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Il contrasto della corruzione nelle aziende private: l’esperienza Ferragamo

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Strategia Management e Controllo

Il contrasto della corruzione nelle aziende private:

l’esperienza Ferragamo

Relatore: Candidato:

Prof.ssa Caterina Giannetti Gianluca Aiello

(matricola 479711)

(2)

Alla mia mamma, per la fiducia e il supporto

sempre dimostrato

nel mio percorso di studi.

(3)

“La lotta alla corruzione deve diventare una questione di cultura e non solo di regole; ciò richiederà un approccio a lungo termine, un’istruzione continua in tutti i settori della società come componente indispensabile della strategia anticorruzione e un inequivocabile impegno politico”

(4)

INDICE

INTRODUZIONE: Scopo del lavoro, contenuti e metodologia 3 CAPITOLO I

DEFINIZIONE E MISURAZIONE DELLA CORRUZIONE, IMPATTI ECONOMICI E COSTI

I.1 Possibili definizioni 6

I.2 Possibili misurazioni 14

I.3 Il contributo dell’economia sperimentale 24

I.4 Corruzione e sviluppo economico 27

CAPITOLO II

EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE

II.1 Norme in ambito pubblico e privato e la nuova logica della prevenzione 34

II.2 La corruzione tra privati 51

II.3 Il rating di legalità e la norma ISO37001 58

CAPITOLO III

LOTTA ALLA CORRUZIONE NELLE AZIENDE PRIVATE: MODELLI ORGANIZZATIVI, PIANI ANTICORRUZIONE, PRINCIPI ETICI E CULTURA DELLA LEGALITÀ

III.1 I Modelli di Organizzazione e Gestione 70

III.2 I piani anticorruzione 84

III.3 L'etica e la cultura della legalità 97

III.4 Il valore della compliance anticorruzione 116

CAPITOLO IV

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PRIVATA: IL GRUPPO SALVATORE FERRAGAMO 123

CAPITOLO V CONTRASTO DELLA CORRUZIONE: CULTURA E STRUMENTI INNOVATIVI V.1 La cultura e la legalità 143

V.2 Alcuni strumenti innovativi 158

V.2.1 Information Technology: open data e big data 158

V.2.2 Forensic analysis 165 V.2.3 La blockchain 169 V.2.4 L’agente provocatore 173 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 177 BIBLIOGRAFIA 180 SITOGRAFIA 186 RINGRAZIAMENTI 188

(6)

INTRODUZIONE

Lo scopo del presente lavoro è quello di analizzare se e come le norme anticorruzione emanate negli ultimi anni in Italia stanno fornendo un reale contributo alla riduzione dei fenomeni corruttivi sia in ambito pubblico che privato, focalizzando in particolare l'attenzione su quest'ultimo contesto e soprattutto valutando la loro efficacia nell'organizzazione complessiva delle aziende.

Gli adempimenti conseguenti all’approvazione delle norme anticorruzione riguardano sia gli enti e le aziende pubbliche che le aziende private. Mi soffermerò brevemente sui primi, mentre intendo approfondire l’analisi relativamente alle altre.

L'analisi della corruzione e delle strategie anticorruzione in ambito privato è condotta sia per quanto riguarda il rapporto privato – privato, ma anche relativamente al rapporto privato – pubblico.

In Italia, quando si parla di corruzione, si pensa subito all'attività di un “pubblico ufficiale” o di un “incaricato di pubblico servizio” e per fronteggiare il fenomeno si è fatto uso e ricorso al Codice Penale nella parte relativa alla Pubblica Amministrazione. A mio parere è invece importante che la prevenzione e la repressione della corruzione pubblica sia affrontata anche con azioni di prevenzione e repressione in ambito privato. É, forse non a caso, con la legge n. 190/2012 che riguarda sostanzialmente il contesto pubblico, che si introduce il reato di corruzione privata: fino a quel momento le uniche ipotesi di corruzione in ambito privatistico erano quelle dell'infedeltà di amministratori, sindaci, revisori e vertici aziendali a seguito di dazione o promessa di utilità (art. 2635 del Codice Civile, introdotto dal d.lgs. n. 61/2002) e quella della corruzione dei

(7)

revisori (art. 174 ter del TUIF, introdotto con L. n. 262/2005).

Invece è importante affrontare il tema della corruzione anche dal lato dell'impresa privata che intrattiene rapporti con le altre imprese, ma in moltissimi casi anche con la Pubblica Amministrazione.

Questo aspetto è tanto più importante se si pensa anche alla crescente privatizzazione di imprese pubbliche e alla globalizzazione dell'attività economica, conseguentemente è importante trattare il tema della corruzione in ambito privatistico e con uno sguardo al contesto internazionale.

Con tali finalità inizio dalla possibile definizione del fenomeno corruzione e dalle possibili misurazioni di essa, faccio riferimento anche agli approcci dell'economia sperimentale in questo ambito e soffermo l’attenzione sui costi della corruzione e sul suo impatto in senso lato sul tessuto economico di un paese.

Insieme poi ad un breve excursus sulle norme di prevenzione e repressione della corruzione che si sono succedute dall'ultimo scorcio del Novecento ad oggi in ambito pubblico e privato, il nucleo del lavoro è caratterizzato dall’analisi dei processi di gestione del rischio corruzione e di costruzione dei sistemi di controllo interni alle aziende private.

In questo ambito presento la policy anticorruzione di un’azienda italiana, verificando in un caso concreto la possibile efficacia degli strumenti adottati e l'impatto di essi sull'organizzazione dell'azienda.

Da ultimo mi soffermo a riflettere sul perché e come la lotta alla corruzione non possa prescindere, oltre che da norme chiare e sanzioni esemplari, da una diversa

(8)

cultura, da concetti di etica e di legalità che devono essere e diventare patrimonio collettivo, condiviso da tutta la società civile, e quindi sull’importanza della formazione in tal senso sia in ambito scolastico e formativo in generale che lavorativo. Tale riflessione è condotta con riferimento ad alcuni saggi di economia sperimentale, nei quali la correlazione cultura – corruzione è ampiamente esaminata e provata in ambiti molto diversi tra loro, tra cui quello aziendale.

(9)

CAPITOLO I

DEFINIZIONE E MISURAZIONE DELLA CORRUZIONE, IMPATTI ECONOMICI E COSTI

I.1 Possibili definizioni

Risulta molto complesso definire la corruzione, così come misurarla. Innanzitutto perché si tratta di un “oggetto” privo di evidenza, che si realizza di nascosto, ma anche perché il termine corruzione ha moltissime sfaccettature ed accezioni, quindi a seconda di queste possono essere più utili ed efficaci di altri i metodi che si scelgono per misurarla.

Inoltre, e non si tratta di un aspetto secondario, la definizione di corruzione non può prescindere dai valori e dall’etica che in determinati periodi storici sono dominanti nella cultura e nella società.

Infine anche le diverse disposizioni normative dei diversi paesi, che sono in ogni caso influenzate dalla cultura vigente sul tema, non aiutano a definire univocamente la corruzione.

Va anche precisato, come sostengono autorevoli studiosi del problema, che più il fenomeno corruzione è attenzionato (dalle norme, dall’opinione pubblica) più esso si evolve per nascondersi ancora di più, diventando così sempre più difficile stabilirne i contorni, dato che corruttori e corrotti riescono ad affinare le loro azioni tramite una sorta di darwiniana “evoluzione della specie” (Davigo, 2003) . 1

In ogni caso, se non si definisce e non si misura la corruzione, le politiche di

Davigo P., 2003, “ gli intatti meccanismi della corruzione sistemica”, in Forti G. (a cura di) “ il

1

(10)

contrasto diventano assolutamente inefficaci.

La corruzione è stata definita in termini generali da Transparency International (la natura e la mission di questa organizzazione è chiarita in seguito) “un abuso a fini privati di un potere delegato” , che trova corrispondenza in quello che la 2

letteratura economica definisce come lo schema principale-agente.

Vorrei quindi prendere come dato di partenza la definizione della corruzione che discende dal “modello dell’agenzia” (Jensen, Meckling, 1976) delle scienze economiche (agency theory) , secondo la quale la fonte legittima del potere è il 3

rapporto tra un principale ed un agente, rapporto nel quale il primo incarica il secondo di realizzare i suoi obiettivi, vincolandolo con una qualche forma di contratto, implicito o esplicito.

Nello schema dell’agenzia la corruzione (nelle sue molteplici accezioni e varianti) costituisce una deviazione intenzionale del comportamento dell’agente dal compito di tutela degli interessi del principale ed una violazione della fiducia che questi ripone in lui. In questo rapporto si introduce poi un outsider, un terzo soggetto (Klitgaard, 1988) , a cui l’agente cede illegittimamente vantaggi o 4

riconosce arbitrariamente diritti all’insaputa e contro il volere del principale, ottenendo una contropartita di cui si appropria privatamente ed in modo occulto. Quindi la corruzione implica i seguenti aspetti:

• il potere che viene affidato/delegato, • il soggetto a cui il potere viene affidato,

Cfr. www.transparency.it

2

Jensen M., Meckling W.H., 1976, “ Theory of the firm”, in Journal of Financial Economics, v.3, pp.

3

305-360

Cit. in Centorrino M., Lisciandra M., 2010, “La teoria economica della corruzione”, in Quaderni

4

Europei, n. 8/2010 - “La corruzione fra teoria economica, normativa internazionale, modelli di organizzazione d’impresa” - Centro di Documentazione Europea Università di Catania, p. 9

(11)

• l’abuso di potere che il soggetto realizza, • il vantaggio privato che deriva dall’abuso.

Il potere è da intendere, in generale, come la delega ad un soggetto di stabilire regole ad altri o di imporre ad altri il rispetto di queste regole o, ancora, di prendere decisioni obbligatorie per altri.

Il soggetto a cui tale potere viene affidato può essere un soggetto pubblico (un politico o un funzionario amministrativo) o un soggetto privato (ad esempio l’amministratore di un’impresa).

L’abuso si ha quando il potere non viene esercitato nei modi e nei termini previsti dalla delega ricevuta.

Il vantaggio privato è un beneficio finanziario o di altra natura, che può essere personale del soggetto che abusa del potere oppure di soggetti a lui in qualche modo legati (familiari, amici, gruppi di interessi, ecc.).

Fatte queste premesse, la corruzione può definirsi in una maniera generale, che si adatta quindi alle numerose forme in cui si manifesta, come un rapporto triadico, tra un principale, un agente ed un terzo soggetto che fa parte della platea cui si rivolge l’attività dell’agenzia. Così la corruzione, in tutte le sue accezioni e sfaccettature, può essere definita l’abuso del potere affidato ad un soggetto da parte di un altro soggetto, abuso finalizzato al proprio beneficio personale.

È evidente poi che i vantaggi della corruzione sono a favore sia del corruttore che del corrotto e possono essere di varia natura, però possono essere ricompresi tutti, come concordano gli studiosi, sotto la categoria generale di rendita.

(12)

Un'altra definizione di carattere generale della corruzione è quella che può essere mutuata dalla teoria microeconomica del crimine elaborata da Becker (1968) . 5

Essa descrive il potenziale corruttore come colui che razionalmente valuta costi e benefici dell'azione che mette in essere, cioè il comportamento disonesto è l'esito di una tradizionale analisi economica costi/benefici.

Di sicuro il numero di reati che vengono commessi dipende dalla probabilità di essere scoperti e condannati e dalla pena prevista. Ciò vale a dire che in alcune situazioni e a determinate condizioni è “razionale” comportarsi da criminali. Questa teoria è importante perché fornisce elementi chiave per disincentivare i fenomeni corruttivi, nel senso che quanto più alta è la probabilità di essere scoperti e quanto più aspre sono le pene, tanto minore sarà, per così dire, il costo di rispettare le norme.

D'altro lato è vero anche, ed è un aspetto non trascurabile, che pene più aspre, nel caso il fatto corruttivo venga scoperto, implicano tangenti più alte.

Ancora oggi gran parte della letteratura giuridica continua a definire la corruzione come la condotta propria del pubblico ufficiale che riceve denaro (tangente, mazzetta) o altre utilità che non gli sono dovute, un accordo tra un pubblico funzionario e un privato nel quale il secondo corrisponde al primo un compenso per un atto in vario modo attinente alle attribuzioni di quest’ultimo: generalmente si è cioè portati spesso a pensare che la corruzione riguarda l’uso improprio della propria posizione nella pubblica amministrazione, per assicurarsi vantaggi per se stessi o per una terza parte.

Becker G., 1968, “Crime and punishment: an economic approach”, in Journal of Political Economy,

5

(13)

Invece da quanto detto sopra, cioè dalla definizione di corruzione in maniera generale che si adatta a qualunque ambito in cui essa può esplicarsi, si comprende bene che essa non va considerata unicamente come reato contro la pubblica amministrazione, ma che si deve focalizzare l’attenzione (cosa che il presente lavoro si pone l’obiettivo di fare) alla corruzione anche con riferimento all’ambito privato.

Per il fine di questo lavoro la definizione di corruzione che in termini generali dà Zarone (2017) , riprendendo una definizione data dalle Linee Guida delle 6

Nazioni Unite, cioè “l'abuso di posizione pubblica o privata per ottenere vantaggi diretti o indiretti”, è quella che a mio parere esattamente identifica i due ambiti in cui essa si esplica e che è bene esplorare.

Qui si intende infatti identificare un concetto di corruzione che cala le definizioni generali di cui sopra nel contesto aziendale privato, nella convinzione, sostenuta anche ampiamente nella letteratura giuridica ed economica, che la lotta alla corruzione merita di essere esperita nei due contesti, pubblico e privato, per contribuire così a tentare di determinare una cultura anticorruzione in tutti gli ambiti della società.

Il livello di corruzione di un paese è tradizionalmente ricondotto a fattori di tipo economico, giuridico, politico-istituzionale, socio-culturale, e spesso le cause possono diventare effetti e gli effetti cause.

Quando si parla di fattori economici si fa riferimento:

• al livello di distribuzione del reddito: da analisi e da dati di varia natura risulta che nei paesi in cui il benessere economico è più alto, così come il

Zarone V., 2017, “Il fronteggiamento del rischio di corruzione nella prospettiva

economico-6

(14)

livello di istruzione, più basso è il livello di corruzione (Lipset, 1960) ; 7

• agli incentivi/salari dei dipendenti pubblici: in alcuni studi si ipotizzano (Klitgaard, 1988, Rijckeghem, Weder, 2001) ed in alcuni paesi sono stati 8

concessi (ad esempio in Svezia) salari più alti, in alcuni casi detti di efficienza, per tali dipendenti; tale maggiorazione salariale aiuta a prevenire l'azzardo morale e la selezione avversa , ma anche in questo 9

caso è possibile un “rovescio della medaglia” per così dire, nel senso che salari più elevati possono comportare anche, per evitare di essere scoperti e puniti in casi di corruzione, richieste di tangenti più alte (Klitgaard, 1988) ; 10

• alla dimensione del settore pubblico, intesa nel senso dell'entità della spesa pubblica, della produzione di numerose leggi e regolamenti e della conseguente discrezionalità nella loro applicazione (Tanzi, 2002, Gupta, Davoodi, Jiongson, 2002) , dell'“opacità” delle amministrazioni 11

pubbliche nei confronti dei cittadini che crea asimmetria informativa tra burocrati e cittadini(DeSoto, 1989, Manion, 1996) ; 12

• alla regolamentazione dell'economia e al livello di concorrenza, nel senso che livelli modesti di concorrenza economica si accompagnano a livelli più alti di corruzione: oligopoli e monopoli favoriscono la corruzione (Lambsdorff, 2006) . 13

Cit. in FormezPA, AA.VV. “La corruzione. Definizione, misurazione e impatti economici”, p. 36

7

Cit. in Galli E., “La dimensione economica della corruzione”, Università Roma Sapienza, in https://

8

webuniroma1.it/

Teoria principale/agente: entrambi i concetti fanno riferimento alla asimmetria informativa che

9

sempre sussiste tra principale ed agente, l’azzardo morale è il comportamento opportunistico pre-contrattuale, la selezione avversa il comportamento opportunistico dell’agente in fase post-contrattuale

Cit. in FormezPA, cit. p. 36, Centorrino-Lisciandra, cit., p. 7

10

Galli. E., cit.

11

Ibidem

12

Ibidem

(15)

Quando si fa riferimento ai fattori giuridici si intende l'efficacia del sistema giuridico/giudiziario (pene previste, tempi dei procedimenti, tempi di prescrizione dei reati, ecc.), anche se, come si diceva prima, tale efficacia si può portar dietro, a fronte di “rischi” più alti, richieste di maggiori tangenti. Però, in ogni caso, un sistema giudiziario efficace favorisce sicuramente le denunce e funge assolutamente da deterrente e disincentivo. In generale la certezza del diritto è fondamentale perché un paese possa crescere in termini economici e sociali, libero dalla corruzione: in mancanza di essa, come si evince dall’immagine seguente, si creano le condizioni favorevoli per il proliferare di illegalità e malaffare.

Figura n. 1

!

Fonte: www.riparteilfuturo.it

Quando si parla di fattori politico-istituzionali si fa riferimento alle forme di governo dei vari paesi (ci sono evidenze empiriche secondo le quali i governi di tipo presidenziale sono caratterizzati da un minore grado di corruzione rispetto ai

(16)

governi di tipo parlamentare e la ragione è da individuare nel fatto che nei primi vi è una più marcata separazione dei poteri) , alle varie forme di democrazia, 14

alla lunga data dell'organizzazione democratica (un regime democratico solido e di buona qualità offre ai cittadini maggiori possibilità di controllare i politici e, qualora essi si rivelino corrotti, di punirli non rieleggendoli) , ai sistemi 15

elettorali , alla libertà di stampa (una stampa libera favorisce la conoscenza e la 16

trasparenza, che è strumentale al controllo democratico, rendendo più difficile il fenomeno corruttivo o perlomeno consentendo di scoprirlo), alle organizzazioni territoriali dei governi (accentramento o decentramento dei poteri) , come 17

elementi che possono favorire o meno l'insorgenza di fenomeni di corruzione. Si operano anche distinzioni tra paesi in regime di “common law” (ordinamenti dei paesi anglosassoni) che risultano statisticamente essere meno corrotti da quelli di “civil law” (quello italiano e dei paesi continentali), due regimi profondamente diversi per la struttura e la ripartizione delle funzioni dei vari poteri dello stato e per il diverso ruolo della legge scritta e delle decisioni della giurisprudenza . 18

Infine non può mancare, come si diceva sopra, il riferimento ai fattori sociali e culturali dei vari paesi, come storia, religione, etica, ecc. (Fisman, Miguel, 2006) . Alla trattazione di questi fattori sono dedicati i capitoli successivi, dal 19

momento che a mio parere essi giocano un ruolo fondamentale quando si affronta il tema della corruzione.

Cit. in FormezPA, op. cit. p. 36, Centorrino-Lisciandra, op. cit., p. 8 ss.

14

FormezPA, op. cit., p. 36

15

I sistemi di tipo maggioritario risulterebbero meno corrotti, in quanto viene dato consenso a singoli

16

individui e non a partiti, cfr. Galli E., op. cit. Galli E., op. cit.

17

Ibidem

18

Fisman R., Miguel E., 2006, “Cultures of corruption: evidence from diplomatic parking tickets” -

19

(17)

I.2 Possibili misurazioni

La natura multidimensionale del fenomeno corruzione giustifica poi l’esistenza di misure ed indicatori di diversa natura, che si possono distinguere in misure soggettive o di percezione e misure oggettive. Queste ultime a loro volta comprendono misure basate sia sull’esperienza diretta, che su indicatori di mercato e su misure giudiziarie (denunce, sentenze penali, sentenze contabili). Le misure soggettive comprendono una serie di indicatori aggregati che sintetizzano vari aspetti o manifestazioni della corruzione in un’accezione ampia. Esse sono basate sulla percezione del fenomeno, anche nella sua dimensione latente, e per questo sono considerate soggettive. Si fondano su sondaggi realizzati con campioni rappresentativi della popolazione o con categorie specifiche di soggetti, chiamati a rispondere ad una batteria di domande volte a conoscere la loro opinione e percezione sul grado di diffusione della corruzione nel proprio come in altri paesi.

Tra queste misure la più utilizzata e conosciuta è il Corruption Perception Index (CPI), elaborato e pubblicato annualmente a partire dal 1995 da Transparency International per un insieme di paesi.

Transparency International è un’organizzazione non governativa, no profit, leader nel mondo per la sua azione di contrasto alla corruzione e di promozione della trasparenza, dell’integrità e dell’etica, che ha elaborato numerosi indici ed indicatori, che cercano di misurare la corruzione per aumentare la coscienza e la conoscenza di essa, e quindi la messa in atto di politiche di contrasto. È un network composto da oltre 100 associazioni, è nato nel 1993 ed ha sede centrale a Berlino.

(18)

Il CPI è un indice aggregato costruito sulla base di una serie di interviste che vari istituti di ricerca indipendenti ed accreditati sottopongono ad un campione di esperti, manager, analisti politici e finanziari.

Esso determina la percezione della corruzione nel settore pubblico in numerosi paesi, attribuendo a ciascuno un punteggio che varia da 0 (massima corruzione) a 100 (assenza di corruzione).

L’Indice di Percezione della Corruzione 2018, pubblicato da Transparency International e relativo alla misurazione della corruzione nel settore pubblico e politico, colloca l’Italia al 54° posto nel mondo su 180 paesi analizzati, con un punteggio di 50 su 100.

Figura n. 2

!

(19)

Dal 2012 (anno di emanazione della legge anticorruzione) l’Italia, come evidenziato in figura, ha scalato 18 posizioni. Nelle prime posizioni si confermano Nuova Zelanda e Danimarca. La migliore posizione dell’Italia nella suddetta classifica viene fatta risalire dalla stessa Transparency International 20

alla legge n. 190/2012 (Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), alla legge n. 114/2014 (Semplificazione e trasparenza amministrativa ed efficienza degli uffici giudiziari), alle nuove norme sugli appalti pubblici, all’introduzione dell’accesso civico generalizzato, alla recente tutela dei whistleblower sia in ambito pubblico che privato (legge n. 179/2017 Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato). Il termine, che tradotto letteralmente significa “soffiatore di fischietto”, indica le persone inserite all'interno di organizzazioni pubbliche e private che proprio perché interne alle stesse possono avere più facilmente la possibilità di constatare illeciti ed episodi corruzione; è evidente che la segnalazione di illeciti e corruzione commessi nel proprio contesto lavorativo è possibile se e solo se è garantita un'adeguata protezione rispetto a ritorsioni da parte dell'organizzazione stessa.

www.transparency.it

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Figura n. 3

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Fonte: www.transparency.it

Transparency International ha elaborato anche il Bribe Payers Index (BPI) dal 1999 al 2011 per un campione di 28 paesi avanzati ed emergenti maggiormente esposti ad investimenti esteri ed al commercio internazionale. Si tratta di un indice che misura la propensione alla corruzione delle imprese esportatrici che continuano a ricorrere alla corruzione per ottenere contratti, pur operando in paesi che hanno aderito alla convenzione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) anticorruzione di cui parlerò in seguito (questo indice indaga cioè l’uso della corruzione per ottenere commesse nonostante l’adozione nei paesi ad oggetto di leggi che rendono un crimine il pagamento di tangenti agli ufficiali). Le interviste sono condotte su un campione di dirigenti di aziende nazionali e multinazionali, funzionari di Camere di Commercio, banche commerciali. Il BPI identifica anche i settori in cui la corruzione è prevalente, che risultano essere quelli delle costruzioni, dei lavori pubblici, dell’energia (gas, petrolio). L’ultima edizione, come riportato nel grafico seguente, classifica l’Italia al quindicesimo posto.

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Figura n. 4

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Fonte: www.transparency.it

Il Corruption Control Index (CCI), elaborato dalla Banca Mondiale dal 1996, misura invece la corruzione come fenomeno di “cattura” degli stati da parte di lobby, élites ed interessi privati, attraverso risposte a domande sottoposte ad esperti del mondo degli affari ed analisti. In Europa, secondo indagini di Transparency International, solo in 7 paesi sono presenti norme che regolano le attività di lobbying ed i loro rapporti con i decisori politici. Sebbene il lobbying, inteso come il far valere le istanze di gruppi/portatori di interesse, faccia parte dei sistemi democratici, senza regolamentazione può comportare che le lobbies con maggiori risorse e reti di conoscenze riescano a far prevalere interessi particolari a scapito di quelli della collettività nella sua interezza, quindi agiscano influenze non lecite. Questo è tanto vero che spesso nell'immaginario collettivo lobbying e corruzione sono quasi sinonimi. Di seguito sono riportati i dati relativi all’Italia, dal primo indice elaborato nel 1996 fino a quello elaborato nel 2017.

(22)

Figura n. 5

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Fonte: www.theglobaleconomy.com

Il Public Integrity Index (PII) è costruito sulla base di valutazioni di esperti in un campione di paesi relativamente all’esistenza ed efficacia, in quei paesi, di meccanismi che prevengono abusi di potere, promuovono l’integrità pubblica, l’accesso dei cittadini all’informazione pubblica al fine di favorire il controllo sull’operato dei governi.

Accanto ai sopra detti indicatori ve ne sono altri. Queste misurazioni, tutte di natura soggettiva, hanno i seguenti vantaggi: sono comparabili, consentono quindi confronti internazionali, vengono realizzati periodicamente, di solito annualmente, consentendo così un'analisi diacronica, dell’evoluzione percepita del fenomeno nel corso del tempo; inoltre sensibilizzano l’opinione pubblica ed i governi in merito al fenomeno, favorendo processi di riforma per rafforzare l’integrità delle istituzioni pubbliche e delle società private e sollecitando l’adozione di misure anticorruzione a livello nazionale ed internazionale.

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di significato e di contenuti il punteggio attribuito a ciascun paese, inoltre le percezioni sono influenzate da numerose variabili di natura culturale, possono cambiare senza alcun fondamento oggettivo a causa di scandali con notevole eco mediatico ad esempio, non riflettono pertanto il livello reale della corruzione. Quindi, nonostante il rigore delle tecniche statistiche di elaborazione dei suddetti indici, che attribuiscono ad essi una notevole precisione quantitativa, occorre tenere presente che essi presentano anche margini di errore come indicatori della reale diffusione della corruzione. Altro svantaggio che essi possiedono è quello che, essendo elaborati con riferimento ad un intero paese, non consentono disaggregazioni per le diverse aree territoriali di quel paese. Uno schema riassuntivo circa i limiti di queste misure soggettive sopra analizzate è riportato nella figura seguente: questa fornisce anche uno spunto generale circa le possibili relative soluzioni.

Figura n. 6

!

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Quanto alle misurazioni di natura oggettiva vi sono quelle elaborate utilizzando il metodo delle interviste rivolte ad un campione rappresentativo della popolazione, ma limitando le domande ad esperienze dirette e reali e non alla percezione degli intervistati.

Si tratta di misure esperienziali.

Tra gli indicatori di questo tipo ci sono il Global Corruption Barometer (GCB), elaborato da Transparency International, che è frutto di un sondaggio tramite interviste che si rivolge direttamente ai cittadini di circa 100 paesi per misurare la percezione che essi hanno nella quotidianità della diffusione della corruzione in vari settori, quali la politica, il sistema giudiziario, le istituzioni pubbliche, il settore privato, i media, ecc. Si tratta di interviste che intendono far emergere le esperienze dirette e reali della corruzione.

I Quality of Government Indicators (QGI), elaborati dall’università di Goteborg relativamente alla corruzione, al rispetto del diritto, alla performance della pubblica amministrazione ed al grado di accountability (di trasparenza, il rendere conto del proprio operato) nei settori della pubblica amministrazione, dell’istruzione, della sanità e della polizia, consistono in un questionario somministrato a cittadini e funzionari degli stati membri dell'Unione Europea. Un’altra modalità oggettiva di misurazione indiretta della corruzione consiste nell’uso di indicatori di mercato o statistici collegati in qualche misura al fenomeno corruzione, come il confronto tra i prezzi degli input acquistati dalla pubblica amministrazione, il rapporto tra la serie storica della spesa pubblica e quella del capitale pubblico osservabile in regioni diverse o le discrepanze esistenti tra fonti di dati amministrativi diverse.

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Tra gli indicatori oggettivi, interessante è quello sviluppato da Golden e Picci (2005), che fa riferimento alla differenza esistente tra regioni italiane nella capacità di trasformare le risorse finanziarie in dotazioni infrastrutturali compiute. I due autori utilizzano e mettono a confronto due misure alternative del capitale pubblico. La prima, basata su dati ISTAT, consiste nello stock di spesa pubblica in conto capitale erogata per dotare le regioni di infrastrutture, la seconda consiste in un inventario fisico delle infrastrutture effettivamente esistenti a livello provinciale e regionale (ad esempio chilometri di strade, numero di posti letto negli ospedali, numero di aule nelle scuole pubbliche, ecc.). Fatte salve le differenze geografiche strutturali (superficie, densità della popolazione, ecc.) e la preesistente disparità di efficienza nel settore delle costruzioni (privato e pubblico), la diversità dei costi delle materie prime (sabbia, cemento, ecc.), del lavoro e del trasporto delle attrezzature pesanti, il rapporto tra le due misure di stock di capitale fisico rappresenta un indicatore di corruzione. La differenza tra quanto è stato speso e quanto è stato realizzato rileva l’esistenza di fenomeni di rent seeking (ricerca di rendita), frodi, malversazioni.

Ovviamente però l’indicatore non è in grado di distinguere analiticamente tra inefficienza e corruzione e necessita del supporto di ulteriori informazioni.

Da Escresa e Picci è stato proposto un ulteriore indice di tipo oggettivo, il Public Administration Perception Index, che misura la distribuzione geografica della corruzione internazionale.

Una terza tipologia di indicatori oggettivi misura la corruzione utilizzando il numero di denunce o condanne per reati di corruzione.

(26)

disponibili per serie temporali, sono dettagliati, possono essere disaggregati per aree territoriali e per settori.

Sono però scarsamente utili ai fini della prevenzione (sono elaborate con ritardo temporale rispetto all’evento), inoltre numeri inferiori di denunce, così come di condanne, in un determinato luogo rispetto ad un altro, non significano necessariamente un reale inferiore livello di corruzione, ma possono dipendere da maggiore propensione alla denuncia o dall’efficienza del potere giudiziario. Infine possiamo ricordare le cosiddette red flags o “campanelli di allarme”, un approccio che combina l’utilizzo di indicatori ricavati con metodologie differenziate, che segnalano un elevato rischio di corruzione all’interno di specifici processi decisionali. Una batteria di indicatori di rischio è stata rilevata ed utilizzata nel settore della contrattazione pubblica dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC, 2015) . 21

Concludendo, l’analisi dei diversi metodi di misurazione della corruzione evidenzia come nessun metodo, preso singolarmente, sia privo di problemi concettuali o statistici (come a più riprese ribadito da ANAC).

È però vero altresì che nel loro insieme restituiscono dati attendibili: gli indicatori soggettivi si rivelano più adatti ad identificare correlazioni ed andamenti di tipo macroeconomico della corruzione in analisi cross-country, fanno riferimento alla corruzione sommersa/latente, mentre le misure che si fondano sull’esperienza diretta risultano più appropriate nelle analisi relative ad un determinato paese e all’impatto che i diversi tipi di corruzione hanno sui soggetti interessati (ANAC) . 22

ANAC, 2015, “Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia: modalità di misurazione e prime

21

evidenze empiriche”, in www.anac.it Ibidem

(27)

I.3 Il contributo dell'economia sperimentale

L’elaborazione di indicatori più affidabili costituisce una delle principali aree di sviluppo metodologico negli studi sulla corruzione degli ultimi tempi.

Importanti contributi in tal senso possono essere colti dall’economia sperimentale, attraverso esercizi di laboratorio finalizzati a verificare le reazioni comportamentali degli individui rispetto a vari tipi di regole che possono influenzare diversamente gli agenti.

L'economia sperimentale proprio per la metodologia di analisi che adopera, cioè l'utilizzo di esperimenti, controllati e disegnati scientificamente, al fine di generare dati che consentano di valutare predizioni teoriche del comportamento economico, può fornire importanti elementi di valutazione sulla possibilità che si verifichino o meno fatti corruttivi in contesti dati, con determinati attori, con determinate regole.

Dal 2000 in poi, come evidenzia Zarone (2017) , le ricerche sulla corruzione 23

hanno fatto ricorso a numerosi esperimenti, sul campo o in laboratorio.

Gli studiosi hanno definito contesti, ambienti e gruppi di individui per verificare, a fronte di incentivi sia monetari che non monetari, la propensione o meno degli stessi individui a corrompere o farsi corrompere.

In questo modo è stato possibile testare anche il rapporto, difficile da dimostrare, tra corruzione e cultura ed anche la trasmissione culturale della corruzione.

Zarone V., op. cit., p. 84

(28)

Quando si vogliono studiare comportamenti interattivi piuttosto che scelte individuali, gli esperimenti vengono modellati come “giochi” e dai giochi si ricavano misurazioni della corruzione.

Essi infatti consentono di osservare direttamente le scelte che i vari soggetti compiono posti di fronte alle varie alternative che vengono loro fornite, e permettono di identificare le motivazioni che li spingono a determinate azioni. I contributi in tal senso, riportati da Zarone (2017) sono quelli di Frank e 24

Schulze (2000): il background di studi degli individui (ossia il tipo di studi effettuati) rileva sulla propensione o meno alla corruzione; quelli di Abbink et al. (2002): la possibilità di incorrere in sanzioni fa da deterrente agli atti corruttivi; di Barr e Serra (2010): laddove la corruzione è più diffusa c'è maggiore propensione a corrompere e farsi corrompere; ed ancora di Abbink et al. (2002): le donne fanno di meno ricorso alla corruzione rispetto agli uomini, mentre non sono emerse differenze relativamente all'accettare la corruzione, e che sia uomini che donne si aspettano che un pubblico ufficiale donna sia più difficile da corrompere; sempre di Barr e Serra (2010), che rilevano con apposito esperimento condotto con studenti dell'Università di Oxford provenienti da 40 diversi paesi, che dal CPI dei paesi di provenienza degli studenti si può prevedere come potrebbero reagire alle ipotesi di corruzione che vengono loro proposte. Zarone stesso (2017)25 riporta gli esiti di un esperimento per verificare relativamente al whistleblowing se incidano o meno sulle denunce e segnalazioni di fatti corruttivi la presenza di procedure di tutele nell'organizzazione del denunciante che ne garantiscano l'anonimato, se incidano o meno incentivi monetari all’azione, se incidano di più questi ultimi o l'anonimato. Quest'ultimo è

Ibidem, p. 85 ss.

24

Ibidem, p. 92 ss.

(29)

l'aspetto che più spinge alle segnalazioni.

Quindi, alcune conclusioni a cui si può arrivare grazie agli esperimenti in laboratorio sono, in termini generali, che:

• l’aumento delle sanzioni riduce il livello di corruzione;

• la possibilità più alta di essere scoperti ha il medesimo effetto, così come l’essere oggetto di controllo e monitoraggio;

• la corruzione diminuisce anche nel caso di aumento di salario dei responsabili pubblici, così come quando si pone in essere la protezione del whistlerblower;

• negli ambienti in cui la corruzione è più presente c’è maggiore propensione delle persone a corrompere e a farsi corrompere;

• l’anonimato è per il denunciante i fatti corruttivi più incentivante di compensi monetari.

Tutti i dati che ci forniscono le metodologie sperimentali così come gli indici precedentemente citati costituiscono a mio parere elementi da combinare insieme e di cui tenere assolutamente conto sia da parte di coloro che hanno il compito di scrivere le leggi, sia da parte degli enti pubblici e delle aziende pubbliche e private per la redazione dei piani anticorruzione e delle policy aziendali.

Concludendo, la misurazione della corruzione necessita sempre di un “approccio multi-angolare e multidisciplinare, che riesca a combinare micro e macro dati” (Sequeira, 2012) in un processo di interazione tra metodi diretti e indiretti, 26

quantitativi e qualitativi, sperimentali.

ANAC, cit.

(30)

I.4 Corruzione e sviluppo economico

Passando agli effetti economici della corruzione, la quasi totalità degli studiosi attribuisce alla corruzione effetti economici, nonché sociali, altamente negativi. Nel 2012 e nel 2013 la Corte dei conti, analizzando l'impatto della corruzione sull'economia nazionale, ha evidenziato come essa sottragga denaro pubblico da destinare a servizi per i cittadini e che i ritardi della burocrazia amministrativa e l'inefficienza della pubblica amministrazione conducono ad una perdita di competitività del paese e ad una riduzione di attrattività degli investimenti . 27

Per un paese è molto importante guadagnarsi la fiducia degli investitori stranieri, che costruiscono business sul territorio e conseguenti opportunità di lavoro e sviluppo. È ovvio però che tale fiducia va guadagnata; il paese deve cioè dimostrare di avere istituzioni efficienti e non inquinate da corruzione e malaffare: a nessuno conviene infatti mettere a rischio i propri capitali dove imperversa la “regola della mazzetta”.

Mettendo in relazione l'afflusso di investimenti diretti esteri (IDE), con l'indice di misurazione della corruzione denominato EQI (European Quality of governement Index) che calcola la qualità delle istituzioni dei paesi dell'Unione Europea, si rileva che all'aumento appena del 10% di questo indice si otterrebbe una crescita degli investimenti del 18,3% . Il seguente grafico mostra i dieci stati al mondo 28

con stock di IDE in entrata più elevati: fra questi non è certo presente l’Italia, il cui indice di percezione della corruzione è, come visto in precedenza, posizionato al 54° posto. Tale grafico conferma dunque la relazione inversa esistente fra il livello di corruzione presente in un paese e l’afflusso di investimenti esteri.

Cit. in Da Empoli S. (a cura di), 2018, “Italia interrotta: il peso della corruzione sulla crescita

27

economica” Ibidem

(31)

Figura n. 7

!

Fonte: www.astrid-online.it/static/upload/rapp/rapporto-impatto-corruzione-economia.pdf

Secondo uno studio di Unimpresa sui costi dell'illegalità la corruzione si 29

“mangia” 10 miliardi di euro l'anno di prodotto interno lordo. Essa stima inoltre che il costo della corruzione nell’UE raggiunge i 120 miliardi di euro l’anno, pari all’1% del prodotto interno lordo dell’Unione Europea. Transparency International ha stimato che il peggioramento di un punto dell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) comporta una riduzione annua del prodotto interno lordo (PIL) pari allo 0,39%, del reddito pro capite pari allo 0,41% e riduce la produttività del 4% rispetto al PIL . 30

Considerato che nell’arco di dieci anni (dal 2001 al 2011) l’Italia ha visto il calo del proprio punteggio nel CPI da 5,5 a 3,9, Unioncamere ha stimato per quegli 31

anni una perdita dovuta alla corruzione pari a circa 10 miliardi di euro annui in termini di PIL, circa 170 euro di reddito pro capite l’anno ed oltre il 6% in

www.unimpresa.it

29

www.transparency.it

30

Protocollo d’intesa ANAC e sistema camerale in www.avvenire.it/economia/

(32)

termini di produttività.

Uno studio della Banca Mondiale condotto con riferimento a diversi paesi ha 32

rilevato invece che le imprese, se costrette a fronteggiare una pubblica amministrazione corrotta, crescono in media quasi del 25% di meno rispetto a quelle che non devono fare i conti con questo fenomeno e che le piccole imprese hanno un tasso di crescita delle vendite oltre il 40% inferiore rispetto a quelle di grandi dimensioni.

Altri studi evidenziano che se un paese come l’Italia avesse ridotto il proprio valore nell’indice di percezione della corruzione al livello di uno dei paesi meno corrotti come ad esempio la Danimarca, il tasso di crescita economica sarebbe stato oltre il triplo a breve termine e circa il doppio a lungo termine (Trinchella, 2012) . 33

È da sottolineare tra l’altro che lo spostamento di denaro da investimenti produttivi al pagamento di tangenti determina un maggiore impatto della corruzione sulle imprese di minori dimensioni. Esse risultano infatti fortemente scoraggiate dal fatto di trovarsi ad affrontare una concorrenza sleale e pressioni illegali da parte di grandi aziende che sono collegate con la politica o, in generale, sono collegate con funzionari della pubblica amministrazione corrotti. Le piccole e medie imprese non sopportano i costi della corruzione ed il fenomeno è rilevante se si pensa che a livello mondiale le PMI costituiscono la quota più ampia delle imprese.

Al contempo va detto anche però che più piccola è l’impresa, minore è il suo potere contrattuale e quindi minore è la sua capacità di resistere ai fenomeni

www.riparteilfuturo.it, 2017 “Il termometro della corruzione in Italia”

32

www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/22

(33)

corruttivi. Quindi per un verso le imprese di dimensioni inferiori hanno minori possibilità di non ricorrere alla corruzione: il maggior grado di informalità rende il fenomeno corruttivo più tollerabile, in una prospettiva di breve termine vengono valutati i “benefici” della corruzione piuttosto che i costi, che si manifestano nel lungo periodo . 34

Ricorrente è anche, in tutte le analisi sugli effetti della corruzione, l'evidenziazione che la corruzione scoraggia ogni tipo di investimento (non solo, come sopra detto, quelli esteri), compromette la fiducia degli investitori rispetto al paese e nel paese, rende quindi più difficile la nascita di nuove imprese e di startup e la creazione di nuove ed ulteriori opportunità di lavoro : proprio 35

quest’ultimo punto è, fra gli altri analizzati in questo paragrafo, a mio parere molto importante. La corruzione influisce infatti fortemente sul mercato del lavoro, essendo così fra i vari fattori (non certo l’unico) responsabili delle disoccupazione. Il sistema corrotto, minando la vita economica sana, nel medio periodo fa perdere opportunità economiche, che corrispondono a nuovi posti di lavoro . 36

La corruzione nell'ambito dell'imprenditoria pubblica e privata porta al costituirsi di monopoli o oligopoli: gli imprenditori che possono usare il denaro per corrompere possono manipolare meccanismi di mercato e assicurarsi l'esclusiva di beni o servizi. Inoltre i monopolisti, non dovendo competere con nessuno, tendono a mantenere i loro prezzi elevati senza essere altresì costretti a migliorare la qualità dei loro prodotti, che potrebbero invece essere migliori in presenza di una concorrenza efficace . Tutto ciò porta dunque ad una distorsione 37

del principio della libera concorrenza. Un qualunque imprenditore, in quanto tale,

FormezPA, op. cit. p. 42

34

www.riparteilfuturo.it

35

Ibidem

36

Galli E., cit.

(34)

ha come finalità il lucro, cosicché tende ad offrire una proposta migliore degli altri competitors sul mercato; nel caso in cui esista il fenomeno corruttivo nell’azienda, questo comporterebbe il venir meno di un interesse al fine di un miglioramento tecnologico, della riduzione dei costi, dell’ottimizzazione della produzione, ecc.: quindi la corruzione in azienda comporta il venir meno dell’interesse a migliorare la stessa al fine di renderla competitiva, ma è sufficiente pagare la tangente. Tutto questo, in definitiva, comporta la mancanza di competitività delle imprese e del relativo mercato: solo gli imprenditori che portano in dote l’amicizia, la disponibilità a pagare, l’essere in confidenza con politici e funzionari restano nel gioco, gli altri sono esclusi o restano ai margini (ad esempio imprese “sane” tendono a non partecipate a gare d’appalto percepite come truccate). Come riporta Unimpresa, la corruzione “altera la libera concorrenza e favorisce la concentrazione della ricchezza in capo a coloro che accettano e beneficiano del mercato della tangente a scapito di coloro che invece si rifiutano di accettarne le condizioni” . 38

La spesa per atti di corruzione e dazione di tangenti porta inoltre ovviamente a minori investimenti in altri ambiti, spesso quelli innovativi e con occasioni di nuovi posti di lavoro (ad esempio l'ambito dell'implementazione e dello sviluppo della digitalizzazione) . Le opportunità di arricchirsi maneggiando tangenti 39

spingono gli imprenditori-corruttori a investire nella costruzione di reti di contatti e rapporti di favore con i potenti di turno, piuttosto che nell’innovazione delle tecniche e dei processi produttivi. Esiste dunque una relazione evidente fra investimenti per la ricerca e l’innovazione (driver fondamentale per la crescita di un paese) e corruzione: investono di più i paesi meno corrotti.

Dal lato delle imprese, queste, quando subiscono la corruzione, scontano il più

www.today.it

38

www.riparteilfuturo.it

(35)

basso rendimento degli investimenti pubblici causato dalla corruzione, maggiori costi per l’aggiudicazione delle forniture o appalti dall’ente pubblico, e quando la causano scontano fortemente il danno reputazionale, oltre che le spese aggiuntive rispetto ai costi tipici d’impresa.

Quindi la corruzione, costituendo una sorta di tassa occulta (in quanto spesa aggiuntiva) sulle imprese , ha, come già detto, effetti negativi sugli investimenti, 40

fa da barriera alla concorrenza e determina inefficienze in tutto il sistema economico. La corruzione genera inefficienze di tipo allocativo, indirizza l’allocazione delle risorse (sia quelle pubbliche, sia quelle private) verso destinazioni non efficienti, riduce l’efficacia della spesa (pubblica e privata). Si può quindi affermare che le analisi di studiosi, enti, associazioni, indicano effetti sostanzialmente e fortemente negativi della corruzione sul sistema economico generale, e, di conseguenza, sulla crescita dello stesso.

Effetti ancora più dannosi della corruzione sono quelli etici, morali e sociali. L’impresa corrotta, infatti, e di conseguenza l’intero sistema in cui essa è inserita, perde sempre più credibilità agli occhi delle sue concorrenti, fino a distruggere la propria reputazione irreversibilmente. La delegittimazione delle istituzioni e della politica, il degrado del tessuto morale della classe dirigente nel suo complesso, pubblica e privata, anche imprenditoriale, rischia di diffondere il qualunquismo del “sono tutti corrotti”, che arriva quasi paradossalmente a legittimare la corruzione stessa41.

Inoltre la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e nel mondo imprenditoriale è un

Vannucci A. et al., 2012, “Corruzione. La tassa occulta che impoverisce e inquina il paese”, Libera,

40

Legambiente, Avviso Pubblico www.libera.it

(36)

elemento negativo non solo dal punto di vista etico ed economico, ma può essere anche portatore di importanti tensioni, conflitti sociali e disuguaglianze (la corruzione colpisce infatti soprattutto i più deboli della società).

Le due tipologie di effetti, economici e morali, sono correlate, perché bassi livelli di fiducia dei cittadini nelle istituzioni hanno a loro volta impatti economici negativi e rendono più costose ed inefficienti le transazioni commerciali . 42

In definitiva si comprende quindi che quando si parla di costi della corruzione si devono considerare sia tutti quei costi economici, diretti e monetari di cui sopra (diminuzione PIL, riduzione investimenti esteri e non, calo della produttività, diminuzione dell’occupazione, distorsione del libero mercato, ecc.), sia quei costi più “nascosti” ed indiretti, quali in generale la sfiducia che la corruzione genera a tutti i livelli della società, altrettanto importanti, o forse più importanti, da considerare quando si parla di corruzione.

Arnone M., Iliopulos E., 2005, “La corruzione costa” Vita e Pensiero

(37)

CAPITOLO II

EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE II.1Le norme in ambito pubblico e privato e la nuova logica della prevenzione

Il Codice Penale disciplina la corruzione nella pubblica amministrazione agli articoli dal 318 al 322, mentre il Codice Civile all’art. 2635 detta le disposizioni relative alla corruzione tra privati; questo articolo è stato introdotto, insieme all'art. 2634, nel Codice Civile dal decreto legislativo n. 61/2002 trattando l'infedeltà patrimoniale, il 2634, e l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, il 2635.

Proprio quest'ultimo articolo del Codice Civile è quello che negli ultimi 15 anni è stato più volte riformulato, fino ad arrivare al decreto legislativo n. 38 di due anni fa, cui farò riferimento in seguito.

Parlando di lotta alla corruzione è però necessario o quanto meno utile, a mio parere, richiamare le leggi che si sono succedute dagli ultimi dieci anni del Novecento fino ad oggi relativamente alla prevenzione ed alla repressione della corruzione, sia per quanto concerne l'ambito pubblico che quello privato, in quanto esse danno riscontro del quadro di riferimento, storico, sociale, economico, del fenomeno corruzione e della sua evoluzione nel tempo.

Con questa finalità mi pare doveroso citare per prime le norme emanate all’inizio degli anni Novanta del Novecento, quando il nostro paese fu travolto da “Tangentopoli” e dalle inchieste dette “Mani pulite”.

(38)

Al 1990 risalgono due norme che si ponevano la finalità di riformare profondamente la pubblica amministrazione, la legge n. 142 e la n. 241, delle quali la prima, sull'ordinamento della pubblica amministrazione, introduce all’interno di questa la distinzione netta e le profondamente diverse competenze tra l’apparato politico e quello tecnico/amministrativo, conferendo a quest’ultimo la responsabilità della firma degli atti e dell’impegno delle spese, allontanando conseguentemente la politica dalla gestione, mentre la seconda, che norma il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione ed i tempi dei procedimenti amministrativi, è il primo tentativo di rendere l’amministrazione pubblica più trasparente e più responsabile nei confronti dei cittadini dei quali è al servizio.

Nel 1997 furono approvate dall’Unione Europea e dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) due convenzioni, sottoscritte dagli stati membri, entrambe relative alla lotta alla corruzione, in ambito europeo ed internazionale, originate dalla consapevolezza degli effetti negativi della corruzione per la crescita economica e per le distorsioni provocate alla libera concorrenza. Esse trattano sia della corruzione attiva che di quella passiva, sia dell’ambito pubblico che dell’ambito privato.

In ambito europeo il Consiglio d'Europa istituì nel 199 il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), per migliorare la capacità dei paesi aderenti di contrastare la corruzione monitorando la conformità agli impegni assunti in questo campo; il Gruppo costituisce il presidio anticorruzione più completo esistente a livello europeo, facendone parte tutti gli stati della UE e partecipandovi, con lo status di osservatori, anche l'OCSE e le Nazioni Unite. Il Gruppo ha la finalità di individuare lacune e carenze delle strategie nazionali contro la corruzione e di promuovere le necessarie riforme amministrative ed istituzionali per rendere l'azione di contrasto alla corruzione più efficace ed

(39)

adeguata agli standard definiti dal Consiglio.

Sempre con riferimento al contesto internazionale, all'anno 2000 risale il Global Compact (Patto globale/mondiale), iniziativa nata per promuovere un'economia globale sostenibile, rispettosa dei diritti mani e del lavoro, della salvaguardia dell'ambiente e della lotta alla corruzione. Vi aderiscono quasi 9.000 aziende di circa 160 paesi, il 10° principio è quello che richiede alle imprese di sviluppare politiche e programmi contro la corruzione.

In Italia dopo la ratifica delle due sopra dette convenzioni (legge delega n. 300/2000) è stato emanato nel 2001 il decreto legislativo n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” che prevede la responsabilità dell’azienda per la commissione di particolari reati, tra i quali la corruzione. Tale responsabilità non ha luogo solo nel caso in cui l’azienda dimostri di avere messo in atto modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire quel tipo di reato e di avere istituito un organismo di vigilanza e controllo interno con il compito di far osservare tale modello e di valutarne l’efficacia. Il modello deve mappare e reingegnerizzare i processi dell’azienda in modo tale da prevenire e controllare i rischi di commissione di determinati illeciti, tra i quali la corruzione. Al 2003 risale la convenzione delle Nazioni Unite detta di Merida, la quale ribadisce che la corruzione è un fenomeno che deve essere attenzionato a livello globale. La convenzione viene ratificata in Italia con apposita legge nel 2009. Essa obbliga gli stati aderenti ad adottare efficaci politiche di prevenzione della corruzione sia in ambito pubblico che privato, a creare uno specifico organo anticorruzione, ad adottare codici di condotta, nonché politiche trasparenti di buon governo e di sensibilizzazione della società civile e dell’opinione pubblica

(40)

sul problema della corruzione. Oltre alla prevenzione prevede il recupero dei beni e delle somme illecitamente ottenuti attraverso la corruzione e pone agli stati l’obbligo di conferire carattere penale a diverse infrazioni correlate ad atti di corruzione se non già definite come tali nel diritto interno.

Sempre al 2003 risale la Decisione Quadro 2003/568/GAI (il Consiglio “Giustizia e Affari Interni” elabora politiche di cooperazione su vari aspetti transfrontalieri, al fine di realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia a livello europeo) del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. Come ogni decisione quadro essa implicava l'attuazione da parte di ogni stato membro dell'Unione con proprio provvedimento normativo. Essa è stata recepita dall'Italia solo nel 2017 con il decreto legislativo n. 38, mentre con la legge n. 190 è stata introdotta nel 2012 la nuova fattispecie della corruzione privata all'art. 2635 del Codice Civile e solo da questo momento anche in Italia la corruzione non è più un reato che presuppone necessariamente il coinvolgimento della pubblica amministrazione.

Nel 2006 entra in vigore in Italia il nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici (oggi d.lgs. n. 50/2016 e successive modifiche), con oggetto, appunto, il settore pubblico, ma trattando gli affidamenti di servizi pubblici a privati, nasce con la volontà, fra altro, del contrasto alla corruzione in questo rilevante ambito. Con il decreto legislativo n. 150/2009 sull'efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni si esplicitano nettamente le connessioni tra corruzione e trasparenza, nel senso che quanto più un ente pubblico, ma anche un'azienda, pubblica o privata, sono trasparenti, più complesso dovrebbe essere mettere in atto azioni di corruzione.

(41)

e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, che impone alle amministrazioni pubbliche, ma anche alle aziende pubbliche e private, di rafforzare i propri meccanismi di controllo preventivo con riferimento alle pratiche corruttive.

Essa introduce importanti novità anche nel Codice Civile ed in quello penale, nonché modifiche al decreto 231.

Con riferimento al d.lgs. n. 231/2001 si introduce il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, che si affianca alle misure relative ai reati contro la pubblica amministrazione ed il reato di corruzione tra privati viene integrato nell’ambito dei reati societari .

Impone quindi di rafforzare l'attenzione su sistemi virtuosi di prevenzione e di promozione di adeguati principi etici nelle attività imprenditoriali oltre che nel settore pubblico.

È importante evidenziare che il decreto 231 e la legge 190 costituiscono due momenti di un medesimo percorso, quello della lotta alla corruzione, che deve avvenire sia in ambito pubblico che in quello privato: quando si parla di corruzione i due ambiti sono quasi sempre intrecciati o, comunque, anche quando si tratta di corruzione in ambito privato gli strumenti di prevenzione sono assolutamente paragonabili a quelli previsti dalle norme riguardanti il settore pubblico.

Infatti secondo le due norme citate un adeguato programma anticorruzione deve in generale svilupparsi, sia in ambito privato (modelli di organizzazione e gestione ex 231) che pubblico (piano triennale della prevenzione ex 190), prevedendo:

(42)

• l’individuazione delle aree a rischio e l’analisi dei presidi di controllo in essere e da attivare;

• la definizione e/o rivisitazione dei flussi informativi verso gli organismi preposti (gli organismi di vigilanza o, come nel caso delle pubbliche amministrazioni, il responsabile anticorruzione) e l’adozione di efficaci meccanismi di segnalazione di accertate o presunte violazioni delle regole aziendali (whistleblowing);

• il rafforzamento di sistemi sanzionatori;

• la rivisitazione delle regole finalizzate alla formazione ed attuazione delle decisioni;

• l'adozione/aggiornamento del modello di organizzazione, gestione e controllo (nelle aziende, enti, società ed organizzazioni cui si applica il d.lgs. n. 231) e del piano triennale di prevenzione della corruzione (nelle pubbliche amministrazioni), quest'ultimo da redigersi sulla base delle indicazioni contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica ed approvato dall'Autorità Nazionale Anticorruzione, disciplinando gli aspetti relativi alla selezione ed alla formazione dei dipendenti, alla rotazione degli incarichi dirigenziali e dei funzionari più esposti al rischio corruzione;

• la rivisitazione dei principi etico-comportamentali di riferimento, programmi di corporate social responsibility nelle aziende private e l'adozione di codici di comportamento e condotta da parte delle pubbliche amministrazioni;

• la promozione di corsi di formazione specifici e la promozione di campagne di sensibilizzazione;

• la definizione e l’attuazione di efficaci piani di monitoraggio, accertamento delle violazioni delle regole aziendali e di reporting.

(43)

responsabilità di cui al d.lgs. 231 riguardano le persone giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridiche, soggetti che hanno in comune di sviluppare la propria attività in forma collettiva secondo regole privatistiche. Nel suo ambito rientrano anche gli enti pubblici economici, anche quando assumono forma mista di partecipazione privata e pubblica, mentre la legge 190 ha come ambito soggettivo ogni amministrazione pubblica e le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni e le loro controllate, limitatamente alle loro attività di pubblico interesse. Lo schema seguente intende fornire una rappresentazione grafica di quanto appena detto: tale figura evidenzia cioè quale sia l’ambito soggettivo di applicazione dei due diversi interventi normativi.

Figura n. 8

!

Fonte: Bogazzi D., “Linee guida anticorruzione”

I due provvedimenti hanno quindi numerose analogie e soprattutto, superando la differenziazione tra enti privati ed enti pubblici, danno atto che la corruzione produce effetti simili sia che si manifesti nel settore pubblico che in quello privato, nel senso che in entrambi i contesti si verifica una turbativa dell’ordinato sviluppo dei rapporti giuridici tra soggetti ed un conseguente danno per coloro che sono portatori di interessi a che il rapporto si svolga con correttezza.

(44)

della Concorrenza e del Mercato), il quale, come dettaglierò alla fine del presente capitolo, fissa i criteri per l’attribuzione del rating di legalità alle imprese, che includono, fra altro, l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo e l’assenza di condanne per reati previsti dal decreto legislativo sopra detto. Di ciò si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte di pubbliche amministrazioni ed in sede di accesso al credito bancario.

Per la pubblica amministrazione vengono ribaditi gli obblighi di trasparenza con il decreto legislativo n. 33/2013, successivamente modificato con il n. 97/2016, sull’accesso civico e sull'accesso generalizzato secondo il modello anglosassone del F.O.I.A. (Freedom of Information Act) che mette in rilievo la trasparenza come uno dei pilastri e disincentivi alla commissione di atti corruttivi.

La legge n. 69/2015 “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio” ha reintrodotto il reato di “falso in bilancio” ed ha inasprito le pene per i reati legati alla corruzione, che vanno da 3 a 8 anni per le società quotate e da 1 a 5 anni se non quotate. È stato infatti dimostrato che il falso in bilancio era ed è il modo più semplice e più diffuso per occultare uscite di somme di denaro necessarie per il pagamento delle tangenti da parte delle società.

Anche la recente legge n. 179 del 30/11/2017 “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un lavoro pubblico o privato” accomuna i due settori: le nuove disposizioni valgono per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, e si rivolgono anche a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla PA; inoltre, secondo quanto previsto all'art. 2, la nuova disciplina allarga anche al

(45)

settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell'ente.

Al 2016 risale la norma UNI ISO 37001 Anti-bribery Management System, relativa ai sistemi di gestione aziendale per la prevenzione della corruzione. Di essa parlerò nel prossimo paragrafo, evidenziando che si tratta di un importante “best practice” internazionale comunque in linea con le diverse normative anticorruzione.

È una sorta di marchio di garanzia, uno standard internazionale quale ulteriore traguardo nella lotta alla criminalità d’impresa.

Nella stessa direzione va il d.lgs. n. 254/2016 (attuativo di direttive del parlamento e del consiglio europeo) sull’obbligo, per talune imprese e gruppi di grandi dimensioni, di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario. Le società sono tenute a rendere pubbliche le informazioni sulle politiche adottate e sui risultati raggiunti in materia ambientale, sociale, di personale, di rispetto dei diritti umani e di lotta alla corruzione, sia attiva che passiva.

Tutte le sopra dette informazioni diventano elementi di valutazione della “salute” di un’azienda e di competitività, al pari dei dati finanziari, e di discrimine per gli investitori: rappresentano dunque elementi che contribuiscono a determinare il posizionamento dell’azienda sul mercato e l’ottenimento di un vantaggio competitivo.

Infine faccio solo un richiamo alle ultime due norme relative alla corruzione in ambito privato e pubblico, che vengono analizzate di seguito insieme alla legge 190 ed al decreto 231: il decreto legislativo n. 38 del 2017 relativo all'attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI detta prima sulla corruzione nel settore

(46)

privato e la nuova legge anticorruzione recentemente approvata dal Parlamento italiano (n. 3/2019).

Fatta questa carrellata sulle norme direttamente ed indirettamente riferite alla corruzione pubblica e privata ed entrando più nello specifico ad esaminare le più significative di esse per l’oggetto di questo lavoro, va detto che il termine corruzione nella legislazione italiana è da sempre considerato un termine essenzialmente “penalistico”, con il quale ci si riferisce a specifiche figure di reato. Tale accezione, limitata al campo del diritto penale, è coerente con l’idea che la lotta alla corruzione debba svolgersi principalmente sul piano della repressione penale.

Tuttavia, esiste un'accezione più ampia del termine corruzione, la quale è strettamente connessa alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, politici ed amministrativi, da perseguire con strumenti differenti (e innovativi) rispetto a quelli prettamente penalistici.

L'importanza dell'approccio preventivo al fenomeno della corruzione è stata sottolineata da diverse commissioni di studio e organismi internazionali, che hanno suggerito numerose misure concrete, di natura legislativa o operativa, volte ad arginare il fenomeno corruttivo.

Ma è con la legge n. 190 del 2012 (cd. Legge Severino) che la nozione prevenzionistica di corruzione acquista piena cittadinanza dando vita ad una disciplina generale.

Questa legge, infatti, si può dire che costituisca la “pietra miliare” dell’anticorruzione e ciò non solo per le profonde modifiche apportate al sistema repressivo, ma anche perché detta e definisce finalmente i

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