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I veicoli ibridi

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Academic year: 2021

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I veicoli ibridi

1.1 Introduzione

Il numero di veicoli attualmente in circolazione nel mondo, nonché le proiezioni di crescita relative ai prossimi anni, rendono oggi sempre più stringente l’esigenza di realizzare veicoli ad alto rendimento e basse emissioni inquinanti. Le soluzioni che possono essere adottate sono numerose e molte di esse, dopo una fase sperimentale, hanno dimostrato una loro validità tecnica. Per vincere però la concorrenza con i sistemi di propulsione convenzionali, è necessario raggiungere tali obbiettivi con tecnologie abbastanza consolidate che rendano le nuove classi di veicoli competitive sul mercato anche dal punto di vista economico.

Il progressivo e incessante aumento del costo dei combustibili tradizionali ha influito positivamente in tal senso, tuttavia la diffusione in Italia di soluzioni innovative (tabella1.1) rimane ancora molto limitata. Molti costruttori stanno lavorando nel campo dei sistemi di propulsione ibrida, che risponde in maniera abbastanza efficace alle esigenze sopra elencate. Già dal biennio 2009-2010, sia nel settore automobilistico che in quello motociclistico, la gamma di veicoli disponibili sul mercato crescerà sensibilmente e diversi costruttori, tra cui Audi, Bmw, Mercedes, Porsche, produrranno esclusivamente mezzi ibridi (anche se con livelli di ibridizzazione poco spinti, come i dispositivi start-stop).

È chiaro che potenze e dimensioni sempre crescenti incidono negativamente sui consumi di combustibile, ma altri fattori a volte sottovalutati, come resistenza aerodinamica, qualità dei pneumatici e pressione di gonfiaggio hanno un peso non trascurabile. Sicuramente però l’elemento su cui si concentra buona parte degli sforzi è il motore.

Come è noto, l’andamento della velocità e della potenza necessaria a percorrere un ciclo cinematico di riferimento richiede un sistema di propulsione che sia in grado di erogare potenza in un ampio range di valori.

Il motore a combustione interna è una macchina molto flessibile e può da solo (con l’ausilio di dispositivi come frizione e cambio di velocità) riuscire a soddisfare tutte le specifiche che gli sono imposte per la propulsione, però non garantisce il massimo rendimento in tutte le condizioni di funzionamento.

Partendo da questa semplice considerazione nasce l’idea di veicolo ibrido: il concetto base è quello di livellare il profilo della potenza generata dal motore termico,

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producendo una sorta di valor medio della potenza richiesta in punti di funzionamento cui corrispondono buoni rendimenti di conversione. Si ricorre poi ad un sistema di accumulo in grado di erogare tramite macchine elettriche il surplus di potenza necessaria nei periodi di maggiore richiesta ( accelerazione, salite, tratti ad alta velocità) e di accumulare la potenza in eccesso nei periodi in cui la generazione è eccedente (frenatura, periodi di fermata o di bassa richiesta).

La figura 1.1 mette a confronto i consumi specifici di un motore a combustione interna con la mappa dei rendimenti di un azionamento elettrico (motore più macchina che lo controlla): i consumi dipendono chiaramente dalla velocità e dalla potenza, ed in ciascun caso esiste un regime ottimale in cui il rendimento è massimo, ma a differenza del motore elettrico quello del motore termico decade molto più velocemente. Inoltre il rendimento di un motore elettrico è sempre maggiore di quello di uno termico, specie nei propulsori di piccole dimensioni come quelli usati nella trazione stradale. Va infine tenuto presente che in un sistema convenzionale la potenza negativa corrispondente ai periodi di frenatura non può che essere dissipata, non avendo a disposizione un sistema reversibile: ciò fa aumentare i consumi, specie nel ciclo cittadino in cui si spende energia per accelerare il veicolo per poi dissiparla subito dopo frenando.

Nella tabella 1.1 invece viene illustrata la distribuzione del parco macchine in Italia, al primo posto tra i paesi UE per numero di automobili pro-capite (58 ogni 100 abitanti): come si vede, i sistemi di propulsione non convenzionali hanno un peso ancora irrisorio.

Figura 1.1: consumo specifico di combustibile di un motore a combustione interna (sinistra) e mappa dei rendimenti di uno elettrico (destra) nelle varie condizioni operative

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Benzina 22.913.649 Gasolio 11.007.108 Gpl 992.132 Metano 375.351 Altre 9.042 Totale 35.297.282

Tabella 1.1: auto in circolazione in Italia nel 2007 ( nel 1986 erano circa 24.000.000)

1.2 Definizione e configurazioni di veicolo ibrido

Senza perdere di generalità, un veicolo ibrido può semplicemente essere definito come un veicolo in cui l’energia necessaria alla propulsione è fornita, separatamente o congiuntamente, da due o più fonti energetiche presenti a bordo. Secondo questa definizione anche un mezzo con motore termico ad alimentazione policombustibile può essere correttamente considerato ibrido. Da un punto di vista pratico, nel presente lavoro per veicolo ibrido si intende invece quello in cui sono interessati al flusso di potenza per la propulsione sia un motore a combustione interna che (almeno) un motore elettrico. La potenza utile Pu necessaria alla propulsione, come si vede dalla figura 1.1, è data

chiaramente dalla somma delle potenze fornite dalle varie fonti, e il modo in cui viene ripartita tra queste dipende dalle strategie di gestione energetica e può variare istante per istante. Esistono diverse possibili configurazioni, che verranno ora rapidamente illustrate.

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Ibrido serie

Questa configurazione è caratterizzata dalla conversione obbligata in energia elettrica dell’energia necessaria alla propulsione. Il motore termico, accoppiato a un generatore che può ricaricare le batterie e/o alimentare il motore elettrico per la trazione, è completamente svincolato dalle ruote. Questo rende possibile utilizzare differenti sistemi di generazione dell’energia elettrica ed eliminare frizione, cambio e differenziale utilizzando un motore per ruota. Inoltre:

- essendo il motore termico svincolato dalle ruote è più facile il posizionamento all’interno del veicolo riducendo gli ingombri per la trasmissione del moto.

- il motore termico può essere notevolmente sottodimensionato, teoricamente può essere progettato in modo da fornire la sola potenza media per la trazione invece di quella massima.

- il motore termico può lavorare in qualsiasi condizione indipendentemente dalla velocità del veicolo e dalla potenza richiesta, in questo modo si possono ottimizzare al massimo i consumi. In particolare si può lavorare sull’inviluppo delle curve di figura 1.1 per cui, data una certa potenza richiesta, si è certi di lavorare al regime di rotazione in cui il consumo è minimo.

Figura 1.3: schematizzazione di un ibrido serie

Gli svantaggi di questo sistema sono invece legati soprattutto al sovradimensionamento della parte elettrica:

- deve essere presente un generatore

- la batteria deve poter accumulare una quantità di energia maggiore rispetto alle altre configurazioni

- il motore elettrico deve poter erogare la massima potenza richiesta al veicolo

Considerando che, a parità di potenza, un veicolo ibrido ha un peso maggiore di un veicolo convenzionale a causa degli elementi aggiuntivi installati a bordo, questa è la

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motore termico meno potente, l’aggiunta di un grosso motore elettrico e di batterie di elevata capacità comporta un aumento di peso maggiore rispetto alle altre configurazioni in cui non è necessario che un motore da solo fornisca tutta la potenza necessaria alla trazione.

Inoltre che la costante conversione dell’energia da meccanica ad elettrica ed in seguito la riconversione a meccanica, avviene con rendimenti non unitari per cui questo sistema ha un rendimento di conversione energetica minore, svantaggio compensato dal fatto che il motore termico può lavorare sempre al regime ottimale. In definitiva un ibrido serie si avvicina molto a un veicolo elettrico in cui è installato a bordo un sistema per la generazione elettrica.

Ibrido parallelo

In tale configurazione (che è più vicina ad un veicolo convenzionale) sia il motore elettrico che quello termico possono fornire potenza alle ruote, anche contemporaneamente.

Figura 1.4: schematizzazione di un ibrido parallelo

Per realizzare questa configurazione è sufficiente calettare il rotore della macchina elettrica sull’albero di trasmissione ma non mancano altre soluzioni.

I vantaggi di questo sistema sono i seguenti:

- in generale è possibile far funzionare singolarmente ciascuno dei due sistemi di propulsione (trazione elettrica pura e trazione convenzionale) per cui si può viaggiare con il solo motore termico in caso di guasto al motore elettrico oppure in caso di indesiderata scarica delle batterie.

- il motore elettrico deve fornire una potenza limitata.

- non è necessario che le batterie possano accumulare una elevata quantità di energia a meno che non interessi un elevata autonomia in modalità elettrica pura.

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- occorrono solo due macchine rotanti (motore primo ed elettrico) invece che tre. Gli svantaggi sono legati al layout e alle logiche di gestione:

- il collegamento meccanico motore termico-motore elettrico-ruote impone dei vincoli costruttivi che possono generare problemi di layout, inoltre è necessario aggiungere una o più frizioni per svincolare il movimento del motore da quello delle ruote e infine è spesso necessario un cambio di velocità. Tutto ciò comporta anche perdite per attrito.

- non si può svincolare il punto di funzionamento del motore termico con la velocità del veicolo perciò il motore termico non sempre lavorerà al regime ottimale, ciò va a scapito dei consumi.

- le logiche di gestione sono estremamente complesse, infatti mentre con la configurazione serie era necessario la conoscenza della potenza media necessaria alla trazione, adesso l’obbiettivo è quello di far lavorare il motore termico il più possibile vicino al regime ottimale utilizzando il motore elettrico quando ci si allontana troppo da tale situazione.

Altre configurazioni

Ci sono poi altre configurazioni che sono varianti più o meno spinte delle due principali.

Ibrido serie-parallelo: Nel tentativo di combinare le caratteristiche positive delle

strutture serie e parallelo sono state proposte le configurazioni serie-parallelo e ibrido complesso: nel serie-parallelo sono presenti un nuovo collegamento meccanico rispetto al serie e un generatore elettrico fra il motore a combustione interna e il convertitore di potenza, non presente nella struttura parallelo; si capisce come questa soluzione comporti un aumento dei costi di realizzazione e un maggior grado di complessità a bordo del veicolo (aumenta il numero dei componenti) e di una maggior difficoltà nell’implementare logiche di gestione efficienti.

Ibrido complesso: Gli ibridi complessi, pur se apparentemente simili ai serie-parallelo,

presentano rispetto a questi ultimi una sostanziale differenza: il motore elettrico è caratterizzato da un flusso di potenza bidirezionale, mentre il generatore del serie-parallelo consente il fluire della potenza in un solo senso. Questa peculiarità, anche se penalizzante dal punto di vista dei costi e della complessità, consente di sfruttare contemporaneamente tre sorgenti di potenza (il motore termico e i due motori elettrici)

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garantendo a questa configurazione una versatilità unica. Da notare che in questa configurazione sono necessari almeno due motori elettrici.

Figura 1.5: configurazioni ibrido serie-parallelo ( a sinistra) e ibrido complesso ( a destra)

Ibrido split: in questa configurazione la parte elettrica e termica della propulsione sono

associate ciascuna ad un asse del veicolo. La sola connessione tra i due sistemi avviene attraverso la strada e non esiste un sistema di alimentazione delle batterie direttamente dal motore primo.

Ibrido minimo: La soluzione concettualmente più simile al veicolo tradizionale (detta

ibrido minimo) è quella di sostituire l’attuale alternatore ed il motorino di avviamento con un’unica macchina (detta Integrated Starter Alternator: ISA) di potenza intorno ai 10kW collegata meccanicamente all’albero motore ed elettricamente al sistema di bordo al nuovo livello di tensione di 42V. Tale macchina (tra l’ altro con rendimenti di conversione intorno all’ 85% contro gli attuali 40% degli alternatori di bordo) associata ad un opportuno sistema di accumulo, è in grado di fornire potenza aggiuntiva al motore nelle fasi di massima richiesta, di effettuare la frenatura a recupero e di consentire il funzionamento in start/stop del motore primo, riducendo così i consumi del 10-15%.

1.3 Criteri di scelta della configurazione ottimale e

dimensionamento del sistema propulsivo

La scelta del tipo di architettura e il relativo dimensionamento è influenzata da diversi fattori e a sua volta un dato tipo di configurazione è preferibile a seconda del profilo di missione e delle prestazioni che il veicolo dovrà soddisfare.

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- Il peso del veicolo

- Il profilo di missione, cioè il rapporto fra potenza media e potenza massima necessarie al moto

Per quanto riguarda la disposizione in serie, il motore a combustione interna deve essere dimensionato per la massima potenza continuativa richiesta infatti, nei momenti in cui è necessaria una potenza maggiore di quella massima che può fornire il motore termico, si è costretti a prelevare energia dalle batterie; se uno stato del genere persiste per un tempo sufficientemente lungo, si arriverà alla loro scarica completa e la marcia diventerà impossibile. Tuttavia, per la maggior parte del tempo, il motore termico è chiamato a operare ad una potenza inferiore perciò è poco sfruttato. Inoltre nei casi in cui si presenta la necessità di percorrere lunghe distanze a velocità elevate e sostenute nel tempo le batterie si scaricano rapidamente, lasciando il gruppo motore generatore a far fronte, da solo, all’intera potenza richiesta; per di più, come già illustrato, la costante di conversione dell’energia comporta perdite aggiuntive e per lunghi tratti a velocità e carichi elevati (in cui il rendimento del motore termico è elevato) sarebbe preferibile una trasmissione meccanica. Si capisce quindi che questa soluzione è sconsigliabile per veicoli che devono percorrere lunghi tratti ad elevata velocità o elevata pendenza. La possibilità di poter far lavorare il motore termico nel punto di massimo rendimento indipendentemente dalla velocità del veicolo rende invece questa architettura molto conveniente in percorsi di tipo cittadino.

Nei veicoli ibridi di tipo parallelo il principale vantaggio è rappresentato dal fatto che, data l’elevata potenza del motore termico, considerevoli potenze possono essere erogate in maniera continuativa dal solo motore termico mentre il picco di potenza richiesto durante la marcia può essere coperto mediante una macchina elettrica; perciò, nonostante i motori siano entrambi di taglia ridotta rispetto al motore termico di un veicolo convenzionale di pari potenza, le prestazioni che si riescono a raggiungere sono le stesse.

Il punto critico della struttura parallela è il sistema di trasmissione poiché sono richiesti numerosi organi, tra cui frizioni e rotismi vari, con conseguenti dissipazioni di energia, inoltre non si riesce a svincolare il punto di funzionamento del motore termico con la velocità del veicolo. Questa architettura è perciò preferibile quando il veicolo dovrà percorrere elevati tratti a potenza elevata mentre è sconsigliabile nel ciclo cittadino. Per quanto riguarda il peso si è detto che una configurazione tipo serie comporta un aumento maggiore di una tipo parallelo, per cui si preferisce la prima soluzione in mezzi

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pesanti perché l’aumento di peso influisce poco sul peso totale del veicolo, mentre la seconda è preferita in mezzi leggeri tra cui scooter; infatti, sebbene tali mezzi siano spesso usati in ambito cittadino, l’aumento di peso non giustificherebbe una configurazione tipo serie.

In definitiva si preferisce installare una configurazione tipo serie in mezzi pesanti che devono percorrere cicli cittadini come autobus mentre la configurazione parallelo è preferita in mezzi leggeri oppure mezzi pesanti da trasporto merci in quanto devono percorrere spesso cicli extraurbani.

Per quanto riguarda il dimensionamento del sistema di propulsione, gli elementi necessari a definirlo sono sostanzialmente i seguenti:

- Potenza del motore termico

- Potenza del motore/generatore elettrico - Energia del sistema di accumulo

- Rapporto fra potenza ed energia del sistema di accumulo

I parametri da scegliere per il dimensionamento possono essere molteplici: uno potrebbe essere l’autonomia richiesta in solo elettrico che definisce il terzo punto, un altro il rapporto fra potenza media e potenza massima necessarie al moto, parametro che influisce anche sulla scelta dell’architettura, inoltre si può dimensionare il sistema in base alle prestazioni che si vogliono ottenere (sia in solo elettrico che combinato).

1.4 Le batterie

Le batterie rappresentano un importante sottosistema in un veicolo ibrido e influenzano drasticamente il dimensionamento e la scelta delle logiche di gestione dello stesso. Per altro, la struttura interna del sistema di accumulo ha implicazioni anche sul sistema di gestione energetica, in quanto può essere necessario ad ogni istante stabilire quale quota della potenza richiesta debba essere erogata da ognuno dei sottosistemi che lo compongono. Infine, il loro costo incide in maniera non trascurabile sul prezzo del veicolo. Per questi motivi è indispensabile scegliere per ogni veicolo le batterie più adatte, tenendo conto di tutte le esigenze tecniche, economiche e soprattutto della sicurezza e dell’affidabilità delle stesse.

Ci sono diverse tipologie di batterie ma sostanzialmente il principio di funzionamento è lo stesso: sono presenti due elettrodi di materiali diversi immersi in una soluzione che

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tende farli reagire secondo una reazione di ossidoriduzione: se si realizza un opportuno circuito in modo da suddividere la reazione complessiva in due semireazioni, è possibile sfruttare il flusso di elettroni prodotti per ottenere energia elettrica. Ognuno di questi circuiti costituisce una cella elettrolitica, e poiché la tensione che si può ottenere da ogni cella è molto bassa (1-2 V), per le necessità di potenza presenti a bordo di un autoveicolo, risulta indispensabile realizzare delle batterie in cui si connettono in serie più celle per innalzare la tensione fino a valori di decine o anche centinaia di volt.

Molte batterie consentono di realizzare anche la reazione inversa fornendo energia elettrica per ottenere nuovamente i reagenti, accumulando quindi energia. La quantità di energia che si può estrarre dalla batteria non dipende solamente da quella precedentemente immessa ma anche da numerosi altri fattori tra cui la temperatura e la corrente di scarica.

Si definisce capacità la quantità di carica elettrica complessiva che una batteria è in grado di erogare sotto condizioni specificate. Normalmente è determinata sotto scarica a corrente costante fino al valore minimo di tensione. È necessario specificare le condizioni di scarica perché maggiore è la corrente di scarica e minore è la capacità della batteria come si può vedere dalla figura 1.6. L’andamento della tensione durante la scarica è pressoché costante. Se quindi la carica di una batteria è definita come C =

fs dq=

0 Isc tfs , l’energia che si può prelevare è E =

fs t VIdt 0 = I sc tfs tfs Vdt

= CVm

Si capisce quindi che minore è il tempo di scarica e minore è l’energia che si riesce a prelevare dalla batteria. Si può fare una prima distinzione fra batterie di energia o batterie di potenza: nelle prime è possibile accumulare grandi quantità di energia a patto di scaricarle in tempi relativamente lunghi, le altre possono erogare potenze maggiori mantenendo accettabile l’energia che possono erogare (chiaramente sono più costose).

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Figura 1.6 : dipendenza della capacità dalla corrente di scarica; C10 e I10 sono i valori nominali

La temperatura influisce positivamente sulla carica della batteria in quanto elevate temperature favoriscono le reazioni chimiche e quindi è possibile estrarre una quantità maggiore di carica; comunque si deve dire che non tutte le batterie presentano una carica sempre crescente al salire della temperatura e che temperature eccessive possono danneggiare la batteria.

Importante è anche la profondità di scarica: una completa scarica di una batteria al piombo danneggia oppure può distruggere la stessa. Si definisce DOD (depht of discharge) il rapporto fra la carica estratta ad una corrente e la capacità relativa alla stessa corrente. Analogamente si definisce SOC (state of charge) il rapporto tra la carica residua estraibile ad una corrente e la capacità relativa alla stessa corrente. Solitamente non è bene scendere sotto il 20% di SOC.

Un altro parametro usato è il SOE cioè il rapporto tra l’energia residua estraibile ad un valore prefissato di corrente e l’energia estraibile alla stessa corrente.

Altri parametri fondamentali nella scelta della batteria sono la potenza specifica e l’energia specifica ovvero la quantità di potenza o energia che si possono estrarre da una batteria per unità di peso. Nel caso si abbiano problemi di ingombri è importante anche la densità di potenza o energia ovvero la potenza/energia estraibili da una batteria per unità di volume.

La vita utile di una batteria è legata al processo di carica: correnti di carica troppo alte, sebbene significhino tempi di carica ridotti, favoriscono reazioni parassite che rovinano pian piano la batteria riducendone la capacità, questo fenomeno non è del tutto eliminabile sebbene i tempi di ricarica siano lunghi perciò ogni batteria è destinata ad avere un numero di cicli di ricarica limitato. Inoltre la carica che si riesce a estrarre da

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una batteria durante la scarica è solo una frazione di quella che era stata introdotta nella precedente carica per cui si introduce il rendimento di carica come il rapporto fra le due quantità di carica. In maniera analoga si può definire il rendimento energetico come il rapporto fra l’energia spesa per caricare la batteria e quella che si ottiene da una sua successiva scarica.

Le batterie sono soggette anche al fenomeno dell’autoscarica: se tenute inattive esse si scaricano a una velocità crescente con la temperatura. La velocità non è eccessiva, giusto per fare un esempio dopo un mese di attività si può assistere ad una scarica che va dal 2 al 20% il problema sta nel fatto che alcuni tipi di batterie come quelle al piombo si danneggiano se scaricate completamente, per cui è opportuno caricare periodicamente tali batterie anche se tenute in magazzino.

Le batterie dei veicoli ibridi devono avere, come caratteristica fondamentale, la capacità di erogare e ricevere un’elevata potenza. Per tali veicoli il problema dell’autonomia di funzionamento elettrico è secondario. Il problema fondamentale si ha quando queste batterie devono assorbire gli elevati picchi di potenza entranti nella batteria durante il recupero di energia in frenata (se presente), e quando devono fornire energia al motore elettrico durante le accelerazioni del veicolo. Spesso risulta necessario un sistema di accumulo ibrido costituito da un accumulatore di potenza (i supercondensatori stanno diventando promettenti per queste applicazioni) e uno di energia.

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1.5 Emissioni inquinanti ed eco-compatibilità

In linea di principio i veicoli ibridi, grazie a minori consumi, riescono a garantire emissioni inferiori rispetto a un veicolo convenzionale di pari prestazioni. Il sistema propulsivo è però più complesso, richiede un maggior numero di componenti, dunque pesi e ingombri maggiori: si capisce quindi che un’ analisi efficace del problema richieda la valutazione di un certo numero di fattori , che verranno illustrati brevemente in questo paragrafo.

È importante notare come per la valutazione dell’impatto ambientale di un sistema non è sufficiente considerare l’inquinamento prodotto durante il ciclo di vita utile, ma occorre valutare le seguenti fasi:

- Costruzione: va valutata la fase di estrazione dei materiali grezzi, il trasporto in fabbrica, la effettiva costruzione di semilavorati e prodotti finiti.

- Vita utile: va considerato il tipo di utilizzo del sistema ingegneristico previsto, con i relativi input e output di materiali, energia, sostanze inquinanti.

- Smantellamento-riciclaggio: alla fine della vita utile in generale sono necessari successivi processi per lo smantellamento, che possono ulteriormente introdurre sostanze inquinanti nell’ambiente. Comunque, parte del sistema, può essere riutilizzata attraverso processi di riconversione (riciclaggio).

Un’analisi del genere è chiamata dalla culla alla tomba perché tiene in considerazione la vita del prodotto dalle materie prime fino allo stadio finale di esso.

Tutte queste fasi comportano un dispendio di energia e l’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti. Gran parte dell’energia generata è infatti prodotta da processi che introducono sostanze dannose nell’ambiente (processi di combustione oppure reazioni nucleari) mentre solo in parte da fonti che hanno un impatto ambientale quasi nullo (per esempio l’energia idroelettrica).

Nelle tre fasi è presente anche l’impiego di risorse primarie (materiali e combustibile) ma nella terza parte di queste risorse possono essere recuperate. Infine alcune sostanze non possono essere né riciclate né eliminate ma devono essere mantenute in discariche quindi con l’impiego di personale e infrastrutture.

Si capisce quindi che per alcuni beni (di solito quelli che nella vita utile non sono interessati a flussi energetici) l’impatto ambientale sarà concentrato nella prima e ultima fase, mentre per altri, sarà concentrato nella seconda fase. Ovviamente gli autoveicoli appartengono a quest’ultima classe; infatti sia il dispendio di energie che la produzione di sostanze inquinanti avvengono durante la vita utile.

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Senza entrare nel dettaglio, si mostrano brevemente le principali sostanze inquinanti prodotte da un autoveicolo durante la vita utile:

- CO (monossido di carbonio): ha origine dalla parziale ossidazione degli idrocarburi e si produce maggiormente quando il motore lavora con rapporti aria/combustibile bassi (ovvero miscele ricche). Il monossido di carbonio è un veleno letale per l’uomo, per la sua grande affinità con l’emoglobina del sangue m (300 volte più grande di quella dell’ O2), si lega ai globuli rossi al posto dell’ossigeno, se la sua

concentrazione nel sangue supera una certa soglia, l’assimilazione dell’ossigeno viene interrotta e il soggetto muore di asfissia interna. L’esposizione a lungo termine può portare ad alterazioni della funzione cardiaca e polmonare.

- HC (idrocarburi incombusti): hanno origine dalla incompleta combustione del carburante e si generano maggiormente quando il motore lavora con rapporti aria/combustibile lontani dallo stechiometrico. Gli HC sono cancerogeni e, se immessi nell’ambiente in opportune concentrazioni, possono dare luogo a reazioni chimiche secondarie con produzione di sostanze irritanti e nocive alle piante.

- NOx (ossidi di azoto): alle alte temperature l’azoto presente nell’aria, che

solitamente non partecipa alla combustione, reagisce con l’ossigeno legandosi ad esso e generando ossidi di azoto (in maggior parte NO). Gli NOx si generano quindi

in maggior quantità quando la temperatura raggiunta nel motore è alta cioè quando lavora con rapporti aria/combustibile stechiometrici. Queste sostanze sono tossiche per il sangue e possono reagire con i raggi ultravioletti sviluppando ozono e altri prodotti ossidanti.

- CO2 (anidride carbonica): l’anidride carbonica è un gas innocuo per l’uomo e,

durante la respirazione, tutti gli esseri animali la producono; è il prodotto finale di ogni reazione di ossidazione (e quindi anche di combustione) di sostanza organica. Perciò l’anidride carbonica sarebbe normalmente presente in natura. A causa dell’uomo però la sua concentrazione è salita e questo ha causato il cosiddetto “effetto serra” ovvero il riscaldamento globale del pianeta che ha alterato gli equilibri climatici e sta portando allo scioglimento dei ghiacci polari e al verificarsi di cataclismi sempre più frequenti.

- Particolato: è costituito da particelle microscopiche di carbonio che si generano a causa della piroscissione, nel mantello di vapore di combustibile, degli idrocarburi data l’elevata temperatura. Questo in massima parte (95%) viene bruciato nel proseguire della combustione. La parte restante, però, verrà immessa nell’atmosfera,

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nella quale rimarrà a lungo in sospensione, e potrà quindi essere respirata dall’uomo. Questo fatto è molto pericoloso per la salute, perché il particolato, essendo molto poroso, assorbe sostanze cancerogene e le veicola nei polmoni nei quale tende a diventare residente in virtù delle piccole dimensioni.

Un veicolo ibrido può considerarsi una via di mezzo fra un veicolo convenzionale e uno elettrico, per cui il problema legato allo smaltimento delle batterie (non trascurabile) e quello della emissione di sostanze nocive coesistono. Tuttavia i veicoli ibridi possiedono una maggiore controllabilità in quanto è possibile scegliere ad ogni istante quanta potenza propulsiva fare provenire del motore a combustione interna e quanta dal motore elettrico. Questo consente di ottimizzare il funzionamento del veicolo, ed in particolare del motore a combustione interna, sia dal punto di vista dei consumi che delle emissioni, o di una combinazione dei due, il che ha comportato in molti casi una riduzione di entrambi. In particolare, quando si sviluppa un nuovo sistema di gestione energetica, si cerca di fare in modo che una funzione di costo assegnata (funzione del consumo di combustibile e delle emissioni inquinanti) sia minima. Poiché oggigiorno il consumo di combustibile rappresenta un costo reale, mentre le emissioni inquinanti un vincolo legislativo, si cerca di minimizzare il più possibile il consumo, mantenendo le immissioni inquinanti entro i limiti di legge. Infatti, veicoli le cui immissioni sono molto al disotto dei limiti non danno alcun vantaggio di tipo economico.

1.6 Logiche di gestione

La gestione energetica è forse l’aspetto più delicato dello sviluppo di un veicolo ibrido. Come già illustrato, la conversione dell’energia da meccanica ad elettrica avviene con rendimento non unitario, quindi la cattiva gestione dei flussi di potenza può addirittura portare ad un aumento dei consumi rispetto ad un veicolo convenzionale di pari potenza. Il controllo dei flussi di potenza non può essere gestito dal conducente del mezzo in quanto risulterebbe troppo oneroso e complicato, ma deve essere automatizzato attraverso l’impiego di dispositivi elettronici di controllo; si devono quindi realizzare algoritmi che, basandosi su misure in tempo reale e sulla storia recente dell’ utilizzo del veicolo, consentano di ottimizzarne l’efficienza.

Sono reperibili in letteratura varie tipologie di approccio al problema; ci sono algoritmi che ottimizzano il funzionamento del solo motore termico, altri che cercano di

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migliorare il rendimento di tutto il sistema considerando quindi la curva di consumo dei motori elettrici e il rendimento di carica e scarica delle batterie, approcci analitici, approcci sperimentali. Il risultato è comunque affine: per ogni condizione operativa del veicolo (generalmente richiesta di potenza e velocità) e per ogni livello di carica delle batterie determinare il punto di funzionamento del motore termico e di quello elettrico. I parametri di cui si tiene conto nello sviluppo di questi algoritmi possono essere: - Le mappe di efficienza del motore primo.

- Le caratteristiche del sistema di accumulo ed in particolare il range di stato di carica effettivamente utilizzabile.

- L’ energia dissipata nel sistema di accumulo.

- Il costo in termini di combustibile e di usura del motore primo in caso di scelta di logiche ON/OFF.

- Le curve di rendimento dei vari sistemi di trasmissione che prevedono ad esempio variatori continui.

Per quanto riguarda le batterie, si preferisce mantenere il SOC all’interno di un intervallo. Si pone infatti un limite inferiore, per evitare scariche profonde della batterie che la danneggerebbero, e uno superiore per poter sfruttare il regenerative braking. Nella configurazione ibrida serie la gestione di potenza risulta essere più semplice rispetto alle altre configurazioni. Il motore termico ha il solo scopo di caricare la batteria e può funzionare a qualsiasi regime. Una semplice logica di gestione potrebbe essere questa: sia P* la potenza in cui il motore termico ha il massimo rendimento; se la

potenza richiesta alla ruota è inferiore a P*, allora risulta conveniente una logica

ON/OFF (cioè, quando il livello di carica delle batterie scende sotto un dato valore di soglia, caricare le batterie alla potenza P* fino a raggiungere un livello di carica

prefissato); se invece la potenza richiesta è superiore a P* e dovrà essere fornita per un

periodo indefinito, sarà necessario un funzionamento ininterrotto del motore termico a una potenza pari a quella richiesta alla ruota; il rendimento non sarà massimo ma sarà possibile far marciare il veicolo per un periodo continuativo.

La gestione energetica in una configurazione ibrida parallela risulta assai più complessa: la centralina di controllo deve non soltanto garantire un corretto stato di carica delle batterie ma anche far lavorare il motore termico in una zona a rendimento accettabile, nonostante, come ripetuto più volte, il punto di funzionamento del motore termico sia legato alla velocità del veicolo. Alcune regole di carattere generale sono ad esempio le seguenti:

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- evitare il funzionamento del motore a combustione interna nelle zone a bassa coppia, imponendo in tal caso l’erogazione della potenza richiesta al solo motore elettrico.

- ricaricare le batterie soltanto quando il rendimento del sistema (e non del solo motore termico) è ottimo.

1.7 Stato dell’arte e sviluppi futuri

Nel corso degli ultimi anni sia l’industria automobilistica che quella motociclistica hanno iniziato a valutare con grande interesse i veicoli ibridi nell’ottica di una produzione su larga scala. In linea di principio il lancio sul mercato di un veicolo a basse emissioni inquinanti ma soprattutto a bassi consumi, che non sacrifichi però le prestazioni, garantisce certamente anche un ritorno d’immagine notevole per il costruttore. Anche per segmenti di mercato tradizionalmente ad alti consumi ed emissioni, come quello dei SUV o dei veicoli di grossa cilindrata, sono state recentemente sviluppate versioni ibride.

In Europa il prezzo di questi veicoli rimane ancora abbastanza superiore rispetto ad un veicolo convenzionale di pari potenza, ma visto il continuo aumento dei prezzi dei combustibili fossili, il rientro dell’investimento si verifica ormai in tempi sempre più ridotti, soprattutto per veicoli ad elevata percorrenza (km/anno) destinati prevalentemente all’uso in percorsi di tipo misto o cittadino.

Un input notevole alla diffusione dei veicoli ibridi può essere dato dallo sviluppo tecnologico delle batterie di nuova generazione, meno costose e più affidabili, nonché delle nuove componenti motoristiche necessarie; l’elemento decisivo però è principalmente legato a decisioni di natura politica, per mezzo ad esempio di incentivi all’acquisto, o anche fattori disincentivanti, come ticket di ingresso nelle città per i veicoli che non rispettino determinati requisiti ( come nel caso di Londra, Stoccolma e più recentemente Milano).

È molto probabile una rapida crescita nelle vendite, che potrebbero presto rappresentare una fetta rilevante del mercato. La Honda ad esempio prevede che già nel 2010 oltre il 10% delle proprie vendite sia coperta da veicoli ibridi. Tuttavia va tenuto presente che essi rappresentano una soluzione di transizione verso tecnologie ad emissioni nulle e rendimenti più elevati, come l’idrogeno, la cui diffusione su larga scala non è però certo prevedibile nell’arco di 2 o 3 anni.

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Vediamo ora alcuni esempi di veicoli ibridi in commercio, sia nel campo automobilistico che in quello motociclistico.

Toyota Prius

Figura 1.7 : Toyota Prius

Può essere considerata l’ automobile ibrida per eccellenza, essendo stata la prima vettura introdotta sul mercato (1997) ed anche la più venduta del settore, con alcune centinaia di migliaia di esemplari prodotti. La configurazione scelta è molto particolare, del tipo serie-parallelo. La trasmissione è costituita da un dispositivo chiamato power

split device che altro non è che un rotismo epicicloidale in cui una prima macchina

elettrica (che funge da generatore) è calettata al solare, il motore termico al portasatellite, e infine la corona è collegata a una seconda macchina elettrica e tramite il differenziale alla strada.

Il principio di funzionamento di questo dispositivo verrà illustrato nel prossimo capitolo, si accenna solamente che regolando la velocità del generatore è possibile realizzare un certo rapporto di trasmissione fra motore e ruote; in questo modo è possibile svincolare la velocità del motore termico da quella dell’autoveicolo realizzando una trasmissione simile a un CVT ma di rendimento superiore.

L’autoveicolo parte utilizzando il solo motore elettrico avviando il termico solamente raggiunta una velocità prossima ai 30 km/h, è possibile effettuare la frenatura a recupero ed è prevista la possibilità di marcia in solo elettrico.

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potenza complessiva che si riesce ad ottenere è di tutto rispetto, essendo di 82 kW. La batteria (39 kg) e le altre componenti aggiuntive determinerebbero un certo aumento di peso ( complessivamente 1300 kg a vuoto), che però è sostanzialmente compensato tramite un telaio in lega d’alluminio.

I consumi dichiarati sono: 20 km/l nel ciclo urbano, 23,8 km/l nel ciclo extraurbano e 23,3 km/l nel ciclo misto. In Italia, nonostante l’ incentivo statale di 2000 €, il prezzo rimane ancora piuttosto elevato (23850 €), come anche nel mercato europeo, mentre in quello giapponese, dove costa 17000 $, e in quello americano (20000 $) ha avuto molto successo.

Figura 1.8: rotismo epicicloidale della Prius

Honda Insight, Ima e Civic

La casa giapponese attualmente commercializza ben tre modelli di veicoli ibridi.

La Insight è un’autovettura a due posti e fu introdotta nel 2000. La configurazione scelta è quella di un ibrido parallelo. La trasmissione avviene tramite CVT. È previsto il regenerative braking e l’idle stop ma non la marcia in solo elettrico. Questa autovettura è dotata di un motore termico a tre cilindri avente una cilindrata pari a 995cc e una potenza di 50 kW e un motore elettrico sincrono trifase a magneti permanenti che eroga una potenza di 10 kW.

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Il punto forte di questo autoveicolo sta nei consumi: grazie anche a un peso ridotto (860 kg) e a un basso coefficiente aerodinamico questa vettura è capace di percorrere 29 km/l nel ciclo misto; il prezzo si aggira attorno ai 20000 $.

La Honda IMA è una vettura compatta prodotta su una piattaforma preesistente, quella della Civic 4 porte. La Civic IMA è dotata di un motore a benzina da 1,3 litri a doppia accensione sequenziale estremamente efficiente e di un motore elettrico di supporto. Il suo consumo medio non supera i 4,9 litri/100 km e le sue emissioni di CO2 sono molto

basse (116 g/km), con un livello di prestazioni paragonabile a quello di un motore ben più potente. Disponibile in Svizzera dal 2003, la Civic IMA è commercializzata in quasi tutti i paesi.

La Honda ha recentemente lanciato sul mercato anche una versione ibrida della Civic. Il sistema propulsivo è composto da un motore a benzina da 1,3 litri con sistema di distribuzione variabile i-VTEC a tre fasi (alto regime, basso regime e modo inattività dei 4 cilindri) e da un motore ausiliario elettrico Honda (sistema IMA/Integrated Motor Assist). La potenza complessiva 85 KW, il consumo nel ciclo misto è di 4,6 litri per 100 km.

Lexus RX 400h, GS 450h, LS 600h

Questa casa automobilistica ha deciso di adottare sistemi di propulsione ibrida su tre dei suoi modelli, tutti di grossa cilindrata:

- il SUV RX 400h (anno 2005), con un motore benzina V6 da 3.3 l e 200 KW di potenza

- la GS 450h (anno 2006), berlina con un motore benzina V6 da 3.5l e 253 KW - la LS 600h (anno 2007), berlina a 4 ruote motrici, motore V8 da 5 l e 320KW di

potenza.

Su veicoli di questo segmento è chiaro che il risparmio di combustibile è ancora più rilevante, ad esempio per l’RX 400h il consumo dichiarato sul ciclo misto è di 8.1 l/100 km.

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Figura 1.9 : RX 400h (a sinistra) e LS 600h (a destra)

Motoveicoli ibridi

Nel settore dei motoveicoli la diffusione degli ibridi è ancora pressocchè nulla, essendo essi principalmente in fase prototipale, dunque non ancora presenti sul mercato. Questo è dovuto a diversi fattori: la riduzione dei consumi già portata dall’introduzione dei motori 4 tempi e dell’iniezione elettronica anche per le piccole cilindrate, maggiori problemi di ingombro rispetto agli autoveicoli, ma anche maggiore incidenza percentuale del sistema ibrido sul costo totale del mezzo hanno probabilmente influito negativamente.

Tra l’altro alcuni costruttori, come Honda, contano di ridurre ulteriormente i consumi del 30% per le moto di grossa cilindrata a quattro cilindri con l’adozione del sistema VCM (Variable Cylinder Management), che consente di disattivare uno o due cilindri quando non è richiesto il massimo della potenza. Per le piccole cilindrate invece (da 50 a 150 cc), Honda intende lanciare, a breve scadenza, dei motori a basso livello di frizione interna (Super Low Friction), abbinati alla doppia accensione (due candele), con un risparmio stimato di carburante del 13 %. La ricerca motoristica sta inoltre portando dei miglioramenti significativi anche sull’ottimizzazione fluidodinamica interna, sugli impianti di scarico e sulla riduzione degli attriti.

Ciò nonostante, alcune idee interessanti sono state sviluppate e in Italia la Piaggio, in collaborazione con l’Università degli Studi di Pisa, ha realizzato tre prototipi di scooter ibridi, la Vespa LX 50 HyS, l’ X8 125 HyS e l’MP3 Hys. Questi modelli, dopo un periodo di sperimentazione, andranno in produzione a breve, in particolare l’ MP3 tra pochi mesi, nella seconda metà del 2008.

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La configurazione è quella di un ibrido parallelo la cui trasmissione è costituita da un normale CVT e il motore elettrico si impegna sulla campana frizione nel quale è stato ricavato il rotore.

Le tre versioni dal punto di vista estetico sono identiche ai corrispondenti modelli standard di normale produzione. L’unica differenza sta in un ingombro trasversale del carter leggermente superiore. Le batterie di trazione sono state collocate nel vano sottosella, che su X8 125 mantiene uno spazio sufficiente ad alloggiare un casco, sul prototipo ibrido Vespa LX 50, invece, lo spazio di carico per il casco è offerto con l’aggiunta di un bauletto posteriore. Si tratta di batterie al litio da 36v , di peso ridotto rispetto a quelle usate in precedenti sperimentazioni, che consentono di limitare l’aggravio di peso totale a 20 kg.

Il livello di carica delle batterie è sempre sotto l’occhio del conducente, grazie ad un indicatore integrato nel cruscotto, inoltre si ha la possibilità di operare secondo quattro modalità: alta carica, bassa carica, elettrico puro e ibrido. Gli scooter sono inoltre dotati della funzione regenerative braking, inoltre è possibile ricaricare le batterie attraverso un normale cavo elettrico da inserire, a quadro spento, nell’apposita presa. Il tempo di ricarica è di circa 3 ore.

Figura 1.10: Vespa LX 50 Hys e X8 125 Hys

Un altro interessante prototipo di scooter ibrido è costituito dall’Honda Numo. Si tratta di uno scooter avente una configurazione serie-parallelo dotato di un motore termico da 50cc, una macchina elettrica che funge da generatore e un motore elettrico direttamente collegato alla ruota posteriore. Grazie alla compattezza dei vari elementi e alle batterie con un alta densità di energia, lo scooter pesa solamente 10 kg in più di uno scooter convenzionale e mantiene inalterate le dimensioni.

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Se la richiesta di potenza è bassa viene realizzato il funzionamento in serie: il motore termico alimenta quello elettrico; durante le accelerazioni oppure quando la richiesta di potenza è alta, si entra in modalità parallelo il motore elettrico assiste il termico. Inoltre è possibile effettuare la frenatura a recupero e la marcia in idle stop.

Figura 1.11 : Honda Numo

Infine un altro motoveicolo ibrido a breve in commercio, rigorosamente a zero emissioni, dunque non del tipo ibrido termico-elettrico, è il VX-FCe, prodotto dalla Vectrix Corporation (che già costruisce scooter elettrici) e da Protonex, produttrice di soluzioni con celle a combustibile per applicazioni trasportabili; si tratta di un maxiscooter ibrido elettrico/fuel cell dotato di un motore elettrico capace di erogare fino a 16 kW di potenza.

Il sistema a fuel cell ricarica continuamente le batterie che forniscono l’elettricità al motore. La soluzione fuel cell aumenta di più del doppio l’autonomia dello scooter rispetto alla precedente versione dotata di sole batterie e libera dall’obbligo di ricaricare lo scooter da una presa fissa di corrente. Il VX-FCe raggiunge una velocità massima di 100 km/h, una rapida accelerazione (80 km/h in 6.8secondi) e un’autonomia che arriva fino a 240 km. Inoltre è possibile realizzare la frenatura a recupero. La trasmissione del moto alle ruote è effettuata tramite un rotismo epicicloidale.

Figura

Figura 1.1: consumo specifico di combustibile di un motore a combustione interna (sinistra) e  mappa dei rendimenti di uno elettrico (destra) nelle varie condizioni operative
Figura 1.2 : schema fondamentale dei flussi energetici di un veicolo ibrido
Figura 1.3: schematizzazione di un ibrido serie
Figura 1.4:  schematizzazione di un ibrido parallelo
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