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I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso.

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Academic year: 2021

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(1)

History of Engineering

Storia dell’Ingegneria

Proceedings of the 4

th

International Conference

Atti dell’8° Convegno Nazionale

Naples, 2020

Volume I

Editors

(2)

First edition: april 2020 Prima edizione: aprile 2020

© 2020 Cuzzolin S.r.l.

Traversa Pietravalle, 8 - 80131 Napoli Telefono +39 081 5451143

Fax +39 081 7707340 cuzzolineditore@cuzzolin.it www.cuzzolineditore.com

ISBN 978-88-86638-87-6

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Tutti i diritti riservati

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo, compresa la regi- strazione o le fotocopie, senza il permesso dell’editore

Editorial Offi ce / Redazione: MAURIZIO CUZZOLIN

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VII

Summary / Sommario

Volume 1

Preface/Prefazione SALVATORE D’AGOSTINO Ricordi

In ricordo di Vito Cardone

SALVATORE BARBA, BARBARA MESSINA In ricordo di Gennaro Improta GIUSEPPE BRUNO

Invited lectures / Relazioni a invito

La sfi da dell’energia del futuro: Clean Energy For All. Rifl essioni su energia e democrazia

LIVIO DE SANTOLI

20 luglio 1969: il primo uomo sulla Luna. L’evento e le sue ricadute

MARIO CALAMIA, GIORGIO FRANCESCHETTI, MONICA GHERARDELLI

HISTORY AND SCIENCE OF ENGINEERING

STORIA E SCIENZA DELL’INGEGNERIA

La Collaborazione Internazionale in Campo Scientifi co: il caso della F.T.C.

LUCIANO DE MENNA

Pozzuoli: terremoti e fenomeni vulcanici nel lungo periodo. Limiti della defi nizione attuale di pericolosità

EMANUELA GUIDOBONI

Ingegneria strutturale e conservazione del patrimonio architettonico

SALVATORE D’AGOSTINO

Sostenibilità del vincolo geotecnico nella storia dei monumenti

RUGGIERO JAPPELLI, VALENTINA JAPPELLI

Duecento anni di chimica nella Scuola d’Ingegneria di Napoli. Parte seconda: Dalla chimica degli “assaggi” alla scienza e tecnologia dei materiali

CARMINE COLELLA

Mathew Baker (1530–1613) e la nascita dell’ingegnere navale

CLAUDIA TACCHELLA 3 15 31 45 63 77 89 101 XIII XVII XIX

(4)

VIII

Summary / Sommario

Storia del termometro per le misure ambientali: dai termoscopi ai sensori elettronici

MATTEO DE VINCENZI, GIANNI FASANO

Le camere anecoiche acustiche: albori e sviluppi

CARMINE IANNIELLO

Dagli archivi in rete al museo diffuso dell’ingegneria: il fondo del Genio Civile di Verona e la sua valorizzazione

ANGELO BERTOLAZZI, LUIGI STENDARDO

Tecniche costruttive storiche diffuse nelle Quattro Province: un progetto colto di organizzazione del territorio

VALENTINA CINIERI, GIACOMO A. TURCO

Storia dell’industria del gas a Napoli

ANDREA LIZZA

SCIENTIFIC AND TECHNOLOGICAL EVOLUTION

EVOLUZIONE SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

Le reti di distribuzione di acqua potabile in epoca romana. Fistule ritrovate e quantità d’acqua erogata in due case pompeiane

MARIA CARMELA MONTELEONE

Antichi testi di Meccanica, nuovi ritrovamenti. La Majmu’a (Raccolta) n° 197 di Tehrān

GIUSEPPINA FERRIELLO

Sir Robert Seppings (1767–1840): l’invenzione nella tecnica e l’arte della costruzione navale

MASSIMO CORRADI

Appunti per l’arte del costruire: postille ai quattro libri dell’Architettura di Andrea Palladio

SALVATORE D’AGOSTINO

L’evoluzione dei sistemi di copertura a grande luce in Italia dal XVII al XIX secolo

LUCA GUARDIGLI, DAVIDE PRATI

“Sketchbook on military art”. Un compendio tra cultura tecnica e ibridazione artistica nell’Europa del XVII secolo

CONSUELO GOMEZ LOPEZ

Ingegneria dell’emergenza: ponti portatili “made in Italy” (1876-1945)

ILARIA GIANNETTI

The double-curvature shell of the Musmeci’s bridge

FRANCESCO MARMO, CRISTOFORO DEMARTINO, DAVIDE PELLECCHIA, MASSIMO PARADISO, NICOLÒ VAIANA, SALVATORE SESSA, LUCIANO ROSATI

113 127 137 147 159 173 189 203 219 237 251 265 277

(5)

IX

Summary / Sommario

Storia della Statica dello Strallo e sua interazione con la costruzione dei ponti strallati in acciaio

MARIO COMO

Rigidezza dello strallo in c.a.p.

MARIO COMO

La sicurezza antincendio negli edifi ci pregevoli per arte e storia

ANNA NATALE, ETTORE NARDI, GABRIELLA VALENTINO

Macchine e uomini della refrigerazione

CARMINE CASALE

I nuovi materiali da costruzione prodotti e diffusi in Italia negli anni Trenta

FRANCESCO SPADA

La costruzione a secco nel dibattito sulle tecniche costruttive in Italia nel secondo dopoguerra. Note sull’attività della rivista “Cantieri” (1946-50)

LAURA GRECO

Some considerations about the role of the historical drawings on the modern design

CARLO E. ROTTENBACHER, EDOARDO ROVIDA

ORIGINS AND TRAINING OF ENGINEERS

ORIGINI E FORMAZIONE DELL’INGEGNERE

Alluvioni, esondazioni, impaludamenti: costruire e coltivare in paesaggi fragili. Alcuni esempi dall’antichità: Paestum e Velia

GIOVANNA GRECO

Lagune e agricoltura. Vivere e coltivare in paesaggi fragili: tra Cuma e Metaponto

GIOVANNA GRECO

Archimede e il sistema di caricamento della balista da un talento utilizzata nella fortezza dell’Eurialo di Siracusa

UMBERTO DI MARCO, PIER GABRIELE MOLARI

Terme di Caracalla, misura e calcolo per la conservazione

MARIA LETIZIA CONFORTO

Le opere di ingegneria nell’antichità. L’esempio dell’Appia

GIULIANA TOCCO SCIARELLI

Le scale impiegate nell’arte bellica per superare le mura nemiche: dai Romani al Rinascimento

PIER GABRIELE MOLARI, ROSANNA DI BATTISTA

Il paesaggio a nord di Neapolis: la necropoli ellenistica e l’acquedotto del Serino. Il racconto con le moderne tecnologie

FEDERICO CAPRIUOLI, FRANCESCO COLUSSI, CARLO LEGGIERI

367 383 393 409 421 435 449 287 299 309 319 333 345 355

(6)

X

Summary / Sommario

Un criterio di classifi cazione di imbarcazioni di interesse archeologico, storico o etnografi co

LUIGI OMBRATO, CLAUDIO PENSA, VINCENZO SORRENTINO, CHIARA ZAZZARO

La carpenteria litica nell’Hawrān siro-giordano

LUIGI MARINO, MASSIMO COLI

Analogie fra i ceri di Gubbio e alcune antiche macchine belliche, in particolare con quella che produceva il fuoco greco: lume della fede e spirito guerriero

VINCENZO AMBROGI, PIER GABRIELE MOLARI

Il ‘Codice Tarsia’ nella Biblioteca Nazionale di Napoli: metodi e linguaggi per l’architettura e l’ingegneria del Mezzogiorno nel Cinquecento

ALFREDO BUCCARO

Cultura e formazione degli ingegneri. Studi ottocenteschi intorno a Leonardo da Vinci

ELENA GIANASSO

La formazione “ambientalista” dei giovani ingegneri nell’Ottocento borbonico

GIUSEPPE FOSCARI

L’insegnamento dell’architettura agli ingegneri a Pavia dall’Unità d’Italia alla fi ne dell’Ottocento

EMANUELE ZAMPERINI

“Protagoniste invisibili”: le donne nell’ingegneria dal XIX secolo a oggi

FRANCESCA ROMANA D’AMBROSIO ALFANO, MARIA ROSARIA PELIZZARI, DANIELA PEPE

Tecniche Sapienti. Una storia al femminile della Facoltà di Ingegneria di Roma Sapienza (1910-1969)

CHIARA BELINGARDI, CLAUDIA MATTOGNO

Università, Ingegneria e quadri tecnici: 60 anni di politica incerta con ritardi e carenze nel Mezzogiorno. Quale formazione nel futuro?

UMBERTO RUGGIERO, FRANCESCO RUGGIERO

463 475 487 499 511 523 531 545 559 571

(7)

XI

Summary / Sommario

Volume 2

WORKS AND PROTAGONIST BETWEEN ANCIENT AND MODERN

LAVORI E PROTAGONISTI TRA ANTICO E MODERNO

Concrete bridge heritage in Italy: the role of Riccardo Morandi

ENZO SIVIERO, MICHELE CULATTI, ALBERTO ZANCHETTIN

Sir Nigel Gresley e la leggenda del Flying Scotsman

ANDREA LIZZA

Francesco Del Giudice, ingegnere Direttore della Compagnia dei Pompieri di Napoli nel 1800. Comandante, scienziato, innovatore e docente

MICHELE MARIA LA VEGLIA, CARMINE PICCOLO

L’ingegnere Ernesto Besenzanica e la Ferrovia Adriatico-Sangritana

CATERINA SERAFINI, VINCENZO DI FLORIO

Itinerari digitali tra carte e disegni del patrimonio dell’archivio Porcheddu. Le pratiche delle opere torinesi nel periodo 1894-1927

GIUSEPPA NOVELLO, MAURIZIO MARCO BOCCONCINO

Gli ingegneri Inverardi nell’edilizia scolastica nel corso del Novecento in Abruzzo

SIMONETTA CIRANNA, FRANCESCA GEMINIANI, MARCO FELLI

Gli ingegneri e la rappresentazione grafi ca dei territori nell’Ottocento

LIA MARIA PAPA

Il Castello di Ischia nel disegno dell’ingegnere regio Benvenuto Tortelli. Architettura e ingegneria al servizio delle difese del Regno di Napoli alla fi ne del Cinquecento

FRANCESCA CAPANO

Da bóveda estrellada a cupola di rotazione. Le peculiarità della grande volta della Sala dei Baroni in Castel Nuovo

MARIA TERESA COMO

Il restauro della Cappella della Sindone di Torino

GENNARO MICCIO

I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

RAFFAELE AMORE, MARIANGELA TERRACCIANO

Lo sviluppo dei bacini idroelettrici in Alta Valtellina (1906-1960)

STEFANO MOROSINI, ANDREA SILVESTRI, FABRIZIO TRISOGLIO

Protagonisti politecnici di AEM in Alta Valtellina

STEFANO MOROSINI, ANDREA SILVESTRI, FABRIZIO TRISOGLIO

Gli “edifi ci baraccati” nel territorio di Cosenza dopo il terremoto del 1905

VALENTINA GUAGLIARDI 589 601 611 621 633 647 661 671 681 691 705 719 733 743

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XII

Summary / Sommario

Il Magazzino juta e cotone nel Porto di Napoli. Uno dei primi edifi ci in cemento armato realizzati a Napoli

GIACOMO RASULO, ALESSANDRO RASULO

1905: l’arrivo dell’energia elettrica a Pavia e la centrale realizzata sulla riva del Naviglio Pavese

FRANCESCO BIANCHI

Tra architettura militare e architettura: la sala d’armi di Capua

MARIA GABRIELLA PEZONE

Recupero e riuso delle tipologie specialistiche dell’architettura italiana del Novecento. Il caso dell’Orfanotrofi o Don Minozzi ad Antrodoco

ALESSANDRA BELLICOSO, ALESSANDRA TOSONE, FEDERICA TEDESCHINI

La gestione delle risorse idriche nelle città di Cusco e Lima in epoca coloniale

CLAUDIO MAZZANTI, ADRIANA NORA SCALETTI CARDENAS

Linee ferrate dismesse. La ferrovia del Vallo di Diano Sicignano degli Alburni-Lagonegro

FEDERICA RIBERA, PASQUALE CUCCO

Le case dell’Opera Valorizzazione Sila, patrimonio edilizio storico della Calabria del Novecento

ALESSANDRO CAMPOLONGO

Gli edifi ci scolastici a Catania dall’Unità nazionale alla seconda guerra mondiale: schema distributivo, stili architettonici e tecniche costruttive

DOMENICO GIACCONE

Per la nuova sede del Politecnico di Torino: studi, progetti, realizzazione (1939-1958)

MARGHERITA BONGIOVANNI, MARIANNA GAETANI

Variations on the theme of Plattenbau Heavy prefabrication and total industrialisa-tion in the experience of the Göhner housing estates in Switzerland (1966-1979)

GIULIA MARINO

Un’opera di Samu Pecz: la Boiler House dell’Università di Tecnologia ed Economia a Budapest

FEDERICA RIBERA, ROSSELLA DEL REGNO, FLORA ARRICHIELLO

I grattacieli italiani. La trasposizione di una tipologia

SIMONA TALENTI, ANNARITA TEODOSIO

Street architecture: l’infrastruttura come spazio della città e del paesaggio

ALESSANDRA COMO, LUISA SMERAGLIUOLO PERROTTA

Il Nucleo NBCR dei Vigili del Fuoco: una storia recente

MICHELE MARIA LA VEGLIA

Author Index / Indice degli Autori

755 767 777 791 803 817 829 843 855 869 881 895 905 915 921

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VIII Convegno di Storia dell’Ingegneria - Napoli 2020

4th International Conference on History of Engineering - Naples - Italy - 2020

R

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eRRacciano

I “mulini reali” di Caserta.

Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

Abstract

This contribution outlines the architectural, formal-compositional, typological-fun-ctional and constructive characteristics of some of the ‘Mulini Reali’ made between the late 18th and early 19th centuries, along the route of the ‘Acquedotto Carolino’, through reading critical of archival documents and direct field investigations. Speci-fically, the historical and constructive events of the ‘Mulini di San Benedetto’, ‘Mu-lini della Valle’ and ‘Mulino di Sala’ are examined, with the aim of out‘Mu-lining possible conservation and reuse strategies, which are essential to give back to the community heritage unjustly ignored and left in the grip of degradation and neglect.

Introduzione

L’esistenza di un importante corpus documentario costituito dall’inventario dei Beni della corona realizzato tra il 1826 e il 1827 dall’amministratore dello Stato di Caserta, cav. Antonio Sancio (Loffredo, 2006; Brancaccio, 2019; Barra e Puca, 2018) ha con-sentito a molti studiosi di sviluppare interessanti ricerche su complessi edilizi realizzati nell’area casertana contemporaneamente alla costruzione della nuova reggia e facenti parte del patrimonio di “Casa Reale”. Si è trattato di studi storico-documentali che hanno messo in luce la consistenza e lo sviluppo di architetture a servizio di impor-tanti attività produttive, i cui introiti dovevano servire al mantenimento della Reggia. Tali manufatti possono essere inseriti nel più vasto disegno, iniziato da Carlo III e proseguito da Ferdinando IV, teso a creare una rete di infrastrutture e di servizi nel territorio di Terra di Lavoro, a sostegno di iniziative produttive nel settore tessile e in quello della trasformazione di prodotti agricoli. Nell’ambito delle ricerche condotte sull’argomento risultano di grande interesse quelle dedicate ai cosiddetti Mulini Reali (Messana, 2008; Serraglio 2008; Capano, 2010), un sistema di mulini costruiti lungo il percorso dell’Acquedotto Carolino (Capano, 2010, 857; Di Stefano, 1973), che oggi si presentano, salvo quello di Montebriano, in condizioni di estremo degrado e incuria.

Il presente contributo vuole delineare il quadro storico, i caratteri architettonici, formali-compositivi, tipologici-funzionali e costruttivi di tali architetture, attraverso la lettura critica del repertorio di dati raccolti sul campo. L’esame e la classificazione della documentazione storico-archivistica e iconografica rappresentano straordinari

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Raffaele Amore, Mariangela Terracciano

strumenti di indagine e di conoscenza che trovano il loro completamento se si com-binano con i risultati dell’esame diretto e pluridisciplinare della consistenza fisica del manufatto architettonico e delle sue condizioni di degrado. L’indagine metrica e l’individuazione dei materiali e delle tipologie costruttive impiegate per la realizza-zione di un edificio consentono, infatti, di relazionare e di confrontare le risultanze delle fonti iconografiche e documentali con la stratigrafia strutturale degli elementi della fabbrica. Per tale motivo le indagini dirette sulla materia dei manufatti architet-tonici storici secondo un approccio di tipo “archeologico” (Doglioni, 1997; Brogiolo e Cagnana, 2012) costituiscono un elemento di integrazione essenziale dei risulta-ti delle ricerche storiche, archivisrisulta-tiche e bibliografiche, consentendo una lettura e una interpretazione contestuali e interdisciplinari dei dati raccolti (Di Stefano, 1990; Aveta, 2008), che supporta e valida i dati storici.

Per tale ragione, ad arricchimento delle ricerche storico-archivistiche-documen-tarie già elaborate da altri Autori, il presente contributo si pone l’obiettivo di fornire una prima sintetica lettura della consistenza materiale dei Mulini di San Benedetto, del Mulino ai Ponti di Valle e del Mulino di Sala.

Mulini di San Benedetto

Il primo complesso molitorio1 a essere realizzato su iniziativa dei Borbone fu quello di

San Benedetto2, in un’area attraversata dal tratto terminale dell’Acquedotto Carolino3,

che era stata fino a quel momento utilizzata come cava di pietre per la costruzione della Reggia. Nel maggio del 1770 iniziarono, sotto la direzione di Vanvitelli e con la colla-borazione del figlio Carlo, i lavori di costruzione dei mulini che si conclusero nell’esta-te del 1772. Le spese di costruzione di circa 7000 ducati4 furono sostenute dalla Giunta

degli Allodiali5, perché la struttura era destinata al patrimonio privato di Ferdinando

IV. Il complesso comprendeva due Molini, dotati entrambi di quattro macine, posti a due quote altimetriche differenti. L’edificio del primo mulino, detto superiore, era composto da due livelli: il pianterreno ospitava il gran “casone” con le macine, mentre al piano superiore vi erano cinque stanze destinate per comodo dei “Molinari”, cui si accedeva salendo una scala coperta situata a destra dell’ingresso al casone. Il corpo a “L” che dava sulla strada ospitava una grande scuderia e metteva in collegamento il mulino con l’osteria, composta da un ambiente diviso da archi, da due altri bassi e da una piccola scuderia; al piano superiore erano ubicate dodici stanze, destinate a uso abitativo. Il secondo mulino, detto inferiore, era sempre su due livelli: il piano terra era costituito da un ambiente con le macine, mentre al primo piano vi erano due stanze per “comodo de Molinari”, cui si accedeva attraverso una scala coperta a destra.

Tra il molino superiore e quello inferiore fu realizzata una grande vasca6 che

racco-glieva le acque dallo scaricatoio del primo mulino e le riversava nelle fonti del secon-do. Di fianco a tale vasca fu realizzato un giardino di delizie7, che conferiva al

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I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

altri mulini, ma che si spiega se si considera che il complesso in esame era parte del patrimonio personale del re. Il dislivello esistente nella direzione nord-sud tra il corpo di fabbrica superiore e quello inferiore poteva essere superato mediante una scala che si svolgeva ai lati del citato giardino, perpendicolarmente ai due corpi di fabbrica prin-cipali. Una rampa carraia collegava i due piazzali antistanti gli ingressi ai due casoni, dove avvenivano le operazioni di carico e scarico dei prodotti. Nel 1813 l’architetto di corte Luca De Lillo realizzò una piccola chiesetta a servizio dei mugnai8. A partire dal

1839 il mulino subì una serie di trasformazioni e ampliamenti9: furono costruiti nuovi

magazzini e una piccola scuderia a spese dei Baroni Farina, cui era stata affidata la ge-stione del complesso. La scuderia con tetto a falde fu ubicata in un angolo dello slargo posto davanti all’ingresso del mulino inferiore, mentre i magazzini, divisi in tre stanze coperte a volta, furono realizzati in adiacenza all’edificio d’ingresso10. Al di sopra di

tali magazzini furono costruite due stanze per la clientela11. Nel 1849 fu approvata la

richiesta di ricostruzione e di ampliamento dell’aia secondo il progetto redatto dell’ar-chitetto della Reale Amministrazione Giuseppe Minervini12.

Intanto, nel 1840, in un mulino a Santa Maria di Capua Vetere furono installate quattro macine animate da macchina a vapore. A fronte di tale innovazione tecno-logica che inevitabilmente rendeva meno competitivo l’arcaico sistema ad acqua, i Baroni Farina chiesero di poter rinnovare e adeguare i macchinari a servizio dei due mulini, installando dei “turbini idraulici” introdotti dal Fourneyron in Francia. Il relativo progetto di Gaetano Genovese e di Antonio Bucci fu approvato nel gennaio del 1841 per una spesa di 3000 ducati, che sarebbero stati pagati dai Farina, nel caso di “mal riuscita”13.

Con l’Unità di Italia i Mulini di San Benedetto continuarono a essere gestiti dai Farina per qualche anno. Alla vigilia della Grande Guerra, il complesso fu acquisito dal Demanio Militare per essere trasformato in una caserma con annessa fabbrica di calzature e depositi. In quegli anni fu costruito un nuovo padiglione per la lavo-razione delle tomaie e una tettoia per la pesa di avena e foraggi per il vitto dei mi-litari. Occupato durante la Seconda guerra mondiale, il complesso fu riconsegnato dal comando anglo-americano alla Direzione Militare di Artiglieria nel 1946. Un rilievo con inventario del 1953, redatto dalla 10a Direzione Lavori Genio Militare,

documenta che il complesso, in cattivo stato di conservazione, aveva la stessa consi-stenza di oggi. Nel 1983 avvenne il passaggio di consegna dalla Direzione Militare dell’Artiglieria al Comando di Presidio Militare: iniziò così lo svuotamento di tutti gli edifici del complesso che da allora versa in stato di abbandono.

Nonostante l’incuria, sono ancora leggibili le tracce dell’originario impianto e delle successive trasformazioni, soprattutto planimetricamente. La mancanza del ri-vestimento di intonaco lascia intravedere la tessitura delle murature di tufo a blocchi regolari che si diversificano per epoca di costruzione, in funzione della grandezza dei conci. Le strutture più antiche conservano ancora volte in tufo, mentre le aggiunte

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Raffaele Amore, Mariangela Terracciano

Fig. 1 – I Mulini di San Benedetto. Planimetria con indicazione delle diverse fasi costruttive e foto dello stato attuale.

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I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

più recenti presentano coperture a tetto molto semplici, per la gran parte in fase di crollo. La chiesetta, sebbene inglobata in edifici realizzati successivamente, è ben riconoscibile nelle sue forme e decorazioni originarie, nonostante queste si presen-tino fortemente compromesse. Non mancano strutture in cemento armato realizzate negli anni Trenta, con possenti travi principali e secondarie intradossate. La facciata prospiciente la strada presenta un disegno di inizio Novecento, vagamente liberty, frutto di un successivo intervento di trasformazione.

In Figura 1 sono riportate la planimetria con indicazione delle diverse fasi co-struttive e una serie di foto dello stato attuale dei Mulini di san Benedetto.

Mulini ai Ponti di Valle

Per sfruttare il salto di quota di circa 19 metri che le acque del condotto Carolino dovevano compiere per immettersi nel ponte canale della Valle di Maddaloni, Ferdi-nando IV fece realizzare tra il 1793 e il 1795 il Mulino ai Ponti di Valle, impegFerdi-nando una somma di 31.421,89 ducati 14. Qualche anno dopo, sempre per volere del

sovra-no, fu realizzata, su un terrazzamento a quota più bassa, una fonderia alla quale si sarebbe dovuta affiancare una “ramiera”15. Il progetto non fu portato a termine a

cau-sa dei noti eventi verificatisi nel regno nel 1799. Sebbene non si trovi riscontro nella documentazione archivistica, fu molto probabilmente Carlo Vanvitelli a progettare sia il primo mulino che la ferriera e la piccola chiesa annessa.

La ferriera16, concessa in affitto alla famiglia Mastelloni, cessò la sua attività

intorno al 182217 e fu riconvertita anch’essa, per una spesa di 350 ducati18, in un

mulino a “tre macine” che fu dato in fitto per 800 ducati a Pasquale Marra per la durata di un anno, da giugno 1823 a giugno 182419. Successivamente, nel 1824,

entrambi i mulini furono concessi in fitto a Ferdinando Proto per 8 anni20 e, poi, dal

1832 ai Baroni Francesco e Ferdinando Farina21. Il “casone delle macine” del mulino

inferiore era costituito da un ampio vano principale d’ingresso con pavimento in ba-soli. Nella prima stanza vi era un piccolo ufficio per lo scrivano e, a destra del vano d’ingresso, l’accesso al magazzino, illuminato da una finestra. Un ingresso esterno conduceva alle scuderie, articolate in due stanze con quattro mangiatoie. L’accesso alle abitazioni superiori dei mugnai avveniva con una scaletta esterna che smontava su una loggetta con pavimentazione in quadroni. Nel lato a mezzogiorno vi era l’aia utilizzata quale “spanditoio” e lavatoio del grano. Annesso al “casone delle macine” del mulino superiore vi era uno stanzino per lo scrivano e, a sinistra, i locali adibiti a scuderie; a destra era ubicata un’osteria, con panche, tavoli, dispensa e cantina. Una scala interna conduceva invece alle abitazioni superiori22.

Nel luglio del 1839 il muro del casone del mulino superiore che non riusciva più a contenere la spinta dell’acqua fu consolidato a opera dell’architetto De Lillo, il quale risarcì le lesioni e ammorsò il muro dissestato con quello opposto, realizzando tre archi, i cui piedritti erano inglobati all’interno della muratura23.

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Raffaele Amore, Mariangela Terracciano

Fig. 2 – I Mulini della Valle. Planimetria con indicazione delle diverse fasi costruttive e foto dello stato attuale.

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Durante gli scontri tra i volontari garibaldini e le truppe borboniche, il comples-so subì gravi danni, testimoniati dal rapporto del 21 febbraio del 1861 dell’architetto Toscani24. Dopo un periodo di abbandono, il 29 luglio 1861, per ordine del Generale

Pinelli, le truppe occuparono il mulino per vigilare il passaggio del ponte e arginare il fenomeno del brigantaggio25. Successivamente, la struttura fu abbandonata e oggi

versa in grave stato di degrado. La mancanza degli intonaci rende facilmente leggibili le tessiture murarie, che si presentano regolari e di buona fattura. La mancanza delle strutture di copertura ha danneggiato tutti gli orizzontamenti. La chiesetta presenta sul-la facciata principale ancora sul-lacerti di intonaco delsul-la primitiva decorazione; all’interno sono visibili l’apparecchio murario della volta in conci di tufo sagomati e calce e i resti dell’altare. Una semplice operazione di pulizia e sgombero dei materiali di risulta consentirebbe un più accurato rilievo di quanto ancora resta dell’impianto produttivo.

In Figura 2 sono riportate la planimetria con indicazione delle diverse fasi co-struttive e una serie di foto dello stato attuale dei Mulini della Valle.

Il Mulino di Sala

Il Mulino di Sala fu costruito tra il 1832 e il 1833, secondo il progetto dell’architetto di corte Pietro Bianchi, coadiuvato da Gaetano de Lillo, per un costo di 8.549,76 du-cati26. La decisione di costruire un nuovo mulino in adiacenza al grande vialone della

Reggia vanvitelliana fu presa a seguito della richiesta dei baroni Farina di realizzare un impianto in sostituzione di un altro dei mulini che gestivano, quello di Monte-briano27, che era divenuto scarsamente produttivo perché di difficile accessibilità,

essendo ubicato all’interno del Giardino inglese del Sito reale.

Realizzata la struttura e acquistati i macchinari, ci si rese conto che il mulino era alimentato da una bassa portata d’acqua, potendo disporre solo delle acque non utiliz-zate per le esigenze del Giardino inglese28 e dunque si rese necessaria la realizzazione

di un nuovo condotto idrico, a servizio del Mulino e dell’adiacente Gualchiera, allora gestita da Raffaele Sava, che assicurasse un flusso di acqua idoneo alle esigenze di entrambe le strutture. Il nuovo condotto fu realizzato a spese di Sava29; il 4 gennaio

1835 l’Amministrazione reale consegnò definitivamente la struttura ai Farina30.

Il mulino si sviluppava su un lotto di forma trapezoidale, cinto per tre lati da muri e con il lato occidentale confinante con il vialone della Reggia, ed era costituito da due corpi di fabbrica. Il primo, prospiciente la strada di accesso, era destinato a ta-verna e a scuderia; il secondo, posto a confine con il vialone della reggia, era adibito a mulino. Al piano terra a sinistra rispetto alla scala si sviluppava il “casone” con quattro macine, a destra l’ufficio e due magazzini. La scala posta dietro l’ufficio con-duceva al piano interrato, dove vi erano le ruote motrici orizzontali; i piani superiori, primo piano e loggia, erano destinati a residenze. Il casone delle macine era aerato da quattro aperture prospicienti il cortile e da una che si affacciava nel cavedio del cana-le di scarico. Il piano interrato (carcere) era composto da quattro stanze, dove erano

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Raffaele Amore, Mariangela Terracciano

Fig. 3 – Il Mulino di Sala. Planimetria con indicazione delle diverse fasi costruttive e foto dello stato attuale..

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I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

posizionate le ruote orizzontali (ritrecine). L’acqua, dopo aver azionato tali ruote, si immetteva nello scaricatoio, per poi defluire nel canale dell’acquedotto Carolino che alimentava la Fontana dei Delfini. Nel cortile, a sud, erano ubicati lo spanditoio e il

lavatoio del grano, oltre un piccolo giardinetto. Gli alloggi dei lavoranti erano

ubica-ti tutubica-ti ai piani superiori; vi erano stanze per gli affittuari, l’abitazione dello scrivano, e, sulla loggia, l’abitazione del capo dei molinari.

Successivamente, nel 1854 i baroni Farina fecero richiesta alla Reale Amministra-zione di poter realizzare anche due mulini per la semola31, che furono costruiti sul

suo-lo prima destinato a giardino, sul versante meridionale del complesso, e ai quali erano annessi un’altra aia e un’altra scuderia. Il progetto fu affidato a Giuseppe Minervini, che realizzò l’ampliamento con una spesa di 2.906,34 ducati; le spese di ampliamento furono sostenute dagli stessi locatari. Il mulino fu gestito dai Farina fino al 186732, per

poi passare al Ministero della Guerra. In seguito, probabilmente per il cattivo funzio-namento della turbina che permetteva di azionare i palmenti33, l’attività molitoria fu

dismessa, l’edificio fu convertito stabilmente a usi militari e furono realizzati nuovi alloggi e la mensa34, occupando ampie porzioni dei cortili originari. La planimetria

re-datta dal Corpo Reale del Genio Civile nel 192735 ben evidenzia la consistenza

dell’e-dificio a quella data, quando fu aggiunto anche un grande deposito su un’area adiacen-te all’originario muro di confine del mulino a sud. Da allora la struttura non ha subito ulteriori trasformazioni ed è stata utilizzata come deposito e residenza militare fino al 2007, quando è stata dismessa ed è entrata a far parte del Demanio.

A seconda delle epoche storiche in cui sono stati costruiti i diversi edifici che compongono l’attuale consistenza del Mulino di Sala, si trovano impiegate tecniche costruttive diverse: murature in tufo giallo e malta di calce e pozzolana, utilizzate per la costruzione degli edifici più antichi, e strutture a telaio in cemento armato, nelle parti aggiunte ad inizio Novecento; solai in legno con travi a doppia orditura e tavolato superiore realizzati a secco nel corpo di fabbrica dell’originario mulino, solai a travi a panconcelli nell’edificio costruito a metà Ottocento e solai latero ce-mentizi nel locale mensa, più recente. La mancanza di manutenzione e l’abbandono hanno innescato processi di degrado molto significativi, causati, in massima parte, dalle infiltrazioni d’acqua piovana che hanno ammalorato i solai. Particolarmente gravi sono le condizioni dei solai in calcestruzzo armato dell’edificio novecentesco, che presenta una copertura piana non adeguatamente impermeabilizzata. La rottura di pluviali e grondaie ha determinato fenomeni di ruscellamento dell’acqua lungo le facciate con conseguente ammaloramento dell’intonaco. Non si rilevano, viceversa, particolari e significativi dissesti statici, a eccezione del crollo parziale di un solaio in travi di legno e panconcelli nell’edificio realizzato a fine Ottocento e di alcune altre porzioni di solai lignei più antichi.

In Figura 3 sono riportate la planimetria con indicazione delle diverse fasi co-struttive e una serie di foto dello stato attuale dei Mulini di Sala.

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Conclusioni

Il successo di pubblico registrato dal polo museale della Reggia di Caserta negli ulti-mi anni rappresenta un forte stimolo per la programmazione di ulteriori iniziative di valorizzazione e sviluppo delle molteplici peculiarità di Caserta e della sua provin-cia, in parte preesistenti alla costruzione della Reggia, in parte ad essa intimamente legate, come nel caso dell’Acquedotto Carolino e dei Mulini Reali.

In particolare, il sistema costituito dall’acquedotto con i suoi ponti e dai Mulini reali può contribuire alla conoscenza della storia recente di un territorio troppo spes-so mortificato dagli eventi di cronaca. In tal senspes-so, un processpes-so di rifunzionalizza-zione dei Mulini Reali può essere l’occasione per reintrodurre nel ciclo produttivo strutture abbandonate che nonostante tutto conservano i segni e le memorie della grande stagione della città di Caserta.

È evidente che tale operazione dovrà tenere in debito conto le caratteristiche dei singoli complessi, assecondandone la vocazione, nel pieno rispetto dei loro valori e della loro integrità materiale. Ad esempio, l’eventuale progetto di restauro del mulino ai Ponti della Valle di Maddaloni dovrà confrontarsi con gli straordinari va-lori paesaggistici dell’area dove è ubicato. Per i Mulini di San Benedetto non si potrà prescindere dalle caratteristiche del contesto urbano in cui risulta immerso, a seguito dell’urbanizzazione di espansione della Caserta contemporanea. Per il Mulino di Sala, invece, si dovrà tener conto sia della strategica vicinanza alla Reggia che della presenza della contigua industria tessile, anch’essa in stato di abbandono. C’è da augurarsi che nei prossimi anni si possa passare dagli studi documentari agli appro-fondimenti utili a reali interventi di restauro di un patrimonio storico-architettonico colpevolmente dimenticato negli ultimi decenni.

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Note

1. Archivio Storico della Reggia di Caserta (in seguito ASRC), Dispacci e Relazioni (in seguito D.R.), b. 1606, f.lo 27.

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Raffaele Amore, Mariangela Terracciano

2. Antonio Sancio, Platea de fondi beni e rendite che costituiscono lo Stato di Caserta

for-mata per ordine di S.a M.a Francesco I mo Re del Regno delle Due Sicilie P.F.A. dall’Am-ministratore cavalier Sancio, s.d. ma 1826 ca. ASRC, vol. 3558., p. 253.

3. Per risolvere anche i problemi di approvvigionamento d’acqua di Napoli il Sovrano aveva esplicitamente richiesto al Vanvitelli che le acque del Carolino, servita Caserta, fossero indirizzate verso il monte Coro nel territorio di Maddaloni per immettersi nell’Acquedot-to del Carmignano. ASMuN, Acqua di Carmignano. Costruzione del tronco di S. Bene-detto, vol. 1829, f. 99 e f. 103 (Fiengo, 1990, pp. 171-179).

4. ASRC, D.R., b. 1578, f.lo 224/17-224/15, anno 1771; cfr Ivi, b. 1578, f.lo 235, anno 1771. Solo successivamente i Mulini di San Benedetto furono aggregati alla Reale Amministra-zione di Caserta (A. Sancio, Platea de’ fondi cit., p. 235-256).

5. Con dispaccio del 26 Novembre 1768 fu istituita la Giunta degli Allodiali del re o camera

allodiale, trasformata l’11 gennaio 1790 in Intendenza o Sovrintendenza o Reale azienda allodiale, con la funzione di amministrare gli interessi del sovrano nei Siti Reali.

6. Ivi, p. 254; cfr. R. Serraglio, L’Acquedotto Carolino cit., p. 1075; cfr, V. Pascale, Molini

di S. Benedetto. Terzo decennio sec. XIX., (scheda n.28), in Orbis Pictus. Le rappresen-tazioni cartografiche dalle collezioni della Reggia di Caserta di G. Nitto, Caserta 1998,

p.63.

7. ASRC, D.R, b. 1581, f.lo 238.

8. ASRC, D.R., b. 1754, f.lo 47, anno 1813.

9. I lavori manutenzione dei mulini, come tutti i beni di Casa Reale dati in fitto a privati, erano approvati ed eseguiti della Reale Amministrazione, su richiesta dei gestori, secondo progetti redatti dagli architetti di corte (ASRC, Incartamenti della Reale Amministrazione (in seguito I.R.A), b. 1931, f.lo 470, anno 1843; cfr. Ivi, b. 1973, f.lo 91 quinquies, anno 1847; Ivi, b. 2011, f.lo 327, anno 1849-1850; Ivi, b. 2023, f.lo 312).

10. ASRC, I.R.A., b. 1881, f.lo 472, anno 1832. 11. ASRC, I.R.A., b. 1901, f.lo 534, anno 1840. 12. ASRC, I.R.A., b. 1999, f.lo 264, anno 1849. 13. ASRC, I.R.A., b. 1913, f.lo 468, anno 1840. 14. ASRC, D.R, b. 1754, f.lo 47.

15. A. Sancio, Platea de’ fondi cit., pp. 249-251; cfr. S. Abita, Caserta e la sua reggia: Il

Museo dell’Opera e del territorio, Napoli 1995, p. 54.

16. La Real ferriera aveva forma rettangolare ed era divisa in due ampi locali comunicanti, dove erano situate le macchine. Una delle due stanze di lavorazione era attrezzata con un grosso maglio a cui facevano capo due forni, mentre per il maglietto c’era una forgia apposita, anch’essa animata idraulicamente in Archivio di Stato di Napoli (in seguito ASNa), Ministero dell’Interno, I inventario, vol. 2251, fasc. 4, inc. 58-61; crf. Di Maria et Alii, L’antica ferriera di “Ponti della Valle” di Maddaloni (Ce). Indagine sul campo, in «Bollettino dell’Associazione di Archeologia Industriale», nn. 10-12, 1985, pp. 25-27. 17. Già pochi anni dopo dalla sua realizzazione la ferriera non doveva rendere quanto ci si

aspettava, tant’è che l’Ispettore Generale delle Reali Polveriere e Salnitriere, ing. Pulli, fu incaricato di valutare di trasformarla in cartiera.

18. Il relativo progetto fu affidato prima ad Antonio De Simone, che aveva sostituito Carlo Vanvitelli durante il Decennio francese come Architetto di corte, poi a Pietro Bianchi, per l’avvenuta morte di De Simone.

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I “mulini reali” di Caserta. Nuove acquisizioni e strategie di conservazione e riuso

20. ASRC, I.R.A., b. 1790, f.lo 1337, anno 1824. 21. ASRC, I.R.A., b. 1824, f.lo 66, anno 1832. 22. ASRC, I.R.A., b. 1855, f.lo 301 bis, anno 1836. 23. ASRC, I.R.A., b. 1901, f.lo 489, anno 1839 e seguenti.

24. ASRC, I.R.A., b. 2059, f.lo 217, anno 1861.25ASRC, I.R.A., b. 2164, f.lo 522, anno 1861. 26. Vincenzo Pascale, Molino Nuovo al ponte di Sala, 1826 ca., ASRC, Piante planimetriche

di edifici e siti dello Stato di Caserta…, n. 65/F.

27. ASRC, I.R.A., b. 1814, f. lo 156, anno 1831-1835. 28. Ibibem.

29. Ibibem.

30. ASRC, Misure e lavori (in seguito M.L), b. 3284, f.lo 007. All’atto della consegna del complesso fu redatta una relazione descrittiva da parte dell’architetto Gaetano de Lillo. 31. ASRC, I.R.A., b. 2063, f. lo 467, anno 1854.

32. Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma, Divisione Militare di Napoli,

Direzione di Capua, Piazza di Caserta, Mulino di Aldifreda, 1868, EM 19/A 1338.01 e

EM 19/A 1338.02.

33. ASRC, I.R.A., b. 2380, f. lo 183, anno 1884.

34. È stato possibile ipotizzare la stratificazione del complesso grazie all’analisi di due cartografie: Planimetria di Caserta, 1907, (Archivio di Stato di Caserta, d’ora in poi ASCe), e Planimetria catastale, foglio 26, 1912, (ASCe).

35. ASCe, Corpo Reale del Genio Civile, Planimetria allegata ai lavori per il progetto di un nuovo magazzino, 1927.

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