• Non ci sono risultati.

Guarda Né apocalittici né integrati

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Guarda Né apocalittici né integrati"

Copied!
3
0
0

Testo completo

(1)

N

ÉAPOCALITTICI

,

INTEGRATI

Lorenzo Coveri

Partiamo da un dato di fatto. Rispetto a dieci-quindici anni fa, in cui sembrava ci si avviasse al trionfo dell’oralità, l’area della scrittura si è enormemente allargata e differenziata, e moltiplicata grazie anche alla condivisione nelle reti sociali. Il fenomeno è di per sé positivo, perché assistiamo a una “democratizzazione” (e anche a una “desacralizzazione”) della scrittura come mai in passato. Non si è mai scritto tanto. Ma non si è mai scritto altrettanto male (come recita il titolo –redazionale- di un intervento di Raffaele Simone nell’“Espresso” del 13 aprile scorso)?

Dopo un accenno alla famigerata “lettera dei Seicento” (cui hanno risposto, con argomentazioni condivisibili, tra i tanti Cristiana De Santis e Maria Pia Lo Duca, con molti sottoscrittori), Simone segnala che “a indebolirsi non è la ‘lingua italiana’ come materia scolastica. E’ molto di più: non stanno andando in fumo solo l’ortografia, la grammatica, la sintassi e il lessico, ma tutta quella formidabile macchina mentale (un tesoro dell’Occidente) con cui si acquista, si conserva, elabora la conoscenza. Parlo insomma dell’intera attrezzatura che si usa per acquisire conoscenze e elaborarle, esporle, farle valere, ricordarle, usarle nella pratica”. Ciò che Tullio De Mauro, sino ai suoi ultimi, appassionati interventi nell’“Internazionale”, aveva chiamato “analfabetismo funzionale”.

Nella sua bella, recente, Lezione di italiano, Francesco Sabatini torna tra l’altro a sottolineare lo stretto rapporto tra lingua (la lingua prima) e cervello umano (non solo occidentale!). Il cervello che moltiplica i suoi sforzi nel passaggio dal capire al parlare, dal parlare al leggere, dalla lettura alla scrittura. Dall’orecchio all’occhio. Scrittura “a mano”, s’intende. Ecco una prima risposta al quesito proposto dalla rivista:

Gli studi più recenti, di psicoterapeuti e neurologi, segnalano che la deriva verso la scrittura su tastiera o verso forme semplificate di scrittura manuale (lo stampatello, rispetto al corsivo) riduce gli stimoli di produttività ideativa e linguistica e rallenta la comprensione nella lettura. […] Prendere appunti, in una lezione o in situazioni

(2)

simili, con scrittura a mano, invece che con strumenti informatici, porta a comprendere meglio e più stabilmente i discorsi ascoltati (Sabatini, 2017: 45).

Tutti noi, non nativi digitali, siamo rimasti sorpresi quando i nostri studenti a lezione hanno cominciato a prendere appunti sul tablet o sullo smartphone, così come nella generazione precedente ci chiedevano: “posso registrare?” (per poi trasformare l’ascolto in scrittura, si spera!). E ancora Sabatini, con nettezza:

La recente e dilagante tendenza a preferire precocemente la tastiera e a non curare le forme della grafia personale ci fa perdere una parte notevole degli effetti che l’antichissima pratica tattile-cognitiva della mano e delle dita […] ha prodotto filogeneticamente, sviluppando funzione pregiate del cervello! (Sabatini, 2017: 46).

Come non essere d’accordo con Sabatini? Scrivere con le mani, senza limitarsi a digitare con i polpastrelli (o col solo pollice opponente!) significa scrivere con la testa, arare (si ricorda la metafora dell’Indovinello veronese?) il campo della conoscenza. Ma c’è di più. Simone è apocalittico:

Su smartphone e tablet ubiqui, tutti scrivono o leggono qualcosa in ogni momento e luogo, perfino al cinema, in sala operatoria o alla guida di autobus. Ma come scrivono? Cosa scrivono? Cosa e come leggono? Molte di queste cose sono puro trash, junk, monnezza. Per giunta, la loro vita mentale è sottoposta a una perturbazione perpetua, dominata dall’interruzione continua, dallo zapping compulsivo, dalla mezza cultura che circola in rete, dal copia e incolla come pratica standard. Faccine piazzate dappertutto, fusioni di parole (tecnicamente, univerbazioni: massì, mannò, maddai, evvai, eddai, ecc.), contrazioni coatte (dal celebre

xché in poi), appunti presi coi pollici e whatsapp per descrivere (fotografandoli)

anche i momenti irrilevanti e triti della vita. Insomma, se è vero che non si è mai scritto tanto nella storia, mai lo scrivere è stato a tal punto privo di ogni potere alfabetizzante.

Si può condividere solo in parte. Non sembra che il problema più grave sia quello delle univerbazioni (normale fenomeno di evoluzione della lingua) o dell’antichissimo fenomeno della scrittura tachigrafica, che tanto impressionano gli osservatori del mondo giovanile. Semmai (univerbazione!), possono preoccupare di più la scarsa conoscenza del lessico colto, letterario o specialistico (in un recente intervento, Luca Serianni notava che pochissimi giovani conoscono il corretto significato di beffardo, imberbe, imbelle,

vessatorio, e del perché una querela si deve sporgere), i malapropismi, le distorsioni

semantiche, le errate “collocazioni” (ciò che Berruto, in un lontanissimo saggio, già definiva spiritosamente “italiano impopolare”), i modismi, le frasi fatte, i tormentoni di stagione, l’uso di registri non appropriati, di cui anche i mezzi d’informazione di massa portano una buona responsabilità. Spesso, più che una crisi di lingua, si tratta di una crisi

(3)

di cultura. Su una cosa però si può essere d’accordo con Simone: scontiamo l’eccesso di stimoli, come un continuo rumore di fondo, che crea disinformazione; la continua interruzione, il frenetico multitasking; l’ossessione di arrivare prima e dovunque. L’antidoto alla cattiva scrittura? La buona lettura, con ciò che comporta: «pazienza, attenzione, ripetizione, silenzio» (ancora Simone). E queste virtù, solo la scuola, la tanto bistrattata scuola, può darle, al di là delle formulette e del ritorno al passato.

Riferimenti

Documenti correlati

The long-term simulation revealed a low impact of the geothermal plant on groundwater system and negligible negative effects on the natural system, as the thermal variation are

Se le risoluzioni degli schermi sono trop- po basse per sostituire la carta, come si spiega che tutti quelli che conosco spendono ogni anno sempre più tempo a leggere dagli

14 Questa descrizione coincide con quella che leggiamo nell’Inventario dei papiri più antico, datato al 1782 (D. 110): «Altro papiro compresso in varie guise, e mancante di buona

La zia, dopo aver preparato dei dolcetti, né diede un po' alla sua nipotina, ma non n'è diede ai suoi vicini di casa, ne ai suoi parenti!. Ho già detto

La percezione muove dunque verso tentativi di privatizzazione e liberalizzazione, della riforma del sistema bancario, dell’apertura del mercato dei servizi

I risultati del focus group – Innovazione tecnologica, organizzazione aziendale e risorse umane. Comunicazione come raccordo tra le diverse tipologie

Nella splendida cornice dell’Orto Botanico “Angelo Rambelli” sabato 25 e domenica 26 si terrà la terza edizione di “VERDI e CONTENTI”, mostra mercato florovivaistica dedicata a

Nel corso del XII secolo l’isola di San Lorenzo di- venterà il principale punto di riferimento degli abitanti di Ammiana, grazie all’istituzione di una pieve, che svolgeva un ruolo