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Rilievi ecografici in corso di linfoadenopatia iliaca mediale del cane

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CAPITOLO 2

LINFOADENOPATIE

Le funzioni principali del linfonodo sono rappresentate dalla filtrazione del materiale particellare e dalla partecipazione ai processi immunitari. La filtrazione avviene durante il passaggio della linfa nelle aree ricche di elementi mononucleati a funzione fagocitaria, che captano il materiale particellare, lo sottopongono al fenomeno della processazione degli antigeni e lo presentano alle cellule linfoidi, dando così avvio alla risposta immunitaria umorale o cellulo-mediata

Per linfoadenopatia si intende l’aumento di volume di un linfonodo; essa può essere classificata in:

 solitaria o isolata: è presente l’ingrossamento di un solo

linfonodo;

 regionale: è interessata un gruppo di linfonodi drenante

un’area specifica;

 generalizzata: la linfoadenopatia è multicentrica ed

interessa aree diverse.

In relazione alla localizzazione la linfoadenopatia può inoltre essere classificata come superficiale o profonda (Nelson e Couto, 2002).

L’età del paziente è molto importante nel determinare il significato dell’adenopatia. I soggetti giovani sono sottoposti continuamente a stimoli da parte di nuovi antigeni, quindi l’aumento di volume dei linfonodi è un normale evento della risposta immunitaria; la linfoadenopatia è anche una normale conseguenza in caso di vaccinazioni.

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Nei soggetti anziani o cachettici la perdita dello strato di tessuto adiposo che di solito circonda i linfonodi può renderli più prominenti del normale anche se le loro dimensioni sono immutate. Viceversa in alcuni casi si può riscontrare una ipoplasia linfonodale che di solito è secondaria a patologie immunosoppressive croniche, alla somministrazione di farmaci, all’immunodeficienza congenita, alla malnutrizione, o presentarsi in soggetti anziani o sottoposti a stress cronico (Rogers e coll., 1993).

Patogenesi

Due meccanismi risultano alla base dell’aumento di volume del linfonodo: il primo può essere un aumento del numero e del volume dei follicoli linfatici, con una proliferazione di linfociti e cellule reticoloendoteliali come conseguenza dell’immunostimolazione; il secondo meccanismo è la presenza di un infiltrato cellulare che normalmente non è presente, ovvero una neoplasia. La diagnosi, la causa e la classificazione della linfoadenomegalia dipendono dal tipo di infiltrato cellulare evidenziato durante l’indagine diagnostica.

Nelle forme neoplastiche secondarie l’arrivo delle cellule tumorali attraverso i vasi linfatici afferenti si traduce nell’immediata colonizzazione del seno marginale e delle zone periferiche; la produzione di fattori angiogenetici determina la precoce attivazione delle arterie periferiche, più vicine alle zone invase dalle cellule neoplastiche, che successivamente infiltrano l’intero linfonodo del quale non è più riconoscibile la normale struttura. Nelle forme neoplastiche primitive la complessità e la notevole variabilità delle forme istologiche giustificano aspetti profondamente diversi: se la neoplasia rimane a lungo confinata nei follicoli linfatici la

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vascolarizzazione può rimanere normale, mentre può ricordare quella infiammatoria acuta se la proliferazione follicolare richiede aumento dell’apporto ematico oppure può essere più simile alla vascolarizzazione di tipo metastatico se la neoplasia si estende alle zone periferiche del linfonodo (Giovagnorio, 1999).

EZIOLOGIA

Le linfoadenopatie possono essere classificate in base all’eziologia del processo patologico in:

 linfoadenopatia reattiva (iperplasia linfonodale reattiva), indica una proliferazione di cellule normali in risposta ad uno stimolo antigenico (per es. intervento vaccinale, infezione), questa a sua volta si suddivide in forme infettive e non infettive.

IPERPLASIA LINFONODALE REATTIVA

FORME INFETTIVE FORME NON INFETTIVE

BATTERICHE  Actinomyces spp.  Brucella canis  Micobatteri  Nocardia spp.  Streptococchi

 Infezioni batteriche localizzate  Setticemia

RICKETTSIALI

 Erlichiosi

 Febbre maculosa delle Mont. Rocciose

MICOTICHE  Apergillosi  Blatomicosi PARASSITARIE  Leishmaniosi  Toxoplasma VIRALI

 Enterite virale canina  Epatite infettiva canina

LINFOADENOPATIA DERMATOPATICA REAZIONE DA FARMACI

IDIOPATICHE

 Iperplasia linf. periferica distintiva  Vascolarizzazione plessiforme linfon.

PATOLOGIE IMMUNOMEDIATE

 Lupus eritematoso sistemico  Artrite reumatoide

 Poliartriti immunomediate  Adenite dei cuccioli

 Altre patologie dei cuccioli

PROCESSI INFIAMMATORI LOCALIZZATI REAZIONI POSTVACCINALE

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 Linfoadenopatie infiltrative , che invece conseguono alla disorganizzazione della struttura linfonodale da parte di cellule neoplastiche e, raramente, a causa di un’ematopoiesi extramidollare; si suddivide in forme infiltrative neoplastiche e forme infiltrative non neoplastiche (Nelson e Couto, 2002).

LINFOADENOPATIE INFILTRATIVE

NEOPLASTICHE NON NEOPLASTICHE

NEOPLASIE EMOLINFATICHE PRIMARIE

 Leucemie  Linfomi  Granulomatosi linfomatoide  Istiocitosi maligna  Mieloma multiplo  Mastocitosi sistemica NEOPLASIE METASTATICHE  Carcinomi  Melanomi maligni  Mastocitomi  Sarcomi

COMPLESSO GRANULOMA EOSINOF. INFILTRAZIONE MASTOCITARIA

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Le forme neoplastiche vengono classificate in neoplasie emolinfatiche primarie, di cui fanno parte le leucemie, i linfomi, l’istiocitosi maligna, il mieloma multiplo e la mastocitosi sistemica (Nelson e Couto, 2002), e in neoplasie metastatiche, in cui rientrano i carcinomi, i melanomi maligni, il mastocitoma ed il sarcoma.

Riassumendo, le cause che possono determinare un aumento di volume del linfonodo sono: l’iperplasia linfonodale reattiva, le neoplasie emopoietiche primarie e le neoplasie metastatiche.

Iperplasia linfonodale reattiva

La linfoadenopatia reattiva, o iperplasia linfonodale reattiva, indica la proliferazione di cellule normali in risposta ad uno stimolo antigenico. Generalmente la proliferazione di linfociti e di mononucleati a funzione fagocitaria consegue ad uno stimolo immunitario o infettivo. La proliferazione cellulare nel corso della linfoadenopatia reattiva è di tipo policlonale in quanto si verifica la presentazione contemporanea di numerosi antigeni.

Tra le possibili eziologie prima descritte alcune verranno trattate brevemente e in grandi linee, perché presentano sia un’importanza casistica che diagnostica.

Brucellosi

La Brucella canis è un piccolo batterio Gram-negativo che colpisce i Canidi, provocando una betteriemia subdola e disturbi della riproduzione. La B. canis viene comunemente trasmessa per via venerea, penetra nelle mucose ed entra nel sistema linforeticolare. L’infezione viene trasmessa durante l’accoppiamento o in seguito a contatto con il materiale abortito, dove si riscontra la maggior

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concentrazione di microrganismi. Dopo essere entrato in contatto con le mucose, il batterio penetra nei fagociti e viene, quindi, trasportato al sistema linfatico e ai tessuti dell’apparato genitale, dove persiste a livello intracellulare (Ettinger, Feldman, 2002).

L’infezione da Brucella canis difficilmente si accompagna ad una sintomatologia sistemica grave e non si segnalano episodi letali. Tra i sintomi l’ipertermia è rara, mentre, un elemento certamente più comune è rappresentato da una reazione linfonodale sistemica con iperplasia del tessuto linfoide e reticolare. Tipico appare poi il “tumore della milza”, caratterizzato, oltre che da ipertrofia anche da accresciuta consistenza e da aspetto bozzellato o nodulare dell’organo (Feldman e Nelson, 1998).

I problemi principali che insorgono nel maschio intero sono l’epididimite, l’aumento di volume dello scroto e la dermatite scrotale. Le cagne nelle ultime fasi di gestazione, generalmente, abortiscono feti morti, ma non presentano altri sintomi clinici (Ettinger, Feldman, 2002).

Erlichiosi

L’ Erlichia canis è una piccola rickettzia polimorfa che infetta le cellule mononucleate. A volte nelle prime fasi dell’infezione è possibile rilevare la presenza di morule, che sono piccole inclusioni intracellulari composti da ammassi di rickettsie, negli strisci ematici, mentre è raro rilevarle nell’ infezione cronica.

L' infezione nel cane viene trasmessa dalle secrezioni salivari delle zecche, ed è caratterizzata da tre fasi: acuta, subclinica e cronica.

Dopo un periodo di incubazione di 8-20 giorni, il cane infettato entra nella fase acuta dell’erlichiosi, che dura da due a quattro settimane. In questo periodo il microrganismo si moltiplica nelle

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cellule ematiche mononucleate e nei tessuti linfatici del fegato, della milza e dei linfonodi, con conseguente linfoadenomegalia ed iperplasia linforeticolare del fegato e della milza. Le cellule infettate vengono trasportate per via ematica agli altri organi, soprattutto a polmoni, reni e meningi. Esse aderiscono all’endotelio vascolare, provocando vasculite ed infezioni subendoteliali. Il consumo, il sequestro e la distruzione delle piastrine sono fattori che contribuiscono alla comparsa della trombocitopenia durante la fase acuta.

La fase subclinica dell’infezione si verifica da sei a nove settimane dopo l’inoculo ed è caratterizzata dalla presenza variabile di trombocitopenia, leucopenia ed anemia in assenza di sintomi clinici. I cani non in grado di sviluppare una buona risposta immunitaria manifestano la forma cronica, ad essa è tipicamente associata l’iperglobulinemia.

I segni clinici nella fase acuta della malattia vanno dall’ottundimento del sensorio, anoressia e febbre, fino alla perdita di vitalità, dimagramento, scolo oculare e nasale, dispnea, linfoadenopatia ed edema degli arti e dello scroto. I segni clinici della fase cronica sono da leggeri ad assenti in alcuni casi, gravi in altri (Ettinger, Feldman, 2002).

Infezioni batteriche localizzate

Processi patologici a carattere infettivo/infiammatorio possono interessare vari organi ed apparati e ripercuotersi secondariamente ai linfonodi satelliti.

I linfonodi iliaci mediali drenano la linfa proveniente principalmente dagli organi riproduttori maschili e femminili, quindi

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un processo patologico a carico di queste strutture si manifesta anche con una adenopatia di questi linfonodi.

Una delle patologie che più di frequente colpiscono il cane maschio è la prostatite o l’ascesso prostatico. Si tratta di un’infezione batterica della prostata che origina per via ascendente dalla normale flora batterica uretrale. I cani con prostatite acuta possono mostrare dolore prostatico, febbre, letargia, debolezza, ematuria, scolo uretrale e linfoadenomegalia del linfocentro ileo-sacrale. La prostatite è osservata molto frequentemente nei maschi interi rispetto a quelli castrati, qualche volta, può essere presente anche in questi, come infezione secondaria ad una neoplasia prostatica.

Per quanto riguarda l’apparato riproduttore femminile le patologie che più di frequente manifestano un interessamento a livello dei linfonodi iliaci sono quelle che riguardano l’utero, ovvero la metrite acuta, l’iperplasia endometriale cistica e la piometra.

La metrite è un’infezione batterica ascendente dell’utero che si verifica nell’immediato postparto, spesso è causata da batteri Gram-negativi. I segni clinici includono febbre, disidratazione, ottundimento del sensorio, anoressia e scolo vaginale (Ettinger, Feldman, 2002).

L’iperplasia endometriale cistica è un accumulo di fluidi nelle ghiandole endometriale e nel lume uterino causato da un’ eccessivo stimolo da parte del progesterone nella fase diestrale del ciclo della cagna. L’utero in queste condizione può facilmente andare incontro a colonizzazione batterica, presumibilmente di origine vaginale, che determinano l’insorgere della piometra (Nelson, Couto 2002). I sintomi clinici osservabili in questi soggetti sono: inappetenza, ottundimento del sensorio, poliuria/polidipsia,

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vomito, scolo vaginale. Questi problemi, associati alla tossiemia ed alla setticemia possono determinare un progressivo peggioramento fino ad arrivare alla disidratazione, allo shock, al coma ed, eventualmente, alla morte (Ettinger, Feldman, 2002).

Leishmaniosi

La leishmaniosi è una malattia sostenuta da Leishmania infantum, un protozoo che si moltiplica all’interno del citoplasma delle cellule della linea monocitaria/macrofagica. La sintomatologia è molto variabile ed è strettamente correlata con lo stato immunitario del soggetto; se la risposta immunitaria è scarsa, generalmente il soggetto manifesta la leishmaniosi in forma viscerale.

La linfoadenomegalia generalizzata o isolata è il sintomo più frequente, atri sintomi consistono in perdita di peso, nonostante l’appetito sia conservato, poliuria, polidipsia, atrofia muscolare, depressione, vomito, diarrea, tosse e presenza di melena, inoltre il soggetto può presentare splenomegalia, febbre e riniti. Le dermatiti con ipercheratosi, desquamazioni e ulcere mucocutanee e noduli intradermici sul muso, sul padiglione auricolare e sui cuscinetti plantari sono reperti che si presentano nella maggior parte dei cani affetti.

Le manifestazioni più frequenti dell’immunoreazione contro questo microrganismo intracellulare sono rappresentate dalle gammopatie policlonali, dalla proliferazione dei macrofagi, degli istiociti e dei linfociti negli organi linforeticolari e dalla formazione di immunocomplessi che provocano glomerulonefriti.

La diagnosi definitiva si basa sulla dimostrazione della presenza degli amastigoti negli aspirati dei linfonodi aumentati di volume e sui reperti di laboratorio (Ettinger e Feldman, 2002).

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Neoplasia emopoietica primaria

Le neoplasie emopoietiche primarie responsabili di linfoadenopatie includono il linfoma, il mieloma plasmacellulare, alcune tipologie di leucemia e l’istiocitosi maligna. I soggetti affetti da queste patologie possono presentare una linfoadenomegalia da moderata a grave ed uno spettro variabile di segni clinici sistemici. La neoplasia di più comune riscontro nel cane è il linfoma.

Le neoplasie emopoietiche possono derivare da cellule della serie linfoide o non linfoide. Vengono pertanto descritte come:

 malattie linfoproliferative (MLP): linfoma, leucemia linfoide e mieloma multiplo;

 malattie mieloproliferative (MMP): malattie displasiche o iperplastiche, come la mielofibrosi e le sindromi mielodisplasiche, e le leucemie non linfoidi (Morris e Dobson, 2001).

Linfoma

Tra i disordini linfo- e mielo-proliferativi il linfoma, rappresentando l’80-90% dei tumori ematopoietici e il 5-7% di tutte le neoplasie del cane, è la forma più comunemente rilevata in questa specie. Viene definito come una proliferazione di cellule linfoidi maligne che colpisce primariamente i linfonodi o gli organi solidi viscerali come il fegato e la milza. Colpisce principalmente cani di mezza età (media: 6-7 anni), ma la malattia può svilupparsi anche in soggetti più giovani.

L’eziologia del linfoma negli animali da compagnia è, nella maggior parte dei casi, sconosciuta. Mentre alcune varietà di linfoma del gatto sono state direttamente o indirettamente

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associate rispettivamente al virus della leucemia felina (FeLV) ed al virus dell’immunodeficienza felina (FIV), non esistono prove certe di un'origine retrovirale nel cane. L’occasionale comparsa del linfoma in cani legati da vincoli di parentela ha fatto pensare, in alcuni casi, anche ad una componente familiare.

Gli schemi di classificazione del linfoma comprendono quello relativo alla localizzazione anatomica, quello della World Health Organization (WHO) basato sulla stadiazione clinica , quello basato sul fenotipo istologico/citologico e quello basato sull’immunofenotipo (Morris e Dobson, 2001).

Classificazione WHO Stadio Criteri I II III IV V Singoli linfonodi

Linfonodi multipli in un’area regionale Linfoadenopatia generalizzata

Fegato e/o milza (con o senza stadio III)

Interessamento del midollo osseo o del sangue e/o di qualsiasi organo non linfatico

Classificazione anatomica  multicentrico  alimentare  mediastinico  extranodale  tutte le localizzazioni

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La forma multicentrica è la tipologia più frequente. Essa è caratterizzata da linfoadenomegalia generalizzata, con linfonodi non dolenti alla palpazione, facilmente spostabili e freddi. Nelle fasi più avanzate si verificano epatomegalia e/o splenomegalia ed infiltrazione linfomatosa midollare.

La forma alimentare può presentarsi come solitaria o diffusa con coinvolgimento dei linfonodi mesenterici, epatici e splenici. La sintomatologia è tipicamente legata ad un'ostruzione del tratto gastro-enterico o ad una sindrome da malassorbimento, la cui gravità dipende dall’estensione del processo e dal tratto intestinale coinvolto.

La forma mediastinica prende il nome dal fatto che coinvolge i linfonodi mediastinici anteriori. La sintomatologia tipica è caratterizzata da dispnea, tosse, rigurgito e facile affaticabilità. La maggior parte dei soggetti presentano ipercalcemia.

Il termine extranodale si applica alle localizzazioni non comprese negli altri gruppi anatomici. Le localizzazioni più comuni, di questa forma, sono renali, nasofaringei, oculari e neurali (Capurro e coll., 1990).

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Neoplasia metastatica

Tumori non linfoidi possono metastatizzare a livello dei linfonodi regionali o distali e causarne la perdita della normale architettura e cellularità. Il tumore primario si diffonde nei vasi linfatici sotto forma di emboli tumorali. Questi ultimi possono rimanere intrappolati nel linfonodo regionale oppure, sfuggendo ai meccanismi di difesa dell’organismo, continuare a diffondersi e formare nuove metastasi anche in altre regioni anatomiche lontane dal sito di origine (Rogers e coll., 1993).

La risposta immunitaria nel linfonodo regionale comincia con l’attivazione dei linfociti T citotossici (cellule del sistema immunitario potenzialmente in grado di distruggere il tumore). Le prime fasi di attivazione della risposta sono di fondamentale importanza per bloccare la diffusione delle cellule neoplastiche; con il progredire della patologia infatti il tumore sviluppa dei meccanismi con cui diventa in grado di sottrarsi ai sistemi di difesa dell’organismo. La soppressione dei linfociti T citotossici è uno dei più importanti meccanismi di difesa messo in atto dalle cellule tumorali stesse, in modo particolare quando le cellule interessate dalla neoplasia sono quelle della serie linfoide; in questo modo la crescita del tumore e soprattutto lo sviluppo di metastasi linfonodali è nettamente facilitata.

Le forme tumorali solide che più frequentemente metastatizzano per via linfatica sono i carcinomi; anche i melanosarcomi, i mastocitomi e il tumore venereo trasmissibile si diffondono preferibilmente per questa via (Rogers e coll., 1993).

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Tumori mammari

Nel cane, il tumore mammario rappresenta la seconda neoplasia più frequente; nella cagna, in particolare, è la più comune in assoluto. Si sviluppa nelle femmine anziane (età media: 10 anni), sopratutto se intere o sterilizzate in età adulta. Ne possono risultare affette cagne appartenenti a tutte le razze.

La maggior parte degli studi istopatologici ha rilevato che circa il 50% dei tumori mammari è di natura benigna.

I tumori benigni sono classificati come adenomi semplici, complessi (tumori misti benigni) o mesenchimali benigni. Microscopicamente, essi appaiono come noduli consistenti; istologicamente, possono contenere, oltre a elementi epiteliali, osso o cartilagine di derivazione mioepiteliale. Gli adenomi semplici possono essere distinti in globulari, se derivati dall’epitelio alveolare, o papillari, se dall’epitelio duttale. Se i dotti sono dilatati o cistici, la neoformazione è classificata come cistadenoma. I tumori benigni non sono caratterizzati da invasione locale e disseminazione distante; nelle cagne, può però talvolta rilevarsi la tendenza allo sviluppo di noduli multipli e, dopo escissione chirurgica, si può assistere alla crescita di nuove neoplasie benigne a livello della stessa o di altre ghiandole mammarie (Morris e Dobson, 2001).

Il 90% dei tumori maligni è rappresentato da carcinomi che vengono classificati come solidi, tubulari, papillari e anaplastici. Macroscopicamente, i carcinomi possono variare da un piccolo nodulo circoscritto a masse ulcerate e diffuse che possono simulare un grave processo infiammatorio infiltrante la regione inguinale e gli arti posteriori. Le neoplasie maligne possono comportarsi in modo relativamente benigno o molto aggressivo. Dal punto di vista

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istologico, le caratteristiche che maggiormente forniscono indicazioni sul possibile comportamento biologico-clinico del carcinoma (e, di conseguenza, anche sull’esito dell’animale) sono quelle relative al grado di differenziazione e di invasione/infiltrazione. Quelli con invasione locale tendono a disseminare rapidamente ai linfonodi regionali (inguinali superficiali per le mammelle caudali, ascellare per quelle craniali) e ai polmoni. Meno frequentemente possono essere coinvolti nel processo metastatico gli organi addominali e lo scheletro (Morris e Dobson, 2001).

Patsikas e coll., (2006) hanno effettuato uno studio linfografico su cagne con ghiandole mammarie neoplastiche. Il mezzo di contrasto, utilizzato per evidenziare i vasi linfatici, veniva iniettato lentamente nell’area interessata dal tumore, così pochi secondi dopo l’inoculazione si distribuiva all’interno del plesso linfatico mammario. I vasi linfatici mammari e i linfonodi drenanti venivano visualizzati radiograficamente 15-30 minuti dopo l’inoculazione. Lo studio ha messo in evidenza che le mammelle toraciche vengono drenate dai linfonodi ascellari e sternale; le mammelle addominali craniali vengono drenate dai linfonodi ascellari, dagli inguinali superficiali e a volte anche dai linfonodi iliaci mediali; le mammelle addominali caudali e le inguinali sono drenate dai linfonodi inguinali superficiali.

Ulteriori siti di metastasi possono essere i polmoni, i reni, il cuore, il fegato, le ghiandole surrenali, le ossa ed il cervello (Ettinger, Feldman, 2002).

Nel cane sono più frequentemente colpite le ghiandole mammarie addominali caudali e inguinali.

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Tumori delle ghiandole perianali

Le ghiandole perianali sono ghiandole sebacee modificate, situate nella cute della regione perianale. Si sviluppano nel corso della vita dell’animale sotto l’influenza degli ormoni sessuali ed è spesso difficile distinguere l’iperplasia dalle crescite neoplastiche.

Gli adenomi perianali (adenomi delle ghiandole circumanali o a cellule epatoidi) sono tumori benigni di comune riscontro nella regione perianale. Circa l’85% di questi tumori è stato comunemente diagnosticato nei cani interi, anziani e maschi. Gli adenomi perianali sono tumori a lenta crescita, il cui sviluppo è strettamente correlato ai livelli di androgeni plasmatici. Questi tumori sono minimamente invasivi e non sono metastatici. Non è stata descritta alcuna predisposizione di razza, anche se in uno studio è segnalata una maggior incidenza in Cocker Spaniel, Bulldog inglese, Samoiedo e Beagle. I tumori generalmente si presentano come lesioni singole, ben delimitate e bottonute a livello della cute perianale, ma possono anche riscontrarsi alla base della coda, sul prepuzio o sulla linea sagittale mediana. Le lesioni possono anche essere multiple. Con l’aumento di volume il nodulo può ulcerarsi. La maggior parte delle lesioni, in prima presentazione, è di dimensioni di 1-2 cm; talvolta, però, raggiungono diametri ragguardevoli, fino anche a 10 cm (Morris J. e Dobson J. M., 2001).

I tumori perianali maligni si riscontrano meno frequentemente e comprendono l’adenocarcinoma, il carcinoma squamocellulare ed il melanoma perianale. Il pastore tedesco ed i cani di peso superiore ai 35 Kg sono segnalate come predisposte allo sviluppo degli adenocarcinomi che, spesso, metastatizzano ai linfonodi regionali.

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Il carcinoma squamocellulare della parte cutanea dell’ano si verifica raramente e può apparire come una piccola ulcera o come una massa ulcerativo-proliferativa con margini regolari. Le metastasi a livello dei linfonodi del linfocentro ileo-sacrale si manifestano rapidamente.

I melanomi maligni si manifestano come noduli piatti o tondi sull’ano; la maggior parte è pigmentata ma sono possibili anche melanomi non pigmentati che sembrano adenomi delle ghiandole perianali. Anche questi tendono a metastatizzare rapidamente (Ettinger, Feldman, 2002).

L’adenocarcinoma delle ghiandole apocrine dei sacchi anali è un tumore altamente maligno che invade i tessuti molli circostanti e metastatizza spesso a livello dei linfonodi regionali. In uno studio condotto da Ross e coll. (1991) furono esaminati 32 soggetti affetti da adenocarcinoma delle ghiandole apocrine, 15 di questi presentavano, al termine dello studio, metastasi ai linfonodi iliaci mediali; la lesione fu evidenziata tramite radiografia dell’addome. Durante il follow-up ulteriori indagini radiografiche evidenziarono lo sviluppo, in un soggetto, di una linfoadenopatia iliaca mediale, mentre in un altro la concomitante presenza di metastasi polmonari e linfonodali. L’esame ecografico mise in evidenza, in un soggetto, la presenza di linfoadenopatia iliaca, metastasi epatiche e spleniche. Tre dei 32 cani con tumore dei sacchi anali di dimensioni inferiori ad 1 cm3 presentavano un coinvolgimento del linfonodo

iliaco mediale già al momento della diagnosi; questo rilievo suggerisce che lo sviluppo di metastasi regionali insorga nelle fasi iniziali dello sviluppo del tumore primario, probabilmente per la presenza di abbondanti vasi linfatici nel tessuto perineale. Inoltre 5

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soggetti, sopravvissuti per almeno altri tre mesi dopo l’escissione chirurgica del linfonodo interessato, hanno presentato una recidiva.

La risoluzione chirurgica in caso di interessamento linfonodale non sempre è possibile. Come descritto da Hoelzler e coll. (2001), l’escissione del tumore primario può spesso essere compiuta agevolmente, ma la resezione delle metastasi linfonodali può risultare alquanto difficoltosa. Le dimensioni, la consistenza friabile, la vascolarizzazione e l’elevata invasività di queste metastasi spesso precludono l’intervento chirurgico. In uno studio, le complicazioni associate all’escissione del linfonodo iliaco mediale metastatico hanno causato la morte di un cane su tre, mentre un cane su tre ha presentato incontinenza urinaria temporanea. L’aspettativa di vita in cani affetti da adenocarcinoma dei sacchi anali, che al momento dell’intervento chirurgico presentavano metastasi, è stato di circa 6 mesi.

Mastocitoma

Il mastocitoma è uno dei tumori cutanei più diffuso nel cane, nel quale rappresenta il 20% di tali neoplasie. L’età media dei soggetti colpiti è di 8-10 anni, ma il tumore è stato riscontrato in soggetti di età variabile da 4 mesi a 16 anni. Le razze maggiormente predisposte sono quelle che hanno i Bulldog nei loro antenati, ma anche altre razze, tra cui il Labrador Retriever, lo Sharpei ed il Bovaro del Bernese, sono ad alto rischio (Ettinger & Feldman, 2002).

Il mastocitoma a basso grado di malignità, ben differenziato, generalmente si presenta in forma di noduli dermici singoli e a lenta crescita. Alcuni possono ulcerarsi e, in taluni casi, la liberazione locale di istamina da parte delle cellule neoplastiche

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può provocare una variazione di volume della massa, che diventa eritematosa e di aspetto più “aggressivo”. Il mastocitoma meno differenziato può invece presentarsi in forma di masse poco definite, di dimensioni maggiori; alcuni di essi possono risultare circondati da noduli satelliti derivanti della disseminazione cutanea locale per via linfatica.

Il comportamento del mastocitoma è assai variabile: alcuni di essi sono tumori con basso grado di malignità, crescita lenta e decorso generalmente benigno, mentre altri sono caratterizzati da crescita rapida, elevata invasività e malignità, oppure altre ancora hanno un andamento intermedio tra questi due estremi. I mastocitomi maligni possono metastatizzare sia per via linfatica che ematica. Nella maggior parte dei casi, il primo segno di metastasi è rappresentato dall’aumento di volume del linfonodo regionale. Le metastasi polmonari sono rare, mentre si rilevano più di frequente a livello di milza, fegato e reni. Anche la cute è sede comune di disseminazione (Morris e Dobson, 2001).

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