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Studio clinico pilota sul monitoraggio termico, di ph e metalloproteasi sulla superficie di ulcere venose croniche, ulcere del piede diabetico e cute perilesionale attraverso un sistema di sensori biomedicali

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

“STUDIO CLINICO PILOTA SUL MONITORAGGIO TERMICO,

DI pH E METALLOPROTEASI DELLA SUPERFICIE DI ULCERE VENOSE

CRONICHE, ULCERE DEL PIEDE DIABETICO E CUTE PERILESIONALE

ATTRAVERSO UN SISTEMA DI SENSORI BIOMEDICALI”

RELATORE Chiar.mo Prof. Marco Romanelli CANDIDATO

Marta Codini

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2 RIASSUNTO DELLA TESI

SWAN iCare è un dispositivo medico in grado di monitorare il paziente in tempo reale e a distanza da parte dell'équipe medica. Questo dispositivo rappresenta il primo importante progetto di ricerca europeo e vede coinvolti dieci partner europei insieme all’ Università di Pisa.

SWAN iCare consentirà ai medici di fornire una terapia personalizzata, in modo da ridurre drasticamente le complicanze quali infezioni o amputazioni e soprattutto migliorerà la qualità della vita del paziente, determinando una riduzione dei costi di gestione delle ferite.

L'obiettivo di questo ambizioso progetto è lo sviluppo di nanosensori che saranno introdotti nei dispositivi a pressione negativa; questi ultimi infatti sono comunemente utilizzati per stimolare il processo di guarigione attraverso l'applicazione di una pressione sub-atmosferica controllata sul letto della lesione.

L'uso di SWAN iCare, device a pressione negativa a diretto contatto con la ferita, favorirà il processo fisiologico di guarigione grazie al rilascio continuo di composti bioattivi come collagene, nanolipidi e inibitori delle metalloproteinasi. Inoltre, SWAN iCare fornirà un ambiente umido, ideale per la corretta guarigione delle ferite; ridurrà la carica batterica, prevendendo possibili infezioni microbiche; promuoverà il flusso sanguigno localizzato, il processo di granulazione e la riepitelizzazione.

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Sommario

Sommario ... 3

Introduzione... 4

La riparazione tessutale cutanea ... 4

La carica batterica ... 6

Il monitoraggio delle ulcere cutanee... 8

I costi sociali della gestione delle ulcere ... 9

Le ulcere venose ... 11

Le ulcere del piede diabetico ... 12

Studio Sperimentale ... 14

Introduzione ... 14

Obiettivo primario ... 15

Obiettivo secondario ... 15

Disegno dello studio ... 15

Risultati ... 24

Discussione ... 29

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Introduzione

Le ulcere cutanee croniche con maggiore incidenza includono le ulcere vascolari artero venose degli arti inferiori, le ulcere da pressione, e le ulcere del piede diabetico.

Le ulcere venose croniche degli arti inferiori rappresentano un dilemma clinico ed un problema socioeconomico. Esse sono frequentemente associate a patologie concomitanti, dolore e riduzione della qualità della vita dei pazienti affetti. Circa il 60 % dei soggetti con ulcere venose croniche ha vissuto l’esperienza dolore riferita alle lesioni ulcerative, dolore che può essere costante o intermittente e può determinare fenomeni depressivi e sensazione di costante stanchezza ed infine interferire con il processo di riparazione tessutale. Questo tipo di paziente può avere ulcere caratterizzate da essudazione severa e maleodorante.

Il cattivo odore rappresenta una stigmate sociale e contribuisce al deterioramento psicologico di questi pazienti. Le ulcere venose croniche rappresentano inoltre un ambiente ideale per la proliferazione batterica con conseguente colonizzazione/infezione della ferita soprattutto in soggetti immunocompromessi. La gestione di questi problemi richiede tempo e risorse economiche notevoli in termini di costo dei trattamenti

(medicazioni, bendaggi e terapie aggiuntive) e del personale infermieristico.

Circa l’1-2% dell’intera popolazione ed il 3-5% delle persone con più di 65 anni saranno affette da ulcere degli arti inferiori nel corso della loro vita. Nella popolazione occidentale dove l’età media sta sensibilmente aumentando, l’impatto del problema ulcere venose croniche degli arti inferiori sul sistema sanitario sta proporzionalmente diventando sempre più importante. Si rende quindi necessaria l’ottimizzazione del rapporto costo efficacia dei presidi terapeutici.

La riparazione tessutale cutanea

Negli anni sessanta George Winter pubblicò un articolo nel quale dimostrò che, al contrario di quello che si pensava a quel tempo a proposito della riparazione tessutale in ambiente secco, le ulcere guariscono più velocemente in ambiente umido (1). Da quel momento l’uso di garze e bendaggi fu sostituito da medicazioni avanzate come schiume ed idrofibre che

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5 sono in grado di interagire con il letto della ferita. L’utilizzo di queste medicazioni associato a quello che è il “gold standard” della terapia delle ulcere venose croniche, vale a dire l’elastocompressione, è generalmente efficace per la gestione di questo tipo di ferite, sebbene il 20% delle lesioni non esiti nella guarigione nonostante la terapia appena descritta.

La ragione della mancata risposta alla terapia delle ulcere “hard-to-heal” non è stata ancora completamente spiegata, sebbene ricerche cliniche e scientifiche mostrino come questo tipo di lesioni si arresti in una fase infiammatoria prolungata del processo di riparazione tessutale invece di progredire attraverso le quattro fasi classiche che sono: emostasi, infiammazione, proliferazione e rimodellamento.

Il processo di riparazione tessutale è complesso e determinato dall’interazione di numerose cellule (neutrofili, linfociti, macrofagi e fibroblasti), mediatori (citochine, fattori di crescita) e componenti della matrice extracellulare (ECM) (fibronectina, fibrina, collagene, elastina, proteoglicani e glucosamminoglicani), proteasi e relativi inibitori (metalloproteasi MMPs e inibitori delle metalloproteasi TIMPs) (2). Nella fase precoce del processo di riparazione tessutale si ha la sintesi e deposizione di proteine della ECM come fibrina e fibronectina ed una serie di proteine della matrice che vengono espresse in modo transitorio durante la riparazione tessutale come galantine, osteopontina, SPARC, sindecani, tenascina, trombospondina e vitronectina. Tutte queste proteine formano una matrice provvisoria che ha la funzione di guidare la proliferazione, la differenziazione cellulare e la sintesi di nuova ECM in modo da facilitare le fasi di proliferazione e rimodellamento del processo di riparazione tessutale (3).

In numerose ferite croniche il normale processo di riparazione tessutale è compromesso dall’intenso danneggiamento tissutale associato ad uno squilibrio biochimico e cellulare, o da uno stato patologico sottostante (e.s. insufficienza venosa). Per esempio, nel caso di ulcere venose croniche hard-to-heal, l’ipertensione venosa è responsabile di alterazioni microcircolatorie che non fanno altro che amplificare la cascata infiammatoria con livelli elevati persistenti di citochine proinfiammatorie e proteasi che degradano i componenti della ECM, fattori di crescita e recettori essenziali per la riparazione tessutale.

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6 Su queste basi appare chiara la necessità di intervenire, a livello delle ulcere venose croniche, nella direzione di far progredire queste ferite, bloccate nella fase infiammatoria, verso la successiva fase proliferativa del processo di riparazione tessutale.

La carica batterica

Le ulcere croniche sono caratterizzate da un anomalo rimodellamento della matrice extracellulare, da un difetto di riepitelizzazione e da un prolungato stato infiammatorio. I microrganismi sono presenti su tutte le ulcere croniche, sebbene possano variare il numero, la virulenza e la specie (4). La carica batterica in una ulcera cronica può essere divisa in distinte categorie prevalentemente basate sull’ induzione della risposta dell’ospite (5).

Contaminazione: presenza di microrganismi che non sono in fase attiva di replicazione. La maggior parte dei microrganismi sono incapaci di replicarsi a causa dell’ambiente ostile nei tessuti molli dell’ospite.

Colonizzazione: presenza di microrganismi che si replicano senza danno all’ospite oppure con ritardo del processo di guarigione. I batteri possono rilasciare metalloproteinasi (MMP) e altri mediatori proinfiammatori che ostacolano il processo di guarigione. I microrganismi possono inoltre stimolare l’angiogenesi determinando la produzione di una matrice anomala di colore rosso brillante.

Infezione: i microrganismi in attiva replicazione invadono i tessuti profondi e i loro prodotti sono tali da superare le difese immunitarie dell’ospite. Con l’aumento della carica batterica la ferita da colonizzata diviene infetta e questo non è correlato necessariamente all’invasione massiva dei tessuti ma è sufficiente per inibire il processo di guarigione.

I segni e sintomi di infezione sono: eritema della cute perilesionale, febbre, calore, edema, dolore, cattivo odore ed essudato purulento (6). In una ferita cronica, la continua presenza di microrganismi virulenti porta a una risposta infiammatoria intensa e continua che contribuisce al danno dell’ospite. Trombosi localizzate e rilascio di metabolici vasocostrittori,

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7 con ipossia tessutale, incrementano l’ulteriore proliferazione batterica e la distruzione tessutale.

Sebbene la diagnosi di infezione di un’ulcera è difficile una comune caratteristica è il fallimento del processo di riparazione o il progressivo deterioramento della stessa.

L’esame quantitativo dei batteri attraverso la biopsia cutanea permette di valutare l’entità del danno tessutale e dell’infezione (7).Studi sperimentali hanno dimostrato che una carica batterica di 1 x 105 microrganismi per grammo di tessuto è il valore oltre il quale si blocca la

guarigione indipendentemente dal tipo di microrganismo. In un‘ulcera cronica le specie patogene presenti possono essere più importanti del numero di microrganismi. Infatti lo Streptococcus β-emolitico induce un danno significativo già a valori di 10²- 10³ unità formanti colonia (UFC) per grammo di tessuto, mentre ferite con più di 106 UFC di differenti specie

batteriche possono guarire senza difficoltà (8). La flora microbica di un’ulcera varia nel tempo. Nelle ulcere acute predominano i microrganismi della flora cutanea gram-positivi; dopo circa quattro settimane, si riscontrano gli anaerobi facoltativi gram-negativi a bastoncello come E. Coli, Proteus, Klebsiella species. Nella fase di approfondimento della lesione si può associare una flora anaerobica (9). Persistendo il danno tessutale,in ulcere di diversi mesi si possono evidenziare da quattro a cinque ceppi patogeni compresi aerobi gram-negativi bastoncellari come lo Pseudomonas species, Acinetobacter species e Stenotrophomonas maltophilia. Questi microrganismi possono derivare da sorgenti esogene come l’acqua e le calzature. Essi possono portare all’invasione dei tessuti molli senza una importante compromissione dell’ospite(10)(11).

Recentemente il biofilm ha assunto un ruolo sempre più importante nella patogenesi dell’ulcera infetta (12). I batteri che proliferano nelle ferite formano microcolonie sul letto della ferita e secernono un glicocalice, o un altro tipo di matrice extracellulare, che permette loro di sviluppare un’esistenza adesa al letto dell’ulcera (13).

In queste comunità microbiche, chiamate “biofilm”, i microrganismi mostrano una aumentata resistenza alle difese immunitarie dell’ospite e alla terapia antibiotica e agli antisettici (14). Quasi tutte le specie batteriche formano biofilm in vivo e questo rappresenta un problema dal punto di vista terapeutico in molte se non tutte le infezioni batteriche (15). La formazione di biofilm è stata associata all’emergenza di varietà di patogeni opportunisti come Staphylococcus epidermidis, Pseudomonas aeruginosa che contribuiscono allo

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8 sviluppo di infezioni persistenti in seguito al cambiamento dei parametri ambientali (16). Nonostante le recenti scoperte nell’identificazione della microflora delle ulcere croniche è evidente che la rilevanza clinica risiede nella particolare struttura della comunità batterica e non nella presenza di determinate specie. Studi sperimentali sono focalizzati sul determinare in vitro l’attitudine dei ceppi batterici a formare i biofilm (17). Queste misurazioni sono in accordo con la presenza genica di particolari determinanti di virulenza. E’ recente, inoltre, l’osservazione in vivo dei biofilm utilizzando il microscopio a laser confocale (18).

Il monitoraggio delle ulcere cutanee

In attesa di ottenere informazioni dal punto di vista biochimico e fisico sul letto della ferita e cute perilesionale, i più recenti studi sono focalizzati sullo sviluppo di tecniche di misurazione invasive e non invasive (19). L’uso di strumenti che permetta di rilevare parametri cutanei utili nella gestione delle ulcere cutanee è in fase di sviluppo e sia medici che infermieri si affidano tuttora esclusivamente ad un attento esame clinico. L’osservazione delle lesioni cutanee e della loro evoluzione nel tempo è affidata all’esperienza del personale sanitario che non può usufruire di strumenti efficaci per raccogliere dati oggettivi. Il monitoraggio delle ferite acute e croniche attraverso l’uso di tecniche di misurazione deve essere oggettivo, esatto e riproducibile (20). Infatti, queste tecniche di misurazione hanno ricevuto un’attenzione costante sia nella pratica clinica che nell’attività di ricerca nell’ambito delle tre principali aree di interesse delle ulcere cutanee: ulcere vascolari, ulcere del piede diabetico e ulcere da pressione. Parlando di ulcere cutanee ci riferiamo ad un difetto della superficie cutanea (21).

E’ generalmente riconosciuto che una corretta e completa conoscenza dell’entità del danno tessutale deriva dall’analisi di due distinti gruppi di parametri: parametri dimensionali e parametri cromatici (22). Recentemente nella gestione delle ulcere croniche è stato introdotto il concetto di “wound bed preparation” in accordo con parametri clinici (23). Questa nuova concezione rappresenta un approccio olistico che ha lo scopo di acquisire informazioni cliniche, microbiologiche e cellulari nell’ambito delle ferite cutanee. Per monitorare i diversi aspetti della “wound bed preparation” numerose tecniche strumentali vengono attualmente studiate allo scopo di ottenere un’analisi più attenta e oggettiva del

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9 processo di riparazione tessutale (24). Il vantaggio di questo nuovo approccio scientifico è la possibilità di studiare la cute in vivo e in tempo reale.

I più significativi parametri fisici utilizzati per il monitoraggio delle ferite croniche sono: area e volume, colore (25), pH (26), temperatura (27), analisi dell’essudato, odore, dolore e perfusione tessutale (28). La valutazione oggettiva delle ferite croniche assumerà un ruolo fondamentale nell’ambito della gestione delle ulcere cutanee e, affiancandosi all’esame clinico del medico, fornirà nuovi strumenti di comprensione al fine di promuovere il processo di riparazione tessutale.

I costi sociali della gestione delle ulcere

In materia di farmaco economia, il primo requisito per valutare il costo di una malattia è la disponibilità di accurati dati epidemiologici. Purtroppo finora la mancanza di dati univoci e specifici della realtà italiana non ha consentito di ottenere una stima sufficientemente precisa del peso economico delle lesioni cutanee croniche all’interno della spesa sanitaria nazionale. Negli Stati Uniti si calcola che il costo per la cura delle ulcere cutanee, riferito alle spese assistenziali necessarie per ogni singolo paziente, vari tra 5000 e 50.000 dollari. Tale costo è ritenuto essere circa 2,5 volte superiore a quello necessario per prevenire tale patologia nei pazienti a rischio.

In Italia nel 1996 gli episodi di ricovero in cui l’assistenza è stata prevalentemente orientata al trattamento di ulcerazioni cutanee sono risultati 11.113, per i quali sono stati spesi 93 miliardi delle vecchie lire, con l’erogazione di 185.329 giornate di degenza (Ministero della Sanità, 1997). Sicuramente questi dati sottostimano ampiamente la situazione reale, in quanto il sistema di rilevazione basato sui raggruppamenti omogenei di diagnosi (DRG) non consente di identificare i casi in cui le lesioni cutanee sono state trattate nell’ambito di un ricovero avvenuto per una diagnosi principale diversa (es.: diabete mellito con complicanze vascolari). Le statistiche disponibili secondo DRG permettono infatti di attribuire alle ulcere cutanee esclusivamente gli episodi di ricovero prevalentemente orientati alla cura di questa patologia, che rappresentano solo una minoranza dei casi di ferite croniche trattate in ospedale.

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10 Un’indagine condotta in Italia ha evidenziato come i costi assistenziali annui sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale per diagnosi, ricovero e terapia dei circa 30.000 pazienti affetti da piede diabetico superino i 330 miliardi di lire. Nel regno Unito le lesioni da piede diabetico sono risultate responsabili di 1,25 milioni di giorni di ricovero all’anno, con un costo complessivo equivalente a 527 miliardi delle nostre vecchie lire. Uno studio svedese sul costo di trattamento del piede diabetico ha messo in evidenza la dipendenza delle spese dalla gravità delle ulcerazioni.

Esso infatti è risultato mediamente pari (su base annua e riportato a prezzi del 1990) a circa 8 milioni di lire per le ulcere superficiali, a 27 milioni di lire per le ulcere profonde e a circa 100 milioni di lire nel caso di pazienti con gangrena o che hanno subito amputazione. Per quanto riguarda le ulcere da decubito, il costo annuo per il trattamento nel regno Unito è stato stimato pari a 300 milioni di sterline. Negli Stati Uniti, dove circa 1 milione di individui all’anno sviluppa una lesione da pressione, i costi di trattamento sono risultati superiori a 6,5 miliardi di dollari.

In tutte queste situazioni, è dimostrato come l’evoluzione dell’ulcera influisca significativamente sulla prognosi del paziente, condizionando in modo sostanziale non solo la sua possibilità di recupero funzionale e quindi la qualità di vita, ma anche la sua stessa sopravvivenza. Il fenomeno nel suo insieme rappresenta quindi un problema di salute pubblica con un impatto rilevante in termini di risorse assistenziali assorbite, se si considera che queste lesioni, proprio per la difficoltà di guarigione e l’elevata tendenza a recidivare che le caratterizza, richiedono cure prolungate e ospedalizzazioni frequenti.

In considerazione del progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento previsto degli ultra sessantacinquenni è del 25-30% entro il 2020, anche il numero delle ferite croniche è destinato ad aumentare. Le lesioni cutanee croniche sono pertanto destinate a diventare un problema sempre più importante. Uno studio condotto negli Stati Uniti considera questo tipo di lesioni cutanee la causa della perdita di circa 2 milioni di giornate lavorative ogni anno e uno dei fattori determinanti nell’abbandono definitivo del lavoro. Tutto ciò impone, accanto a un’immediata attivazione di risorse e di personale,

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11 l’individuazione di strategie di gestione standardizzate che ottimizzino i mezzi terapeutici attualmente disponibili consentendo di ottenere una riduzione dei tempi di guarigione e di quelli complessivi di ospedalizzazione.

Le ulcere venose

Le ulcere venose della gamba (VLUs) costituiscono un grave dilemma clinico e un onere economico sui servizi sanitari. Sono frequentemente associati a morbosità, dolore e diminuzione della qualità della vita nei pazienti affetti. I pazienti possono avere ulcere altamente essudanti che potrebbero portare a malformazioni, ferite e allo stigma sociale associato, con conseguenti ulteriori effetti psicologici dannosi. Le VLUs forniscono anche un ambiente ideale per la crescita di batteri patogeni, con colonizzazione / infezione della ferita prevalente nei pazienti immunocompromessi.

La gestione di questi problemi richiede tempo e costi. Le VLUs sono associate a costi di trattamento significativi (bendaggi e terapie aggiuntive e risorsa infermieristica). Circa il 1 - 2% dell'intera popolazione e il 3-5% della popolazione oltre 65 anni soffrirà di un'ulcera della gamba durante la loro vita. Tuttavia, in una tipica popolazione occidentale dove l'età media sta aumentando costantemente, l'onere posto sull'economia sanitaria da VLU sembra aumentare proporzionalmente. È quindi vitale il trattamento efficace delle VLUs.

Tuttavia, in molte ferite croniche, il normale processo di guarigione viene interrotto da un vasto danno tissutale accompagnato da squilibri biochimici e cellulari o da uno stato patologico sottostante (ad esempio insufficienza venosa) che può compromettere o addirittura prevenire la guarigione (29). Ad esempio, nel caso di VLU difficili da guarire, l'ipertensione venosa causa alterazioni microcircolatorie e alterazioni patologiche ai capillari, che bloccano in ultima analisi la condizione in una cascata di autoamplificazione con livelli persistenti elevati di citochine e proteasi proinfiammatorie che sembrano degradare i componenti ECM, fattori di crescita e recettori essenziali per la guarigione (30).

L'ECM è una componente vitale del processo di guarigione; molecole di ECM intatte o frammentate svolgono un ruolo centrale nel modulare le cellule attraverso la trasduzione di una varietà di meccanismi di segnalazione. Inoltre, l'ECM svolge un ruolo in angiogenesi,

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12 reclutamento delle cellule progenitrici circolanti, degradazione rapida dello scaffold e rimodellamento costruttivo di tessuti danneggiati o mancanti. Negli studi che indagano i meccanismi che portano all'ulcera venosa della gamba, è stato dimostrato che i processi di degradazione ECM intrinseci, prevalenti in questo stato di malattia, sono causati dalla famiglia di enzimi MMP.

In particolare, è stato dimostrato che la fibronectina è assente nella base di ulcere non curative, anche se i fibroblasti in tali ferite sintetizzano normalmente la fibronectina. Si ipotizza pertanto che i livelli ridotti di fibronectina nelle ulcere non curative sono dovute all'eccessiva degradazione della fibronectina da parte delle proteasi nelle ulcere, piuttosto che alla ridotta sintesi. Su questa base, c'è una chiara necessità di interventi nuovi e avanzati che possono interagire con VLU difficili da guarire che sono bloccati nella fase infiammatoria del processo di guarigione e li avanzano alla fase proliferativa successiva del processo. Un focus specifico dell'attenzione per lo sviluppo di terapie avanzate di ferite dovrebbe essere l'ECM, sia indurre la sua sintesi attraverso fattori di crescita, sia prevenire il danno con le proteine sacrifiche o sostituirlo con proteine ECM autologhe / omologhe o loro simili. Un meccanismo con cui questo può essere raggiunto è quello di fornire ulcere difficili da guarire con surrogati di ECM e prodotti di ingegneria tessutale che, anche se non omologhe alle ECM del paziente, forniranno strutture transitorie che consentono l'adesione cellulare e facilitano la rigenerazione dei tessuti avanzando le ferite verso la fase proliferativa del processo di guarigione (31)(32).

Le ulcere del piede diabetico

Le ulcere del piede diabetico (DFU) rappresentano un grave problema di sanità pubblica in quanto sono la prima causa di amputazioni non traumatiche nei paesi sviluppati. La lancetta nel 2005 intitolava che "ogni 30 secondi, un arto inferiore si perde da qualche parte nel mondo come conseguenza del diabete". L'incidenza del diabete sta crescendo a tassi esponenziali in tutti i paesi del mondo, con un'incidenza prevista del 6% della popolazione mondiale nel 2025. Poiché la prevalenza di DFU è stimata tra il 3 e il 7% e come il ritardo per la completa guarigione della ferita è spesso lungo (da 3 a 6 mesi), si può capire facilmente

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13 perché è così cruciale trovare rapidamente nuovi approcci per trattare le ulcere in modo più efficiente.

Meccanismi di queste ulcere sono la congiunzione di neuropatia diabetica, malattia arteriosa periferica e infezione, che precede la metà delle amputazioni. Ridurre il numero di DFU implica migliorare la prevenzione tra i milioni di pazienti diabetici in tutto il mondo. Comunque, una volta che l'ulcera si verifica, la sequenza terapeutica non è molto migliorata da 20 anni ad oggi: caricamento dell'ulcera, detersione regolare da un'infermiera sperimentata, trattamento ottimale del diabete, cura di un'arteriopatia o di un'infezione, se necessario. In alcuni casi, l'uso della terapia a pressione negativa della ferita è efficace nel promuovere la guarigione delle ferite rispetto al solito trattamento. Ma il dispositivo è ingombrante e il trattamento è stato avviato negli ospedali.

Da qualche anno, la fisiopatologia del DFU è meglio chiarita ed è vicino alla maggior parte delle ulcere croniche, quindi alle ulcere venose della gamba. Il rimodellamento della matrice extra-cellulare (ECM) avviene in vari processi fisiologici come la guarigione cutanea. La sintesi e la distruzione del ECM sono strettamente regolamentate e le metalloproteinasi della matrice sono le principali proteasi familiari implicate in questo regolamento. Un disturbo nella sintesi di MMP è stato dimostrato in diversi processi patologici caratterizzati da disorganizzazione del ECM, come ferite croniche. È ora accertato che le ferite croniche sono associate ad una fase infiammatoria esagerata, caratterizzata da un eccesso di MMP proteolitiche e da una diminuzione di diversi fattori di crescita, invece di passare alla fase successiva di guarigione delle ferite, cioè la proliferazione. Pertanto, un approccio innovativo nella guarigione delle ferite è quello di portare nel letto della ferita un inibitore e/o fattori di crescita per le MMP. Conoscendo il ritardo medio della guarigione delle ferite (circa 12 settimane per un DFU neuropatico), pensiamo che la frequenza di misura dei parametri clinici che indichi l'infiammazione o l'infezione dovrebbe essere quotidiana, poiché le infezioni sono frequenti e possono diffondersi rapidamente. I marcatori biologici per l'infiammazione o l'infezione saranno misurati anche giornalmente, per consentire di rilevare l'infezione prima dell'esame clinico, consentendo un trattamento rapido in seguito. I marcatori biologici potrebbero anche aiutare il medico durante la seconda linea di terapia: consegna di fattori di crescita o MMP-inibitori. Le misure quotidiane della superficie della ferita sono cruciali per l'intera valutazione del paziente, in quanto è un modo semplice ma obiettivo per valutare il progresso della guarigione delle ferite.

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Studio Sperimentale

Introduzione

SWAN-iCare è un progetto ambizioso finalizzato allo sviluppo di un dispositivo autonomo integrato per il monitoraggio e la gestione personalizzata delle ferite croniche, principalmente ulcere del piede diabetico e ulcere venose della gamba. La maggior parte delle ulcere del piede e delle gambe sono causate da diabete e dai problemi vascolari, ma un notevole numero di essi è anche dovuto all'influenza di co-morbidità di molte altre malattie (ad esempio malattie renali, insufficienza cardiaca congestizia, pressione alta, malattia infiammatoria). Il nucleo del progetto è la realizzazione di un dispositivo di pressione negativa concepito in modo concettuale e dotato di tecnologie di comunicazione delle informazioni. Tale dispositivo consentirà agli utenti di:

• monitorare accuratamente molti parametri della ferita tramite micro-sensori integrati non invasivi

• identificare le infezioni in anticipo

SWAN-iCare è un approccio innovativo e si concentra sulla fornitura di una pionieristica terapia a due linee al domicilio: una prima linea basata su un dispositivo a pressione negativa e una seconda linea basata sui microsensori integrati.

L'analisi del medico dei dati raccolti costituirà la base per la decisione e il controllo remoto della terapia. L'approccio a ciclo chiuso offerto dal progetto SWAN-iCare fornisce livelli di cura senza precedenti, migliora la salute del paziente e riduce notevolmente i costi e la necessità di ospedalizzazione con evidenti vantaggi sia per i pazienti che per i servizi sanitari.

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15 Obiettivo primario

L'obiettivo primario di questo studio è quello di valutare il buon funzionamento, l'affidabilità e la sicurezza del dispositivo Swan-iCare in pazienti con ulcere croniche (venose e diabetiche) degli arti inferiori.

Obiettivo secondario

L’obiettivo secondario è quello di effettuare una valutazione preliminare della tollerabilità del dispositivo.

Disegno dello studio

Lo studio pilota, monocentrico, non controllato, arruolerà pazienti in regime ambulatoriale di entrambi i sessi, affetti da ulcere venose o ulcere diabetiche, persistenti da una settimana. Visite di controllo saranno programmate ogni due-tre giorni, con la possibilità di effettuare ulteriori controlli in una più stretta finestra temporale, se necessari.

Lo scopo della visita iniziale sarà quello di illustrare ai pazienti i principi di funzionamento del dispositivo e di effettuare l’applicazione dello stesso.

Durante le visite successive verrà valutato lo stato della ferita, verranno indagati eventuali effetti collaterali e la tollerabilità dello strumento, la medicazione verrà rimossa e sostituita con una nuova medicazione, verranno valutati il letto della ferita e la cute perilesionale, i sensori verranno esaminati e controllati, verrà infine analizzato il funzionamento generale del dispositivo.

Durante l’ultima visita il dispositivo verrà definitivamente rimosso.

Valutazione di efficacia e sicurezza

Il buon funzionamento e l’affidabilità del dispositivo verranno valutati basandosi sull’acquisizione e la trasmissione dei dati durante i tempi programmati e l’accuratezza verrà comparata a quella degli strumenti medici di riferimento.

La sicurezza locale verrà valutata sulla base della comparsa di eventuali eventi avversi riportati dal paziente o registrati dal medico durante la visita.

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16 Durata del trattamento

L’applicazione della terapia a pressione negativa nella pratica clinica necessita di trattamenti prolungati (settimane o mesi). Una settimana può essere considerato un periodo di osservazione sufficiente per la valutazione della tollerabilità locale.

Dimensione del campione

Verranno analizzati 10 pazienti con ulcere venose e 5 pazienti con ulcere diabetiche. Il campione è piccolo in quanto lo studio non si presenta come trial di conferma ma come studio sperimentale.

Sicurezza

Non sono stati riportati eventi avversi significativi durante l'applicazione cronica di terapia a pressione negativa. Tuttavia, la tollerabilità locale del dispositivo sarà costantemente monitorizzata durante il periodo di osservazione. Il circuito elettrico del dispositivo è alimentato a bassissima tensione, quindi non vi è alcun problema di sicurezza da questo punto di vista. Il fallimento del funzionamento della pompa che crea il vacuum e /o del sistema di controllo non provocherà eventi avversi, sia in caso di arresto, sia in caso di maggiore attività dello strumento.

Donne in gravidanza o in allattamento non verranno arruolate nello studio.

Valutazione del rapporto rischio/beneficio

Nessun significativo evento avverso correlato all'applicazione del dispositivo o alle procedure dello studio può essere prevedibile, mentre l’applicazione della pressione negativa può comportare un miglioramento della ferita. Pertanto, il rapporto rischio/beneficio appare neutro o a favore del beneficio per i pazienti.

Criteri di inclusione • Età > 18 anni

• Diagnosi clinica e strumentale di ulcera venosa o diabetica

• Stadiazione della ferita: fase CEAP 6 (venose) - Texas Univ Scoring System (TUSS): IA (diabetiche)

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17 • Dimensioni della ferita > 2 cm2 per le ulcere diabetiche

• Ottenimento del consenso informato scritto

• Capacità di comprendere il modulo di consenso informato

• Disponibilità ad aderire alle procedure dello studio in conformità con il protocollo

Criteri di esclusione • Segni clinici di infezione

• Allergie ai materiali utilizzati nello studio

• Comorbidità che possano interagire con lo studio • Pazienti allettati

• Presenza di qualsiasi condizione medica o di altre circostanze che potrebbero diminuire in modo significativo la possibilità di ottenere dati affidabili, il raggiungimento degli obiettivi dello studio o il completamento dello stesso

• La partecipazione ad una procedura sperimentale clinica durante i 30 giorni precedenti all’arruolamento

• Storia di alcolismo o di utilizzo di droghe • Gravidanza

• Allattamento al seno

• La presenza di qualsiasi altra ragione che, secondo il parere dello sperimentatore, impedirebbe al soggetto di partecipare allo studio.

Malattie concomitanti e terapie farmacologiche

Tutte le malattie concomitanti devono essere registrate nella sezione appropriata del case record form (CRF). Tutti i farmaci concomitanti presi per qualsiasi motivo, al momento dello studio (compresi i farmaci assunti nelle 2 settimane precedenti alla visita iniziale) o assunti nel corso dello studio devono essere registrati in un’apposita sezione del CRF indicando: principio attivo (nome del marchio in caso di associazioni fisse), forma farmaceutica, dose, via di somministrazione, dosaggio giornaliero, la data di inizio e la data di fine (se registrabile).

Terapia concomitanti consentite

Eccetto quei farmaci elencati tra i farmaci non consentiti, i partecipanti potranno utilizzare qualsiasi farmaco concomitante necessario per il trattamento di patologie concomitanti

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18 preesistenti o per le malattie intercorrenti, a condizione che non interferiscano con i parametri di valutazione dello studio.

Tuttavia, si raccomanda che i farmaci concomitanti assunti per malattie di base siano stati assunti in dosi costanti per almeno 4 settimane prima dell'arruolamento e per tutta la durata dello studio.

Particolare attenzione deve essere rivolta ai farmaci OTC (over the counter-da banco). Se è necessario un analgesico, è preferibile il paracetamolo.

Terapie concomitanti non consentite

• L'uso di qualsiasi dispositivo medico o trattamento topico sul letto della ferita

Criteri di estromissione dallo studio

La partecipazione di soggetti potrebbe essere sospesa per i seguenti motivi:

• Ritiro volontario per qualsiasi motivo

• In caso di incidente, che è considerato dallo sperimentatore incompatibile con il proseguimento dello studio

• Se è necessaria la somministrazione di un prodotto che non è consentito in base ai criteri di esclusione

• Il mancato rispetto dei requisiti del protocollo o la presenza di una significativa deviazione dal protocollo

• Stato di gravidanza

• Paziente non pervenuto alle visite di follow-up • Morte del soggetto

• Per valutazioni dello sperimentatore (il motivo deve essere specificato)

In qualsiasi momento, lo studio potrà essere interrotto se i nuovi dati tossicologici, le caratteristiche tecnologiche o il sopraggiungere di incidenti gravi renderanno sfavorevole il rapporto rischio/beneficio.

(19)

19 Lo studio potrà essere inoltre terminato prematuramente per le seguenti ragioni:

• Mancato arruolamento dei pazienti • Gravi violazioni del protocollo • Dati inesatti o incompleti

• Interruzione dello sviluppo del prodotto

• Atre ragione ritenute importanti, non nominate sopra

Wound Bed Score

Tutti i pazienti sono stati valutati con un sistema validato in letteratura per il monitoraggio delle ulcere cutanee croniche denominato Wound Bed Score. La tabella di seguito riporta i criteri di analisi di questo score:

Schema delle visite di monitoraggio

VISITA 1 (giorno 1, screening e arruolamento)

Le seguenti procedure e valutazioni saranno effettuate alla visita 0 (al giorno 0):

• Firma del modulo di consenso informato

• Registrazione di anamnesi patologica remota, comorbidità e trattamenti concomitanti

• Registrazione di caratteristiche fisiche e demografiche (sesso, data di nascita, peso, altezza, razza)

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20 • Esame obiettivo e registrazione di patologie concomitanti

• Registrazione dei parametri vitali (pressione arteriosa sistolica e diastolica, frequenza cardiaca)

• Valutazione dei parametri fisici soggettivi dalla lesione: 3 sintomi principali saranno valutati (dolore, bruciore, prurito) con un sistema quantitativo di assegnazione di un punteggio (0 = sintomo assente; 1 = sintomo lieve: il sintomo è presente ma non è continuo; 2 = sintomo moderato: il sintomo è continuo; 3 = il sintomo è grave: sintomo è continuo e di alta intensità

• Valutazione clinica attraverso il Wound Bed Score (Falanga 2006), misurazione di pH a livello del letto di ferita e misurazioni della temperatura a livello del letto della ferita e la cute perilesionale, misurazione dei livelli di MMP nell’essudato.

• Applicazione del dispositivo nel corso della prima visita e spiegazione al paziente riguardo al funzionamento del medesimo e alla presenza dei segnali di allerta. (Figura 1 a, b, c, d)

VISITA 2 (giorno 3 ± 1)

Alla visita di controllo dopo 3 giorni (± 1) di trattamento (Visita 2) verranno eseguite le seguenti procedure e verranno registrati i dati relativi:

• Cambio di medicazione

• Registrazione di qualsiasi modifica riguardante i trattamenti concomitanti

• Registrazione dei parametri vitali fisici (pressione arteriosa sistolica e diastolica, frequenza cardiaca);

• Valutazione di sintomi soggettivi e oggettivi

• Valutazione dell’aderenza alla terapia

• Valutazione del Wound Bed Score

• Misurazioni del pH a livello del letto di ferita e della temperatura a livello del letto della ferita e della cute perilesionale, la concentrazione di MMP a livello dell’essudato

• Registrazione di eventuali effetti collaterali

• Valutazione generale del paziente circa la praticità, il comfort di utilizzo ed il traumatismo relativo al dispositivo (ottimo, buono, scarso)

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21 VISITA 3 (giorno 7 ± 2)

Alla visita finale, dopo 7 giorni (± 2) di trattamento (Visita 3) verranno eseguite le seguenti procedure e verranno registrati i dati relativi:

• Rimozione del dispositivo e valutazione dell’aderenza al trattamento

• Registrazione di qualsiasi modifica riguardante i trattamenti concomitanti

• Registrazione dei parametri vitali fisici (pressione arteriosa sistolica e diastolica, frequenza cardiaca);

• Valutazione di sintomi soggettivi e oggettivi

• Valutazione dell’aderenza alla terapia

• Valutazione del Wound Bed Score

• Misurazioni del pH a livello del letto di ferita e della temperatura a livello del letto della ferita e della cute perilesionale, la concentrazione di MMP a livello dell’essudato

• Registrazione di eventuali effetti collaterali

• Valutazione globale (miglioramento, stabilità, peggioramento) della lesione da parte del personale medico

• Valutazione generale del paziente circa la praticità, il comfort di utilizzo ed il traumatismo relativo al dispositivo (ottimo, buono, scarso)

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22 Figure 1: a, b, c, d: applicazione sensori, pressione negativa e bendaggio su ulcera venosa

a

b

c

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23 Figure 2: a, b, c, d, applicazione sensori, pressione negativa e bendaggio su ulcera piede diabetico

a

b

c

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24 Risultati

Caratteristiche dei pazienti con ulcere venose • 8 pazienti : 7 donne e 1 uomo

• Età variabile da 57 a 82 anni (età media: 68.6 aa)

• Comorbidità: ipertensione (n=3), diabete (n=2), dislipidaemia (n=1), fibromialgia (n=1), gozzo multinodulare (n=1), ipotiroidismo (n=1), scompenso cardiaco (n=1) • 6 pazienti con ulcera singola e 2 pazienti con 2 ulcere in differenti aree

• La durata media delle ulcere era 3.2 anni (media 3 mesi -12 anni) • Le dimensioni delle ulcere era di 52.8 cm2 (media 14-112,2 cm2)

• Sede: arti inferiori

Wound Bed Score

• Alla ultima visita il WBS è risultato migliore in 8 ulcere rispetto alla prima visita e in 2 ulcere è rimasto stabile.

• Il miglioramento maggiore del WBS è stato alla seconda visita (n=8).

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25 Tabella 3: valutazione dolore, sensazione bruciore, prurito su ulcere venose

Tabella 4: valutazione wound bed score su piede diabetico

La Figura 3 mostra uno dei dispositivi realizzati presso l’Università di Pisa per la misura di temperatura e pH. Su un sottile foglio di polietilene tereftatalato (PET) sono stati stampati per serigrafia delle piste conduttrici in argento, per le connessioni elettriche e gli elettrodi per la misura del pH. Il dispositivo monta tre termistori per la misura della temperatura

T0

T1

T2

P1

12

13

14

P2

14

15

15

P3

14

14

15

P4

10

10

/

P5

12

13

13

WBS

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26 (Vishay, mod. NTCS0603E3103FMT), incollati alle piste in argento per mezzo di una colla conduttiva, due da un lato ed uno dall’altro. I due sensori situati all’estremità del dispositivo sono destinati alla lettura della temperatura del letto di ferita, mentre quello in posizione più prossima al connettore serve per misurare la temperatura della cute perilesionale. Il sensore di pH è di tipo potenziometrico, consiste cioè di un elettrodo di lavoro e di un riferimento (Figura 4) tra i quali si stabilisce una differenza di potenziale dipendente dal valore di pH del liquido in cui il sensore è immerso.

L’elettrodo di lavoro è costituito da grafite su cui viene deposto un sottile strato di ossido di grafene, mentre l’elettrodo di riferimento è in argento/argento cloruro. All’estremità del dispositivo sono presenti due sensori di pH per la misura sul letto di ferita, posti su lati opposti rispetto ai corrispondenti sensori di temperatura.

Figura 3. Dispositivo per la misura di temperatura (tre sensori) e pH (due sensori).

pH

T T (perilesionale)

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27 Figura 4. Particolare del sensore di pH. L’elettrodo di lavoro (circolare) è in grafite ricoperta da un sottile strato di grafene ossido, mentre l’elettrodo di riferimento è in argento / argento cloruro.

La biocompatibilità di tutti i materiali utilizzati per la fabbricazione dei dispositivi ed il dispositivo finale sono stati valutati in vitro per mezzo di test di citotossicità su fibroblasti embrionali umani (normativa tecnica ISO 10993-5:2009).

Dopo l’approvazione da parte del Comitato Etico e Ministero della Salute e la firma del consenso informato, i sensori sono stati testati su 10 volontari affetti da ulcere venose. I volontari hanno indossato sistema di lettura e sensori per un periodo di una settimana sotto stretto controllo medico. La sperimentazione è stata condotta presso il Centro di Sperimentazione Clinica della Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.

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28 Figura 5 Incremento del valore di pH riscontrato in occasione di un inizio di infezione.

Nell’arco di alcune ore, è stato osservato un aumento di circa 0.5 unità di pH, cui è corrisposto un altrettanto repentino incremento della temperatura (non riportato in figura). La paziente lamentava dolore ed è stato deciso di rimuovere il dispositivo di lettura e di procedere ad un’ispezione della ferita, che evidenziava i segni clinici di un inizio di infezione. La partecipazione della paziente allo studio è stata interrotta e si è proceduto alla somministrazione di terapia antibiotica.

Un altro caso interessante che evidenzia il buon funzionamento del sensore di pH è riportato in figura 6. Il letto di ferita evidenziava un pH 8 quando misurato con un elettrodo a vetro, valore che è sceso a 5 in seguito all’applicazione di ortodermina. Il sensore di pH successivamente applicato dava una lettura analoga, ma permetteva inoltre di verificare la progressiva risalita del pH del letto di ferita in seguito all’assorbimento della medicazione, che è stato poi confermato da una lettura con un elettrodo a vetro. I dati riportati evidenziano le promettenti potenzialità dei sensori nel monitoraggio remoto delle ferite croniche.

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29 Figura 6. Repentina diminuzione del pH del letto di ferita in seguito all’applicazione di crema antimicrobica, e progressivo recupero del valore iniziale in seguito all’assorbimento della pomata.

Discussione

Le ulcere cutanee croniche interessano il 3% della popolazione mondiale e sono normalmente gestite in centri ospedalieri specializzati. In caso di infezione un rapido intervento ed una terapia personalizzata potrebbero produrre migliori risultati e qualità di vita per i pazienti, ma queste azioni richiedono un monitoraggio continuo al di fuori dei centri clinici ospedalieri. In pazienti a rischio per lo sviluppo di ulcere cutanee, il monitoraggio domiciliare può essere impiegato a scopo preventivo, con particolari vantaggi in termini di costi sociali ed economici. Oggigiorno i sensori biomedicali e le tecnologie di comunicazione delle informazioni hanno mostrato il potenziale di rivoluzionare la prevenzione e la gestione delle lesioni. In particolare, sensori monouso di temperatura e pH possono risultare interessanti per monitorare la cute a rischio di sviluppo di lesioni.

Un incremento di temperatura cutanea è stato correlato con il rischio di sviluppo di ulcere da pressione o del piede diabetico, o con la presenza di uno stato infiammatorio, mentre i

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30 valori di pH possono essere utilizzati per studiare in modo accurato una lesione, che mostrerà un ambiente tendenzialmente acido mentre progredisce verso la guarigione, oppure rivela lo sviluppo di una infezione. Le modificazioni di temperature cutanea locale e di umidità relative, possono avere un ruolo determinante nel predisporre i pazienti allo sviluppo di lesioni cutanee. Negli ultimi dieci anni è molto cresciuto l’interesse nel microclima cutaneo e la sua gestione al fine di prevenire lo sviluppo di lesioni cutanee. Esistono scarsi dati per ottenere conclusioni certe sul fatto che il cambio di microclima cutaneo possa influenzare lo sviluppo di lesioni da macerazione e lesioni associate all’incontinenza. Mentre sono in crescita i dati che confermano che il raffreddamento locale della cute può ridurre la risposta iperemica conseguente allo scarico delle lesioni, alterando alcuni aspetti della produzione di citochine.

Tuttavia la interpretazione di questi dati è ostacolata da una ampia variabilità dei parametri inter ed intra individuali. Recentemente è emersa una necessità di comunicazione tra i dati provenienti dai sensori e le ricerche sullo sviluppo di ulcere da pressione al fine di interpretare il ruolo del microclima nella prevenzione dello sviluppo delle lesioni.

Il progetto di ricerca SWANiCare ha sviluppato un dispositivo di monitoraggio caratterizzato da sensori monouso di pH e temperatura, da una elettronica fornita di sistema con interfaccia Bluetooth per il trasferimento dei dati wireless verso un server ed uno smartphone.

Il concetto di microclima cutaneo viene assimilato tipicamente nella combinazione delle attività svolte tra la temperatura ed il pH di superficie nella interfaccia tra la superficie cutanea e le superfici di supporto, ed è emerso negli ultimi cinque anni che questo settore di ricerca presenta strette connessioni con la patogenesi dello sviluppo di lesioni da pressione.

Una eccessiva umidità o secchezza della cute può manifestare in anticipo lo sviluppo di modificazioni fisiologiche cutanee. Alti livelli di umidità cutanea, derivanti da perspiratio o incontinenza o essudati delle lesioni, possono ridurre il cross lincaggio del collagene presente nel derma e quindi indebolire lo strato corneo.

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31 Una eccessiva umidità cutanea può inoltre modificare il coefficiente di frizione della cute, rendendo più facile il danno superficiale da abrasione. La cute secca presenta inoltre degli aspetti critici conseguenti al ridotto quantitativo dei lipidi di superficie, assieme al ridotto contenuto di acqua ed indebolimento delle giunzioni dermo epidermiche. L’interazione tra temperatura e pH cutaneo può anche causare danni ai tessuti profondi. Ad esempio, una ridotta umidità relativa può portare ad un incremento di evaporazione cutanea con conseguente riduzione di temperatura cutanea, mentre la slaminazione dello strato corneo aumenta con l’incremento della temperatura e dell’umidità. Il microclima e la prevenzione delle lesioni da pressione sono stati associati per molti anni, sebbene una attiva considerazione dei fattori di microclima si è ridotta nel tempo mentre la ricerca clinica si è focalizzata sulla gestione del carico pressorio. Il microclima rappresenta una area crescente di ricerca nella prevenzione delle lesioni da pressione, sebbene residuano ancora molti ostacoli.

SWANiCare è un progetto ambizioso che fornirà una connessione verso la prevenzione e la gestione delle lesioni cutanee, principalmente lesioni vascolari e del piede diabetico, da incontinenza, lesioni da abrasione. Attraverso soluzioni integrate di nuova generazione, che funzioneranno in modo autonomo con batterie, il dispositivo vuole fornire una valutazione continua ed oggettiva delle condizioni della cute in opposizione alla attuale valutazione clinica soggettiva del personale sanitario. La maggioranza delle ulcere croniche sono causate rispettivamente da diabete e da problemi vascolari , tuttavia un altro importante quantitativo di lesioni sono conseguenti a malattie renali, scompenso cardiaco, ipertensione arteriosa, malattie infiammatorie intestinali e altre patologie internistiche. È evidente che la popolazione affetta da lesioni è molto ampia, solamente il diabete interessa circa 250 milioni di soggetti . L’obiettivo principale del progetto di ricerca è caratterizzato dalla fabbricazione di un nuovo concetto di dispositivo indossabile equipaggiato con Tecnologie di Informazione e Comunicazione.

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32 Questo dispositivo consentirà al clinico di:

• Monitorare accuratamente differenti parametri cutanei attraverso microsensori integrati non invasivi;

• Identificare precocemente danni della cute;

• Fornire in remoto una innovativa e personalizzata strategia di prevenzione delle lesioni cutanee;

L’analisi da parte del medico dei dati collezionati fornirà la base per il processo decisionale ed il controllo remoto della terapia. L’approccio a circuito chiuso offerto dal progetto SWANiCare fornisce un inedito livello di assistenza, migliori condizioni di salute per i pazienti ed una significativa riduzione dei costi e conseguente ospedalizzazione, con evidenti vantaggi per i pazienti e per il sistema sanitario.

Il progetto SWANiCare raduna insieme la ricerca di un team multidisciplinare per lo sviluppo di un prodotto indirizzato ad una reale necessità nel sistema sanitario attuale.

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