E
saràdunque
vero, rispettabili Uditori, valo-rosi colleglli, giovani prestantissimi, saràdunque
vero chenoimembri
dellagiuridica facoltà qualidoogni
anno
torniamoaversare dallenostre cat-tedre nel seno degli accorrenti discepoli il frutto dei lunghi nostri studi edelle nostre meditazioni nello intendimento di avviarli alle ili(liei1 idot-trine del diritto,altro
non
facciamo che un'opera vanitosa? Sarà vero che noi siamo lutti vendi-tori diun
artifizio che usurpa ilnome
di scien-za,buono
soltanto ad ottenebrare le nienti, a di-sviarle dalvero;disutile allacivilesocietà, infrut-tuoso e forsenemico
allo umanitario progresso? Tanti uomini di acutissimo ingegno che perparecchi secoli
vennero
I'un
dòpo Yaltrologo-rando gVintelletti loro ad illuminare lediscipline legali, a comporlo ed ordinarle per guisa chepiù facile se ne rendesse la vita pratica: tanti
vo-lumi che furono ilfrutto delle fatiche loro; tanta
reverenza che i popoli recarono verso quei dotti
costituendoli in pregio di altissima autorità, tutto
non
fu che un delirio,un
inganno,una
fallace allucinazione!—
4Questa cruda sentenza io udiva lanciare
con-tro imaestridelgiuridico insegnamento linodalla
mia
infanzia alloraquando
learmi francesiave-vano
recato franoiquella nuovitàdei codici uni-versali.Ma
fu meteora fugace, clic passòcome
nube
sovra l'astro luminoso della scienza giuri-dica per dileguarsi tostamente e restituirla al pristino e più vivace splendore.Che
se per ef-fetto di quella sentenza si videro inun
istante di acciccamento gettali nel trivio quegli aureivolumi nei quali tanto
amore
avevano
postogli avi ed i padri nostri,
non
fu tardo a farsiriconoscere il vero, e quei volumi si cercarono
studiosamente di
nuovo
esi tennero quantopri-ma
carissimi, e tornossi a chiedere allebibliote-che ifonti della dottrina che abbisognaal sacer-dote della giustizia,e che altri volea consognare
alla guidadella fantasia, o stringere fra le aride pastoie della grammatica.
Anche
allora si udì gridare ciòche oggi vienetranoi aripetersi con improntitudine spensierata, vale a dire che
quando una
Nazione tutti i pre-cetti giuridici secondo i quali vuole essererego-lata ha composto in altrettanti codici quanti ne richieggono i diversi
movimenti
della giustizia, piùnon
faccia mestiero erudirsi nello idioma diSolone e di Papiniano, più
non
faccia mestiero vegghiare allume
della fioca lucerna sui monu-menti delle antiche legislazioni, e svolgerelabo-riosamente gli scritti di quelli illustri che ne
A
qual prò tutto questo torna oggi a dirsi in Italia, poichéavemmo
i codici nostri?Un
testodei codici,
un
lunario,una
grammatica
edun
dizionario italiano siano tutta la biblioteca cheabondantemenle
sopperisce ai bisogni del giure-consulto. Nella legge scritta sta il precetto che regolar deve i diritti ed i doveri respetlivi dei cittadini:quella legge è a portala di lutti,a tuttiaperta edintelligibile perchè vergata con formule che
ognuno
può intendere.Un
tirocinio di nemo-tecnia perchè siabbiano familiari e tenacementesi consegnino alla
memoria
gli articoli dei vari codici, è tutto quello che si deve richiedere dai giovani i quali si avviano alla giurisprudenza.Ilresto
non
è che spreco ditempo
e fatiche. Col testo del codice sidebbono
consigliare i clienti; conquello patrocinare le liti;con quello dirime-re le controversie» La scienza legalenon
è piùun
monopolio di pochi conquistalo a prezzo di lunghi sudori,ma
è agevoleallasignoria dichiun-que conosca il linguaggio ed abbia
un
poco dibuon
senso per intenderlo ed applicarlo.Fu
questa fataleopinione quella chespinse neiprimordi del presente secolo i dotti della
Germa-nia e di altre parti di Europa ad alzareuna
bandiera apertamente nemica di ognicodificazio-ne proclamandola perniciosa al progresso della scienza giuridica, incatenatricc del pensiero, e dello svolgimento del diritto.
Ma
non
erano icodici quelli che osteggiavano il correre della scienza; noipotevano essereperchè
non
loerano—
6Mali nò il codice di Giustiniano, nò tinelli dui Carli,udei Federigi,né lutti quelli statuti chele
diverse genti si erano imposti e clic in sostanza
niente diversificavano dai novelli codici tranne che in un'ampiezza maggiore o minore.Ciò che poteva osteggiare la scienza era soltanto la
for-sennata credulità diaver tutto nei codici e dare
a questi gli attributi impossibili di
una
enciclo-pedia, quasi imitando quell'antica visione di co-loro che il farmaco di ognimorbo
preleserotro-vare in
una
sola panacea universale.Laonde
poiché gli uomini si furono convintiche le funzioni dei codici in faccia alla scienza
ad altro
non approdavano
tranne aglieffetti chefa il
maroso
contro lo scoglio, si videro i dottitornare con alacrità maggiore allo studio degli antichi volumi,
onde
annodare con lenuove
leantiche leggi edottrine,e su quelle spargereluce
mediantequeste; ed anzi trarre dal respeltivo con-fronto argomenti sensibili della progressività delle nostre dottrine, e farne leva onde spingerle ad incrementi ulteriori od alla
emenda
dei novelli dettati se in qualche partemeno
provvidamentecostituiti.
E
così in quella stessa Franciadonde
era parlilo lo audace concetto della autocrazia dei novellicodici,videsi riportareloinsegnamentodel
romano
diritto a proporzioni più larghe diprima; e i dotti di quella nobile nazione porger
la
mano
ai fratelli dellaeruditaGermania, ed emu-lare sccoloro nello studio dei vecchimeglio valessero a dirigere la giustizia nella in-terpelrazionc e nella applicazione delle aride li-nee dei nuovi codici. Volgiamo attorno lo
sguar-do sulle genti chene circondano.
Troviamo
appotutte appagata questa
manìa
popolaredi aver co-dici propri;ma
appo tutte troviamo altresì dopoi codici ricondotto ad altissimo fiore lo
insegna-mento
giuridico nelle Università; ed in quelle prescritto sovra di ogni altro lo studio delro-mano
diritto;e coi responsi di Scevola, e di Pa-piniano, econ
le dottrine dei Cujacii edei Gluck, discusse e risolute le questioni forensi. Perchètale egli è appunto il
fenomeno
morale deldi-singanno dell'animo
umano
che, dileguate le al-lucinazioni, tornisi con più frenetico ardore allecose reiette.
Malgradocodestocloquentissimofatto,che ovun-que attorno
vedemmo
svolgersi allo apparire dei codici, e che costante ci presentaun
momenta-neoabbandono
susseguito tosto daun
più calo-roso ritorno allo studio delle antiche dottrine, noi siamo oggi testimoni che nella Italia redentalapubblicazione deicodici hadato occasioneallo usato errore: ed ascoltiamo troppo sovente
per-sone
anche
inaltolocatecondannare
aldisprezzo la latina sapienza, e tacciare di vanità lo studio deimonumenti
dell'antica filosofia.Alle parole di costoro io
non
risponderei che conun
sorriso di compassione, poichébene
sicomprende
come
daimedesimi
si ostenti tale—
clic
hanno
per colpadi prosperosa fortunasubi-taneamente varcato: e ripetendo la sentenza voti
ragioniam di lor,
ma
guarda e passa, proseguirci tranquillo nelle prische consuetudini perchè fi-ducioso nella prepotente forza del vero, la quale per virtù,sua propria fa presto o tardi ragionedi siffatti vaneggiamenti. Pei medesimi, no,
non
si sgomenta la scienza: perchè la scienza è co-smopolita ed alzailproprio stendardo indifferente ora in questa ed ora in quella regione, secondole mutate velleità delle genti;confortandosi sem-pre del neghittoso impoverimento del suo sacer-dozio appo
una
nazionemercè
lo alzarsi delmedesimo
più luminoso e più grande appo altranazione per virtù dellalegge indefettibile del suo perpetuo progresso.
Chi deve paventare per cagione di tali per-vertite opinioni è quel popolo appo cui le
mede-sime si vogliono insinuare;avvegnaché
le mede-sime siano sicuro preludio di decadenza e dite-nebre. Chi deve paventarne è la gioventù: la
quale già troppo respinta per lo scaldarsi della
sua fantasia e per naturale sua schifiltà dai se-veri studi di Temi,
non
trova forza in sè stessache la sostenga a vincere le repugnanze se
un
falso calcolo della ragione laseduce ad accarez-zare neir
animo
la credenza della lorosuper-fluità.
E
perciò volli peramore
d' Italia, peramore
di voi dilettissimi giovani, profittare di questa occasione che la benevolenza dei miei colleghi ame
ultimo fra lutti loro sidegnava
offerircionde farvi avvertiti e guardinghi verso tuie pericolo.
No,
non
è vero, possa divenirsi abili giure-consulti, operosi patroni, sapienti magistrali col solo apprendere amemoria
gli articoli dei co-dici sui quali si governa lo Stato. Tale afferma-zione se vuoisi in qualchemodo
comporre
allaforma di ragionamento
non
può trovare altroveappoggio nessuno tranne nellascuolapositiva. Co-desta scuola
non
riconosce diritto assoluto:pel-ici ogni
umano
dirittoemana
dal dettato delle-gislatore terreno: prima diquesto
non
avvi crea-tura che possa vantare diritti, tutto è forza ed arbitrio, perchenon può
esistere dirittosenza lacoscienza della sua sicurezza, ela sicurezza
non
può
darla che la legge del principe.Con
tale so-fisma che evidentemente confonde la genesi del diritto conla tuteladelmedesimo
si volle costrui-reuna
dottrina cheaveva
persuo precedente lanegazione di ogni legge naturale e di ogni prin-cipio morale assoluto, e per conscguente lo ar-bitrio il più direnato nella potestà degli
umani
legislatori.
E
correndo per simile via potè bendirsi che tutto conosceva ildirittochi conosceva
il placito del respeltivo Sovrano, perchè innanzi
a quel placito
non
vi era che il vuoto,vi era il nulla nelle regioni della giustizia;non
vieraun
dettalo che fornissefondamento
di ragione adal-cuno
per regolare, per interpetrare, per correg-gere, per applicare il placito del Principe.Simile in tutto alla favolosaMinerva chedal cervello diGiove scaturiva tutta armataccompleta, secondo
le visioni di costoro il diritto aspettò a nascere
fra gli uomini in quel giorno in cuipiacque alla Signoria di dettare precetti a genti clic
aveva
ri-dotto in sua potestà : nato così per repentina creazione dalia incute ( o dicasi dal capriccio)
di quel legislatore,
non
aveva naturalmente die-tro a sè nessuna ragione da studiare,nessun'or-dine da seguire tranne la volontà di colui.
Ma
questa scuola (se neppure merita ilnome
di scuola) è la più assurda di tutte, poiché des-sa conduce allo ateismo giuridico. E dico che la scuola positiva altronon
è nella sua sostanza che lo ateismo giuridico, perchècome
l'ateopre-tendendo trovare nel solocasoo nelle forze
bru-tali la ragione e la causa così del
mondo
tisico conio delmondo
morale, negaun
ordine provi-denziale eduna
potestà superiore all'uomo; così il discepolo della scuola positivadando
adun
in-dividuo la virtù di creare il dirittoa talento suo,nega ogni ordine giuridico superioreche sovrasti alla umanità; e così nega il diritto in sè stesso
convertendolo in
una
concessione Sovrana.Va\ è questa, io ripeto, la più assurda di tutte le dottrinepossibili,poiché repugnaallacoscienza
universale ed alla stessa storia della umanità.
L'uomo
infatti se ha dei doveri verso i suoisi-mili
non
puònon
avere dei diritti che glival-gano allo
adempimento
di quelli: e poiché que-sta catena di doveri e diritti procede dalla sua—
il—
gli uni c gli altri in lui
provengono
dallamano
clic lo ha formato ed esistono prima che
un
al tro individuo abbia aggiunto la sua volontà a quella volontà primitiva che gliaveva
costituiti.Un
periodo di vita umanitaria sciolto da ogni dovere, spoglio da ogni diritto perchènon
anco-ra è piaciuto ad
un
individuo dicomandare
vo-glio così,è storicamenteuna
favola,razionalmen-te
un
impossibile. L'uomo
dal primo suonasci-mento
ebhe la coscienzadi aver diritto alla vita ed a quanto era necessario per conservarla econdurla al line della propria destinazione; e
non
aspettò il decreto delsuo simile per sentire nel fondo dell'anima
quella voce che lo accer-tava dei suoi doveri verso i suoi simili e deicorrelativi diritti.
Che
se desso cercò nel consor-zio civile e nella costituzione dellaautorità uma-nauna
più gagliarda tutela ai diritti proprii, ciònon
fece perchènon
avesse onon
conoscessedi avere diritto alcuno,
ma
precisamente per laopposta ragione che
aveva
e conosceva diave-re diritti, e questi volevatutelaremediante 1'
or-dinamento di
una
forzaumana
nellaquale sicon-centrassero le forze sciolte degl'individui
impo-tenti, per lo isolamento e conflitto reciproco, ad
attuare quella protezione. Dal diritto nacque la
società civile, e
non
da questa il dirido;daldi-ritto nacquero i legislatori che lo riconobbero e lo
munirono
di attuali sanzioni, enon
nacque
già dai legislatori il diritto.
Così lastoria di tutte legentidimostra in quelle
un
periodo corso senza legge stabilmente costi-tuita,ina regolato per consuetudini nelle qualisiestrinsecava la voce intima della coscienza che
a tutti e verso tutti proclamava la esistenza di diritti e doveri.
E
ci mostra posciaun
secondo periodo più prestoopiùtardiraggiunto,che esor-disce dal fatto diun
uomo
dotatodi eccezionale intelligenza edautorità,il qualeha raccolto quelleconsuetudini in
un
corpodileggiscritte componen-dole per virtù dello intelletto suo a quellordine checredevamigliore, edando
loro gagliardiaeper-manenza
per quella sua autorità.Ma
perchènella formazioneditaliconsuetudinisi erano intromesse le passioni de»!'individui, e nella loro tramutazione in legge
permanente
siera intromesso V arbitrio di chi sedeva
come
le-gislatore, cosìdoveva
avvenire edavvenne
chein
mezzo
a parecchie verità universalmente rico-nosciutes'insinuassero nelle variecostumanze
e poscia nelle varie legislazioni moltissimi erroriche
avversavano
la legge giuridica primitiva an-ziché sostenerla.Di qui la lenta e successiva elaborazione dei codici costituiti a regolare le diverse nazioni; li quali tutti
non emanarono
già dallo intendimentodi creare
una
veritànuova, o di creareun
dirit-to nuovo, perchè la verità ed il dirittonon
sipossonocreare dall'
uomo;
ma
procederono invecedallo intendimento di proclamare
una
verità edun
diritto già preesistente, e riparare aifuorvia-inenti dei primi legislatori, o procacciare con
modi
migliori l'universale riconoscimentodiquel-la o di quello.
Così la umanità
venne
nel suo viaggio muo-vendosi con incessante progressoallo svolgimeli to della recognizione dellasuprema
legge giuri-dica, e neottenemmo
quel megliolegislativoche adessogodiamo
senza rinunziare alla speranza diun
meglio ulteriore die si godrà dai figli e dai proncpoti nostri.Se
dunque
il giure attuale che si è formulatocoi loro codici dai legislatori contemporanei
non
è che la proclamazione di verità preesistenti edil risultamelo di
una
lunga epurazionematu-rata per secoli e secoli mediante consimili
ten-tativi, egli è evidente che per acquistare la co-gnizione della legge giuridica attuale
non
haslaconoscere le parole del codice.Ciò che distingue il giureconsulto dal legulejo è appuntoquesto,che
il legulejo crede di saper tutto in giurisprudenza
quando
conosce la lettera della legge,mentre
il giureconsulto in quellaletteranon
vede che una forma transitoria nella quale si estrinseca perun
hreve spazio di luogo e ditempo
la leggesupre-ma
di ragione universale.Il giureconsulto ha per hase di ogni sua dot-trina che la recognizione della vera ed assoluta legge giuridica deve essere progressiva; lo che
più
non
sarehhe se1'opera della suaenucleazio-ne fosse incatenata ad
una
perpetua immobilità—
u
E ricordando diespessissimo r
uomo
mentre
cor-re abuona
fede in traccia della verità,incon-tra lo errore fatalmente vestilo delle sembianze
di lei, e questo abbraccia perrinnegaregli elTati di quella che si erano forse daisuoi antecessori riconosciuti,bisogna che tutta coi suoi studi per-corra la serie dei tentativi fatti nei vari secoli e nei vari paesi verso codesto line
onde
persua-dere la propriacoscienza che in realtà il legisla-tore della sua nazione si è avvicinato al princi-pio assoluto del giusto più chenon
lo abbianofatto altri legislatoriantecedenti e contemporanei. Quindi il bisogno di profondi studi storici e di
profonda analisi delle leggi coesistenti nel
mon-do civile. Senza ciò coluinon
è tire un'automa,una
verga inanimata chemuovesi
epercuote senzacomprendere
perchèsimuova
e perchè percuota.Sa inoltre il giureconsulto che
anche
la legge positiva diuno
Statonon
sta nellacorteccia del-le parole con le quali fu espressa,ma
nelcon-cetto e nello spirito che loro die vita.
E
poichénon
è possibile airuomo
di conoscere alnudo
e permodo
positivo in tutti gli aspelli suoil'ar-cana volontà di
un
altrouomo,
cosi quella vo-lontà bisogna desumerla dalla presunzionediun
perpetuo coordinamento a disegni ragionevoli e giusti.Laonde
ad ogni dubbiezza che sorga sulvero intendimento di qualche legge costituita è forza intenderla ed applicarla secondo i
sommi
principii di ragione,i quali pertanto
debbono
es-sere di necessità conosciuti da chiunque sidedi-chi in qualsisiu situazioneal sacerdozio(iella giu-stizia.
Ma
questisommi
principii di ragionenon
possono raggiungersi e padroneggiarsi e farsene in certa guisa carne ed ossacome
conviene alverogiureconsulto, seda
un
latonon
sonosi con-sacratemature
meditazioni alla ricerca loro conla scorta di
una
sana iìlosolìa, e dall'altro latonon
si sono approfonditi imovimenti
anterioridella umanità io tale ricerca, manifestali nei
va-ri statuti legislativi dove si è creduto di avere
atterrato quel vero, o fra questi
almeno
quelliche giustamente si tengono
come
primarii e so-vrastanti agli altri per ricchezza maggiore difi-losofia e di sapienza.
Se
dunque
per hen giudicare eper rettamenteapplicare le leggi presenti è necessario aver
he-vuto ai migliori fonti delle anteriori giurispru-denze,certamente nessuno vorrà negare che
me-ritevole sopra ognialtro di tale indispensahileco-gnizione sia il giure romano, sì per la vastità delle sue enucleazioni,sì per lo
acume
della dot-trina alla quale s'inspirò, sì perchè desso(vo-gliasi o
no)
è il padrecomune
di tutte leodier-ne
legislazioni, di guisa che tanto è possibile acquistare sapienza di vero giuristasenza lapro-fonda cognizione del giure
romano
e della giu-ridica filosofia,quantoè possibile rettamente eser-citare la medicina o la chirurgia senza uncom-pletoconoscimentodelle condizioni anatomiche e fisiologiche del corpo
umano.
A
tjuesla verità diede largo svolgimento la scuola storica che nei primordi di questo secolo sorse quasi per benefizio providenziale a fareantagonismo opportuno al materialismo di quella funesta dottrina che nella cognizione dei codici
ravvisava la ultima Tile di tulli gli studi legali.
La scuola slorica che spinse le meditazioni dei giuristi al di là del
nudo
studio delle Pandette coordinandolo a quello dei fatti e delmovimen-to universale di tutta la umanità,nelle credenze, nei costumi, e nelle opere legislative.
MagniGco
concetto che è fecondonon
solo di più nobile erudizione,ma
eziandìo diuna
maggiorerettitu-dineneigiudizi;
avvegnaché
tutti i falliumani
siconcatenino per arcano vincolo gli uni con gli altri, e lutti reciprocamente si rechinoluce
onde
chiarire lasomma
ragione delle cose chequà
e làvenne
(non
fosse altrocome
lampo
)manife-standosi nel lungo e faticoso viaggio dell'
umano
incivilimento.
Se
non
che la scuola storica alla sua voltatrasmodòin
un dommatismo
inacceltabilequando
volle proclamarecome
genesi assoluta e costante del diritto ognimodo
di recognizione che sieracredulo fare dalle diverse genti nel volgere dei secoli della
suprema
legge giuridicacon
tanta tenacità ricercata dalle miriadiche popolaronola terra, e con troppa facilità per lo impulso delleumane
passioni frequentemente disconosciuta.Af-fermare che tutto quanto fu statuito
anche
in—
17—
credettero culli
mentre
non
lo ernno che forse a metà, contengauna
rivelazione dellasuprema
legge giuridica, altronon
fu cheun
errore pelquale trovanogiustificazione luttole sanzioni più
barbare e persino lo stalo
medesimo
dibarba-rie.
Fu
raffermazione dell'assurdo che porta ad ammettere nello stessoargomento
la coesistenza di due verità contradiltoric.Fu
inuna
parola laproclamazione del politeismo giuridico.
Ma
il politeismo ha per suo necessarioconte-nuto lo ateismo, perchè chi afferma la pluralità degli lddii forniti di eguale potenza,nega per lo-gica necessità la esistenza di
uno
Dio chea tulioed a tutti sovrasti.
E
così chi afferma la veritàsuprema
didue leggigiuridiche delle quali 1'una
distrugge l'altra,nega la esistenza diuna
supre-ma
legge giuridica, e così nega il carattere di assoluto neldiritto.Se fuun
effatodellasuprema
legge giuridica quello statuto che permania
diguerra o per egoismo
imponeva
si uccidessero ivecchi, gli storpi, e gl'infermi,
non
può
essereun
effatodellasuprema
legge giuridica quel pre-cetto cheimpone
si porga agli storpi, ai vecchi, agi'infermi caritatevoleefraterna assistenza.Non
può esservi
un
vero diametralmente contrarioadun
altrovero;e chi ciò sostiene nega la esisten-za del vero.Non
può
esservisuprema
legge giuri-dicache diametralmente siopponga
adaltralegge giuridica, e chi ciò sostiene nega per virtù delloimperativo logico la esistenza di
una
leggesu-prema.
*
—
18Purgala però da cotcsta idolatra adorazionedei falli,la scuola slorica ha rcndulo e rende
bene-licii grandissimi alladottrina,
quando
alleatasi alla scuola ontologica le ha porto aiuto guidandolanello studio delle diverse legislazioni antiche e
moderne,
non
già peradorare con cieca fedebra-minica ogni stolta aberrazione alla quale si
la-sciarono ire nei vari lempi per moli focosi le
diverse popolazioni,
ma
invece per rintracciare in quelle slesse aberrazioni la verità diun
giu-sto assoluto,e trarne per la riprova dei fattiuna
ulteriore dimostrazione. Così i maestri delloelo-quio latinoci
vennero
a dire che tra le fccciediEnnio
e Pacuvio essiavevano
trovato bellissimegemme
delle quali ornavasi quello eleganteser-mone;
ma
non
già vollero dirci cheimodi
luttie tutte le parole di quelli antichi dovessero re-gistrarsi
come
classico testo dello idioma del La-zio. Vollero in sostanza dirci che con lo studio dei soli libri contemporaneinon
s"imparaun
linguaggio: ed io ripeto che con Io studio dei soli codici sirimane
perpetuamente ignoranti nella scienza del diritto.La scuola ontologica è la unica assolutamente
vera,perchè trae dalla natura dell'uomo le leggi
che
debbono
regolarlo, e che nacquero contem-poranee al primo albore della vita dilui appunto perchè eglinacque
in quella guisa formato. In ciò essa procede sulla scorta di quel principio universale che le leggi regolatrici ditutti glientidesume
dalle condizioni della respettiva lorona-tura, e così da principi! intimi, costanti ed
im-preteribili.
Ma
poiché appunto per conoscere lecondizioni speciali degli enti bisogna studiarli in lutti i successivi loro svolgimenti,cosi per
cono-scere la vera legge giuridica nei suoi molteplici e variabilissimi elicili bisogna studiare lo
svolgi-mento
della umanità nel suo rapporto con quella legge.Laonde
la scuola storica mirabilmentecon-forta edillumina la dottrina filosofica del diritto,
eie duescuole procedono con
mutuo
e\iccnde-vole benefizio allaconquista del vero. Di tal gui-sa i prischi
romani
per erudirsi nella sapienzagiuridica si aiutarono della filosofia,egiunsero a formarsi della giurisprudenza quel sublime
con-cetto che ella fosse la notizia di tutte le cose
umane
e divine;ma
altempo
stesso bevvero aifonti edalle tradizioni dellagreca sapienza
come
innanzi aloro
avevano
i greci bevuto alle fontidegli egizi e di altri popoli della antichità. E se noi vogliamo mostrarci
non
del tutto indegni edegeneri figli dei padri nostri,
dobbiamo
imitarliper codesta via, ed aiutarci del frutto delle loro meditazioni ondespingerci innanzi alla conquista
della vera dottrina legale nei genuini suoi
fon-damenti, nelle infinite loro enucleazioni, e nella relativa applicazione alla vita pratica della giu-risprudenza. La
umana
sapienza è scaturita a piccolescintilledalle elaborazioni successivedellemonadi
che nel lungo periodo della vitaumani-taria consacraronole intelligenze loroalla
con-—
eedulo ad
un
uomo
(chiamisi pur egli oDotto-re, o Principe,o Imperatore) di concentrare nel
suo cervello quasi in
un
solo fascio tutte quelle scintille: arrogarsi la autocrazia d'incatenare la scienza giuridica e di farsene unico insegnatole, è il più insensato fra tutti i delirii dellaumana
superbia.
Queste verità die fugacemente ho accennato
io
non
venni già a ripeterle in questo giornoper dirle a Voi miei sapienti Colleghi che già le
avete fitte neIT
animo
come
una
religione saldis-sima,ma
soltantoper fare avvertiti i neofitinello studio della giurisprudenza acciònon
lascinose-durre la inesperienza loroda
una
perniciosaopi-nione che oggi sfortunatamente risorta potrebbe
toglier loro la fede nella necessità degli studi giuridici ela lena per affrontarli con quello zelo
senza del quale nulla conducesi a
buono
effetto.Lo che ridonderebbe primariamentea gravissimo
loro detrimento facendone abortire i vivaci spi-riti e gli eletti ingegni, e farebbe impallidire le
glorie della sapienza italiana.
Guardatevi, o giovani, dalla lusinghiera sirena del facile
dommatismo.
La sapienzanon
può es-ser completa se non/è libera: la libertànon
puòessere'durevole se