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Profili storici della riforma del processo amministrativo. Sintesi dei lavori parlamentari, della commissione governativa e dei lavori del governo sul decreto legislativo. L’allegato 2. L’allegato 3. L’allegato 4.

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Profili storici della riforma del processo amministrativo.

Sintesi dei lavori parlamentari, della commissione

governativa e dei lavori del governo sul decreto legislativo

Con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, il Governo ha dato attuazione alla delega per il riordino del processo amministrativo conferita dall’articolo 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69, realizzando così la prima codificazione unitaria in materia dall’istituzione di una giustizia amministrativa non “ritenuta” (legge 31 marzo 1889 n. 5992). Tuttavia, la somiglianza della presente esperienza con quelle che l’hanno preceduta (i.e. i “quattro codici”: civile, processuale civile, penale, processuale penale) è solo apparente, essendo temporalmente e culturalmente collocata non più nella “età delle codificazioni”, bensì in quella del “riassetto”. Infatti, benché il nuovo Codice del processo amministrativo si fondi su un’autonoma norma di delegazione (l’articolo 44 citato), essa ed il decreto delegato hanno tenuto conto dei principi e dei limiti in tema di riassetto e di codificazione per settori introdotti dall’articolo 20 comma 3 della legge 15 marzo 1997 n. 59.

In particolare, la legge delega ha indicato come criteri direttivi di ordine generale l’adeguamento al “diritto vivente”, quale risultante dall’elaborazione della giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, oltre al coordinamento con le norme del Codice di procedura civile, in quanto espressione di principi generali. Inoltre, quali ulteriori specifici principi e criteri volti a disciplinare le caratteristiche del nuovo processo amministrativo, la legge n. 69 del 2009 ha posto: snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo; razionalizzazione dei termini processuali; riordino delle norme vigenti sul riparto di giurisdizione; disciplina delle azioni e delle funzioni del giudice; revisione e razionalizzazione dei riti speciali; riassetto del contenzioso elettorale amministrativo; previsione ex novo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e

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di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni; riassetto della tutela cautelare anche mediante introduzione generalizzata di quella ante causam. Da un punto di vista di tecnica redattiva, il legislatore del 2010 ha attinto al precedente illustre della legge di unificazione amministrativa del Regno d’Italia (la legge 20 marzo 1865 n. 2248), articolando il nuovo Codice su una struttura composta di vari allegati.

L’operazione di riassetto in commento consente finalmente all’Italia di porsi alla pari con i Paesi più rappresentativi dell’Unione Europea, come Germania, Francia e Spagna, nella predisposizione di una normativa organica sul processo amministrativo. Infatti, tale non poteva considerarsi l’obsoleto e laconico regio decreto 17 agosto 1907 n. 642 (regolamento per la procedura innanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), né le numerose fonti sopravvenute nei decenni successivi. Tra l’altro, il regio decreto n. 642 del 1907, oltre ad essere fonte di incerta natura, primaria o secondaria, è modellato su un processo di cassazione puramente impugnatorio che lo rende non idoneo a soddisfare le esigenze sottese all’impugnazione di un provvedimento amministrativo. Ciò nonostante, esso è stato espressamente (e pericolosamente) richiamato dall’articolo 19 comma 2 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 per i giudizi innanzi ai Tribunali amministrativi regionali. Evidentemente, la dottrina del tempo risentiva dell’elaborazione teorica di A. MERKL, per cui anche i provvedimenti della pubblica amministrazione erano sostanzialmente giurisdizionali in quanto decisori. Il che spiegherebbe, ad esempio, la mancata previsione di organi di controllo della legittimità delle sentenze del Consiglio di Stato, attribuendosi al medesimo compiti di nomofilachia almeno interna ai limiti della propria giurisdizione.

In passato erano già state tentate, senza fortuna, operazioni di riforma del processo amministrativo, come testimonia il progetto c.d. Laschena-Abbamonte, che prevedeva anch’esso l’approvazione di un’apposita legge delega. Il tentativo non ebbe seguito per le diffuse resistenze all’introduzione nell’ordinamento

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nazionale di principi generali del diritto comunitario ed in particolare della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi. Le operazioni di aggiornamento della giustizia amministrativa poste in essere con il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80 e con la legge 21 luglio 2000 n. 205, comunque, hanno preparato un terreno fertile per la codificazione.

Come è intuibile, la prima ragione dell’odierna riforma è l’esigenza di raccogliere in un unico testo norme processuali sparse in una molteplicità di provvedimenti stratificatesi nel tempo al di fuori di un disegno organico di politica legislativa. Dopo l’introduzione, nel 1907 e nel 1924, delle leggi fondamentali sul Consiglio di Stato, nel 1971, l’istituzione dei T.A.R. è avvenuta con un’ulteriore legge che, in parte, ha disciplinato ex novo gli istituti, in altra parte ha rinviato alle normative processuali precedenti ed infine ha esteso la nuova disciplina anche al processo davanti al Consiglio di Stato. Ulteriori riforme processuali, come accennato, sono seguite nel 1998 e nel 2000, e quindi sono intervenute altre normative di settore che hanno disciplinato anche giurisdizione, competenza e riti speciali. Sotto tale aspetto, pertanto, la codificazione mira ad unificare, chiarire e riordinare la disciplina del processo amministrativo.

Tuttavia, l’ineludibilità di un’organica riforma del processo amministrativo si è posta anche in seguito all’evoluzione della giurisprudenza, che ha progressivamente riconosciuto al giudice amministrativo i medesimi strumenti di tutela di cui dispone il magistrato ordinario. Ciò sulla base del fatto che, introdotta la risarcibilità dell’interesse legittimo, la sua tutela esige uno strumentario processuale non dissimile da quello previsto per i diritti soggettivi, il cui giudice naturale è quello civile. Pertanto, le norme vigenti, ancora legate ad una struttura processuale di tipo impugnatorio, necessitavano di un ampliamento delle azioni e mezzi di tutela esperibili.

Quanto alle modalità di esercizio della delega (di cui l’Esecutivo non si è completamente avvalso, non avendo dettato norme per la tutela giurisdizionale nei procedimenti per le elezioni politiche nazionali), da segnalare è l’espressa autorizzazione conferita al Governo ad attribuire al Consiglio di Stato il compito di preparare uno schema di riforma. Senza eguali, poi, è stato il

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conferimento al suo Presidente del potere di costituire, allo scopo, un’apposita Commissione formata oltre che da magistrati, da docenti universitari, avvocati dello Stato e del libero foro.

La Commissione ha ritenuto di valersi dell’apporto collaborativo di tutti i principali attori del processo amministrativo, acquisendo i pareri del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, delle associazioni rappresentative dei magistrati amministrativi, del Consiglio nazionale forense, dell’Organismo unitario dell’avvocatura, dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, dell’Associazione degli studiosi del processo amministrativo, della Società italiana degli avvocati amministrativisti.

La Commissione ha, quindi, predisposto un progetto composto di 155 articoli e con tre allegati, contenenti rispettivamente le norme di attuazione, le norme transitorie, e quelle di coordinamento e di abrogazione, corredato da relazione illustrativa dell’humus culturale sottostante all’operazione complessiva di riassetto. Ultimati i lavori l’8 febbraio 2010 e rassegnate al Governo le proprie conclusioni, i testi sono stati sottoposti all’approvazione del Consiglio dei ministri e delle Commissioni parlamentari competenti, che, come è norma nella dialettica politica democratica, hanno varato un prodotto finale che presenta profonde differenze rispetto a quanto inizialmente proposto.

L’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo è una conquista importantissima anche da un punto di vista di tutela democratica. Infatti, il settore del diritto pubblico, del diritto amministrativo e soprattutto del diritto dell’economia non può continuare ad essere una materia elitaria e di difficile conoscibilità. In questo senso, il decreto legislativo n. 104 citato offre una raccolta precisa delle disposizioni applicabili che va ben al di là di un testo unico compilativo (vedi, ad esempio, il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 n. 327 in materia di espropriazione per pubblico interesse ed il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 in materia edilizia) ovvero di un Codice di settore (come, ad esempio, il decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 sui beni culturali).

Per il prossimo futuro del nuovo Codice vale comunque l’intramontabile insegnamento di E. BETTI, per cui la ratio legis si

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stacca dalla ratio legislatoris e vive di vita propria soprattutto attraverso l’opera di interpretazione adeguatrice della giurisprudenza amministrativa ed ordinaria, che già da molti anni costituisce diritto vivente a tutti gli effetti, come ricordato del resto espressamente tra i principi e criteri direttivi della normativa di delegazione. Del resto, i sistemi giuridici complessi ed interconnessi non si possono più basare solo sulla legge scritta e possibilmente organica. L’interpretazione sia sulla norma da applicare al caso concreto, sia sul contenuto e significato da attribuirle, vive di principi generali, spesso facendo emergere i valori che essi esprimono, secondo la nota teoria generale del diritto del c.d. “neocostituzionalismo” (i cui maggiori esponenti sono, in America, R. DWORKIN ed in Europa R. ALEXY e H. DREIER ampiamente seguiti dalle Corti costituzionali Europee e da tutte le massime giurisdizioni nazionali dotate di poteri nomofilattici, come il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione).

Quanto alla struttura ed ai contenuti essenziali, il decreto legislativo n. 104 del 2010, come detto, è strutturato su quattro allegati, il primo dei quali è il vero e proprio Codice del processo amministrativo, il secondo contiene le norme di attuazione, il terzo le norme transitorie, il quarto quelle di coordinamento e le abrogazioni. Il Codice, a sua volta, è articolato in cinque libri, recanti, rispettivamente, le disposizioni di carattere generale, la disciplina del processo di primo grado, quella delle impugnazioni, dell’ottemperanza e dei riti speciali, le disposizioni finali.

La denominazione di “Codice del processo amministrativo” è prevalsa su quella di “Codice della giustizia amministrativa”, in quanto, nel rispetto della delega, la nuova fonte regolamenta solo gli istituti propriamente processuali e non anche i rimedi amministrativi pre-contenziosi, che rientrano nella più ampia nozione di “giustizia amministrativa”. Il Codice, tuttavia, va oltre una mera semplificazione formale e normativa, attuando una sistemazione complessiva della materia ed enucleando anche i relativi principi, innovando sotto molti punti di vista. Per ragioni di economia normativa, oltre che di aderenza alla tradizione, il testo contiene numerosi rinvii al Codice di procedura civile, che resta la sede d’elezione dei principi processuali fondamentali. Laddove il processo amministrativo presenta esigenze peculiari, avuto

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riguardo alla natura delle parti in causa e delle liti, sono state dettate regole autonome.

Concludendo la nostra introduzione con un accenno alle linee di fondo del nuovo testo, in estrema sintesi, si ritiene di dover concentrare l’attenzione dell’interprete su tre punti.

In primo luogo, in attuazione della delega, è stato consacrato anche dinanzi al giudice amministrativo il principio della pluralità delle azioni, al fine di garantire ogni più ampia possibilità di tutela anche per le posizioni giuridiche soggettive devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Nella stessa prospettiva viene sostanzialmente allineato agli strumenti tradizionali del processo civile anche il complessivo bagaglio dei mezzi di prova utilizzabili in sede giurisdizionale amministrativa.

Successivamente, in relazione alla nota questione della c.d. “pregiudiziale amministrativa”, è prevalsa l’impostazione imperniata sull’autonoma esperibilità della tutela risarcitoria per le posizioni di interesse legittimo, conformemente all’indirizzo affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, stabilendosi un termine di decadenza per l’esercizio della relativa azione, ritenuto non in contrasto con la tutela risarcitoria della situazione giuridica soggettiva.

Infine, quanto alle impugnazioni, si è operato un sostanziale allineamento ai mezzi previsti dal Codice di procedura civile nel rispetto del vincolo di cui all’art. 111 ultimo comma della Costituzione, con codificazione dell’opposizione di terzo, introdotta nel processo amministrativo per effetto della sentenza della Corte costituzionale 17 maggio 1995 n. 177.

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ALLEGATO 2

Norme di attuazione

L’allegato 2 al decreto legislativo n. 104 del 2010 contiene le norme di attuazione al Codice del processo amministrativo, principalmente riguardanti le attività di segreteria, l’organizzazione e disciplina delle udienze, la progressiva attuazione del processo amministrativo telematico, secondo quanto previsto dall’articolo 44 comma 2 lett. a) della legge n. 69 del 2009, oltre al gratuito patrocinio ed alla devoluzione delle pene pecuniarie.

Le disposizioni disciplinanti i profili organizzativi e le attività di segreteria integrano le previsioni del Codice, che già contiene disposizioni in materia, coordinandosi con le analoghe norme del Codice di procedura civile, giusta le indicazioni di cui all’articolo 44 comma 1 della legge n. 69 citato.

Titolo I

Registri - Orario di segreteria

Articolo 1

Registro generale dei ricorsi

1. Presso ciascun ufficio giudiziario e' tenuto il registro di presentazione dei ricorsi, diviso per colonne, nel quale sono annotate tutte le informazioni occorrenti per accertare esattamente la presentazione del ricorso, del ricorso incidentale, della domanda riconvenzionale, dei motivi aggiunti, della domanda di intervento, degli atti e documenti prodotti, nonché le notificazioni effettuate, l'esecuzione del pagamento del contributo unificato, l'indicazione dei mezzi istruttori disposti o compiuti e i provvedimenti adottati.

2. I ricorsi sono iscritti giornalmente secondo l'ordine di presentazione.

3. Il registro e' vistato e firmato in ciascun foglio dal segretario generale, con l'indicazione in fine del numero dei fogli di cui il registro si compone.

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4. Il registro e' chiuso ogni giorno con l'apposizione della firma del segretario generale.

In primo luogo, nonostante l’utilizzo delle nuove tecnologie sia stato più volte evocato dalla legislazione più recente, l’articolo in commento disciplina la tenuta del registro generale di presentazione dei ricorsi tenendo presente un modello tradizionale su supporto cartaceo. Ciò è palesato dai testuali riferimenti alla numerazione dei fogli, oltre che al visto ed alla firma da apporsi su ognuno di essi a cura del segretario generale dell’ufficio giudiziario presso cui il registro è istituito (comma 3).

Il comma 1, anziché elencare puntualmente e formalisticamente i singoli atti del giudice o delle parti da riportare sul registro, individua quale oggetto delle annotazioni “tutte le informazioni necessarie” per l’esatto accertamento dei fatti storici di rilevanza processuale ivi espressamente nominati (es. presentazione di ricorsi, notificazioni, pagamenti, mezzi istruttori, provvedimenti, ecc.).

Il comma 2, poi, a garanzia della certezza delle informazioni inserite nel registro dispone che la relativa tenuta sia ispirata al più rigido rispetto del criterio cronologico.

Da ultimo, il comma 4 stabilisce che il giorno solare sia l’unità temporale minima di aggiornamento del registro stesso.

Il testo entrato in vigore non si discosta da quello licenziato dalla Commissione nominata dal Presidente del Consiglio di Stato.

Articolo 2

Ruoli e registri particolari, collazione dei provvedimenti e

forme di comunicazione

1. Le segreterie degli organi di giustizia amministrativa tengono i seguenti registri:

a) il registro delle istanze di fissazione di udienza, vistato e firmato in ciascun foglio dal segretario generale, con l'indicazione in fine del numero dei fogli di cui il registro si compone;

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b) il registro delle istanze di prelievo;

c) il registro per i processi verbali di udienza;

d) il registro dei decreti e delle ordinanze del presidente; e) il registro delle ordinanze cautelari;

f) il registro delle sentenze e degli altri provvedimenti collegiali;

g) il registro dei ricorsi trattati con il beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

2. Il segretario, ricevuta l'istanza di cui alle lettere a) e b) del comma 1, ne fa annotazione nei relativi registri e ne rilascia ricevuta, se richiesta.

3. Nei registri di cui alle lettere d) ed e) del comma 1 sono annotati gli estremi della trasmissione dei provvedimenti.

4. La segreteria cura la formazione dei ruoli secondo le disposizioni del presidente.

5. La segreteria cura la formazione dell'originale dei provvedimenti del giudice, raccogliendo le sottoscrizioni necessarie e apponendo il timbro e la firma di congiunzione tra i fogli che li compongono.

6. La segreteria effettua le comunicazioni alle parti ai sensi dell'articolo 136, comma 1, del Codice, o, altrimenti, nelle forme di cui all'articolo 45 delle disposizioni per l'attuazione del Codice di procedura civile.

L’articolo 2 commi 1-4 elenca i registri che debbono essere obbligatoriamente istituiti presso tutte le segreterie degli organi di giustizia amministrativa, indicando anche i compiti, di annotazione e certificazione, da svolgere da parte del relativo personale addetto. Ancora una volta, la stesura delle norme sconta l’impostazione tradizionale che concepisce i registri giudiziari come atti tenuti esclusivamente su supporto cartaceo (per l’introduzione del processo amministrativo telematico cfr. infra sub articolo 13). Il comma 5 ribadisce la competenza della segreteria a formare l’originale dei provvedimenti del giudice.

Il comma 6, che è stato aggiunto dopo la chiusura dei lavori della Commissione, stabilisce che le comunicazioni di segreteria debbano avvenire nelle forme dell’articolo 136 del Codice del processo amministrativo ovvero dell’articolo 45. L’articolo 136

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citato detta le disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici, richiedendo ai difensori delle parti non solo di indicare un indirizzo di posta elettronica certificata ed un recapito di fax cui ricevere le comunicazioni relative al processo, ma anche di fornire copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, di tutti gli altri documenti ed atti di causa. L’articolo 45 citato, invece, disciplina il tradizionale “biglietto di cancelleria” su supporto cartaceo.

Articolo 3

Registrazioni in forma automatizzata

1. Le registrazioni di cui agli articoli 1 e 2 possono essere eseguite in forma automatizzata secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 gennaio 1999, n. 52, e dalla ulteriore normativa applicabile.

2. Il segretario, ove richiesto, rilascia all'interessato dichiarazione delle registrazioni effettuate.

L’articolo 3 comma 1, ponendosi in linea di continuità con la legislazione più recente, prevede che le “registrazioni” indicate dalle precedenti disposizioni, vale a dire il registro generale dei ricorsi, i registri particolari ed i ruoli, possano essere eseguiti in forma automatizzata, secondo le indicazioni contenute nel decreto ivi indicato. Del resto, per ciò che attiene al regime previgente, già il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 citato 1999 n. 52, adottato ai sensi dell’art. 17 comma 3 della legge 23 agosto 1988 n. 400, autorizzava la tenuta in forma automatizzata dei registri di cui agli articoli 51 del regio decreto 17 agosto 1907 n. 642, 37, 59, 72, 73 e 88 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444, 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1973 n. 214, in sostituzione delle registrazioni effettuate su supporti cartacei.

Il comma 2 prevede, su domanda di parte, l’esercizio di una funzione certificatoria delle registrazioni effettuate in forma automatizzata da parte del segretario dell’ufficio giudiziario.

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Articolo 4

Orario

1. Le segreterie sono aperte al pubblico nelle ore stabilite dal presidente del tribunale amministrativo regionale, della sezione staccata, del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

2. Nei casi in cui il Codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio, il deposito deve avvenire entro le ore 12.00 dell'ultimo giorno consentito.

3. Nei casi in cui il Codice prevede termini calcolati in ore le segreterie danno atto dell'ora di deposito degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali e adeguano gli orari di apertura degli uffici.

4. In ogni caso e' assicurata la possibilità di depositare gli atti in scadenza sino alle ore 12.00 dell'ultimo giorno consentito.

Le disposizioni in commento demandano ai capi degli uffici giudiziari amministrativi la determinazione degli orari di apertura al pubblico delle segreterie, con l’obbligo di consentire il deposito di atti in scadenza sino alle ore 12.00 dell’ultimo giorno consentito. Da notare che quest’ultimo vincolo per il potere di organizzazione presidenziale è previsto dal comma 4 e non era presente nel testo proposto dalla Commissione.

Specifiche regole sono fissate dal comma 3 per il caso di termini calcolati in ore e per le cautele, anche di tipo organizzativo, da adottare per garantirne l’applicazione.

Titolo II

Fascicoli di parte e d'ufficio

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Formazione e tenuta dei fascicoli di parte e d'ufficio.

Surrogazione di copie agli originali mancanti e

ricostituzione di atti

1. Ciascuna parte, all'atto della propria costituzione in giudizio, consegna il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice.

2. Gli atti devono essere depositati in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Se il fascicolo di parte e i depositi successivi non contengono le copie degli atti di cui al presente comma gli atti depositati sono trattenuti in segreteria e il giudice non ne può tenere conto prima che la parte abbia provveduto all'integrazione del numero di copie richieste.

3. Allorché riceve il deposito dell'atto introduttivo del giudizio, il segretario forma il fascicolo d'ufficio, nel quale inserisce l'indice dei documenti depositati, le copie dell'atto introduttivo e dei documenti e, successivamente, degli altri atti delle parti, nonché, anche per estratto, del verbale d'udienza e di ogni atto e provvedimento del giudice o dei suoi ausiliari.

4. Il segretario, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti depositati da ciascuna parte, data e sottoscrive l'indice del fascicolo ogni qualvolta viene inserito in esso un atto o un documento.

5. In caso di smarrimento, furto o distruzione del fascicolo d'ufficio o di singoli atti il presidente del tribunale o della sezione, ovvero, se la questione sorge in udienza, il collegio, ne da' comunicazione al segretario e alle parti al fine, rispettivamente, di ricerca o deposito di copia autentica, che tiene luogo dell'originale. Qualora non si rinvenga copia autentica il presidente, con decreto, fissa una camera di consiglio, di cui e' dato avviso alle parti, per la ricostruzione degli atti o del fascicolo. Il collegio, con ordinanza, accerta il contenuto dell'atto mancante e stabilisce se, e in quale tenore, esso debba essere ricostituito; se non e' possibile accertare il contenuto

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dell'atto il collegio ne ordina la rinnovazione, se necessario e possibile, prescrivendone il modo.

Le disposizioni in commento disciplinano la formazione dei fascicoli di parte e di quello d’ufficio, vale a dire di quell’insieme di atti e documenti versati dalle parti nel processo e che, unitamente ai provvedimenti del giudice o dei suoi ausiliari, costituiscono il sostrato tangibile della valutazione dei fatti e delle argomentazioni giuridiche in vista della decisione finale sulla controversia.

Come è noto (e come viene ribadito dal comma 1) l’ingresso di qualunque materiale di parte nel giudizio avviene a partire dall’atto di costituzione in giudizio mediante deposito di un “fascicolo”, il cui contenuto viene aggiornato in relazione alle vicende successive del processo. Peraltro, per evidenti esigenze di tutela della terzietà e dell’imparzialità del giudice, l’ingresso del materiale di parte avviene esclusivamente tramite l’intermediazione della segreteria dell’ufficio giudiziario, secondo il tradizionale divieto di “scienza privata” del giudice.

Il fascicolo di parte deve essere portato a conoscenza delle altre parti e dei componenti del collegio mediante produzione fisica di un adeguato numero di copie e in difetto esso è escluso ex lege dalla cognizione dell’organo giudicante. Tale soluzione è stata preferita rispetto a quella, più radicale, originariamente suggerita dalla Commissione consistente nel rifiuto di presa in consegna del fascicolo incompleto da parte del segretario, reputandosi la carenza delle copie prescritte una mera irregolarità suscettibile di sanatoria e non un ostacolo insormontabile all’accesso del materiale di parte nel giudizio.

Da ultimo, il comma 5 indica la specifica procedura da seguire per la ricostruzione dei fascicoli o di singoli atti in essi contenuti nelle ipotesi di furto, smarrimento o distruzione.

Articolo 6

Ritiro e trasmissione dei fascicoli di parte e del fascicolo

d'ufficio

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1. I documenti e gli atti prodotti davanti al tribunale amministrativo regionale non possono essere ritirati dalle parti prima che il giudizio sia definito con sentenza passata in giudicato.

2. In caso di appello, il segretario del giudice di appello richiede la trasmissione del fascicolo d'ufficio al segretario del. giudice di primo grado.

3. Se e' appellata una sentenza non definitiva, ovvero un'ordinanza cautelare, non si applica il comma 2. Tuttavia il giudice di appello, può, se lo ritiene necessario, chiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio, ovvero ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati atti.

4. Il presidente della sezione può autorizzare la sostituzione degli eventuali documenti e atti esibiti in originale con copia conforme degli stessi, predisposta a cura della segreteria su istanza motivata della parte interessata.

L’articolo 6 detta le norme relative alle vicende dei fascicoli di parte e d’ufficio, vietando, nel giudizio di primo grado, il ritiro degli atti e dei documenti prodotti sino alla definizione della lite con sentenza passata in giudicato. In caso di appello avverso sentenza definitiva, il segretario del giudice ad quem richiede la trasmissione del fascicolo d’ufficio al segretario del giudice a quo; se l’impugnazione riguarda, invece, una sentenza non definitiva ovvero un’ordinanza cautelare, la trasmissione del fascicolo d’ufficio o la produzione di determinati atti di parti può soltanto essere ordinata dal giudice.

L’ultimo comma prevede il potere del presidente di autorizzare la sostituzione di originali con copie conformi.

Articolo 7

Rilascio di copie

1. Il segretario rilascia copia delle decisioni e di ogni altro provvedimento del giudice a richiesta degli interessati e a loro spese.

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L’articolo 7, in continuità con il passato ed in conformità con le competenze ordinariamente attribuite al personale di segreteria/cancelleria degli uffici giudiziari, prevede che le copie delle decisioni e di ogni altro provvedimento del giudice (ordinanza o decreto) vengano rilasciate a richiesta ed a spese degli interessati.

Titolo III

Ordine di fissazione dei ricorsi - Udienze

Articolo 8

Ordine di fissazione dei ricorsi

1. La fissazione del giorno dell'udienza per la trattazione dei ricorsi e' effettuata secondo l'ordine di iscrizione delle istanze di fissazione d'udienza nell'apposito registro, salvi i casi di fissazione prioritaria previsti dal Codice.

2. Il presidente può derogare al criterio cronologico per ragioni d'urgenza, anche tenendo conto delle istanze di prelievo, o per esigenze di funzionalità dell'ufficio, ovvero per connessione di materia, nonché in ogni caso in cui il Consiglio di Stato abbia annullato la sentenza o l'ordinanza e rinviato la causa al giudice di primo grado.

In merito all’ordine di fissazione delle date delle udienze di trattazione dei ricorsi, il comma 1 della disposizione in commento prevede il rigoroso rispetto dell’ordine cronologico di iscrizione delle relative istanze nell’apposito registro, salvi i casi di priorità previsti dal Codice. Nella stesura originaria del comma 1 da parte della Commissione, invece, non era stata formalizzata un’esplicita salvezza dei casi di priorità.

Il comma 2, invece, attribuisce al presidente dell’ufficio giudiziario il potere discrezionale di derogare al criterio cronologico per ragioni d’urgenza, tenuto conto di eventuali istanze di prelievo, delle esigenze di funzionalità dell’ufficio, della connessione, oltre che dell’esistenza di un annullamento del

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provvedimento (ordinanza o sentenza) con rinvio da parte del Consiglio di Stato. Da segnalare che, nel testo proposto dalla Commissione, vi era un esplicito riferimento alle sole istanze di prelievo ed alle esigenze di funzionalità dell’ufficio.

Articolo 9

Calendario delle udienze

1. Il calendario delle udienze, con l'indicazione dei magistrati chiamati a parteciparvi, e' fissato con cadenza annuale dai presidenti delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, dal presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e dai presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle sezioni staccate e interne.

L’articolo 9 attribuisce ai capi degli uffici giudiziari amministrativi il potere organizzativo di fissare il calendario annuale delle udienze, indicando i magistrati chiamati a parteciparvi.

Articolo 10

Toghe e divise

1. I magistrati amministrativi, il personale di segreteria e il personale ausiliario indossano nelle pubbliche udienze la toga o la divisa stabilita dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

2. Gli avvocati vestono nelle pubbliche udienze la toga.

L’articolo 10 detta disposizioni a tutela del decoro dell’esercizio della funzione giurisdizionale, prevedendo per il personale di magistratura, di segreteria o ausiliario l’obbligo di vestire nelle pubbliche udienze le toghe e le divise stabilite dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Del pari è previsto che gli indossino la toga nelle pubbliche udienze.

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Il testo non ha subito variazioni rispetto alla proposta della Commissione.

Articolo 11

Direzione dell'udienza

1. L'udienza e' diretta dal presidente del collegio. 2. Il segretario redige il verbale dell'udienza.

L’articolo 11, in continuità con l’esperienza passata ed in analogia con i poteri normalmente spettanti al presidente di un organo giudiziario collegiale, affida al presidente la direzione delle udienze. Del pari, assegna al segretario il compito di redigerne il processo verbale.

Anche l’articolo in commento è stato riproposto invariato dal Governo rispetto ai lavori della Commissione.

Articolo12

Polizia dell'udienza

1. Chi assiste all'udienza deve stare in silenzio, non può fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare disturbo. 2. Il presidente del collegio, ove lo ritenga necessario per il regolare svolgimento dell'udienza, può chiedere l'intervento della forza pubblica.

3. Per le riprese audiovisive delle trattazioni dei ricorsi in pubblica udienza si applica l'articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale.

Il comma 1 della disposizione in commento riprende esplicitamente il dettato dell’articolo 129 del Codice di procedura civile, laddove il testo del comma 2 è mutuato dall’articolo 128 del medesimo Codice.

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Il comma 3, in merito alle riprese audiovisive della trattazione in pubblica udienza, rinvia alla disciplina stabilita per l’udienza dibattimentale del processo penale. Pertanto, è da ritenere che il giudice amministrativo, se le parti lo consentono, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, possa autorizzare in tutto o in parte riprese fotografiche, fonografiche, audiovisive o la trasmissione radiofonica o televisiva delle pubbliche udienze di trattazione dei ricorsi, purché non ne derivi pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell’udienza o alla decisione. Il giudice può prescindere dal consenso delle parti quando sussiste un “interesse sociale particolarmente rilevante” alla conoscenza della trattazione del ricorso. In ogni caso, è vietata la ripresa delle immagini dei soggetti (parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, ecc.) che non vi abbiano consentito o nei casi di divieto di legge. Considerata la natura e l’oggetto del processo amministrativo, non pare siano ad esso applicabili i limiti all’attività di ripresa validi in sede penale per le c.d. “udienze a porte chiuse” disciplinate dall’articolo 472 del Codice di procedura penale.

L’articolo 12 è rimasto invariato nella sua formulazione rispetto alla proposta della Commissione.

Titolo IV

Processo amministrativo telematico

Articolo 13

Processo telematico

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità

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del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali.

L’articolo 13 individua il procedimento mediante il quale introdurre ed aggiornare continuamente le regole tecniche ed operative necessarie per l’attuazione del “processo amministrativo telematico”, vale a dire per consentire la gestione, tramite risorse e tecnologie informatiche, delle attività processuali delle parti e del giudice. La norma è attuativa di un’espressa previsione dell’articolo 44 comma 2 lett. a) della legge n. 69 del 2009 ed ha un contenuto “programmatico”, demandando l’individuazione di dette regole ad un futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da assumere sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ed il DigitPA. A tale ultimo proposito, si segnala che nel testo licenziato dalla Commissione non era (incredibilmente) previsto il coinvolgimento del DigitPA e che l’aspetto finanziario dei costi del processo amministrativo telematico era affrontato con la più blanda espressione di “nei limiti delle disponibilità di bilancio”, cui è subentrato un testo molto più rigoroso e, a ben vedere, ostativo al concreto decollo del processo di modernizzazione.

Il rinvio ad una normativa di rango non primario costituisce lo strumento più idoneo per consentire l’introduzione del processo amministrativo telematico, analogamente a quanto avvenuto con il decreto ministeriale 17 luglio 2008, che ha fissato le regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile. La fonte regolamentare ha, infatti, caratteristiche di flessibilità e tempestività di adeguamento, essenziali per un settore connotato da una continua evoluzione tecnologica e, quindi, per garantire un efficiente e tempestivo esercizio della funzione giurisdizionale amministrativa.

In un contesto di crescente automazione della pubblica amministrazione, l’emanando decreto, tenendo conto delle peculiarità del processo amministrativo, dovrebbe garantire essenzialmente l’interoperabilità tra i vari “processi” telematici, eliminando le possibili duplicazioni ed evitando l’introduzione di procedure distinte per ciascuna giurisdizione. In tal senso, il decreto dovrebbe tenere conto di quanto sino ad oggi conseguito

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con il “Nuovo Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa” (NSIGA) ed assicurarne l’interoperabilità con il “Sistema Informatico Civile” (SICI) da cui dipende il processo civile telematico.

Al fine dell’effettiva introduzione del processo amministrativo telematico, particolarmente rilevante è, come accennato, il contributo fornito dal DigitPA alla concreta stesura delle regole tecnico-operative in questione, dal momento che esso rappresenta il riferimento nazionale per i processi di automazione delle pubbliche amministrazioni. Infatti, il DigitPA è un ente pubblico non economico, istituito con decreto legislativo 1° dicembre 2009 n. 177, avente competenza nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’ambito della pubblica amministrazione, che è succeduto al CNIPA. Il DigitPA opera secondo le direttive, per l’attuazione delle politiche e sotto la vigilanza del Ministro per la pubblica amministrazione e

l’innovazione, con autonomia tecnica e funzionale,

amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale, svolgendo funzioni di natura progettuale, tecnica e operativa allo scopo di la realizzare l’amministrazione digitale.

Come anticipato, risulta di particolare rilievo la previsione l’imposizione normativa del vincolo ad introdurre le innovazioni in parola senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche, ma entro i limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane disponibili a legislazione vigente, in linea con quanto imposto dai criteri direttivi della legge delega.

Titolo V

Spese di giustizia

Articolo 14

Commissione per l'ammissione al patrocinio a spese dello

Stato

1. Presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e ogni tribunale

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amministrativo regionale e relative sezioni staccate e' istituita una commissione per l'ammissione anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, composta da due magistrati amministrativi, designati dal presidente, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente della commissione, e da un avvocato, designato dal presidente dell'Ordine degli avvocati del capoluogo in cui ha sede l'organo. Per ciascun componente sono designati uno o più membri supplenti. Esercita le funzioni di segretario un funzionario di segreteria, nominato dal presidente. Al presidente e ai componenti non spetta nessun compenso ne’rimborso spese.

La disposizione in commento individua la composizione delle Commissioni per l’ammissione anticipata e provvisoria al gratuito patrocinio costituite presso ogni ufficio giudiziario amministrativo. Il gratuito patrocinio, come è noto, è il beneficio previsto dall’articolo 24 comma 3 della Costituzione consistente nell’assistenza legale gratuita a coloro i quali siano sprovvisti dei necessari mezzi economici. La disciplina generale dell’istituto, anche per i giudizi amministrativi, è contenuta negli articoli 74 e ss. del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, che vengono dunque integrati sul punto con la previsione della Commissione in discorso.

Il potere di nomina dei membri è attribuito al presidente dell’ufficio giudiziario stesso, il quale indica per la presidenza dell’organo un magistrato “anziano”, oltre ad un altro magistrato come componente; un avvocato del libero foro designato dal presidente dell’Ordine degli avvocati provinciale è, poi, chiamato a far parte della Commissione in qualità di componente.

Tale Commissione subentra a quella istituita dall’articolo 1 comma 1308 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, che viene abrogato (vedi infra sub articolo 4 dell’allegato 4).

Da ultimo, ancora una volta il legislatore si preoccupa di sterilizzare qualunque riflesso finanziario della partecipazione ai lavori della Commissione, facendo divieto di corresponsione di compensi o rimborsi spese.

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Articolo 15

Devoluzione del gettito delle sanzioni pecuniarie

1. Il gettito delle sanzioni pecuniarie previste dal Codice e' versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per le spese di cui all'articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni.

Per comprendere l’ambito applicativo della disposizione in commento, devono preliminarmente ricordarsi le fattispecie di irrogazione di sanzioni pecuniarie disciplinate dal Codice. In primo luogo, l’articolo 18 comma 7, in tema di ricusazione, prevede che il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o respinge la relativa istanza, provveda sulle spese e possa condannare la parte che l’ha proposta ad una sanzione pecuniaria non superiore ad euro cinquecento. L’articolo 123 del Codice, poi, attribuisce al giudice il ben più significativo potere di applicare, nei confronti della stazione appaltante, sanzioni “alternative”, anche pecuniarie (e commisurate al valore del contratto inteso come “prezzo di aggiudicazione”). Ciò nei casi in cui, nonostante le gravi violazioni accertate, il contratto sia comunque considerato efficace o la sua inefficacia sia temporalmente limitata. Il giudice applica le anzidette sanzioni “alternative” anche qualora il contratto sia stato sottoscritto senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione, ovvero la sospensione derivante dalla proposizione di ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione e non abbia influito sulle sue possibilità di ottenere l’affidamento.

La disposizione in commento individua, quindi, la destinazione del gettito di tali sanzioni nel rispetto del principio di unicità del bilancio dello Stato, stabilendo che esso vada a finanziare le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali.

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Articolo 16

Misure straordinarie per la riduzione dell'arretrato e per

l'incentivazione della produttività

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del presidente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa previa delibera dello stesso Consiglio, sono adottate, nei limiti dei fondi disponibili nel relativo bilancio ed effettivamente non utilizzati, misure straordinarie per la riduzione dell'arretrato e per l'incentivazione della produttività.

L’articolo 16 rappresenta quanto rimane della corposa proposta della Commissione di norme organizzative e finanziarie destinate a rendere operativo uno specifico progetto di riduzione dell’arretrato pendente alla data di entrata in vigore del Codice. Il contenuto concreto delle misure straordinarie in commento, contrariamente al testo licenziato dalla Commissione, non viene esplicitato, limitandosi il legislatore a porre il principio dell’invarianza dei fondi complessivamente stanziati per il funzionamento della giustizia amministrativa. L’impostazione così data al tema è in linea con il divieto generalizzato di autorizzazione di nuove spese per effetto dell’entrata in vigore della riforma posto direttamente dall’articolo 137 del Codice (vedi infra sub Allegato 3).

ALLEGATO 3

Norme transitorie

L’allegato 3 al decreto legislativo n. 104 del 2010 contiene disposizioni di diritto transitorio finalizzate sia allo smaltimento ed alla razionalizzazione dell’imponente arretrato esistente (Titolo I), sia al coordinamento tra vecchia e nuova disciplina processuale (Titolo II).

A differenza di quanto suggerito dalla Commissione nominata dal Presidente del Consiglio di Stato, dal Titolo I è stata espunta ogni disposizione sull’utilizzo del personale di magistratura e

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amministrativo per l’eliminazione del contenzioso pendente, mediante istituzione di sezioni e collegi “straordinari” e corresponsione compensi indennitari aggiuntivi. Evidentemente, l’intervenuta entrata in vigore del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, con le sue eccezionali misure di austerità, ha dissuaso il legislatore dal deliberare qualsiasi nuova o maggiore spesa. In tal senso, l’articolo 137 del Codice non consente alcun dubbio, prescrivendo alle amministrazioni competenti (tra cui la Presidenza del Consiglio dei ministri – Segretariato generale della giustizia amministrativa ed il Ministero dell’economia e delle finanze) di provvedere alla propria attuazione nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Del pari, nel Titolo II delle norme transitorie non v’è più traccia dello specifico percorso proposto dalla Commissione per l’applicazione differita dell’azione collettiva per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici introdotta dal decreto legislativo 20 dicembre 2009 n. 198 (c.d. “class action”.

Titolo I

Definizione dei ricorsi pendenti da più di cinque anni alla

data di entrata in vigore del Codice del processo

amministrativo

Articolo 1

Nuova istanza di fissazione d'udienza

1. Nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del Codice, le parti presentano una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all'articolo 24 del Codice e dal suo difensore, relativamente ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni e per i quali non e' stata ancora fissata l'udienza di discussione. In difetto, il ricorso è dichiarato perento con decreto del presidente.

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2. Se tuttavia, nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione del decreto, il ricorrente deposita un atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui dichiara di avere ancora interesse alla trattazione della causa, il presidente revoca il decreto disponendo la reiscrizione della causa sul ruolo di merito.

3. Se, nella pendenza del termine di cui al comma 1, è comunicato alle parti l'avviso di fissazione dell'udienza di discussione, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 82, comma 2, del Codice.

L’articolo 44 della legge n. 69 2009, nell’indicare i principi e i criteri direttivi vincolanti per il Governo ai fini dell’esercizio della delega, non ha solo richiamato quelli indicati dall’articolo 20 comma 3 della legge n.59 del 1997, ma ha anche prescritto la “individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato”. La disposizione in commento, con una soluzione transitoria applicabile ai ricorsi c.d. ultraquinquennali, cioè giacenti, alla data di entrata in vigore del Codice, da oltre cinque anni senza che sia stata fissata l’udienza di discussione, introduce una forma accelerata di verifica della persistenza dell’interesse delle parti alla trattazione della causa. Nel caso in cui esso risulti superato, vengono accelerati i tempi ordinariamente occorrenti per la declaratoria di perenzione, non essendo necessario attendere la comunicazione di segreteria di cui all’articolo 82 comma 1 del Codice. La disposizione predispone, dunque, un efficace meccanismo di eliminazione dell’arretrato (anche “storico”) pendente, contribuendo al farsi del principio costituzionale del giusto processo, sotto il profilo della ragionevole durata, espressamente richiamato dall’articolo 2 comma 1 del Codice.

Ciò premesso, il comma 1 impone alle “parti” (e dunque non solo al ricorrente) l’onere di presentare al giudice una nuova istanza di fissazione dell’udienza di discussione entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del Codice. Il diretto coinvolgimento della parte nella sottoscrizione dell’istanza rafforza l’esigenza di riscontrare l’effettività della permanenza dell’interesse alla decisione. Il mancato adempimento

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di detto onere è sanzionato con la declaratoria di perenzione del ricorso mediante decreto presidenziale.

Si segnala che la soluzione fatta propria dal decreto legislativo si differenzia da quella proposta dalla Commissione per una maggior snellezza, esonerando le segreterie degli organi di giustizia amministrativa dall’obbligo di inoltrare qualunque sollecito alle parti.

Il comma 2, invece, prevede in favore del solo “ricorrente” uno speciale ius poenitendi per la mancata manifestazione dell’interesse alla trattazione della causa nelle forme ed entro il termine perentorio di cui sopra. In particolare, esso ha facoltà, entro centottanta giorni dalla comunicazione del decreto di perenzione, di depositare nella segreteria del giudice un atto notificato alle altre parti con cui questi esterna l’anzidetta volontà. Ai fini della reiscrizione della causa sul ruolo di merito non è, ovviamente, sufficiente la sola tempestiva notifica dell’atto alle altre parti processuali, essendo necessario il deposito in segreteria.

Da ultimo, il comma 3 dispone che, qualora in pendenza del termine per il rinnovo dell’istanza di fissazione dell’udienza, le parti ricevano avviso di avvenuta fissazione della stessa, il ricorso è deciso qualora il ricorrente dichiari, anche alla stessa udienza per mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione. Altrimenti, il ricorso è dichiarato perento dal presidente del collegio con proprio decreto, in conformità a quanto previsto dall’articolo 82 comma 2 del Codice.

Titolo II

Ulteriori disposizioni transitorie

Articolo 2

Ultrattività della disciplina precedente

1. Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del Codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti.

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transizione verso la nuova disciplina garantendo la perdurante validità delle norme previgenti relative ai “termini” in corso alla data di entrata in vigore della riforma. L’ambito applicativo della norma riguarda i processi pendenti, per i quali continua ad applicarsi la previgente disciplina su durata, decorrenza e computo dei termini stessi.

Infatti, in materia di termini processuali, l’articolo 52 commi 4-5 del Codice introduce dettagliate ed innovative disposizioni, come l’anticipo della scadenza al giorno antecedente non festivo, per i termini computati a ritroso, oltre all’equiparazione del sabato ai giorni festivi, ai fini della proroga del termine in scadenza al primo giorno seguente non festivo.

La soluzione adottata dal legislatore è lineare e di buon senso, improntata al canone del tempus regit actum che prevale sul contrapposto principio generale dell’immediata applicabilità delle norme di diritto pubblico, quali sono quelle processuali. Vengono così evitate prevedibili incertezze applicative che sarebbero refluite in una dilatazione dei tempi di definizione dell’arretrato, in contrasto con che hanno afflitto precedenti esperienze riformatrici in altri sistemi processuali.

Articolo 3

Disposizione particolare per il giudizio di appello

1. La disposizione di cui all'articolo 101, comma 2, del Codice non si applica agli appelli depositati prima dell'entrata in vigore del Codice medesimo.

Ai sensi dell’articolo 101 comma 2 del Codice, si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio. La disposizione riprende il principio generale posto dall’art. 346 del Codice di procedura civile, definendone il perimetro applicativo in relazione ad una nota specificità del processo amministrativo, costituita dalla prassi

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giurisprudenziale del c.d. “assorbimento dei motivi”, per il quale il giudice, ritenendo fondato il ricorso limitatamente ad una soltanto tra le più censure mosse, per ragioni di economicità non esamina le altre doglianze prospettate. La soluzione legislativa comporta dunque che i motivi assorbiti, pur non essendo investiti dalla decisione, ove non riproposti esplicitamente debbano ritenersi coperti dal giudicato (implicito) che su di essa si forma.

La disposizione in commento garantisce, quindi, la persistente applicazione ai processi pendenti della disciplina previgente, esonerando le parti dall’obbligo di riproporre in appello le domande ed eccezioni non esaminate in primo grado ed evitando così l’insorgere di un possibile motivo di frizione e di contrasto su un punto qualificante del processo amministrativo.

ALLEGATO 4

L’allegato 4 contiene le norme di coordinamento e di abrogazione connesse con l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo. L’opera di coordinamento realizzata dal legislatore si è concretizzata in un consistente numero di modifiche puntuali ad una serie di testi normativi, con particolare riguardo alla materia elettorale (che, lo si ricorda, non riguarda la legislazione che disciplina le elezioni politiche), allo scopo di raccordarne le disposizioni con il mutato assetto positivo del processo amministrativo. In aggiunta a ciò, viene sancita o confermata l’abrogazione di tutte quelle fonti, principalmente (ma non esclusivamente) processuali, il cui disposto è stato incorporato, modificato o, soltanto, reso definitivamente obsoleto a seguito del varo del Codice.

Articolo 1

Norme di coordinamento e abrogazioni in materia di

elezioni politiche e del Parlamento europeo.

1. Alla legge 24 gennaio 1979, n.18, sono apportate le seguenti modificazioni:

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a) l'articolo 42 e' sostituito dal seguente: "Articolo 42. La tutela giurisdizionale contro gli atti di proclamazione degli eletti, per motivi inerenti alle operazioni elettorali successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, e' disciplinata dalle disposizioni dettate dal Codice del processo amministrativo.";

b) sono abrogati gli articoli 43 e 46, secondo comma.

Come è noto, ai sensi dell’art. 126 del Codice, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei Comuni, delle Province, delle Regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.

L’articolo in commento modifica le norme sull’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, abrogando la disciplina processuale previgente per ricondurla ad unità con quella generale del processo amministrativo, nel quale ampio spazio è dedicato al contenzioso elettorale. In particolare, per ciò che attiene all’elezione dei rappresentanti italiani nel Parlamento europeo, gli articoli 130 e 132 del Codice disciplinano, rispettivamente, il giudizio di primo grado e di appello in subiecta materia. Si rammenta che, rispetto alla proposta formulata dalla Commissione, il testo di norme di coordinamento ed abrogazioni entrato in vigore non comprende più gli interventi originariamente previsti sulla normativa per le elezioni politiche, dal momento che il Governo non ha ritenuto di dover esercitare la delega sul punto.

La disposizione in esame ha, dunque, abrogato gli articoli 42 e 43 della legge 24 gennaio 1979 n. 18, che disciplinavano i giudizi di primo e secondo grado del contenzioso elettorale europeo. Abrogato è pure l’articolo 46 comma 2, che prevedeva i poteri dell’Ufficio elettorale nazionale, costituito presso la Corte di Cassazione, per la correzione dei risultati elettorali, sulla base delle sentenze che abbiano deciso irrevocabilmente sulle contestazioni, incluso quello di sostituzione ai candidati illegittimamente proclamati di coloro che hanno diritto di esserlo, dandone comunicazione agli interessati ed alla segreteria del Parlamento europeo.

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Articolo 2

Norme di coordinamento e abrogazioni in materia di

elezioni amministrative.

1. Al testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 83 e' sostituito dal seguente: "Articolo 83. La tutela in materia di operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, e' disciplinata dalle disposizioni dettate dal Codice del processo amministrativo.";

b) sono abrogati gli articoli: 83/2; 83/3; 83/4; 83/5; 83/6, 83/7; 83/8; 83/9; 83/10; 83/11; 83/12;

c) all'articolo 84, primo comma, le parole: ", la Sezione per il

contenzioso elettorale, il Consiglio di Stato" sono soppresse. 2. Alla legge 5 agosto 1962, n. 1257, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 21, primo comma, le parole: "sia in materia di

eleggibilità sia in materia di operazioni elettorali" sono sostituite dalle seguenti: "in materia di eleggibilità";

b) l'articolo 23 e' sostituito dal seguente: "Articolo 23. Ricorso

giurisdizionale in materia di operazioni elettorali. La tutela in materia di operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, e' disciplinata dalle disposizioni dettate dal Codice del processo amministrativo.";

c) all'articolo 24, nella rubrica, le parole: "Consiglio regionale, della Corte di appello e del Consiglio di Stato" sono sostituite dalle seguenti: "Consiglio regionale e della Corte di appello" e, al

primo comma, le parole: "Consiglio regionale, la Corte d'appello

di Torino ed il Consiglio di Stato" sono sostituite dalle seguenti: "

Consiglio regionale e la Corte d'appello di Torino";

d) all'articolo 30 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma le parole: "al Consiglio di Stato" sono sostituite

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dalle seguenti: "alla Corte di appello di Torino" e le parole: ", giudicando in sede di giurisdizione esclusiva" sono soppresse; 2) al secondo comma le parole: "al Consiglio di Stato" sono sostituite dalle seguenti: "alla Corte di appello di Torino";

e) all'articolo 31, primo comma, le parole: "il Consiglio regionale, la Corte d'appello di Torino ed il Consiglio di Stato" sono sostituite dalle seguenti: "il Consiglio regionale e la Corte d'appello di Torino";

f) all'articolo 33, terzo comma, le parole: "al Consiglio di Stato ed" sono soppresse.

3. Alla legge 23 dicembre 1966, n. 1147, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, primo comma, le parole: ", sia davanti agli organi di giurisdizione ordinaria, sia davanti agli organi di giurisdizione amministrativa, " sono sostituite dalle seguenti: "

davanti agli organi di giurisdizione ordinaria";

b) all'articolo 7: 1) al comma 2 le parole: "sia per quanto riguarda la materia relativa alle operazioni per l'elezione, sia" sono soppresse; 2) dopo il secondo comma e' inserito il seguente: "

La tutela contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri provinciali, successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, e' disciplinata dalle disposizioni dettate dal Codice del processo amministrativo.";

c) sono abrogati gli articoli: 2 e 8.

4. Alla legge 17 febbraio 1968, n. 108, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 19 il primo comma e' sostituito dal seguente: "Per i ricorsi in materia di eleggibilità e decadenza si osservano le norme di cui agli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147.";

b) all'articolo 19, dopo il terzo comma e' aggiunto il seguente: "La tutela in materia di operazioni per l'elezione dei consiglieri regionali, successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, e' disciplinata dalle disposizioni dettate dal Codice del processo amministrativo.".

5. Agli articoli 31, primo comma, e 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, nonché all'articolo 17, primo comma, n.1), della legge 8

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