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Academic year: 2021

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Numerosi Autori hanno ideato diversi metodi sia per la misurazione dell’inclinazione del plateau tibiale (vedi Slocum, Barone, Staven), sia per la valutazione della conformazione della tibia prossimale (Osmond), basandosi su proiezioni radiografiche correttamente eseguite e valutate.

5.1 VALUTAZIONE RADIOGRAFICA

La valutazione radiografica del ginocchio permette di evidenziare indirettamente l’eventuale rottura del LCA e di determinare il grado di inclinazione del piatto tibiale, la presenza di artrosi a carico dell’articolazione ed eventuali deviazioni assiali degli arti.

Per lo studio radiografico della tibia è necessario un corretto posizionamento del paziente al fine di ottenere proiezioni radiografiche “perfette”. Le proiezioni standard sono la medio-laterale e la postero-anteriore, entrambe eseguite bilateralmente.

La proiezione medio-laterale è ottenuta posizionando il paziente in decubito laterale, con l’arto da radiografare direttamente a contatto con la cassetta radiografica in modo che il grande trocantere, la testa della fibula e il malleolo laterale siano sullo stesso piano. Il ginocchio, flesso a 90°, viene posizionato in modo tale che il femore sia perpendicolare alla tibia e la tibia sia perpendicolare al tarso. L’arto controlaterale viene esteso cranialmente, appoggiandolo sulla porzione

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mediale della coscia, in modo tale che i muscoli posteriori della coscia siano compresi nella radiografia.

Il radiogramma deve comprendere sia l’articolazione del ginocchio che quella tibio-tarsica e il fascio primario deve essere centrato a metà della tibia.

Il corretto posizionamento è ottenuto quando:

• i condili femorali risultano perfettamente sovrapposti;

• l’eminenza intercondiloidea si trova in corrispondenza del centro

della curvatura dei condili femorali.

Corretta proiezione medio-laterale della tibia.

La proiezione postero-anteriore viene eseguita con il paziente posto in decubito sternale, con il tronco accolto in un apposito posizionatore a V (culla) per evitare torsioni conseguenti a malposizionamento della metà anteriore del corpo. L’arto da analizzare è posto con il ginocchio forzato in massima estensione, in modo che sia il ginocchio che la tibia siano a diretto contatto con la cassetta radiografica e la rotula sia posizionata al centro delle labbra trocleari. È importante che il ginocchio sia forzato in massima estensione in quanto ciò evita qualsiasi rotazione dell’articolazione femoro-tibio-rotulea, evitando quindi alla rotula di ruotare sia internamente che esternamente determinando valutazioni errate. Anche il garretto viene tenuto in estensione, senza però ruotare forzatamente il tarso. L’arto

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controlaterale è invece abdotto in modo da rimanere fuori dal campo radiografico e, anche in questo caso, il fascio radiogeno viene centrato sulla diafisi della tibia. Il posizionamento radiografico si può ritenere “perfetto” quando:

• la rotula è perfettamente localizzata tra i rilievi mediale e laterale del solco intercondilare;

• il bordo mediale del calcaneo giace nella maggior profondità del solco talare.

Corretta proiezione postero-anteriore della tibia.

La proiezione medio-laterale permette di apprezzare fenomeni di DJD (Degenerative Joint Desease), formazioni osteofitiche a livello della capsula articolare e dei legamenti, presenza di infiammazione del cuscinetto adiposo (che appare più denso), ispessimento del tendine tibio-rotuleo (superiore a 2-3mm), eventuale aumento di volume del muscolo popliteo e, infine, consente di calcolare l’inclinazione del plateau tibiale.

La proiezione postero-anteriore consente ancora di valutare i fenomeni di DJD e l’eventuale presenza di osteofiti, e permette di escludere la presenza di un’eventuale

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torsione della tibia e di deviazioni assiali dell’arto. In tale proiezione, se eseguita correttamente ed in assenza di torsioni patologiche, il contorno mediale del calcaneo dovrebbe trovarsi al centro del solco talare.

Al fine di ottenere proiezioni attendibili è molto importante la sistemazione del paziente sul tavolo radiografico. Il posizionamento perfetto è difficilmente ottenibile in molti casi, sia per complicazioni derivanti dal paziente, come il naturale difetto di allineamento di alcuni arti, sia per errori da parte degli operatori. Nei primi studi di Slocum e Devine (1983), infatti, è presente un riferimento alle misure di correzione matematica dell’inclinazione tibiale a causa dell’intrarotazione che si ha nelle radiografie con arti disarticolati. Una minima flessione, torsione, o variazione sagittale nel posizionamento del ginocchio può alterare l’immagine radiografica e i punti di repere usati nelle diverse misurazioni, divenendo quindi fonte di errore (Cayrolo KB. Et al., 2001). Infine, un'altra fonte d’errore legato alle radiografie è la direzione del fascio radiogeno centrato sulla diafisi tibiale; una corretta radiografia richiederebbe, infatti, che i raggi fossero il più perpendicolari possibile al centro del ginocchio.

5.2 ANGOLO DI INCLINAZIONE DEL PLATEAU TIBIALE (TPA) SECONDO SLOCUM

La determinazione dell’inclinazione del piatto articolare (TPS) è una componente di fondamentale importanza nella programmazione di un intervento di TPLO (Tibial Plateau Leveling Osteotomy) ed è utilizzata in molti studi che esaminano i problemi di allineamento dell’arto posteriore in quanto, pur non essendo un vero e proprio difetto di allineamento, va ad alterare la biomeccanica del ginocchio che, secondo alcuni Autori, potrebbe predisporre alla rottura del LCA. L’intervento di TPLO prevede un’osteotomia derotazionale della tibia prossimale tale da rendere il piatto tibiale parallelo o quasi (circa 6°) al terreno, in modo da annullare le forze che determinano lo slittamento craniale della tibia convertendole in forza di slittamento

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caudale mettendo così in attività il legamento crociato posteriore e rendendo nulla l’azione del legamento crociato anteriore. Il metodo convenzionale per la misurazione del TPS è quello proposto da Slocum in base al quale la misurazione del TPS si effettua su una radiografia in proiezione medio-laterale con i ginocchi e tarsi flessi a circa 90°, comprendente sia l’articolazione del ginocchio, con i condili perfettamente sovrapposti, sia l’articolazione tibio-tarsica. Sulla radiografia si tracciano quindi due rette:

• una, che ci permette di identificare l’asse longitudinale della tibia, passante dal centro dell’eminenza intercondiloidea del plateau tibiale e, distalmente, dal centro dell’articolazione tibio-tarsica;

• un’altra, che identifica il plateau tibiale, passante per il punto più craniale del plateau tibiale, a livello del tubercolo di Gerdy, e per il punto più caudale, a livello dell’inserzione del LCP.

Quindi si ottiene l’angolo del plateau tibiale (TPA) dall’intersezione della tangente alla superficie articolare della porzione prossimale della tibia con la perpendicolare all’asse di riferimento della tibia (Abel et al., 2003).

Metodo per la determinazione dell’inclinazione del piatto tibiale (da Cayrol KB., 2001)

Ø - Angolo dell’inclinazione del piatto tibiale;

A - Asse lungo della tibia, passante per il centro di rotazione

dell’articolazione tibio-tarsica e il punto intermedio tra le eminenze inetrcondiloidee;

B - Tangente al piatto tibiale;

C – Perpendicolare all’asse lungo della tibia.

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Per la determinazione dell’inclinazione del plateau tibiale è necessario avere dei punti di riferimento anatomici ben precisi in quanto ci possono essere delle variazioni individuali nella determinazione degli stessi.

Coordinate dei punti di riferimento anatomici.

(da Flatting, 2003)

a - asse funzionale della tibia;

b – linea passante dalla porzione craniale del piatto tibiale e

l’inserzione del LCP;

R - linea perpendicolare all’asse funzionale della tibia passante

dall’eminenza intercondiloidea;

Ф – angolo che indica l’inclinazione del piatto tibiale.

A tal proposito è interessante uno studio condotto da Kevin e Cayrol nel 2001, che valuta le differenze esistenti nel calcolo del TPA tra le letture eseguite da diversi esaminatori (interobserver variability) e quelle esistenti in due letture dello stesso esaminatore sulla stessa radiografia in momenti successivi (intraobserver variability). Dai risultati ottenuti la differenza riscontrata tra due esaminatori diversi è maggiore di quella fra due letture dello stesso esaminatore. Inoltre, facendo misurare per due volte consecutive l’inclinazione del plateau tibiale a più esaminatori con diverso grado di esperienza nell’eseguire tale stima, i valori che si ottengono utilizzando il metodo convenzionale sono abbastanza simili e quindi relativamente attendibili. In particolare, con un intervallo di confidenza del 95%, la variabilità tra le misurazioni effettuate da ogni singolo osservatore è di ± 3,4°. Analisi statistiche dimostrano che non vi sono differenze significative tra i valori ottenuti, dallo stesso osservatore, nelle due misurazioni, sia tra gli osservatori più esperti che tra quelli con meno esperienza. Sempre con un intervallo di confidenza del 95%, la variabilità tra le misurazioni effettuate dai diversi osservatori (con diverso grado di esperienza) è di ± 4,8°. Gli studi, dimostrano che i valori d’inclinazione del piatto tibiale variano significativamente se la misurazione è

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eseguita da operatori poco esperti mentre la variabilità è minima se è calcolata da osservatori esperti.

La variabilità tra le misurazioni può essere dovuta a diversi fattori. Una prima fonte di errore potrebbe essere il non perfetto posizionamento del paziente e della tibia. Una minima flessione, rotazione o deviazione sul piano sagittale nel disporre il ginocchio, può alterare l’immagine radiografica dei punti di riferimento per tracciare l’asse funzionale e la tangente al piatto della tibia, determinando errori. Anche quando il paziente è disposto correttamente ci possono essere fonti di errore. L’estremità caudale della superficie articolare della tibia, ad esempio, può apparire curvilinea, rendendo difficile il ritrovamento del punto di inserzione del LCA. In alcuni casi, il margine caudale della superficie articolare può essere arrotondato o inclinato e questo rende difficile identificare un punto riproducibile per tracciare la linea parallela al piatto tibiale. Infine, le modificazioni degenerative che si sovrappongono ai limiti del plateau tibiale, specialmente nel punto caudale, sono le principali responsabili delle differenze tra le misurazioni interpersonali (Caylor KB., 2001).

Dai numerosi studi su queste misurazioni non è emerso un valore medio e tipico dell’inclinazione del piatto tibiale nella popolazione di cani. Infatti, nel gruppo di cani esaminati, il valore dell’inclinazione del piatto tibiale ricade in un intervallo ampio, tra i 18° e i 25°- 30°.

5.3 ANGOLO DI INCLINAZIONE DEL PLATEAU TIBIALE (TPA) SECONDO BARONI

Studi successivi a quello di Slocum hanno messo in discussione l’attendibilità del valore del TPS ricavato mediante il metodo convenzionale, obbiettando che tale metodo sottostimi il reale grado di inclinazione del piatto tibiale. Secondo Baroni, Matthias e Vezzoni, i punti di riferimento utilizzati nel metodo classico non definiscono con esattezza il piano di reale contatto tra la superficie articolare

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femoro-tibiale, in quanto considerano anche una porzione non articolare del piatto tibiale. Secondo questi Autori il corretto orientamento del TPS deve essere ottenuto considerando solo la porzione articolare della tibia prossimale e, quindi, tracciando:

• una linea tangente il piatto tibiale a livello della porzione del condilo tibiale mediale in cui si ha il punto di contatto tra femore e tibia;

• e un’altra linea passante tra l’eminenza intercondiloidea e un punto equidistante alla faccia craniale e caudale della troclea tarsale.

Radiografia in proiezione medio-laterale (A), illustrazioni (B,C,D), fotografia (E), della tibia e del ginocchio del cane (da Baroni, 2003).

Tibial Plateau Slope (TPS) misurato con il metodo convenzionale confrontando l’orientamento dell’asse tibiale (B), e l’asse del condilo tibiale mediale definito tra il limite craniale del piatto tibiale e l’inserzione del LCP (C). Con il metodo alternativo, l’asse del condilo tibiale mediale può essere definito come la linea tangente il condilo tibiale a livello del punto di contatto femoro-tibiale (D). il metodo alternativo è molto più vicino all’inclinazione anatomica del condilo mediale (E).

I risultati ottenuti da tali studi hanno stabilito un valore medio del TPS ottenuto con le misurazioni anatomiche, di 26° (27°± 3°) ed un range di valori compreso tra 22°±5° (21°) e 27°±5° (27°) con il metodo alternativo, senza quindi differenze significative tra le due misurazioni. I valori ottenuti con il metodo tradizionale

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oscillavano invece in intervalli compresi tra 16°±4° (15°9 e 24°±4° (24°), quindi significativamente inferiori alle misurazioni anatomiche. La differenza media tra le misurazioni fatte con i due metodi in questo studio è di 7°. Questo suggerisce che la misurazione ottenuta con il metodo tradizionale, a differenza del metodo ideato da Baroni et al., non rappresenta la misura accurata del TPA ma lo sottostima. Tale sottostima può divenire importante del punto di vista clinico e biomeccanico poiché il metodo tradizionale è quello utilizzato comunemente per la programmazione dell’intervento di TPLO (Baroni et al., 2003).

Per contro il TPA convenzionale resta il più oggettivo, e quindi il più usato, in quanto ha meno variazioni intra e interosservatore.

5.4 ANGOLI DTA/PTA E TPO

Uno studio condotto da Osmond CS. et al. nel 2006, ha introdotto un nuovo metodo di misurazione che permette di valutare la morfologia della porzione prossimale della tibia, attraverso l’individuazione di un angolo (DTA/PTA).

La differente morfologia della tibia può essere conseguente a numerosi problemi legati all’accrescimento, come una prematura chiusura della porzione caudale del condilo tibiale mediale, che porta ad una deformità del piatto tibiale, o una prematura chiusura della porzione caudale della fisi della tibia prossimale, che induce una deformità dell’asse prossimale della tibia.

In questo studio gli Autori hanno indotto queste deformità usando dei modelli computerizzati ed hanno valutato, con specifiche misurazioni, se vi erano correlazioni tra questi ed i soggetti con il LCA rotto.

Sono stati misurati quindi il TPS (usando il metodo proposto da Baroni et al.), il DTA/PTA e il TPO.

Il TPO rappresenta l’orientamento dei condili mediali della tibiale ed è l’angolo ottenuto tra il TPS e il DTA, dove il DTA è una linea che passa dal punto medio,

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tra la porzione craniale e quella caudale della corticale diafisaria, a 50% e a 75% della lunghezza dell’asse tibiale.

Il DTA/PTA rappresenta l’angolazione della tibia prossimale in relazione all’asse medio tibiale ed è ottenuto misurando l’angolo tra il DTA e l’asse della porzione prossimale della tibia (PTA). Il PTA è la linea di unione del punto medio della faccia distale della cresta tibiale, misurata su una linea perpendicolare al DTA, e la faccia caudale del condilo mediale della tibia.

Il DTA è stato scelto come punto di riferimento per questo studio in quanto si basa esclusivamente sull’asse della tibia prossimale e teoricamente non è influenzato dalla porzione prossimale della tibia.

DTA -asse della diafi tibiale- linea passante dal punto medio tra la

corticale craniale e caudale a 50% e a 70% della lunghezza totale della tibiale;

TPO- orientamento del plateau tibiale- angolo tra DTA e una linea

tangente alla porzione lineare del condilo mediale della tibia;

PTA- asse tibiale prossimale- linea passante dal punto medio di una

linea perpendicolare al DTA, che origina dalla porzione distale della cresta tibiale, e la faccia craniale del condilo mediale tibiale.

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Dai risultati ottenuti in questo studio il TPS, TPO e il DTA/PTA differiscono significativamente tra i cani con rottura del legamento crociato anteriore e il gruppo di controllo.

Nei cani con rottura del LCA i risultati ottenuti, riportati in valori medi, erano: • per il TPS 31,8° ± 4,1°

• per il TPO 34,5° ± 4,7° • per il DTA/PTA 6,0° ± 4,7°

Nel gruppo di controllo, rappresentato dalle tibie scheletrizzate di cani maturi, i valori medi ottenuti erano:

• per il TPS 23,6° ± 3,4° • per il TPO 25,1° ± 3,6° • DTA/PTA 4,1° ± 2,2°

Infine, nei cani con una deformità dell’asse prossimale, i valori erano: • per il TPS 36,3° ± 2,7°

• per il TPO 40,3° ± 2,3° • per il DTA/PTA 12,2 ± 1,1°

Da questi risultati è emersa una stretta correlazione tra il TPS e il TPO, e un’assenza di correlazione tra il TPS e il DTA/PTA, tra i cani con rottura e il gruppo di controllo. Inoltre il 60% dei cani con rottura del crociato aveva un TPS maggiore di 30,36°, mentre il 9° aveva una deformità dell’asse prossimale (DTA/PTA maggiore di 11,23°). Questo dimostra la presenza di una sottopopolazione (un distinto gruppo di cani con il LCA rotto) che non può essere identificata con il solo TPS e conferma che l’angolazione della porzione prossimale dell’asse tibiale può essere un significativo fattore predisponente alla rottura del LCA. Infine, la stretta correlazione tra il TPO e il TPS suggerisce che il quarto distale dell’asse tibiale ha una limitata influenza sulla porzione prossimale della tibia (Osmond CS., 2006).

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5.5 MISURA DEL TPA DALLA PORZIONE PROSSIMALE DELLA TIBIA

L’uso della porzione prossimale della tibia per misurare il plateau tibiale permette di valutare radiografie in cui i raggi non sono centrati sulla diafisi tibiale, come nel metodo tradizionale, ma al centro dell’articolazione del ginocchio. Questo consente una migliore determinazione delle patologie articolari, evitando radiografie aggiuntive per la valutazione del TPA. Inoltre è stato visto che, se per la determinazione del TPA si utilizzo radiografie in cui i raggi sono centrati a metà della diafisi tibiale, questo non ha una grossa influenza sul reale TPA nel caso di tibie relativamente corte, mentre per quelle lunghe può avere un’influenza significativa.

Il sistema di misurazione prevede di tracciare:

• A – una linea che va dal punto di inserzione del LCP al punto più craniale della faccia articolare del condilo mediale della tibia (fig. A);

• PWT (larghezza prossimale della tibia) – una linea che va dal punto più craniale della cresta tibiale a quello più caudale della superficie articolare del condilo tibiale mediale (fig.A);

• un arco che origina dalla faccia craniale della diafisi tibiale, distalmente 1,5 la PWT a partire dalla faccia craniale del condilo mediale della tibia (fig B);

• R2 – una retta passante dal punto medio di una linea ottenuta

dall’intersezione dell’arco con le corticali, craniale e caudale, della tibia e il punto più craniale del condilo mediale della tibia (fig.C).

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Figura A Figura B

Figura C

Questo metodo, secondo Steven, potrebbe sostituire quello tradizionale per la determinazione del TPA soprattutto nella pratica clinica, anche se assi di riferimento R troppo corti danno risultati inaccurati e poco attendibili.

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