• Non ci sono risultati.

Indagine su alcune parassitosi del cinghiale in Toscana.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Indagine su alcune parassitosi del cinghiale in Toscana."

Copied!
95
0
0

Testo completo

(1)

Inda

  Relatori:          

agine 

 Prof.  Fra     Dott. Sim D CORSO DI LA

su alc

ncesca Ma mona Nardo UNIV Dipartiment AUREA SPECI

cune 

in T

 Sa ancianti   oni  ANNO ACC VERSITÀ DI   to di Scienz     IALISTICA IN 

 paras

 Tosca

  Candidato  ara  Vannu       CADEMICO I PISA  e Veterinar MEDICINA V

ssitos

ana 

ucci        2013‐2014 rie  VETERINARIA

si del

       4  A 

l cingh

hiale  

 

(2)

INDICE

Pagina

1 Riassunto / Abstract 4

2 Introduzione 5

3 Descrizione della specie

Sistematica 6

Distribuzione e Consistenza 9

Morfologia 10

Habitat 12

Dieta 13

Riproduzione e Dinamica di popolazione 14

Impatto Ambientale 15

Attività Venatoria 16

Problematiche Sanitarie 18

4 Parassitosi del Cinghiale 19

Phylum Apicomplexa 20 Famiglia Sarcocystiidae Toxoplasma gondii 21 Famiglia Eimeriidae 25 Eimeria spp. 25 Isospora suis 26 Phylum Nematelminti Classe Nematoda 27 Superfamiglia Trichostrongyloidea 29 Hyostrongylus rubidus 29 Globocephalus urosubulatus 29 Superfamiglia Strongyloidea 31 Oesophagostomum spp. 32 Superfamiglia Metastrongyloidea 33 Metastrongylus spp. 33 Superfamiglia Ascaridoidea 36 Ascaris suum 36 Superfamiglia Trichuroidea 39 Trichuris suis 39 Phylum Acanthocephala 41 Macracanthorynchus hirudinaceus 41

(3)

Pagina

5 Indagine Personale 43

6 Materiali e Metodi

Campionamento 44

Flottazione con soluzione satura di nitrato di sodio 45 Ricerca visiva macroscopica di parassiti 46 Diagnostica sierologica: MAT – Modified

Agglutination Test 46

PCR – RFLP 48

Estrazione del DNA 50

Amplificazione del DNA 52

Elettroforesi 55 Analisi Statistiche 57 7 Risultati 58 8 Discussione 68 9 Bibliografia 74

(4)

1 RIASSUNTO

Parole chiave: cinghiale, Toscana, indagine parassitologica, Toxoplasma gondii

La presente tesi ha valutato la presenza di alcuni parassiti del cinghiale,una delle specie di grande mole più popolari cacciate in Toscana.

Sono stati esaminati con la tecnica della flottazione i campioni fecali di 50 cinghiali e con esame necroscopico il tratto intestinale di 32 cinghiali. I sieri raccolti da 213 cinghiali sono stati inoltre saggiati per la presenza di IgG verso Toxoplasma gondii, usando il test di agglutinazione. Infine i campioni di diaframma di 65 cinghiali sono stati analizzati mediante PCR per la presenza di DNA di T.gondii.

L’endoparassita prevalente è stato Metastrongylus spp. (56%), seguito da gli strongili intestinali (22%), Ascaris suum (12%), coccidi (10%) e Trichuris suis (6%). All’esame necroscopico sono stati ritrovati i seguenti elminti intestinali: Macracanthoryncus hirudinaceus (P=9,38%) e Ascaris suum (P=6,25%). 26 dei 213 cinghiali (12,6%) sono risultati positivi per la presenza di anticorpi IgG per T. gondii ed un campione di diaframma (1,4%) è risultato PCR positivo.

ABSTRACT

Key words : wild boar , Tuscany , parasitological survey, Toxoplasma gondii.

A parasitological survey of some parasite of wild boar, one of the most popular large game species in Tuscany, was carried out.

Fecal samples from 50 wild boars were investigated by flotation technique and the intestines of 32 wild boars were investigated by necropsy. Sera samples , collected from 213 wild boars, were tested for IgG antibodies to Toxoplasma gondii, using the modified agglutination test. Furthermore diaphragm samples of 65 wild boars were investigated by T. gondii- Real-Time-PCR.

The most prevalent endoparasite was Metastrongylus spp. (56%), followed by intestinal strongyles (22%), Ascaris suum (12%), coccidia (10%) and Trichuris suis (6%). The following intestinal helminths were found at necropsy: Macracanthoryncus hirudinaceus (P=9,38%) and Ascaris suum (P=6,25%). 26 of the 213 wild boar (12,6%) were seropositive for T. gondii IgG antibodies and one diaphragm were PCR-Positive (1,4%).

(5)

2

INTRODUZIONE

Studi sulle malattie parassitarie tra i selvatici sono importanti al fine di valutare la portata che tali animali hanno come fonti di agenti infettivi trasmissibili al bestiame e all’uomo stesso.

Se consideriamo poi che il cinghiale ha subito nel corso degli anni un massiccio incremento sia in termini numerici che di areale, spingendosi a colonizzare aree contigue ai centri abitati, e che la sua carne è comunemente consumata, una indagine del profilo parassitologico di tale specie risulta di particolare interesse.

(6)

3

DESCRIZIONE DELLA SPECIE

SISTEMATICA

Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero ungulato appartenente all’ordine Artiodactyla e alla famiglia Suidae, il cui habitat preferenziale è costituito da boschi e prato-pascoli e che si adatta bene ad ambienti di macchia mediterranea purché siano produttivi e sia presente acqua (Massei e Genov, 2000; Toschi, 1969).

Si tratta di una specie politipica, ovvero differenziata in più sottospecie. Sono formalmente riconosciute 16 sottospecie selvatiche:

- Sus scrofa scrofa - Sus scrofa meridionalis - Sus scrofa algira - Sus scrofa attila - Sus scrofa lybicus - Sus scrofa nigripes - Sus scrofa davidi - Sus scrofa cristatus - Sus scrofa affinis - Sus scrofa sibiricus - Sus scrofa ussuricus - Sus scrofa leucomystax - Sus scrofa riukiuanus - Sus scrofa taivanus

(7)

- Sus scrofa moupinensis - Sus scrofa vittatus

Attualmente sono individuati quattro raggruppamenti geografici regionali, nei quali sono inserite le varie sottospecie, distinte in base a determinate caratteristiche morfologiche (Monaco et al., 2003):

- Razze occidentali, che comprende le sottospecie europee; - Razze indiane;

- Razze orientali; - Razze indonesiane.

Il cinghiale euroasiatico (Sus scrofa) è diffuso in gran parte degli stati asiatici, europei e nel nord Africa maghrebino.

Le sottospecie endemiche presenti in Italia sono:

- Sus scrofa meridionalis Major, 1883. Sottospecie di piccola taglia presente in Corsica e Sardegna, di probabile origine da maiali rinselvatichiti (Monaco et al., 2003);

- Sus scrofa scrofa. L., 1758. Sottospecie distribuita in Europa occidentale e centrale fino ai Pirenei (Apollonio et al., 1988);

- Sus scrofa majori De Beaux e Festa, 1927. Ecotipo adattato all’ambiente mediterraneo, in particolare maremmano e sostanzialmente diverso dalle altre sottospecie presenti nel resto della penisola, anche secondo studi basati su analisi morfometriche e genetiche (Monaco et al., 2003; Carnevali et al., 2009); - Sus scrofa raiseri Bolkai, 1925. Cinghiale originario della Slovenia che si

ritrova anche nelle confinanti Valli del Natisone in Italia (Apollonio et al., 1988).

(8)

E’ pero difficile fare un inquadramento sistematico preciso delle sottospecie presenti in Italia in quanto la maggior parte delle popolazioni italiane attuali sono il risultato di reintroduzioni o ripopolamenti che hanno determinato ibridazione tra forme sottospecifiche diverse e forme domestiche (Vernesi et al., 2003; Apollonio et al.,1988).

A partire dal 1950 circa c’è stata una massiccia introduzione di animali catturati nell’est Europa (Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia) e il rilascio di soggetti ottenuti dall’incrocio di forme selvatiche con esemplari di suini Large -White e Cinta senese. Ciò ha reso possibile una grande espansione della specie, grazie ai tassi di prolificità e tasso di accrescimento tipici delle razze domestiche (Tosi e Toso, 1992).

Classificazione riportata da "Fauna d'Italia" (Boitani et al. , 2003; Toschi, 1965) 

Superordine: 

Ungulata

Euteri con arti adatti alla corsa ed al salto, con le ultime falangi delle dita mediane impari o pari rivestite di unghie a forma di zoccolo. Dentatura

difiodonte. Vegetariani , più spesso erbivori , talvolta onnivori. Ordine : 

Artiodactyla

Ungulati poggianti al suolo con le due dita mediane ( terzo e quarto) uguali o pressoché uguali. Secondo e quinto dito ridotti o rudimentali;

primo generalmente assente o vestigiale.

Famiglia :  

Suidae

Muso lungo , troncato bruscamente alla estremità piatta ed espansa sostenuta da liberi ossicini (grifo). Occhi piccoli, orecchie puntute, collo

breve ed estremità corte e gracili. Addome tendente alla espansione ventrale. Coda fine.

Sottofamiglia :  

Suinae

Canini ricurvi (difese) a crescita continua. Osso lacrimale ben distinto davanti l’orbita. Processi paraoccipitali lunghi e diretti in basso. Metatarsali III e IV distinti e non rilevanti alcun cenno di saldatura.

Giovani con mantello striato. Genere :  

Sus

Cranio allungato, alto e stretto. Incisivi e premolare tendenti a non essere decidui. Molari bunodonti non modificati. Canini molto sviluppati nei

maschi.

Specie :  Sus scrofa Linnaeus , 1758

Sottospecie 

(9)

Da ricordare che la dimensione media dei soggetti delle sottospecie europee segue un gradiente geografico da nord-est a sud-ovest, spiegabile soprattutto in base alle diverse condizioni ecologiche (Carnevali et al., 2009).

DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA

Il territorio di distribuzione del cinghiale è tra i più vasti tra gli ungulati selvatici, infatti copre gran parte del continente Euroasiatico e la porzione settentrionale dell’Africa (Monaco et al., 2003), oltre agli Stati Uniti, all’Australia, all’America Latina e alla Nuova Zelanda (Massei e Genov, 2000).

Anche sul piano nazionale italiano è ad oggi l’ungulato maggiormente diffuso, sia in termini distributivi che di consistenza; il suo areale si estende per circa 190000 km2, pari al 64% del territorio nazionale (Carnevali et al., 2009). Infatti dagli anni ’60 il cinghiale è in costante crescita sia numerica che di areale, dopo la sua quasi totale estinzione negli anni successivi alla prima guerra mondiale.

Le informazioni circa la reale consistenza delle popolazioni sono tuttavia carenti, a causa dell’oggettiva difficoltà a censire correttamente la specie, nonostante questa sia di grande interesse soprattutto sul piano venatorio (Carnevali et al., 2009).

Le stime, seppur largamente approssimative, sembrano tuttavia evidenziare un trend crescente causato da un insieme di fattori: abbandono di zone in passato utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia, progressivo abbandono di vaste zone di media montagna, sia a livello alpino ma soprattutto appenninico, con la conseguente riduzione della persecuzione diretta (Apollonio et al., 1988; Carnevali et al., 2009) e le massicce

(10)

immissioni di animali dall’est Europa (Vernesi et al., 2003 ; Apollonio et al., 1988; Carnevali et al., 2009).

MORFOLOGIA

Il cinghiale è un animale dalla corporatura robusta, con zampe corte (negli individui adulti la distanza del ventre dal suolo è pari circa a un terzo dell’altezza) e lunghezza della testa corrispondente a circa un terzo di quella complessiva del corpo. I quarti anteriori e la testa a cuneo sono conformati in modo tale da agevolare gli spostamenti anche in presenza di vegetazione molto fitta ed intricata.

Il dimorfismo sessuale è modesto : i maschi sono in genere più tozzi con la massa corporea maggiore sul treno anteriore, muso corto e zanne visibili a partite dai 3-4 anni di età mentre le femmine hanno una massa corporea distribuita in maniera più omogenea, muso allungato a cono e capezzoli visibili a distanza.

Le misure biometriche sono:

- Lunghezza : maschi 130-180 cm / femmine 120-150 cm; - Altezza : maschi 90-110 cm / femmine 75-90 cm;

- Peso : maschi 80-200 kg / femmine 60-150 kg (Perco, 1987).

Va tuttavia ricordato che le misure biometriche hanno una grande variabilità in relazione all’area geografica e all’origine genetica della specie.

Il pelame del mantello è costituito dalle setole (giarra) e dal sottopelo (borra).

Il mantello estivo è di color grigio con setole sottili e senza sottopelo, mentre quello invernale è bruno-nerastro con setole lunghe e spesse ed è presente un fitto sottopelo.

(11)

Alla nascita il mantello dei cuccioli si presenta striato con bande longitudinali giallo-brune e verso i 4-5 mesi di vita muta verso il rossastro per arrivare al colore definitivo grigio-nero verso i 10-12 mesi.

La colorazione del mantello è usata appunto per la classificazione dei soggetti in base all’età:

- Striati : animali di età compresa tra gli 0 e 4 mesi; - Rossi : animali di età compresa tra i 5 e 12 mesi; - Neri: animali di età superiore a 1 anno.

La pelle risulta ispessita in particolare su collo e spalle in maniera da consentire all’animale l’accesso a zone con vegetazione spinosa e per garantire una maggiore difesa contro i rivali ed arriva ad uno spessore anche maggiore di 2-3 cm.

La muta del mantello avviene due volte all’anno, una autunnale, tra fine settembre ed ottobre,che avviene in maniera graduale ed una primaverile, a maggio, che risulta molto vistosa, con perdita del pelo invernale in grandi ciuffi, lasciando persino chiazze di pelle nuda.

Il tessuto adiposo è particolarmente consistente, soprattutto sui lati del tronco, sulle spalle e sulle cosce e funge sia da riserva energetica che da protezione contro i rigori del clima che come protezione da vegetazione cespugliosa e spinosa.

La cute è povera di ghiandole sudoripare e sebacee, ragione per cui i cinghiali hanno l’abitudine di fare frequenti bagni in pozze fangose per mantenere la pelle umida ed elastica.

Le ghiandole più importanti del cinghiale sono:

- La ghiandola rostrale posta sul grifo che serve per la lubrificazione durante i lavori di scavo;

(12)

- Le ghiandole carpali poste sulla faccia posteriore degli arti a livello della piega del ginocchio, secernenti un umore molto acre che funge da marcatore territoriale;

- La ghiandola prepuziale posta sul pene, di notevoli dimensioni che svolge un ruolo molto importante durante il periodo riproduttivo.

Lo scheletro è caratterizzato da notevole dimensione del cranio e da un aspetto di grande solidità generale per la brevità di collo e arti. A livello del cranio abbiamo il cosiddetto “osso del grugno”, un disco osseo collegato con la porzione dell’osso facciale tramite cartilagini e che conferisce al grugno la robustezza necessaria per poter scavare il terreno alla ricerca di cibo.

La formula dentaria è 3/3 - 1/1 – 4/4 – 3/3. I denti sono quindi 44, 22 per la mandibola e 22 per la mascella. I canini in particolare risultano grandi e sporgenti, soprattutto nel maschio, ed hanno anche funzione di difesa.

In generale la dentatura del cinghiale risulta essere assai diversa da quella di altri ungulati e rispecchia le sue abitudini di onnivoro ed è da ricollegarsi alle caratteristiche dell’apparato digerente (monogastrico) per cui il cibo viene strappato a morsi e accuratamente triturato per poter essere digerito.

HABITAT

Il cinghiale è in grado di occupare un’ampia varietà di habitat, dalle aree intensamente coltivate ed antropizzate della pianura agli orizzonti montani coperti di boschi decidui e misti, spingendosi stagionalmente anche nei piani culminali caratterizzati dalle praterie di alta quota (Monaco et al., 2003).

(13)

Si tratta di un animale normalmente attivo all’alba e nel tardo pomeriggio, e all’occorrenza può adattarsi alla vita notturna nelle zone in cui è cacciato (Massei e Genov 2000 ; Monaco et al., 2003).

I movimenti degli animali sono legati soprattutto alla ricerca del cibo e alle attività riproduttive. Le femmine sono maggiormente stanziali, con movimenti giornalieri limitati mentre i maschi adulti e sub-adulti, soprattutto, sono portati ad assumere comportamenti maggiormente esplorativi, percorrendo distanze maggiori (Monaco et al.,2003).

Risultano essere ambienti favorevoli tutte le aree nelle quali i boschi sono rappresentati per almeno il 10-15%, con particolare predilezione per aree di macchia mediterranea, boschi di latifoglie, soprattutto con elevata presenza di essenze fruttifere quali querce e castagni, con fitto sottobosco ed alternati a radure e prato-pascoli. E’ una specie facilmente adattabile anche a rapide modificazioni ambientali e in caso di scarsità di cibo si sposta anche in maniera considerevole.

Sono invece ambienti sfavorevoli le aree intensamente coltivate prive di boschi intercalari, le zone con innevamenti persistenti a causa delle zampe corte e le zone con forte presenza di predatori (lupo) (Massei e Genov ,2000).

DIETA

Il cinghiale è un animale onnivoro in grado di modificare, anche in maniera drastica, la propria dieta a seconda della disponibilità di cibo che il territorio offre (Massei e Genov 2000).

In quanto mono-gastrico ha una scarsa capacità di utilizzazione della cellulosa e la sua alimentazione deve essere integrata con proteine di origine animale o con alimenti

(14)

vegetali altamente energetici. Sono infatti molto apprezzati semi di varie specie, quali ghiande, castagne ed olive, che apportano un elevato quantitativo di energia (Massei e Genov, 2004).

La porzione di razione rappresentata da proteine animali può arrivare fino al 10% (Massei e Genov, 2000) ed è costituita essenzialmente da anellidi, larve, insetti, piccoli roditori, uccelli e di rado mammiferi di dimensioni maggiori (spesso in forma di carogne) (Schley e Roper ,2003).

La maggior parte degli alimenti è comunque reperita sotto terra scavando con il grifo.

RIPRODUZIONE E DINAMICA DI POPOLAZIONE

Il cinghiale è l’ungulato con maggiore capacità riproduttiva e la sua densità locale può aumentare fino al raddoppio nel giro di un anno (Massei e Genov, 2004) o essere addirittura anche maggiore in annate particolarmente favorevoli dal punto di vista climatico e alimentare. Ciò è sensibilmente influenzato dalla disponibilità di cibo nel periodo autunnale ed invernale, dalla distribuzione delle classi di età e dalle condizioni fisiologiche delle femmine oltre che dalle condizioni climatiche (Massei e Toso, 1993).

La maturità sessuale si ha a circa 3 anni per i maschi e a 1-2 anni per le femmine, in relazione al loro sviluppo ponderale.

La riproduzione avviene di norma una sola volta l’anno, con estri nei mesi tra novembre e gennaio ma in annate con eccezionale fruttificazione, la durata dell’anestro si riduce drasticamente e si registrano due stagioni riproduttive, nei mesi di settembre e aprile-maggio.

Durante la stagione riproduttiva i maschi, che di norma conducono una vita solitaria o al massimo con la compagnia di due giovani maschi sottomessi (scudieri), si uniscono

(15)

ai gruppi femminili formati dalle femmine adulte e dai piccoli dell’ultima stagione riproduttiva. Il branco, a struttura matriarcale, è regolato al suo interno da una precisa gerarchia ed ha un suo territorio di pascolo difeso nei confronti di altri branchi. Il ruolo di capobranco è rivestito dalla femmina più anziana o dalla più vigorosa e la prole viene accudita in comune.

L’estro è sincronizzato tra le femmine di un gruppo così che i piccoli nascano tutti nello stesso periodo (Massei e Genov, 2000).

La gestazione dura dai 114 ai 119 giorni con un numero di piccoli variabile tra 3 e 6 (per le primipare tra 1 e 4).

Al momento del parto la femmina si apparta e costruisce una sorta di grande nido detto “lestra”, delle dimensioni di 1,5-2,5 m di diametro e 80-100 cm di profondità, costituita da fili d’erba e rami, con lo scopo, probabilmente, di proteggere i piccoli dagli agenti atmosferici e di mantenerli quanto più possibile al caldo, in quanto, nei primi giorni di vita, non sono in grado di mantenere una temperatura costante.

Lo svezzamento avviene intorno ai 3 mesi.

Il cinghiale, a differenza degli altri ungulati, è una specie che ha adottato una strategia riproduttiva cosiddetta di tipo r, ovvero con produzione di un elevato numero di figli e relativamente scarse cure parentali (Massei e Toso, 1993).

IMPATTO AMBIENTALE

L’impatto ambientale è causato soprattutto dall’attività di scavo (rooting) che danneggia le piante mettendo a nudo l’apparato radicale e dai danni diretti arrecati alle colture, dovuto al prelievo a fini alimentari delle varie specie coltivate.

(16)

Tra le coltivazioni maggiormente colpite si registrano grano, mais, orzo, avena, riso, girasole, patate, barbabietole e numerosi frutti quali uva, pesche e cocomeri (Massei e Genov, 2000).

Per quanto riguarda l’impatto del cinghiale sulle zoocenosi, questo assume caratteri molto variabili a seconda delle specie considerate, con le quali può avere rapporti di competizione o predazione (Massei e Toso, 1987).

Gli effetti sulle zoocenosi comprendono:

- predazione di piccoli roditori, invertebrati, rettili e uova;

- competizione per le risorse di cibo con altre specie (per esempio daino , cervo e muflone);

- disturbo ad altri animali, sia mammiferi che invertebrati, che si rifugiano a livello del suolo;

- simbiosi/commensalismo con specie di avifauna (gazze); - predazione di animali da reddito (per esempio agnelli);

- oggetto di predazione da parte di lupi, dingo e linci dove presenti (Massei e Genov, 2000; Perco, 1987) e talvolta da cani randagi (su piccoli e giovani) (Perco, 1987).

ATTIVITÀ VENATORIA

Dal punto di vista venatorio, ad oggi la caccia al cinghiale viene praticata nella forma classica della battuta o braccata durante il periodo autunno-invernale nei mesi da ottobre-dicembre o novembre-gennaio come previsto dalla legge n. 157/92 e dalle leggi regionali che ne derivano.

A partire già da prima degli anni 2000 si è iniziato ad ipotizzare un prelievo selettivo del cinghiale, sulla scorta delle conoscenze biologiche sulla specie e alla luce delle sue

(17)

interazioni con l’habitat, con la necessità di intervenire con controlli mirati delle popolazioni.

Quindi, al fine di ridurre le problematiche connesse con la presenza sul territorio del cinghiale, può essere stabilita anche la possibilità di attuare una caccia di selezione, ovvero un tipo di attività venatoria finalizzata alla corretta gestione delle popolazioni selvatiche e basata sul rispetto di appositi piani di abbattimento derivanti da censimenti e stime. Il prelievo va previsto per ogni genere e per tutte le classi d’età secondo criteri scientifici specifici.

Alla vigente legge nazionale negli ultimi anni si sono affiancate diverse leggi regionali in materia, al fine di garantire una corretta gestione delle specie selvatiche e del cinghiale in particolare. Il quadro normativo risulta piuttosto eterogeneo ma in tutti i casi è di fondamentale importanza l’inserimento della caccia al cinghiale in forma selettiva tra i metodi di caccia previsti per questa specie e la necessità di formazione e aggiornamento dei selettori.

Ad oggi, dunque, alla forma classica di caccia si affianca anche la selezione che ne differisce per modalità di attuazione in quanto realizzata, alla cerca o all’aspetto, da un singolo cacciatore, senza l’ausilio di cani e in periodi dell’anno variabili da caso a caso e comunque che non rientrino nella classica stagione venatoria.

Il piano dei prelievi concerne la percentuale di popolazione che si intende prelevare rispetto alla consistenza censita o stimata, il numero di capi da abbattere con la ripartizione in classi di sesso e di età e il calendario dei prelievi.

L’ abilitazione a tale tipo di attività è concessa previa frequentazione di corsi di formazione che comprendono sia una parte didattica che prove di pratica in campo con prove di tiro (Vigliotti, 2014).

(18)

PROBLEMATICHE SANITARIE

Attualmente il cinghiale è tra i selvatici quello che rappresenta maggiori problematiche dal punto di vista sanitario. Le cause principali sono :

- Cinghiale e maiale domestico sono recettivi alle stesse malattie e infezioni; - Il cinghiale è l’ungulato maggiormente diffuso sul territorio nazionale.

(19)

4

PARASSITOSI DEL CINGHIALE

Il parassitismo è una associazione biologica tra due esseri viventi che si attua quando l’ospite è danneggiato a vantaggio del parassita e la malattia parassitaria è la conseguenza, più o meno appariscente, delle azioni del parassita sull’ospite e delle reazioni dell’ospite all’azione del parassita.

Tuttavia la presenza di parassiti nell’ospite non necessariamente comporta la comparsa di sintomi evidenti, ma spesso si assiste ad un equilibrio tra ospite e parassita .

Il cinghiale (Sus scrofa,Linneaus, 1758) è una delle specie selvatiche di interesse venatorio maggiormente diffuse sul territorio europeo e nazionale.

Nella regione Toscana, la caccia al cinghiale è sicuramente la più comune attività venatoria attuata nei confronti di grande selvaggina.

La conoscenza dello stato sanitario, anche dal punto di vista parassitario, di animali selvatici è un indicatore dell’ adattamento o meno degli animali nell’ambiente in cui vivono.

Questo assume particolare rilevanza nel caso del cinghiale, la cui popolazione ha subito un forte incremento negli ultimi anni, esponendolo ad una maggiore possibilità di contatto sia tra conspecifici, sia con altri animali selvatici o domestici, come pure con l’uomo, rappresentando di conseguenza un problema sia economico che sanitario.

Tuttavia, il profilo parassitologico del cinghiale risulta scarsamente analizzato nei confini della nostra regione. Esistono infatti solamente alcuni studi inerenti le

(20)

parassitosi intestinali, che risalgono oramai a diversi anni fa (Magi et al., 2004 ; Magi et al., 2002; Guberti et al., 1992; Magi et al., 1989).

Dobbiamo inoltre considerare che la carne degli animali cacciati è abitualmente consumata direttamente dai cacciatori e dai loro familiari o comunque usata per il confezionamento di insaccati e prodotti a base di carne che vengono venduti nel mercato locale.

Per quanto concerne la Toxoplasmosi, causata dal protozoo Toxoplasma gondii, non esistono ad oggi lavori effettuati sul nostro territorio, nonostante si tratti di una importante zoonosi con distribuzione mondiale e la malattia parassitaria con la più alta occorrenza in Europa (EFSA, 2011).

Essendo stato dimostrato che il consumo di carne di cinghiale è una fonte di rischio per la salute umana, una valutazione della prevalenza di infezione da T. gondii negli animali selvatici si rende necessaria al fine di garantire una maggiore sicurezza per la salute pubblica.

Anche se il rischio di contrarre la toxoplasmosi dal consumo di selvaggina è stato considerato, in passato, di scarsa rilevanza, grazie ai tradizionali metodi di cottura usati per questi tipi di carne, dobbiamo tuttavia considerare che le antiche tradizioni culinarie si affiancano sempre più spesso con nuove pratiche, che prevedono il consumo di carne cruda o comunque non sufficientemente cotta, rendendo il pericolo di contrarre tale zoonosi di maggiore attualità.

PHYLUM APICOMPLEXA

Il nome di questo Phylum deriva dal complesso apicale, struttura sub-cellulare, presente in alcune fasi del ciclo vitale. Tali parassiti svolgono parte del loro ciclo in

(21)

sede intracellulare. La riproduzione ha sia una fase asessuata (schizogonia) che una sessuata (gametogonia).

FAMIGLIA SARCOCYSTIIDAE Famiglia che comprende diversi generi di interesse veterinario.

TOXOPLASMA GONDII

Toxoplasma gondii (Nicolle e Manceaux, 1908) è l’agente parassitario della toxoplasmosi, una importante zoonosi, considerata come tale fin dagli anni ’30-’40. La toxoplasmosi è la malattia parassitaria con la più alta incidenza in Europa (EFSA, 2011) e le più recenti stime fornite dall’EFSA (European Food Safety Authority) riportano che approssimativamente il 50% della selvaggina è sieropositiva a T. gondii (EFSA, 2007).

T. gondii ha distribuzione mondiale ed ha come ospiti intermedi tutti gli animali omeotermi, incluso l’uomo, con conseguenze quindi sia dal punto di vista medico che veterinario (Antolova et al.,2007).

Il gatto e altri felidi sono gli unici ospiti definitivi conosciuti, in grado di rilasciare oocisti non sporulate nell’ambiente (Dubey, 2009).

Esistono tre stadi infettanti nel ciclo vitale di T. gondii (tachizoiti e bradizoiti nelle cisti tissutali e sporozoiti nelle oocisti sporulate). Tutti questi stadi sono infettanti sia per gli ospiti intermedi che definitivi, che possono acquisire l’infezione:

- Orizzontalmente attraverso l’ingestione di oocisti infettanti dall’ambiente (per contatto con terreni, acqua o vegetali crudi contaminati) o per l’ingestione di cisti tissutali in carne cruda o non sufficientemente cotta di ospiti intermedi (Hill et al., 2006);

- Verticalmente tramite la trasmissione transplacentare di tachizoiti (Jackson e Hutchinson, 1989; Dubey, 2010).

(22)

La trasmissione alimentare di T. gondii è considerata la via più importante di infezione per l’uomo, soprattutto in alcune parti del mondo, ed il consumo di carne cruda o poco cotta, o prodotti a base di carne è indicato come il principale fattore di rischio per l’infezione (Cook et al., 2000; Antolova et al., 2007; Kijlstra et al., 2008; Dubey , 2010).

Dal momento che il parassita può infettare tutti i mammiferi ed uccelli, il consumo di ogni tipo di carne non è esente da rischi di potenziale infezione per l’uomo (Richomme et al., 2010). In particolare il consumo di selvaggina è stato registrato come fattore di rischio per l’uomo (Choi et al., 1997) ed in particolare per le donne in stato interessante (Cook et al., 2000).

E’ noto come il suino mostri una elevata suscettibilità a T. gondii (Dubey e Beattie, 1988) e che il cinghiale, essendo una carne di largo consumo, e comunemente infetto da T. gondii in tutto il mondo (Beral et al., 2012) sia una fonte elevata di rischio di infezione (Diderrich et al., 1996; Choi et al., 1997; Bengins et al., 2004; Antolova et al., 2007).

I suini selvatici possono essere esposti all’infezione attraverso il contatto con cibo o acqua contaminati da oocisti sporulate derivate dalle feci di felidi (Dubey e Jones, 2008) e/o attraverso il consumo di tessuti infetti di ospiti intermedi, dovuto alla loro abitudine alimentare di andare in cerca di carcasse di volpi e roditori (Beral et al., 2012) o attraverso anche il consumo di uccelli e piccoli mammiferi recanti tachizoiti o bradizoiti nei tessuti (Lopes et al., 2011).

Il cinghiale gioca un ruolo importante nel mantenimento del ciclo silvestre del parassita (Bartova et al., 2006; Beral et al., 2012) favorito anche dalla cattiva abitudine dei cacciatori di lasciare residui di carcasse di cinghiale nei campi, che a loro volta

(23)

possono essere mangiate da altri selvatici (Gortazar et al., 2002). A tale proposito, sarebbe infatti raccomandato che i visceri e le carcasse degli animali cacciati venissero incenerite, al fine di prevenire il loro consumo da parte di carnivori, inclusi i felidi domestici e selvatici, o di onnivori, tra cui i cinghiali stessi, per interrompere il ciclo del parassita (Dubey et al., 2004; Coelho et al., 2014).

Per tutte queste ragioni il cinghiale appare come un indicatore ideale per capire le variazioni geografiche associate con la prevalenza di T. gondii nei selvatici (Beral et al., 2012) ed in quanto onnivoro, è un buon indicatore per il monitoraggio della contaminazione ambientale da parte del parassita (Bartova et al., 2006).

Ad aggravare la situazione epidemiologica dobbiamo ricordare che concorre anche il drammatico incremento che le popolazioni di cinghiali hanno subito durante gli ultimi 30 anni in Europa (Schley e Roper, 2003), dove si è approssimativamente arrivati sopra il milione di capi, con una densità variabile da area a area e da paese a paese (Laddomada, 2000).

Per quanto concerne l’uomo, la toxoplasmosi è una infezione blanda nei soggetti immunocompetenti, ma che ha un decorso grave, fino anche alla morte, negli immunodepressi, quali i malati di HIV, nel feto e nei neonati (Belanger et al., 1999; Tenter et al., 2000; Avelino et al., 2003; Hafid et al., 2005).

Studi in Europa hanno mostrato che il 35-58% delle donne in età fertile sono sieropositive per T. gondii (Tenter et al.,2000) e che in Europa la toxoplasmosi congenita affligge approssimativamente 1-10 soggetti su 10000 neonati, dei quali l’1-2% risulta afflitto da problemi di salute di ordine generale, fino anche alla morte, e il 4-27% sviluppa malattie oculari (Cook et al., 2000).

(24)

Molte epidemie di toxoplasmosi acuta in varie regioni del mondo dimostrano che le fonti di infezione variano molto in popolazioni umane diverse,che hanno anche culture e abitudini alimentari differenti (Tenter et al., 2000; Kijlstra et al., 2008).

Le cisti tissutali di T. gondii presenti nella carne, sono uccise attraverso il riscaldamento ad almeno 67°C (Dubey et al., 1990) e possono sopravvivere a temperature di refrigerazione tra -1°C e –8°C per più di una settimana (Kotula et al., 1991).

Al fine quindi di prevenire la trasmissione alimentare di T. gondii, la carne, i visceri ed i loro prodotti a base di carne devono essere ben cotti, la carne non deve essere assaggiata durante la cottura ed è importante un elevato livello di igiene (Antolova et al., 2007), tanto che è stato dimostrato che anche il non frequente lavaggio dei coltelli da cucina è associato con un aumento del rischio di infezione (Kapperud et al., 1996).

La salagione della carne non influisce immediatamente sul parassita ed il tempo di sopravvivenza delle cisti tissutali varia con la concentrazione delle soluzioni saline e la temperatura di conservazione (Dubey 1997), ed inoltre è stato dimostrato che la salagione non è in grado di uccidere tutte le cisti tissutali in salumi a base di carne suina fatte in casa (Tenter et al., 2000).

Studi hanno registrato anche una associazione tra lo scuoiamento delle carcasse per ottenerne delle pellicce, compiute da soggetti femminili, con un aumento di incidenza di toxoplasmosi congenita (McDonald et al.,1990) e quindi anche durante la manipolazione delle carcasse, sarebbe necessario che venissero mantenuti elevati livelli di igienicità (Antolova et al.,2007), con l’adozione di opportune precauzioni durante l’eviscerazione di animali selvatici (Lopes et al., 2011).

(25)

A questo proposito si auspica l’attuazione di programmi educativi per i cacciatori, al fine di conoscere i rischi connessi con l’esposizione ad agenti zoonotici durante i processi i pulizia e consumo di carne (Sandfoss et al.,2011; Ranucci et al., 2013)

FAMIGLIA EIMERIIDAE

Famiglia che comprende numerose specie patogene, tra le quali le più importanti sono Eimeria ed Isospora, responsabili di patologie denominate coccidiosi.

Studi hanno dimostrato che non esistono sostanziali differenze tra le specie di coccidi registrate nel maiale domestico e quelle del cinghiale (Löwenstein et al., 1989).

Hanno ciclo vitale monoxeno e sono caratterizzate da un’alta specificità d’ospite. Sono parassiti intracellulari.

L’oociste sporulata di Eimeria è caratterizzata dalla presenza di quattro sporocisti ognuna contenente due sporozoiti, mentre per Isospora ogni oocisti contiene due sporocisti con quattro sporozoiti ciascuna.

EIMERIA SPP.

Protozoi del piccolo intestino a distribuzione cosmopolita. Sono riconosciute varie

specie, alcune delle quali (E. debliecki, E. polita, E. scabra, E. spinosa, E. porci) (Löwenstein et al., 1989) possono essere causa di affezioni a livello intestinale con

grado di gravità variabile e che risultano essere più patogene nei giovani soggetti mentre gli adulti solo raramente mostrano sintomatologia clinica.

(26)

Le oocisti sono di forma ellittica od ovali, ognuna con quattro sporocisti contenenti ciascuna due sporozoiti.

I suinetti si infettano per coprofagia, soprattutto con le oocisti emesse dalla madre.

La localizzazione degli stadi endogeni è soprattutto a livello dei villi del piccolo intestino.

Nei giovani soggetti può essere causa di forme diarroiche più o meno importanti, di inappetenza, calo di peso corporeo, ritardi nell’accrescimento e disidratazione.

La diagnosi viene emessa sulla base della sintomatologia e tramite isolamento di Eimeria spp. nelle feci, anche se è possibile che le oocisti non vengano eliminate durante la fase diarroica.

ISOSPORA SUIS

Protozoo del piccolo intestino a distribuzione cosmopolita. Non sono state rilevate differenze con la specie registrata nel suino domestico (Löwenstein et al., 1989).

Le oocisti sono sub-sferiche e quando sporulate presentano 2 sporocisti, ciascuna contenente 4 sporozoiti. L’ospite si infetta ingerendo oocisti infettanti e gli enzimi digestivi distruggono la parete dell’oociste permettendo la liberazione degli sporozoiti, che possono così penetrare nei villi dell’epitelio del piccolo intestino, soprattutto in digiuno ed ileo e di rado in duodeno, cieco e colon. È particolarmente colpita la porzione distale dei villi, cui segue la distruzione degli stessi, con conseguente infiammazione catarrale, diarrea, tenesmo, disidratazione e impossibilità di assorbimento dei nutrienti. In corso di infestazioni massive si possono registrare anemia e morte dell’ospite, più frequente nei giovani soggetti.

(27)

La morbilità è elevata mentre il tasso di mortalità è variabile con il grado di infezione. Possono essere favorite infezioni batteriche secondarie.

La diagnosi viene emessa sulla base della sintomatologia e tramite isolamento di I. suis nelle feci, anche se è possibile che le oocisti non vengano eliminate durante la fase diarroica.

PHYLUM NEMATELMINTI CLASSE NEMATODA

I nematodi sono una classe di parassiti assai numerosa, che comprende vermi di interesse parassitologico.

Per la loro struttura vengono anche denominati anche “vermi tondi”, infatti presentano corpo tubulare e simmetrico.

Sono dotati di tre aperture: bocca, ano e poro escretore, la cui struttura è diversa nei vari gruppi di nematodi.

Hanno sessi separati, con maschi generalmente più piccoli delle femmine. La femmina presenta un orifizio vulvare mentre il maschio ha una struttura tubulare che si apre all’esterno attraverso l’ano.

Alcuni maschi sono dotati di spiculi, un paio di strutture cuticolari, che vengono inseriti nell’orifizio vulvare durante la copula, mentre altri maschi sono dotati di borsa copulatrice, situata all’estremità posteriore del corpo, che serve per afferrare la femmina durante l’accoppiamento.

L’intero ciclo vitale consta di cinque stadi larvali (L1- L2- L3-L4-L5) e quattro mute e l’ospite definitivo viene infestato da larve a stadio di sviluppo variabile a seconda della specie, infatti il ciclo vitale dei nematodi varia da molto semplice a complesso (Anderson, 2000).

(28)

Nel caso di nematodi gastrointestinali, l’intero sviluppo può avvenire nel lume dell’intestino o con spostamenti di lieve entità nello spessore della mucosa o spesso, anche attraverso cicli complessi, con lunghe migrazioni, che coinvolgono diversi apparati e tessuti dell’ospite prima di raggiungere la sede definitiva dove si sviluppano le forme adulte.

Il ciclo può essere diretto e l’infestazione avviene per ingestione di larve L3 infestanti o indiretto, e l’ospite definitivo si infesta tramite l’ingestione di un ospite intermedio: ad esempio Trichuridi (Trichuris) e Ascaridi (Ascaris e Toxocara) sono monoxeni, con un ospite definitivo rappresentato da un mammifero e uova con il solo stadio libero, il che le rende strettamente dipendenti da fattori ambientali (pseudogeoelminti) (Mas-Coma et al.,2008).

Il monitoraggio delle parassitosi causate da elminti è considerato un elemento essenziale per il buon management dello stato sanitario degli animali (Foata et al.,2006). È evidente che le malattie parassitarie sostenute da elminti debbano essere elencate tra le malattie infettive alle quali prestare particolare attenzione a causa dei futuri cambiamenti climatici (Mas-Coma et al., 2008).

Come nel caso di altre malattie infettive, tutti i segnali indicano che gli effetti dei cambiamenti climatici sugli elminti sono maggiormente evidenti nelle zone fredde e temperate delle latitudini settentrionali, così come nelle zone a maggiore altitudine, dove le modificazioni delle variabili climatiche appaiono più pronunciate. In primo luogo la temperatura e quindi la quantità di precipitazioni sono i fattori meteorologici che più frequentemente sono associati all’impatto dei cambiamenti climatici sulle elmintiasi (Mas-Coma et al., 2008).

(29)

SUPERFAMIGLIA TRICHOSTRONGYLOIDEA

I tricostrongili sono vermi di piccole dimensioni, spesso dal diametro molto ridotto, appartenenti al gruppo dei bursati, parassiti soprattutto dell’apparato digerente.

Presentano appendici cuticolari e capsula buccale vestigiale. Il ciclo vitale è diretto, generalmente senza migrazioni nell’organismo dell’ospite.

La forma infestante è L3.

HYOSTRONGYLUS RUBIDUS

Vermi sottili, rossastri, lunghi 5-8mm. Presentano una piccola vescicola cefalica e sono dotati di spicoli.

Hanno ciclo vitale diretto con L3 come forma infestante. Il periodo di pre-patenza è di 3 settimane. Le L3 penetrano nelle ghiandole gastriche, causando la rapida sostituzione delle cellule della parete con cellule non secernenti in rapida replicazione, cui consegue la formazione di noduli sulla superficie della mucosa gastrica. Sono possibili anche ulcerazioni ed emorragie dei noduli in caso di infestazioni gravi.

I segni clinici più evidenti sono inappetenza, anemia e condizioni scadenti.

La vita dell’animale all’aperto è fondamentale per consentire il ciclo esogeno del parassita.

GLOBOCEPHALUS UROSUBULATUS

Nematode del piccolo intestino di suino ed in Italia isolato solamente nel cinghiale. Presente anche in nord e sud America, Europa, Asia e Africa.

G. urosubulatus è un parassita più frequentemente riscontrato nel cinghiale rispetto al suino (Gadomska, 1981) e, comparato con altri strongili intestinali, è ritenuto il più comune e maggiormente tipico del cinghiale (Popiolek et al., 2010).

(30)

Biancastro, della lunghezza di 0,4 – 0,8 cm circa , ha la bocca posta sub-dorsalmente e capsula boccale globosa. Il maschio ha una borsa ben sviluppata.

Il ciclo del parassita è monoxeno (Anderson, 2000) e una volta introdotto nell’ospite le larve raggiungono lo stadio adulto nella mucosa intestinale.

Il ciclo diretto si ha per ingestione di L3 o tramite via percutanea, cui segue una migrazione attraverso cuore, polmoni, trachea, esofago e stomaco.

Le larve infestanti di G. urosubulatus sono in grado di resistere anche in condizioni di freddo e refrigerazione (Foata et al., 2006).

G. urosubulatus può essere causa di sintomi clinici quali anemie, calo di peso corporeo ed emaciazione, fino anche al possibile decesso dell’ospite (Takacs, 1997) anche se sono più frequenti infestazioni con decorso asintomatico, in quanto sembra esistere un buon equilibrio tra ospite e parassita, il che scongiura per entrambe le specie rischi di estinzione (Foata et al., 2006).

La diagnosi viene emessa tramite esame coprologico e necroscopico ma dobbiamo ricordare che per una corretta identificazione di G. urosubulatus rispetto a Oesophagostomum spp., si rende necessaria una coprocoltura per poter identificare le L3, in quanto le uova di queste due specie risultano del tutto simili sia per morfologia che per dimensioni (Popiolek et al., 2010).

Va inoltre ricordato che per quanto concerne gli strongili intestinali in generale, un test coprologico qualitativo, quale è la metodica della flottazione, non può essere considerato un indicatore attendibile della presenza del parassita nella popolazione. Studi hanno registrato una differenza significativa tra il numero di soggetti risultati positivi per la presenza di parassiti al momento della necroscopia e la percentuale di tali soggetti che rilasciavano uova con le feci (89,7% di soggetti recanti parassiti adulti / 44,1% di soggetti positivi alla copro coltura) (Magi et al., 2004).

(31)

Il test coprologico qualitativo risulta maggiormente attendibile quando il risultato è positivo (valore predittivo del test positivo=90%) mentre risultati negativi sono di frequente ingannevoli (valore predittivo del test negativo=10%). Ciò è facilmente comprensibile considerando che, nel periodo invernale, in cui si realizza l’attività venatoria ,tali parassiti vanno in ipobiosi, così da poter rimandare la produzione di uova ad un momento in cui le condizioni ambientali esterne possano permettere lo sviluppo larvale (Casarosa, 1985).

All’esame coprologico possono inoltre emergere anche falsi risultati positivi, causati dall’ingestione di cibo contaminato con uova di parassiti non propri della specie (pseudo-parassitismo) (Magi et al., 2004).

La frequenza di occorrenza di soggetti adulti di G. urosubulatus, varia con le stagioni, risultando massima in primavera, con il 70%, rispetto alle altre stagioni in cui si ferma al 30-41% (Foata et al., 2006).

Esistono pareri discordanti circa la correlazione tra l’età dell’ospite e la frequenza di infestazione: da una parte uno studio (Magi et al., 2002) riporta la non correlazione tra

età dell’ospite e presenza del parassita, mentre altri lavori hanno identificato G. urosubulatus come una specie indicatrice dei cinghiali di età maggiore ad un anno

(Foata et al., 2006), in accordo anche con altri studi, secondo i quali l’infezione si intensifica con l’aumentare dell’età dell’ospite (Takacs, 1997 ; Rajkovic-Janje et al., 2002).

SUPERFAMIGLIA STRONGYLOIDEA

Per quanto concerne i suini, questa famiglia di bursati comprende nematodi parassiti del grosso intestino, dove gli adulti si insediano nel lume, nutrendosi di frammenti di mucosa.

(32)

OESOPHAGOSTOMUM SPP.

Nematode del grosso intestino del suino e del cinghiale (nel quale sono stati registrate le specie O. dentatum e O. quadrispinulatum) (Popiolek et al., 2010), a distribuzione cosmopolita.

L’infestazione avviene per ingestione di L3, ma è possibile anche la trasmissione percutanea, con le mosche che fungono da vettori passivi.

L3 penetra nella mucosa di piccolo e grosso intestino, riemerge e migra al colon dove si sviluppa fino allo stadio adulto.

L’infestazione è spesso asintomatica ma può causare, soprattutto nei soggetti di giovane età, fenomeni diarroici e calo di peso corporeo, in particolare durante la fase in cui le larve riemergono dalla mucosa e migrano nel colon.

Le larve sono in grado di sopravvivere durante il periodo autunnale e invernale, rispettivamente sul pascolo e nell’ospite in uno stato di ipobiosi, per poi riattivarsi in primavera e completare lo sviluppo. E’ stata però osservata una scarsa capacità di sopravvivenza delle larve nel terreno durante le estati secche e torride e al rigore degli inverni più rigidi (Roepstorff e Murrel, 1997).

La loro presenza può predisporre a infezioni batteriche secondarie.

In corso di infestazioni massive si possono registrare inspessimenti della parete del grosso intestino con formazione di noduli.

La diagnosi viene emessa tramite necroscopia o esame coprologico, ma le uova risultano indistinguibili da quelle di Hyostrongylus senza una copro-coltura per poter identificare le L3.

(33)

SUPERFAMIGLIA METASTRONGYLOIDEA

La maggior parte delle specie raggruppate in questa superfamiglia sono parassiti del polmone o dei vasi ematici adiacenti. Il ciclo di sviluppo è generalmente indiretto e gli ospiti intermedi sono per lo più molluschi o gasteropodi.

METASTRONGYLUS SPP

Si tratta di una delle elmintiasi prevalenti tra le popolazioni di cinghiali (De la Muela et al.,2001).

I parassiti polmonari del genere Metastrongylus spp sono stati reperiti in suini sia domestici che selvatici in tutto il mondo, e tale parassitosi è considerata uno dei più importanti fattori selettivi che agiscono sulle popolazioni di cinghiali, facendo innalzare il tasso di mortalità tra i soggetti più giovani e debilitati, in quanto può causare dispnea, bronco pneumopatia, perdita di peso permanenti ed esporre i tessuti danneggiati a maggiori infezioni opportunistiche da parte di virus e batteri (Nosal et al., 2010; Urquhart et al.,1996).

Vermi sottili, bianchi, fino a 6 cm di lunghezza. Si localizzano a livello di piccoli bronchi e bronchioli, soprattutto nei lobi posteriori del polmone.

I cinghiali con infestazione massiva possono presentare bronchioliti necrotizzanti, con perdita di epitelio respiratorio e migrazione di eosinofili, neutrofili e minori mononucleati nella sottomucosa dei bronchioli (Gipson et al., 1999).

Le uova hanno guscio spesso, rugoso e contengono un embrione; risultano molto resistenti agli insulti ambientali e sono in grado di sopravvivere per oltre un anno anche a basse temperature (Urquhart et al.,1996).

(34)

Diverse specie di lombrichi, che fanno abitualmente parte della dieta del cinghiale, fungono da ospiti intermedi per questa specie di nematodi e da questo ne consegue una elevata prevalenza tra questi animali (Solaymani-Mohammadi et al., 2003).

Generalmente le uova schiudono dopo poco tempo che sono state eliminate e l’ospite intermedio, un lombrico, ingerisce le L1.

Nel lombrico in circa 10 giorni la L1 muta a L3 e le larve sono in grado di rimanere vitali nel corpo dell’ospite intermedio fino a 7 anni.

L’ospite definitivo si infesta ingerendo il lombrico e le L3, che si liberano attraverso i processi digestivi, migrano ai linfonodi mesenterici, dove mutano a L4, ed infine raggiungono il polmone attraverso la via linfo-ematogena.

Nei bronchi e bronchioli avviene l’ultima muta.

Il periodo pre-patente è circa 4 settimane durante le quali si può avere connettivizzazione del parenchima polmonare, ipertrofia dei muscoli dei bronchi e iperplasia linfoide spesso con aree enfisematose.

Una volta raggiunta la maturità sessuale, le uova vengono aspirate nei bronchioli e nel parenchima; abbiamo per questo un aggravarsi della connettivizzazione e dell’enfisema con aumento di secrezione di muco nei bronchioli.

A causa dei suoi effetti sulla mortalità dei suini, Metastongylus spp è stato oggetto di numerosi studi sia in America e in Europa (Frackzak, 1974; Smith et al., 1982).

Una più alta intensità di infestazione è stata riportata nei soggetti giovani rispetto agli adulti (Humbert e Henry 1989; Foata et al., 2006).

Si suppone che questa differenza tra le due classi di età sia in relazione con il cambiamento di dieta e con la disponibilità di fonti di cibo, inclusi i lombrichi, che vengono assunti in quantità maggiore dai giovani cinghiali in accrescimento rispetto agli adulti (De la Muela et al., 2001; Jarvis et al., 2007).

(35)

La disponibilità di fonti di cibo come i lombrichi è dipendente da fattori climatici, infatti basse temperature e umidità riducono il numero di oligocheti disponibili per la predazione (Humbert, 1992).

Relativamente all’età, anche lo sviluppo di immunità da parte del cinghiale all’infestazione da elminti, può essere un fattore di regolazione della popolazione di parassiti nell’ospite (Anderson, 1987).

I cinghiali che sopravvivono all’infezione iniziale possono sviluppare una immunità naturale acquisita in grado di proteggerli contro potenziali re-infezioni da parte del parassita (Humbert, 1992).

Se negli allevamenti intensivi la possibilità di infezione è ridotta drasticamente grazie alla difficoltà di contatto con gli ospiti intermedi, negli allevamenti estensivi o semi-estensivi di cinghiali e maiali deve essere prestata particolare attenzione a questa parassitosi, in quanto una alta prevalenza, anche a livelli di bassa intensità, può causare danni quali riduzione del tasso di crescita e morte per complicazioni respiratorie nei giovani soggetti e negli animali già debilitati, favorito anche da infezioni secondarie da parte di virus e batteri (Silva e Müller, 2012).

In base all’aspetto della porzione caudale si riconoscono varie specie di vermi polmonari del suino tra le quali: Metastrongylus elongatus, Metastrongylus salmi, Metastrongylus pudendotectus, Metastrongylus asymetricus e Metastrongylus apri. Non è possibile tuttavia fare una identificazione dettagliata della specie basata sull’aspetto delle uova (Popiolek et al. ,2010) e quindi dall’esame copro microscopico.

Generalmente più specie possono infettare contemporaneamente i suini (Morita et al., 2007) e la prevalenza delle diverse specie nelle popolazioni di cinghiali varia a seconda dei paesi (Eslami e Farsad-Hamdi, 1992; Jarvis et al.,2007; Morita et al., 2007; Byung et al. 2010).

(36)

Metastrongylus spp. sembra infestare equamente sia maschi che femmine e che non abbia stagioni in cui risulta maggiormente diffuso (Pence et al., 1988; Jarvis et al., 2007; Morita et al., 2007).

Infezioni dell’uomo con M. apri sono state riportate in tre occasioni (Beaver et al., 1984) probabilmente causate dall’ingestione di generi alimentari accidentalmente contaminati. Al contrario M. pudendotectus e M. salmi non sembrano in grado di infettare l’uomo (Solaymani-Mohammadi et al., 2003).

SUPERFAMIGLIA ASCARIDOIDEA

Parassiti in cui sia le larve che la forma adulta sono causa di patologie nell’ospite: le larve sono responsabili di lesioni patologiche a vari organi e parenchimi che raggiungono nel corso delle loro migrazioni mentre gli adulti, di grosse dimensioni,causano ostruzione e malassorbimento a livello intestinale.

ASCARIS SUUM

Ascaris suum, un grande verme tondo dei suini, è stato ritrovato comunemente nel cinghiale (De la Muela et al., 2001; Fernandez-De Mera et al., 2003) in tutto il mondo, anche se il livello di infestazione nei cinghiali non risulta molto alto (Popiolek et al.,2010) e pertanto tale parassita sembra avere una minore importanza sanitaria rispetto ad altre parassitosi (De la Muela et al., 2001).

Grande nematode, di colore bianco opaco; le femmine possono raggiungere i 40 cm di lunghezza.

Le uova, di forma ovoidale, sono giallo-brunastre,con guscio spesso e la caratteristica presenza di mammellonature irregolari sulla parete più esterna e misurano circa 50µmx60µm.

(37)

Durante l’inverno, le basse temperature esterne non sono un fattore limitante per l’embrionatura delle uova (Foata et al., 2006; Roepstorff e Jorsal, 1989) e anche dopo il raggiungimento dello stadio embrionale, le uova di A. suum sopravvivono diversi mesi in condizioni favorevoli i umidità (Ineson, 1954) e questa sembra essere la ragione per cui lo stadio adulto è presente soprattutto in inverno (Foata et al., 2006).

Il ciclo è diretto: la prima muta si ha circa 3 settimane dopo che le uova sono state eliminate con le feci. Dopo essere state ingerite, le uova schiudono nel tenue, e le L2 migrano al fegato dove avviene la seconda muta a L3. Queste arrivano al polmone tramite il torrente circolatorio e di seguito all’intestino tramite trachea e retrobocca. Nel tenue si attuano le ultime due mute.

Nel caso le uova vengano ingerite da un lombrico o da un artropode coprofago, le L2 migrano nei tessuti dell’ospite e vi restano infestanti per molto tempo.

Quindi nel ciclo vitale di A. suum anche gli ospiti paratenici (lombrichi, scarafaggi coprofagi e alcuni insetti) possono giocare un ruolo importante nel mantenimento del parassita nell’ambiente per lungo tempo (Antolova et al., 2006).

Il periodo pre-patente è di 6-8 mesi e ogni femmina può generare più di 200000 uova al giorno.

Le larve, migrando, possono causare polmoniti e nel fegato sono causa di lesioni cicatriziali biancastre sulla superficie della glissoniana dette per il loro aspetto “milk spot”.

Gli adulti nell’intestino possono essere causa di danni leggeri alla mucosa o, in caso di infestioni massive, ostruzioni fino ad occludere anche i dotti biliari con conseguente ittero.

La diagnosi viene fatta tramite esame copro microscopico, con la messa in evidenza delle uova.

(38)

Nonostante la maggiore suscettibilità dei soggetti giovani, una più alta positività per gli anticorpi anti-Ascaris è stata trovata in animali adulti (Antolova et al., 2006).

Questo è spiegabile dall’immunità che si sviluppa in seguito ad una prima infezione con A. suum, in grado di proteggere da re-infezioni (Antolova et al., 2006) e si suppone che il contatto a lungo termine con un ecosistema contaminato sia il fattore principale in grado di influenzare la prevalenza di A. suum (Antolova et al., 2006).

Studi realizzati su soggetti allevati in cattività e su animali allo stato brado hanno mostrato che il grado di infestazione sia molto maggiore negli animali che non vivono in libertà ( 26% per gli animali allevati contro solo 1,6% per gli animali selvatici) con un numero di uova 30 volte più alto nei campioni di feci degli animali allevati (Popiolek et al., 2010).

A causa della loro dinamica di popolazione è reperto comune tra gli ascaridi una grande variazione tra l’elevata intensità di infezione larvale e la bassa intensità di adulti. Una grande quantità di larve è espulsa dal piccolo intestino per un periodo di 14-17 giorni dopo l’infezione. Le larve che rimangono nell’organismo migrano attraverso il fegato ed i polmoni, in quanto un numero elevato di parassiti adulti di questa specie potrebbe essere causa della morte dell’ospite e questo risulterebbe svantaggioso per il parassita (Miquel et al., 2005; Nejsum et al., 2009; Roepstorff et al., 2011; Silva e Müller, 2013). Questa potrebbe essere la spiegazione del rinvenimento di larve nell’intestino crasso. Comunque la presenza di adulti in questi organi può essere spiegata dalla migrazione del parassita dopo la morte dell’ospite a causa delle condizioni avverse che si instaurano nel loro habitat (Silva e Müller, 2013).

L’ingestione da parte dell’uomo di uova infettanti di A. suum può essere causa della cosiddetta larva migrans visceralis, ovvero la migrazione delle larve attraverso il sistema circolatorio portale e linfatico a fegato, polmoni e altri organi. Solo

(39)

occasionalmente vermi adulti sono stati trovati nell’intestino dell’uomo (Antolova et al.,2006).

In conclusione quindi il cinghiale ha un ruolo importante nella circolazione e nel mantenimento di A. suum nell’ambiente e rappresenta un potenziale rischio zoonotico per quanto riguarda l’ascariasi, soprattutto per i cacciatori e coloro che manipolano o consumano prodotti a base di cinghiale (Antolova et al., 2006).

SUPERFAMIGLIA TRICHUROIDEA

Le specie parassitarie appartenenti a questa superfamiglia hanno come caratteristica morfologica comune l’esofago a sticosoma, composto da un tubo molto assottigliato circondato da una singola colonna di cellule.

I generi di interesse veterinario sono Trichuris, presente in cieco e colon dei mammiferi, Capillaria, frequente in tratto digerente e respiratorio di mammiferi e uccelli e Trichinella, i cui adulti sono localizzati nel tenue di mammiferi e che produce larve che invadono i tessuti dell’ospite.

TRICHURIS SUIS

Il verme piatto dei suini, T. suis, è un nematode cosmopolita dei maiali e dei cinghiali (Pattinson et al., 1980).

Il suo ciclo vitale semplice e la resistenza delle uova alle condizioni ambientali lo rendono molto diffuso e spesso registrato nel cinghiale (Popiolek et al., 2010).

Le uova hanno la caratteristica forma a limone, con due evidenti tappi ai due poli, e sono di colore giallo-bruno. Grazie alla loro resistenza sono in grado di rimanere vitali nell’ambiente fino a 4 anni (Urquhart et al., 1996).

(40)

I vermi adulti, che si localizzano nel grosso intestino ed in particolare nel cieco, sono lunghi 4-6 cm, con la parte posteriore allargata,che conferiscono loro una conformazione detta a “manico di frusta”.

Il maschio è sottile e munito di un solo spicolo contenuto in una guaina. Le femmine hanno coda ricurva.

Lo stadio infestante è l’uovo con la larva a stadio L1, che matura all’esterno in 1-2 mesi, a seconda della temperatura.

Giunte nell’ospite, le L1 penetrano nelle ghiandole della mucosa del cieco e sviluppano a L5. Queste emergono sulla superficie della mucosa dove restano infisse con la parte anteriore.

La maggioranza delle infestazioni decorre in maniera oligosintomatica o asintomatica.

In caso di infestazioni massive si possono verificare infiammazioni della mucosa del cieco, per la localizzazione sub-epiteliale delle larve e per il loro continuo movimento della parte anteriore alla ricerca di sangue e fluidi.

Studi hanno dimostrato che un elevato tasso di infestazione può essere causa negli allevamenti di cinghiali, di ingenti perdite, in quanto un alto tasso di intensità di infezione è associato a gravi disordini intestinali che impediscono lo sviluppo degli animali (Silva e Müller, 2013).

Inoltre il grado di infestazione risulta maggiore in animali allevati in cattività rispetto ad animali selvatici (16,5 % per gli animali allevati e 9,8% per gli animali selvatici) (Silva e Müller, 2013).

T. suis ,per quanto concerne ciclo vitale, morfologia, localizzazione e interazione con la mucosa intestinale non differisce da Trichuris trichura, parassita dell’uomo (Holland, 1987) ed è riportata la trasmissione sperimentale di T. suis all’uomo (Beer,1971).

(41)

PHYLUM ACANTHOCEPHALA

Solo pochi generi appartenenti a questo phylum sono di interesse veterinario e sono per lo più parassiti dell’apparato digerente dei vertebrati.

Caratteristica è la conformazione dell’estremità cefalica, munita di una proboscide ricoperta di uncini ricurvi e retrattile, che permette al parassita di fissarsi alla parete dell’organo.

Questi parassiti sono privi di apparato digerente e l’assorbimento dei nutrienti avviene tramite la cuticola, che risulta ripiegata e increspata, al fine di aumentare la superficie di assorbimento.

I sessi sono separati, con femmine molto più grandi dei maschi. Il maschio è dotato di borsa muscolare e pene e dopo l’accoppiamento le uova uscite dalle ovaie, sono raccolte in una cavità del corpo della femmina dove vengono fertilizzate e espulse quando sono mature.

Le uova sono lunghe e assottigliate e contengono l’acanthor, una larva munita di uncini nella parte anteriore e spine sulla superficie corporea.

Il ciclo è indiretto e prevede un artropode terrestre o acquatico come ospite intermedio. L’ospite intermedio ingerisce le uova, le quali si schiudono e liberano la larva che migra all’emocele dell’artropode dove in 1-3 mesi si sviluppa a cistacanto.

L’ospite definitivo si infesta ingerendo l’artropode e i cistacanti, che si infiggono sulla parete dell’apparato digerente sviluppandosi fino allo stadio di adulto.

MACRACANTHORYNCHUS HIRUDINACEUS

Macracanthorynchus hirudinaceus (Pallas, 1781) è un acantocefalo che durante lo stadio adulto infesta l’intestino tenue di molti mammiferi, quali canidi e suini (Arbabi et

(42)

al., 2001) ed è noto come parassita dei cinghiali (Eslami e Farsad-Hamdi,1992; Solaymani-Mohammadi et al., 2003).

I maschi misurano fino a 10 cm mentre le femmine raggiungono anche i 65 cm di lunghezza.

Le uova sono ovalari, misurano 110µm x 65µm e sono di colore brunastro con guscio spesso e scuro e al momento della loro eliminazione con le feci contengono una larva detta acanthor. Queste vengono prodotte in grande quantità ed eliminate con le feci e risultano molto resistenti nell’ambiente esterno dove possono sopravvivere per anni.

Gli artropodi, soprattutto coleotteri coprofagi, ma anche insetti, crostacei e miriapodi, fungono da ospiti intermedi ed ingeriscono l’acanthor che si sviluppa al loro interno a cistacanto in circa 3 mesi.

L’ospite definitivo si infesta ingerendo soprattutto coleotteri adulti ma anche altri artropodi (insetti, crostacei o miriapodi) la cui presenza dipende strettamente anche dalle condizioni ambientali (Schimdt, 1985).

I parassiti adulti si ritrovano adesi alla parete dell’intestino tenue dove possono essere causa di processi infiammatori anche con formazione di granulomi nel punto di attacco sulla parete dell’organo. Infestazioni massive possono portare a perdita di peso e raramente si può verificare la perforazione della parete del tenue con peritoniti anche mortali.

Gli acantocefali risultano meno importanti sul piano della salute pubblica rispetto ad altre parassitosi, tuttavia possono essere altamente patogeni (Neafie et al., 2000) e persino capaci di regolare la popolazione dei loro ospiti definitivi (Mowlawi et al.,2006).

Rari casi riportano l’infestazione dell’uomo (Schmidt 1971; Kliks et al.,1974; Tesana et al., 1982; Leng et al., 1983 ; Barnish e Misch, 1987; Radomyos et al., 1989).

(43)

5

INDAGINE PERSONALE

In generale il profilo parassitologico del cinghiale risulta poco studiato a livello del territorio italiano, e in particolar modo a livello della regione Toscana sono presenti solamente pochi studi inerenti le parassitosi intestinali, il più recente dei quali risale oramai ad una decina di anni fa ( Magi et al. , 2004), nonostante la caccia al cinghiale e il consumo della carne di questi animali sia una tradizione molto radicata nel territorio.

L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di fare un’analisi di alcune parassitosi di una popolazione di cinghiali della nostra regione.

(44)

6

MATERIALI E METODI

CAMPIONAMENTO

Tutti i campioni di materiale prelevato provengono da animali cacciati da novembre 2010 a gennaio 2013, nel corso di tre stagioni venatorie,in diverse zone della provincia di Pisa (43°24’ N, 10°52’ E).

Il materiale è stato prelevato dalle carcasse al momento dell’eviscerazione.

- 50 campioni di feci, prelevate dall’ampolla rettale. I campioni sono stati messi in appositi contenitori in plastica, identificati (numero di capo abbattuto, data di raccolta, località) e conservati, tramite refrigerazione, fino al momento della flottazione.

- Il primo tratto intestinale di 32 soggetti. I campioni sono stati messi in buste in plastica, identificati (numero di capo abbattuto, data di raccolta, località) e conservati a -20°C fino al loro esame.

- Campioni di diaframma prelevati da 65 soggetti. I campioni sono stati messi in appositi contenitori in plastica, identificati (numero di capo abbattuto, data di raccolta, località) e conservati a -20°C fino al loro esame.

- 213 campioni di siero. Il sangue è stato raccolto tramite provette di vetro sterili direttamente dalla cavità toracica al momento dell’eviscerazione o, quando possibile, dalla cavità cardiaca, prima possibile dopo l’abbattimento usando una siringa da 20ml. Abbiamo lasciato coagulare il sangue a temperatura ambiente e quindi separato il siero, tramite centrifugazione. Il siero è stato conservato in provette Eppendorf da 1,5ml a -20°C fino ad analisi.

(45)

FLOTTAZIONE CON SOLUZIONE SATURA DI NITRATO DI SODIO

Per ogni campione è stato effettuato un esame coprologico tramite flottazione con soluzione satura di NaNO3 (ps=1200). Una quantità pari a circa 2 grammi di feci viene

messa in un colino a maglie strette posto sopra ad un mortaio e vi si addiziona la soluzione di nitrato di sodio. Quindi si stempera con una bacchetta di vetro in modo tale da ottenere una soluzione quanto più possibile omogenea e in modo tale che nel colino rimangano le impurità più grossolane.

Si versa il filtrato in una provetta di vetro della capacità di 15 ml riempiendola fino a formare un menisco convesso, facendo attenzione a non sversare il composto. Poniamo sopra il menisco un vetrino copri-oggetto e attendiamo circa dieci minuti affinché l’eventuale materiale parassitario presente possa aderire al vetrino.

Trascorso il tempo necessario, il vetrino viene posto su un vetrino porta-oggetto, pronto per l’osservazione al microscopio.

E’ importante che la velocità di esecuzione sia quella corretta affinché le uova o le oocisti abbiano modo di risalire ma senza lasciar trascorrere troppo tempo, perché una soluzione a così alta concentrazione salina andrebbe incontro a fenomeni di cristallizzazione, che inevitabilmente comprometterebbero la buona visibilità del campione.

Il vetrino deve essere visionato subito dopo essere stato allestito, iniziando ad esaminarlo a basso ingrandimento (10x) per avere una visione d’insieme e poi a ingrandimento maggiore (40x). Il vetrino deve essere controllato nella sua totalità, senza trascurare nessuno spazio in particolare il bordo. Una volta individuato l’elemento parassitario passiamo all’ingrandimento da 100x ed eventualmente misurarlo con un oculare micrometrico.

La flottazione è una tecnica qualitativa che si basa sullo sfruttamento del peso specifico degli elementi che desideriamo isolare per separarli dal resto del materiale.

(46)

RICERCA VISIVA MACROSCOPICA DI PARASSITI

Gli intestini tenui, individualmente congelati ed etichettati, dopo preventivo scongelamento sono stati analizzati per la ricerca di eventuale materiale parassitario al loro interno.

In sala necroscopie, ogni organo è stato aperto in senso longitudinale e ne è stato esaminato il contenuto ad occhio nudo.

DIAGNOSTICA SIEROLOGICA : MAT- MODIFIED AGGLUTINATION TEST

Abbiamo saggiato i campioni di siero delle stagioni venatorie 2012 e 2013 per la presenza di IgG contro T. gondii, con la metodica MAT, usando un kit commerciale (TOXO SCREEN DA®, bioMérieux, Lyon, France) con tachizoiti interi fissati in formalina, come antigene.

L’aggiunta di 2-beta-mercaptoetanolo permette la denaturazione delle IgM per cui rimarranno solamente le IgG. All’aggiunta dell’antigene, dopo incubazione, nei sieri positivi si assisterà ad un fenomeno di agglutinazione, in quanto gli anticorpi antitoxoplasma sono agglutinanti.

- Si procede con una prima diluizione 1:5 dei sieri in esame con tampone PBS: si usa una pipetta monocanale per mettere 10µl di siero da testare con 40 µl di tampone PBS in una piastra multi pozzetto;

- Si aggiungono 50µl di 2-beta-mercaptoetanolo, così da poter permettere la denaturazione delle IgM ed arrivare ad una diluizione del siero di 1:10;

- Si prelevano 50µl del composto (siero + tampone PBS + 2-beta-mercaptoetanolo) e vi si aggiungono 50µl di antigene;

Riferimenti

Documenti correlati

La ricerca è stata condotta in un allevamento di pecore di razza Massese, allo scopo di valutare i coefficienti di ereditabilità e ripetibilità dei principali caratteri

L'interprétation structurelle dans laquelle s'inscrivent l'approche territorialiste et le plan  paysager  de  la  Toscane,  qui  en  est  une  application,  analyse 

In Allegato 1, che non è parte integrante di queste LGO, si riportano esempi di istruzioni per la rac- colta delle feci per l’esame coproparassitologico, per l’esecuzione dello

Nel gruppo dei bambini le associazioni tra 2 o più parassiti sono state osservate in 7 casi su 30 (23.3%); nel gruppo degli adulti tali associazioni sono state osservate in 23 su

Le motivazioni a tale ed iniziale studio parassito- logico (peraltro inserito in uno ben più ampio, coinvolgente la tutela della popolazione immigra- ta, soprattutto femminile, sia

 While  the   former  presents  a  rebellious  artist,  Jocelyn,  a  Romantic  hero  capable  of   attempting  suicide  because  of  his  artistic  ideals,  the

Gli ultimi due Item del questionario mostrano con chiarezza qual è il bisogno formativo dei docenti in ambito di Information Literacy. Figura 4.11), si nota che la maggior parte

In conclusione va precisato che mentre per i laboratori di I livello quanto indicato in tabella 48 è da considerarsi il minimo che deve essere garantito per una corretta