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Studio sulle interazioni tra Apis mellifera e la comunita degli impollinatori selvatici in ambiente dunale

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Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea Magistrale

in

Conservazione ed Evoluzione

Studio sulle interazioni tra Apis mellifera e la comunità

degli impollinatori selvatici in ambiente dunale

Relatori: Prof. Giulio Petroni Dott. Marino Quaranta Dott.sa Matilde Boschetti

Candidato: Alessandro Pannini

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1. Riassunto 5

2. Abstract 7

3. Introduzione 9

3.1. Valore economico dell’apicoltura 9

3.1.1. Colture di riferimento 9

3.2. Importanza degli altri Apoidea come impollinatori delle colture 11

3.2.1. Attività e conservazione degli apoidei selvatici 13

3.3. Apis mellifera L. e comunità naturali 14

3.3.1. Competizione con gli altri pronubi 14

3.3.2. Ricerche in Europa 16

4. Biologia delle specie 19

4.1. Coleoptera 19 4.2. Diptera 21 4.2.1. Syrphidae 22 4.2.2. Bombyliidae 23 4.3. Lepidoptera 24 4.4. Hymenoptera 26

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3 4.4.2. Altri Apoidea 33 4.4.2.1. Mellittidae 33 4.4.2.2. Colletidae 34 4.4.2.3. Halictidae 36 4.4.2.4. Andrenidae 38 4.4.2.5. Megachilidae 39 4.4.2.6. Apidae 40 5. Area studio 44 6. Materiali e Metodi 48

6.1. Ambiente dunale nel Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli 48

6.1.1. Apicoltura all’interno del Parco 51

6.1.2. Helichrysum stoechas (L.) Moench. 52

6.2. Disegno sperimentale 53 6.2.1. Obiettivo 53 6.2.2. Transetti di osservazione 54 6.2.3. Pan traps 55 6.3. Trattamento campioni 57 6.4. Analisi statistiche 58

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7. Risultati e Discussione 59

7.1. Entomofauna del sistema dunale del Parco 59

7.1.1. Coleoptera 60

7.1.2. Diptera 66

7.1.3. Hymenoptera 71

7.1.3.1. Composizione degli Halictidae durante la stagione di campionamento 74

7.2. Osservazioni dirette 78

7.3. Presenza dei vari taxa all’interno delle pan traps 81

8. Conclusioni 83

Appendice I 84

Ringraziamenti 86

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1. Riassunto

L’impollinazione entomofila è il meccanismo più diffuso di riproduzione incrociata tra le piante. Si stima che circa l’80% delle specie vegetali selvatiche vi ricorrano e quindi rappresenta un meccanismo fondamentale per alcune comunità per mantenere la loro struttura e ricchezza. Anche numerose specie coltivate traggono beneficio dall’azione degli insetti pronubi. Dati derivati da studi su diversi sistemi agricoli mostrano un aumento dei raccolti, come ad esempio in molti alberi da frutto, a seguito dell’impiego di diverse specie di apoidei come impollinatori; il valore economico raggiunto dal servizio d’impollinazione entomofila è enorme e raggiunge i 153 miliardi di Euro/anno tenendo conto solo delle produzioni per uso alimentare umano. Tra gli animali allevati, l’ape da miele (Apis mellifera, ordine Hymenoptera, superfamiglia Apoidea) è senza dubbio uno di quelli globalmente più diffusi. Un elemento che emerge dagli studi condotti sulle comunità vegetali selvatiche è il potenziale effetto negativo dovuto alla competizione tra l’ape domestica e gli altri impollinatori, in modo particolare gli apoidei. Le api domestiche possono arrivare a rappresentare la maggior parte degli impollinatori presenti durante la fioritura in alcune comunità vegetali, escludendo e rimpiazzando le altre specie di Apoidei e bloccando la loro attività. Dati i loro grandi numeri e frequenza di visite possono consumare la maggior parte delle risorse di nettare e polline dei fiori, che così non possono più sostenere le popolazioni selvatiche, e questo può comportare l’estinzione di alcune specie. Non tutte le ricerche concordano sul fatto che esista una competizione tra Apis mellifera e le api selvatiche, almeno in Europa. Le api domestiche sono da tempo impiegate nell’impollinazione dei campi e il loro contributo nell’agricoltura è grande; per questo motivo il loro utilizzo è considerato estremamente benefico. La questione se le api domestiche possano o no avere un impatto negativo sui pronubi selvatici rimane aperta. L’obiettivo di questo studio è di verificare se esista una tale interazione all’interno dell’ecosistema dunale nel Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli dove dagli anni ‘90 si svolge lungo le coste del Parco l’attività di produzione del miele; quello che viene ottenuto è un prodotto caratteristico chiamato miele di spiaggia. La nostra ricerca si è concentrata su due aree dove sono presenti degli apiari stanziali all’interno di due SIC (Siti

di Importanza Comunitaria). Il primo si trova nella località Fortino all’interno del SIC “Selva Pisana” nella

Tenuta di San Rossore e il secondo a Torre del Lago, in località Lecciona all’interno del SIC "Dune litoranee di Torre del Lago”. Abbiamo proceduto con due metodologie di campionamento: una attiva, ovvero tramite osservazioni dirette e catture lungo dei transetti, e una passiva, ovvero il posizionamento di pan traps (trappole a vaschetta). Le trappole consistevano in scodelle (di plastica nel nostro caso) dipinte con apposite vernici spray UV-fluorescenti di colore: rosso, bianco, blu e giallo e riempite di acqua saponata. Per il posizionamento delle pan traps sono stati individuati 6 siti a San Rossore e 3 siti a Torre del Lago, a distanza lineare crescente dagli apiari; per ciascun sito sono state posizionate 8-12 trappole divise in 2 postazioni per sito a San Rossore e 3 per sito a Torre del Lago. I transetti sono stati eseguiti in 3 siti per ognuna delle località. Sia le postazioni di trappola mento che i transetti erano localizzati nel sistema dunale. Le due metodologie ci

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hanno fornito informazioni differenti. Da un lato le pan traps, che sono specifiche per attrarre gli impollinatori, ci hanno fornito informazioni circa la composizione in specie della comunità dei pronubi dell’ecosistema dunale oggetto di studio; dall’altro i transetti ci hanno aiutato a comprendere la presenza delle varie specie sulla vegetazione e di conseguenza la loro attività. Il nostro lavoro ha cercato di evidenziare se esistesse un “effetto distanza” relativamente agli apiari cioè una variazione di composizione in specie o di attività sui fiori della comunità dei pronubi delle nel sistema dunale a distanza crescente dagli apiari. Questo è un approccio indiretto che serve a valutare la competizione tra gli impollinatori selvatici e le api domestiche, in quanto come è stato visto in alcuni studi le api domestiche possono arrivare ad escludere altri impollinatori dalle riserve florali a causa della loro presenza. Entrambi i protocolli di campionamento sono stati condotti una volta al mese per un periodo di 4 mesi da aprile a luglio 2016 in modo da coprire il periodo di volo di tutte le specie di Apoidei dalle più precoci alle più tardive e il periodo di fioritura della maggior parte delle specie vegetali delle dune.

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2. Abstract

Insect pollination represents the most spread mechanism of cross-pollination among plants. Up to the 80% of all wild plants use it, and so, it is necessary to maintain the structure and richness of wild plants communities. Many cultivated species get benefits too from insect pollination; researches show yields increase when insect pollinators, like Apoidea, are involved and so the economic value of this service is very high, reaching 153 billion euro/year. Among domesticated animal honeybees (Apis mellifera L., order

Hymenoptera, super family Apoidea) is undoubtedly one of the most widespread. From researches on wild

plant communities emerge that wild pollinators, especially Apoidea, could be negatively influenced by competition with honeybees. Apis mellifera could become the most representative pollinators on flowers during the season, outnumber the other bee species and even replace them blocking their activity. Because of their great numbers and frequency of visits, honeybees could consume the most part of nectar and pollen resources, so they cannot sustain wild pollinator’s communities anymore, bringing to the extinction of some species. Not all the works agree on the existence of competition between Apis mellifera and wild bees at least in Europe. Honeybees have been involved in crop pollination for a long time and their contribution in agriculture is huge; for this reason, they have been considered very useful and benefic. Whether competition with honeybees has or not a negative impact on wild pollinator’s communities is still an unsolved problem. The goal of our research is to asses if exist such interaction in the dune environment inside the region park of Migliarino San Rossore Massaciuccoli where, from the 90s along the coasts of the park, take place the activity of honey production. What is obtained is a characteristic product called “miele di spiaggia”. Our study focuses on two areas where are present fixed hives inside two SCI (Sites of Community Interest). The first one is inside the SCI “Selva Pisana” in the location called Fortino inside San Rossore estate, and the second is inside SCI “Dune litoranee di Torre del Lago” in Torre del Lago. We use two sampling methodologies: one is active, direct observation along transects, and the other one is passive, using pan traps. The traps were plastic bowls painted in with UV-florescent spray paint of four different colors: red, blue, white and yellow; all the bowls were filled with soapy water. Pan traps has been positioned in 6 sites in San Rossore and 3 sites in Torre del Lago, at increasing distance from the hives; for every site has been positioned 8-12 traps divided in 2 locations for site in San Rossore and 3 for site in Torre del Lago. Direct observations took place in 3 sites in both areas. Both transect and traps took place inside the dune environment. The two methodologies give us different information. Pan traps, which are specific to attract pollinators, give us information about specie composition of pollinator’s community in our study areas; observations help us to understand the presence and activity of different species on vegetation. Our work tries to asses if exist a “distance effect”, a change in species composition or activity on flowers of wild pollinators at increasing distance from hives. This is an indirect approach to evaluate the competition between honeybees and wild pollinators, because has been shown by some researches A. mellifera could exclude other pollinators from floral patches because of their presence.

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Both samplings protocols took place once a month for a period of 4 months from April to July 2016 so to cover the flying period of all bee species from the earliest to the last and the flowering period of most plant species of the dunes.

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3. Introduzione

3.1. Valore economico dell’apicoltura

Numerose produzioni agricole, sia direttamente collegate all’alimentazione umana, sia utilizzate per la produzione di foraggio per gli animali da allevamento, sono impollinate attivamente da insetti.

Il servizio di impollinazione entomofila assume un valore economico enorme, stimato attorno ai 153 miliardi di Euro/anno (dato del 2005) (Potts et al., 2010).

Molti agricoltori ricorrono all’utilizzo di impollinatori allevati per favorire l’impollinazione delle proprie colture. Benché negli ultimi anni si sia diffuso l’uso di bombi e di alcune specie appartenenti alla famiglia dei

Megachilidae, tradizionalmente gli agricoltori ricorrono all’uso delle api da miele Apis mellifera Linnaeus,

1758.

Dati recenti attribuiscono a A.mellifera un valore annuo di 137.8 milioni di sterline per coltivazioni outdoor (Carreck N.& Williams I., 1998).

Per quanto riguarda coltivazioni aperte, cioè specie vegetali coltivate al di fuori delle serre, è difficile riuscire a separare l’apporto di A.mellifera, come impollinatore, da quello delle api selvatiche o di altri insetti pronubi; tuttavia alcuni studi attribuiscono alle api da miele un contributo di circa l’80% nell’impollinazione di colture economicamente importanti (Carreck N.& Williams I., 1998) perciò dai calcoli effettuati si può avere una buona stima dell’impatto di A.mellifera.

Il valore economico di questa specie non si misura solo nel suo impatto come impollinatore ma anche nel valore dei prodotti direttamente ottenuti dal suo allevamento come miele, pappa reale, propoli, cera, polline e veleno.

Dai dati pubblicati da Coldiretti Toscana sul proprio sito l’apicoltura italiana ha un giro d’affari di circa 70 milioni di euro con una stima del contributo reso all’agricoltura tramite l’impollinazione di circa 3-3,5 milioni di euro.

3.1.1. Colture di riferimento

Tra le produzioni per l’alimentazione umana impollinate da A. mellifera si possono citare le zucchine, le melanzane, le fragole, il melo ecc. Ad esempio, vari insetti giocano un ruolo chiave nell’impollinazione del melo, che è auto sterile, e le varietà alimentari necessitano di polline da varietà diverse dette impollinatrici. Tra i pronubi che visitano questa specie A. mellifera risulta essere la più presente rappresentando circa l’88% del totale delle visite e contribuendo in maggior parte al servizio di impollinazione. Anche per quanto riguarda le colture per la produzione di foraggio la situazione rimane invariata.

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Sulla colza, ad esempio, è stata osservata in studi condotti in Europa una dominanza pressoché totale di api da miele che rappresentano dall’80 al 97% delle presenze di apoidei. Per quanto riguarda le api selvatiche è stata osservata una dominanza di visite da parte dei bombi (Frediani et al. ,1987).

Anche se la colza è una specie auto-fertile, l’impollinazione incrociata mediata dalle api da miele fornisce una produzione di semi più sincrona, e una precoce fine della fioritura a favore di una precoce maturazione dei frutti. Queste caratteristiche comportano dei vantaggi economici derivanti da un raccolto migliore (Corbet; Willians & Osborne, 1991).

Un altro significativo esempio dell’importanza di A. mellifera come impollinatore fondamentale per le produzioni agricole ci viene dalle colture di anguria (Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum & Nakai). Esistono numerose varietà di questa specie, di cui alcune prive di semi (triploidi); per queste varietà il servizio di impollinazione delle api da miele risulta fondamentale per il trasporto del polline dalle varietà impollinatrici a quelle selezionate per i frutti, le quali producono per la maggior parte polline non vitale. (Walters A.S., 2005).

Vi sono numerosi altri esempi di specie di interesse commerciale la cui riproduzione si basa interamente sull’attività delle api da miele o ne viene positivamente influenzata; tra queste possiamo citare il caffè (Coffea

sp.), le albicocche (Prunus armeniaca L.), i kiwi (Actinidia chinensis Planch.), e molte altre (Corbet; Willians &

Osborne, 1991).

Questi dati sottolineano il grande impatto di Apis mellifera L. sul comparto agricolo e la dipendenza di numerose produzioni dalla presenza di questo insetto. Le api da miele sono reclutate dagli agricoltori per i loro grandi numeri e per la capacità delle bottinatrici, unica tra gli Apoidea sociali, di comunicare tra loro la posizione di patch di vegetazione ricchi in polline e/o nettare e di conseguenza di concentrarsi su di essi reclutando un numero elevato di operaie (Von Frisch, 1967 in Torné-Noguera et al., 2015). Questo sistema di comunicazione si realizza tramite l’uso di complessi movimenti, una sorta di danza, che serve per comunicare la posizione e la distanza dall’alveare dei siti di interesse scoperta da Von Frisch (1967).

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3.2. Importanza degli altri Apoidea come impollinatori delle colture

L'ape domestica ricopre un ruolo di primo piano come impollinatore, soprattutto dati i grandi numeri in cui è presente, e influenza il successo riproduttivo delle specie vegetali che visita. L’apporto degli apoidei selvatici all’impollinazione delle specie coltivate è tutt’altro che secondario rispetto a quello di Apis mellifera e alcuni studi dimostrano che siano paragonabili all'ape da miele per velocità di raccolta di nettare e/o polline, ed efficacia di impollinazione (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Il valore economico del servizio d’impollinazione delle api selvatiche è stato stimato attorno ai 3 miliardi di dollari all’anno negli USA (NSERC-CANPOLIN, 2017).

Nella mela e nella colza, benché gli apoidei selvatici rappresentino una piccola parte del totale delle visite sui fiori, il numero di visite positive, cioè quando avviene il contatto con lo stigma e quindi il possibile passaggio di polline, li rende equiparabili alle api da miele per la loro attività pronuba (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990). Recenti studi stanno iniziando a rivalutare il ruolo di Apis mellifera come impollinatore di eccellenza a favore di altre specie di apoidei. Ad esempio studi effettuati su 41 sistemi agronomici hanno rilevato una corrispondenza positiva tra fruit set (la proporzione di fiori di una pianta che sviluppa in frutti maturi o semi) e il numero di visite effettuate da impollinatori selvatici su tutte le coltivazioni studiate, mentre la stessa corrispondenza con l’ape da miele è stata individuata soltanto nel 14% dei casi (Garibaldi et al., 2013). La presenza di impollinatori selvatici influenza positivamente lo sviluppo dei frutti, con crescita due volte maggiore rispetto alle visite di Apis mellifera, indipendentemente se siano domestiche o inselvatichite, sia in sistemi visitati da entrambe le categorie di impollinatori sia dal confronto tra sistemi visitati da una sola di esse. Le differenze non sembrano legate al numero di visite effettuate dalle api da miele rispetto agli altri impollinatori (che rappresentano fino al 50% delle visite totali effettuate sui fiori) ma ad una maggiore efficienza dei pronubi selvatici. Le api domestiche tendono a visitare maggiormente fiori diversi appartenenti alla stessa pianta o a piante all’interno della stessa cultivar aumentando l’incidenza dell’autoimpollinazione e gli effetti dell’inbreeding depression. Gli impollinatori selvatici hanno un comportamento di foraggiamento diverso da quello di A. mellifera e tendono a muoversi maggiormente tra le diverse piante; così facendo favoriscono l’impollinazione incrociata in misura maggiore rispetto all’ape domestica fornendo alle piante che visitano polline di “migliore” qualità (Garibaldi et al., 2013). Studi effettuati su coltivazioni di melo in 17 fattorie nello stato di New York sembrano confermare queste osservazioni; anche in questo caso il fruit set e il seed set sono positivamente influenzati dalla presenza di una fauna di apoidei selvatici ricca e diversificata (Blitzer et al., 2016). Un altro esempio significativo dell’importanza degli impollinatori selvatici nei sistemi agricoli viene da uno studio condotto su due varietà di mirtillo coltivate nella British Columbia. In queste coltivazioni, attivamente visitate da Apis mellifera, è stato osservato un deficit nell’impollinazione che si riduce quando l’attività dei bombi è maggiore. Le due varietà sono visitate differentemente da ape domestica e bombi. La varietà Bluecrop è più attrattiva per i bombi rispetto alla varietà Duke e questa differenza pare

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sia dovuta alle caratteristiche dei fiori che nella varietà Bluecrop risultano meno accessibili alle api da miele

(Button & Elle, 2014). Nelle produzioni di erba medica (Medicago sativa L.), leguminosa utilizzata per produrre

foraggio, e in quella dell’albicocco (Prunus armeniaca L.) è stata visto che l’impiego di megachilidi, nello specifico Megachile rotundata Fabricius, 1787 e Osmia spp., risulta particolarmente efficace nell’impollinazione di queste specie. In queste due produzioni le particolari condizioni di foraggiamento rendono i megachilidi più efficaci di A. mellifera come impollinatori. Nel caso dell’erba medica esiste un particolare meccanismo di scatto del fiore quando viene a contatto con gli insetti pronubi che ne determina la chiusura; questo comportamento scoraggia l’ape da miele da visitare i fiori di M. sativa spostandosi su altre specie quando sono presenti.

Per quanto riguarda le produzioni di albicocco questa pianta fiorisce da metà febbraio in poi quando le temperature sono ancora basse e possono subire forti variazioni; le osmie tollerano bene temperature notturne al di sotto degli 0 °C e foraggiano a temperature vicino ai 13 °C. (Pinzauti, 1991b; Pinzauti e Rondinini, 1991; Lepore e Pinzauti, 1994).

Un’altra specie utilizzata per la produzione di foraggio è il trifoglio dei prati (Trifolium pratense L.), che è totalmente dipendente dall’impollinazione incrociata per la produzione di semi. I pronubi più pesanti si posano sui fiori e, grazie al loro peso, lo fanno dondolare in modo che il polline sia rilasciato. Questo meccanismo pare sia fondamentale per il rilascio del polline (Corbet; Willians & Osborne, 1991). I tubi florali sono lunghi perciò tra gli Apoidea solo quelli con la ligula lunga possono raggiungere il nettare. Queste caratteristiche del fiore di T.pratense rendono molte specie del genere Bombus le api più adatte per una sua efficace impollinazione. Tra le api selvatiche i bombi sono probabilmente gli impollinatori più importanti nelle coltivazioni, almeno alle alte latitudini, per via delle caratteristiche legate alla socialità: abbondanza, periodo di volo lungo e ampio range di specie vegetali utilizzate. Queste specie foraggiano sul fiore più rapidamente e permettono un migliore rilascio del polline rispetto ad A.mellifera. (Free, 1970; McGregor, 1976 in Corbet; Willians & Osborne, 1991).

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3.2.1. Attività e conservazione degli apoidei selvatici

Benché l’attività dei vari gruppi di apoidei sia sostanzialmente simile e presenti molti punti in comune, tuttavia le diverse specie di api possiedono alcune specializzazioni della loro nicchia ecologica, sia in termini di specie vegetali visitate, che in termini di condizioni per la loro attività pronuba (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Le api selvatiche, come i bombi e le andrene ad esempio, possono bottinare in condizioni ambientali che sono sfavorevoli per l’ape domestica, come scarsa luce e pioggia e la loro velocità nell’attività di raccolta di nettare e/o polline può essere paragonabile a quella di A.mellifera, nonostante siano presenti in numero nettamente inferiore a questa. Queste caratteristiche evidenziano come l’attività degli apoidei selvatici e dell’ape domestica possano essere complementari in alcune produzioni agricole (Corbet; Willians & Osborne, 1991; (Frediani et al., 1897; Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990), come ad esempio nella coltivazione del melo e della colza.

Cercare di mantenere le popolazioni d’impollinatori selvatici, quindi, non è importante al solo scopo di mantenere gli equilibri e delle comunità naturali, ma assume anche una valenza economica in quanto una sinergia tra questi e le api da miele risulta particolarmente vantaggiosa in termini di produzione agricola (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

L’impollinazione svolta dalle api selvatiche è un servizio gratuito di cui gli agricoltori beneficiano e che possono promuovere con misure a basso costo; oltre a questo la conservazione degli apoidei selvatici avrà un effetto positivo sulle specie vegetali selvatiche che si basano sulla loro attività pronuba per la loro riproduzione, mantenendo la struttura delle comunità di cui fanno parte e i servizi ecologici da esse svolte quali pulizia di aria e acqua.

La conservazione delle popolazioni di api selvatiche passa attraverso la conservazione degli ambienti naturali che forniscono loro le risorse necessarie per la sopravvivenza come luoghi adatti alla nidificazione, come terreni sgombri in cui poter scavare gallerie, legno morto o vivo e materiale vegetale da utilizzare per la costruzione delle celle (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

La perdita e la frammentazione degli habitat è una delle maggiori minacce che questi insetti si trovano ad affrontare a causa della crescente urbanizzazione delle aree naturali e dell’espansione delle aree agricole che porta alla distruzione dei terreni incolti per lasciare spazio ad un ambiente omogeneo e sgombro adatto alla coltivazione delle diverse colture. (Potts et al., 2010).

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3.3. Apis mellifera L. e le comunità naturali

Oltre che nei sistemi agricoli le api da miele sono presenti anche in numerose comunità vegetali selvatiche e rappresentano anche qui una componente maggioritaria della comunità degli impollinatori. Attualmente

A.mellifera è uno degli animali allevati più diffuso a livello mondiale ed è presente in un’ampia varietà di

ambienti (Torné-Noguera et al., 2015). Da ricerche condotte in Cina su una popolazione selvatica di Pedicularis

densispica Franch. ex Maxim. è stato dimostrato un aumento del tasso riproduttivo di questa specie dovuto alla presenza dell’ape europea, inteso come una combinazione di elementi quali tasso di visitazione ed efficienza di trasporto del polline. I fiori di P. densispica sono visitati con più frequenza dalle api da miele rispetto agli apoidei nativi, dato il loro numero elevato; in questo contesto si muovono tra le piante con maggior frequenza rispetto agli impollinatori naturali aumentando così la diffusione del polline e diminuendo il grado di autoimpollinazione. Questo comportamento compensa la scarsa efficienza di A. mellifera come impollinatore rispetto agli apoidei selvatici (bassa frequenza di visite impollinanti rispetto alle altre specie di api). Questa caratteristica ha spinto alcuni ricercatori a considerare un possibile utilizzo di A. mellifera per il recupero, almeno nelle prime fasi, delle comunità vegetali naturali degradate (Shi-Guo; Shuang-Quan; You-Hao, 2013).

3.3.1. Competizione con gli altri pronubi

Da diversi anni l’attenzione dei ricercatori si sta concentrando sul monitoraggio e la conservazione degli insetti pronubi, in particolar modo degli apoidei, in diverse parti del mondo (Murray et al., 2009; Patiny et al., 2009; Potts et al., 2010). La frammentazione degli habitat e l’incremento delle superfici coltivabili costituiscono due delle maggiori minacce (Patiny et al., 2009; Potts et al., 2010) che causano la perdita di terreni adatti alla nidificazione e di risorse vegetali sufficienti per la sopravvivenza di questi insetti (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990; Murray et al., 2009). In concomitanza con l’aumento delle superfici coltivabili che tolgono spazio alle comunità selvatiche vi è l’incremento dell’impiego di pesticidi ed erbicidi spesso associato con le produzioni agricole (Potts et al., 2010) che può costituire un altro serio ostacolo alla sopravvivenza delle popolazioni di pronubi (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Recentemente alcuni ricercatori si stanno concentrando su un’altra minaccia cui sono sottoposti gli apoidei selvatici: la diffusione di impollinatori domestici, in particolar modo A.mellifera, al di fuori del loro areale originale.

Da un lato questi insetti allevati possono essere veicolo di diversi parassiti che si possono diffondere anche alle comunità di impollinatori naturali (Goulson & Huges, 2015; Potts et al., 2010), soprattutto se le specie

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importate sono geneticamente vicine alle specie native come nel caso di molte api (Goulson & Huges, 2015), dall’altro possono competere con i pronubi selvatici per le risorse vegetali (Torné-Noguera et al. , 2015; Kato et al., 1999; Xia; Sun; Guo, 2007; Elbgami et al., 2014; Walther-Hellwig et al., 2006; Steffan-Dewenter& Tscharntke 2000)

Al pari di altre specie animali allevate anche Apis mellifera gode delle cure ricevute dall’uomo, come cibo, riparo, farmaci contro i parassiti che come spesso accade la può rendere avvantaggiata rispetto alle specie selvatiche (Torné-Noguera et al., 2015). Il largo impiego di insetti allevati per la produzione alimentare umana può comportare un impatto sulle comunità selvatiche di impollinatori. Indizi al riguardo ci vengono da alcune ricerche condotte in Cina su piante appartenenti al genere Pedicularis in una popolazione di Yla Pasture (Xia;

Sun; Guo, 2007). Da queste ricerche emerge un effetto negativo, dovuto alla presenza di A.mellifera, sulla

popolazione di bombi dell’area; nel secondo anno di osservazioni questi risultano scomparsi sia da

P.densispica sia da una specie con generica non nettarifera Pedicularis confertiflora Prain; questa specie non

è attrattiva per Apis mellifera e la sua impollinazione è totalmente a carico delle specie native di bombi. L’ipotesi che emerge da questa ricerca è che le api da miele presenti blocchino l’attività impollinatrice dei bombi e interferiscano con la loro presenza; dati i loro grandi numeri e frequenza di visite consumano la maggior parte delle risorse di nettare e polline dei fiori di P. densispica che così non può più sostenere le popolazioni di bombi. A supporto di questa ipotesi c’è la ricomparsa dei bombi quando le arnie sono rimosse (Xia; Sun; Guo, 2007). Da un altro studio condotto sulle isole che compongono l’arcipelago di Bonin al largo del Giappone le popolazioni di apoidei selvatici risultano essere influenzate negativamente dalla presenza di

Apis mellifera tanto che in alcune isole questa è la specie più presente avendo soppiantato le specie native

(Kato et al., 1999). Bisogna tener presente che in entrambi i casi le api domestiche sono state introdotte negli ecosistemi in esame e ciò potrebbe influenzare le relazioni con gli apoidei selvatici dato che, in questi casi,

Apis mellifera è una specie aliena.

Talvolta l’introduzione di specie alloctone in un nuovo ambiente può determinare conseguenze gravi.

Aldeges tsugae (Annand, 1928) apparitene all’ordine degli Homoptera ed è originario della Cina e del

Giappone (USDA Forest Service, 2008). Questa specie è stata introdotta nel Nord America agli inizi del’900 (McClure, 1987) dove costituisce un serio problema per le popolazioni di due specie di conifere del genere;

Tsuga canadensis (L.) Carrière e Tsuga caroliniana Engelm. T.canadiensis è stata inserita nella lista rossa IUCN

come Near Tretened (Farjon, 2013) a causa dell’azione di A.tsugae; questo insetto utilizza entrambe le specie di conifere come ospiti su cui svolge la fase asessuata del proprio ciclo vitale. A.tsugae si attacca agli ospiti in corrispondenza dei rami nuovi e qui si nutre della linfa (USDA Forest Service, 2008); come conseguenza di questo comportamento le specie vegetali attaccate perdono vigore, fino alla morte della pianta. La perdita su vasta scala di entrambe le specie di conifere provoca conseguenze sulla struttura delle comunità vegetali di cui fanno parte e sugli equilibri di questi ecosistemi.

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Un esempio di una specie di insetto introdotto in Italia è Harmonia axyridis (Pallas, 1773). H.axyridis appartiene all’ordine dei Coleoptera ed è originario dell’Asia. È stato introdotto in Italia negli anni ’90, per essere utilizzato nel controllo delle popolazioni di afidi all’interno delle serre. Ad oggi forma popolazioni stabili in tutto il Nord Italia (Burgio et al., 2008); le prime notizie circa la sua naturalizzazione risalgono al 2006 (Brown et al., 2008 a).

Questa specie si espande velocemente (Brown et al., 2008 b; Van Lenteren et al., 2008) e compete con le popolazioni autoctone di Coccinellidae. Le sue prede principali sono gli afidi, ma può anche cibarsi di altri coleotteri, tra cui le specie native di Coccinellidae, di lepidotteri e di materiale vegetale quale polline e frutti danneggiati. Questo comportamento rende H.axyridis capace di sostituire le popolazioni native di insetti afidofagi (Koch, 2003).

3.3.2. Ricerche in Europa

Da studi condotti in Europa (Elbgami et al., 2014; Torné-Noguera et al., 2015; Walther-Hellwig et al., 2006, Steffan-Dewenter& Tscharntke 2000) che fa parte dell’areale originario di A. mellifera, non esistono evidenze certe a favore dell’esistenza di un effetto negativo sugli apoidei selvatici causato dalla competizione con l’ape mellifera. Un elemento comune che sembra emergere da queste ricerche è che siano le specie di apoidei più grandi e con esigenze ecologiche simili ad Apis mellifera (Elbgami et al., 2014; Schaffer et al. ,1979 in Walther-Hellwig et al., 2006; Torné-Noguera et al., 2015), ossia specie generaliste o poliletiche che risentono maggiormente della presenza dell’ape domestica. Questo può sembrare un controsenso, in quanto le specie poliletiche hanno un ampio range di possibili specie vegetali da usare come fonte di cibo mentre, al contrario, le api più specializzate o oligoletiche hanno una varietà più limitata di piante per il loro sostentamento. Tuttavia la loro maggiore specializzazione le rende più efficaci nel foraggiare rispetto a una specie poliletica che si nutra delle stesse risorse, per cui riescono a superare le api domestiche per efficienza (Strickler, 1979; Thorp, 1996; Wcislo & Cane, 1996 inSteffan-Dewenter& Tscharntke 2000).

L’attenzione di alcuni ricercatori si è concentrata sui bombi che sono risultati essere più sensibili alla presenza di A. mellifera. I bombi sono tra gli impollinatori più diffusi in Europa e si nutrono di molte specie vegetali così come le api domestiche (Elbgami et al., 2014; Torné-Noguera et al., 2015; Walther-Hellwig et al., 2006). La grande capacità delle api di utilizzare le risorse florali, grazie anche alla capacità di comunicare tra di loro, attraverso la danza scoperta da Von Frisch, le rendono dei grandi competitori dei bombi. In Spagna all’interno del Parco Naturale di Garraf è stata condotto una ricerca circa gli effetti della presenza di apiari sulla comunità di api selvatiche, in particolar modo sulla loro ricchezza, abbondanza e biomassa totale. Dai risultati di questo studio emerge che la vicinanza agli apiari influenza negativamente l’abbondanza delle specie più grandi e di conseguenza la biomassa totale degli apoidei selvatici, per densità superiori a 3.5 arnie/km2 (Torné-Noguera

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Da una ricerca condotta in Germania su comunità di Phacelia tanacetifolia Benth. la presenza delle api domestiche sembra spingere i bombi ad abbandonare le patch di Phacelia per una risorsa ugualmente ricca ma non accessibile ad Apis mellifera (Walther-Hellwig et al., 2006). L’esistenza di questo comportamento nei bombi fa supporre che esistano dei meccanismi, come lo spostamento temporale o spaziale dell’attività di bottinamento, grazie ai quali la competizione è evitata dato che le api domestiche hanno convissuto con le altre specie di apoidei selvatici europei per milioni di anni. Tuttavia questo spostamento può non essere sufficiente a ottenere tutte le risorse di cui la colonia ha bisogno e la carenza di risorse può portare a varie conseguenze (Torné-Noguera et al., 2015). Se le larve non ricevono abbastanza nutrimento durante lo sviluppo ci può essere un aumento di mortalità o lo sviluppo di operaie e regine più piccole e deboli (Elbgami et al., 2014; Goulson & Sparrow, 2008). Nel caso di una riduzione di taglia delle regine o del rapporto peso/taglia può determinare l’incapacità di sopravvivere all’inverno e di conseguenza di stabilire una nuova colonia (Bosch & Kemp, 2004 in Torné-Noguera et al., 2015; Elbgami et al., 2014; Tepedino & Torchio,1982 in Torné-Noguera et al., 2015); anche per le operaie la taglia è importante perché ne influenza la capacità di foraggiare e difendere la colonia (Goulson & Sparrow, 2008). Un alto effetto della carenza di risorse consiste in un aumento del rapporto maschi/femmine prodotti; dato che i maschi richiedono un investimento minore in termini di risorse uno spostamento verso una maggiore produzione di maschi durante un periodo di carenza di nutrienti può essere considerato un indice di sofferenza della colonia (Elbgami et al., 2014).

Non tutte le ricerche concordano sul fatto che esista una competizione tra Apis mellifera e gli apoidei selvatici, almeno in Europa. Secondo uno studio tedesco (Steffan-Dewenter& Tscharntke 2000) l’abbondanza delle api selvatiche potrebbe essere influenzata principalmente da fattori diversi rispetto alla presenza dell’ape domestica. I bombi che vengono considerati come i più vulnerabili nella competizione con A.mellifera in questo caso non risultano esserne negativamente influenzati ma al contrario la loro presenza è positivamente correlata con quella dell’ape da miele. Paini (2004) revisiona le principali ricerche sulla competizione tra api da miele e apoidei selvatici trovando che dai risultati che emergono da questi studi non sia possibile arrivare a conclusioni definitive né a sostegno né contro un effetto negativo della presenza di A.mellifera sulle comunità di api selvatiche. La maggior parte degli studi revisionati si basa su un numero esiguo di repliche (pochi siti, soltanto una stagione di campionamento ecc.) oppure su misure indirette come la sovrapposizione tra le api da miele e le api selvatiche nell’utilizzo delle risorse florali, o la scomparsa da alcuni patch di vegetazione di alcune specie di apoidei a favore della presenza di api da miele. Pochi studi effettuano misure dirette di un possibile effetto negativo come una riduzione della fitness delle api selvatiche e nessuno di questi ha sinora condotto a conclusioni definitive. In generale un effetto competitivo esiste dati i numeri elevati di operaie di Apis mellifera L. presenti in alcune comunità vegetali e se questo possa o no comportare un effetto negativo è ancora in dubbio. Alcuni fattori ambientali che non sono presi in considerazione in queste ricerche possono intervenire e influenzare la presenza di alcune specie di apoidei selvatici; così come non sono stati

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studiati nel dettaglio i possibili meccanismi messi in atto dagli apoidei selvatici per sfuggire alla competizione come spostarsi su altri patch di vegetazione rispetto a quelli usuali o cambiare le abitudini di bottinamento.

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4. Biologia delle specie

4.1. Coleoptera

I coleotteri sono l’ordine di insetti che conta il numero più grande di specie, circa 350.000. Le dimensioni degli organismi variano tra le specie, e talvolta nell’ambito della stessa specie tra i sessi. Sono insetti prevalentemente terrestri, con poche specie acquatiche, e svolgono un ruolo importante nel riciclaggio della materia organica. Alcuni caratteri generali di questo ordine sono il possesso di antenne formate da 11 segmenti o meno e un ciclo vitale olometabolo. Le specie di questo ordine hanno diverse strategie alimentari; molte specie sono saprofaghe ed esplicano una funzione importante nella decomposizione della sostanza organica, altre sono erbivore, con alcune forme parassite che possono rappresentare un serio problema per molte colture importanti per l’uomo. Esempi di questo comportamento sono Hypothenemus hampei (Ferrari,1867) un Scolytinae parassita delle piantagioni di

caffè e Leptinotarsa decemlineata Say, 1824 un Chrysomelidae parassita delle patate. Vi sono anche specie predatrici, di altri insetti, sia come adulti sia allo stadio larvale.

Le angiosperme forniscono nutrimento alle forme adulte di molte specie di coleotteri erbivori che si nutrono di tessuti, essudati e polline. I granuli pollinici sono facilmente utilizzati dai coleotteri grazie all’apparato boccale masticatore molto robusto che caratterizza l’ordine. Questa stretta relazione con le piante a fiori pare abbia influenzato lo sviluppo e la diversificazione dell’ordine di coleotteri (Leibherr & Mc Hugh in Resh & Cardè,2003) legandola alla radiazione evolutiva delle angiosperme.

La grande varietà dei coleotteri si riflette nei numerosi adattamenti anatomici di questo gruppo che permettono loro di essere rappresentati in quasi tutte le regioni biogeografiche. Uno dei caratteri più distintivi di questo ordine, presente in tutte le specie, è la modifica del paio di ali anteriore a formare delle strutture sclerificate chiamate elitre. Quando sono chiuse fungono da protezione del secondo paio di ali membranose che sono usate per il volo. Questo carattere ha permesso ai coleotteri di adattarsi a una vasta gamma di ambienti. Tra le famiglie che si cibano di polline ci sono Cerambycidae, Meloidae, che ovo depositano sui fiori, i Buprestidae (Leibherr & Mc Hugh in Resh & Cardè,2003), i Mordellidae e gli Oedemeridae.

Imm. 1 Oedemera virescens (photo by Frank Dorsman) http://www.freenatureimages.eu/)

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La famiglia dei Cerambrycidae comprende numerose sottofamiglie. Sono caratterizzati dall’avere antenne molto lunghe, talvolta più della lunghezza dell’intero corpo. Le larve scavano canali nel legno di molte specie di alberi e arbusti causando gravi danni. Gli adulti possono cibarsi di polline e nettare; un esempio significativo è rappresentato dalla sottofamiglia dei Lepturinae, in cui gli adulti sono frequenti visitatori di fiori (Hilty, 2015 a).

I Meloidae contiene circa 2500 famiglie suddivise in 120 generi e 4 sottofamiglie. Gli adulti possono raggiungere i 2 cm di lunghezza e sono fitofagi. La maggior parte di loro si ciba di fiori specie su piante della famiglia delle Amaranthaceae, Solanaceae, Asteraceae e Leguminosae, ma le specie appartenenti al genere

Epicauta si cibano anche di foglie. Le larve sono predatori specializzati e attaccano larve di apoidei selvatici

nei loro nidi (Selander & Fasulo, 2000).

I Buprestidae sono una famiglia di coleotteri di piccole-medie dimensioni con un carapace coriaceo. Le elittre possono essere marroni o nere, con riflessi metallici. Gli adulti occasionalmente possono visitare i fiori per cibarsi di polline. Le larve costruiscono canali all’interno della corteccia di molte specie vegetali (Hilty, 2015 b).

I Mordellidae sono costituiti da circa 1500 specie nel mondo. Le loro dimensioni variano da piccole a medie, sono in genere di colore nero e possiedono delle zampe posteriori relativamente lunghe che consentono loro di effettuare salti per sfuggire ai pericoli. Le larve si cibano di legno marcio, funghi o steli, mentre gli adulti si cibano di fiori, in alcuni casi di polline (Hilty, 2015 c).

Gli Oedemeridae comprendono 100 generi e circa 1500 specie cosmopolite. Gli adulti si cibano di polline, che costituisce il loro solo nutrimento, e fungono da impollinatori per molte famiglie di piante, mentre le larve si cibano di legno marcio e di steli di piante erbacee (Vazquez-Albalate, 2002 in Atanassova & Sivilov, 2014). L’accoppiamento avviene sui fiori quando entrambi i sessi si stanno cibando; il polline è, quindi, per questi coleotteri non solo una fonte di cibo ma un elemento necessario al completamento del loro ciclo vitale (Arnett, 2000).

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4.2. Diptera

I Diptera sono un ordine estremamente diversificato che comprende circa 124.000 specie. Sono insetti cosmopoliti, che riescono a vivere in molteplici tipi di habitat e hanno una vasta gamma di strategie alimentari e riproduttive.

La grande varietà dei ditteri rende la loro sistematica complessa. Tradizionalmente sono suddivisi in due sottordini quello dei Nematocera e quello dei Brachycera (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003); il secondo gruppo è a sua volta suddiviso in Orthorrapha e Cyclorrapha. I membri del taxa Nematocera sono uniti dal fatto che gli adulti presentano, generalmente, lunghe antenne multi segmentate, la parte terminale

il flagello a sua volta è diviso in numerosi flagellomeri, (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003),

tuttavia non ci sono significative sinapomorfie, caratteri derivati comuni, che uniscano i Nematocera; questo taxa è considerato parafiletico.

Le antenne dei Nematocera possono essere piumose, filiformi o pectinate, ossia a forma di pettine.

I Brachycera sono ditteri i cui adulti hanno antenne con tre segmenti di cui l’ultimo può essere stilato, più o meno ingrossato di varia forma, o aristato, a forma di grossa setola.

I Brachycera sono suddivisi in due taxa; gli Orthorrapha, che comprendono Tabanidae, Rhagionidae,

Stratiomyiidae, e presentano similitudini con i Nematocera il che rende questo parafiletico, e il taxa dei Cyclorrapha, a sua volta diviso in Aschiza e Schizophora, considerato monofiletico (Merritt; Courtney & Keiper

in Resh & Cardè,2003). Un recente studio (Wiegmann et al., 2011) basato su dati molecolari e morfologici di 149 specie sembra confermare la filogenesi tradizionale dell’ordine dei Diptera; in particolare riconosce i

Brachycera, Cyclorrapha e Schizophora come gruppi monofiletici e i Nematocera come gruppo parafiletico.

Anche se con alcune eccezioni (specie attere), gli adulti possiedono un paio di ali membranose, quelle anteriori o mesotoraciche, e sono volatori attivi. Il secondo paio di ali, le ali metatoraciche, sono modificate in strutture dette bilancieri implicate nella stabilizzazione durante il volo (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003). L’apparato boccale degli adulti può essere di tipo vestigiale, nelle specie in cui gli adulti non si nutrono, o ben sviluppato, per una dieta liquida tipica della maggior parte delle specie; in questo caso può essere di tipo lambente-succhiatore, denominato proboscide, o di tipo pungente-succhiatore. La dieta può comprendere sangue, nettare e altri liquidi organici.

Gli adulti generalmente possiedono una coppia di occhi composti; in certi gruppi gli occhi si uniscono dorsalmente, condizione detta oloptica, mentre in altri rimangono nettamente separati (condizione dicoptica).

Le larve di ditteri costituiscono il nutrimento per molti predatori, il che li pone alla base delle reti trofiche in molti ambienti; inoltre gli adulti possono essere impegnati nell’attività di impollinatori contribuendo al mantenimento delle comunità vegetali (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003).

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4.2.1. Syrphidae

I Syrphidae fanno parte del sottordine dei Brachycera (Cyclorrapha, Aschiza) (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003; Wiegmann et al., 2011) e

comprendono 180 generi e circa 6,000 specie descritte (Bugg, 1993).

La famiglia dei Syrphidae rappresenta il gruppo di ditteri maggiormente coinvolto nell’attività di impollinazione. Gli adulti si nutrono di sostanze zuccherine, come nettare e polline che oltre a rappresentare delle fonti di cibo molto energetiche pare siano fondamentali per lo sviluppo delle cellule riproduttive in entrambi i sessi (Schneider 1948,1958). Le larve hanno diverse strategie alimentari; alcune sono

saprofaghe altre fitofaghe e altre ancora sono predatrici di altri insetti, in genere afidi (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003).

Hanno un notevole impatto nell’attività di impollinatori, sono tra i ditteri più abbondanti su molte specie vegetali (Larson, 2001); il trasporto del polline è favorito dalla presenza di peli sui loro corpi.

Le specie appartenenti a questa famiglia mostrano spesso un aspetto mimetico con gli imenotteri Apoidei. Si tratta di un fenomeno di mimetismo bathesiano in cui una specie innocua, in questo caso un sirfide, imita una specie pericolosa, un’ape, per scoraggiare i predatori (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003). Nonostante la somiglianza con le api è possibile riconoscere un Syrphidae dal suo caratteristico volo; sono capaci di volo stazionario grazie al movimento rotatorio delle loro ali possono rimanere immobili di fronte al fiore e compiere veloci spostamenti laterali in ogni direzione (Geurten et al., 2010). Inoltre, nonostante l’apparente somiglianza tra i due gruppi di insetti, ad una osservazione più accurata si possono notare dei caratteri peculiari dei Syrphidae che permettono di distinguerli dagli Apoidea: la presenza di un solo paio di ali invece che due, antenne composte di 3 articoli rispetto ai 12-13 delle api, la presenza della tromba boccale al posto della ligula e l’assenza di aculeo (Pinzauti et al, 2000).

Al pari di altre famiglie di insetti la necessità di adeguate risorse alimentari e di luoghi adatti alla deposizione delle uova sono fattori limitanti la distribuzione e la sopravvivenza di questi ditteri (Bugg, 1993; Biesmeijer et al., 2006; Almohamad et al., 2008). All’interno dell’Unione Europea i sirfidi sono stati riconosciuti come un gruppo minacciato (Biesmeijer et al., 2006), al pari di altri impollinatori (Potts et al., 2010), e progetti riguardanti una valutazione del loro status di minaccia sono in atto (Syrph the Net (StN) database; Project on Status and Trends of European Pollinators riferimenti in Vujic et al., 2016)

Imm. 2 Chrysotoxum cautum (photo by Ab H Baas http://www.freenatureimages.eu/)

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4.2.2. Bombyliidae

La famiglia dei Bombyliidae fa parte del sottordine dei Brachycera nel clade degli Orthorrhapha; è una delle più grandi all’interno dell’ordine dei ditteri e comprende circa 5000 specie (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003; Wiegmann et al., 2011). La biologia di molte specie rimane tuttora sconosciuta, ma nelle specie sinora studiate è emerso un comune comportamento parassitario nella fase larvale che, probabilmente, ha determinato la loro grande varietà. Le larve sono parassite di ditteri, imenotteri, coleotteri e lepidotteri e molte di queste possiedono delle mandibole larghe, presumibilmente adattate a questa strategia (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003). Gli adulti si nutrono di nettare e polline e ronzano attorno ai fiori da cui ottengono il loro nutrimento. Il loro aspetto può ricordare quello di alcuni bombi, per il corpo tozzo e peloso, ma differenza dei bombi però presentano un apparato boccale a forma di lunga proboscide, possiedono un solo paio di ali e le antenne sono più corte (Larson, Kevan & Inouye, 2001). Sono diffusi in tutti i continenti ma la maggior parte si rinviene in luoghi assolati e aridi (Merritt; Courtney & Keiper in Resh & Cardè,2003;).

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4.3. Lepidoptera

I Lepidoptera, comunemente denominate falene e farfalle, costituiscono il gruppo più facilmente riconoscibile di insetti. È inoltre uno dei più numerosi ordini di insetti, con 160.000 specie identificate e secondo le stime di alcuni studiosi altrettante ancora da identificare (Powell in Resh & Cardè,2003).

Gran parte della loro grande varietà è da attribuire allo stretto rapporto tra questo ordine di insetti e le angiosperme e a fenomeni di coevoluzione.

Gli adulti dei lepidotteri si cibano di nettare e svolgono un ruolo fondamentale come impollinatori in diverse comunità vegetali. Il nettare viene raccolto dai fiori per mezzo del loro apparato boccale, di tipo lambente-succhiatore, chiamato spiritromba; l’apparato boccale è molto allungato e a riposo viene tenuto avvolto a spirale sotto la testa.

Sono estremamente dipendenti dalle piante a fiori, sia in termini di specie presenti che di biomassa;

entrambi questi fattori possono influenzare la presenza delle varie specie di lepidotteri nei diversi ambienti, in primis influenzando la scelta dei luoghi per l’ovo deposizione.

Le larve di questo ordine di insetti sono una componente fondamentale di numerose reti trofiche fornendo cibo per diversi predatori quali uccelli, ragni o altri insetti come le vespe. Le larve, denominate comunemente bruchi, sono principalmente fitofaghe e consumano in maniera preferenziale le piante a fiori; posseggono un apparato boccale masticatore e possono presentare delle specializzazioni legate alla porzione della pianta di cui si cibano come ad esempio fiori, foglie, frutti o radici.

Hanno 3 paia di zampe toraciche più delle pseudo zampe addominali; possiedono, inoltre, delle ghiandole serigene con cui tessono il bozzolo in cui effettuano la metamorfosi (Powell in Resh & Cardè,2003).

I Lepidoptera sono insetti olometaboli caratterizzati da una grande varietà di pattern di colori dovuta alla presenza di scaglie, peli modificati, che ne ricoprono il corpo, ali incluse.

I lepidotteri posseggono 2 paia di ali, che si uniscono durante il volo con diversi meccanismi. Alcune falene primitive possiedono un allargamento delle ali anteriori, detto jugum, che in volo si estende sopra le ali posteriori connettendole; nella la maggior parte delle falene, tuttavia, le ali posteriori per mezzo del frenulum si agganciano sotto le anteriori in corrispondenza del retinaculum (Powell in Resh & Cardè,2003).

Nelle farfalle la porzione humerale, una delle più vicine al torace che connette le ali al corpo, dell’ala posteriore è allargata. Le ali anteriori si sovrappongono alle posteriori e durante il volo le spingono verso il basso muovendosi all’unisono anche senza una vera e propria connessione (Scoble, 1995).

Imm. 3 Anania hortulata (photo by Ab H Baas http://www.freenatureimages.eu/)

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I Lepidoptera sono caratterizzati anche dall’avere un’ampia varietà di forme delle antenne, sia tra le specie, sia all’interno della stessa specie tra i sessi; le antenne possono essere, ad esempio filiformi o con i segmenti flagellari variamente ingranditi e ramificati (Powell in Resh & Cardè,2003).

Come per altri insetti impollinatori, la sopravvivenza di molte specie di lepidotteri è minacciata dalla degradazione e perdita degli habitat e, in misura minore, dai generali cambiamenti climatici causati dal riscaldamento globale (Balletto et al, 2016). Per quanto riguarda l’area mediterranea, che è considerata un hotspot di diversità per i lepidotteri, il 22% delle specie endemiche è classificato come minacciato (treatened) o NR (near tretened). Il 4.5% delle 426 specie di farfalle del Mediterraneo studiate sono a rischio estinzione (critical endangered, endangered o vulnerable) (van Swaay in Munguira et al., 2015).

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4.4. Hymenoptera

Gli Hymenoptera sono un vasto ordine di insetti olometaboli; vanno incontro a una completa metamorfosi con diversi stadi vitali distinti in uova, larva, pupa e adulto. Con Neuroptera, Coleoptera, Lepidoptera e Diptera sono inclusi nella divisione degli Endopterygota che comprende gli insetti le cui larve sono differenti dalla forma adulta e le ali si sviluppano all’interno della pupa (Royal entomological society, 2017).

Questo gruppo comprende taxa molto diversi tra loro; include taxa fitofagi, parassiti e predatori, sia sociali sia solitari, che vanno dalle dimensioni enormi delle vespe pompilidi cacciatrici di ragni, che possono raggi ungere i 12 cm di apertura alare, alla minuscola vespa parassita

Dicopomorpha echmepterygis Mockford,

1997 di 0.1mm di lunghezza. In quest’ordine la superfamiglia degli Apoidei, comunemente dette “api” sensu lato,

ricopre un ruolo predominante per l’attività pronuba. Il loro corpo è suddiviso in 3 regioni: il capo, il mesosoma e il metasoma. Il capo è molto mobile e porta un paio di occhi composti, tre ocelli, le antenne e l’apparato boccale. Gli occhi composti si trovano ai lati del capo e sono composti da migliaia di elementi visivi detti ommatidi. Gli ocelli, o occhi semplici si trovano al centro del capo. Le antenne sono composte di 3 segmenti; il primo, il più lungo è detto scapo, cui segue il pedicello, più corto e infine il flagello composto di 12 articoli nelle femmine e 13 nei maschi. Talvolta sono presenti delle cavità alla base delle antenne dette fovee. Gli Hymenoptera possiedono due paia di ali membranose riccamente innervate e suddivise in celle. Numero di celle e nervature sono caratteri diagnostici per il riconoscimento delle specie. Le ali posteriori nel margine anteriore possiedono delle strutture a uncino dette hamuli che si agganciano con il margine posteriore del primo paio di ali. In volo si comportano come un solo paio di ali (Quicke in Resh & Cardè ,2003). Gli Apoidea sono una superfamiglia dell’ordine degli Hymenoptera che comprende oltre alle api (superfamiglia Apoidea, serie Apiformes) anche le vespe sfecoidi (superfamiglia Apoidea, serie Spheciformes) (Brothers, 1999; Michener, 2000). Secondo Michener (2000) le api possono a loro volta essere suddivise in 7 famiglie (Stenotitridae, Colletidae, Halictidae, Andrenidae, Melittidae, Megachilidae e Apidae) a loro volta comprendenti diverse sottofamiglie. Attualmente questa è la classificazione più accettata tuttavia una recente ricerca (Melo & Gonçalves, 2005) ne ha proposto una revisione; in particolare gli autori propongono di riunire tutte le api in un’unica famiglia Apidae e mantenere i precedenti gruppi con il rango di sottofamiglie, abbandonando l’attuale raggruppamento nella serie Apiformes.

Imm. 4 Vespa crabro (photo by Mark Zekhuis http://www.freenatureimages.eu/)

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Il raggruppamento di tutte le api in un’unica famiglia è stato proposto anche da Brothers (1999); in questa classificazione la superfamiglia degli Apoidea contiene 5 famiglie Heterogynaeidae, Ampulicidae, Sphecidae,

Crabronidae e Apidae.

In questo lavoro ci atteniamo alla classificazione più accettata e utilizzata di Michener (2000).

Le api, sensu lato, sono tra gli insetti che hanno maggiore impatto come impollinatori. Tra gli Apoidei l’attività pronuba è svolta principalmente dalle femmine. Esse raccolgono nettare e/o polline non solo per il fabbisogno del singolo individuo ma anche per procurare cibo per le larve (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990) e, nelle specie sociali, per gli individui non impegnati nell’attività di foraggiamento come le regine, i maschi e alcune delle operaie. Considerando, inoltre, che il ciclo vitale dei maschi è più breve rispetto a quello delle femmine, dato che il loro ruolo si limita alla riproduzione, il loro impatto nel trasporto del polline è ulteriormente ridotto. Le femmine degli Apoidei hanno delle strutture specializzate per la raccolta del polline, fatta eccezione per le specie parassite e per alcune specie appartenenti alla famiglia dei Colletidae (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990). Tali strutture sono costituite da serie di peli, che servono a trattenere il polline, che insieme formano la spazzola; questa si trova generalmente nelle zampe posteriori ad eccezione dei Megachilidae le cui femmine portano la spazzola sotto l’addome. Le zampe degli Apoidei sono costituite da diversi segmenti: la coxa, il trocantere, la tibia, e il tarso che a sua volta è suddiviso in ulteriori segmenti detti tarsomeri. Il comportamento di raccolta del polline è particolare; gli Apoidei raschiano le antere con le zampe e le mandibole e raccolgono il polline che viene poi trasferito alle zampe posteriori o sotto l’addome. Anche il polline che rimane attaccato al corpo (provvisto di peli) è staccato con le zampe anteriori e raccolto a livello della spazzola (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Gli Apoidei possono essere suddivisi sulla base della loro strategia riproduttiva in specie monovoltine (con una sola generazione per anno), specie bivoltine (con due generazioni l’anno) e quelle parzialmente bivoltine (in cui solo una parte delle larve si sviluppa mentre le restanti subiscono un arresto nello sviluppo fino all’anno successivo). Le api sono generalmente animali termofili; solitamente si trovano in spazi aperti e soleggiati e l’inverno rappresenta la stagione avversa anche se le esigenze di temperatura e condizioni atmosferiche in cui sono attive variano sensibilmente tra i vari gruppi, ad esempio i bombi e le andrene possono bottinare anche con debole pioggia (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Il parassitismo è un fenomeno diffuso all’interno delle api (Michener, 2000) e possono essere identificate quattro strategie diverse adottate dalle api parassite.

Negli apoidei solitari alcuni individui possono usurpare il nido costruito da altri appartenenti alla stessa specie; questo fenomeno di parassitismo intraspecifico talvolta può essere sottostimato perché, a meno che gli individui osservati non siano marcati, non è possibile distinguere tra il parassita e il suo “ospite” (Michener, 2000).

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I due generi di Meliponini (Apidae) Lestrimelitta e Cleptotrigona sono parassiti di altri Meliponini a cui sottraggono il cibo dai nidi e li portano nei propri. In questo caso i parassiti dipendono dagli ospiti per il cibo, ma non per il nido.

Nel fenomeno del parassitismo sociale la femmina parassita entra all’interno del nido di una colonia e sostituisce la regina; così facendo le operaie cresceranno la prole del parassita invece che quella della propria specie. La regina ospite può essere uccisa oppure no (Michener, 2000).

Il parassitismo sociale è stato rinvenuto nella famiglia degli Halictidae (in Spechodes spp.; Microsphecodes

spp. e in alcune specie di Lasioglossum spp.) e nella famiglia degli Apidae (negli Allodapini appartenenti alla

sottofamiglia degli Xylocopinae e il genere Psithyrus).

La maggior parte delle api parassite adotta la tecnica del cleptoparassitismo; la femmina parassita entra nel nido dell’ospite, di solito un’ape solitaria anche se alcune Halictidae sociali sono ospiti di cleptoparassiti (Michener, 2000), depone le proprie uova e dopodiché se ne va. In alcuni casi può rimanere nel nido della specie ospite dopo averla cacciata (Hoplostelis spp.). Le larve del parassita si nutriranno del cibo raccolto per quelle dell’ospite; le uova dell’ospite possono essere distrutte dalla femmina parassita prima di depositare le proprie oppure le larve del parassita possono uccidere le ospiti, o distruggerne le uova, dopo essere uscite dal proprio (Coelioxys spp. e altri cleptoparassiti della famiglia degli Apidae).

I cleptoparassiti appartengono a taxa specializzati; nella famiglia Colletidae alcune specie del genere Hylaeus (Nesoprosopis), il genere Sphecodes nella famiglia Halictidae, i generi Dioxys, Stelis e Coelioxys nella famiglia

Megachilidae, la sottofamiglia dei Nomadinae e il sottogenere Psithyrus (gen Bombus) nella famiglia degli Apidae (Michener, 2000).

In generale i parassiti sociali e i cleptoparassiti mostrano la riduzione o la scomparsa della scopa, in quanto non raccolgono polline per il loro sostentamento, possono avere una cuticola più robusta o presentare spine, lamelle per proteggersi dagli attacchi degli ospiti. Alcuni parassiti possono produrre più uova rispetto ai propri ospiti, in quanto non investono nella costruzione del nido, ma solo nella sua colonizzazione (Michener, 2000). La biodiversità degli Apoidea in Europa mostra un pattern positivo che segue un gradiente Nord-Sud (Nieto et al., 2014); gli ambienti arido-caldi del bacino del Mediterraneo costituiscono le zone con maggiore ricchezza in specie (Patiny et al., 2009; Nieto et al., 2014). Sono numerosi gli endemismi, alcuni dei quali ristretti a singole isole come Chelostoma siciliae Muller, 2012 in Sicilia, Chelostoma comosum Muller, 2012 a Cipro, Bombus pereziellus (Skorikov, 1922) in Corsica, o a gruppi di isole come ad esempio Melecta canariensis Lieftink, 1958 nelle Canarie e Anthophora balearica (Friese, 1896) nelle Baleari (Nieto et al., 2014).

Nella distribuzione generale degli Apoidea i bombi rappresentano un’eccezione essendo presenti prevalentemente nelle regioni temperato-fredde dell’emisfero settentrionale e particolarmente abbondanti tra i 60° e i 65° di latitudine Nord (Graziano, 2002).

Le api possono essere suddivisi in due grandi gruppi: le api solitarie e le api sociali. Esistono, tuttavia, alcuni livelli intermedi di socialità.

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Nelle api marcatamente solitarie le femmine costruiscono uno o più nidi, approvvigiona le celle con cibo sufficiente per lo sviluppo della larva e, dopo aver deposto l’uovo, sigilla la cella. La femmina muore prima che le larve emergano dalle celle, per cui non mantiene alcun contatto con la prole (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000); solo le larve superano la stagione avversa, in diapausa, nella cella dove completeranno il loro sviluppo. A questo gruppo appartengono tutte le famiglie di Apoidea (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Un fenomeno comune a tutte le famiglie di api, ad eccezione delle Apidae, è l’aggregazione, in cui più femmine costruiscono nidi ravvicinati, ognuno con la propria entrata, senza che siano collegati tra loro (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000).

Nelle api comunitarie, come ad esempio alcune specie di Andrenidae, Megachilidae e Halictidae, le femmine utilizzano un unico nido, ognuna però approvvigiona solamente le proprie celle (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000; Zablotny in Resh & Cardè,2003) e non c’è condivisione delle cure della prole. Il vantaggio maggiore consiste nel fatto che essendoci un’unica entrata per le femmine è più facile difendere il nido (Zablotny in Resh & Cardè,2003).

Nelle api quasi –sociali le femmine condividono un unico nido, cooperano per la sua costruzione, per la difesa e per l’approvvigionamento delle celle (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000; Zablotny in Resh & Cardè,2003); non c’è tuttavia suddivisione dei compiti (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000).

Le api semi-sociali, a cui appartengono alcune specie di Halictidae, possiedono un’organizzazione in cui le femmine appartenenti alla stessa generazione cooperano per la costruzione e approvvigionamento del nido e la deposizione delle uova è a carico solo di alcune di loro mentre le altre agiscono da operaie (Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000; Zablotny in Resh & Cardè,2003).

Le api propriamente sociali appartengono alla famiglia degli Apidae (Apinae, Bombinae e Meliponinae); in Europa in questo gruppo si annoverano solo Apis mellifera e i bombi (Bombus spp.) (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Un’organizzazione sociale viene identificata sulla base di tre caratteristiche 1) cura della prole condivisa tra vari membri della stessa colonia 2) sovrapposizione di almeno due generazioni di adulti all’interno della colonia 3) riproduzione affidata solo ad alcuni individui fertili che vengono accuditi dai membri sterili della colonia a cui è affidato il sostentamento e la protezione del gruppo (Zablotny in Resh & Cardè,2003).

La socialità non è esclusiva delle api ma è diffusa all’interno dell’ordine degli imenotteri; sono sociali, ad esempio, tutte le specie di formiche (fam. Formicidae) e tutte le vespe della super famiglia dei Vespoidea. Anche altri ordini di insetti presentano forme sociali come le termiti (Isoptera), alcuni afidi (Heteroptera) e i tisanotteri (Thysanoptera) (Zablotny in Resh & Cardè,2003).

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La lunghezza della ligula è un carattere importante nelle api e variabile a seconda delle famiglie (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990); sulla base di questo carattere possono essere suddivise in api a ligula corta e api a ligula lunga.

Al primo gruppo appartengono le famiglie dei Colletidae, Andrenidae e Halictidae, definite sulla base di questo carattere “api primitive” (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990; Ricciardelli D’Albore & Intoppa, 2000); questi apoidei visiteranno fiori con corolle corte dove il nettare sia facilmente accessibile (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Alle api a ligula lunga appartengono le famiglie Andrenidae, Megachilidae e Apidae; possedere una ligula lunga permette loro di raggiungere il nettare dei fiori con corolle profonde (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

Gli apoidei possono adottare diverse strategie per quanto riguarda l’uso delle specie vegetali di cui si nutrono; alcune specie, definite polilectiche, sono generaliste, e foraggiano su un’ampia varietà di specie vegetali; altre sono più specializzate e sono denominate oligolectiche se si nutrono solo di specie appartenenti ad una singola famiglia o monolectiche se si nutrono di un solo genere o una sola specie florale.

Le api si distinguono infine anche in base alla scelta dei luoghi di nidificazione; si possono avere specie che nidificano sotto terra, dette terricole, specie che fanno il nido nel legno, sia vivo sia morto, dette xilicole, e specie che lo costruiscono liberamente su diversi supporti. Le esigenze di nutrizione e di nidificazione delle api selvatiche determinano che abbiano bisogno di luoghi liberi, incolti, con un’ampia varietà di specie in fiore per poter prosperare (Pesson e Louveaux, 1984; Jacob-Remacle, 1990).

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