• Non ci sono risultati.

Inflazione cosmologica R^2

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Inflazione cosmologica R^2"

Copied!
70
0
0

Testo completo

(1)

Alma Mater Studiorum

· Universit`a di Bologna

Scuola di Scienze Corso di Laurea in Fisica

Inflazione cosmologica R

2

Relatore:

Prof. Roberto Casadio

Presentata da:

Gabriele Franciolini

Sessione I

(2)
(3)

”The path of discovery runs through series of inferences which are deeply veiled by the darkness of instinctive guessing”

- Erwin Schr¨odinger

-Un ringraziamento particolare al mio relatore Prof. Roberto Casadio per la disponibilit`a che ha sempre mostrato nei miei confronti e per i suoi preziosi consigli.

(4)
(5)

Indice

Abstract ix

1 Introduzione 1

2 Cenni sul modello standard della cosmologia 9

2.1 La metrica di Robertson-Walker . . . 9 2.2 La legge di Hubble . . . 10 2.3 Le equazioni di Friedmann . . . 12 2.4 I modelli di Friedmann . . . 14 2.5 Orizzonti cosmologici . . . 17 3 La teoria dell’inflazione 19 3.1 Il problema della piattezza . . . 19

3.2 Il problema dell’orizzonte cosmologico . . . 20

3.3 Il modello dell’inflazione . . . 22

3.4 L’inflazione generata da un campo scalare . . . 25

3.5 Approssimazione slow-roll . . . 29

3.6 Il modello della ”vecchia inflazione” . . . 30

3.7 Numero di e-folding . . . 32

4 Inflazione R2 37 4.1 Teorie della gravit`a f (R) e limite di basse energie . . . 37

4.2 Trasformazioni conformi e scelta del frame . . . 40

4.3 Inflazione R2 nel frame di Jordan . . . . 44

4.4 Inflazione R2 nel frame di Einstein . . . . 47

(6)
(7)

Elenco delle figure

1.1 Legge di Hubble . . . 3

1.2 Immagine della radiazione cosmica di fondo . . . 5

1.3 Inflazione e Modelli di Friedmann classici a confronto . . . 6

2.1 Spazi curvi . . . 11

3.1 Orizzonte cosmologico durante l’inflazione . . . 23

3.2 Evoluzione dell’orizzonte cosmologico comovente . . . 24

3.3 Andamento del parametro di densit`a durante l’inflazione. . . 25

3.4 Potenziale V (φ) per la ”vecchia inflazione” . . . 31

4.1 Potenziale V (φ) per l’inflazione R2 nel frame di Einstein . . . . 48

4.2 Andamento del fattore di scala nel frame di Einstein . . . 50

5.1 Dati sperimentali per r, nR Planck 2015 . . . 57

(8)
(9)

Abstract

Lo scopo di questa tesi `e illustrare il paradigma dell’inflazione cosmologica descrivendo in particolare la teoria dell’inflazione R2.

In una prima sezione si fa riferimento al contesto della relativit`a generale per descrivere l’universo su larga scala. Vengono prese in esame le ipotesi utilizzate per ottenere il modello standard della cosmologia e le principali propriet`a che da esso possono essere ricavate. Si focalizza quindi l’analisi sulla descrizione dell’universo primordiale da cui traggono origine le ipotesi dell’esistenza dell’epoca inflazionaria esponendo, in particolare, come questa teoria riesca a risolvere i problemi della piattezza e dell’orizzonte cosmologico. Viene poi descritto come la fase di espansione esponenziale richiesta da queste ipotesi possa essere generata dalla presenza di un campo scalare φ specifico. Particolare risalto `e dato alla descrizione dell’approssimazione di ”slow-roll” ed ai vincoli sul numero di ”e-folding”.

Una seconda sezione mostra l’applicazione dell’analisi generale esposta in precedenza al modello di inflazione di Starobinsky. A tal fine sono descritte le caratteristiche delle teorie della gravit`a f (R) con particolare attenzione alle trasformazioni conformi e scelta del frame. Attraverso l’esposizione delle equazioni di campo cosmologiche nella teoria della gravit`a R2 si mostra come il processo di espansione inflazionaria dell’universo nelle

sue fasi iniziali possa essere descritto da un comportamento non standard della gravit`a ad alte energie. Sono riportati i risultati principali ottenuti con questa teoria nel frame di Jordan e in quello di Einstein.

La conclusione descrive in sintesi lo stato attuale delle osservazioni sperimentali e come queste abbiano un legame stretto con la teoria delle perturbazioni cosmologiche. In particolare, presentando i risultati ottenuti nel contesto dell’inflazione R2 ed esponendo

gli ultimi dati raccolti dall’esperimento Planck, si analizza come il modello sia in accordo con i dati sperimentali attualmente disponibili.

(10)
(11)

Capitolo 1

Introduzione

La cosmologia `e una branca della fisica che studia l’universo con l’intento di spiegare la sua formazione e di descriverne l’evoluzione. Le teorie comprese in essa non si distin-guono da altri ambiti di studio della fisica per quanto riguarda il loro essere basate sulle osservazioni sperimentali. Infatti l’obbiettivo primario di ogni fisico `e quello di ideare una teoria matematica che spieghi bene i dati sperimentali provenienti dalle osservazioni di un dato fenomeno e, successivamente, `e quello di riuscire a trarne delle predizioni che possano essere verificate. Sono molti i casi noti in cui la teoria matematica ha indirizzato l’attenzione dei ricercatori verso nuovi fenomeni non ancora osservati. Un fatto rimane per`o certo: il test finale di una teoria non `e nient’altro che la sua consistenza con la natura osservata attraverso gli esperimenti. La cosa particolare della cosmologia moderna `e il fatto che le predizioni sono rivolte anche al passato. Oltre all’essere rivolta all’analisi ed alla modellizzazione di ci`o che ci circonda, questa disciplina studia come ha avuto origine la struttura stessa del nostro universo ed i suoi costituenti fondamentali.

Lo studio della cosmologia, come si `e detto, si basa sulle osservazioni sperimentali che principalmente si possono eseguire analizzando con metodi pi`u o meno sofisticati ci`o che circonda il nostro pianeta. Questo tipo di osservazioni ha una storia antichissima che parte fin dalle prime civilt`a che hanno popolato la terra. Se si considera in particolare la cosmologia moderna, ci`o che ha veramente dato un nuovo impulso allo sviluppo di questa materia `e la formulazione della “Teoria della Relativit`a Generale”. Pubblicata in maniera definitiva da Albert Einstein nel 1916, questa ha gettato le fondamenta per la maggior parte degli studi successivi in ambito cosmologico.

Il fisico tedesco, per iniziare il percorso che lo ha portato alla formulazione della nuova teoria della gravit`a, part`ı dalla teoria della Relativit`a Ristretta, in cui si era posto l’ob-biettivo di descrivere la fisica attraverso leggi covarianti in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Successivamente cerc`o di trovare una generalizzazione della teoria in modo tale da comprendere nella trattazione anche i sistemi di riferimento non inerziali. Cos`ı, attra-verso l’intuizione del principio di equivalenza, riusc`ı a formulare una teoria che descrive la gravitazione in maniera pi`u accurata di quanto fosse mai stato fatto in precedenza. I suoi successi non eliminano la possibilit`a che la teoria della Relativit`a Generale debba essere modificata in futuro in modo da poter allargare la gamma di fenomeni che descrive. Infatti restano ancora da risolvere i problemi di cui soffre soprattutto per quanto riguarda la sua consistenza con la meccanica quantistica e le altre interazioni fondamentali. Uno

(12)

2 Capitolo 1. Introduzione dei pi`u grandi risultati di questa teoria `e la capacit`a di mettere in connessione la struttu-ra geometrica dello spaziotempo con le sorgenti gstruttu-ravitazionali identificabili nella massa e nell’energia. Questo ha portato un approccio completamente innovativo allo studio della gravitazione in quanto, nella visione einsteiniana, la gravit`a non `e pi`u considerata come un’interazione che avviene all’interno dello spaziotempo, considerato classicamente eucli-deo, ma la si ipotizza essere un frutto delle propriet`a stesse dello spaziotempo in generale curvo.

Nello studio della topologia dell’universo e delle sue caratteristiche `e fondamentale la Relativit`a Generale come strumento per descrivere le interazioni gravitazionali. Si capisce semplicemente perch´e la gravit`a `e l’interazione che domina a livello cosmologico: il primo motivo `e dovuto al fatto che l’attrazione gravitazionale `e una forza a lungo raggio, a differenza delle interazioni forti e deboli; il secondo motivo ha a che fare con l’impossibilit`a di costruire un oggetto la cui “carica” rispetto all’interazione gravitazionale `e nulla. Se su certe scale gli oggetti carichi elettricamente sono osservati neutri, avendo un uguale contributo, in media, di cariche positive e negative, per la gravit`a questo non pu`o accadere. Cos`ı appare chiaro che cercando di studiare l’universo su grande scala la forza fondamentale che si deve analizzare `e la gravit`a.

Successivamente alla pubblicazione della teoria si sono quasi immediatamente trovate delle soluzioni dell’equazione di Einstein. Le equazioni di campo della Relativit`a Generale sono difficilmente risolvibili in maniera esatta essendo un sistema di dieci equazioni non lineari. Nonostante ci`o si possono trovare soluzioni relativamente semplici per sistemi fisici dotati di particolari simmetrie. Ad esempio si pu`o pensare alla metrica di Schwarz-schild trovata pochi mesi dopo la pubblicazione della teoria di Einstein come soluzione dell’equazione di campo gravitazionale per una sorgente statica a simmetria sferica.

Nel caso delle teorie cosmologiche moderne `e stato compiuto un passo fondamentale con la pubblicazione della metrica di “Robertson–Walker” tra gli anni 1922 e 1924 che descrive la soluzione dell’equazione di campo per un universo omogeneo ed isotropo su larga scala. L’assunzione delle propriet`a precedenti per lo spaziotempo `e stata fonda-mentale poich´e `e servita a ridurre i gradi di libert`a dell’equazione in modo da trovare dei risultati in funzione di alcuni parametri. Come si osserver`a in seguito, ci`o che ha reso questi risultati importanti sono state le osservazioni sperimentali successive che hanno supportato con grandissima confidenza le ipotesi adottate.

La metrica FRWL A descrive la dipendenza delle dimensioni dell’universo rispetto

al tempo attraverso il parametro di scala. Osservando i possibili andamenti di questo parametro si vede come siano possibili solo soluzioni per universi non statici: le soluzioni ammettono che le dimensioni caratteristiche dell’universo siano in espansione o in con-trazione. Fino ai primi decenni del novecento le teorie cosmologiche si basavano sulla gravit`a descritta dalle equazioni di Newton e secondo le osservazioni del tempo il cosmo era considerato occupare uno stato stazionario. Per poter ammettere una soluzione stati-ca Einstein aggiunse un fattore nella sua celebre equazione che compensasse l’attrazione gravitazionale. Questo termine venne chiamato costante cosmologica ma Einstein stesso lo defin`ı come ”il suo pi`u grande errore”.

ALa metrica di ”Robertson e Walker” `e anche definita metrica di ”Friedmann, Robertson, Walker,

(13)

Capitolo 1. Introduzione 3 0 10 20 30 0 100 200 300 400 500 d[M pc] v [1 0 3 k m /s ] b b b b b b b b b b b b b b b b b b b

Figura 1.1: [6] Il grafico rappresenta la velocit`a di allontanamento delle galassie in funzione della loro distanza dalla terra. Facendo un fit dei dati disponibili negli ’20 si ottiene in buona approssimazione una relazione lineare tra le due grandezze. Questo risultato `e descritto dalla legge di Hubble.

Il disappunto fu causato dalle osservazioni fatte dall’astrofisico Edwin Hubble il quale per la prima volta ipotizz`o su basi sperimentali la possibilit`a di un universo non statico. Quello che dimostr`o tramite i dati raccolti, si veda la Figura 1.1, infatti, fu che le galas-sie pi`u distanti da noi si allontanano con velocit`a maggiori rispetto a quelle pi`u vicine secondo la relazione lineare v = Hd, dimostrando inequivocabilmente che l’universo `e in espansione. Nel 1929 Hubble pubblic`o la relazione distanza-redshift poi diventata nota come la ”Legge di Hubble”che elimin`o con chiarezza la possibilit`a di un universo statico. Nonostante tutto la costante cosmologica, anche definita in alcuni casi energia oscura, `e argomento di ricerca attuale in quanto sembra essere fondamentale alla luce delle osserva-zioni sperimentali pi`u moderne che dimostrano un’accelerazione dell’espansione osservata da Hubble B.

I fisici citati fin qui hanno posto le fondamenta per le teorie cosmologiche che in breve

B Nel 2011 il Premio Nobel per la fisica fu assegnato ai tre ricercatori: S.Perlmutter, B.P. Schmidt,

A.G Riess. Il loro grande contributo alla comunit`a scientifica fu la scoperta dell’espansione accelerata dell’universo attraverso l’osservazione delle supernovae distanti.

(14)

4 Capitolo 1. Introduzione tempo furono pubblicate andando a formare nell’insieme quello che `e chiamato il modello standard della cosmologia. Eliminata tramite gli studi di Hubble la teoria dell’universo stazionario, fu immediato orientare le speculazioni scientifiche a come fosse potuta essere stata l’evoluzione dell’universo fino al momento attuale. In questo modo, studiando i ”modelli di Friedmann” si sono trovate delle soluzioni che descrivono l’evoluzione a ritroso nel tempo come una contrazione. Parallelamente alla contrazione si ha una diminuzione delle dimensioni dell’universo ed un aumento della temperatura. Cos`ı nacque la teoria del Big Bang che descrive l’inizio del cosmo come una singolarit`a spaziotemporale: uno stato in cui le dimensioni dell’intero universo erano infinitesime in cui la temperatura e la densit`a sono altissime. Nessun modello fisico rimane consistente in queste condizioni.

Il problema che fu subito associato a queste ipotesi fu la scarsa possibilit`a di ottenere osservazioni in grado di aiutare i ricercatori nell’affinare una teoria. In particolare si sono dovute considerare valide le teorie fisiche al momento a disposizione anche in situazioni estremamente particolari: infatti ancora oggi non sono state studiate teorie fisiche sup-portate da osservazioni sperimentali in grado di descrivere le interazioni fondamentali a livelli di energia superiori ad alcuni T eV .

Con il miglioramento delle capacit`a tecnologiche fu possibile eseguire esperimenti sem-pre pi`u accurati in modo tale da aumentare la quantit`a di fenomeni osservabili. Un os-servazione cardine fu quella della radiazione cosmica di fondo (CMB). Osservata per la prima volta nel 1964 dai ricercatori Arno Penzias e Robert Wilson, fu una delle scoperte pi`u importanti nell’ambito della cosmologia dell’ultimo secolo. Per questa scoperta i due ricercatori meritarono il Premio Nobel per la fisica nel 1978. Questa radiazione fu os-servata quasi casualmente ed ha delle caratteristiche particolari. I dati ottenuti tramite l’analisi dello spettro della radiazione CMB approssimano in maniera molto accurata lo spettro di radiazione del corpo nero ad una temperatura di C [10] :

(2.7255± 0.0006)◦

K . (1.1)

La scoperta di questa radiazione residua fu la prova fondamentale della validit`a dell’i-potesi del Big Bang in quanto dimostra l’esistenza di temperature altissime nel passato. Questa radiazione `e stata rilasciata sulla superficie di ultimo scattering quando l’universo era ancora a temperature T ' 3000◦K . La radiazione poi si `e raffreddata in seguito

all’espansione l’universo secondo la legge del redshift cosmologico. Quello che stupisce di questo segnale `e il fatto che sia isotropo con una buonissima approssimazione: si veda Fi-gura 1.2. Se si osservano le disomogeneit`a si vede che sono dell’ordine di ∆T /T = 10−5 [6].

Questo dato conferma definitivamente l’assunzione dell’isotropia dell’universo su grande scala che era stata utilizzata per ottenere la soluzione delle equazioni di Einstein. Gra-zie a questa propriet`a si pu`o facilmente dedurre anche la caratteristica dell’omogeneit`a. Infatti si deve considerare un’altra assunzione fondamentale: il “principio cosmologico“. Il principio afferma che un osservatore posto sulla terra non `e un osservatore privilegia-to. Questa `e una richiesta ragionevole se si considera che la terra non ha una posizione particolare all’interno del sistema solare o all’interno della galassia. Se le osservazioni su

CIl dato `e presentato aggiornato alle ultime osservazioni sperimentali frutto di oltre 50 anni di

(15)

Capitolo 1. Introduzione 5

Figura 1.2: Immagine della radiazione cosmica di fondo (CMB) osservata dall’esperi-mento “Planck” [1]. Le differenze di colore rappresentano variazioni della temperatura dell’ordine di 10−5.

grande scala fossero fatte da un altro punto rispetto a quello fisso sulla terra si otterreb-bero gli stessi risultati. Si dimostra che l’isotropia e ed il principio cosmologico implicano l’omogeneit`a su grande scala. In questo modo si giustificano fortemente i principi su cui si era basata la formulazione della metrica di “Robertson–Walker”.

L’osservazione della radiazione cosmica di fondo e l’analisi delle sue caratteristiche non ha portato solo risposte ma ha anche posto dei quesiti che sono diventati il motivo della nascita della teoria dell’inflazione cosmologica. Infatti, come si descriver`a approfondita-mente nei capitoli successivi, la quasi perfetta isotropia dell’universo `e difficile da spiegare secondo le teorie fino ad oggi studiate. In aggiunta a questo, le osservazioni riguardanti la densit`a dell’universo hanno rivelato come il valore sia estremamente vicino al valore critico. Questi due problemi sono risolti solamente tramite una scelta accuratissima delle condizioni iniziali al momento del Big Bang, cosa che `e altamente improbabile.

Parallelamente a questi studi, negli anni ’70, visti i successi delle teorie di gauge nel descrivere le interazioni fondamentali, molti fisici teorici intrapresero lo studio di una possibile teoria che unificasse le forze fondamentali della natura. Questa teoria prese il nome di GUT (Grand Unified Theory). Il modello ipotizza che, attraverso particolari processi, sia possibile la formazione di monopoli magnetici nelle prime fasi dell’universo. Il quesito del perch´e queste particelle non fossero mai state osservate ha scosso la comunit`a scientifica alla ricerca di una spiegazione.

Per tentare di risolvere questi problemi il brillante fisico americano Alan Guth, con-temporaneamente allo scienziato sovietico Alexei Starobinsky, nel 1980 propose la teoria dell’inflazione la quale ipotizza una espansione esponenziale dell’universo nelle sue fasi

(16)

6 Capitolo 1. Introduzione 3◦K 1014GeV 1019GeV E ra in fl az io n ar ia 3◦K 1019GeV a(ti) a(tf) ti tf Ora t teq ti tf Ora t teq

Scenario

inflazionario

Scenario

classico

Reheating af/ai≃ e68

Fattore di scala a(t)

Temperatura T (t)

radiazione polvere Λ

Figura 1.3: I grafici evidenziano in maniera indicativa le differenze tra il modello stan-dard della cosmologia ed il modello modificato con l’introduzione dell’era inflazionaria. Sono presentati gli andamenti indicativi in funzione del tempo del fattore di scala e della temperatura. Si possono vedere con chiarezza i periodi dominati dai diversi contributi alla densit`a di energia dell’universo e dove si colloca in maniera indicativa il periodo di inflazione.

iniziali. L’ipotesi riesce a dare una soluzione di gran parte dei problemi non risolti nel mo-dello standard della cosmologia come ad esempio il problema della piattezza, il problema dell’isotropia della radiazione cosmica di fondo ed il problema della mancanza di osser-vazione di monopoli magnetici. In generale, da condizioni iniziali non necessariamente particolari, il processo di espansione da una spiegazione di come si arrivi alle condizioni che manifestano una cos`ı accurata condizione di isotropia.

(17)

Capitolo 1. Introduzione 7 Pur cercando una soluzione dei problemi della teoria del Big Bang, il paradigma dell’inflazione rimane un’aggiunta alla teoria classica che non ne modifica i risultati pi`u importanti, come ad esempio la spiegazione dell’emissione della radiazione cosmica di fondo e la descrizione della nucleosintesi. La violenta espansione ipotizzata nelle teorie inflazionistiche genera, di conseguenza, una forte diminuzione della densit`a di energia e della temperatura dell’universo. Per questo motivo `e necessario che l’inflazione preveda un meccanismo che riporti la temperatura dell’universo a quella necessaria per far rimanere valida l’evoluzione classica nelle fasi successive. Questo processo `e chiamato reheating: riscaldamento. Si veda la Figura 1.3.

L’inflazione pu`o essere ottenuta attraverso l’ipotesi dell’esistenza di un campo scalare che domina le altre componenti di densit`a di energia. In questo modo si crea una pres-sione gravitazionale negativa che genera una forte espanpres-sione. Nel modello inizialmente proposto da Guth si ipotizza una situazione iniziale con il campo scalare che occupa uno stato metastabile in cui il valore del potenziale `e non nullo. Questo modello fu poi abbandonato in quanto non riusciva a dare una spiegazione di come l’espansione si inter-rompesse. ´E chiaro che un modello di inflazione valido debba dare una descrizione della dinamica dell’espansione cos`ı come del processo che porta alla sua interruzione.

Come si descriver`a in seguito sono possibili molti modelli che ipotizzano varie dina-miche del campo scalare responsabile dell’espansione. Un altro pregio della teoria del-l’inflazione `e quello di riuscire a spiegare la natura delle perturbazioni che hanno portato alla formazione delle strutture di piccola scala dell’universo come le galassie e i sistemi planetari. Infatti, se si considera valida l’ipotesi dell’inflazione, si ottiene che grazie all’e-spansione di vari ordini di grandezza dell’universo nelle sue fasi iniziali, le perturbazioni causate dalle fluttuazioni quantistiche del campo scalare sono diventate fluttuazioni su larga scala. Il processo di formazione delle strutture astrofisiche osservate oggi `e il frut-to dell’instabilit`a gravitazionale. La gravit`a infatti amplifica le disomogeneit`a portando ad un aumento delle differenze nella distribuzione della materia nell’universo. Proprio dall’osservazione degli effetti che la fase di inflazione ha avuto sulla formazione delle perturbazioni si riesce oggi ad ottenere dei dati sperimentali importanti per vincolare la teoria.

Un approccio del tutto diverso e innovativo rispetto a quello utilizzato da A.Guth `e costituito dal tentativo di spostare la speculazione teorica dalle sorgenti gravitazionali alla struttura delle equazioni di Einstein. Infatti se si considera realisticamente che la descrizione dell’interazione gravitazionale ad alte energie sia inadeguata, si pu`o cercare di modificare la teoria in modo da ammettere comportamenti diversi nelle condizioni di non applicabilit`a della teoria classica. Le teorie della gravit`a f (R) si basano proprio su queste assunzioni. Si descriver`a nell’ultimo capitolo come da un caso particolare delle teorie della gravit`a f (R) nasca una promettente descrizione dell’inflazione proveniente dal comportamento peculiare della gravit`a generale ad alte energie.

Nella formulazione delle leggi che descrivono i fenomeni cosmologici si utilizzer`a la convenzione tipicamente adottata nello lo studio della Relativit`a Generale in cui si utiliz-zano le unit`a di misura naturali. Queste unit`a di misura sono definite imponendo che le costanti fisiche fondamentali come la velocit`a della luce e la costante di Planck abbiano valore unitario: c = ~ = 1. In pi`u si specifica che verr`a utilizzata la convenzione sulla

(18)

8 Capitolo 1. Introduzione segnatura della metrica: (−, +, +, +).

Per chiarificare la notazione utilizzata di seguito si espone brevemente il valore delle costanti fondamentali utilizzate. La costante GN `e la costante di gravitazione universale

di Newton [16]:

GN = 6, 6738(8)· 10−11m3/(Kg· s2) .

La massa di Planck `e definita nel modo seguente: mp = p ~c/GN = G−1/2N c=~=1 .

Per semplicit`a di notazione, a volte, si inserisce nelle equazioni la massa di Planck ridotta MP = (~c/8πGN)1/2 con valore [16]:

(19)

Capitolo 2

Cenni sul modello standard della

cosmologia

In questo capitolo si affronter`a brevemente il percorso che, dai principi e dalle osservazioni sperimentali esposti nell’introduzione, ha portato alla formulazione della teoria che oggi `e chiamata modello standard della cosmologia.

2.1

La metrica di Robertson-Walker

Si `e esposto nell’introduzione come le osservazioni sperimentali indichino la possibilit`a di assumere con buona approssimazione l’isotropia e l’omogeneit`a dello spazio su larga scala. Questi principi quindi costituiscono la base su cui poter costruire una teoria cosmologica. Allo stesso tempo si `e evidenziato, attraverso le osservazioni di Hubble, come l’universo sia in espansione. Per questo motivo non si deve considerare l’ipotesi di spaziotempo omogeneo e isotropo, bens`ı un modello pi`u realistico in cui la variet`a spaziotemporale M `e composta da una parte temporale ed una parte spaziale con particolari propriet`a di simmetria. Questa richiesta, nel contesto della Relativit`a Generale, equivale alla richiesta che lo spaziotempo possa essere decomposto in una foliazione formata da ipersuperfici spaziali: M = R × Σt. Ogni sottovariet`a Σtviene ipotizzata essere omogenea e isotropa.

Per questo motivo la metrica che descrive le propriet`a geometriche della variet`aM dovr`a avere la forma descritta nella formula seguente:

ds2 =−dt2+ a2(t)dσ2 , (2.1)

in cui dσ rappresenta lo spostamento infinitesimo sulla sottovariet`a Σt:

dσ2 = gijdxidxj ; (2.2)

si `e inoltre definito a(t) come il fattore di scala. Le coordinate utilizzate {t, xi} sono

definite coordinate comoventi in quanto la metrica non ha il termine dtdxied il coefficiente

di dt2 `e indipendente da xi. Una variet`a n-dimensionale con le propriet`a di omogeneit`a

e isotropia `e detta avere le propriet`a di massima simmetria. Per questo il tensore di Riemann si pu`o scrivere nel modo seguente [5]:

(20)

10 Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia in cui la costante k rappresenta lo scalare di Ricci normalizzato:

k = R

n(n− 1) . (2.4) Considerando n = 3 si ottiene k = R/6. In questo modo il tensore di Ricci diventa:

Rij = 2kgij . (2.5)

Data l’assunzione che lo spazio abbia propriet`a di massima simmetria sicuramente avr`a simmetria sferica. La metrica spaziale pu`o essere scritta quindi:

dσ2 = exp (2β(r)) dr2+ r2 dθ2+ sin2(θ)dφ2

, (2.6) con l’introduzione delle coordinate polari {r, θ, φ} ed un parametro β(r). Andando a risolvere l’equazione (2.5) in funzione di β si ottiene la seguente metrica spaziale:

dσ2 = dr

2

1− kr2 + r

2 2+ sin2(θ)dφ2

. (2.7) Si pu`o quindi scrivere la metrica della variet`a spaziotemporale M sfruttando il risultato (2.7), ottenendo la metrica di Robertson-Walker:

ds2 =−dt2+ a2(t)  dr2 1− kr2 + r 2 2+ sin2(θ)dφ2  . (2.8) Come prima cosa si osserva che il valore di k pu`o essere ricondotto ai valori {+1, 0, −1} attraverso una ridefinizione della coordinata r e del fattore di scala a(t)A. Il parametro k

inoltre risulta fondamentale per definire le caratteristiche geometriche dello spazio. Infatti si vede facilmente come la metrica spaziale gij descritta dalla (2.7) si riduce esattamente

alla metrica euclidea per k = 0, (R = 0). In questo caso l’ipersuperficie Σt ha curvatura

nulla e si `e in condizioni di spazio piatto euclideo. Si definisce spazio chiuso la situazione in cui si ha curvatura positiva con k = +1 e spazio aperto il caso in cui si ha curvatura negativa con k =−1. Si veda la Figura 2.1 per una intuizione geometrica dei vari scenari.

2.2

La legge di Hubble

Considerando le propriet`a geometriche dello spaziotempo sul larga scala evidenziate nella sezione precedente, si dar`a una giustificazione geometrica della legge di Hubble esposta qualitativamente nell’introduzione.

Si pu`o definire la distanza propria tra due punti P e P0 nel modo seguente:

dp = Z r 0 adr0 √ 1− kr02 = af (r) ; (2.9) A Se si ipotizza avere k =

±|ε|, si possono ridefinire r ed a nel modo seguente: r0 =√εr , a0= a/√ε .

(21)

Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia 11

k < 0

k > 0

k = 0

Figura 2.1: Un esempio di spazi curvi due dimensionali.

in cui si `e definito P0 come origine delle coordinate. Si trova facilmente che f (r) diventa

[5]: f (r) =     sin−1(r) k = +1 ; r k = 0 ; sinh−1(r) k = −1 . (2.10) Se i due punti P e P0 sono considerati in quiete rispetto al sistema comovente il valore delle

loro coordinate {r, θ, φ} rimane fisso. La distanza propria dp sar`a determinata dal valore

del parametro di scala a(t) e quindi sar`a dipendente dall’evoluzione delle dimensioni dell’universo su larga scala. Cos`ı si ottiene la relazione che esprime l’evoluzione della distanza propria nel tempo:

dp(t) = a(t)f (r) =

a(t) a0

dp(t0) . (2.11)

Si trova semplicemente che la velocit`a radiale, dovuta all’evoluzione del parametro di scala, rispetto all’origine P0, `e data dalla relazione:

dp

dt = vr= ˙af (r) = ˙a

adp . (2.12) Definita la costante di Hubble come:

H(t) = ˙a

(22)

12 Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia l’equazione (2.12) diventa la legge di Hubble.

La costante H(t) si definisce pi`u correttamente parametro di Hubble in quanto non `e una vera costante ma varia in funzione del tempo. L’incertezza sul suo valore `e solitamente inserita attraverso l’introduzione del parametro h. Secondo le ultime osservazioni il suo valore attuale H0 `eB:

H0 = 100hKm· s−1M pc−1 ; (2.14)

il valore di h secondo i dati attualmente disponibili assume un valore [2]:

h = (0.678± 0.009) . (2.15) Si vede che l’evoluzione dell’universo parametrizzata attraverso a(t) provoca un effettiva modifica delle distanze tra le galassie. Questo effetto `e osservato nella realt`a attraverso le applicazioni sperimentali della relazione distanza-luminosit`a che coinvolgono un com-plesso processo di osservazione delle distanze extragalattiche. Le dimensioni intrinseche delle strutture galattiche rimangono invariate essendo dovute alle forze gravitazionali interstellari che sono dominanti rispetto agli effetti su larga scala.

2.3

Le equazioni di Friedmann

La grande convenienza dell’avere ipotizzato dei principi su cui basare la semplificazione e l’identificazione di una metrica cosmologica `e il fatto che ora si pu`o risolvere l’equazione di Einstein avendo diminuito il numero di gradi di libert`a. L’equazione di Einstein `e la seguente:

Rµν−

1

2Rgµν = 8πGNTµν . (2.16) La soluzione dell’equazione (2.16) collega l’andamento del fattore di scala al tensore energia-impulso Tµν, il quale rappresenta la presenza di densit`a di materia e di energia

nell’universo. Sembra naturale conseguenza delle assunzioni gi`a fatte considerare in pri-ma approssipri-mazione la pri-materia presente nell’universo come un fluido perfetto comovente. La richiesta che sia comovente `e necessaria per mantenere l’ipotesi di isotropia in quan-to una velocit`a di deriva vi di questo fluido comporterebbe la possibilit`a di effettuare

misure sperimentali che individuassero una direzione privilegiata. Si `e dimostrato che sperimentalmente su larga scala questo non viene osservato.

Il tensore energia-impulso che descrive un fluido perfetto ha la forma [20]:

Tµν = (ρ + p)uµuν+ pgµν . (2.17)

Poich´e la quadrivelocit`a di un fluido comovente `e: uµ= gµνuν = (−1, 0, 0, 0), Tµν diventa:

Tµν =      ρ 0 0 0 0 gijp 0 0      . (2.18)

BIl pedice 0 indica la quantit`a calcolata al tempo t

(23)

Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia 13 La precedente definizione pu`o essere scritta pi`u semplicemente come:

ν = diag[−ρ, p, p, p] , (2.19) in cui ρ `e la densit`a di energia e p `e la pressione del fluido misurate da un osservato-re localmente inerziale. L’equazione di Einstein (2.16) viene semplificata notevolmente attraverso queste assunzioni. Dalle componenti µν=ij e µν=00 si ottengono:

¨ a a =− 4πGN 3 (ρ + 3p) ; (2.20)  ˙a a 2 = 8πGN 3 ρ− k a2 . (2.21)

Queste sono le equazioni di Friedmann che descrivono l’andamento del parametro di scala cosmico in funzione della curvatura intrinseca dello spazio e della materia presente nell’universo.

Per trovare una soluzione dell’equazione che esprima la dinamica di a(t), `e necessario considerare una ulteriore propriet`a del tensore energia-impulso che deriva direttamente dalla legge di continuit`a definita nel contesto della relativit`a ristretta:

∂Tµ ν

∂xµ = 0 . (2.22)

Per questo motivo si deve avere valida l’equazione

∇µ(Tµν) = 0 (2.23)

che rappresenta una generalizzazione della legge di conservazione dell’energia ed esprime la legge del moto per le sorgenti del campo gravitazionale. Dalla componenteν=0 si deriva

la seguente formula:

∂0ρ + 3

˙a

a(ρ + p) = 0 . (2.24) La precedente equazione esprime un ulteriore vincolo per il sistema.

Come passaggio successivo nella costruzione di un modello si deve ipotizzare la natura del fluido perfetto che approssima la materia presente nell’universo. Questo `e possibile farlo trovando un’equazione di stato che metta in relazione i valori di densit`a di energia e pressione. L’equazione di stato per un fluido perfetto assume la forma generale:

p = ωρ . (2.25) Introducendo l’equazione di stato nella (2.24) si ottiene:

ρa3(1+ω) = const . (2.26) L’equazione di Friedmann (2.21) pu`o essere riscritta nel modo seguente:

Ω− 1 = k

(24)

14 Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia L’ultimo passaggio `e stata fatto definendo il parametro di densit`a Ω = ρ/ρc e la densit`a

critica:

ρc=

3H2

8πGN

= 3MP2H2 . (2.28) Il suo valore attuale `e [17]:

ρc,0 = 1.05375(13)· 10−5h2 GeV /c2 · cm−3 . (2.29)

La densit`a di energia ρc`e definita critica poich´e il suo valore rappresenta un valore limite

tra diversi scenari. Infatti il segno della costante di curvatura cambia se il rapporto Ω `e sottounitario o sovraunitario. Come si sottolineer`a in seguito, il valore di Ω cos`ı altamente vicino all’unit`a sar`a uno dei problemi non risolti della teoria cosmologica che ha portato alla ipotesi del modello inflazionario.

Bisogna inoltre sottolineare il fatto che le equazioni di Friedmann possono essere ulteriormente modificate con l’aggiunta nell’equazione di Einstein di un termine chiamato costante cosmologica. Questo pu`o essere considerato come un contributo aggiuntivo al tensore energia-impulso: ˜ Tµν = Tµν − Λ 8πGN gµν = (˜ρ + ˜p)uµuν + ˜pgµν , (2.30) con la ridefinizione: ˜ p = p Λ 8πGN ; ρ = ρ +˜ Λ 8πGN . (2.31) Di fatto, in questa interpretazione, la costante cosmologica non modifica le equazioni di Friedmann ma aggiunge la possibilit`a di avere densit`a di energia del fluido perfetto con una equazione di stato:

p =−ρ , ω = −1 . (2.32) Un fluido con queste propriet`a genera una pressione negativa producendo un effetto gravitazionale repulsivo che contribuisce ad accelerare l’espansione.

2.4

I modelli di Friedmann

I modelli di Friedmann descrivono i possibili andamenti del parametro a(t) in base ai vari valori di k, Ω e ω. Come si `e sottolineato in precedenza, il parametro k indica la curvatura intrinseca dello spaziotempo, mentre il valore di ω fissa l’equazione di stato che descrive in modo approssimato il fluido che riempie l’universo.

Si possono fare varie distinzioni. Se si approssima il fluido a materia non relativistica (chiamata polvere), ω assume il valore nullo. Questa propriet`a deriva dal fatto che per particelle non relativistiche la pressione `e essenzialmente nulla. Se il fluido lo si ipotizza essere composto principalmente da materia relativistica e radiazione si ottiene ω = 1/3. Questo risultato si trova considerando il fatto che particelle relativistiche e radiazione si comportano analogamente per quanto riguarda l’equazione di stato. Quindi se si calcola il tensore energia-impulso per i fotoni, da questo si deriva in buona approssimazione il

(25)

Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia 15 comportamento delle particelle relativistiche. Secondo la teoria dell’elettromagnetismo si ha [12]: Tµν = 1 4π  FµλFνλ− 1 4g µνFλσF λσ  . (2.33) La traccia della precedente espressione `e:

µ = 1 4π  FµλFµλ− 1 44F λσF λσ  = 0 . (2.34) Confrontando questo risultato con l’equazione (2.19), si ottiene un’equazione di stato con ω = 1/3. Inoltre si `e gi`a trovato che se si considera il contributo del termine dovuto alla costante cosmologica, si ha un valore ω =−1.

Nella risoluzione delle equazioni si dovr`a tenere conto del contributo di ogni tipo di materia ed energia presente nell’universo:

ρ =X

i

ρi . (2.35)

Se si riscrive l’equazione (2.21) considerando la densit`a ρ in funzione del tempo (si veda l’equazione (2.26)) si ottiene [21]:  ˙a a 2 ∼ H02  ΩΛ+ Ωp a0 a 3 + ΩR a0 a 4 − ak2 . (2.36) Si pu`o osservare come per valori piccoli di a(t) la componente dovuta alla radiazione sia dominante. Analogamente per grandi valori di a(t) la componente dovuta alla costante cosmologica da il contributo prevalente.

E’ interessante definire il tempo teq in cui si ha la condizione:

ρm = ρr . (2.37)

Questo istante viene definito il momento in cui si ha l’uguaglianza dei contributi alla densit`a di energia dovuti alla presenza di polvere e di radiazione. La condizione prece-dente segna il passaggio da un universo dominato da radiazione (t < teq) ad un universo

dominato da polvere (t > teq). Si stima il valore di redshift C a t = teq dell’ordine di [17]:

zeq = 3360(70) . (2.39)

Per quanto detto, nei periodi precedenti al tempo teq, si considerer`a con buona

approssi-mazione la densit`a di energia dominata dal contributo di radiazione, quindi uno sviluppo definito con ω = 1/3; mentre per periodi successivi al tempo teq si utilizzeranno i risultati

consistenti con un modello dell’universo dominato da materia non relativistica con ω = 0.

Cz `e il redshift cosmologico:

z = a0

a − 1 . (2.38)

z cos`ı definito rappresenta la variazione relativa del fattore di scala. Si pu`o utilizzare il valore di z come parametro al posto del tempo indicando una quantit`a al valore di redshift cosmologico z∗ come la

quantit`a calcolata al tempo t∗ in cui z= a0

(26)

16 Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia Come sottolineato dall’equazione (2.36) per tempi sufficientemente grandi il contribu-to costituicontribu-to dal termine dovucontribu-to alla costante cosmologica diventa dominante. Secondo le osservazioni attuali infatti si stima che approssimativamente il 70% della densit`a di energia attuale nell’universo sia dovuta alla presenza di quella che `e chiamata energia oscura . La natura dell’energia oscura non `e ancora del tutto chiara in quanto, se inter-pretata come densit`a di energia del vuoto, si ha un enorme disaccordo tra le osservazioni sperimentali e le predizioni teoriche che derivano dalle teorie delle particelle fondamentali. Ci si soffermer`a soprattutto sulle soluzioni che si ottengono con k = 0 D lasciando il

valore di ω come parametro e trascurando il termine dovuto alla costante cosmologica. Si dimostra [6] che tutti i modelli di Friedmann con un valore di ω compreso nell’intervallo (−1/3, 1) possiedono un punto in cui il valore del fattore di scala raggiunge 0 in un tempo finito nel passato. Questa propriet`a implica il raggiungimento di una singolarit`a spaziotemporale e ha portato alla teoria del Big Bang. Per vedere in maniera pi`u accurata le soluzioni che descrivono il modello di Friedmann si riscrive l’equazione (2.21) nel modo seguente grazie alla (2.26):

 ˙a a0 2 = H02  Ω0ω a0 a 1+3ω + (1− Ω0ω)  . (2.40) Integrando l’equazione nel caso k = 0 si ottiene la soluzione [6]:

a(t) = a0

 t t0

2/3(1+ω)

; (2.41)

l’et`a dell’universo diventa (tempo trascorso dal momento in cui a(t) = 0): t0ω =

2 3(1 + ω)H0

. (2.42)

Dall’equazione (2.41) si ottiene l’andamento del parametro di Hubble: H(t) = 2

3(1 + ω)t . (2.43) Risultati analoghi possono essere trovati per i casi in cui k 6= 0.

E’ importante comunque notare il fatto che l’approssimazione k = 0 `e una buona approssimazione fino a che nell’equazione (2.40) il termine (1− Ω0ω) rimane trascurabile

rispetto al termine precedente, cio`e: a0 a ' z  Ω−1 − 1 1/(1+3ω) . (2.44) Finch´e a `e abbastanza piccolo da mantenere valida la condizione precedente si pu`o approssimare l’equazione (2.40) togliendo il termine dovuto alla curvatura.

DSi dimostrer`a successivamente la validit`a dell’approssimazione k

' 0 nel caso in cui vengano utilizzati i risultati ottenuti in base a questa. Infatti si `e gi`a sottolineato come un valore di Ω molto vicino all’unit`a implica un valore della costante di curvatura vicino all’essere nullo. Si veda il vincolo di approssimabilit`a nell’equazione (2.44).

(27)

Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia 17 Sar`a utile successivamente avere un’espressione che descriva come il parametro di densit`a evolve nel tempo. Dall’equazione (2.26) si ottiene facilmente:

ρω(z) = ρ0ω(1 + z)3(1+ω) . (2.45)

Il parametro di densit`a in funzione del redshift `e espresso nel modo seguente: Ωω(z) =

ρω(z)

[3H(z)2/8πG N]

. (2.46)

Questa relazione, con qualche passaggio algebrico, pu`o essere scritta cos`ı: Ω−1ω (z)− 1 = Ω

−1 0ω − 1

(1 + z)1+3ω . (2.47)

Si osserva che se il parametro di densit`a fosse uguale a 1, rimarrebbe invariato in qualsiasi istante di tempo precedente o successivo. Analogamente si vede che se fosse Ω > 1 o Ω < 1, l’espansione dell’universo non ne modificherebbe questa propriet`a. Questa `e una semplice conseguenza del fatto che l’evoluzione dell’universo non pu`o modificare il segno del parametro k.

2.5

Orizzonti cosmologici

Uno dei principi su cui si basano le teorie della relativit`a, sia speciale che generale, `e il fatto che nessun segnale pu`o essere trasmesso da un punto ad un altro dello spazio con velocit`a maggiori della velocit`a della luce. Per questo motivo si possono definire delle distanze cosmologiche caratteristiche che descrivono i punti che possono essere entrati in contatto causale tra di loro.

La struttura causale `e descritta in maniera chiara dai grafici dei coni di luce nei vari punti dello spaziotempo. Si trova semplicemente che con l’osservatore posto nell’origine possono entrare in contatto causale solo gli eventiE situati all’interno del suo cono di luce

passato. Poich´e la forma dello spaziotempo `e in evoluzione in funzione del parametro di scala, la formulazione delle distanze percorse dalla luce `e non banale. Per questo motivo anche la struttura dei coni di luce avr`a una natura complessa.

Il luogo dei punti che possono essere entrati in contatto causale con l’osservatore deve essere contenuto all’interno della sfera di raggio proprio R(t) definito come F:

Rc(t) = a(t) Z t 0 c a(t0)dt 0 . (2.48)

La superficie sferica con questo raggio si definisce orizzonte delle particelle. Si osserva che l’integrale `e convergente solo se l’andamento del fattore di scala `e del tipo:

a(t) ' tβ , 0 < β ∈ [0, 1) . (2.49)

EPer evento si considera un punto della variet`a spaziotemporale di Minkowski

M. Per contatto causale si indica la possibilit`a di inviare un segnale di qualsiasi tipo.

FIn questo caso si lascia specificato c per chiarezza, successivamente si continuer`a ad utilizzare la

(28)

18 Capitolo 2. Cenni sul modello standard della cosmologia Tenendo presente la formula (2.41), questa caratteristica si riflette su una condizione per ω: ω >−1/3. Si vede immediatamente che se `e valida la condizione necessaria per l’esi-stenza del Big Bang: ω = (−1/3, 1), si ha un orizzonte delle particelle finito. Utilizzando l’equazione (2.40) si ottene una formula per calcolare l’orizzonte delle particelle:

Rc = a(t) H0a0 Z a(t) 0 da0 a0[Ω 0ω(a0/a0)1+3ω + (1− Ω0ω)]1/2 . (2.50) Se si lavora nell’approssimazione (2.44), integrando la precedente espressione si ottiene:

Rc(t)' 3

1 + ω

1 + 3ωt . (2.51) Si pu`o considerare un secondo tipo di orizzonte: l’orizzonte cosmologico, o altrimenti definito come la sfera di Hubble. Questa sfera contiene tutti i punti che si trovano al-l’interno di una distanza RH dall’osservatore. Il significato di questa distanza pu`o essere

trovato riconsiderando la legge di Hubble nella formula (2.12). La formula impone che debba esistere una distanza alla quale la velocit`a di recessione delle galassie diventa uguale alla velocit`a della luce. Si trova che il valore del raggio di Hubble vale semplicemente:

RH = c a ˙a = 1 H     c=1 . (2.52)

L’orizzonte cosmologico rappresenta le dimensioni caratteristiche dell’universo osservabile al tempo considerato. E’ notevole il fatto che, consistentemente con la condizione Ω' 1, se si confrontano le equazioni (2.52),(2.51) alla luce di quanto trovato nella (2.42), si osserva che: RH = 3 2(1 + ω)t = 1 2(1 + 3ω)Rc' Rc . (2.53) Si vede che `e valida l’uguaglianza stretta nel caso con ω = 1/3. Nelle fasi iniziali del-l’universo si ha la fase dominata da radiazione. Perci`o nella trattazione del problema dell’orizzonte cosmologico verr`a utilizzato Rc in maniera analoga a RH.

Un’ulteriore definizione di orizzonte `e quella dell’orizzonte degli eventi. In analogia con la definizione per i buchi neri, l’orizzonte degli eventi `e un corrispettivo dell’orizzonte delle particelle diretto verso il futuro. Questo infatti rappresenta la distanza RE tale che

i punti che si trovano a distanze maggiori dall’osservatore non potranno mai entrarci in contatto causale in futuro. Questa distanza `e definita dallo spazio che riesce a viaggiare un fotone dal tempo considerato al tempo massimo raggiungibile (tmax nel caso del Big

Crunch, ∞ negli altri casi) :

RE = a(t) Z tmax t c a(t0)dt 0 . (2.54)

(29)

Capitolo 3

La teoria dell’inflazione

In questo capitolo si descriver`a la teoria dell’inflazione partendo dall’esposizione della necessit`a di una teoria cosmologica alternativa. L’inflazione nasce dalla richiesta di un processo capace di provocare un’epoca di espansione accelerata nelle fasi iniziali dell’uni-verso. Si esporr`a in particolare come sia importante definire un meccanismo consistente con le osservazioni che porti all’interruzione di questa fase. Infine si analizzeranno i vincoli della teoria tra cui il numero di e-folding.

3.1

Il problema della piattezza

Le osservazioni sperimentali attuali indicano che il parametro di densit`a dell’universo `e [17]:

Ω0 = 1.000(7) . (3.1)

Come si `e sottolineato in pagina 14, il valore di Ω `e fondamentale per la definizione della curvatura dello spaziotempo. Analizzando la forma delle equazioni di Friedmann si vede che anche l’evoluzione del parametro di scala `e fortemente influenzata dal valore del parametro Ω. Si `e sottolineato che se il valore del parametro di densit`a fosse stato esattamente unitario sarebbe rimasto invariato nel tempo. Un valore leggermente diverso da 1 sarebbe affetto dall’evoluzione del parametro di scala nel modo caratteristico espresso nell’equazione (2.47). Sapendo una stima del suo valore attuale, si pu`o vedere come `e evoluto a partire dal Big Bang. Utilizzando come coordinata il redshift al posto del tempo si pu`o vedere facilmente come Ω−1

ω (z)− 1 decresca all’aumentare del valore z. Per questo

motivo, date le stime attuali, al tempo t = 1s dopo il Big Bang si ipotizza avesse un valore [13]:

|Ω − 1| . 10−16 . (3.2) Negli istanti ancora precedenti avrebbe dovuto avere un valore ancora minore. Que-sta stima `e Que-stata calcolata considerando validi i modelli di Friedmann con k ' 0. L’approssimazione `e valida perch´e la condizione (2.44) `e soddisfatta.

Il fatto che questo valore sia cos`ı ben calibrato vicino al valore critico lascia dei dubbi sulla reale probabilit`a che sia frutto delle condizioni iniziali. In alternativa si potrebbe ipotizzare lo spaziotempo su larga scala sia esattamente euclideo con k = 0 e Ω = 1. ´E necessario avere una forte condizione teorica per supportare questo poich´e

(30)

20 Capitolo 3. La teoria dell’inflazione qualsiasi esperimento che dia un valore compatibile con Ω = 1 lascer`a all’interno degli errori sperimentali la possibilit`a di avere diversi scenari: Ω0 < 1, Ω0 > 1, Ω0 = 1.

Se si ritiene valida l’interpretazione einsteiniana della relativit`a secondo cui le sorgenti gravitazionali siano responsabili della curvatura della variet`a spaziotemporale si deve avere una distribuzione di masse estremamente particolare per ottenere lo spazio euclideo. Secondo questo ragionamento quindi si ritiene necessario un processo che porti Ω verso l’unit`a.

Si pu`o anche evidenziare il fatto che la richiesta di avere la densit`a di energia tota-le dell’universo molto vicina alla densit`a critica `e necessaria per poter giustificare l’et`a dell’universo osservata A. Se si ipotizza una densit`a lievemente superiore a quella

criti-ca nelle fasi iniziali, si avr`a una curvatura positiva dello spaziotempo. Se si considera l’equazione (2.21) con k > 0 si vede che il termine k/a2 diventerebbe velocemente

do-minante, portando ad una decelerazione dell’espansione. Si avrebbe cos`ı il fenomeno del Big CrunchB. La fase di contrazione avverrebbe in scale temporali molto ridotte rispetto

all’et`a dell’universo attualmente stimata.

In maniera analoga potrebbe succedere se il valore della densit`a fosse leggermente pi`u basso del valore critico. Il termine di curvatura diventerebbe presto dominante dando per`o in questo caso contributo negativo. L’evoluzione non verrebbe frenata dall’attra-zione gravitazionale portando l’universo alle dimensioni attuali in un tempo brevissimo. Per questo motivo il problema della piattezza pu`o essere visto come la domanda del come abbia fatto l’universo ad arrivare alle dimensioni attuali in un tempo cos`ı vasto. Ovviamente nessuna osservazione sperimentale o teoria fisica impedisce che una perfetta scelta delle condizioni iniziali sia avvenuta realmente in modo casuale. D’altro canto `e necessario ammettere che una situazione di questo tipo sarebbe molto improbabile.

Si vedr`a che la teoria dell’inflazione cosmologica prevede un valore della densit`a cos`ı vicino al valore critico come conseguenza dell’espansione dell’universo avvenuta nell’epoca inflazionaria.

3.2

Il problema dell’orizzonte cosmologico

Le osservazioni della radiazione cosmica di fondo evidenziano un grande grado di omo-geneit`a della superficie di ultimo scattering. E’ importante sottolineare il fatto che la radiazione CMB `e stata liberata in un secondo momento rispetto al Big Bang, precisa-mente nel momento in cui la densit`a di energia si `e abbassata al punto tale da permettere ai fotoni di propagarsi liberi.

Finch´e T & 3000◦K, i fotoni termici hanno un’energia capace di ionizzare gli

ato-mi che si formano, quindi essenzialmente gli elettroni possono essere considerati liberi. Poich´e i fotoni interagiscono fortemente con gli elettroni liberi attraverso lo scattering Thompson, il libero cammino medio della radiazione `e molto breve. L’universo diventa

AL’et`a dell’universo (tempo proprio trascorso dal Big Bang ai giorni nostri) secondo i modelli pi`u

recenti `e stimata essere [1]: t0= (13.81± 0, 05)Gyr .

BL’evoluzione dell’universo che porta al Big Crunch `e caratterizzata dal fatto di presentare un punto

di massima espansione tmoltre il quale l’universo comincia una contrazione. Questo porta ad una nuova

(31)

Capitolo 3. La teoria dell’inflazione 21 trasparente rispetto alla radiazione quando la temperatura cala in modo da permettere la ricombinazione, cio`e la formazione stabile degli atomi. Il passaggio dell’universo dall’es-sere opaco rispetto alla radiazione all’esdall’es-sere quasi completamente trasparente `e chiamato decoupling: disaccoppiamento radiazione-materia.

La posizione temporale in cui si pu`o trovare la superficie di last scattering, secondo gli studi attuali, `e ben descritta dalla funzione di visibilit`a ψ. Questa funzione ψ rappresenta la probabilit`a che un fotone osservato sia stato diffuso nell’intervallo di redshift dz. Si dimostra [13] che ψ `e ben approssimata da un curva gaussiana con valore medio zls= 1100

e una larghezza ∆z = 80.

Per raggiungere il grado di omogeneit`a osservato `e necessario per lo meno che la superficie di last scattering sia entrata interamente in contatto causale. Se si analizzano i seguenti risultati si trova che secondo il modello di Friedmann questo non `e potuto accadere. Prendendo il valore del redshift medio per la superficie di ultimo scattering zls ' 1100, si trova che la distanza comovente che la radiazione cosmica di fondo ha

percorso dal momento della sua emissione `e: rls =

Z t0

tls

dt0

a(t0) . (3.3)

Per il calcolo dell’integrale si considerano valide le seguenti approssimazioni: Ω' 1, come suggerito dalle osservazioni sperimentali ed essendo verificata la condizione (2.44); ω = 0. Il secondo valore contraddistingue un universo dominato da polvere. Questa assunzione `e valida poich´e la superficie di last scattering si `e presentata successivamente al momento di uguaglianza polvere-radiazione: zls < zeq. In queste condizioni, dall’equazione (3.3) si

trova la distanza comovente C:

rls' 1 a(tls) (t0− tls) (1 + zls) ' 1 a(tls) t0 zls . (3.4)

Il valore stimato per le dimensioni proprie dell’orizzonte delle particelle nel momento di last scattering `e [6]: Rc    ω=0,t=tls ' 3tls= 3t0zls−3/2 ; (3.5)

si sono utilizzate le equazioni (2.51) e (2.41). Se si confrontano le due lunghezze comoventi si osserva che:

rc=

3 a(tls)

t0zls−3/2= 3rlsz−1/2ls ' 10−1rls . (3.6)

Attraverso la relazione precedente si trova che:

rc< rls . (3.7)

Questo risultato afferma con chiarezza che la superficie di ultimo scattering non `e potu-ta entrare interamente in conpotu-tatto causale. ´E impossibile quindi che il raggiungimento dell’omogeneit`a sia frutto di un processo che porta all’equilibrio termico.

Secondo il precedente ragionamento, il fatto di osservare una isotropia quasi perfetta della CMB implica una forte correlazione tra zone non entrate in contatto causale tra loro.

(32)

22 Capitolo 3. La teoria dell’inflazione La condizione ipotizzata ancora una volta pu`o essere raggiunta solamente tramite una perfetta scelta delle condizioni iniziali dell’universo. Questo viene definito il problema dell’orizzonte cosmologico.

Se l’orizzonte che descrive la connessione causale avesse avuto evoluzioni diverse da quelle ipotizzate dal modello di Friedmann, l’isotropia e l’omogeneit`a sulla superficie di last scattering potrebbero essere spiegate.

3.3

Il modello dell’inflazione

La teoria dell’inflazione nasce per trovare la soluzione dei problemi del modello standard della cosmologia. In generale prevede un’epoca in cui si ha una espansione accelerata dell’universo formalizzata nel modo seguente:

¨ a(t)

t∈[ti,tf]

> 0 . (3.8) Si vedr`a come questa espansione accelerata possa risolvere i problemi della piattezza e dell’orizzonte. Successivamente si descriveranno i vincoli della teoria.

Per prima cosa si consideri il problema dell’orizzonte cosmologico. Per avere uno sce-nario altamente isotropico senza ricorrere a doversi affidare ad una scelta perfetta delle condizioni iniziali, basta dimostrare che la superficie di ultimo scattering sia entrata inte-ramente in contatto causale per un tempo sufficientemente prolungato tale da permettere il raggiungimento di un buon livello di equilibrio termico. Si consideri una regione Θ con dimensioni caratteristiche proprie rappresentate dalla scala di lunghezza L; questa `e in grado di divenire connessa causalmente se L `e minore della distanza Rc definita come

l’orizzonte delle particelle. Al posto di Rc si prenda la distanza di Hubble RH, essendo

queste paragonabili come descritto nell’equazione (2.53). La differenza tra le due a livello concettuale `e il fatto che Rctiene conto di quello che `e successo nel passato dal momento

in cui a(t) = 0, perci`o una regione che `e entrata nell’orizzonte delle particelle non ne pu`o uscire successivamente. Invece la definizione dell’orizzonte di Hubble `e una definizione dipendente dall’istante t che si sta considerando. Il suo valore in termini di distanza propria `e definito dalla relazione (2.52). Il suo valore comovente `e definito come:

rH = RH a(t) = 1 Ha = 1 ˙a . (3.9) I vari modelli di Friedmann, trascurando il contributo dovuto alla costante cosmologi-ca, hanno tutti la caratteristica di avere una espansione decelerata in funzione del tempo. Per questo motivo l’orizzonte cosmologico si espande con il passare del tempo. Si osserva che la regione Θ di dimensioni comoventi l diventa causalmente connessa nel momento in cui l’orizzonte di Hubble comovente raggiunge le dimensioni:

rH = l . (3.10)

Se si immagina un processo attraverso il quale l’orizzonte cosmologico diminuisce le sue dimensioni fino al punto che la regione ormai causalmente connessa l che era al suo interno ne fuoriesca, si potrebbe risolvere il problema della isotropia della radiazione

(33)

Capitolo 3. La teoria dell’inflazione 23 t rH(t) rH(ti) ti t2 tf rH(t0) rH(tf) t0 t3 l t1

Figura 3.1: La figura rappresenta l’andamento indicativo dell’orizzonte cosmologico in funzione del tempo. In particolare descrive la possibilit`a che una certa scala di lun-ghezza l gi`a entrata all’interno dell’orizzonte cosmologico possa successivamente uscirne e viceversa. La fase di espansione predetta dall’inflazione avviene nell’intervallo di tempo (ti, tf).

CMB. Questa fase la si consideri attiva dal tempo ti al tempo tf. Nella Figura 3.1 si

pu`o vedere il grafico dell’ipotetica evoluzione dell’orizzonte cosmologico comovente in funzione del tempo. Durante il periodo compreso in [ti, tf], gli oggetti che si trovano al di

fuori di rH sono gi`a entrati in contatto causale tra loro ma non possono pi`u comunicare

poich´e si trovano a distanze superiori del loro orizzonte cosmologico. In maniera ancora pi`u precisa si pu`o notare che la regione causalmente connessa `e in realt`a quella contenuta nella sfera di raggio rH(ti). Finita la fase inflazionaria l’universo riprende la sua evoluzione

descritta dai modelli di Friedmann con radiazione e polvere. In questo modo l’orizzonte cosmologico ricomincia a crescere facendo in modo che un osservatore nell’origine sia in grado nuovamente di osservare le regioni che ne erano uscite.

Un osservatore ignaro della fase di espansione accelerata osserverebbe la radiazione proveniente da zone apparentemente sconnesse tra loro presentare un alto grado di iso-tropia. Per questo motivo il problema dell’orizzonte cosmologico viene risolto tramite la fase di rapida espansione se si ha:

rH(t0) < rH(ti) . (3.11)

Secondo questo modello la caratteristica importante della fase inflazionaria, avvenuta nell’intervallo [ti, tf], `e quella di implicare la diminuzione della distanza di Hubble

como-vente rH. Per questo motivo la condizione di inflazione pu`o anche essere scritta nel modo

seguente:

d dt

1

(34)

24 Capitolo 3. La teoria dell’inflazione b rH(ti) rH(tf) rH(t0) Regione omogenea rH=raggio di Hubble

Figura 3.2: L’immagine rappresenta l’evoluzione dell’orizzonte cosmologico comovente durante l’epoca dell’inflazione. In questo modo la regione omogenea che ha gi`a raggiunto l’equilibrio termico, grazie all’espansione, raggiunge le dimensioni dell’universo osservabile rappresentate da rH.

in maniera del tutto equivalente alla condizione (3.8). Nella Figura 3.2 si pu`o vedere una rappresentazione diversa del processo inflazione che porta alla diminuzione dell’orizzonte cosmologico comovente.

In questa situazione si pu`o definire uno dei primi vincoli della teoria. Infatti per risol-vere il problema dell’orizzonte cosmologico `e necessario che la fase inflazionaria duri un tempo tale da permettere la riduzione dell’orizzonte di Hubble della quantit`a necessaria. Questo si traduce in un numero N chiamato numero di e-folding definito come:

N = lna(tf) a(ti)

. (3.13)

In seguito si troveranno i valori stimati per N .

La teoria dell’inflazione cosmologica porta alla risoluzione anche del problema della piattezza. Se si considera la fase di espansione accelerata si vede in maniera chiara come questa comporti un avvicinamento del parametro di densit`a dell’universo verso un valore unitario. Infatti se si consideri l’equazione (2.27)

Ω = 1 + k

H2a2 ; (3.14)

si nota subito che il valore del parametro Ω, anche da un valore casuale dato da condizioni iniziali poco specifiche, pu`o essere fatto tendere verso l’unit`a attraverso un particolare

(35)

Capitolo 3. La teoria dell’inflazione 25

t

Ω(t)

t

f

t

i

t

0

(a)

(b)

1

Figura 3.3: Nell’immagine `e rappresentato l’andamento del parametro di densit`a del-l’universo durante la fase di espansione. Con la curva (a) `e rappresentato il caso in cui Ω sia sottounitario (curvatura negativa), mentre con la curva (b) `e rappresentato il caso sovraunitario (curvatura positiva).

processo che faccia diminuire il termine|k|/H2a2. Ma questa condizione pu`o essere scritta

come:

d dt

|k|

H2a2 < 0 . (3.15)

Si vede immediatamente che questa condizione `e automaticamente soddisfatta se `e sod-disfatta la condizione per l’inflazione (3.12). Si veda Figura 3.3.

´

E importante ricordare come il modello inflazionario fu proposto in un primo mo-mento per ottenere la soluzione del problema dell’assenza di osservazioni di monopoli magnetici. Il problema consiste nel fatto che, secondo i modelli della teoria GUT del-l’unificazione delle forze fondamentali, ad alte energie possa avvenire la produzione di particelle fondamentali come i monopoli magnetici. La natura ed il processo di produ-zione di queste particelle non verranno trattati in questa tesi. Comunque `e importante sapere che nell’ambito della teoria delle interazioni fondamentali, una fase di espansione analoga a quella descritta finora avrebbe portato ad un abbassamento della probabilit`a di formazione di particelle di questo tipo dando una spiegazione teorica del perch´e non sono mai state osservate.

La nozione di espansione accelerata, per quanto sufficiente a dare una buona soluzione dei problemi principali del modello standard della cosmologia, lascia comunque una certa libert`a sul come effettivamente poter costruire un modello che descriva il processo di espansione.

3.4

L’inflazione generata da un campo scalare

L’inflazione non pu`o essere dovuta alla presenza di materia con le propriet`a esposte nel secondo capitolo. Infatti materia relativistica e non relativistica produce evoluzioni del

(36)

26 Capitolo 3. La teoria dell’inflazione parametro di scala non conformi alle richieste della teoria dell’inflazione. Se si osservano i possibili scenari descritti dal modello di Friedmann si nota che tutti descrivono un evoluzione del parametro a(t) con un andamento decelerato nel tempo. Partendo dal risultato trovato nell’equazione (2.41), si trova che si pu`o avere un valore di ¨a > 0 solamente con la condizione:

ω < 1

3 . (3.16)

Questo risultato pu`o essere trovato in maniera del tutto analoga considerando l’equazione (2.20). Per avere la condizione ¨a > 0 verificata, si ha il vincolo:

(ρ + 3p) < 0 , (3.17) che implica un vincolo su ω analogo a quello trovato precedentemente. Si potrebbe ipo-tizzare che l’espansione accelerata sia causata dalla presenza della costante cosmologica. Questo non `e possibile poich´e si `e gi`a visto come la costante cosmologica dia un contri-buto dominante per grandi valori di a(t). Se l’inflazione fosse provocata dalla presenza di un termine di questo tipo, non avrebbe modo di interrompersi.

La densit`a di energia ρ per definizione `e positiva, questo implica il fatto che l’ac-celerazione deve essere prodotta da un materiale con pressione negativa. Alan Guth, lavorando anche nel contesto della teoria delle particelle fondamentali, propose che que-sto materiale fosse un campo scalare chiamato inflatone. Nel conteque-sto della fisica delle particelle un campo scalare descrive una particella scalare con spin=0. Si pu`o trovare il tensore energia-impulso per un campo scalare che determina la forma della sorgente per le equazioni di campo di Einstein.

´

E utile ridefinire le equazioni di Einstein partendo dal principio di minima azione: S =

Z

d4x√−gL . (3.18) La densit`a di lagrangiana L per la teoria della relativit`a generale `e definita come lo scalare:

L = 1 2M

2

PR . (3.19)

R rappresenta lo scalare di curvatura che si ottiene dalla contrazione del tensore di Ricci. Attraverso il principio variazionale, sviluppando la variazione δS in funzione della metrica δgµν si ottengono le equazioni di Einstein (2.16) in assenza di sorgenti (Tµν = 0). Per

inserire il contributo dato da una ipotetica sorgente di campo gravitazionale, `e necessario inserire un termine alla densit`a di lagrangiana chiamato Lmat:

L = 1 2M

2

PR +Lmat . (3.20)

In maniera analoga a quanto fatto in precedenza, applicando il principio variazionale, si ottiene il tensore energia impulso Tµν con la forma:

Tµν =−2

Lmat

∂gµν + g µνL

mat . (3.21)

Il contributo dato dalla densit`a di lagrangianaLmatal tensore Tµν deve soddisfare i vincoli

(37)

Capitolo 3. La teoria dell’inflazione 27 Secondo la teoria dei campi la densit`a di lagrangiana per un campo scalare `e possibile scriverla nel modo seguente:

L = 1 2( ˙φ

2− ∇φ · ∇φ) − V (φ) ; (3.22)

il primo termine `e definito termine cinetico mentre il secondo `e definito potenziale. In notazione relativistica pu`o essere scritto facilmente:

L = −1 2g

µν

µφ∂νφ− V (φ) . (3.23)

Utilizzando l’equazione (3.21) il tensore energia-impulso per un campo scalare di questo tipo diventa: Tµν = ∂µφ∂νφ− gµν  1 2g αβ αφ∂βφ + V (φ)  . (3.24) Poich´e si deve applicare questo modello nell’ambito della teoria cosmologica standard `e necessario imporre una condizione. E’ stata infatti considerata valida fin dal principio l’assunzione che la metrica di Friedmann-Robertson sia quella che descrive l’universo nel sistema di riferimento comovente con il fluido cosmico nelle coordinate comoventi {t, xi}

o analogamente in quelle sferiche {t, r, θ, φ}. Nel sistema di riferimento comovente si ha la caratteristica di osservare una densit`a di quantit`a di moto del fluido ideale nulla. Questo vincolo deve essere applicato anche per la densit`a di quantit`a di moto dovuta alla presenza del campo scalare. Per questo motivo il contributo T0i `e posto uguale a 0.

Successivamente bisogna aggiungere il fatto che il campo scalare, in linea con le ipotesi su cui si sono basate le equazioni di Friedmann, deve essere considerato omogeneo in prima approssimazione D (∇φ = 0). Cos`ı si ottengono i contributi per densit`a di energia T

00 e pressione Tii: ρφ= 1 2φ˙ 2 + V (φ) ; (3.25) pφ= 1 2φ˙ 2− V (φ) . (3.26)

Queste relazioni rappresentano il contributo alla densit`a di energia ed alla pressione gene-rati dalla presenza di un campo scalare φ. Nonostante il fatto che si sta modellizzando il sistema come un fluido perfetto, non esiste una relazione esplicita tra densit`a e pressione con la forma analoga alla formula (2.20).

Data questa ipotesi sulla forma del tensore energia-impulso si possono derivare le equa-zioni di Friedmann in maniera analoga a come gi`a fatto nella sezione 2.3. Dall’equazione (2.24) si ricava l’equazione per la conservazione dell’energia:

∂0ρ + 3 ˙a a(ρ + p)     (ρφ,V,pφ,V) = 0 (3.27)

DLa teoria delle perturbazioni descrive come dalle perturbazioni quantistiche del campo scalare φ si

arrivi alla strutturazione delle disomogeneit`a che hanno portato alla formazione delle strutture galattiche osservate oggi. Per la trattazione del ”paradigma” dell’inflazione queste disomogeneit`a sono trascurate mentre ricoprono un ruolo fondamentale nel definire le osservazioni sperimentali che possono convalidare la consistenza della teoria dell’inflazione.

Figura

Figura 1.1: [6] Il grafico rappresenta la velocit`a di allontanamento delle galassie in funzione della loro distanza dalla terra
Figura 1.2: Immagine della radiazione cosmica di fondo (CMB) osservata dall’esperi- dall’esperi-mento “Planck” [1]
Figura 1.3: I grafici evidenziano in maniera indicativa le differenze tra il modello stan- stan-dard della cosmologia ed il modello modificato con l’introduzione dell’era inflazionaria
Figura 2.1: Un esempio di spazi curvi due dimensionali.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Si può tuttavia evitare di introdurre lo spazio assoluto, o qualsivoglia sistema privilegiato, definendo semplicemente come sistema di riferimento inerziale un sistema in cui

La responsabilità assume in questa prospettiva una duplice valenza, denota a livello personale il limite della sfera delle libertà dell’individuo, ma si consolida anche come un

Anche senza addentrarci nella teoria microscopica che richiederebbe l’utilizzo della seconda quantizzazione, queste equazioni permettono di descrivere qualitativamen- te il

[r]

Il teorema generale non `e conclusivo in questo caso e, per determinare la natura del punto stazionario P 0 , `e necessario studiare il segno di f in un intorno di (0, 0)... Nel

Il cambiamento della massa della scatola (M2-M1) si poteva ricavare con precisione dalle due pesate e moltiplicato per c 2 avrebbe dato la quantit` a esatta di energia emessa, cos`ı

Un secondo punto utile per analizzare il lavoro degli scienziati che hanno preceduto E è che il fisico tedesco fece delle importanti critiche della meccanica classica, in

“Appassionatamente curioso” : è così che amava definirsi il più grande scienziato di tutti i tempi, una mente che illuminò il mondo con la sua teoria della relatività e volle