sviluppo tipico, sia per gli atipici delle altre classi (p-value <0.001) e una maggiore pendenza (p-value <0.001).

Dunque, proprio i bambini con minori competenze sembrano avvantag-giarsi delle alte frequenze di parola: più una parola è frequente e più facil-mente il bambino la riconosce e quindi la elabora nel suo compito di lettura - sia esso a voce alta o solo silente - e più facilmente dovrebbe poter accedere al suo significato.

(32)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 32 tipici atipici 5 7 9 11 5 7 9 11 0.5 1.0 1.5 2.0 frequenza

tempo per token

3 4 5 6

Figura 3.6: Regressioni lineari della frequenza dei token per ogni classe come predittori del tempo medio di lettura, bambini a sviluppo tipico e atipico. La frequenza è espressa come il logaritmo in base naturale +1 delle occorrenze nel corpus Subtlex-IT.

Questi andamenti sono coerenti con il fatto che, generalmente, paro-le più frequenti sono anche più brevi, come confermato dalla significativa correlazione negativa tra frequenza e lunghezza (r=-0.39, p-value <0.001).

Consideriamo ora la variabile categoriale classe: all’aumentare del livello di scolarità, e dunque dell’età, il tempo di lettura per parola tende a dimi-nuire. Con il passare degli anni di scolarità, i bambini tendono a sviluppare strategie sempre più efficaci che permettono loro di leggere più velocemente, passando da una fase di decodifica grafema-fonema a una di riconoscimento delle parole (o di parti di esse), compiendo un passaggio da lettori inesperti a lettori sempre più abili, anche grazie all’integrazione efficace delle due

(33)

stra-CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 33 tegie di lettura, la sub-lessicale e la lessicale, opportunamente selezionate in base alla parola da leggere.

L’effetto positivo della maggiore età è già stato osservato nelle distribu-zioni e regressioni del tempo in funzione della lunghezza e della frequenza (Figure 3.3, 3.4, 3.5, 3.6), ed è confermato dal boxplot di Figura 3.7 per i bambini a sviluppo tipico. Nei bambini a sviluppo atipico, invece, la distribu-zione del tempo medio per parola ancora una volta mostra una diminudistribu-zione al crescere della classe non lineare (si osservi il valore più basso della mediana in corrispondenza della classe 5.).

tipici atipici 3 4 5 6 3 4 5 6 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 classe

tempo per token

3 4 5 6

Figura 3.7: Distribuzione del tempo di lettura medio per parola in funzione della classe, per i bambini a sviluppo tipico e atipico.

Come ho ricordato all’inizio del presente capitolo, ai bambini sono sotto-posti testi nelle due modalità di lettura, ad alta voce e silente (questa ultima

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 34 seguita da un breve questionario con domande a risposta multipla inerenti al testo letto).

Potrebbe essere opportuno, a questo punto delle analisi, distinguere i due compiti di lettura: silente (Figura 3.8) e a voce alta (Figura 3.9) in funzione della classe. tipici atipici 3 4 5 6 3 4 5 6 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 classe

tempo per token

3 4 5 6

Lettura silente

Figura 3.8: Distribuzione del tempo di lettura in base alla classe in lettura silente, per i bambini a sviluppo tipico e atipico.

(35)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 35 tipici atipici 3 4 5 6 3 4 5 6 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 classe

tempo per token

3 4 5 6

Lettura a voce alta

Figura 3.9: Distribuzione del tempo di lettura in base alla classe in lettura a voce alta, per i bambini a sviluppo tipico e atipico.

La diminuzione meno lineare del tempo di lettura dei bambini atipici al progredire della classe, come evidenziato in Figura 3.7, è ricoducibile al compito di lettura silente (Figura 3.8). Di contro, in lettura a voce alta, i bambini a sviluppo atipico mostrano una progressiva e lineare diminuzione del tempo medio per parola all’aumentare della classe, tuttavia mantenendo nei confronti dei bambini a sviluppo tipico un rallentamento medio, espresso in termini di aggravio del tempo medio per token (come si può osservare per le distribuzioni medie riportate in Figura 3.9).

Nel confrontare i due compiti di lettura - a voce alta e silente - per i due gruppi di bambini (come riportato nelle regressioni lineari di Figura 3.10), i due gruppi di bambini mostrano un profilo simile di diminuzione del tempo medio speso su ogni token al crescere della classe.

(36)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 36 Si può, altresì, osservare che i tempi medi spesi in lettura silente da parte dei bambini a sviluppo atipico non si discostano molto da quelli dei bambini a sviluppo tipico; viceversa, per il compito di lettura ad alta voce, il tem-po medio per token speso dai bambini a sviluptem-po atipico è molto superiore rispetto ai pari grado a sviluppo tipico.

a voce alta silente

3 4 5 6 3 4 5 6

0.4 0.8 1.2

classe

tempo per token

tipici atipici

Figura 3.10: Regressioni lineari, divise per lettura a voce alta e lettura silente, del tempo medio per parola in funzione della classe, per bambini a sviluppo tipico e atipico. Le aree in grigio indicano il 95% dell’intervallo di confidenza. Questa particolarità è riconducibile alla presenza di parole non-lette, o comunque non segnate col dito, soprattutto nei bambini a sviluppo atipico, con una maggiore incidenza proprio nel compito di lettura silente, come si può osservare dalle distribuzioni dei tempi pari a zero per percentuali di parole sull’insieme dei dati riportate nelle Tabelle 3.1 e 3.2.

(37)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 37

Classe Lettura silente Lettura a voce alta

3. 8.04 5.27

4. 6.47 5.52

5. 7.52 4.60

6. 4.83 3.54

Tabella 3.1: Tabella riassuntiva delle distribuzioni in percentuale (%) di tempo=0 in lettura silente e a voce alta, per ogni classe.

Classe sviluppo tipico sviluppo atipico

3. 7.88 0.91

4. 6.09 12.08

5. 5.48 12.88

6. 4.07 3.89

Tabella 3.2: Tabella riassuntiva delle distribuzioni in percentuale (%) di tempo=0 nei bambini a sviluppo tipico e atipico, per ogni classe.

Vi è una percentuale elevata di tempi di lettura uguali a zero nei bambini a sviluppo atipico delle classi 4. e 5. Ciò è coerente con quanto osservato nei boxplot di Figura 3.7 e di Figura 3.8, in cui i picchi minimi del tempo di lettura si osservano proprio per queste classi.

A questo, si affianca un ulteriore comportamento anomalo da parte dei bambini a sviluppo atipico, relativo alla traccia del dito sul testo al passare delle pagine. Come si può notare dalla Figura 3.11, i bambini a sviluppo atipico mostrano un tracking complessivo per pagina che via via va a dimi-nuire, soprattutto nel compito di lettura silente con questionario finale. In questo caso, l’evidenza sembra suggerire un profilo comportamentale scorre-lato dalla reale elaborazione dell’input con un livello attentivo che decresce al perdurare del compito stesso di lettura.

(38)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 38

voce alta silente

1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 0.75 0.80 0.85 0.90 0.95 1.00 pagina trac king per pa gina tipici atipici

Figura 3.11: Distribuzioni del tracking medio per pagina divise per lettura a voce alta e lettura silente, per bambini a sviluppo tipico e atipico.

Tutto ciò può trovare ulteriore conferma nell’assenza di correlazione del tempo medio speso per token e l’accuratezza delle risposte alle domande del questionario finale alla lettura silente nei bambini a sviluppo atipico.

Nei bambini a sviluppo tipico il tempo di lettura minimamente si correla negativamente all’accuratezza (r=-0.10, p-value <0.001). Come mostrano le regressioni riportate in Figura 3.12, all’aumentare del tempo medio speso sul-le parosul-le, diminuisce l’accuratezza delsul-le risposte al questionario. Ciò implica che quanto più i bambini sono abili nella lettura, tanto meglio riescono ad accedere al contenuto semantico del testo. Nel dettaglio, infatti, i bambini più grandi e più competenti, e dunque più veloci a leggere, comprendono me-glio ciò che stanno leggendo (si noti l’aumento significativo delle intercette per le classi 4., 5. e 6. rispetto a quella della classe 3., p-value <0.001, e delle pendenze che all’aumentare della classe diventano sempre più pendenti, indicando una interazione progressivamente più significativa tra velocità di lettura e accuratezza.

Nei bambini a sviluppo atipico, invece, non vi è correlazione significativa tra i due aspetti (r=-0.01, p-value >0.5), con profili comportamentali che

(39)

va-CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 39 riano dal maggior tempo speso legato ad una maggiore accuratezza (bambini della 5. classe), a regressioni asintotiche del tutto indipendenti dal tempo medio per parola (nel caso dei bambini di 3., 4. elementare, e 1. media).

tipici atipici

0.0 2.5 5.0 7.5 10.0 0.0 2.5 5.0 7.5 10.0

0.25 0.50 0.75

tempo per token

accuratezza 3 4 5 6 Lettura silente

Figura 3.12: Regressioni lineari del tempo di lettura per token per ogni classe come predittori dell’accuratezza delle risposte date alle domande di comprensione del testo, per bambini a sviluppo tipico e atipico.

Le distribuzioni dei tempi di lettura uguali a zero, il tracking complessivo per pagina che tende a diminuire progressivamente, soprattutto nel compito di lettura silente con questionario finale, e l’assenza di correlazione tra tempo di lettura e accuratezza delle risposte di comprensione del testo, sembrano suggerire che talvolta i bambini a sviluppo atipico - in misura significativa-mente maggiore rispetto ai bambini a sviluppo tipico - non segnino col dito tutti i token, anche quando sono parole di contenuto come nel caso dei so-stantivi, gettando alcuni dubbi sulla effettiva lettura ed elaborazione delle

(40)

CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 40 parole. Nei bambini a sviluppo tipico, di contro, notiamo una lineare di-minuzione dei tempi di lettura uguali a zero al crescere della classe: più il bambino è grande e competente, più il tracking sembra legarsi alla lettura, ovvero vi è una elaborazione di tutti i token presentati.

In questa prospettiva, pur rilevando la presenza di valori di tempo pari a zero nelle analisi esplorative condotte sino a qui, nelle analisi che seguono le osservazioni corrispondenti a valori di tempo =0 vengono filtrati, per non introdurre distorsioni nei modelli. Pertanto, il dataset filtrato riduce anche il numero dei bambini del campione oggetto d’esame a 237 unità, di cui 214 a sviluppo tipico e 23 a sviluppo atipico.

3.3.2

Variabili semantiche: età di acquisizione,

imma-ginabilità, concretezza

L’età di acquisizione (o age of acquisition, AoA) corrisponde all’età in cui una parola è stata appresa nel suo contenuto semantico. Per le analisi ho utilizzato i valori riportati nel database ItAoA (Montefinese et al. 2019). Al-la base di quello studio, ai soggetti partecipanti viene sottoposta una lista di parole per le quali viene richiesto di esprimere una stima dell’età di acquisi-zione delle parole nella loro forma scritta o parlata per la prima volta, ovvero il momento in cui il partecipante ricorda di averne compreso il significato.

Per immaginabilità si intende la capacità di una parola di evocare un’im-magine mentale. La concretezza, infine, indica la capacità di una parola di fare riferimento a un referente concreto, ovvero percepibile tramite i sensi. Per quanto riguarda immaginabilità e concretezza, ho utilizzato i valori ri-portati nell’adattamento per la lingua italiana del corpus Affective Norms for English Words (ANEW ) (Montefinese et al. 2014). I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in due gruppi, uno sottoposto a valutazione dei parametri affettivi di valenza, arousal e dominanza, l’altro a valutazione dei parametri psicolinguistici di familiarità, immaginabilità e concretezza. Ogni valutazione è fatta su una scala psicometrica (o scala Likert) di 9 intevalli, con 1 equivalente a non-immaginabile o totalmente astratto, e 9 altamente immaginabile o fortemente concreto.

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 41 Quanto più una parola è concreta tanto più il suo referente è immagina-bile. Infatti, immaginabilità e concretezza sono altamente correlate (r=0.94, p-value <0.001).

È interessante notare che parole apprese prima (quindi per valori bas-si di AoA) sono generalmente più immaginabili (r=-0.68, p-value <0.001) e concrete (r=-0.64, p-value <0.001). Questa correlazione tra età di acquisi-zione, immaginabilità e concretezza si lega, a mio avviso, alla fase di pointing teorizzata in ambito emergentista da Tomasello (2009), durante la quale il bambino, impegnato ad acquisire le prime competenze linguistiche, utilizza la gestualità e l’azione di indicare entità o situazioni collocate nel contesto ambientale per veicolare un messaggio: si tratta generalmente di oggetti, ani-mali o persone che sono parte integrante dell’ambiente del bambino, dunque entità concrete e immaginabili, e verosimilmente referenti delle prime parole che il bambino acquisisce.

Inoltre, ad una crescente età di acquisizione corrisponde la tendenza ad un aumento del tempo di lettura (r=0.09, p-value <0.001), ovvero parole acquisite precocemente sono generalmente lette più velocemente rispetto a parole apprese più tardi.

Come si può osservare nella Figura 3.13, l’età di acquisizione tende a perdere peso come predittore del tempo di lettura al crescere della classe. Si noti come, nei bambini a sviluppo tipico, le pendenze diminuiscono pro-gressivamente in modo significativo rispetto a quella della classe 3. (p-value <0.01).

Per quanto riguarda i bambini a sviluppo atipico, si osserva una significa-tiva diminuzione delle intercette al crescere della classe (p-value <0.001), ma non delle pendenze: il lieve effetto di AoA, dunque, si conserva al crescere della classe.

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI PROFILI DI LETTURA 42 tipici atipici 4 6 8 4 6 8 0.5 1.0 1.5 età di acquisizione

tempo per token

3 4 5 6

Figura 3.13: Regressioni lineari dell’età di acquisizione dei token per ogni classe come predittori del tempo medio di lettura, per bambini a sviluppo tipico e atipico, per entrambe le modalità di lettura.

Anche l’immaginabilità ha un lieve - significativo - effetto sulla riduzione del tempo di lettura medio per parola (r=-0.04, p-value <0.001). L’effetto dell’immaginabilità crescente si conserva al crescere della classe: come si può osservare in Figura 3.14 per i bambini a sviluppo tipico non si verifica una differenziazione significativa delle pendenze al crescere della classe.

Si noti, inoltre, che le regressioni dell’immaginabilità per i bambini a sviluppo atipico delle classi 3., 4. e 5. hanno pendenze positive: parole più immaginabili sembrano essere lette più lentamente. Questa controtendenza può spiegarsi con il numero non elevato di dati e con il fatto che una parola più lunga e meno frequente, anche se immaginabile e concreta, evidentemente risulti di difficile elaborazione per un bambino con qualche difficoltà. Quanto

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