Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana
Dipartimento Economia aziendale, Sociale e Sanità
Corso di Laurea in Cure Infermieristiche
Tesi di Bachelor
di
Deborah Weber
____________________________________________________________________
“
Evoluzione del ruolo infermieristico nella
gestione della terapia antalgica nei pazienti
tossicodipendenti ricoverati in ambito di cura
acuto negli ultimi dieci anni”
___________________________________________________________________________________
Revisione della letteratura
Direttore di Tesi Luciano Thomas
Anno Accademico 2018/2019
Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana
Dipartimento Economia aziendale, Sociale e Sanità
Corso di Laurea in Cure Infermieristiche
Tesi di Bachelor
di
Deborah Weber
______________________________________________________________________
“
Evoluzione del ruolo infermieristico nella
gestione della terapia antalgica nei pazienti
tossicodipendenti ricoverati in ambito di cura
acuto negli ultimi dieci anni”
_____________________________________________________________________________________
Revisione della letteratura
Direttore di Tesi Luciano Thomas
Anno Accademico 2018/2019
Luogo e data di consegna: Manno, 31 luglio 2019
SOMMARIO
ABSTRACT ... 0 1. INTRODUZIONE ... 2 1.1 Tema e motivazione ...2 2. QUADRO TEORICO ... 3 2.1 La tossicodipendenza ...3 2.2 Epidemiologia ...42.3 Rappresentazione sociale della tossicodipendenza ...5
2.4 Fenomenologia clinica della/ dipendenza ...6
2.4.1 Anatomia e fisiologia della tossicodipendenza ... 6
2.4.2 La neurobiologia delle sostanze d’abuso ... 8
2.4.3 Personalità della persona tossicodipendenze... 10
2.5 Complicanze somatiche ed infettive correlate alle sostanze d’abuso ...10
2.5.1 Complicanze somatiche ... 11
2.5.2 Complicanze infettive ... 11
2.6 Ruolo infermieristico in ambito acuto ...12
2.6.1 Ruolo infermieristico nella gestione del paziente tossicodipendente ... 12
2.6.2 Esempio di terapia non farmacologica per pazienti tossicodipendenti ... 13
2.7 Gestione della terapia antalgica ...14
2.7.1 Principali farmaci utilizzati nella terapia antalgica ... 14
2.8 Trattamento farmacologico con oppiacei ...15
2.8.1 Il trattamento della tossicodipendenza con farmaci sostitutivi ... 16
3. METODOLOGIA DELLA RICERCA ... 17
3.1 Revisione della letteratura ...17
3.2 Contesto di ricerca ...17
3.3 Domanda di ricerca ed obiettivi ...18
3.3.1 PICO ... 19
3.4 Criteri di inclusione ed esclusione ...20
3.5 Strumenti e mezzi di ricerca ...20
3.6 Diagramma di flusso ...21
4. RISULTATI DELLA RICER’*CA ... 22
5. DISCUSSIONE DEGLI STUDI ... 31
5.1 Raggiungimento degli obiettivi ...31
5.2 Limiti degli studi ...32
5.3 Raccomandazioni per la pratica professionale ...33
CONCLUSIONI ... 35
Conclusioni personali ...36
ABSTRACT
BACKGROUND: il dolore è spesso il primo sintomo che il paziente accusa e riferisce
quando qualcosa nell’organismo sembra non funzionare correttamente. Per i curanti diventa un campanello d’allarme poiché potrebbe essere segnale di complicanze, per cui è di fondamentale importanza riconoscerne l’eziologia e, sicché è fonte di malessere per l’assistito, è altrettanto importante gestirlo in maniera adeguata, talvolta anche mediante la somministrazione di farmaci stupefacenti. Tuttavia, quando il paziente è noto per un disturbo da abuso di sostanza come si deve comportare l’infermiere che lo assiste? Questa è una delle domande che mi hanno spinta ad approfondire il tema e a condurre una revisione della letteratura in tal senso. Il background teorico di questo elaborato spazia fra vari temi che riguardano la tossicodipendenza a livello neuro-fisiologico, psicologico e comportamentale. Vengono inoltre trattati argomenti relativi ai concetti che accomunano le varie sostanze d’abuso, alle condizioni generali di dipendenza, agli aspetti rappresentativi e sociali che ruotano attorno a questa popolazione di pazienti e alle complicanze a cui possono incorrere. Successivamente, viene messo in luce quello che è invece il ruolo infermieristico e approfondito il tema del dolore e la sua relativa gestione, facendo un accenno alla terapia sostitutiva di mantenimento utilizzata per i pazienti con disturbi da abuso di sostanza. In questo lavoro di tesi vi sono infine delle raccomandazioni di miglioramento per il futuro per quanto riguarda il ruolo infermieristico.
SCOPO: il principale scopo del lavoro di tesi è quello di individuare gli ostacoli legati alla
gestione del dolore da parte degli infermieri che operano in ambito acuto applicato alla cura di pazienti con tossicodipendenza. Di conseguenza, un ulteriore scopo è quello di determinare quali possono essere le eventuali strategie infermieristiche da mettere in atto per superare tali ostacoli.
METODO: per raggiungere gli obiettivi prefissati nel lavoro di Bachelor, è stata effettuata
innanzitutto una ricerca bibliografica per trarne un quadro teorico di base. Dopodiché, ho svolto una revisione della letteratura nelle diverse banche dati in maniera tale da osservare quanto è già stato ricercato a proposito di questo argomento, da cui ho estrapolato e analizzato sei articoli che meglio rispondevano alla domanda di ricerca e i quali rispettavano i criteri metodologici di inclusione e di esclusione.
RISULTATI: dall’analisi dei risultati emersi dagli studi presi in considerazione, emerge
una particolare difficoltà da parte del personale infermieristico nella gestione della terapia antalgica del paziente tossicodipendente ed un ostacolo ad entrare in relazione con quest’ultimo. I motivi per cui ciò accade è legato principalmente a questioni di pregiudizi e stigmatizzazione, paure legate ad aspetti legali ed a fattori esterni che aumentano lo stress dei curanti durante la presa in carico di tale tipologia di pazienti.
CONCLUSIONE: l’effettiva difficoltà percepita da parte del personale infermieristico
nell’assistenza e nella gestione del dolore ai pazienti con tossicodipendenza, come supposto prima di cominciare la ricerca, è stata evidenziata anche in letteratura. Il presente elaborato scritto non presenta quindi dei risultati e/o delle soluzioni generalizzabili ed esaurienti, ma sottolinea gli ostacoli di cura già presenti nelle strutture ospedaliere. Vengono però fornite delle possibili strategie affinché tali impedimenti vengano del tutto, o almeno in parte, risolti. Si tratta quindi di uno spunto dal quale possono essere condotte ulteriori indagini.
1. INTRODUZIONE
1.1 Tema e motivazione
Al termine del percorso triennale della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI), viene richiesta l’elaborazione del lavoro di tesi allo scopo di conseguire il Bachelor in Cure Infermieristiche. Il seguente elaborato, diviene quindi uno strumento per poter applicare gli apporti teorici e metodologici nel futuro lavorativo, affinché venga facilitata la ricerca di proposte utili e comprovate durante la pratica professionale. Gli argomenti presi in esame per elaborare il lavoro di tesi vertono principalmente sull’assistenza infermieristica prestata da professionisti della cura, i quali sono frequentemente confrontati con pazienti che presentano diagnosi secondarie, come per esempio l’abuso di sostanze, e quindi con la tossicodipendenza nelle sue diverse peculiarità. La mia personale esperienza lavorativa nel settore sanitario si limita alla durata dei tirocini svolti durante il percorso formativo presso la SUPSI. Pertanto, ciò che mi ha portata ad arrivare alla scelta conclusiva del tema per questo lavoro, è legato principalmente alla mia precedente formazione e alle aspettative che avevo prima di intraprenderla. Al termine delle scuole obbligatorie era mio desiderio continuare gli studi nell’ambito sanitario e di conseguenza accedere alla formazione OSS (operatrice socio-sanitaria). Non riuscendoci, il responsabile di formazione della scuola di allora mi propose, a tal fine, di intraprendere la formazione OSA (operatrice socio-assistenziale) con indirizzo in assistenza di persone con handicap. Conclusasi la scuola ho avuto la possibilità di lavorare per circa un anno presso una struttura psichiatrica del Cantone, la quale ospitava pazienti con disturbi psichici cronici (quali per esempio schizofrenia, bipolarismo, psicosi, etc) ed alcuni di loro possedevano una doppia diagnosi. Quest’ultima è stata, a mio avviso, un’esperienza di crescita sia professionale che personale. Nonostante ciò, sentivo comunque il desiderio di continuare gli studi nel campo sanitario ed è per tale ragione che ho deciso di congiungere i due indirizzi menzionati in precedenza (sociale e sanitario) nella scelta del tema per il lavoro di tesi, i quali rappresentarebbero il reparto acuto e l’ambito che concerne la psiche. La scelta del tema è legata all’esperienza vissuta durante tale periodo lavorativo, in quanto capitava che alcuni utenti della struttura richiedessero frequentemente la terapia medicamentosa di riserva (principalmente neurolettici e antidolorifici, tra cui anche farmaci stupefacenti) e poiché in una occasione ho avuto modo di accompagnare un paziente in un reparto ospedaliero acuto per un malessere intestinale, mi sono sorte alcune domande, soprattutto in previsione dello stage formativo in uno dei reparti di chirurgia presso l’EOC (Ente Ospedaliero Cantonale). Queste utlime si possono tradurre nel seguente modo: “come cambia il paziente dal ricovero in una struttura psichiatrica ad un reparto ospedaliero?”, “come dovrò gestire, in futuro, la presa a carico di un paziente conosciuto per abuso di sostanze?”, “come viene gestita la terapia farmacologica in ospedale?”, “qual è l’assistenza infermieristica prestata ad un paziente tossicodipendente che presenta dolore acuto?”. Tali domande mi hanno portata alla ricerca di risposte valide e quindi alla scelta di improntare il suddetto progetto sull’assistenza infermieristica in ambito acuto applicata a pazienti aventi disturbi da uso di sostanze.
Per poter affrontare questo argomento, mi piacerebbe quindi considerare il
comportamento del personale infermieristico nei riguardi di pazienti con
tossicodipendenza, cercando inoltre di indagare su quali possano essere gli ostacoli che impediscono una relazione d’aiuto ottimale e quali siano invece le possibili strategie per far fronte ad essi.
2. QUADRO TEORICO
2.1 La tossicodipendenza
In tutti gli ambienti si discute di tossicodipendenza e si ha generalmente l’idea di sapere di cosa si stia parlando (Arcieri et al., 2006). Si discute di soluzioni, di cause, ma in genere non ci si sofferma a chiarire che cosa si intenda per tossicodipendenza: questo rimane implicito, sottinteso e le differenze nel significato di fondo, ben presenti ed amplificate da un linguaggio di solito impreciso, generano pretestuose ed astratte contrapposizioni che a loro volta alimentano le polemiche (Arcieri et al., 2006). Secondo quanto definito nella quinta edizione del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (2014), la categoria complessiva dei disturbi indotti da sostanze comprende l’intossicazione, l’astinenza e altri disturbi mentali come ad esempio il disturbo psicotico o depressivo. Invece, ne “L’atlante delle dipendenze” (2014), viene fatta chiarezza sull’argomento spiegando che tutti noi coltiviamo abitudini, che intessono le nostre giornate, ne scandiscono i ritmi, sono come isole di piacere, di ritorno a noi stessi. Quest’ultime giocano un preciso ruolo, nel mantenimento dell’equilibrio di una persona e del suo stile di vita, a cui è difficile rinunciare, connotano l’esistenza delle persone umane su un ampio spettro di comportamenti (Grosso & Rascazzo, 2014). Possono portare a conseguenze dannose ma, nel momento in cui si prende atto che gli effetti non desiderati prevalgono sui vantaggi attesi, esse consentono alle persone di fruire della propria capacità di autocontrollo e di orientare diversamente il proprio comportamento e le scelte che lo guidano (Grosso & Rascazzo, 2014). Il fattore che segna il confine tra un’abitudine e una dipendenza patologica è la capacità di rinunciare a un comportamento gratificante, che fornisce inequivocabili vantaggi e che si pone come costitutivo degli equilibri stessi della persona (Grosso & Rascazzo, 2014). Ciò che fa la differenza è la capacità di limitare, di saper differire nel tempo e di contenere “l’invadenza” di un piacere al quale una consolidata e assai confortevole consuetudine tiene fortemente legati (Grosso & Rascazzo, 2014). La dipendenza patologica consiste in una modalità d’essere, una condizione esistenziale globale determinata dall’uso compulsivo di una sostanza, da un coinvolgimento totalizzante con un “oggetto” del desiderio e per ottenerlo l’individuo mette in atto un comportamento vissuto come incoercibile (Grosso & Rascazzo, 2014). La dipendenza è patologica quando, a differenza delle consuete abitudini della vita, si configura in tutta la sua durezza e prepotenza, allorché appare come impulso irresistibile alla ripetizione del comportamento, malgrado e contro tutto; ad ogni costo, anche pagato dal soggetto stesso e si manifesta, anche e soprattutto, con la sindrome di astinenza (Grosso & Rascazzo, 2014). Essa comporta un’evidente sofferenza sia sul piano fisico (dolore muscolare e articolare, crampi, brividi, nausea e vomito, diarrea e rinorrea, insonnia, etc), sia mentale (ansia, paura, agitazione, etc) (Grosso & Rascazzo, 2014). L’uso di sostanze psicoattive può portare alla sindrome da dipendenza, un insieme di fenomeni comportamentali, cognitivi e fisiologici che si sviluppano dopo ripetuti abusi e che tipicamente includono un forte desiderio di assumere la sostanza, difficoltà nel controllarne l’uso ed un uso persistente nonostante le conseguenze dannose («WHO | Substance abuse», 2018). La tossicodipendenza è definita come un comportamento che concerne l’uso compulsivo di sostanze illecite e come tale può comportare cambiamenti neurochimici cerebrali che alterano e reindirizzano gli istinti, infatti, a causa della variabilità dei fenomeni comportamentali la dipendenza è un campo difficile da studiare (Miller, Dackis, & Gold, 1987). Il passaggio dal consumo di droghe volontario al successivo consumo involontario e compulsivo, rappresenta il passaggio dal controllo diretto dell’obiettivo al controllo abituale dell’azione (Schwabe, Dickinson, & Wolf, 2011).
2.2 Epidemiologia
E’ importante approfondire il tema dei comportamenti di dipendenza e dei rischi correalati ad essa poiché sono di interesse pubblico. Infatti, a livello epidemiologico, nel gennaio 2011 è stato avviato il programma di monitoraggio svizzero delle dipendenze finanziato dall’Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) («Monitorage suisse des addictions » Accueil», 2018). Vi sono diverse modalità di monitoraggio in Svizzera, per esempio il metodo CoRoIAR (Continuous Rolling Survey of Addictive Behaviours and Related Risks) propone un sondaggio annuale che consiste in un colloquio telefonico di circa 25 minuti su un campione di popolazione equivalente circa ad 11’000 persone (aventi 15 o più anni), garantendo l’anonimato ai soggetti che decidono di partecipare volontariamente all’indagine in conformità con i requisiti di protezione dei dati («Monitorage suisse des addictions » Glossaire», 2018). Per esempio, quest’ultimo è stato utilizzato nel 2016 per valutare il tasso di consumo di cocaina negli ultimi 12 mesi. Dall’inchiesta è emerso che il 4,2% delle persone che hanno aderito al sondaggio affermano di aver assunto cocaina almeno una volta nel corso della loro vita («Monitorage suisse des addictions » Cocaïne», 2018). Tuttavia, le proporzioni sono meno elevate quando si parla di un consumo regolare o recente: lo 0,7% della popolazione ha assunto cocaina negli ultimi 12 mesi e lo 0,1% negli ultimi 30 giorni («Monitorage suisse des addictions » Cocaïne», 2018). Per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri correlati a diagnosi primaria o secondaria di dipendenza da cocaina, secondo l’ICD 10 (International Classification of Diseases - decimo volume), il numero di pazienti ricoverati nel 2008 corrispondeva a 35 casi («Monitorage suisse des addictions » Cocaïne», 2018). Un altro fenomeno presente alle nostre latitudini è il consumo di alcool. Infatti, CoRoIAR ha condotto un’indagine anche su questa tipologia di dipendenza e da quest’ultima si evince che circa nove persone su dieci con età superiore a 15 anni consuma alcool occasionalmente (85,8%), mentre il 9,5% conferma di bere almeno una bevanda alcolica al giorno («Monitorage suisse des addictions » Alcool», 2018). La maggior parte della popolazione svizzera non ha problemi di consumo d’alcool, tuttavia si stima che circa 250'000 dipendono da esso poiché i soggetti interessati bevono troppo, troppo spesso o in situazioni inappropriate («Monitorage suisse des addictions » Alcool», 2018). L’Ufficio Federale della Sanità Pubblica ricorda inoltre che la fabbricazione, la fornitura e il consumo di stupefacenti non autorizzati sono penalmente perseguibili. Infatti, “una parte significativa della repressione consiste nella
sanzione penale del consumo illegale e per questo motivo è importante impedire le ripercussioni negative sui consumatori derivate dalla criminalizzazione, come per esempio i casi di overdose. Il divieto è volto quindi ad impedire il commercio, ridurre l’offerta e diminuire la richiesta delle sostanze stupefacenti. Pertanto, viene incentivata la collaborazione tra le organizzazioni d’aiuto in caso di dipendenza e la polizia. Per quanto riguarda l’applicazione medica ed industriale di tali sostanze, invece, è possibile ottenere delle autorizzazioni eccezionali” (UFSP, 2018). In conclusione, trovo importante la ricerca
sull’assistenza infermieristica di pazienti con tossicodipendenza in quanto l’articolo “La
percezione degli infermieri sulla qualità delle cure fornite ai pazienti tossicodipendenti ospedalizzati”1 (Natan, Beyil & Neta, 2009) ha dimostrato che l’atteggiamento del personale infermieristico e la qualità delle cure fornite ai pazienti tossicodipendenti sono moderatamente negativi a causa di stereotipi legati alla dipendenza da sostanze e alla percezione della gestione infermieristica difficoltosa di questa tipologia di pazienti.
1Traduzione dall’inglese di “Nurses’ perception of the quality of care they provide to hospitalized drug
2.3 Rappresentazione sociale della tossicodipendenza
La rappresentazione corrisponde al modo in cui immaginiamo un fenomeno, all'idea che abbiamo di questo (Marc & Simon, 2002). I tossicodipendenti non sono più gli stessi di 20 anni fa, il loro comportamento è cambiato, così come le loro pratiche (Marc & Simon, 2002). L'immagine del tossicodipendente è intrisa di valori culturali e sociali, come dimostra la storia della droga, secondo cui i tempi ha sollevato disapprovazione e rifiuto (Marc & Simon, 2002). "I tossicodipendenti sono tutti uguali", questa frase così spesso ascoltata, spesso scoraggiata dopo l’investimento particolare di un caregiver che "voleva credere" nella persona (Marc & Simon, 2002). Se cerchiamo di estrapolare, dai discorsi che si sentono correntemente fare, le sottostanti visioni sulla tossicodipendenza possiamo ricondurle a tre schematizzazioni generali:
1. La tossicodipendenza è interpretata come una “debolezza morale” della persona
(Arcieri et al., 2006). La persona è vista come debole in senso generale, per sua natura o perché ha ricevuto un’educazione sbagliata o inadeguata (è stata “viziata”), preferisce indulgere nel piacere e nel disimpegno, non sa sacrificarsi per raggiungere obiettivi degni, mette in atto soluzioni sbagliate, devianti, cerca scorciatoie ai problemi della vita (Arcieri et al., 2006).
2. Il tossicodipendente può essere visto come debole ma in senso relativo, in quanto ha dovuto affrontare traumi straordinariamente gravi (lutti, privazioni, violenze) che avrebbero messo a dura prova chiunque, di fronte ai quali il soggetto non ha potuto far altro che lasciarsi andare, non riuscendo a reagire adeguatamente (Arcieri et al., 2006). Analogamente, invece di situazioni eclatanti traumatiche, la persona potrebbe essere stata sfortunata e aver avuto una situazione di vita particolarmente svantaggiosa e problematica (prolungati stati di carenze affettive, disoccupazione, povertà, etc) alla quale non ha saputo o potuto reagire (Arcieri et al., 2006). Il presupposto è che il soggetto sia per sua natura buono, e che se si rimuovessero le cause psicosociali di malessere, potrebbe ritrovare un equilibrio e recuperare un funzionamento adeguato (Arcieri et al., 2006).
3. A queste visioni della questione se ne associa una che considera la tossicodipendenza come “intossicazione”, cioè una situazione in cui la droga altera il normale funzionamento (mentale e fisico) del soggetto attraverso un meccanismo di tipo biologico (Arcieri et al., 2006). Da questo punto di vista, si considera che la droga possa rendere il soggetto meno consapevole e meno lucido, crea una dipendenza fisica che obbliga a continuare l’assunzione e quindi determinare un bisogno di droga che costringe il tossicodipendente ad uno specifico comportamento (ricerca di soldi, di sostanza) (Arcieri et al., 2006). Al centro della tossicodipendenza c’è la persona “dissipata”, che non ha controllo di sé e delle proprie azioni, che si lascia trascinare dalle parti più basse ed è in preda ai propri istinti, che è “causa del suo mal” e della rovina della sua vita (Grosso & Rascazzo, 2014).
2.4 Fenomenologia clinica della dipendenza
Descrivere nel dettaglio ogni sostanza implicata nella tossicodipendenza risulterebbe troppo complesso, per questo motivo in questo capitolo vengono descritti alcuni degli elementi comuni che caratterizzano la tossicodipendenza.
Gli aspetti che possono portare la persona ad abusare di una sostanza nociva sono svariati (Grosso & Rascazzo, 2014). Ciò nonostante, uno dei motivi principali che porta le persone a ripetere l’assunzione della sostanza è il fatto che genera una sensazione di particolare piacere (Grosso & Rascazzo, 2014). Ogni sostanza comporta remunerazioni differenti, principali e secondarie, che si declinano secondo le caratteristiche della persona (Grosso & Rascazzo, 2014). L’oggetto della dipendenza può riempire il vuoto che appare dove prima c’era pienezza di vita, può esaltare un’immagine e un’impressione di sé, come lasciarla in preda al proprio disprezzo (Grosso & Rascazzo, 2014).
Le droghe, a differenza di altre sostanze che la medicina moderna chiama farmaci, possiedono due anime: la prima, che accomuna molti medicamenti, rende in grado di agire su ben definiti sistemi fisiologici e la seconda conferisce loro la capacità di procurare in chi le assume un intenso piacere (Nava, 2004). L’oggetto responsabile della sensazione gratificante viene fissato nella memoria attraverso l’attivazione in modo irreversibile del sistema dopaminergico a livello dell’ippocampo (Grosso & Rascazzo, 2014). Quello che viene fissato nella memoria non viene cancellato e ogni volta che l’individuo si ritrova a contatto con questo oggetto si riattiva il meccanismo (Grosso & Rascazzo, 2014). Questo fatto e la riduzione della capacità di autocontrollo sono la causa della cronicità della dipendenza (Grosso & Rascazzo, 2014). Quando l’individuo si abitua alla sostanza la nuova assunzione o lo stesso stimolo non generano lo stesso effetto gratificante, ma essendo che nella memoria è presente l’effetto iniziale, l’individuo è portato ad assumere ulteriori dosi fino a raggiungere la sensazione gratificante iniziale (Grosso & Rascazzo, 2014). Il soggetto, pur consapevole dei danni gravi che ne derivano a sé e agli altri, sceglie di continuare a varcare confini, vincoli, norme di salvaguardia e protezione (Grosso & Rascazzo, 2014).
2.4.1 Anatomia e fisiologia della tossicodipendenza
La tossicodipendenza è una patologia cerebrale che scaturisce dalla interazione tra effetti farmacologici delle sostanze d’abuso e fattori predisponenti peculiari del soggetto utilizzatore di essi (Spelloni, Bricolo, & Gomma, 2010).
I meccanismi neurobiologici sono basati sul fatto che l’abuso di certe sostanze è dovuto alla loro capacità di dare gratificazione e motivare il comportamento di auto-somministrazione, in virtù dei loro effetti di stimolazione del sistema
cortico-mesolimbico dopaminergico
(Spelloni et al., 2010). Le basi del suddetto assunto si fondano sul fatto che tutti gli stimoli, naturali o
farmacologici, dotati di potere
motivazionale positivo, aumentano l’attività neuronale di un particolare fascio di fibre dopaminergiche, le quali raggiungono il nucleo accumbens
(NAc) e numerose strutture
frontocorticali (Spelloni et al., 2010). Figura 1 da http://slideplayer.com/slide/4472962/
Per esempio, le anfetamine, la cocaina, l’alcol, la nicotina e la cannabis agiscono, direttamente o indirettamente, sulla struttura del nucleo accumbens provocando grandi e rapidi rilasci di dopamina (Spelloni et al., 2010). L’aumento del rilascio di dopamina è un fattore fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo della dipendenza poiché si tratta di un neurotrasmettitore implicato nel circuito della gratificazione e della ricompensa (Spelloni et al., 2010). Infatti, ci impegniamo in attività che sono “ricompensanti” e soddisfano valori di sopravvivenza come procurarsi il cibo, un’abitazione, oppure il sesso e generalmente queste ricompense rappresentano esperienze piacevoli e motivano il comportamento assunto (Spelloni et al., 2010). Impariamo rapidamente quali siano le attività gratificanti e quali indizi ambientali siano associati alla ricezione di tali ricompense e l’uso di droghe viene appreso in modo eccessivo perché il loro utilizzo ripetuto attiva allo stesso modo i sistemi centrali di ricompensa nel cervello, consentendo così all’uso di queste sostanze di avere la precedenza su tutte le altre attività mirate a obiettivi che sono fondamentali per la sopravvivenza (Spelloni et al., 2010).
Gli effetti dei farmaci di abuso possono andare incontro a sensibilizzazione; cioè aumentano in seguito a somministrazione ripetuta della stessa dose di sostanza; la sensibilizzazione (anche nota come tolleranza inversa) sarebbe uno dei meccanismi attraverso cui la sostanza d’abuso acquisisce la capacità di controllare il comportamento di ricerca compulsiva tipico del tossicodipendente (Spelloni et al., 2010). In particolare, la sensibilizzazione si eserciterebbe sugli schemi motori sottesi al processo motivazionale, in maniera tale che il comportamento di assunzione verrebbe mantenuto indipendentemente dall’effettivo desiderio di ottenere la sostanza (Spelloni et al., 2010). L’utilizzo cronico di droghe che danno dipendenza può inoltre reprimere la capacità di risposta della via centrale della ricompensa ad azioni gratificanti quotidiane che ci stimolano e danno un senso alla vita, come le relazioni, il lavoro e l’educazione (Spelloni et al., 2010). Sembrerebbe anche che questi cambiamenti spieghino il motivo per cui la ricerca delle droghe possa finire col dominare la vita di molti tossicodipendenti, a scapito della maggior parte degli altri interessi (Spelloni et al., 2010). L’uso cronico di droga può provocare inoltre cambiamenti neurochimici nelle regioni corticali superiori della parte frontale del cervello (corteccia frontale) che rendono la droga così attraente, e può danneggiare la capacità di dominare gli impulsi a non usare le droghe (Spelloni et al., 2010). In sintesi, si può affermare che le sostanze vadano ad agire sui circuiti dopaminergici a livello del sistema mesolimbico, per cui stimolano quelli che sono i centri
di gratificazione e ricompensa riconoscendo così la sostanza d’abuso come
fondamentale per la sopravvivenza ed è per questo motivo che la persona tossicodipendente diviene dipendente da una determinata sostanza e la ricerca di quest’ultima di conseguenza diviene la priorità nella quotidianità del soggetto.
2.4.2 La neurobiologia delle sostanze d’abuso
Alla base della tossicodipendenza agiscono livelli neurobiologici e diversi circuiti cerebrali, sollecitati dalla tossicità dei prodotti assunti e implicati nella ripetitività dei comportamenti che ne susseguono (Grosso & Rascazzo, 2014). Contestualmente, sono sempre implicati i livelli emozionali e umorali che contribuiscono all’impulsività, all’aggressività, al passaggio all’atto, caratterizzando specifici stati del sé (Grosso & Rascazzo, 2014). Le sostanze d’abuso sono primariamente capaci di alterare le funzioni cerebrali che controllano il desiderio, l’umore, i processi di apprendimento e della memoria, la capacità di giudizio e la volontà (Nava, 2004). Poiché il comportamento non può esistere senza un’attività cerebrale e le sostanze d’abuso sono capaci di alterare la biochimica neuronale, la tossicodipendenza si può raffigurare come una malattia del cervello che si esprime con profonde alterazioni comportamentali (Nava, 2004).
Le sostanze d’abuso, stimolando potentemente le vie neuronali della gratificazione, riconoscerebbero la capacità di veicolare nel cervello un falso segnale che può essere codificato dall’organismo come indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo in modo tale che la ricerca della sostanza divenga essenziale e sostituisca i bisogni primari della persona (Nava, 2004). Le droghe sarebbero quindi in grado di procurare non solo effetti piacevoli, ma anche di indurre nel tempo nell’organismo quei profondi cambiamenti dei processi omeostatici che sono alla base delle loro azioni deleterie (Nava, 2004).
La gratificazione e la motivazione sono controllati dal sistema limbico2, un insieme di aree cerebrali implicate nella genesi delle emozioni e nei processi dell’apprendimento e della memoria (Nava, 2004). I principali sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella regolazione dei meccanismi della motivazione e della gratificazione sono quelli dopaminergici3 e oppioidi4 (Nava, 2004). Il primo sistema sembrerebbe controllare la spinta motivazionale per la ricerca dello stimolo gratificante, mentre il secondo medierebbe i processi di gratificazione conseguenti al consumo di sostanza (Nava, 2004). Il craving appresenta per l’individuo un forte ed inevitabile desiderio di assumere una sostanza o più in generale di soddisfare un bisogno; esso risiede nella regione limbica del cervello (Nava, 2004). Quest’ultimo può essere scatenato dalla droga o più frequentemente dalla presenza di uno stimolo neutro (come un volto, una circostanza, un oggetto) o secondario che è stato ripetutamente associato alla sostanza d’abuso (Nava, 2004). In altri termini, l’uso ripetuto
delle droghe è in grado di permettere che stimoli associati ad esse diventino forti stimoli motivazionali in grado di condurre l’uomo a comportamenti finalizzati all’ottenimento della sostanza d’abuso (Nava, 2004). Il soddisfacimento immediato del bisogno, però, ha la precedenza sull'elaborazione del desiderio in quanto elimina rapidamente ogni tensione psicologica legata a stati emotivi vissuti come intollerabili (Marc & Simon, 2002). Le basi neurobiologiche della dipendenza risiedono probabilmente in una alterazione dei processi neuronali che controllano gli stati motivazionali e la gratificazione (Nava, 2004). La dopamina è capace di modulare l’archiviazione delle informazioni (del piacere indotto dalle droghe) a livello corticale e in questo modo le sostanze d’abuso, attraverso un potenziamento della trasmissione dopaminergica, possono indurre nell’individuo un rinforzo della memorizzazione degli effetti gratificanti indotti dal loro uso (Nava, 2004).
2 Il sistema limbico si considera classicamente costituito dalle seguenti strutture: corteccia prefrontale, ippocampo,
ipotalamo e talamo (Nava, 2004).
3 Il sistema dopaminergico è il complesso di neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore la dopamina, questi
agiscono sul movimento e controllano le funzioni cognitive (Nava, 2004).
4 Il sistema oppioide è un complesso di neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore peptidi oppioidi costituiti da
endorfine, enkefaline e dinorfine e una delle sue funzioni è quella del controllo dell’analgesia e della gratificazione (Nava, 2004).
L’attivazione del circuito neuronale della gratificazione (amigdala) sarebbe cruciale nel dare inizio all’auto-somministrazione della sostanza, mentre lo stato di tossicodipendenza sarebbe regolato dai centri deputati al controllo degli stati pulsionali (Nava, 2004). La teoria più convincente che potrebbe descrivere il fenomeno e i meccanismi della tossicodipendenza è quella che postula che l’uso continuo delle sostanze sia in grado di determinare un consolidamento mnemonico dell’aberrante comportamento dell’uso delle droghe attraverso un’aumentata trasmissione dopaminergica nel sistema limbico (Nava, 2004). L’attivazione intermittente del sistema dopaminergico indotta dalle sostanze porterebbe ad una disfunzione della corteccia orbitofrontale (Nava, 2004).
Poiché quest’ultima è coinvolta nel controllo degli impulsi, la sua anormale attivazione nei tossicodipendenti è alla base della malattia e del patologico consumo della sostanza (Nava, 2004). Questo implica che il piacere di per sé non è sufficiente per mantenere nei tossicodipendenti la somministrazione della sostanza, ma che sono necessarie alterazioni funzionali di altre aree (Nava, 2004). L’uso cronico di una droga può causare un’ipofunzionalità dopaminergica delle aree corticali che presiedono nelle funzioni cognitive (Nava, 2004). L’abuso da sostanze può determinare un’alterazione sia della trasmissione dopaminergica che di altri sistemi neuorotrasmettitoriali (Nava, 2004). Tali sostanze possono infatti alterare l’espressione del trasportatore della dopamina oppure stimolare attraverso specifici input, la responsività delle vie dopaminergiche (Nava, 2004). L’abuso cronico di sostanze può determinare la disforia e i sintomi negativi che caratterizzano la sindrome di astinenza in quanto il consumo cronico aumenterebbe i livelli di peptidi oppioidi, responsabili degli effetti rinforzanti e gratificanti delle varie sostanze (Nava, 2004). Se la tossicodipendenza è caratterizzata dalla perdita del controllo dell’individuo sull’uso della sostanza malgrado le gravi conseguenze che il suo uso comporta, essa non può che essere considerata una malattia che riconosce delle precise basi neurobiologiche (Nava, 2004). Le droghe causano delle alterazioni del funzionamento cerebrale inducendo anche a una differente espressione genica ed una alterazione della risposta ai diversi stimoli ambientali (Nava, 2004).
Nel tossicodipendente, con meccanismi ancora sconosciuti, l’esistenza della malattia ed il suo perpetuarsi si fonderebbero alla capacità che le sostanze d’abuso hanno di alterare la fisiologia e la morfologia cerebrale e le facoltà cognitive (Nava, 2004). Essa quindi è una malattia del cervello capace di alterare profondamente alcune facoltà cognitive come le capacità di giudizio e decisionali dell’individuo (Nava, 2004). Si tratta di una malattia complessa capace di alterare le funzioni cerebrali più nobili come il desiderio, l’apprendimento, la memoria, la volontà e il giudizio (Nava, 2004).
2.4.3 Personalità della persona tossicodipendente
Riguardo le manifestazioni comportamentali legate al disturbo da uso di sostanze, secondo quanto riportato nel libro “L’infirmier(e) et les toxicomanies. Stratégies de soins
à l’hôpital” (Marc & Simon, 2002), ci sono dei fattori specifici legati al paziente con
disturbo da uso di sostanze che rendono difficoltosa la presa in carico infermieristica: l’umore fluttuante, comportamenti aggressivi, comportamenti manipolatori e intolleranza alle frustrazioni. Queste condotte patologiche adottate dal paziente tossicodipendente subentrano dal momento in cui si instaura un forte rapporto passionale tra individuo e oggetto del desiderio e possono manifestarsi improvvisamente (Marc & Simon, 2002). Il paziente tossicomane è un paziente con cui è difficile approcciarsi per via del fatto che spesso instaura una relazione col curante unicamente per realizzare i propri scopi (Marc & Simon, 2002). Per esempio, per risolvere i conflitti interiori, il soggetto tende ad assumere la sostanza e cercherà, dunque, di imbrogliare il curante in modo da poter realizzare il suo scopo (Marc & Simon, 2002). La dipendenza patologica è caratterizzata da peculiari manifestazioni globali, allo stesso tempo psichiche, fisiche, comportamentali, di cui cogliamo i differenti sintomi sia direttamente, visibilmente, sia con indagini e strumenti appropriati (Grosso & Rascazzo, 2014). Essa è evidenziata dalla presenza di una sintomatologia fisica e psichica, che assume caratteristiche e intensità differenti, in base alla tossicità delle diverse sostanze e al coinvolgimento in un determinato comportamento, ma anche secondo le diversità di ogni soggetto umano e le varietà delle reazioni del contesto ambientale (Grosso & Rascazzo, 2014). In questi casi l’accoglienza è la chiave nella relazione di cura; per riuscire a farlo nel modo adeguato e di conseguenza instaurare una relazione efficace è innanzitutto necessario comprendere che il paziente tossicodipendente non è unicamente un utilizzatore di droga ma anche una persona e va considerato nella sua globalità (Marc & Simon, 2002). L'accoglienza è un contatto, una qualità di contatto i cui fattori sono prima di tutto il nostro sguardo, il nostro sorriso, l'intonazione della nostra voce, il nostro ascolto (Marc & Simon, 2002). L'alleanza terapeutica non è un emblema, ma sarà costruita nel corso degli incontri per creare un clima di fiducia essenziale (Marc & Simon, 2002). L’esperienza clinica e la letteratura dimostrano che gli interventi psicoterapeutici di qualsiasi natura essi siano sono estremamente utili a patto che siano mirati ai problemi correlati all’uso di sostanze e che accompagnino i trattamenti farmacologici quando necessari (Nava, 2004).
2.5 Complicanze somatiche ed infettive correlate alle sostanze d’abuso Alla loro dose attiva, i farmaci si legano a siti specifici (recettori) dove assumono la forma di sostanze endogene, agendo come fanno o opponendosi ai loro effetti (Marc & Simon, 2002). In dosi elevate, ci sono anche effetti non specifici, in particolare effetti acuti respiratori e cardiovascolari (Marc & Simon, 2002). Questi effetti collaterali possono causare la morte per overdose e non un eccessivo aumento dell'azione sui recettori per l'effetto euforico desiderato (Marc & Simon, 2002). Nel “Manuale diagnostico e statistico
delle malattie mentali” (2014), si afferma che l’abuso di sostanze può provocare disturbi
mentali potenzialmente gravi, anche se solitamente temporanei, ma posso persistere come sindromi del sistema nervoso centrale. Il rischio infettivo virale e non virale è naturalmente legato alla modalità di tossicodipendenza (i rischi associati all'uso di droghe per via endovenosa sono ben noti), ma può essere associato a qualsiasi modalità di tossicodipendenza e a qualsiasi tipo di prodotto, soprattutto quando sono coinvolti fattori di rischio come la desocializzazione, la politossicomania, la prostituzione, etc (Marc & Simon, 2002).
2.5.1 Complicanze somatiche
Qualsiasi distretto corporeo può essere colpito da un qualche danno indotto dalle sostanze (Grosso & Rascazzo, 2014). Alcuni dei fattori tipici dei soggetti che abusano di sostanze, come la malnutrizione, la scarsa igiene, le variazioni di appetito, l’aumento della temperatura corporea e il confinamento in spazi ristretti (esempio il carcere), possono determinare danni organici che si manifestano a molti livelli su diversi apparati (Grosso & Rascazzo, 2014). Le principali complicanze somatiche originate dall’abuso di sostanza possono essere di tipo cardiovascolare e/o neurovascolare (per esempio alterazioni del ritmo, danni ischemici o emorragie cerebrali, crisi epilettiche, danni vascolari e cardiaci), di tipo respiratorio provocando insufficienza respiratoria, danni vascolari, ateropatie trombo-emboliche, vasocostrizione polmonare o di tipo renale e addominale causando necrosi renale, infarto renale e ischemia intestinale (Marc & Simon, 2002).
Inoltre, sono frequenti le infezioni della cute e delle mucose (per esempio la candidosi) e le malattie sessualmente trasmissibili (Marc & Simon, 2002).
2.5.2 Complicanze infettive
Qui si possono raggruppare tutte le comuni patologie infettive, le quali si possono riscontrare nella popolazione generale, ma che in pazienti a rischio come i tossicodipendenti il “rischio potenziale” può diventare verosimilmente un “rischio reale” (Marc & Simon, 2002). Tra le complicanze infettive più frequenti nelle persone tossicodipendenti si possono trovare malattie come la tubercolosi, l’epatite B e C, l’HIV, le infezioni cutanee (come per esempio flemmoni, flebiti, noduli infiammatori e tromboflebiti settiche) (Marc & Simon, 2002). Le malattie infettive costituiscono forse la maggior causa e motivo di ricovero in questo gruppo di popolazione (Grosso & Rascazzo, 2014). Le infezioni derivano il più delle volte dall’inoculazione diretta di germi comuni come batteri e funghi presenti sulla pelle o nelle sostanze attraverso l’uso non sterile di siringhe e materiali utilizzati per le iniezioni (Grosso & Rascazzo, 2014). Vi è inoltre un forte legame tra l’abuso di sostanze e l’attività sessuale, quest’ultimo comporterebbe un maggior rischio di contrarre infezioni attraverso questa via (Grosso & Rascazzo, 2014). Le persone tossicodipendenti presentano un rischio aumentato di trasmettere infezioni virali che sono principalmente le infezioni da virus dell’epatite B e C e dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV), il quale provoca un grave difetto della capacità di difesa esercitata dal sistema immunitario ed è pertanto più facile l’attacco di batteri, funghi e parassiti che provocano severe malattie infettive “secondarie”, non riscontrabili in individui con il sistema immunitario ben funzionante (Grosso & Rascazzo, 2014).
2.6 Ruolo infermieristico in ambito acuto
Per ciò che concerne il Ticino, l’Ente Ospedaliero Cantonale ha come missione la cura, la formazione e la ricerca. Quest’ultima mette al centro delle loro attività la popolazione e il fatto di potere assicurare la migliore assistenza ospedaliera su tutto il territorio cantonale (Ente Ospedaliero Cantonale, 2019). L’EOC offre le cure di base e prestazioni specialistiche in modo da soddisfare i bisogni della popolazione nei settori somatico-acuto, riabilitativo e post-acuto (Ente Ospedaliero Cantonale, 2019). Per quanto riguarda in particolare la funzione assistenziale, l’infermiere è ritenuto responsabile di tutte le fasi del processo infermieristico: dall’identificazione dei bisogni della persona e dalla collettività, alla formulazione dei relativi obiettivi, alla pianificazione, attuazione e valutazione degli interventi mirati all’assistenza (Saiani & Brugnolli, 2014).
L’operatore sanitario e il paziente sono i due attori principali della relazione: ognuno di loro ha proprie caratteristiche, da quelle anagrafiche e legate al ruolo a quelle più legate agli atteggiamenti personali (Saiani & Brugnolli, 2014). La relazione infermiere - paziente - famiglia, non è una relazione paritaria, ma asimmetrica; saperi e poteri diversi la caratterizzano: il primo erogale cure quando gli altri le necessitano (Saiani & Brugnolli, 2014). L’infermiere è formato sulle competenze di cura e assistenza, trattamento e prevenzione, ma solo il paziente ha l’esperienza diretta della malattia, del contesto sociale in cui vive, della propria attitudine al rischio, dei propri valori e preferenze (Saiani & Brugnolli, 2014). Affinché l’infermiere possa agire direttamente sulla relazione e sulle cure assistenziali occorre infatti che, oltre a conoscere sé stesso e il contesto in cui opera, sappia chi è il malato, qual è il suo temperamento e quali sono le sue aspettative (Mauri, 2006).
2.6.1 Ruolo infermieristico nella gestione del paziente tossicodipendente
Se il tossicodipendente è visto come un soggetto con “debolezza morale” è chiaro che la scelta di intervento sul problema sarà guidata dalla necessità di correggere questa debolezza (Arcieri et al., 2006). Potranno essere preferiti sistemi più persuasivi o più repressivi (dalla rieducazione tollerante alla punizione più intransigente) a seconda dell'animo e della cultura di chi deve scegliere, ma la filosofia di intervento sarà la stessa (Arcieri et al., 2006). Il soggetto dovrà seguire norme e regole, adeguare il suo comportamento, dimostrare che la sua volontà è cambiata (è diventata “buona volontà”) attraverso una serie di prove (rispetto di proibizioni e di limitazioni, lavoro, ubbidienza) (Arcieri et al., 2006). Si sa, però, che la “tentazione” è sempre in agguato e che “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”; questo approccio “rieducativo” richiede quindi un elevato investimento nel mantenere nel tempo dei sistemi di controllo del comportamento del tossicodipendente, dato che non ci si può del tutto fidare dei cambiamenti osservabili e si pensa di non avere strumenti per sapere che cosa “davvero” è cambiato all'interno della persona (Arcieri et al., 2006). La presa in carico di pazienti tossicodipendenti in reparti ospedalieri deve essere globale e pluridisciplinare coinvolgendo medici generali, medici e infermieri specializzati, servizi psichiatrici specializzati e servizi sociali (Marc & Simon, 2002). Spesso gli infermieri di cure generali si limitano ad occuparsi delle problematiche somatiche e si occupano superficialmente dell’abuso della sostanza, è dunque importante che il personale si rivolga a specialistiin modo da poter valutare se il paziente necessita un’ulteriore presa in carico psichiatrica (Marc & Simon, 2002).
I pazienti con disturbo da uso di sostanze e dolore sono a rischio di sottostima del dolore e all’inadeguato trattamento di quest’ultimo da parte degli infermieri (Morley, Briggs, & Chumbley, 2015). Non cogliere il dolore del paziente, potrebbe indurlo al desiderio di assumere stupefacenti al fine di far fronte al suo disagio e tale situazione, di ricerca della
sostanza, aumenta lo stigma degli infermieri nel considerare il paziente come “difficile” (Morley et al., 2015). Infatti, la letteratura indica che l'atteggiamento negativo verso i pazienti con disturbo da uso di sostanze può influenzare la loro gestione del dolore (Morley et al., 2015). Pertanto, gli approcci terapeutici più efficaci includeranno componenti biologici, comportamentali e di contesto sociale (Fischer & Eder, 1999). Mentre l'approccio di base nella dipendenza da sostanze coinvolge il campo medico, il supporto psicosociale è la seconda area principale che deve essere inclusa per ottenere un esito positivo del trattamento (Fischer & Eder, 1999). Inoltre, la psicoterapia presenta una terza area utile nel campo del trattamento della tossicodipendenza, ma solo sotto la considerazione che il tossicodipendente mostra una continua motivazione a cambiare (Fischer & Eder, 1999). Riconoscere la dipendenza come una malattia cronica e recidivante caratterizzata dalla ricerca e dall'uso compulsivo di droghe può influire sulle strategie generali sanitarie e sociali della società e contribuire a ridurre i costi associati all'abuso di droghe e alla dipendenza (Fischer & Eder, 1999). Il trattamento della dipendenza da sostanze negli uomini differisce dal trattamento della dipendenza da sostanze nelle donne; la tossicodipendenza nel genere femminile richiede infatti particolare attenzione quando la donna è incinta (Fischer & Eder, 1999).
Il rapporto di aiuto si fonda anche sulla credibilità del curante nel suo ruolo protettivo nei confronti del paziente, il che riporta ad una concezione più tradizionale del rapporto curante/paziente (Marc & Simon, 2002).
2.6.2 Esempio di terapia non farmacologica per pazienti tossicodipendenti
In questo sotto capitolo viene riportato un esempio di terapia per i pazienti con dipendenza da sostanze. Si tratta dell’approccio della Network Therapy, la quale potrebbe essere efficace per i pazienti con disturbo da uso di sostanze (Gabbard, 2016). Tre sono gli elementi chiave della network therapy:
1. l’approccio cognitivo-comportamentale;
2. il supporto all’abituale rete sociale del paziente;
3. l’orchestrazione delle risorse come intervento terapeutico più aggressivo (Gabbard, 2016).
Il Network Therapy consiste nel proporre un appuntamento con il paziente il quale dovrebbe essere accompagnato da qualcuno vicino affinché quest’ultimo possa essere soggetto di riferimento sia per la raccolta di dati anamnestici, sia per aprire un varco attraverso le bugie che spesso i pazienti raccontano (Gabbard, 2016).
Durante il colloquio viene scelta la rete a sostegno del paziente e successivamente viene definito il “compito del network” nel quale il paziente viene guidato verso un obiettivo chiaro e condiviso (Gabbard, 2016). In questo trattamento vi sono una serie di strategie di insegnamento sulle abilità sociali, in particolare quelle che coinvolgono lo sviluppo di un supporto sociale positivo per la modifica dell’uso di sostanze (Gabbard, 2016).
2.7 Gestione della terapia antalgica
Per quanto riguarda la gestione del dolore in un paziente sottoposto ad intervento chirurgico, vi è un protocollo vigente presso l’Ente Ospedaliero Cantonale con sede a Lugano (Civico) il quale illustra le seguenti linee guida:
• Identificare con il paziente i fattori che scatenano o peggiorano il dolore al fine di ridurre i momenti di sofferenza;
• Identificare i fattori che alleviano i dolori (impacchi freddi/caldi, massaggi, ...); • Diminuire tutto quello che produce dolore;
• Favorire un ambiente calmo, in quanto spesso i rumori danno fastidio; • Valutare con il paziente le attività che lo distraggono;
• Permettergli di esprimere i suoi sentimenti d’impotenza, ansia, rabbia o paura; • Incoraggiare il paziente e la sua famiglia ed esternare le proprie paure e/o dubbi; • Accogliere i bisogni psicologici, sociali e spirituali del paziente e della famiglia,
valutando la necessità del coinvolgimento di altre figure professionali specifiche; • Rispettare il silenzio del paziente, i suoi desideri e le sue scelte di cura;
• Insegnare, informare ed educare il paziente e la sua famiglia riguardo alle possibili cause del dolore, all’utilizzo dei medicamenti, ai suoi effetti secondari ed alle cure (Protocollo EOC I-CARPAL-015/A).
2.7.1 Principali farmaci utilizzati nella terapia antalgica
Un ulteriore protocollo illustra quali sono gli accorgimenti da attuare prima della somministrazione della terapia antalgica e questi ultimi sono elencati qui sottostante:
• Informare il paziente sul suo dolore e sulle terapie e incoraggiarlo ad avere un ruolo attivo nei trattamenti;
• Prevenire l’insorgenza del dolore, considerando l’emivita, la biodisponibilità e la durata di azione dei farmaci utilizzati;
• Prescrivere una via semplice di somministrazione, facile da gestire per il paziente e la famiglia;
• La via orale dovrebbe essere considerata la prima scelta;
• Individualizzare la dose, il tipo di farmaco e la via di somministrazione in accordo con i bisogni del singolo paziente;
• Considerare una via alternativa di somministrazione quando la via orale non è possibile;
• Prevenire e trattare possibili effetti collaterali. (Protocollo EOC I-CARPAL-015/A).
Trattamento del dolore lieve
Paracetamolo e/o FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) sono efficaci nel trattamento del dolore lieve. I FANS agiscono prevalentemente negli stati infiammatori, nei dolori ossei, etc.
(Protocollo EOC I-CARPAL-015/A).
Trattamento del dolore moderato
Oppioidi deboli come codeina, trasformata nel fegato in morfina, e il tramadolo, possono essere somministrati in combinazione con analgesici non oppioidi.
Trattamento del dolore moderato-grave
• Morfina: fornisce efficace sollievo dal dolore, è ampiamente tollerata, semplice da somministrare e poco costosa;
• Idromorfone (Palladon ®) o ossicodone (Oxycontin ®, Targin ®): sono analoghi della morfina con proprietà farmacocinetiche simili e possono essere considerate come alternative alla morfina;
• Metadone orale: considerato una valida alternativa alla morfina orale;
• Fentanyl transdermico (Durogesic ®): viene usato solo per pazienti che non riescono a deglutire o a pazienti con una ridotta compliance o scarsa tolleranza alla morfina;
• Buprenorfina transdermica (Transtec ®): riservata ai pazienti che assumono dosi stabili di oppioidi
(Protocollo EOC I-CARPAL-015/A).
Per quanto riguarda la gestione del dolore e quindi della terapia antalgica nei pazienti con tossicodipendenza, l’Ospedale Regionale di Lugano, Civico, non è in vigore alcun protocollo a riguardo.
2.8 Trattamento farmacologico con oppiacei
Gli oppiacei sono i composti che derivano dall’oppio, mentre gli oppioidi sono le sostanze naturali e di sintesi i cui effetti sono bloccati dal naloxone, un antagonista dei recettori degli oppiacei (Nava, 2004). L’oppio, nell’epoca della sua scoperta, era noto per le sue portentose proprietà medicamentose: infatti, veniva utilizzato come sedativo e analgesico. Solo nell’Ottocento venne inventata la siringa ipodermica che aprì la strada alla diffusione epidemica dell’uso di oppiacei (Nava, 2004). Gli effetti analgesici degli oppioidi e degli oppiacei derivano direttamente dalla loro capacità di inibire le vie ascendenti del dolore a partire dal midollo spinale e dalla capacità di attivare i circuiti che controllano il dolore (sistema inibitore discendente) (Nava, 2004).
I componenti più importanti dell’oppio sono la morfina, la noscapina, la papaverina, la codeina e la tebaina (Grosso & Rascazzo, 2014). Di questi ultimi, la morfina e la codeina sono efficaci per il dolore, infatti la morfina agisce nell’organismo mimando l’effetto di alcune sostanze naturali sintetizzate nell’organismo, ovvero i peptidi oppioidi endogeni o le endorfine (Grosso & Rascazzo, 2014). Gli effetti clinici degli oppiacei, invece, vengono descritti nel libro “L’infirmier(e) et les toxicomanies” (2002), il quale afferma che l’oppio e i suoi derivati possono avere effetti sull’antalgia grave, tuttavia, dosi elevati possono portare a depressione respiratoria. L’effetto della morfina dura in media quattro o cinque ore e i suoi sintomi sono principalmente associati ad un cambiamento del comportamento manifestato con segni neurologici specifici, associati a segni respiratori, vascolari e ad altri tipi di costrizione (Marc & Simon, 2002). Gli effetti cardiovascolari immediati comprendono una depressione dell’attività cardiaca, l’abbassamento della pressione arteriosa o un’ipossia centrale (Marc & Simon, 2002). Gli effetti degli oppiacei colpiscono principalmente il cervello, ma portano anche ad incidenti tromboembolici la cui origine è quasi sempre data dalla forma del prodotto iniettato o la sua composizione (Marc & Simon, 2002).
2.8.1 Il trattamento della tossicodipendenza con farmaci sostitutivi
Il trattamento con farmaci sostitutivi con dosaggi a scalare è uno strumento valido in contesti che sostengono e strutturano la quotidianità del soggetto (Grosso & Rascazzo, 2014). Il trattamento con farmaci sostitutivi a lungo termine deve prevedere, però, l’uso di dosaggi adeguati e la contemporanea presenza di interventi sanitari, psicologici e sociali (Grosso & Rascazzo, 2014). Fra i più comuni farmaci utilizzati nel trattamento sostitutivo si trovano il metadone e il LAAM (Levo-alpha-acetylmethadol).
Il metadone è un oppioide di sintesi a lunga durata d’azione, disponibile per via orale, che agisce sui recettori del sistema neurotrasmettitoriale oppioide (Galanter & Kleber, 2004). Esso viene utilizzato insieme al LAAM (un derivato del metadone) per il trattamento di mantenimento con agonisti degli oppioidi (Galanter & Kleber, 2004).
La concentrazione minima di queste sostanze solitamente permette di prevenire l’astinenza, tuttavia, alcune variazione dell’umore associate a modificazioni nelle concentrazioni di metadone possono indurre sintomi di astinenza nonostante l’assunzione della terapia sostitutiva con metadone (Galanter & Kleber, 2004).
Il LAAM, come il metadone, agisce da agonista sui recettori per gli oppioidi ed è assorbito nel tratto gastro-intestinale (Galanter & Kleber, 2004). Le differenze fra tali due farmaci sostitutivi sono che il metadone ha effetto dopo 2-6 ore, mentre il LAAM ha effetto dopo 1-3 settimane, e che il tempo di emivita del metadone corrisponde a circa 24 ore, il LAAM invece di 2-4 giorni (Galanter & Kleber, 2004). Inoltre, per quanto riguarda il LAAM, la sua somministrazione è consigliata a giorni alterni poiché l’assunzione giornaliera provoca un accumulo del farmaco attivo e dei suoi metaboliti (Galanter & Kleber, 2004). Il trattamento con farmaci sostitutivi è raccomandato in quanto tali sostanze sono in grado di prevenire l’astinenza, il craving o il blocco (Galanter & Kleber, 2004). Inoltre, questo tipo di trattamento è vantaggioso poiché i farmaci utilizzati costituiscono un metodo di somministrazione (orale o sublinguale) meno pericoloso rispetto alle altre vie possibili (iniezione, aspirazione nasale, etc) (Galanter & Kleber, 2004).
Tuttavia, i limiti dell’utilizzo di un trattamento sostitutivo sono quelli di indurre una dipendenza iatrogena con conseguente avvio alla cronicizzazione in soggetti giovani o con storia di tossicomania breve; l’utilizzo del trattamento farmacologico senza altri supporti educativi, sanitari e psicologici e l’uso improprio della terapia per via endovenosa (Grosso & Rascazzo, 2014).
3. METODOLOGIA DELLA RICERCA
Per poter rispondere alla domanda di ricerca è necessario definire ed utilizzare uno specifico quadro metodologico che consideri la tematica presentata. La modalità di ricerca dovrebbe essere definita in base alla tipologia del tema, all’oggetto preso in analisi per l’elaborato e ai suoi obiettivi. Innanzitutto, è fondamentale eseguire una ricerca bibliografica dettagliata riguardante l’argomento scelto per la redazione dell’elaborato e successivamente definire il quadro teorico. Quest’ultimo, anche chiamato background teorico, fornisce gli elementi specifici relativi agli aspetti e alle tematiche presi in considerazione, in maniera tale da concedere al lettore di contestualizzare e comprendere meglio ciò che riguarda il tema della ricerca e della sua analisi.
3.1 Revisione della letteratura
Il metodo che utilizzerò per elaborare la tesi di Bachelor è la revisione della letteratura, la quale consiste nel prendere in esame tutto il materiale letterario e scientifico come articoli, libri, presentazioni e testi sull’argomento esistente, ovvero sul tema del ruolo infermieristico nella presa a carico di pazienti tossicodipendenti in un reparto di chirurgia e della relativa gestione antalgica postoperatoria, identificando così quali sono gli ostacoli della relazione fra infermiere e paziente con disturbo da abuso di sostanza e considerando inoltre il ruolo infermieristico nella somministrazione della terapia antalgica dopo l’intervento chirurgico. Come strumento di ricerca nella letteratura utilizzerò, come descritto in precedenza, libri di testo riguardanti il tema in questione e soprattutto le banche dati messe a disposizione di tutti gli studenti SUSPI nella pagina internet della scuola, le quali principalmente sono: UpToDate, PubMed, Cochrane, Ovid, etc.
La revisione della letteratura mira ad utilizzare le evidenze scientifiche offrendo quindi una visione critica e concreta su quelle che possono essere le conoscenze rilevanti e le lacune presenti nella ricerca scientifica. In conclusione, per poter compiere una revisione della letteratura è necessario cominciare dalla formulazione della domanda di ricerca per poi proseguire con la raccolta dati, l’analisi e la valutazione degli studi emersi dagli studi e infine la sintesi dei risultati ottenuti (Denise F. Polit, Beck, & Palese, 2014).
3.2 Contesto di ricerca
I pazienti con diagnosi da abuso di sostanze si trovano in svariati contesti: al proprio domicilio, negli ambienti ospedalieri e psichiatrici, ma anche nelle strutture sociali non sanitarie. L’infermiere si confronta con pazienti tossicodipendenti per la presa in cura di patologie e condizioni cliniche legate al consumo eccessivo e inadeguato di sostanze tossiche, ma anche da situazioni ben differenziate da quest’ultima, in quanto tutti i pazienti, quindi anche chi fa abuso di sostanze, può andare incontro a malattia o infortunio di qualsiasi natura. Circa il 40% delle ammissioni in ospedale sono associati agli abusi di sostanza e alle loro conseguenze, così comele lesioni e i traumi fisici sono spesso collegati all’abuso di sostanza (Dunn & Neuman, 2012). Per questi motivi è quindi importante comprendere e considerare che le ragioni di ricovero di un paziente con tossicodipendenza non sono necessariamente legati alla diagnosi secondaria di abuso di sostanza. Essendoci dunque la reale possibilità per un infermiere di prendere in cura un paziente tossicodipendente, nel lavoro di tesi vengono considerati nello specifico gli ostacoli relazionali che possono presentarsi in reparto fra infermiere e pazienti che durante la degenza in ospedale fanno uso regolare di sostanze illecite, nonché la relativa
Nell’articolo “Atteggiamenti negativi nei confronti dei clienti con problemi di droga e alcol:
una soluzione elusiva“5, la presa a carico ospedaliera di questa tipologia di utenza risulta più complessa rispetto ad un contesto di cura a lungo termine, dove il ruolo infermieristico è più specialistico (Happell & Taylor, 2001).
Le aree che interessano la tesi di Bachelor sono quindi le seguenti: • Tossicodipendenza;
• Relazione d’aiuto tra infermiere e paziente tossicodipendente; • Organizzazione di un reparto di chirurgia;
• Gestione e presa a carico del paziente tossicodipendente in un reparto acuto. 3.3 Domanda di ricerca ed obiettivi
Per l’elaborazione del lavoro di tesi è fondamentale indentificare una domanda di ricerca, la quale deve corrispondere al contesto professionale e formativo scelto, nonché deve contenere una o più rilevanza clinicain relazione ad un campo di interesse definito. Pertanto, la domanda di ricerca del lavoro di tesi è il punto chiave dell’intero elaborato. Personalmente, ho scelto di affrontare il tema del ruolo infermieristico legato alla tossicodipendenza e alla presa in cura del paziente con abuso da sostanze, in quanto durante la mia esperienza professionale ho avuto l’occasione di lavorare in veste di operatrice socioassistenziale presso il Centro Abitativo Ricreativo e di Lavoro (CARL). Quest’ultimo è suddiviso in diverse strutture che accolgono persone aventi disagi psichici o in alcuni casi una doppia diagnosi di tossicodipendenza. Questo tipo di background lavorativo mi ha suscitato domande e curiosità (vedi la voce “Tema e motivazione” nel cappello introduttivo). Dunque, ho ritenuto fondamentale l’approfondimento di tale tema in quanto quest’ultimo è rilevante per la contestualizzazione della tematica in relazione a ciò che farà parte della ricerca letteraria e scientifica. Tra le domande che mi sono posta, quella che mi interessava maggiormente, per una questione lavorativa futura, riguarda il ruolo infermieristico nella gestione della terapia antalgica postoperatoria con pazienti tossicodipendenti. Tale scelta nasce dal fatto che sia durante l’esperienza lavorativa presso il CARL, sia durante la pratica professionale svolta in uno dei reparti di chirurgia dell’ORL Civico, più volte mi sono domandata come veniva gestita la terapia antalgica (e non) in pazienti aventi una diagnosi di abuso di sostanze. Di questo argomento mi incuriosiva anche la possibile evoluzione delle competenze infermieristiche: come facevano prima? É sempre stata difficoltosa la presa a carico del dolore nel paziente tossicodipendente? Cosa è cambiato negli anni?
Per rispondere a queste domande, la strada di ricerca che mi sono posta per il lavoro di tesi, considerando la possibilità di incontrare fattori ostacolanti, è quindi il seguente:
“Evoluzione del ruolo infermieristico nella gestione della terapia antalgica nei pazienti tossicodipendenti ricoverati in ambito acuto negli ultimi dieci anni”
5 Traduzione dall’inglese di “Negatives attitudes towards clients with drug and alcohol related problems:
Per rispondere a tale quesito, ho scelto di porre i seguenti obiettivi specifici che meglio racchiudono ciò che ricerco:
• Identificare quali sono gli ostacoli che rendono difficile la relazione di aiuto tra infermiere e paziente tossicodipendente e quindi la gestione della terapia antalgica;
• Analizzare quali sono le esperienze, i vissuti e le rappresentazioni del personale di cura nelle situazioni di presa a carico infermieristica di pazienti con una o più dipendenze;
• Identificare quali sono le possibili modalità e strategie che l’infermiere può attuare nella gestione della terapia antalgica con pazienti tossicodipendenti;
• Sviluppare competenze volte a migliorare il mio ruolo di professionista della cura.
3.3.1 PICO
Per la formulazione della domanda di ricerca e per agevolare la ricerca si può utilizzare l’acronimo PICO, il quale è composto da quattro componenti (Denise F. Polit et al., 2014). Questi ultimi sono i seguenti:
P: paziente o popolazione, ossia le caratteristiche del paziente o della popolazione presi
in esame per lo studio;
I: intervento, esposizione o influenza, ossia quale intervento o esposizione si vuole
studiare;
C: comparazione, ossia il trattamento di confronto (non sempre necessario); O: outcomes o risultati, ossia i risultati interessati
(Denise F. Polit et al., 2014).
Nella tabella sottostante viene illustrato il PICO utilizzato per la formulazione della domanda di ricerca del presente lavoro di tesi:
Paziente/popolazione Pazienti con disturbi da uso di sostanze.
Intervento Utilizzo della letteratura come strumento per identificare le competenze infermieristiche relative alla gestione della terapia farmacologica in pazienti tossicodipendenti.
Outcomes/risultati Valutare le strategie e i metodi utilizzati dagli infermieri che prendono in cura pazienti tossicodipendenti in un reparto di chirurgia.
3.4 Criteri di inclusione ed esclusione
Per poter eseguire una ricerca sistematica della letteratura, è innanzitutto fondamentale ricercare articoli scientifici per quanto riguarda il tema preso in analisi. In letteratura vi è una vasta scelta di testi sulla quale si può attingere per elaborare un documento come quello del lavoro di tesi, proprio per questo motivo è fondamentale inserire dei criteri di inclusione ed esclusione. Questo permette di cercare e trovare gli articoli specifici per la propria ricerca. Pertanto, nella seguente tabella, sono illustrati i criteri scelti per la ricerca di articoli validi inerenti alla domanda di ricerca che è stata posta.
Criteri di inclusione Criteri di esclusione
✓ PICO: pazienti con
tossicodipendenza, gestione farmacologica postoperatoria; ✓ Ambito di cura ospedaliero;
✓ Lingua italiana, inglese o francese; ✓ Articoli di ricerca scientifici.
× Studi riguardanti altri disturbi psichiatrici;
× Altri regimi terapeutici;
× Studi specifici su una determinata dipendenza o un determinato farmaco.
3.5 Strumenti e mezzi di ricerca
La metodologia scelta per questo elaborato è basata sulla revisione della letteratura in quanto quest’ultima permette di migliorare le competenze di ricerca, di approfondimento e di integrazione di saperi al fine di poter essere una professionista della cura attenta e consapevole del fatto che la pratica infermieristica è in continua evoluzione.
Di seguito è illustrata un’ulteriore tabella che mostra le risorse a cui ho fatto riferimento per svolgere la ricerca delle informazioni utili all’elaborazione della scheda progetto e del lavoro di tesi.
Banche dati Letteratura
a. PubMed b. Medline c. CINHAL d. Cochrane
e. Ovid Nursing Full Text Plus
a. Libri di testo b. Riviste
Keywords: drug addiction, substance use disorders, drug abuse treatment, substance
addiction, acute pain, acute pain management, pain management, nursing care, …
Operatori boleani: AND, OR
Per l’elaborazione di un quadro teorico valido e di rilevanza, è fondamentale attenersi alla letteratura scientifica comprovata, la quale è reperibile per lo studente nelle varie banche dati, nelle riviste e nei libri di testo sia in forma cartacea, sia in forma digitale. Gli articoli selezionati nelle banche dati contengono un abstract, ovvero un sunto di ciò che viene illustrato all’interno del testo ricercato con la possibilità di consultare il formato per esteso in caso si voglia approfondire la tematica. Per la redazione del lavoro di tesi mi rifaccio principalmente ad articoli scientifici contenenti i criteri di inclusione prescelti, ovvero i testi che si riferiscono alle keywords sopracitate. Tuttavia, non sempre è possibile trovare articoli che presentino tutti i criteri di inclusione, pertanto le ricerche effettuate spesso non corrispondono esattamente all’idea di ricerca iniziale.