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La rappresentazione del corpo umano

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Academic year: 2021

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Me pinxit, me fecit

A cura di Eleonora Del Riccio

Sapienza Università di Roma E-mail: elo-dr@hotmail.it

La rappresentazione del corpo umano

Riv Psichiatr 2015; 50(4): 192-193

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La critica contemporanea si sta occupando sempre più di evidenziare il debito che le discipline scientifiche hanno nei confronti delle belle arti. Si tratta di un debito figurativo che mette in risalto la totale condivisione di convenzioni rappre-sentative in contesti scientifico-culturali apparentemente di-stanti. Le raffigurazioni anatomiche sono senza dubbio l’esempio più immediato di questa derivazione di modelli pittorici dalle opere d’arte e, allo stesso tempo, sono respon-sabili di aver influito direttamente sulla pratica e la ricerca artistica a partire dal XV secolo. Molto saggiamente James Elkins sostiene che: «Le raffigurazioni mediche rappresenta-no, in un certo senso, l’ombra delle raffigurazioni corporee delle belle arti, ne condividono molti significati e convenzio-ni, ma restano circoscritte all’interno di ciò che è dimostra-bile scientificamente. Le convenzioni delle belle arti che so-no state applicate all’illustrazione medica soso-no così tante che l’unica, grande differenza formale tra le due sfere è che agli illustratori medici era concesso ritrarre aspetti della morte, della sessualità e dell’interno del corpo vietati invece agli ar-tisti».

Tuttavia, tali aspetti furono ritenuti non adeguati a una corretta rappresentazione artistica fino a un certo punto del-la storia dell’arte. Si pensi alle lezioni di anatomia di Rem-brandt, già prese in considerazione in questa sede, ai resti umani immortalati in più casi da Géricault, per non parlare delle opere del XX secolo di artisti quali Joseph Beuys.

Ad ogni modo, attorno alla metà del Cinquecento, rap-presentare il corpo umano in forma anatomica e con piena visione delle interiora era lecito solo in un trattato

scientifi-co. Vesalio era un medico, ma van Calcar no. Al contrario, era a tutti gli effetti un artista, ricordato da Vasari per essere sta-to uno degli allievi di Tiziano. Quessta-to spiega perché le xilo-grafie dimostrano affinità con la pittura di paesaggio e la composizione figurativa italiana.

Questo montaggio permette il confronto simultaneo di sei incisioni e la speranza è quella di poter individuare dietro a ciascuna gestualità un richiamo a eventuali convenzioni pit-toriche contemporanee al De Humani. Non si tratta di indi-viduare delle corrispondenze per una pura vanità enciclope-dica, che risponde alla logica superficiale individuabile nel-l’espressione “tutto è collegato!”, al contrario l’obiettivo è rendere merito a ciò che ha detto Elkins e cioè che le raffi-gurazioni mediche sono l’ombra di quelle pittoriche.

Escludendo la prima immagine, procediamo con l’analisi. In due casi, compare il gesto delle braccia aperte. Questo at-teggiamento del corpo è una delle caratteristiche tipiche del-la gestualità di Cristo. Una posa che Mitchell ha definito «braccia aperte a ore quattro e a ore otto», che è comune-mente ripetuta soprattutto nella raffigurazione della Passio-ne, dall’Ecce Homo all’Uomo dei Dolori. La posa viene an-che ripetuta nel San Francesco della Pala Pesaro di Tiziano (1519-26, Santa Maria Gloriosa dei Frari).

Gli altri tre casi mostrano il corpo umano in atto di leva-re la mano sinistra. Ora, anche questa posa richiama i conti-nui atteggiamenti di Cristo, dei santi o degli angeli che indi-cano il cielo. Lo stesso Tiziano se ne è servito in un’opera che mostra Tobiolo e l’Angelo (1512-14, Gallerie dell’Accade-mia). Tuttavia, ciò che cambia continuamente in questi casi è

Jan Stephan van Calcar (1499-1596)

montaggio di xilografie tratte dall’opera di Andrea Vesalio (Andreas van Wesel) De Humani corporis fabrica (Venezia, 1543)

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la posizione della mano levata: in un caso indica verso il viso, in un altro è aperta e solo nel terzo caso indica effettivamen-te l’alto. Generalmeneffettivamen-te la mano aperta è il segno dell’adlo-cutio, così come anche l’indice levato; il problema è che il più delle volte è la mano destra a essere levata e non la sinistra come in questo caso. Ma questa sottigliezza di fatto non com-promette la comparazione perché non si tratta di una vera adlocutio, quanto di una scusa formale per riprendere quel dato atteggiamento in un altro contesto.

Il vero mistero è la terza mano, quella che indica il volto: sembra un atteggiamento molto più manierista, data la si-nuosità del gesto che ricorda le figure che sorreggono lance o vessilli. Ma potrebbe anche trattarsi semplicemente di una variazione delle prime due pose formalmente significanti.

Risulta chiaro adesso perché Elkins avesse parlato di

om-bre. La raffigurazione medica si è servita dell’esperienza del-le beldel-le arti piegandola alla propria necessità di chiarezza fi-gurativa e contemporaneamente le ha influenzate aprendo la gloriosa stagione delle raccolte dei disegni anatomici, come quelle di Leonardo.

PER APPROFONDIRE

• Pinotti A, Somaini A (a cura di). Teorie dell’immagine. Il dibattito contemporaneo. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2009. • Vasari G. Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori

ita-liani, da Cimabue insino a’ tempi nostri. Torino: Einaudi, 2015. • Mitchell W, Cometa M (eds). Pictorial Turn. Saggi di cultura

vi-suale. Palermo: Duepunti, 2009.

Me pinxit, me fecit

Riv Psichiatr 2015; 50(4): 192-193

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