Baruch Spinoza
La concezione della religione e dello Stato
Il dio sostanza lasciava poco spazio alla religione
La religione NON è conoscenza e i testi sacri non sottolineano la ragione ma l’immaginazione e la fantasia.
Inoltre la religione mira all’obbedienza NON alla verità
Inoltre la religione è alimentata dalla superstizione la la vita dei religiosi risulta indifferente alla loro religione (quando invece dovrebbe essere una conseguenza)
PENSIERO POLITICO-RELIGIOSO
Hobbes
AssolutismoSpinoza
assolutismo moderatoLocke
liberalismoRousseau
democraziaH
Evoluzione pensiero politico
S
R
L
Leviatano 1651 Trattato teologico politico 1670 Contratto 1762 Trattato sul Governo 1690Lo Stato come garanzia di libertà
Lo Stato di diritto che Spinoza aveva in mente parte da presupposti molto vicini a quelli di Hobbes (parla di “Diritto” e di “leggi” naturali. (=ogni uomo è per natura determinato a esistere e a operare in un certo modo e questo comportamento è necessario)
Scrive:
Per diritto e costituzione di natura non intendo altro che le regole naturali proprie di
ogni essere, regole secondo le quali concepiamo ciascun individuo come naturalmente
determinato ad agire in modo particolare. Ad esempio i pesci sono per natura
determinati a nuotare e i più grossi a mangiare i più piccoli; ed è dunque in forza di un
sovrano diritto di natura che i pesci hanno nell'acqua il loro dominio e che quelli più
grossi si cibano degli altri
Così
Gli uomini soggetti a ire e passioni sono “nemici per natura”Così
Per il desiderio di vivere e di
essere il più possibile al riparo da
continui conflitti e perciò dal
pericolo gli uomini stipulano il
patto sociale. Tanto più che
senza il reciproco aiuto essi non
potrebbero vivere agevolmente
né coltivare il loro spirito
Il Patto sociale trae origine
dall’utilità che ne consegue e
su essa si fonda
Ma lo Stato che Spinoza pensa NON è lo stato assolutistico di Hobbes: alcuni diritti sono inalienabili perché fanno parte dell’uomo e rinunciandovi l’uomo cesserebbe di esser uomo
Leggiamo una pagina paradigmatica:
Se nessuno può rinunciare alla libertà di pensare e di giudicare secondo il proprio criterio e se ciascuno per insopprimibile diritto di natura è padrone dei propri pensieri, ne viene che, in una
comunità politica, avrà un esito sempre disastroso il tentativo di costringere uomini che hanno diversi e contrastanti pareri a formulare giudizi e a esprimersi in conformità con quanto è stato prescritto dall'autorità sovrana.
D'altro canto gli uomini non sanno tacere: non sanno farlo i più provveduti e prudenti tanto meno poi la gente comune. Confidare agli altri i propri disegni e le proprie opinioni quando pur sarebbe
necessario tacere, è una sorta di debolezza molto diffusa. Sarà dunque quanto mai oppressivo
quel governo che vorrà sopprimere la libertà di esprimere e di esporre esaurientemente il proprio pensiero mentre darà prova di misura quello che riconosce a chiunque tale libertà. Il
fine ultimo dell’organizzazione statuale non è quello di dominare gli uomini e neppure di frenarli con la paura o di farli cadere in balia di altri, bensì quello di liberare ciascuno dalla paura affinché, nei limiti del possibile, possa vivere in sicurezza e cioè serbare nel modo migliore il suo diritto
naturale a esistere e ad agire senza danno suo e di altri. Il fine dello Stato non è quello di
trasformare gli uomini da esseri razionali in bestie o automi. Proprio al contrario è quello di far sì che adempiano alle proprie funzioni sia fisiche che mentali in condizioni di sicurezza, che usino
liberamente la propria ragione, e che cessino d'altra parte di contendere tra di loro con odio, collera, inganni e di comportarsi in modo ingiusto nei loro mutui rapporti. In una parola: il fine della