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L’allucinazione di Sisto IV

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Academic year: 2021

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Me pinxit, me fecit

A cura di Eleonora Del Riccio

Storica dell’arte

E-mail: eleonoradelriccio@gmail.com

L’allucinazione di Sisto IV

Riv Psichiatr 2018; 53(2): 104 La Cappella

Si-stina, quale grande meraviglia! Talmente fa-mosa e apprezza-ta da essere di-ventata l’argo-mento principale di infiniti saggi specialistici e ope-re enciclopediche. Analogamen-te a Caravaggio, Raffaello, Berni-ni e forse Tizia-no, la Sistina e Michelangelo sono gli ineguagliabili blockbusters sui quali costruire la divulgazione artistica del domani. Non a caso, i sempre più frequenti documentari d’arte – o forse sarebbe più appropriato chiamarli docufilm, artmentari, docufil-mart – che si occupano di costruire un tipo di comunicazione alternativa, aggiornata e tecnologicamente attraente sono partiti da questi artisti.

Anche uno dei miei professori all’università decise di de-dicare una delle prime lezioni di un suo corso alla descrizio-ne degli affreschi dei lati lunghi della Cappella, ciclo a cui ap-partiene anche il dipinto con le Tentazioni di Cristo, il secon-do sul lato destro guardansecon-do il Giudizio Universale. Il pro-fessore in questione era apertamente anticlericale e non si faceva troppi problemi a ricordare in un’aula di sole studen-tesse che la Chiesa avesse riconosciuto l’anima alle donne so-lo nell’Ottocento. A questo proposito, spesso sottolineava di-vertito che a noi tutte meno di due secoli prima era gentil-mente concessa la dannazione eterna.

Mentre per noi però questa era una promessa da verifica-re in un “secondo momento”, per papa Sisto IV divenne la prefigurazione di un gran fardello da sopportare mentre il pontefice era ancora in vita.

Questa è la storia. Sisto IV voleva far affrescare le pareti della Cappella. Per farlo aveva chiesto l’aiuto di Perugino che, infatti, già si trovava all’opera quando fu raggiunto da un manipolo di pittori tra cui Botticelli, Signorelli, Ghirlandaio e aiuti. I pittori erano stati tutti inviati da Lorenzo il Magni-fico direttamente da Firenze, formalmente con lo scopo di rinverdire i legami con il papa all’indomani della Congiura de’ Pazzi (1478). Il complotto era stato organizzato dai ban-chieri fiorentini con l’aiuto di altre forze politiche esterne al-la città. Inoltre, era stato fortemente caldeggiato dal papa che vedeva nella potenziale caduta dei Medici un maggiore van-taggio per lo Stato della Chiesa.

Gli eventi però presero una piega inattesa: Giuliano, il fra-tello di Lorenzo, fu il solo sventurato a perdere la vita durante

l’agguato. Così quest’ultimo, una volta individuati i congiurati, li fece tutti giustiziare ristabilendo il proprio dominio.

Lorenzo escogitò anche un’astuzia per punire il papa in modo esemplare grazie a quei pittori che aveva inviato in Va-ticano come un piccolo cavallo di Troia.

Ora bisogna considerare che il trono papale in Sistina era anticamente posto proprio davanti a questa scena dove Sisto IV poteva quotidianamente assistere all’evocazione camuffa-ta della Congiura stessa.

Ai lati dell’altare entro cui brucia la fascina, si scorgono ingi-nocchiati gli ambasciatori penitenti che Lorenzo aveva inviato nel 1480 al fine di architettare una pace di facciata con il papa. All’estrema sinistra si vedono alcuni dei congiurati: Iacopo Bracciolini (con il pugnale), l’arcivescovo di Pisa Francesco Sal-viati e, infine, Francesco de’ Pazzi. Furono tutti fatti impiccare da Lorenzo dopo la Congiura. L’uomo con il mantello con le ghian-de è un istigatore che tenghian-de una mano intorno al collo di un al-tro uomo che è stato identificato come Giuliano de’ Medici, mentre Lorenzo è accanto al più maturo re di Napoli, Ferrante. Dall’altro lato della scena invece compaiono i prelati della Rovere, tra cui Giuliano, poi eletto papa con il nome di Giulio II. L’uomo porporato con lo scettro del comando è Girolamo Riario, mentre il fanciullo insidiato da un serpente potrebbe essere Pietro Riario, nipote o addirittura figlio di Sisto IV.

Il coronamento della scena è dato dalle tre tentazioni di Cristo che si vedono in alto e nelle quali il demonio signifi-cativamente appare coperto da un saio francescano, l’ordine a cui Sisto IV apparteneva prima di essere eletto pontefice.

Non ci sono testimonianze, per quanto se ne sappia, circa la reazione che il papa ebbe dopo aver visto l’affresco. Non si sa nemmeno se riconobbe l’insolenza che Lorenzo, tramite l’aiuto del fedele Sandro Botticelli, gli aveva apparecchiato. Certo è che questa è la scena a cui il pontefice avrebbe assi-stito quotidianamente ogni qual volta fosse entrato nella cap-pella del suo palazzo, la capcap-pella palatina più famosa per i cattolici. E la storia, prima che delle tentazioni di Cristo, rac-contava di un perdono che non sarebbe mai arrivato e di una pace che non si sarebbe mai potuta costruire davvero. Il pon-tefice doveva riconoscere tutto questo, doveva vedere un francescano nel Demonio che invitava Cristo a trasformare le pietre in pani, ma non doveva rendersene conto con im-mediatezza. Doveva essere come un’allucinazione, una presa di coscienza che aumenta con il passare del tempo, una cre-scente, immutabile e imperdonabile certezza.

Chissà se il papa ne ebbe paura.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

• Pfeiffer HW. La Sistina svelata. Iconografia di un capolavoro. Mi-lano: Jaca Book, 2010.

• Buranelli F, Dunston A (a cura di). The fifteenth century frescoes in the Sixtine Chapel. Città del Vaticano: Musei Vaticani, 2003. Sandro Botticelli (1445-1510).

Le tentazioni di Cristo. (1480-1482), affresco.

Città del Vaticano, Cappella Sistina.

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