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3. INQUADRAMETO GEOLOGICO STRUTTURALE 3.1 Inquadramento tettonico

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Academic year: 2021

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3. INQUADRAMETO GEOLOGICO STRUTTURALE

3.1 Inquadramento tettonico

Per comprendere meglio le caratteriste geologiche della Valle del Serchio e dei territori montano-collinari limitrofi, si ritiene utile inserirle nel quadro evolutivo dell’Appennino Settentrionale, il quale viene descritto brevemente in seguito.

L’ Appennino settentrionale è una catena a falde derivata dalla deformazione terziaria di un settore del paleomargine continentale della Microplacca Adriatica prospiciente al Dominio Oceanico Ligure (BOCCALETTI et alii, 1971; ALVAREZ et

alii, 1974; KLIGFIELD, 1979).

L’ edificio strutturale può essere definito come un “thrust and fold belt” costituito da insiemi sovrapposti di unità tettoniche: Unità Liguri Interne, Unità Liguri Esterne, Unità Subliguri, Unità Toscane non metamorfiche, Unità Toscane metamorfiche e Unità Umbro-Marchigiane (Fig. 3.1). Questi insiemi di unità derivano da diversi domini paleogeografici che, dall’interno verso l’esterno, vengono distinti in (CARMIGNANI et alii, 1993):

1. Dominio Ligure, comprende i relitti del basamento oceanico e le relative coperture sedimentarie pelagiche del tardo Giurassico-Cretaceo inf. (Unità del Bracco) e Flysch cretacei-paleogenici scollati dal loro substrato (Flysch ad Elmintoidi delle Unità Liguri Esterne).

2. Dominio Subligure, costituito da una successione sedimentaria pelagica (Unità di Canetolo).

3. Dominio Toscano che si suddivide in interno ed esterno. Il Dominio Toscano Interno comprende le formazioni anchimetamorfiche e non metamorfiche di età dal Trias sup. al Miocene inf; il Dominio Toscano Esterno (Autoctono Auctt.) si compone di una copertura mesozoica e terziaria e di formazioni paleozoiche del suo basamento ercinico. Tettonicamente compresa tra Falda Toscana e Autoctono Auctt., c’è l’Unità di Massa costituita solamente da termini paleozoici e del Trias inferiore e medio.

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4. Unità di M. Cervarola, costituita da un Flysch del Miocene medio deposto al fronte dell’alloctono e attualmente in parte accavallato sul Dominio Umbro-Marchigiano.

5. Dominio Umbro-Marchigiano, si compone di una successione sedimentaria che arriva fino al Miocene sup.; si può definire come un fold belt scollatosi a livello delle evaporati triassiche, che rappresenta la zona più esterna della catena ed è sepolto dalle coltri liguri sulla trasversale dell’Appennino tosco-emiliano.

La successione post-paleozoica del Dominio Toscano Esterno poggia con netta discordanza angolare su formazioni paleozoiche già interessate da deformazioni e metamorfismo (in facies scisti verdi) ercinici. Depositi di età triassica media affiorano solamente nell’Unità di Massa (Punta Bianca).

La successione stratigrafica del Trias sup.- Paleogene riflette l’evoluzione di un margine continentale passivo. La fase syn-rift (subsidenza iniziale) va dal Trias sup. fino al Lias sup. –Dogger inf. (?) e vede successivamente: lo sviluppo di una piattaforma carbonatica (Carnico terminale/Norico – Lias inf.); la sua frammentazione e il progressivo annegamento (Hettangiano sup. – Pliensbachiano inf. (?)); l’istaurarsi di una sedimentazione emipelagica. Durante la fase post-rift (subsidenza termica) avviene un graduale aumento delle profondità deposizionali (intensità crescente di dissoluzione del carbonato di calcio) e una graduale omogeneizzazione di facies. Dal Cretaceo inf. si ha una differenziazione tra l’evoluzione del Dominio Ligure (oceanico) e del Domino Toscano (sul margine continentale adiacente); il primo viene interessato durante il Cretaceo sup. e il Paleogene da deposizioni di flysch, mentre nel secondo si passa da una sedimentazione carbonatica ad una prevalentemente argillitica. Sia la successione metamorfica che quella della Falda Toscana sono chiuse da un flysch riferibile all’Oligocene superiore, noto nella Falda Toscana come Macigno.

L’età dei flysch permette di seguire il progressivo avanzamento verso l’avampaese delle unità alloctone e la deformazione di domini sempre più esterni all’originario margine adriatico. L’evoluzione sedimentaria dell’Oligocene sup.-Neogene è dominata dalla deformazione del Dominio Toscano e del Dominio Umbro-Marchiagiano (CARMIGNANI et alii, 1993).

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Fig. 3.1 – Schema strutturale dell’Appennino settentrionale (da CARMIGNANI et alii, 2000).

L’evoluzione tettonica dell’Appennino settentrionale può essere suddivisa in due eventi deformativi principali riconoscibili in tutto il Complesso Metamorfico Apuano (CARMIGNANI et alii, 1980; CARMIGNANI & KLIGFIELD 1990): una

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deformazione compressiva duttile (D1) connessa alla collisione continentale del basamento sardo-corso con la Microplacca Adriatica del basamento africano (fase

“sin-nappe”) e una deformazione distensiva (D2) che porta al riequilibrio isostatico della crosta ispessita (fase “post-nappe”).

La fase D1, connessa con lo sviluppo di una fascia di taglio ensialica, è associata all’impilamento delle varie unità tettoniche attraverso la sovrapposizione della Falda Toscana e delle soprastanti unità liguri sulla sequenza Autoctona Apuana. Il sovrascorrimento avviene a livello delle evaporati triassiche che nell’Oligocene superiore funzionano come Thrust NE-vergente. Durante questo stadio compressivo si originano accavallamenti di dimensioni chilometriche, pieghe isoclinali di gradi dimensioni e una scistosità (S1), in facies scisti verdi, che traspone l’originaria superficie di stratificazione (S0) ed è parallela alle direzioni dei piani assiali delle pieghe isoclinali. L’età di questa fase è stata calcolata in 27 Ma dall’attuale (KLIGFIELD et

alii, 1986).

Sia nel Complesso Metamorfico Apuano che nella Falda Toscana la stratificazione e la scistosità della fase compressiva sono deformate da una fase tettonica distensiva (D2) (CARMIGNANI & GIGLIA, 1975, 1977; PERTUSATI et alii, 1977), derivata da distensione crostale (CARMIGNANI & KLIGFIELD, 1990). La distensione nel Complesso Metamorfico si realizza mediante lo sviluppo di fasce di taglio duttile inclinate a NE e SW rispettivamente nel versante nord-orientale e sud-occidentale del massiccio, associate pieghe a cascata con scistosità di crenulazione in facies scisti verdi (CARMIGNANI et alii., 1991).

L’età della fine della deformazione distensiva duttile è stata stimata tra i 14 e 8 Ma (GIGLIA & RADICATI, 1970; KLIGFIELD et alii, 1986; CARMIGNANI et alii, 1991).

Nella Falda Toscana la fase distensiva, connessa alla fase D2 del Complesso Metamorfico Apuano, si realizza in modo prevalentemente fragile mediante faglie dirette poco inclinate e ad alto angolo, che portano alla sovrapposizione di rocce più giovani su rocce più antiche con elisione di ampi intervalli della successione stratigrafica. Le faglie principali hanno profilo listrico e si raccordano a livello delle evaporati triassiche, che in questa fase funzionano come orizzonte di scollamento; gli strati a tetto di queste faglie formano frequentemente anticlinali tipo rollover. Queste

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zone di taglio e queste pieghe hanno vergenza orientale sul versante E delle Alpi Apuane (Garfagnana, Val di Lima) e vergenza occidentale sul versante W (Versilia) (CARMIGNANI et alii, 1993).

I processi descritti precedentemente determinano il denudamento ed il sollevamento del Complesso Metamorfico producendo una geometria di tipo “core

complex” (COLI, 1989; CARMIGNANI E & KLIGFIELD 1990) sviluppata a partire

dal Miocene inferiore dove il Complesso Metamorfico rappresenta la Lover Plate e la Falda Toscana e le Liguridi l’ Upper Plate. Secondo Bigazzi et alii, 1988; Abbate et

alii, 1990, il sollevamento del massiccio apuano sarebbe continuato fino ad almeno 2

Ma cioè contemporaneamente al deposito dei sedimenti entro i bacini plio-pleistocenici che bordano a SW e NE le Alpi Apuane.

Gli eventi finora descritti fanno riferimento ad un modello di prisma d’accrezione (PLATT, 1986) secondo cui una struttura accrezionale divenuta instabile registra un inversione di tettonica da compressiva a distensiva per riassumere una configurazione stabile; in quest’ottica secondo CARMIGNANI e KLIGFIELD (1990) l’evoluzione dell’Appennino settentrionale può essere riassunta come in seguito (Fig. 3.2):

A. subduzione della Microplacca Adriatica sotto la placca europea (Cretaceo-Eocene) con strutturazione e deformazione delle Unità Liguri;

B. collisione tra i due margini continentali (Oligocene superiore) che porta ad un forte ispessimento del prisma orogenico e alla deformazione compressiva del margine continentale adriatico (strutturazione delle unità toscane);

C. inversione del regime tettonico da compressivo ad estensivo con collasso gravitativo del cuneo orogenico (Miocene inferiore);

D. l’inizio dell’estensione è seguito da denudamento, sollevamento ed erosione del

core complex;

E. ulteriore fase distensiva al Tortoniano superiore dove si instaura un processo di rifting che porterà all’apertura del Mar Tirreno e allo sviluppo lungo la trasversale apuana dei graben del Serchio e del Magra.

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Fig. 3.2 – Schema evolutivo dell’Appennino settentrionale (da CARMIGNANI &

KLIGFIELD, 1990).

3.2 Inquadramento geologico e morfo-strutturale della valle del Serchio

L’evoluzione dell’Appennino Settentrionale a partire dal Tortoniano fino al Pleistocene è caratterizzata da una fase distensiva che porta alla formazione di faglie dirette ad alto angolo che, dislocando le precedenti faglie poco inclinate, portando allo sviluppo lungo la trasversale apuana dei graben del Serchio e della Versilia colmati da

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sedimenti pliocenici e quaternari (CARMIGNANI et alii, 1993). La valle del Serchio, nel tratto a nord della confluenza del fiume Lima, rappresenta una depressione morfo-strutturale allungata in direzione appenninica (NNW-SSE) compresa tra le due grandi morfostrutture positive delle Alpi Apuane (a SW) e del crinale appenninico (a NE). Il lato occidentale della depressione è caratterizzato da un sistema di faglie antitetiche, di direzione appenninica, immergenti verso est; sul lato orientale, si allinea con la stessa direzione, una serie di faglie immergenti verso occidente.

Nel tratto considerato, la zona più riabbassata della depressione, appare confinata entro due principali fasce di faglie ad apposta immersione (Fig. 3.3). Sul lato occidentale il sistema di confine, da Casola (a nord) fino alla confluenza del T. Lima nel Serchio, è definito da allineamenti longitudinali di faglie, sostanzialmente continui. A ovest di questo allineamento, le faglie a immersione orientale si mostrano più distanziate e con tratti discontinui, ad eccezione del fascio di faglie che decorre tra Casola, Minacciano e Gorfigliano e che verso sud si ricollega con la faglia di Vergemoli. A SE un altro allineamento decorre tra Pascoso, Pescaglia e Valdottavo e probabilmente prosegue in un sistema coincidente con il tratto della valle incassata del Serchio tra Piaggiane e Vinchiana (DALLAN NARDI et alii, 1991).

Le faglie, che delimitano la depressione sul lato orientale, appaiono nell'insieme meno continue longitudinalmente. Esse mostrano, in modo più evidente di quanto appaia sul lato opposto, brusche interruzioni e vicarianze in corrispondenza di dislocazioni trasversali ad andamento SW-NE; queste in alcuni casi sono presumibili, in altri, risultano evidenziate dalle strutture geologiche (DALLAN NARDI et alii, 1991).

Nei pressi della confluenza del T. Lima nel Serchio si osserva una brusca deviazione del percorso del fiume che assume un andamento SW-NE, coincidente con il prolungamento del basso corso del T. Lima. Questa direzione, trasversale agli assi appenninici, secondo DALLAN NARDI et alii (1991) potrebbe rappresentare una dislocazione recente (post villafranchiana ?), collegata al sollevamento del massiccio delle Pizzorne (BARTOLINI et alii, 1984), del quale l’area suddetta costituisce il prolungamento nord-occidentale.

Nella morfostruttura negativa della Val di Serchio affiorano in prevalenza i terreni arenacei-marno-argillosi delle Unità Liguri s.l., le formazioni della parte sommatale della Falda Toscana e i depositi fluvio-lacustri post oregenici; quindi la parte

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inferiore della Valle è caratterizzata da forme arrotondate o pianeggianti in corrispondenza dei depositi alluvionali recenti e attuali. Nel versante destro la valle è delimitata dalle Alpi Apuane, dove spiccano le vette e i picchi calcareo dolomitici dei gruppi del P.zo d’Uccello – M. Pisanino- M. Grondilice e del gruppo Panie, che corrispondono al massimo sollevamento della dorsale apuana e sono caratterizzate da forme molto aspre. Nel versante sinistro, fino al crinale appenninico, prevalgono le formazioni arenaceo-argillose che presentano forme più arrotondate, ad eccezione dei “nuclei calcarei” della Pania di Corfino e della Val di Lima, che costituiscono marcate emergenze morfo-litostrutturali della fascia media del versante stesso (BALDACCI et

alii., 1993).

Il sollevamento recente delle due morfo-strutture positive e la presenza di litotipi più erodibili nelle aree più riabbassate della valle, hanno determinato una elevata energia del rilievo su entrambi i versanti della valle stessa, che in concomitanza di favorevoli condizioni lito-strutturali, fa si che la valle del Serchio sia caratterizzata da una diffusa franosità che coinvolge soprattutto i terreni arenacei-marno-argillosi delle Unità Liguri s.l. e le della parte sommatale della falda Toscana.

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3.3 La Formazione del Macigno nel bacino del F. Serchio

La formazione del Macigno è costituita da arenarie torbiditiche quarzoso-feldspatiche grigie o grigio verdi, con grana da medio-fine a grossolana, in strati da spessi a molto spessi, talvolta amalgamati, a cui si intercalano strati sottili di arenarie fini, siltiti, argilliti e argilliti siltose. Nella parte superiore della formazione a luoghi prevale una litofacies pelitico-arenacea con strati da sottili a spessi. A vari livelli, la formazione è inoltre caratterizzate dalla presenza di rari torbiditi calcaree a base calcarenitica, talvolta ricca in bioclasti.

In alcune zone, alla base della formazione, la transizione stratigrafica tra Scaglia Toscana e Macigno avviene attraverso un orizzonte spesso qualche decina di metri, costituito da argilliti intercalate a radi strati risedimentati di natura calcareo-arenacea (aree di Fosciandara e Coreglia) (DALLAN NARDI L. et alii, 1991).

Tra i componenti mineralogici il quarzo è molto abbondante; sono presenti inoltre: feldspati, biotite, muscovite, clorite e minerali accessori. Sono presenti frammenti litici di metamorfiti, vulcaniti e di rare rocce sedimentarie.

L’età della base della formazione è datata all’Olocene medio (?)-sup. (MIGLIORINI, 1946; 1947; TAVANI, 1954; ELTER & SCHWAB 1957; BORTOLOTTI &PIRINI, 1965; ABBATE 1966; GASPERI, 1966; 1968; DALLAN NARDI, 1968; ECC.) per la presenza di fossili e microfossili tra cui Nummuliti e Lepidocicline e in certe zone anche Miogypsinoides (DECANDIA & LAZZAROTTO, 1972). Il tetto, invece, è riferibile all’Oligocene terminale-Aquitaniano (?) per la presenza nelle formazioni sovrastanti (Unità di M. Cervarola – M. Falterona) di sedimenti databili a quel periodo di tempo (DALLAN NARDI & NARDI, 1972).

Concludendo il Macigno può essere attribuito all’ Oligocene sup. (Cattiano), con limiti estremi dubitativamente collocabili all’Oligocene medio e all’Aquitaniano.

Lo spessore della formazione aumenta considerevolmente da W verso E; nelle aree situate a NE della valle del Serchio (Coreglia, Fosciandora ecc.) è valutato nell’ordine dei 2000 m (LOSACCO, 1953).

La formazione del Macigno, nei sondaggi disponibili, si presenta spesso come una roccia costituita da un alternanza ordinata di livelli lapidei e livelli pelitici, con contrasto di competenza. Solitamente il rapporto roccia/pelite è maggiore del 75%.

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L’arenaria a contatto con le coperture è generalmente molto fratturata (3-4 ordini di fatturazione) e più o meno alterata, con il grado di fatturazione e di alterazione che tende a diminuire con l’aumentare della profondità. In genere le fratture aperte presentano materiale di riempimento sabbioso limoso talora argilloso, che ha un comportamento meccanico simile a quello degli interstrati pelitici.

Il Macigno, quando si presenta intensamente alterato e degradato, ad esempio blocchi di arenaria Macigno in matrice sabbiosa residuale poco cementata, può assumere un comportamento meccanico intermedio fra terreno e roccia con una resistenza a compressione uniassiale compresa tra 1 e 25 MPa (roccia debole). Inoltre, l’arenaria Macigno può essere soggetta ad una intensa alterazione superficiale che agisce in modo selettivo caolinizzando i feldspati e dissolvendo il cemento carbonatico, riducendo la roccia ad un “sabbione” quarzoso sciolto.

Dal punto di vista idrogeologico tale formazione presenta una permeabilità secondaria (per fratturazione), decrescente con la profondità a causa dell’occlusione delle fratture ad opera dei minerali argillosi prodotti dall’alterazione; quindi la circolazione idrica, a carattere più o meno temporaneo, è prevalentemente superficiale.

I dissesti più comuni sono rappresentati da scivolamenti traslazionali di roccia in corrispondenza dei giunti di strato, laddove questi sono disposti a franapoggio con inclinazione minore di quella del pendio; i fenomeni franosi più superficiali sono legati invece alle coltri di alterazione superficiali e alle coperture detritiche, come vedremo nel dettaglio in seguito.

Figura

Fig. 3.1 – Schema strutturale dell’Appennino settentrionale (da CARMIGNANI et alii, 2000)
Fig. 3.2 – Schema evolutivo dell’Appennino settentrionale (da CARMIGNANI &
Fig. 3.3 – Schema delle principali faglie lungo la valle del Serchio (da DALLAN et alii, 1991)

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