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Clausola di salvaguardia (art. 2, 2º comma, L. n. 117/1988) e creativita` dell’interprete

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Responsabilita` dei magistrati

Cassazione civile, Sez. III, 18 maggio 2018, n. 12215 –

Pres. Rel. Olivieri – P.M. Pepe – S.A. (avv. Arena) –

Presidenza del Consiglio dei Ministri (avvocatura di

Stato).

Responsabilita` civile – Magistrati e funzionari

giudi-ziari

E` opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per

l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della

que-stione di massima di particolare importanza,

concernen-te la individuazione del discrimine nella grave

violazio-ne di legge contemplata dalle fattispecie illecite

indivi-duate dall’art. 2, 3º comma, lett. a), L. n. 117/1988 (nel

testo previgente alla modifica della L. n. 18/2015) e

dall’art. 2, 1º comma, lett. g), D.Lgs. n. 109/2006, tra

attivita` interpretativa insindacabile ed attivita`

sussumi-bile nella fattispecie illecita, con specifico riferimento

alla ipotesi della violazione di norma di diritto in

rela-zione al significato ad essa attribuito da orientamenti

giurisprudenziali da ritenere consolidati.

Omissis. – Il Tribunale di Messina, con sentenza in data 22.2.2002, accertato l’illecito commesso dal Comune di Giardini Naxos per occupazione illegittima (occupazione usurpativa) di un fondo di proprieta` di S.G. e F. danti causa di S.A., aveva liquidato i danni in Euro 273.076,58 ‘‘oltre alla rivalutazione monetaria dalla disposta CTU (16.7.1991) ed agli interessi in misura legale sulla somma liquidata prima devalutata poi via via rivalutata dal momento della definitiva trasformazione del fondo (luglio 1986) fino al soddisfo’’.

La Corte d’appello di Messina, con sentenza in data 28.10.2004, accogliendo l’appello del Comune, riqualificava la condotta illegittima come ‘‘occupazione espropriativa’’, riducendo conseguentemente il risarcimento del danno in applicazione dei criteri di liquidazione previsti per le occu-pazioni appropriative dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, che aveva aggiunto il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 7 bis, conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359.

La Corte di cassazione – adita dallo S. sul rilievo che la fattispecie avrebbe dovuto inquadrarsi nell’illecito da occu-pazione usurpativa, con conseguente liquidazione del dan-no nella misura corrispondente al valore venale del fondo – rilevato che nelle more del giudizio la Corte costituzionale aveva, con sentenza n. 349/2007, dichiarata illegittima la norma di legge applicata dalla Corte d’appello, cassava la decisione impugnata e, ‘‘decidendo nel merito’’, con sen-tenza 21.10.2011 n. 21881, riliquidava il danno in misura pari al valore venale del fondo (nel medesimo importo determinato a seguito di c.t.u. svolta nel giudizio di primo grado), tuttavia omettendo di rivalutare la somma capitale e riconoscendo gli interessi, in misura legale, a decorrere ‘‘dalla domanda’’, diversamente da quanto disposto sugli accessori dal giudice di prime cure e dal giudice di appello. In particolare la Corte di legittimita`, intervenuta nelle mo-re – con sentenza della Corte cost. n. 349/2007 – la dichia-razione di illegittimita` costituzionale del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 7 bis, conv. con mod. in L. 8 agosto 1992, n. 359 (nel testo introdotto dalla L. n. 66 del 1996, art. 3, comma 65), trattandosi di causa che era pendente alla data 1 gennaio 1997 e comunque relativa ad occupazione ‘‘sine titulo’’ anteriore al 30.9.1996, riteneva applicabile il

D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 55, comma 1, – nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. e), (finanziaria 2008)-, secondo cui ‘‘Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilita`, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno e` liquidato in misura pari al valore venale del bene’’, e quindi liquidava il danno da occupazione illegitti-ma, nell’importo di Euro 273.076,58 calcolato dal CTU, in primo grado, secondo i prezzi di mercato immobiliare vigen-ti nel 1991, attribuendo sulla somma cosı` liquidata ‘‘interessi legali’’ decorrenti dalla domanda introduttiva.

Il ricorso per revocazione, per errore di fatto, proposto dallo S. avverso la predetta sentenza della SC, volto ad ottenere il riconoscimento della rivalutazione monetarie e degli interessi decorrenti dalla data dell’illecito, veniva di-chiarato inammissibile con ordinanza di questa Corte in data 2.5.2013 n. 10293, in quanto vertente su errore di diritto e non di fatto.

Esauriti i rimedi di impugnazione predisposti dall’ordi-namento giuridico, S.A., ai sensi della L. n. 117 del 1988, proponeva ricorso facendo valere la responsabilita` dello Stato per colpa grave imputabile ai magistrati giudicanti, deducendo la grave violazione di legge determinata da ne-gligenza inescusabile: il ricorso veniva dichiarato inammis-sibile L. n. 117 del 1988, ex art. 5, con decreto del Tribu-nale di Perugia in data 7.12.2016, confermato, in sede di reclamo, dalla Corte d’appello di Perugia, con decreto in data 7.6.2017, ritualmente impugnato per cassazione dallo S. con un unico complesso motivo.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri alla quale il ricor-so e` stato ritualmente notificato in forma telematica presricor-so l’Avvocatura Generale dello Stato il 28.6.2017, ha depositato ‘‘memoria difensiva’’ presso la Cancelleria della Corte d’ap-pello di Perugia in data 20.7.2017, e quindi con atto in data 4.9.2017 ha richiesto di essere avvisata per la partecipazione alla pubblica udienza, deducendo che la obbligazione risar-citoria in quanto originariamente illiquida, correttamente era stata intesa dalla Corte Suprema come obbligazione di valuta ed assoggettata al principio nominalistico e comunque si verteva in tema di attivita` strettamente ermeneutica coperta dalla ‘‘clausola di salvaguardia’’ della L. n. 117 del 1988, nel testo applicabile ‘‘ratione temporis’’.

Alla udienza pubblica il Pubblico Ministero ha concluso per la inammissibilita` del ricorso.

Considerato in diritto – che la ‘‘memoria di costituzione’’ depositata presso la Cancelleria della Corte d’appello di Pe-rugia in data 20.7.2017 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata – come emerge dalla intestazione dell’atto – dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia e dall’Avvocatura Generale dello Stato – cui il ricorso e` stato ritualmente notificato a mezzo PEC il 28.6.2017 e regolar-mente ricevuto all’indirizzo ags.rm.mailcert.avvocaturasta-to.it – deve essere dichiarata inammissibile in quanto tardiva. La memoria, e` stata depositata oltre il termine perentorio di dieci giorni dalla scadenza dell’analogo termine di dieci gior-ni assegnati al ricorrente per il deposito del ricorso, previsto dalla L. n. 117 del 1988, art. 5, comma 4, applicabile ‘‘ra-tione temporis’’, decorrendo dalla notifica del ricorso (ese-guita in data 28.6.2017) il primo termine per la costituzione del ricorrente: il ricorso per cassazione e` stato notificato in data 28.6.2017 ed il primo termine, previsto per la costitu-zione del ricorrente, veniva pertanto a scadere in data

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8.7.2017, ed essendo pertanto gia` scaduto – al momento del deposito in Cancelleria, in data 20.7.2017, della memoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri – il secondo ter-mine, stabilito per la costituzione della parte controricorren-te, spirato il 18.7.2017;

– che la Corte d’appello di Perugia con il decreto impu-gnato ha dichiarato la inammissibilita` del ricorso in quanto rivolto a contestare una attivita` di interpretazione normativa. A sostegno della decisione il Giudice di appello assume che: a) nella ordinanza della Corte di cassazione del 2.5.2013 n. 10293 – dichiarativa della inammissibilita` del ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. – si evidenziava come la determinazione dell’intero danno patrimoniale, estesa an-che agli accessori della rivalutazione e degli interessi, era questione da ritenersi devoluta alla cognizione della Corte di legittimita`, che nella specie aveva pronunciato nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, essendo stata impugnata la sentenza di appello in punto di ‘‘quantum debeatur’’;

b) la determinazione della decorrenza degli interessi e la loro qualificazione giuridica atteneva ad ‘‘attivita` di natura squisitamente interpretativa’’ di norme di diritto, come tale sottratta al sindacato di responsabilita` operando la clausola di salvaguardia di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 2, comma 2, applicabile ratione temporis, non essendo consentito ridiscutere la correttezza o meno della interpretazione adottata nel provvedimento posto a base della domanda respinta;

c) nulla sembrava impedire allo S. di ottenere in separato giudizio una liquidazione della rivalutazione o di entrambi gli accessori ‘‘se la precedente statuizione si ritiene possa comportare una diversa valutazione rispetto alla pronuncia precedente che aveva stabilito la liquidazione degli interessi a far data dalla domanda’’;

d) in ogni caso non sarebbe dato ravvisare la ‘‘colpa grave’’ in una valutazione contrastante con pronunce di legittimita` di diverso tenore, emesse nella stessa materia;

– che il decreto e` stato censurato con un unico motivo di ricorso (violazione L. n. 117 del 1988, art. 2, commi 1 e 3, lett. a), ed in relazione all’art. 2, comma 2, della stessa legge) sul presupposto che nella specie l’errore del Giudice di le-gittimita` non fosse ascrivibile ad attivita` di interpretazione di norme di diritto ma a grave violazione di legge per negligen-za inescusabile, in quanto la Corte di legittimita` modificando le statuizioni della sentenza di merito in quella sede impu-gnata: a) aveva violato il giudicato interno formatosi sulle statuizioni del Giudice di merito – non impugnate con i motivi di gravame – concernenti il riconoscimento della ri-valutazione monetaria del capitale e degli interessi al tasso legale decorrenti dall’illecito; b1) non aveva riconosciuto la rivalutazione monetaria sull’importo risarcitorio, riliquidato in base al valore venale accertato dal CTU nel giudizio di primo grado con stima risalente all’anno 1991, venendo in tal modo inescusabilmente, in assenza di qualsiasi indicazio-ne motivazionale, a trattare il debito di valore come debito di valuta, in violazione degli artt. 2043,2056,1223 e 2058 c.c.; b2) aveva liquidato il credito accessorio per interessi al tasso legale con decorrenza ‘‘a far data dalla domanda’’, non con-siderando che in materia di illecito extracontrattuale si ap-plicava la ‘‘mora ex re’’ e che gli ‘‘interessi da ritardo’’ dove-vano applicarsi dalla data dell’illecito, cosı` violando l’art. 1219 c.c., comma 2, n. 1), e art. 1223 c.c.; la grave negligenza inescusabile – intesa come violazione macroscopica e gros-solana della norma di diritto – era rinvenibile nella circo-stanza che le norme disapplicate erano ‘‘di frequente uso e perche´ le determinazioni contestate sono in contrasto con le giuste statuizione che al riguardo erano state gia` assunte

dalle precedenti sentenza di merito’’, avendo altresı` omesso la Corte di legittimita` ‘‘di motivare tale eclatante scostamento ... per cui sussiste la totale mancanza di attenzione nell’uso degli strumenti normativi ed una trascuratezza marcata ed ingiustificabile’’ essendo stati ‘‘violati – come nella fattispecie – elementari principi di diritto che il magistrato non puo` giustificatamente ignorare ...’’;

– che non riveste carattere di autonoma ‘‘ratio decidendi’’ la considerazione formulata in termini meramente ipotetici ed astratti dal Giudice di appello secondo cui interessi e rivalutazione potrebbero essere richiesti in un separato giu-dizio ‘‘se la precedente statuizione si ritiene possa compor-tare una diversa valutazione rispetto alla pronuncia prece-dente, che aveva stabilito la liquidazione degli interessi dal-la data deldal-la domanda’’. La ‘‘ratio decidendi’’, ossia l’argo-mento logico sul quale trova fondal’argo-mento la regola di giu-dizio che si impone alle parti del rapporto controverso, e che onera la parte soccombente alla impugnazione se in-tende impedire la formazione del giudicato, deve infatti necessariamente esprimere l’attuale affermazione del diritto nel caso concreto, e non puo` dunque rinvenirsi in una sequenza sintattica improntata al periodo ipotetico – nella specie – del terzo tipo, essendo del tutto irreale la ipotesi che la ordinanza di inammissibilita` della impugnazione per revocazione, pronunciata ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., possa interpretare ‘‘in senso rescissorio’’ la sentenza impu-gnata: in ogni caso essendo stata implicitamente investita anche tale statuizione ‘‘ipotetica’’, dal motivo di ricorso per cassazione nel quale si evidenzia tanto l’esaurimento di tutti i rimedi esperibili, quanto la conseguente impossibilita` di immutare il giudicato formatosi sulla pronuncia di merito della Corte di legittimita` che liquida il danno, la eccezione di inammissibilita` del ricorso proposta dal Pubblico Mini-stero deve ritenersi infondata;

– che il procedimento sull’ammissibilita` dell’azione risarci-toria in dipendenza di responsabilita` civile del magistrato, di cui alla L. 13 aprile 1988, n. 117, art. 5, si mantiene sul piano meramente delibativo solo quanto al riscontro degli elementi addotti a fonte di detta responsabilita`, mentre ha carattere pieno e definitivo in ordine ai presupposti ed ai termini del-l’azione, sicche´ l’attivita` cognitoria del giudice in sede di esame di ammissibilita` comprende anche la verifica del ca-rattere non interpretativo della lamentata violazione di legge da parte del magistrato del quale si richiede l’affermazione di responsabilita` (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 14860 del 23/ 11/2001; id. Sez. 3, Sentenza n. 25133 del 27/11/2006);

– che, secondo la prospettazione del ricorrente, la negligen-za inescusabile della che caratteriznegligen-za la violazione di legge deve rinvenirsi nel fatto che la Corte di legittimita` si era discostata – senza alcuna plausibile giustificazione – dalla ap-plicazione di norme di diritto assolutamente chiare nella por-tata dispositiva e dai consolidati principi di diritto dettati da una univoca e fermissima giurisprudenza di legittimita` forma-tasi in materia di applicazione degli interessi e della rivaluta-zione nella liquidarivaluta-zione del danno patrimoniale derivante da illecito extracontrattuale, atteso che le norme che regolano il risarcimento per equivalente del danno patrimoniale da ritar-do derivante da illecito aquiliano (art. 2043 c.c., art. 2056 c.c., commi 1 e 2, art. 1219 c.c., comma 2, n.1), artt. 1223,1226 e 1227 c.c.) avevano da tempo ricevuto dalla giurisprudenza di legittimita`, in particolare per quanto riguarda la funzione, cui assolve la obbligazione risarcitoria, della tendenziale completa reintegrazione del patrimonio del danneggiato dalla perdita subita a causa dell’illecito, una sistemazione concettuale ed interpretativa che, ad esclusione delle incertezze manifestate sul cumulo tra rivalutazione monetaria del credito capitale e

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danno da ritardo, che hanno trovato composizione nell’arre-sto della Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995, e` praticamente rimasta immutata dagli anni cinquanta fino ad oggi (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2111 del 07/07/1955 Sez. 3, Sentenza n. 17/11/1962; Sentenza n. 03/02/1999; Sen-tenza n. 05/04/2007; SenSen-tenza n. 03/03/2009; SenSen-tenza n. 09/ 10/2012; Sentenza n. 18/02/2016; 1787 del 24/07/1961; id. Sez. 3, Sentenza n. 3133 del id. Sez. 3, Sentenza n. 2408 del 13/11/1970; id. Sez. U, 1712 del 17/02/1995; id. Sez. 2, Sentenza n. 878 del id. Sez. 3, Sentenza n. 15823 del 28/ 07/2005; id. Sez. 3, 23225 del 16/11/2005; id. Sez. U, Sen-tenza n. 8520 del id. Sez. 3, SenSen-tenza n. 10839 del 11/05/ 2007; id. Sez. 3, 22347 del 24/10/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 5054 del id. Sez. 2, Sentenza n. 3931 del 18/02/2010; id. Sez. 3, 5671 del 09/03/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 17155 del id. Sez. 1, Sentenza n. 6222 del 13/03/2013; id. Sez. 1, 15604 del 09/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 3173 del id. Sez. 3, Sen-tenza n. 6545 del 05/04/2016; id. Sez. 3, SenSen-tenza n. 12288 del 15/06/2016), per cui, indipendentemente dalla modalita` o tecnica liquidatoria scelta dal Giudice (indici Istat, saggio di interesse, altri parametri), se la liquidazione viene effettuata per equivalente, ossia con riferimento al valore del bene per-duto o delle opere necessarie al suo ripristino all’epoca del fatto stesso, deve tenersi conto della svalutazione monetaria intervenuta sino alla decisione definitiva (danno emergente), nonche´ della mancata disponibilita` della somma ‘‘de qua’’ durante il tempo trascorso dall’evento lesivo e la liquidazione giudiziale (lucro cessante), non potendo riverberare a danno dell’attore vittorioso la durata del processo, dovendo in ogni caso adottarsi meccanismi liquidatori di tali danni idonei ad evitare un’ingiustificata sovrapposizione e duplicazione di po-ste risarcitorie;

– che la responsabilita` di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 2, comma 3, lett. a), ‘‘ricorre solo allorche´ la violazione di legge sia ascrivibile a negligenza inescusabile (Cass. civ. Sez. 1, 26 luglio 1994 n. 6950; Cass. civ. Sez. 3, 14 febbraio 2012 n. 2107); cioe` quando vengano disattese soluzioni normative chiare, certe e indiscutibili, o siano violati principi elementari di diritto, che il magistrato non puo` giustificatamene igno-rare (casi di colpa grave); oppure quando ricorrano partico-lari circostanze – che debbono essere specificamente dedotte in giudizio e dimostrate – tali da evidenziare che, nel singolo caso controverso, l’adozione di una certa soluzione non pos-sa che ascriversi al dolo del giudicante’’ (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2637 del 05/02/2013, in motivazione): la ‘‘inescusabilita`’’ costituisce un ‘‘quid pluris’’ rispetto alla con-dotta negligente che ha determinato la grave violazione della legge, ed e` stata rapportata dalla giurisprudenza di questa Corte a parametri sintomatici quali la ‘‘violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma stessa ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico o l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della vo-lonta` del legislatore o la manipolazione assolutamente arbi-traria del testo normativo o ancora lo sconfinamento dell’in-terpretazione nel diritto libero’’ (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sen-tenza n. 7272 del 18/03/2008; id. Sez. 3, SenSen-tenza n. 6791 del 07/04/2016);

– che la questione in diritto – per la quale il Collegio ritiene opportuno richiede l’intervento risolutore delle Sezio-ni USezio-nite – e` se, in presenza di norme di diritto che non presentano equivoci od incertezze alcuni, in considerazione dei principi di diritto costantemente ribaditi da oltre sessanta anni dalla Corte di legittimita` e della consolidata ed univoca interpretazione delle norme indicate in materia di liquidazio-ne del debito risarcitorio derivante da illecito aquiliano, il diverso trattamento riservato dalla sentenza di legittimita` ad

un debito risarcitorio, di natura patrimoniale, derivante da illecito aquiliano (omessa attualizzazione ed applicazione de-gli interessi legali dalla data della domanda), possa ex se ritenersi attratto nell’ambito della ‘‘attivita` interpretativa del-le norme’’ – intesa come ricerca ed attribuzione di significato prescrittivo all’enunciato ricavabile dai lemmi e dai sintagmi delle disposizioni lette singolarmente, in relazione al nesso logico interno alla struttura dell’atto fonte ed alla relazione sistematica con le altre norme dell’ordinamento giuridico – e dunque essere considerata ‘‘in senso oggettivo’’ come attivita` comunque valutativa la quale – se pure errata od implausi-bile – ricade nell’ambito della clausola di salvaguardia di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 2, comma 2, o invece se il raggiunto livello di consolidamento del significato delle nor-me applicate in tema di liquidazione del danno patrimoniale derivante da illecito aquiliano (nella materia del danno pa-trimoniale da occupazione espropriativa: cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 1464 del 26/02/1983; id. Sez. U, Sen-tenza n. 12546 del 25/11/1992; id. Sez. U, SenSen-tenza n. 494 del 20/01/1998; id. Sez. 1, Sentenza n. 4070 del 20/03/2003; id. Sez. 1, Sentenza n. 19511 del 06/10/2005; id. Sez. 1, Sentenza n. 22923 del 09/10/2013; id. Sez. 2, Sentenza n. 11041 del 28/05/2015; id. Sez. 1, Sentenza n. 18243 del 17/ 09/2015. Quanto alla liquidazione del lucro cessante con la tecnica degli interessi: Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1814 del 18/02/2000; id. Sez. 1, Sentenza n. 9410 del 21/04/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 9472 del 21/04/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 13585 del 12/06/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 15604 del 09/07/2014; id. Sez. 1, Sentenza n. 18243 del 17/ 09/2015. Unica contraria l’isolata pronuncia Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4766 del 03/04/2002 volta ad assimilare nella categoria delle obbligazioni di valuta la indennita` di espro-prio ed il risarcimento del danno in base al criterio di liqui-dazione, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, comma 7 bis), implichi la necessita`, affinche´ possa operare la clausola di salvaguardia, che il totale distacco del Giudice dalle op-zioni interpretative di un indirizzo giurisprudenziale che puo` definirsi univoco e ‘‘cristallizzato’’, debba essere connotato, quanto meno, da un evidenziato dubbio applicativo alla fat-tispecie concreta della norma intesa nel significato ad essa attribuito, ovvero da una rimeditata – non rileva se fondata o meno – soluzione interpretativa, tale per cui la statuizione adottata risulti il portato di una attivita` valutativa e non di una mera ‘‘distrazione’’ od ignoranza dei principi giurispru-denziali consolidati;

– che piu` esattamente si ritiene di particolare importanza la questione se il discrimine tra attivita` di interpretazione (coperta dalla clausola di salvaguardia) e inescusabilita` della grave violazione di legge (fonte di responsabilita` civile dello Stato) venga in rilievo soltanto nel caso in cui l’attivita` del Giudice si rifletta direttamente sull’enunciato della disposi-zione normativa, traendone un significato (secondo il diffe-rente livello di chiarezza e precisione che questa esibisca), ovvero anche nel caso in cui si rifletta solo indirettamente su tale enunciato in quanto il significato risulti ‘‘gia`’’ enucleato costituendo il portato di una elaborazione giurisprudenziale, volta alla interpretazione della norma di diritto, che assuma consistenza tale da rendere stabile una determinata applica-zione della norma di diritto, atteso che se il precetto fonda-mentale della soggezione del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.) impedisce di attribuire all’interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto (essendo stato escluso in conseguenza che ‘‘essa, nella sua dimensione di-chiarativa, non puo` rappresentare la ‘‘lex temporis acti’’, ossia il parametro normativo immanente per la verifica di validita` dell’atto compiuto in correlazione temporale con

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l’affermarsi dell’esegesi del giudice’’: Corte cass. Sez. U, Sen-tenza n. 15144 del 11/07/2011), non puo` tuttavia essere messo in dubbio, come e` stato posto in rilievo dalle Sezioni Unite di questa Corte, che ‘‘la salvaguardia dell’unita` e della ‘‘stabilita`’’ dell’interpretazione giurisprudenziale (massima-mente di quella del giudice di legittimita` e, in essa, di quella delle sezioni unite) e` ormai da considerare – specie dopo l’intervento del D.Lgs. n. 40 del 2006, e della L. n. 69 del 2009, in particolare con riguardo alla modifica dell’art. 374 c.p.c. ed all’introduzione dell’art. 360 bis – alla stregua di un criterio legale di interpretazione delle norme giuridiche’’, ed il presupposto sotteso alla funzione nomofilattica affidata alla Corte di legittimita` dall’art. 65 dell’Ordinamento giudi-ziario, e` che ‘‘tra le possibili opzioni ermeneutiche, l’inter-pretazione della legge fornita dalla Corte di cassazione (e massimamente dalle sezioni unite di essa) va tendenzialmen-te intendenzialmen-tesa come una sorta di oggettivazione convenzionale di significato...’’ con la conseguenza che ‘‘da tale interpretazio-ne non possa percio` prescindersi tutte le volte che venga in discussione il contenuto di una norma nel suo significato oggettivo...’’ (Corte Cass. Sez. U, Ordinanza n. 23675 del 06/11/2014) e dunque il Giudice chiamato a decidere nel merito, non si trova di fronte ad ‘‘una’’ delle molteplici in-terpretazioni possibili ed alternative della norma di diritto dalla quale puo` derogare rimanendo nell’alveo, ma di fronte ad un significato normativo ‘‘privilegiato’’, in relazione al quale deve ravvisare valide ragioni per discostarsene, in di-fetto di qualsiasi motivazione, esplicita od implicitamente desumibile dalla fattispecie esaminata, dovendo ritenersi ‘‘in-spiegabile’’ in quanto non comprensibile in base contesto, una applicazione della norma in senso difforme dall’orienta-mento giurisprudenziale consolidato;

– che un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite sem-bra tanto piu` opportuno tenuto conto che il precedente di questa Corte Sez. 3, Sentenza n. 13000 del 31/05/2006 se-condo cui ‘‘nell’ordinamento giuridico che caratterizza lo Stato italiano e in cui non vige il principio dello ‘‘stare deci-sis’’, anche per le stesse decisioni a S.U. di questa C.S., l’interpretazione giurisprudenziale della singola norma ai sensi dell’art. 12 preleggi, contenuta in particolare nella sen-tenza, non ha valore giuridico oltre il caso di specie, nel senso cioe` che il giudice non e` obbligato a decidere confor-memente all’interpretazione gia` effettuata precedentemente dallo stesso o da altro giudice in relazione ad un’altra con-troversia’’ aggiungendo, ma senza poi dare applicazione esplicita della affermazione (non venendo in questione nel caso specifico), che ‘‘Ovviamente queste considerazioni sul

valore centrale del principio di legalita` vanno armonizzate con l’evidente esigenza di garantire il piu` possibile l’unifor-mita` dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto in particolare dalla Corte di Cassazione’’, e che la problematica evidenziata si riflette nella esigenza di una ge-nerale sistemazione della materia inerente i limiti di sindaca-bilita` dell’attivita` del magistrato riconducibile all’esercizio delle funzioni, coinvolgendo oltre che la nuova disciplina legislativa della responsabilita` civile introdotta dalla legge 27 febbraio 2015 n. 18 laddove, richiamandosi ai principi dell’ordinamento comunitari, predeterminata la ipotesi di colpa grave in termini di ‘‘manifesta violazione di legge’’ (che legittima l’azione di rivalsa dello Stato se determinata da ‘‘negligenza inescusabile’’), anche la disciplina legislativa degli illeciti disciplinari commessi ‘‘nell’esercizio della fun-zioni’’ (D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. g) ‘‘grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile’’), dovendo essere operato anche in tale settore il discrimine con l’attivita` insindacabile – di ‘‘in-terpretazione delle norme di diritto’’ (D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 2), atteso che se, in sede disciplinare, rimane escluso che ‘‘la mera inesattezza tecnico-giuridica possa di per se´ configurare l’illecito’’, non potendo sconfina-re l’esame del comportamento idoneo a comprometter la credibilita` del magistrato ed il prestigio dell’Ordine giudizia-rio nella critica della interpretazione della legge, tuttavia alla valutazione di tale condotta non pare estranea la verifica della ‘‘incontrovertibile difformita` della seguita interpretazio-ne della norma dalle interpretazioni della stessa gia` prospet-tate o ragionevolmente possibili’’;

– che pertanto il Collegio ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente la individuazione del discrimine nella grave violazione di legge contemplata dalle fattispecie illecite individuate dalla L. n. 117 del 1988, art. 2, comma 3, lett. a), (nel testo previgente alla modifica della L. n. 18 del 2015) e dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. g), tra attivita` interpretativa insindacabile ed attivita` sussumibile nella fattispecie illecita, con specifico riferimento alla ipotesi della violazione di norma di diritto in relazione al significato ad essa attribuito da orientamenti giurisprudenziali da ritenere consolidati.

P.Q.M.

Cosı` deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 marzo 2018. – Omissis.

Clausola di salvaguardia (art. 2, 2º comma, L. n. 117/1988) e creativita` dell’interprete

Sara Landini*

La Cassazione rimette alle Sezioni unite una questione relativa alla portata della clausola di salvaguardia in presenza di interpretazioni che superino orientamenti giurisprudenziali da ritenere consolidati. Si tratta di indagare sulla efficacia normativa di un ‘‘orientamento consolidato’’ e sul ruolo dell’interprete nella applicazione del diritto.

La rimessione alle Sezioni unite dell’ambito della

clausola di salvaguardia

La Sezione III della Cassazione ha rimesso la

que-stione dell’ambito di applicazione della c.d. clausola

di salvaguardia di cui all’art. 2, 2º comma, L. n. 117/

1988 sulla responsabilita` dei magistrati. La necessita`

di un orientamento chiarificatore delle sezioni unite

origina non tanto da un contrasto giurisprudenziale

sul punto quanto perche´ trattasi di ‘‘questione di

mas-* Il contributo e` stato sottoposto, in forma anonima, alla valu-tazione di un referee.

(5)

sima importanza concernente la individuazione del

discrimine ...tra attivita` interpretativa insindacabile

ed attivita` sussumibile nella fattispecie illecita con

ri-ferimento alla ipotesi della violazione di norma di

diritto in relazione al significato ad essa attribuito da

orientamenti giurisprudenziali da ritenere

consolida-ti’’, come si legge testualmente nella ordinanza in

commento.

Nel far cio` i giudici della terza sezione si richiamano

in particolare alla pronuncia del 2006 in cui la

Supre-ma Corte, nel compiere il suddetto discrimine,

osser-vava come l’ordinamento giuridico italiano si

caratte-rizza per l’assenza del principio dello stare decisis per

cui ‘‘l’interpretazione della singola norma ai sensi

del-l’art. 12 delle preleggi, contenuta nella sentenza non

ha valore giuridico oltre il caso di specie, nel senso

cioe` che il giudice non e` obbligato a decidere

confor-memente all’interpretazione gia` effettuata

precedente-mente dallo stesso o da altro giudice in relazione ad

un’altra controversia’’

1

.

Il caso da cui originava la controversia nella

ordi-nanza in commento riguarda la applicazione del

prin-cipio nominalistico ex art. 1277 c.c. proprio delle

ob-bligazioni pecuniarie in caso di ‘‘risarcimento’’ per

occupazione espropriativa illegittima. E` noto che,

det-to in estrema sintesi, la giurisprudenza ha elaboradet-to da

tempo una distinzione tra obbligazioni di valuta, per

le quali opererebbe il principio, e obbligazioni di

va-lore

2

, per cui non opererebbe e che sarebbero

pertan-to rivalutabili. All’interno di queste ultime, secondo il

suddetto costante orientamento giurisprudenziale,

rientrerebbero le obbligazioni risarcitorie. Sul punto

ci sia consentito osservare come tale partizione, di

fonte esclusivamente giurisprudenziale, sia stata messa

essa stessa in discussione dalla dottrina

3

.

Non intendiamo in questa sede affrontare il

proble-ma della partizione tra crediti di valore e di valuta,

intendiamo muovere dalla questione per concentrarci

invece sulla problematica, emergente nell’ordinanza in

commento, del ruolo dell’interprete nell’applicazione

del diritto.

Il commento e` ovviamente aderente all’ordinanza in

oggetto e guarda alla problematica dal punto di vista

privatistico. E` vero che nel diritto penale il principio

di legalita` della pena e` stato eroso da interventi

giuri-sprudenziali

4

, per cui anche in tale ambito potrebbe

proporsi la questione, che pero` dovra` essere calibrata

sulla base del sistema di diritto penale.

La giurisprudenza italiana e la giurisprudenza della

CGCE

Come premesso, la rimessione alle sezioni unite non

origina da un conflitto interpretativo nella

giurispru-denza ma dalla particolare importanza della questione

tale da investire la stessa funzione nomofilattica dei

giudici.

La Suprema Corte ha invero avuto piu` volte

occa-sione di pronunciarsi sul punto con una certa

conso-nanza che evidenziava come nell’ordinamento italiano

non sussista un obbligo per il giudice di uniformarsi a

precedenti giurisprudenziali, in quanto ogni sentenza

deve essere letta nella sua interezza e nel legame

sim-biotico della parte in fatto con la parte in

diritto/mo-tivazione. Ciascun principio di diritto enunciato dai

giudici non rappresenta una norma ovvero un

precet-to idoneo a regolare situazioni giuridiche altre rispetprecet-to

a quella sottoposta al giudizio. Ogni sentenza e` volta a

regolare il conflitto di interessi sottoposto

all’attenzio-ne del giudice e quello soltanto. I precedenti potranno

al piu` rappresentare meri ‘‘orientamenti’’ che non

ri-chiedono osservanza, bensı` mera osservazione ad

adiuvandum che possa ispirare decisioni future dei

giudicanti

5

.

Qualche parola in piu` merita di essere spesa per la

giurisprudenza europea in tema di violazione del

di-ritto comunitario da parte dello Stato italiano per

l’applicazione della legge sulla responsabilita` dei

ma-gistrati. La Corte si e` pronunciata sul punto in

parti-colare con la sentenza 24 novembre 2011 (C-379/10)

e con la nota sentenza resa nel caso Traghetti del

Mediterraneo il 13 giugno 2006, causa C-173/03).

1Cass., 31 maggio 2006, n. 13005, in Mass. Giust. Civ., 2006, p.

1482.

2Si veda per tutte Cass., Sez. un., 17 dicembre 1995, n. 1712, in

Foro It, 1995, 1469.

3V. Lojacono, Aspetti privatistici del fenomeno monetario,

Mi-lano, 1955, p. 14; G. Valcavi, Riflessioni sui c.d. crediti di valore, sui crediti di valuta e sui tassi di interesse, in Foro It., 1981, 2112; F. D’Aquino, Verso il tramonto dei crediti di valore?, in Foro It., 1981, 2644; F. Mastropaolo, voce ‘‘Obbligazioni pecuniarie’’, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1990, p.2; B. Inzitari, voce ‘‘Obbliga-zioni pecuniarie’’, in Digesto Civ., Torino, 1993, vol. XII, 470 e segg.; R. Nicolo`, Gli effetti della svalutazione della moneta nei rapporti obbligatori, in Foro It., 1944, 48 e segg.; A. Di Majo, Obbligazioni Pecuniarie, 1996, 89 e segg.; S. Martuccelli, Obbli-gazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano, 1998, 33; P. La-ghi, Moneta, equilibrio patrimoniale e tutela della persona, Milano, 2011, 4 e segg.; A. Malomo, Risarcimento da inadempimento di obbligazione pecuniaria, Napoli, 2012, 13 e segg.; V. Piccinini, I debiti di valore, Milano, 2012, 3.

4Cfr. F. Palazzo, Testo, contesto e sistema nell’interpretazione

penalistica, Studi Marinucci, II, Milano, 2007, 515 e segg.; M.

Papa, La tipicita` iconografica della fattispecie e l’interpretazione del giudice. La tradizione illuministica e le sfide del presente, in Principi, regole, interpretazione. contratti e obbligazioni, famiglie e successioni. scritti in onore di Giovanni Furgiuele, a cura di G. Conte-S. Landini, vol. I, Mantova, 2017, 329; Id., Fantastic Voya-ge, Attraverso la specialita` del diritto penale, Torino, 2017, 73 e segg.

5In tal senso si veda Cass., 19 gennaio 2018, n. 1266, in Mass.

Giust. Civ., 2018 la quale osserva ‘‘Secondo il consolidato indiriz-zo ermeneutico della giurisprudenza di nomofilachia, infatti, la L. n. 117 del 1988, art. 2, nel fissare i presupposti della domanda risarcitoria contro lo Stato per atto commesso con dolo o colpa grave dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, esclude che possa dar luogo a responsabilita` l’attivita` di interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prova, con una clausola di salvaguardia che non tollera letture riduttive, in quanto giustificata dal carattere fortemente valutativo dell’atti-vita` giudiziaria e dall’esigenza di attuare compiutamente l’indipen-denza del giudice’’. Cfr. in senso conforme Cass., 27 dicembre 2012, n. 23979, ivi, 2012; Cass. 27 novembre 2006, n. 25123, in Giur. It., 2007, 846; Cass., 31 maggio 2006, n. 13000, cit.

(6)

In quest’ultima a TDM e la Tirrenia di Navigazione,

due imprese di trasporti marittimi, citavano la societa`

Tirrenia in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli al

fine di ottenere il risarcimento del pregiudizio che

esse avrebbero subito, negli anni precedenti, a causa

della politica di prezzi bassi praticata da quest’ultima.

In particolare invocavano al riguardo tanto la

viola-zione, da parte della concorrente, dell’art. 2598, n. 3,

c.c. italiano, relativo agli atti di concorrenza sleale,

quanto la violazione degli artt. 85, 86, 90 e 92 del

Trattato CEE (divenuti, rispettivamente, artt. 85, 86,

90 e 92 del Trattato CE, a loro volta diventati artt. 81

CE, 82 CE, 86 CE, e, in seguito a modifica, 87 CE)

per il fatto che, a loro parere, la Tirrenia aveva violato

le norme fondamentali di tale Trattato, e in

partico-lare aveva abusato della propria posizione dominante

sul mercato in questione, praticando tariffe

notevol-mente inferiori al prezzo di costo grazie al

consegui-mento di sovvenzioni pubbliche la cui legittimita`

sa-rebbe stata dubbia alla luce del diritto comunitario. I

giudici italiani rigettavano le domande di risarcimento

nei tre gradi di giudizio. In risposta a tale rigetto la

TDM si interrogava sulla compatibilita` della L. n.

117/1988 con le prescrizioni del diritto comunitario

agendo dinanzi alla Corte di Giustizia della comunita`

Europea. TDM sosteneva, in specie, che le condizioni

di ricevibilita` delle azioni previste da tale legge e la

prassi seguita in materia dagli organi giurisdizionali

nazionali sono eccessivamente restrittive e rendono

estremamente difficile il conseguimento di un

risarci-mento da parte dello Stato dei danni causati da

prov-vedimenti giurisdizionali. Di conseguenza, una tale

normativa sarebbe in contrasto con i principi sanciti

dalla Corte, in particolare, nelle sentenze 19

novem-bre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e

a. (Racc. pag. I-5357), e 5 marzo 1996, cause riunite

C-46/93 e C-48/93, Brasserie du peˆcheur et

Factorta-me (Racc. pag. I-1029).

La Corte di giustizia, nel caso Traghetti del

medi-terraneo, nell’enunciare il principio secondo cui ‘‘Il

diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale

che escluda, in maniera generale, la responsabilita`

dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a

seguito di una violazione del diritto comunitario

im-putabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado

per il motivo che la violazione controversa risulta da

un’interpretazione delle norme giuridiche o da una

valutazione dei fatti e delle prove operate da tale

or-gano giurisdizionale’’, afferma altresı` che una

violazio-ne del diritto comunitario ‘‘non potrebbe sussistere

qualora un organo giurisdizionale nazionale abbia

de-ciso una controversia sulla base di un’interpretazione

degli articoli del Trattato che si rispecchi

adeguata-mente nella motivazione fornita da tale organo

giuri-sdizionale.’’ Si osserva ancora che ‘‘considerate la

spe-cificita` della funzione giurisdizionale nonche´ le

legit-time esigenze della certezza del diritto, la

responsabi-lita` dello Stato, in un caso del genere, non e` illimitata.

Come la Corte ha affermato, tale responsabilita` puo`

sussistere solo nel caso eccezionale in cui l’organo

giurisdizionale che ha statuito in ultimo grado abbia

violato in modo manifesto il diritto vigente. Al fine di

determinare se questa condizione sia soddisfatta, il

giudice nazionale investito di una domanda di

risarci-mento danni deve, a tal riguardo, tener conto di tutti

gli elementi che caratterizzano la situazione sottoposta

al suo sindacato, e, in particolare, del grado di

chia-rezza e di precisione della norma violata, del carattere

intenzionale della violazione, della scusabilita` o

ine-scusabilita` dell’errore di diritto, della posizione

adot-tata eventualmente da un’istituzione comunitaria

non-che´ della mancata osservanza, da parte dell’organo

giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio

pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, 3º comma, CE... Da

un lato, infatti, l’interpretazione delle norme di diritto

rientra nell’essenza vera e propria dell’attivita`

giurisdi-zionale poiche´, qualunque sia il settore di attivita`

con-siderato, il giudice, posto di fronte a tesi divergenti o

antinomiche, dovra` normalmente interpretare le

nor-me giuridiche pertinenti – nazionali e/o comunitarie –

al fine di decidere la controversia che gli e` sottoposta.

Dall’altro lato, non si puo` escludere che una

violazio-ne manifesta del diritto comunitario vigente venga

commessa, appunto, nell’esercizio di una tale attivita`

interpretativa, se, per esempio, il giudice da` a una

norma di diritto sostanziale o procedurale

comunita-rio una portata manifestamente erronea, in particolare

alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte in

tale materia o se interpreta il diritto nazionale in modo

da condurre, in pratica, alla violazione del diritto

co-munitario vigente.’’

6

.

Nel Caso C-379-2010 la Corte arriva ad affermare

6La Corte si ispira qui alla nota sentenza causa C-224/01,

Ko¨bler: ‘‘Per quanto riguarda le condizioni nelle quali uno Stato membro e` tenuto a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili, emerge dalla giurispru-denza della Corte che esse sono tre, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione grave e manifesta e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi (sentenza causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 36). La responsabilita` dello Stato per danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale di ulti-mo grado che viola una norma di diritto comunitario e` discipli-nata dalle stesse condizioni.

Per quanto riguarda piu` in particolare la seconda di queste condizioni e la sua applicazione al fine di stabilire un’eventuale

responsabilita` dello Stato per una decisione di un organo giuri-sdizionale nazionale di ultimo grado, occorre tener conto della specificita` della funzione giurisdizionale nonche´ delle legittime esigenze della certezza del diritto come hanno fatto valere anche gli Stati membri che hanno presentato osservazioni in questo procedimento. La responsabilita` dello Stato a causa della viola-zione del diritto comunitario in una tale decisione puo` sussistere solo nel caso eccezionale in cui il giudice abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente.

Al fine di determinare se questa condizione sia soddisfatta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato.

Fra tali elementi compaiono in particolare il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della

(7)

che escludendo qualsiasi responsabilita` dello Stato

italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di

una violazione del diritto dell’Unione imputabile a

un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado,

qualora tale violazione risulti da interpretazione di

norme di diritto o di valutazione di fatti e prove

ef-fettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, ai sensi

dell’art. 2, 1º e 2º comma, L. n. 117/1988, la

Repub-blica italiana e` venuta meno agli obblighi ad essa

in-combenti in forza del principio generale di

responsa-bilita` degli Stati membri per violazione del diritto

dell’Unione da parte di uno dei propri organi

giuri-sdizionali di ultimo grado.

A ben vedere, pero`, la presente pronuncia non

con-danna la clausola di salvaguardia di cui all’art. 2, 2º

comma, L. n. 117/1988 ma lamenta il fatto che l’Italia,

in quanto Stato convenuto, ‘‘non ha fornito alcun

elemento in grado di dimostrare validamente che,

nel-l’ipotesi di violazione del diritto dell’Unione da parte

di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo

gra-do, tale disposizione venga interpretata dalla

giuri-sprudenza quale semplice limite posto alla sua

respon-sabilita` qualora la violazione risulti

dall’interpretazio-ne delle norme di diritto o dalla valutaziodall’interpretazio-ne dei fatti e

delle prove effettuate dall’organo giurisdizionale

me-desimo, e non quale esclusione di responsabilita`’’.

La Corte di Giustizia non arriva a negare spazi

in-terpretativi ai giudici, ma anzi individua nell’attivita`

interpretativa ‘‘l’essenza vera e propria della funzione

giurisdizionale’’, eventuali divergenze interpretative

tra organi giudicanti non costituiranno quindi

viola-zione delle norme dell’Unione a meno che il giudice

nazionale in presenza di una norma sufficientemente

chiara e puntuale, le attribuisca una ‘‘portata

manife-stamente erronea, in particolare alla luce della

perti-nente giurisprudenza della Corte in tale materia’’

7

e

cio` in un ambito, quello dell’applicazione del diritto

comunitario, in cui la uniformazione delle regole e

della loro applicazione nel territorio dell’Unione

rap-presenta un obbiettivo fondamentale.

Ermeneutica e diritto

La distanza che separa la legge dal diritto e` la stessa

che separata la esegesi, intesa come analisi del testo

normativo senza apporti dell’interprete,

dall’ermeneu-tica, intesa come atto cognitivo che vede una

circola-rita` tra interprete e oggetto dell’interpretazione. Da

tempo la dottrina si e` misurata con tali distanze

riba-dendo il ruolo centrale dell’interprete del diritto il

quale non si limita alla analisi della lettera della

nor-ma, ma nel riferirla al caso concreto, nella ricerca della

giusta soluzione

8

, compie un’opera di bilanciamento

degli opposti interessi impressi nel dettato positivo e

crea diritto

9

.

Il diritto e` ordinamento nel senso che ‘‘organizza il

sociale, mette ordine nella rissa incomposta che

ribol-le in seno alla societa`, e` innanzi tutto ordinamento [...]

Ordinare significa sempre rispettare la complessita`

sociale, la quale costituira` un vero e proprio limite

per la volonta` ordinante’’

10

.

L’astrattezza della legge deve sempre confrontarsi

con la realta` per evitare applicazioni della legge

irra-gionevoli se misurate con il caso concreto. Da qui

l’impossibilita` di equiparare l’attivita` dell’interprete

ad un esercizio sillogistico di sussunzione del caso

particolare nella fattispecie astratta legale.

L’interpre-tazione e` individuazione del caso concreto ‘‘alla luce

delle norme e dei principi dell’ordinamento giuridico,

di valutazione del fatto concreto’’

11

, dell’insieme dei

valori di cui il diritto e` sintesi

12

. Questo non vuol dire

che la lettera della legge non abbia valore nel processo

cognitivo dell’interpretazione del diritto, la quale vive

in tre dimensioni tra loro complementari: testo,

lette-ralita`, intenzionalita` e contestualita`

13

. Il procedimento

interpretativo importa un dialogo tra soggetto e

og-getto i quali ‘‘convivono nel fondersi in una realta` che

dipende al tempo stesso dall’uno e dall’altro’’

14

.

Se tale e` il procedimento interpretativo rispetto al

comando e alla lettera della legge, analoghe

conclu-sioni possono raggiungersi con riferimento ai principi

violazione, la scusabilita` o l’inescusabilita` dell’errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria nonche´ la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdiziona-le di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziagiurisdiziona-le ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE.’’.

In ogni caso, una violazione del diritto comunitario e` sufficien-temente caratterizzata allorche´ la decisione di cui trattasi e` inter-venuta ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in questa materia (v., in tal senso, sentenza cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du peˆcheur e Factortame (Racc. pag. I-1029), punto 57).

7Cosı` come espressamente statuito nel procedimento

sopraci-tato C-173/03.

8Tale principio trova riscontro nelle tesi degli autori della

co-siddetta ‘‘giurisprudenza degli interessi’’ che respingono una va-lutazione astratta del diritto accentrando la sua attenzione nel momento della attivita` di giudizio ed applicazione del diritto al caso concreto. (F. Wieacker Zur rechtstheoretischen Pra¨zisierung des § 242, Tubinga, 1956; E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici. Teoria generale e dogmatica, Milano, 1971, p. 275 ss.).

9Cfr. G. Perlingieri, L’attualita` del ‘‘discorso preliminare’’ di

portalis. a proposito dei ‘‘miti’’ della certezza del diritto e della c.d. ‘‘crisi’’ della fattispecie, in Principi e Regole..., cit., I, 331 e segg.

10In tal senso P. Grossi, Prima lezione di diritto, Bologna –

Roma, 2003, 16. Si veda anche dello stesso Autore Ritorno al diritto, Roma-Bari, 2015; L’invenzione del diritto, Roma-Bari, 2017.

11Cosı` P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalita` costituzionale,

Napoli, 1991, 245. Si veda anche E. Diciotti, Interpretazione della legge e discorso razionale, Torino, 1999, 401. In tal senso, con riferimento alla dottrina italiana, v. R. Sacco, Il concetto di inter-pretazione del diritto, Torino, 1947, 26-40.

12Altre visioni della costruzione dell’ordinamento tendono a

concentrarsi su una produzione normativa fatta di forma e pro-cedura che si attua in assenza di un presupposto. N. Irti, Nichili-smo giuridico, Roma-Bari, 2004, p. 81 ss.

13L’espressione tra virgolette e` di G. Zaccaria, Testo, contesto e

linguaggi settoriali nell’interpretazione giuridica, in Id., La com-prensione del diritto, Roma – Bari 2012, 112 e segg. L’A. si ri-chiama in particolare a P. Ricoeur, Dal testo all’azione. Saggi di ermeneutica, trad. it. di G. Grampa, Milano 1989, 133 e segg.

(8)

ordina-di ordina-diritto enucleati dalla giurisprudenza e alle

defini-zioni di concetti di fonte giurisprudenziale quali

quel-le di crediti di valore e di valuta.

Il linguaggio giuridico e` un ‘‘linguaggio

tramanda-to’’

15

, in quanto il suo significato, per i motivi sopra

esposti, viene ad avere un peso storico per il suo

le-game con il fatto.

Ne´ puo` dirsi che il testualismo e la fissita` di

orien-tamenti giurisprudenziali possano ergersi a baluardo

della certezza del diritto intesa come effettivita` di

giu-stizia. L’ancoraggio alla lettera della legge o a principi

giurisprudenziali consolidati crea solo una falsa

cer-tezza del diritto, in quanto una soluzione ai conflitti

che riposi in schemi astratti lontani dal reale rischia di

violare il principio di uguaglianza sostanziale

16

.

Gli stessi concetti, che i singoli termini giuridici

esprimono, non possono a loro volta essere ridotti a

mere sintesi normative, ovvero ad una realta` creata dal

legislatore (30) o alla traduzione in una massima, cui i

giudicanti devono uniformarsi, del principio di diritto

enucleato all’interno di una pronuncia giudiziale, ma

rappresentano il portato di una tradizione giuridica

all’interno della quale deve essere ricompressa l’opera

incessante dei giuristi.

L’individuazione di concetti che trovano definizione

nella legge o nei percorsi giurisprudenziali non e`

equi-parabile ai processi definitori propri delle scienze

esatte i cui risultati devono essere misurabili,

riprodu-cibili e esprimibili in modo analitico e oggettivo.

In tale prospettiva assume un significato attuale il

noto brocardo omnis definitio periculosa est

17

.

L’attivita` definitoria importa un processo di

astra-zione che finisce inevitabilmente per operare una

sem-plificazione della complessita` propria della maggior

parte dei fenomeni rappresentati nei singoli sintagmi

ed espressioni giuridiche. Nel determinare il

contenu-to dei concetti generali, cui i termini giuridici si

riferi-scono, si operera` attraverso una sintesi logica volta a

riunire all’interno di un’unica fattispecie generale

ipo-tesi che, per quanto suscettibili di essere riassunte

all’interno di un concetto unitario, mantengono, nel

concreto manifestarsi, la loro peculiarita`. Dovendo,

pero`, riconoscere la sostanziale ineliminabilita` dello

strumento definitorio nella applicazione del diritto,

la scienza giuridica tende a risolvere le proprie

per-plessita` riducendo la definizione ad un momento della

conoscenza dei fenomeni giuridici nell’applicazione

del diritto, conoscenza che dovra` essere completata

all’interno del piu` vasto procedimento di

interpreta-zione. Accogliere un simile argomento, pero`, vuol dire

riconoscere all’interprete un ruolo attivo e creativo

rispetto al testo definitorio. Le stesse definizioni

legi-slative non sarebbero giudizi valutabili in termini di

verita` o falsita` rispetto alla sostanza concettuale del

definiendum, ma rappresenterebbero mere

attribuzio-ni di sigattribuzio-nificato frutto di una scelta del legislatore e

come tali suscettibili solo di una valutazione in termini

di maggiore o minore coerenza con la normativa di

riferimento e con la ratio che l’ha ispirata

18

.

Il ruolo dell’interprete e spunti per una riflessione

sulla predictive justice

La riflessione sull’ordinanza della Cassazione e sul

ruolo dell’interprete ci consente di poter compiere

qualche ulteriore considerazione su c.d. ‘‘predictive

justice’’

19

.

Se e` vero che l’attivita` dell’interprete non puo` essere

ridotta ad un procedimento sillogistico che tragga da

una premessa (fatto concreto e norma o principio di

diritto giurisprudenziale applicabile ad esso) la

solu-mento e interpretazione, in Studi in onore di Benedetti, Napoli, 2008, 745. Dello stesso Autore Norma interessi nella attivita` inter-pretativa a fini giuridici, in Domenico Rubino, a cura di P. Per-lingieri – S. Polidori, tomo I, Interessi e rapporti giuridici, Napoli, 2009, 23-40; Notazioni sull’insopprimibile nesso fra diritto e inter-pretazione, in Quaderni fiorentini, vol. 39, 2010, 781-789. Eviden-te il collegamento con l’idea di circolo ermeneutico v. G. Zaccaria, Ermeneutica e giurisprudenza. Saggio sulla metodologia di Josef Esser, Milano, 1984, passim in particolare sul ragionamento che il giudice opera nell’atto interpretativo 47 e segg. V. inoltre P. Nerhot, Il diritto, lo scritto, il senso. Saggio di ermeneutica giuri-dica, trad. it., Ferrara, 1992, 61 e segg. Entrambi questi ultimi due Autori citati si ispirano a H.G. Gadamer, Wahrheit und Methode. Grundzu¨ge einer philosophischen Hermeneutik, Tu¨bingen, 1960, in particolare 277e a J. ESSER, Precomprensione e scelta del me-todo nel processo di individuazione del diritto, trad. it. di G. Zac-caria e S. Patti, Napoli, 1983, p. 7.

15L’espressione e` di E. Paresce, voce ‘‘Interpretazione’’, in Enc.

dir., XXII, Milano, 1972, 154.

Si tratta di una chiara impostazione ermeneutica del problema visto che, come si osserva in dottrina, ‘‘La vera distinzione tra approccio analitico ed ermeneutica risiede nel modo di intendere il linguaggio: per l’analisi del linguaggio e` uno strumento conven-zionale o un’abilita` pratica di orientamento nel mondo, per la filosofia ermeneutica e` la casa dell’essere, cioe` il luogo in cui l’uomo abita e articola le proprie esperienze’’: F. Viola, La critica dell’ermeneutica alla filosofia analitica italiana del diritto, in a cura

di M. Jori, Ermeneutica e filosofia analitica: due concezioni del diritto a confronto, Torino, 1994, 75.

16Cfr. P. Grossi, Sull’odierna ‘‘incertezza’’ del diritto, in Giust.

Civ., 2014, 935 e segg.; G. Alpa, La certezza del diritto nell’eta` dell’incertezza, Napoli, 2006, 39.

17Per osservazioni critiche sull’uso improprio della frase di

Giavoleno v. in particolare A. Belvedere, Il problema delle defini-zioni nel codice civile, Milano, 1977, 5.

18C.G. Hempel, La formazione dei concetti e delle teorie nella

scienza empirica, trad. it., II ed., Milano, 1961, 9; A.C. Jemolo, I concetti giuridici, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, vol. LXXV, t. 2, Torino, 1940, 246 e segg.: ID., Ancora sui con-cetti giuridici, in Riv. Dir. Comm., 1945, 130 e segg. L’A. ritiene che l’iter di formazione dei concetti giuridici si attui mediante la fissazione di un ‘‘nucleo omogeneo’’ attraverso un processo de-duttivo operato sulla base delle leggi, mediante l’enunciazione di una definizione ovvero mediante l’introduzione di un elemento astratto ad opera del giurista il quale reca in tal modo un apporto costruttivo all’opera del legislatore. Il concetto, quindi, muove sempre dal dato normativo e risultera` come una realta` costruita dal legislatore che opera non in base a quadri sistematici, ma in base a propri fini pratici. Da cio` segue che i concetti dovranno essere sempre rielaborati a seguito della incessante produzione di diritto.

19C. Castelli-D. Piana, Giustizia predittiva. La qualita` della

giu-stizia in due tempi, in https://ihej.org/slider/justice-predictive-la-qualite-de-la-justice-en-deux-temps/.

(9)

zione, difficile e` ammettere la sostituzione in toto

del-l’attivita` dell’organo giudicante con un algoritmo.

La questione si inserisce negli scenari della giustizia

predittiva termine con cui si fa riferimento ad

algorit-mi applicati a contenuti decisionali, testi di sentenze,

decreti, atti del giudice in genere, banche dati

giuri-sprudenziali. ‘‘Tali algoritmi sono strutturati come

funzioni i cui argomenti sono appunto tali ambiti e i

cui risultati sono ‘‘probabilita`’’ di costo, orientamento

decisionale, range di penalita`, range di indennizzi, etc.

La giustizia predittiva e` dunque in verita` una label

molto sintetica con cui si descrive un ventaglio di

opzioni che hanno in comune la applicazione di

sofi-sticate tecnologie sia con finalita` di carattere analitico/

induttivo (si scoprono pattern decisionali o pattern

comportamentali analizzando e processando dati che

riguardano casi e decisioni gia` avvenuti) sia con

fina-lita` prospettico-predittivo. In altri termini non si tratta

di predire con esattezza puntuale il dispositivo di una

sentenza, ma di individuare l’orientamento del

ragio-namento del giudice. Poiche´ tale ragioragio-namento non

ha mai la natura di un sillogismo lineare, ma si

com-pone di passaggi analogici deduttivi induttivi, la

pre-dizione sara` focale e non puntuale’’

20

.

Si tratta di un approccio di sicuro interesse anche in

funzione di deflazione del contenzioso. Si pensi al

ruolo che potrebbe avere per porre le parti di fronte

all’altamente probabile esito della lite in modo da

favorire la conciliazione stragiudiziale.

Questo purche´ non si perda la misura del caso

con-creto, abbandonando il giudicante a facili deduzioni, e

l’utile interazione tra dottrina

21

e giurisprudenza.

Un giurista olandese nel descrivere l’evoluzione del

diritto privato in Europa osservava che ‘‘in a code

system the courts and the scholars together master

the gap between the abstract rules and the specific

cases (concretisation) that legislator has left.

Legisla-tor (necessarily) provides abstract rules, the scholars

are the expert on what their specific implication are,

and the courts (inspired by these scholars) decide

what they mean in specific case’’

22

.

n

Vendita, onere reale, garanzie

Cassazione civile, Sez. II, 28 dicembre 2017, n. 31005

– Pres. Matera – Rel. Cons. Cavallari – P.M. Pepe

(conf.) – CER.PI SRL (avv. Manzi et al.) – FGS

SNC (avv. Reggio D’Aci et al.). Cassa Corte d’appello

di Venezia, n. 1993 del 20 settembre 2012.

Vendita – Vendita immobiliare – Inquinamento di

terreni oggetto del trasferimento – Onere reale –

Ga-ranzia del compratore ex art. 1489 c.c. – Esclusione

In tema di inquinamento dei terreni, l’onere reale

pre-visto dall’art. 17, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e` una

conseguenza della necessita`, individuata dall’autorita`

competente, di realizzare gli interventi di messa in

si-curezza e presuppone, a monte, un provvedimento

am-ministrativo che prescriva detti interventi all’esito della

approvazione di un progetto di bonifica. I presupposti

per l’operativita` dell’art. 1489 c.c. sono collegati

esclu-sivamente all’emissione del provvedimento della

pub-blica amministrazione, senza dare rilievo alla situazione

di fatto esistente all’epoca di conclusione del contratto.

In caso di vendita di terreno edificabile, risultato dopo

la conclusione del contratto inquinato, il compratore

puo` chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione

del prezzo ai sensi dell’art. 1490 c.c. e non la risoluzione

per consegna di aliud pro alio in quanto l’immobile,

anche dopo l’emanazione del provvedimento

ammini-strativo di bonifica, continua a rimanere edificabile e

non puo` considerarsi di diverso genere rispetto a quello

pattuito. (Massima non ufficiale)

Omissis. – In materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 17 (ratione temporis applicabile) ha istituito una misura abla-toria personale comportante, in capo al destinatario, un obbligo di attivazione, consistente nel porre in essere de-terminati atti e comportamenti unitariamente finalizzati al recupero ambientale dei predetti siti.

Per l’esattezza, il summenzionato art. 17 prevedeva, al comma 2, che chiunque cagionasse, anche in maniera acci-dentale, il superamento dei limiti di accettabilita` della con-taminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso` dei siti ovvero determinasse un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, era tenuto a procedere, a proprie spese, agli interventi di messa in sicurezza, di bo-nifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali derivava il pericolo di inquinamento. Ai sensi del comma 9, qualora i responsabili non vi avessero provveduto ovvero non fossero stati individuabili, gli inter-venti di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino am-bientale sarebbero stati realizzati d’ufficio dal Comune ter-ritorialmente competente e, ove questo non fosse interve-nuto, dalla Regione.

In base al comma 10, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, nonche´ la realizza-zione delle eventuali misure di sicurezza costituivano onere reale sulle aree inquinate.

Il comma 11, infine, stabiliva che le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate, nonche´ per la realizzazione delle even-tuali misure di sicurezza erano assistite da privilegio spe-ciale immobiliare sulle aree medesime (e da privilegio

ge-20Ibidem.

21L’oggetto della dottrina e`, come osservava G. Capograssi, Il

problema della scienza giuridica, Roma, 1937, 157 e 173 e segg. l’esperienza giuridica nel suo complesso, e` la vita che la scienza

giuridica scompone e ricompone dando luogo a concetti.

22Hesselink, The New European Private Law, The

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