Il socialismo
Breve excursus sull’ideologia e la
storia del movimento operaio
Definizione
• Il socialismo è una dottrina politica che vuole il
riconoscimento di una sostanziale uguaglianza degli
uomini all’interno della società,
• insiste sul fattore economico come condizione per
rendere efficace tale uguaglianza,
• affida alle classi svantaggiate il compito di istituirla,
diffidando delle tradizionali forme di governo in
quanto legate agli interessi delle classi superiori e
quindi incapaci di provvedere al bene comune.
Socialismo e democrazia
• Per ottenere un’effettiva uguaglianza è necessario
un potere politico che deve dare un indirizzo alla
società, ma questo potere deve essere il più
condiviso possibile, soprattutto da coloro che
tradizionalmente ne sono stati esclusi, cioè i più
deboli e meno abbienti. Quindi i socialisti intendono
dar vita a un sistema di potere democratico – cioè
con la partecipazione di tutti - in cui, IN
PARTICOLARE i più deboli e i meno abbienti devono
poter orientare le decisioni politiche.
Socialismo e anarchismo
• Alcuni socialisti dicono che la presenza stessa di un
potere nella società implica che alcuni cittadini siano
DIVERSI dagli altri.
• Per garantire un’assoluta uguaglianza sociale è
necessario negare l’esistenza stessa di una struttura di
potere che non si limiti ad amministrare la produzione
economica mettendo in atto le procedure tecniche
necessarie. Tutto il resto è superfluo e dannoso.
• Quindi alcuni socialisti sono ANARCHICI (a- arché =
senza principio, senza guida o potere).
I socialisti prima di Marx: Henri de Saint Simon
(1760-1825): la scienza emancipa l’uomo
• Saint Simon ha grande fiducia nella possibilità emancipative della
scienza. Agli scienziati bisognerebbe affidare nella società il potere
spirituale (supremo) e agli industriali il potere politico (derivato). La scienza è infatti condizione per il progresso della tecnica e il miglioramento della produzione.
• La politica, condotta da scienziati e dai produttori, deve diventare
scienza della produzione. Tutti i problemi della società sono problemi
risolvibili perché sono questioni di ottimizzazione dell’organizzazione
e della produzione di beni affinché l’umanità sia emancipata dal
bisogno.
• La scienza, che giunge a verità da tutti condivisibili e per tutti uguali, fonda anche una fratellanza universale che sarà in grado di produrre il
I socialisti prima di Marx: Charles Fourier
(1772-1837). Liberare e coltivare le passioni
• La civiltà attuale accresce la miseria con i suoi meccanismi economici di sfruttamento – per es. nelle catene distributive in cui le merci passando di mano in mano, aumentano di prezzo ma non di valore – e reprime le passioni generando ipocrisia. • Bisogna riorganizzare la società sulla base di unità produttive: i
cosiddetti Falansteri in cui l’organizzazione ottimale della produzione e la libertà più ampia di ricercare il soddisfacimento delle proprie passioni, fondano la comunità degli uomini. Una comunità in cui ciascuno realizza i propri desideri attraverso i beni prodotti in comune e goduti secondo le inclinazioni di ciascuno.
I socialisti prima di Marx: Robert Owen
(1771-1858): l’intero frutto del lavoro
• Il lavoro che un operaio compie per produrre un bene deve essere
l’unico criterio per definire il valore del bene stesso. L’operaio non
deve essere pagato da altri, perché altri, guadagnando tenderanno o a pagarlo meno del dovuto o ad aumentare artatamente il prezzo del bene prodotto: all’operaio deve andare l’intero frutto del suo
lavoro. In particolare sarà la comunità di lavoro (un gruppo di
operai riuniti in un’azienda) ad incamerare l’intero frutto del lavoro, e sarà il luogo dove gli uomini imparano a lavorare assieme, a capire le esigenze degli altri e a soddisfare in modo giusto le proprie senza svantaggiare il prossimo. La società dovrà essere la
risultante dell’unione di diverse e molteplici comunità di lavoro
I socialisti prima di Marx: Pierre-Joseph
Proudhon (1809-1865): la proprietà è un furto
• Per Prodhon la proprietà è un furto in quanto è
incameramento e appropriazione del lavoro altrui:
infatti nell’organizzazione attuale il capitalista si
appropria del valore prodotto dalla cooperazione
degli operai, per poi rivenderlo. Siccome il valore di
mercato di un prodotto corrisponde alla quantità
di lavoro impiegata da un operaio a produrlo, il
capitalista per guadagnarci dovrà pagare l’operaio
meno di quanto egli meriti per il suo lavoro. Ciò
fonda una radicale ingiustizia.
Pierre-Joseph Proudhon: la proprietà è
libertà
• Per evitarla è necessario che la proprietà dei
prodotti sia ricondotta ai lavoratori, i quali devono
anche poter possedere i mezzi di cui fruiscono per
produrre. In questo senso la proprietà, come
strumento di lavoro di cui l’operaio fruisce e
appropriazione dei prodotti, è del tutto accettabile
(la proprietà è libertà).
• Dal punto di vista politico tende ad una concezione
che rifiuta il potere e inclina verso forme di
Marx: la base economica della società
• Per Karl Marx (1818-1883) la storia politica
degli uomini è determinata dallo sviluppo
dell’economia, nel senso che attorno ai modi
in cui l’uomo produce i beni con i quali
migliora la sua esistenza a questo mondo
(struttura della società) si costruisce la sua
intelaiatura politica, cioè la sua sovrastruttura.
Marx: la base economica della società,
esempio
• Per esempio quando la tecnica è assai poco
sviluppata, l’economia è prevalentemente agricola e
non è ancora subentrata la divisione del lavoro, la
società non ha bisogno di complesse strutture di
potere e quindi è abbastanza libera ed egalitaria;
• quando invece subentra la divisione del lavoro (in
lavoro intellettuale e manuale) e la necessità di opere
grandi in cui vi sia qualcuno che dirige e altri che
eseguono, allora nasce un potere, e con esso le prime
forme di accaparramento illecito e di sfruttamento.
Marx: lo sviluppo delle società
• La storia è lo sviluppo delle varie strutture in
relazione dialettica con le loro sovrastrutture. Cioè i
modi di produzione, evolvendo velocemente,
entrano in contraddizione con le relative strutture
politiche che tendono invece a stabilizzarsi e a
procrastinare se stesse (perché gli uomini
difficilmente
abbandonano
il
potere).
Tale
contraddizione genera hegelianamente una sintesi,
cioè una nuova forma di società, con una diversa
sovrastruttura di potere.
Marx: lo sviluppo delle società, esempio
• Per esempio il modo di produzione prevalentemente agricolo del medioevo e dell’inizio dell’età moderna, viene abbandonato a favore di una struttura industriale promossa da un nuovo gruppo umano, gli imprenditori borghesi. Questi agiscono all’interno di un sistema fondato sull’assolutismo monarchico, che però è legato a modi di produzioni antichi e agricoli (infatti la base economica dell’aristocrazia è essenzialmente fondiaria). Ora ben presto la borghesia, rappresentante del nuovo modo di produzione, entra in contrasto con l’aristocrazia. Da questa lotta, che si esprime storicamente nella Rivoluzione Francese, nasce la nuova società a guida liberale (monarchico costituzionale o repubblicano-parlamentare).
Quindi…
• Quindi l’evoluzione dei modi di produzione da
agricolo
a
industriale,
genera
la
contraddizione tra l’industrialismo della
società e l’arretratezza del potere monarchico
assoluto. Ciò genera un conflitto in cui le
nuove forze economiche si affermano dando
vita ad un loro modo di concepire e
organizzare la società (il costituzionalismo
liberale).
Un lotta di classi sociali
• Un determinato modo di produzione è sempre legato al dominio di una data classe sociale (gruppo di uomini che nella società hanno un ruolo simile e sono uniti da interessi economici convergenti). La contraddizione tra l’evoluzione dei modi di produzione e la sovrastruttura di potere è anche sempre un conflitto tra classi sociali, le une legate al modo di produzione emergente, le altre a
quello declinante, ma detentrici delle leve del potere.
Nell’esempio di prima le classi sociali erano l’aristocrazia a base fondiaria e agricola e la borghesia a base industriale.
• Lo sviluppo della storia è anche dunque un succedersi di conflitti
L’ultimo capitolo
• Secondo Marx la storia a lui contemporanea
stava vivendo il penultimo capitolo di questa
continua lotta di classi sociali. Infatti il regime
borghese, cioè il modo di produzione
industriale dove la ricchezza si concentra nelle
mani di pochi grandi capitalisti che opprimono
una gran massa di proletari salariati, stava
vivendo il suo apogeo e al tempo stesso
l’inizio della sua decadenza.
Borghesi e proletari
• Il sistema capitalistico e borghese mette a lavorare
una gran massa di persone che condividono le
stesse condizioni di sofferenza. Oltre a ciò, esso
tende a ridurre sempre più, a causa della
concorrenza, il numero dei detentori dei mezzi di
produzione e del potere. Quando la gran massa di
proletari si renderà conto della debolezza dei
propri sfruttatori, essa si rivolterà e abbatterà il
sistema economico e politico vigente.
MARX: Il comunismo
• Il nuovo sistema sarà caratterizzato dalla proprietà comune
e non privata dei mezzi di produzione (comunismo) cioè da
un sistema economico più giusto dove i lavoratori si autoorganizzeranno per dirigere l’impresa economica con lo scopo di servire ai loro bisogni. Tale regime vedrà dunque il
potere della moltitudine nell’interesse della moltitudine, e
la progressiva scomparsa delle classi sociali, superate dalla stessa organizzazione del lavoro. La scomparsa delle classi
sociali renderà inutile il potere stesso e la sua sovrastruttura
statale che andrà progressivamente scomparendo assieme alle ingiustizie da lei perpetrate nel corso dei millenni.
Il movimento operaio
• Tutti gli intellettuali qui citati hanno contribuito a creare un
clima di fiducia nell’emancipazione dei lavoratori e talora
hanno partecipato attivamente a quei movimenti di rivolta
che sostenevano i diritti della classi sociali più deboli.
• Essi cioè hanno accompagnato lo sviluppo e l’affermazione
in diversi paesi europei, e poi anche extraeuropei di un
vasto movimento sociale e politico che ha puntato a
liberare i lavoratori dai loro sfruttatori, in alcuni casi
dentro le istituzioni rappresentative borghesi, in altri casi
con l’obiettivo di farle cadere e di sostituirle con istituzioni
diverse.
Condizione operaia e rivoluzione industriale
• Storicamente è la rivoluzione industriale ad aver segnato lanascita di una vasta moltitudine di salariati caratterizzata da condizioni di vita al limite della sopravvivenza e dalla quasi totale assenza di diritti. La rivoluzione industriale si è sviluppata in tre tappe. La prima in Inghilterra nell’ultimo trentennio del Settecento ha visto il nascere della manifattura industriale meccanizzata, con strumenti come i filatoi idraulici nel tessile o la macchina a vapore di Watt. La seconda, dal 1830 in poi è stata caratterizzata dalla grande espansione della siderurgia e dell’industria ferroviaria, poi dalla seconda metà dell’Ottocento in poi dall’elettricità e dal motore a scoppio; la terza dal 1945 in poi contraddistinta dall’uso dell’energia nucleare, dall’aeronautica e infine dall’informatica.
La condizione operaia durante la prima
rivoluzione industriale
• A partire dall’Inghilterra, per poi estendersi nel nord Europa, negli USA, in Francia, in Germania e infine negli altri Stati europei, si diffonde tra fine Settecento e inizio Ottocento il nuovo modo di produzione industriale meccanizzato. Esso concentra un gran numero si lavoratori nella manifatture dove vengono installate macchine per la produzione seriale. L’industria funziona ottimizzando i tempi di produzione e rendendo sempre più semplici e ripetitive le mansioni dell’operaio attraverso un’esasperata divisione dei compiti
• Grandi masse di persone, tra le quali numerosi contadini che non hanno retto la concorrenza delle grandi fattorie, artigiani e piccoli proprietari gettati sul lastrico dalla concorrenza industriale sono attirati nelle fabbriche dove non possono rifiutare le condizioni imposte dal datore di lavoro.
• La giornata lavorativa può durare 16-18 ore nella Manchester di fine Settecento (capitale dell’industria cotoniera). L’età lavorativa inizia dopo i 6 anni e la manodopera minorile costituisce il 61% degli impiegati nel settore cotoniero nel 1835 in Inghilterra. Gli ambienti
di lavoro sono malsani e l’operaio diviene un appendice della macchina che detta i ritmi di
lavoro. Fuori dal lavoro vi è solo miseria: gli operai vivono in scantinati o in soffitte arrivando a stiparsi in 15 persone per ogni alloggio.
Condizione operaia e rivoluzione industriale
(2)
• Nessuno difende il posto di lavoro dell’operaio, che a
discrezione dell’imprenditore può essere lasciato a casa.
La disponibilità di un alto numero di pretendenti rispetto
ai posti disponibili contribuisce infine a tenere
estremamente basso il livello della retribuzione.
Si genera così, in epoca diversa e con strumenti di
asservimento diversi, una nuova forma di feudalità e di
servitù della gleba, più spietata perché seriale,
impersonale e senza l’ombra di quei sistemi di mutuo
soccorso sociale che erano le Chiese.
Le prime rivolte
• Nel 1779 un operaio di nome Ned Ludd spezzò un telaio in segno di protesta contro la macchina che gli avrebbe sottratto il lavoro. Non si sa se realmente Ludd sia esistito, ma sicuramente lo sono gli operai del Nottinghamshire che, sotto il peso della crisi dovuta al blocco continentale di Napoleone, tra 1810 e 1812 si ribellarono distruggendo i macchinari delle industrie (questi gesti furono chiamati atti di luddismo proprio in riferimento Ludd). Per loro, come per il loro antesignano, fu decretato che la pena dovesse essere la morte. In questo periodo ogni attività di associazione tra operai a scopo di promozione dei propri diritti era severamente vietata.
Trade unions
• Una prima attività sindacale si ha in Inghilterra con la trasformazione in
senso appunto sindacale di società di mutuo soccorso operaio, ammesse
per legge nel 1793.
• Tuttavia il loro agire non può mai essere alla luce del sole, visto che il
divieto di un associazionismo diretto esplicitamente costruire
un’autodifesa operaia rimane espressamente vietato dalle Combination
Acts del 1799-1800 promulgate da Pitt il Giovane.
• Nondimeno queste prime esperienze costituiscono l’ossatura delle future Trade Unions che cominciano a essere attive tra il primo e il secondo decennio dell’Ottocento e nel 1824 vengono parzialmente legalizzate anche sull’onda del massacro di St. Peter Field a Manchester dove, durante un comizio per chiedere al governo una riforma elettorale, la folla viene caricata dalla forza pubblica e muoiono 11 persone.
Gran National Consolidated Trades Union
• È il primo sindacato nazionale alla cui fondazione
partecipa Robert Owen, saldando la riflessione teorica e
l’azione sindacale. Un iniziale sciopero generale per la
riduzione dell’orario di lavoro fallisce negli anni Trenta, ma
tra il 1850 e il 1868 il sindacato si espande fino a diventare
un importante gruppo di pressione. Culmine di questo
processo, dopo la fondazione della prima Associazione
internazionale dei lavoratori a Londra nel 1864, è la
fondazione del Trades union congress (TUC) nel 1868. Nel
quadriennio 1871-75 il sindacato verrà completamente
legalizzato. Nel 1906 nascerà il Partito laburista.
Cartismo
• Nel 1838 si assiste allo sviluppo di un grande movimento di lavoratori che presenta la Carta del popolo (da qui cartismo) con allegate un milione di firme. Si tratta di un documento che rivendica
• Il suffragio universale;
• Elezioni annuali a scrutinio segreto;
• La revisione delle circoscrizioni elettorali;
• Una rappresentanza operaia in parlamento con l’abolizione dei limiti di censo per l’elettorato attivo;
• Un’indennità parlamentare per gli eletti.
La petizione per due volte viene respinta (1838-1842) con un seguito di disordini e verrà pian piano accolta solo a partire dal 1872. Il movimento cartista sarà già a quel tempo confluito nella più vasta corrente socialista e laburista.
In Francia
• Già alla fine del Settecento si assiste al nascere delle prime associazioni operaie, subito confinate nella clandestinità. Nella prima metà dell’Ottocento diversi moti insurrezionali vengono ispirati da Saint Simon, Fourier, Proudhon e dal nascente pensiero socialista (Parigi 1832, Lione 1834, di nuovo Parigi 1832). Dopo le sollevazioni del 1848, gli operai francesi ottengono nel 1864 il riconoscimento del diritto di sciopero. Grande tappa di presa di coscienza della forza del movimento operaio è la
Comune di Parigi (dal marzo al maggio 1871), primo esperimento di
assunzione di responsabilità di governo, all’interno di un processo rivoluzionario, da parte di élites operaie. Nel 1879 nasce il primo partito
operaio francese di tendenza marxista e nel 1886 la Fédération Nationale des Syndicats Ouvriers, la prima grande federazione di
sindacati che ambisce a rappresentare gli interessi di tutti i lavoratori salariati.
In Germania
• La Germania è la patria del più grande teorico del
socialismo, Karl Marx. Ma egli non fu l’unico
protagonista dell’organizzazione del movimento
operaio tedesco. I suoi primi passi sono dati dalla
costruzione di società segrete a carattere
socialista, come la Società dei proscrit del 1834
o Lega dei giusti del 1836. Fino al 1869 in
Germania tuttavia è vigente il divieto di
associazione per gli operai.
Germania (2)
• Ciò non impedisce il costituirsi, dietro l’impulso del socialista tedesco Fedinand Lassalle, dell’ Associazione nazionale degli
operai tedeschi nel 1863 e, a partire da un’impostazione
marxista, del Partito socialdemocratico nel 1869 di August
Bebel e Wilhelm Liebknecht (nel 1875 si fonderà al congresso
di Gotha con altre formazioni operaie dando luogo al Partito
socialista dei lavoratori che, a sua volta, nel 1890 prenderà il
nome di Partito socialdemocratico tedesco). Legati a questi partiti vi sono le rispettive associazioni sindacali. Il tutto subisce una battuta d’arresto con Bismarck, che dal 1878 al 1888 vieta per legge i partiti e le associazioni operai, per poi riprendersi negli anni Novanta e all’inizio del Novecento.
In ITALIA: le società di mutuo soccorso
• Già a metà Ottocento, le società di mutuo soccorso - in
cui gli operai, versando periodicamente una quota di
denaro, collaboravano alla costituzione di un fondo per
aiutare in caso di malattia o vecchiaia - erano presenti
negli Stati italiani come Piemonte, Lombardia e Toscana.
• Dopo l’unità queste società si collegano su scala
nazionale e promuovono congressi in cui si scontrano
due tendenze, quelle alla politicizzazione promossa da
Mazzini, e quella invece favorevole al disimpegno
politico.
Prime agitazioni (1870-80)
• Nel decennio 1870-80 cominciano le prime agitazioni e i
primi scioperi che si prefiggono la riduzione dell’orario di
lavoro e il mantenimento di un dato livello salariale
ritenuto ragionevole anche da parte operaia. Lentamente
penetrano tra gli operai anche le idee dell’anarchico
Bakunin che è favorevole all’insurrezione contro il potere
dei capitalisti e al tempo stesso contro quello dello Stato
che è sempre fonte di oppressione economica e civile, in
solido con i ceti ricchi e dominanti.
• Nel 1863 iniziano le pubblicazioni, a cura di E. Bignami, del
periodico rivoluzionario, La plebe.
Prime organizzazioni politiche
• Nel 1882 viene fondato da A. Gnocchi Viani il Partito
operaio italiano prima importante organizzazione
politica del movimento. Contemporaneamente
penetrano in Italia, per opera all’opera dell’ex
anarchico Cafiero le idee di Marx, grazie alla sua
traduzione (e compendio) della più importante opera
del pensatore di Treviri, Il Capitale.
• Sempre nel 1882 A. Costa, abbandonato
l’anarchismo, viene eletto alla Camera, nelle fila del
Partito Socialista Rivoluzionario dell’Emilia.
Camere del lavoro e CGL
A partire dalla Camera del lavoro di Milano del 1891, si sviluppano iniziative di solidarietà operaia che organizzano i lavoratori in un dato territorio, unendo le varie leghe professionali in un unico organismo che si occupa di questioni contrattuali ma, assieme, anche di iniziative di cooperazione economica, di ricreazione ed educazione rivolta ai ceti operai. Inizialmente le camere del lavoro si mantengono politicamente distanti dai partiti socialisti anche se via via questa distanza va attenuandosi.
Dall’unione delle Camere del lavoro sparse in tutta Italia (340.000 iscritti nel 1904) e di altre associazioni operaie, nasce a Milano nel 1906 la CGL ossia la Confederazione Generale del Lavoro, che si sarebbe presentata subito come il maggiore e più organizzato sindacato italiano (apolitico ma in realtà vicino al socialismo riformista).
PSI
• Il primo nucleo del più importante partito del movimento operaio italiano, almeno fino al 1921, viene fondato a Genova nel 1892 con il nome di Partito dei lavoratori italiani. L’anno successivo cambia nome in Partito socialista dei
lavoratori italiani per poi diventare nel 1895 Partito socialista italiano. E’ Filippo Turati a promuovere l’iniziativa
genovese distinguendo la prospettiva socialista ad impronta marxista da quella anarchica, di grande rilevanza in tutte le iniziative operaie del periodo. Nonostante le persecuzioni sotto i governi Crispi e Di Rudinì, ottiene discreti risultati elettorali passando dai 5 deputati del 1892 ai 33 del 1900.
Riformisti e rivoluzionari
• Finalità del Psi è la conquista del potere con mezzi legali. Marx aveva però sottolineato che il rispetto della legalità borghese non può
divenire un dogma fra i lavoratori, poiché a forza di rispettare le leggi
promulgate dallo Stato borghese a proprio vantaggio si finisce con il fare il gioco del nemico di classe. Per tale motivo la strategia
revisionista che intende instaurare gradualmente il socialismo
attraverso una serie di riforme da attuarsi dentro lo Stato borghese viene combattuta dai marxisti più ortodossi e rivoluzionari come Labriola e Ferri. La dialettica tra riformisti e rivoluzionari caratterizzerà sempre la vita del partito, provocando anche la scissione del 1921 in cui al congresso del Psi di Livorno i rivoluzionari di Gramsci, Bordiga, Tasca, Terrracina, Bombacci e Togliatti fonderanno il PCd’I poi PCI (Partito comunista d’Italia, poi Partito comunista italiano). Organo storico del PSI è l’ AVANTI, quello del PCI è l’UNITA’.
L’internazionale
• Una fase importantissima della storia del
movimento operaio è rappresentata dalle
successive associazioni internazionali di
lavoratori (in breve: «Internazionale»), in cui
le élites del movimento di vari paesi europei
ed extraeuropei si riuniscono per dare una
strategia e un indirizzo comune alle
organizzazioni locali.
La Prima internazionale
• Il primo esperimento di un’associazione rivoluzionaria internazionale nasce a Londra nel 1864 per iniziativa di alcuni operai cui immediatamente si associa Marx. Assieme ai seguaci del filosofo, partecipano al progetto mazziniani italiani, seguaci francesi di Blanqui e Proudhon, anarchici dei più diversi paesi e sindacalisti inglesi. Lo statuto dell’associazione, redatto da Marx, riflette la sua impostazione favorevole all’organizzazione nei singoli paesi di partiti rivoluzionari capaci di mettere in moto processi di presa anche violenta del potere, opponendosi al
contempo in tutti i modi alle guerre tradizionali che, secondo
l’opinione dei socialisti, erano guerre fratricide tra masse di lavoratori mossi dai loro padroni gli uni contro gli altri per servire ancora gli interessi dei capitalisti.
I contrasti interni
• All’interno dello schieramento della Prima Internazionale sorgono quasi subito contrasti tra marxisti e proudhoniani su questioni organizzative e sulla valorizzazione dell’elemento contadino che i marxisti ritenevano secondario rispetto al proletariato industriale (i proudhoniani escono al congresso di Basilea del 1871). Dopo la comune di Parigi e il suo fallimento nel maggio 1871, si acuiscono i contrasti tra marxisti e anarchici seguaci di Bakunin, che già si erano scontrati con i mazziniani. In questo secondo caso hanno la meglio i marxisti, per i quali il potere va conquistato tramite il partito rivoluzionario che deve assumere la dittatura in nome del proletariato, e non subito negato come vorrebbero gli anarchici, i quali combattono più lo Stato che non il capitalismo. Nel 1872 vengono espulsi gli anarchici dopo che già i sindacalisti inglesi, per motivi opposti, e cioè la contrarietà all’idea insurrezionale e violenta, hanno abbandonato il campo. Indebolita da tutte queste scissioni, dopo il trasferimento della sua sede da Londra a New York, l’associazione si scioglie con il congresso di Filadelfia del 1876.
La Seconda internazionale
Dopo la fine del primo esperimento associativo
trasnazionale, gli esponenti principali del Partito
operaio francese (Guesde e Lafargue) promuovono a
Parigi nel 1889 un congresso di partiti socialisti per
fondarne una federazione che possa stabilire indirizzi
di massima, discutere le migliori strategie per la
conquista del potere e aiutarsi reciprocamente.
Nasce dunque la Seconda internazionale, con una
struttura federalistica più snella.
I dibattiti nella seconda internazionale
• Ruolo di spicco nell’associazione è detenuto dal Partito
socialdemocratico tedesco all’interno del quale si sviluppa un
serrato dibattito che coinvolgerà tutti gli altri componenti.
• Si tratta della presa di coscienza da parte di un gruppo di intellettuali che lo sviluppo del capitalismo ha portato, rispetto ai tempi di Marx, ad un suo consolidamento invece che alla sua fine. Ciò rende necessario un cambio di strategia:
• si mantiene la prospettiva rivoluzionaria, dilazionando però la meta, proponendo la distinzione tra un programma minimo e uno massimo.
Programma minimo e programma massimo (congresso
di Erfurt del Partito socialdemocratico tedesco del
1891)
• Il programma massimo del movimento proletario riguarda il suo fine ultimo cioè la società senza classi e il regno dove ciascuno darà secondo le sue capacità e prenderà secondo i suoi bisogni. Il programma minimo attiene agli obiettivi immediati della lotta, cioè le finalità che in quel dato momento storico era possibile raggiungere all’interno del sistema capitalistico per migliorare le condizioni del proletariato: il
suffragio universale, la giornata lavorativa di 8 ore etc. Coloro
che mantenevano una prospettiva rivoluzionaria (Karl Kautsky) adottano ambedue le prospettive che permettono loro di alimentare la lotta nel presente con obiettivi raggiungibili senza perdere la finalità ultima.
Revisionismo
• Altri membri del Partito socialdemocratico tedesco e dell’Internazionale, guidati da Eduard Bernstein, intendono invece rivedere la teoria marxiana, visto che il crollo del capitalismo previsto dai testi del filosofo di Treviri non è avvenuto. Nello scritto I presupposti del socialismo e i compiti della
socialdemocrazia (1899), Bernstein sosteneva una via al socialismo che
doveva compiersi attraverso riforme per rendere il capitalismo più giusto e redistribuire le ricchezze prodotte dal sistema della proprietà. Questo sarebbe stato possibile grazie ad una progressiva democratizzazione del
capitalismo da attuarsi anzitutto attraverso il suffragio universale. Così
DENTRO il sistema capitalistico si sarebbe prodotto un movimento di riforme capace di ovviare alle ingiustizie denunciate da parte socialista. Tale dottrina che modificava su un punto importante il pensiero politico di Marx fu chiamata REVISIONISTA e fortemente avversata dall’ala rivoluzionaria del movimento operaio.
La fine della Seconda internazionale
• La Seconda internazionale entra in crisi allo scoppio del primo conflitto mondiale (1914-18). Infatti il presupposto dell’internazionalismo socialista era che le guerre degli Stati non erano altro che scontri a difesa o a promozione degli interessi delle élites dominanti presenti negli Stati stessi. Il proletariato era considerato carne da cannone e l’esito del conflitto era quello di consolidare al potere i suoi oppressori. Viceversa in molti settori del Partito socialdemocratico tedesco e all’interno di altri partiti socialisti europei si era giunti alla conclusione che nel conflitto la collaborazione con lo sforzo bellico del proprio paese dovesse avere il primato sulla prospettiva internazionalista. Alcuni sostenevano infatti che fosse proprio la guerra con i suoi sconvolgimenti a poter decretare la fine del sistema capitalistico (guerra
rivoluzionaria) e dunque che alla guerra bisognasse partecipare. Di qui un
conflitto che dilania profondamente le varie componenti dell’internazionale e ne decreta lo scioglimento ufficiale nel 1916.
La Terza internazionale a guida sovietica
• Nel 1919 con sede a Mosca nasce una federazione dei partiti comunisti mondiali (sono 37 i partiti coinvolti) che promuove sotto l’egemonia del
Partito comunista russo (PCUS) l’idea di una rivoluzione che doveva avere
come baricentro espansivo l’Unione sovietica. Il progetto era quella di
estendere l’esperienza dei soviet (assemblee di operai che costituivano
l’ossatura del sistema di dittatura del proletariato instaurato in Russia attraverso il partito comunista) a tutti i paesi. Di fronte all’evoluzione della
situazione internazionale, il successore di Lenin al potere in Russia (Stalin)
promuove l’idea del «socialismo in un solo paese», secondo la quale i partiti comunisti mondiali dovevano sottostare ad una strategia che
alimentava l’influenza dell’URSS come grande potenza, perché questo
era il modo di difendere gli interessi del proletariato di tutti i paesi. Contrariamente a quanto aveva affermato Marx, si trattava dunque di un politica di potenza tradizionale, sostenuta da ragioni apparentemente socialiste.
La Terza internazionale e i fascismi
• La Terza internazionale deve affrontare il problema dei fascismi, i più formidabili avversari dell’avanzata bolscevica in Europa. Infatti il fascismo nasce come costola dell’ala massimalista e rivoluzionaria del movimento operaio (Benito Mussolini era il personaggio di spicco di questa corrente) e intende dare soddisfazione alle esigenze
del proletariato, non negando, bensì esaltando le componenti nazionali. Queste
ultime dovevano portare all’emancipazione del proletariato il contributo della specifica cultura e tradizione di ogni singolo paese, evitando ogni irrealistica e antieconomica collettivizzazione della produzione, ma ponendo il lavoratore al centro del processo produttivo con un protagonismo che doveva essere riconosciuto ed esaltato da tutta la nazione (in prospettiva interclassista). Il dinamismo politico dei fascismi, il loro puntare sul quell’esperienza intensamente democratica che era stata il cameratismo delle trincee, mette in crisi le organizzazioni ufficiali del socialismo sul loro stesso terreno. Dentro questa crisi nasce l’interpretazione difensiva secondo la quale il fascismo sarebbe stato il regime che afferma in modo violento gli interessi delle classi imprenditoriali, ossia la punta di diamante del capitalismo internazionale, impaurito dall’avanzata del movimento operaio e quindi disposto a rinunciare al regime parlamentare per affidarsi a una dittatura.