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IL RILIEVO DELL’INFLUSSO DELLA FAUNA SELVATICASUL BOSCO NEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO

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IL RILIEVO DELL’INFLUSSO DELLA FAUNA SELVATICA SUL BOSCO NEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO

A seguito della sospensione del prelievo venatorio, avvenuta nel 1983, la consisten- za della popolazione di cervo all’interno del Parco nazionale dello Stelvio è notevolmente aumentata. Tale fenomeno, ha causato gravi danni da brucamento e scortecciamento alla rinnovazione arborea del bosco.

Il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio ha avviato alla fine del 1997 un pro- getto triennale d’indagine allo scopo di uniformare e migliorare le attuali conoscenze sullo status delle popolazioni di cervo presenti nel Parco e delle loro interazioni con le altre componenti dell’ecosistema.

Per quanto riguarda la valutazione dell’impatto che gli ungulati selvatici esercitano sul bosco, è stato eseguito un rilievo su aree campione dell’entità del brucamento alla rin- novazione, utilizzando aree di saggio di 50 m² di superficie. L’area di saggio è costituita da una striscia di controllo lunga 25 m e larga 2 m, delimitata con picchetti in modo da ren- dere possibile, in tempi successivi, la sua individuazione e quindi la ripetizione del rilievo.

Il territorio coperto da boschi d’alto fusto del Parco Nazionale dello Stelvio è stato suddiviso in 989 aree rettangolari di 50 ha (superfici raster). In 847 di queste, pari all’86% del totale, le condizioni di rinnovazione hanno reso possibile l’esecuzione del rilievo.

Sono stati complessivamente analizzati 55.535 alberelli.

Per la valutazione del carico di morso sono stati presi in considerazione gli alberelli di altezza compresa tra 25 cm e 1 m. In molte zone le piantine di altezza inferiore a 25 cm sono infatti protette durante l’inverno dalla coltre nevosa e le indicazioni sul morso da esse subito hanno un valore relativo.

Nel settore altoatesino il carico di morso risulta particolarmente elevato nella sta- zione di Lasa, dove tutte le specie di conifere in rinnovazione presentano una percentuale di brucamento sensibilmente più alta rispetto alla media dell’intero Parco. Anche nella stazione di Rabbi sono state rilevate percentuali di morso elevate, soprattutto a carico del- l’abete rosso. Nella stazione di Valfurva è invece il larice a presentare un’alta intensità di brucamento. Il morso a carico delle latifoglie è ovunque elevato.

Un confronto tra le singole stazioni richiede una certa cautela, poiché la composi- zione delle specie arboree e la densità della rinnovazione si differenziano in misura anche notevole da una zona all’altra del Parco. La percentuale di morso rilevata dà un’indicazio- ne generale relativa all’intensità del brucamento ed è pertanto solo uno dei parametri che

(*) Ufficio caccia e pesca, Provincia Autonoma di Bolzano, Via Brennero 6 - 39100 Bolzano.

– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 64 (2): 95-108, 2009

© 2009 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2009.2.04

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permettono di valutare la tollerabilità dell’impatto della fauna selvatica sull’ecosistema forestale. Per una valutazione completa del fenomeno occorre considerare, oltre all’inten- sità del brucamento, anche la sua durata e se è localizzato o interessa una superficie molto estesa. Inoltre è necessario mettere in relazione l’impatto sulla rinnovazione forestale con la consistenza e la dinamica delle popolazioni di selvatici, i loro trasferimenti stagionali e le caratteristiche degli ambienti a loro disposizione.

Parole chiave: ungulati selvatici; brucamento; Parco Nazionale dello Stelvio.

Key words: wild ungulates; browsing; Stelvio National Park.

1. I

NTRODUZIONE

Negli ultimi decenni la consistenza delle popolazioni di ungulati selva- tici, in particolare di cervo, presenti all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio è aumentata in misura considerevole. A ciò ha contribuito la sospen- sione del prelievo venatorio, in vigore a partire dal 1983.

Tale fenomeno, se da un lato rappresenta un arricchimento per l’area protetta, è nello stesso tempo in alcune zone di essa fonte di problemi, poi- ché gli ungulati brucano la rinnovazione arborea del bosco e danneggiano le attività agricole.

Negli ultimi anni il problema è stato frequentemente oggetto di discussione a livello scientifico, politico e all’interno delle comunità locali.

Il Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio ha dunque avviato alla fine del 1997 un progetto triennale d’indagine allo scopo di uniformare e migliorare le attuali conoscenze sullo status delle popolazioni di cervo presenti nel Parco e delle loro interazioni con le altre componenti dell’e- cosistema.

Il progetto è stato supportato da una commissione di esperti, coordi- nata dal faunista dott. Franco Perco e composta dal dott. Luca Pedrotti quale rappresentante dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, dal dott. Giorgio Carmignola quale esperto forestale e dal dott. Claudio Pasolli quale esperto veterinario.

Per quanto riguarda la valutazione dell’impatto che gli ungulati selva-

tici esercitano sul bosco, il Consorzio del Parco ha ritenuto opportuno chie-

dere la collaborazione della Provincia Autonoma di Bolzano, precisamente

dell’Ufficio caccia e pesca della Ripartizione Foreste. Nel settore altoatesino

del Parco infatti, nell’ambito di una campagna condotta su scala provincia-

le, erano già stati eseguiti, nel 1992 e nel 1995, due rilievi sullo stato della

rinnovazione del bosco. Nell’estate del 1998, anno in cui ne era prevista la

ripetizione in Alto Adige, tale rilievo è stato esteso all’intero territorio del

Parco.

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2. I

DIVERSI TIPI DI DANNO DEGLI UNGULATI SELVATICI AL BOSCO

Gli ungulati selvatici possono arrecare danno alla componente fore- stale in vari modi e in funzione di diverse esigenze fisiologiche. È possibile distinguere tre tipi di danno.

1. Soffregamento – Ogni anno caprioli e cervi, rispettivamente in primavera e in estate, rimuovono il velluto che avvolge i palchi appena formatisi sof- fregandolo su giovani alberelli. Così facendo i caprioli procedono nello stesso tempo a delimitare il loro territorio. La maggior parte degli alberi soffregati è destinata a morire nel corso della stagione. Alcune specie, come il larice e il pino cembro, risultano maggiormente esposte al soffre- gamento. Tale danno determina la diminuzione di individui nella rinno- vazione del bosco.

2. Scortecciamento – Si presenta quando i cervi rosicchiano e rimuovono la sottile corteccia di alberi di giovane età, detti pertiche, il cui tronco ha generalmente un diametro tra i 10 e i 20 cm. Questo tipo di danno è spesso da porre in relazione alla pratica del foraggiamento invernale; la corteccia serve infatti all’animale per integrare la scarsa quantità di fibra presente nel foraggio. Lo scortecciamento determina l’infiltrazione di agenti patogeni nel fusto dell’albero, con conseguente degradazione della qualità del legno, diminuzione di stabilità di fronte agli eventi atmosferici e perdita di valore economico del tronco. Gli alberi danneggiati sono molto meno longevi rispetto a quelli sani.

3. Brucamento – Si presenta quando gli animali si alimentano di gemme o germogli di giovani alberi. Il morso causa un ritardo nello sviluppo in altezza degli alberelli. Quando vengono brucati i semenzali, cioè le pian- tine appena nate, viene ridotto il numero degli individui e quindi il potenziale della rinnovazione.

Il morso selettivo e intenso di alcune specie arboree che la fauna selvati- ca predilige per la propria alimentazione, in particolare le latifoglie e l’abete bianco, può risultare particolarmente dannoso quando esse sono presenti nella rinnovazione in quantità modeste, come specie accessorie. La loro scomparsa causa un impoverimento nella varietà delle specie del bosco.

3. I

L RILIEVO DEL DANNO DA BRUCAMENTO

3.1. La gravità del danno da brucamento

Il brucamento sulla rinnovazione forestale da parte degli ungulati sel-

vatici è un fenomeno naturale ed i giovani alberelli rappresentano, in parti-

colare durante la stagione invernale, una componente fondamentale della

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loro alimentazione. Se tuttavia il brucamento raggiunge intensità particolar- mente elevate, si può presentare un danno all’ecosistema forestale.

L’affermarsi della rinnovazione ha infatti importanza fondamentale, perchè garantisce la conservazione dell’ecosistema bosco e delle funzioni che esso svolge. Se la rinnovazione si afferma, le varie specie che compon- gono il bosco risultano presenti nei diversi stadi di sviluppo, a garanzia della massima varietà ecologica del bosco nelle condizioni stazionali in cui esso si trova.

Un bosco vitale svolge inoltre un’importante funzione protettiva. Le foreste con alberi troppo vecchi, senza esemplari giovani che gradualmente li sostituiscano, non sono invece in grado di garantire, a lungo termine, una protezione efficace agli insediamenti sottostanti, alle vie di comunicazione e ad altre infrastrutture contro le valanghe, le frane o le cadute di massi.

Dal bosco viene infine ricavato il legname, una materia prima in conti- nua rigenerazione purché, nelle zone dove viene praticato il taglio, la rinno- vazione riesca ad affermarsi. Il bosco, in particolare nelle zone di maggiore fertilità, è fonte di reddito per i proprietari e di occupazione.

Per valutare la tollerabilità del brucamento da parte della fauna selva- tica sulla rinnovazione occorre considerare:

– l’intensità del brucamento, che determina il rallentamento della crescita.

In particolare, è necessario valutare se il morso riguarda solo saltuaria- mente singoli germogli o se vengono asportati ripetutamente i getti della parte apicale dell’alberello;

– la distribuzione del morso tra le specie: se vengono colpite solo singole specie, ne deriva un impoverimento nella varietà delle specie del bosco;

se vengono brucate indistintamente tutte le specie, anche quelle del popolamento principale, viene rallentato lo sviluppo di tutta la rinnova- zione del bosco;

– la durata del brucamento: gli alberelli generalmente non riportano danni permanenti in seguito al morso subito in singole stagioni, poiché hanno un’immediata possibilità di riprendere la crescita. Tuttavia, qualora il morso colpisca per più anni e in misura notevole la rinnovazione, i danni al bosco assumono particolare gravità.

3.2. Metodologia di rilievo

Per procedere al rilievo del carico di morso sulla rinnovazione arborea

del Parco nazionale dello Stelvio è stata approntata una cartografia in scala

1:10.000, sulla base della quale la superficie boscata del Parco è stata suddi-

visa, mediante una griglia a maglie rettangolari, in aree di 50 ettari di super-

ficie (500 m x 1000 m). All’interno di ciascuna di queste aree, all’atto dei

rilievi in bosco, è stata ricercata una zona in rinnovazione idonea all’esecu-

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zione del rilievo. Sono state scelte in modo casuale aree con rinnovazione naturale allo stadio iniziale, con una presenza di alberelli sufficiente a garantire la rinnovazione del bosco, cioè una densità pari ad almeno 4.000 piantine per ettaro. Si è cercato, quindi, di verificare se e quanto il carico di morso pregiudica l’evoluzione della rinnovazione del bosco, laddove essa si sta affermando in modo soddisfacente.

Sono state escluse a priori dal rilievo le superfici boscate inaccessibili o utilizzate principalmente per il pascolo. Non sono state inoltre rilevate le formazioni di pino mugo e di ontano verde. Queste infatti risentono in modo limitato del morso degli ungulati selvatici, svolgono in primo luogo una funzione di consolidamento del terreno e il loro sviluppo in altezza, indipendentemente dal brucamento, è limitato.

Il carico di morso presente nelle zone di rinnovazione individuate è stato rilevato in un’area di saggio di 50 m² di superficie. Tale area è costitui- ta da una striscia di controllo lunga 25 m e larga 2 m, delimitata con pic- chetti in modo da rendere possibile, in tempi successivi, la sua individuazio- ne e quindi la ripetizione del rilievo (Fig. 1).

Sono stati esaminati tutti gli alberelli di altezza inferiore a 3 m presenti all’interno della striscia di controllo. Per ognuno di essi, distinto per specie arborea e classe di altezza, è stato rilevato il morso subito dal getto apicale (germoglio terminale) nei tre anni precedenti il rilievo e l’eventuale presen- za di un danno da soffregamento. Il rilievo è stato eseguito da studenti e laureati in scienze forestali nel corso dell’estate 1998. I rilievi nei settori trentino e lombardo del Parco sono stati eseguiti per la prima volta, mentre per il settore altoatesino si è trattato già del terzo rilievo (1992-1995-1998).

Striscia di controllo

1m 1m

Picchetto finale

Area di saggio

Picchetto iniziale

Cordella metrica Lunghezza della striscia = 25m

Figura 1 – Striscia di controllo (lunghezza 25 m).

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3.3. Ampiezza dei rilievi

Il territorio coperto da boschi d’alto fusto del Parco Nazionale dello Stelvio è stato suddiviso in 989 aree rettangolari di rilievo (superfici raster).

In 847 di queste, pari all’86% del totale, le condizioni di rinnovazione hanno reso possibile l’esecuzione del rilievo.

Sono stati complessivamente analizzati 55.535 alberelli. Il numero delle aree e degli alberelli rilevati nelle singole stazioni e settori del Parco è riportato in Tabella 1.

Tabella 1 – Numero di aree e di alberelli rilevati all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio nell’esta- te 1998. I dati relativi alle stazioni di Livigno e di Valdidentro, tra loro confinanti, vengono presentati congiuntamente, in considerazione dell’esigua presenza di boschi d’alto fusto e quindi di aree rilevate.

Stazioni Superficie Superficie N. aree N. alberelli

totale bosco d’altofusto rilevate esaminati

ha ha %

Gomagoi 21.812 6.734 31 196 15.979

Lasa 13.307 5.999 45 161 15.862

Martello 14.361 2.874 20 68 3.657

Ultimo 6.296 1.227 19 27 1.407

Settore altoatesino 55.776 16.834 30 452 36.905

Peio 10.781 2.335 22 73 4.495

Rabbi 6.874 1.273 18 50 1.909

Settore trentino 17.655 3.608 20 123 6.404

Livigno-Valdidentro 17.269 435 3 33 1.257

Valfurva 24.530 3.352 14 122 6.224

Sondalo 7.827 2.291 29 76 3.608

Vezza 10.076 762 8 41 1.137

Settore lombardo 59.702 6.840 11 272 12.226

Totale Parco 133.133 27.282 20 847 55.535

3.4. Risultati

Composizione della rinnovazione

In base al rilievo effettuato le specie arboree più diffuse nel Parco sono le conifere. Le tre principali specie rilevate sono l’abete rosso, il larice e il pino cembro. La loro distribuzione rispecchia la composizione delle for- mazioni forestali del Parco (Fig. 2).

L’abete rosso è la specie dominante. Ad essa appartiene il 46% degli

alberelli presenti nella rinnovazione sottoposta a indagine; risulta partico-

larmente diffuso nei settori altoatesino e trentino del Parco. Il larice è diffu-

so in misura considerevole in tutti i settori del Parco. Il pino cembro è pre-

sente in modo abbastanza uniforme in quota. Il pino silvestre si trova solo

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alle quote inferiori ed è assente nelle fresche vallate del settore trentino. La presenza dell’abete bianco è assai ridotta, in particolare a livello di rinnova- zione. Come già ricordato in precedenza, il pino mugo non è stato rilevato.

La presenza delle latifoglie è ridotta, ma risulta sottostimata poichè il rilievo è stato eseguito solo nelle formazioni d’altofusto, escludendo le super- fici arbustate. Circa la metà delle latifoglie rilevate è rappresentata dalla betulla, un terzo dal sorbo degli uccellatori e l’8% dal pioppo tremolo.

Ognuna delle altre specie di latifoglie rappresenta meno del 3% del totale delle latifoglie esaminate. Le latifoglie risultano relativamente più abbondanti nel settore altoatesino, dove raggiungono il 7% della rinnovazione.

La rappresentazione separata delle percentuali di presenza delle diver- se specie per alberelli d’altezza inferiore e superiore a 25 cm (Tab. 2) per- mette di eseguire una prima stima della dinamica evolutiva della rinnova- zione. Le piantine di altezza inferiore a 25 cm rappresentano il potenziale di rinnovazione. Crescendo subiscono l’azione di vari fattori, tra cui la concor- renza tra le singole piante e l’eventuale brucamento, che ne condizionano l’ulteriore sviluppo.

È interessante notare come le latifoglie abbiano difficoltà ad affermar- si nello sviluppo in altezza: neppure la metà degli alberelli presenti nella classe di altezza inferiore ai 25 cm riesce ad affermarsi nella classe di altezza superiore. Nel caso dell’abete bianco, la percentuale delle piantine che cre- scono oltre i 25 cm di altezza si riduce in misura ancora maggiore.

Percentuali di morso al getto apicale

Per la valutazione del carico di morso sono stati presi in considerazio- ne gli alberelli di altezza compresa tra 25 cm e 1 m. In molte zone le pianti- ne di altezza inferiore a 25 cm sono infatti protette durante l’inverno dalla

Ripartizione delle specie arboree nella rinnovazione

0 10 20 30 40 50 60

Sett. lombardo Sett. trentino Sett. altoatesino

abete rosso larice pino cembro pino silvestre latifoglie

Figura 2 – Ripartizione delle specie arboree nella rinnovazione nei tre settori del Parco Nazionale dello Stelvio.

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coltre nevosa e le indicazioni sul morso da esse subito hanno un valore rela- tivo. Inoltre, poichè altre regioni alpine utilizzano valori soglia tra i 20/30 cm e il metro di altezza nell’analisi del brucamento, diventa così possibile comparare i risultati ottenuti.

Le percentuali di morso riportate in Tabella 3, nelle tabelle e nei grafici seguenti sono relative al morso subito dal getto apicale nei tre anni prece- denti il rilievo. Non è stato preso in considerazione il morso ai getti laterali, che risulta di minore importanza, poiché la crescita in altezza, e quindi anche il periodo di tempo durante il quale le piantine rimangono esposte al bruca- mento, dipendono quasi esclusivamente dallo sviluppo del getto apicale.

I dati di seguito presentati si riferiscono solo ai boschi d’altofusto pre- senti nel Parco, nei quali è stato possibile eseguire il rilievo secondo le modalità previste.

Avere limitato la valutazione dell’incidenza del brucamento al bosco d’altofusto è frutto di una scelta precisa; nelle formazioni arbustive e di pino mugo, infatti, il morso dei selvatici non causa danni di rilievo, mentre nei boschi d’altofusto può provocare ritardi nello sviluppo della rinnovazio- ne, conseguente instabilità del bosco, perdite di incremento e alterazioni della composizione delle specie nelle associazioni boschive, con riduzione della diversità ecologica.

Nel settore altoatesino il carico di morso risulta particolarmente eleva- to nella stazione di Lasa, dove tutte le specie di conifere in rinnovazione presentano una percentuale di brucamento sensibilmente più alta rispetto alla media dell’intero Parco. Anche nella stazione di Rabbi sono state rile- vate percentuali di morso elevate, soprattutto a carico dell’abete rosso.

Nella stazione di Valfurva è invece il larice a presentare un’alta intensità di brucamento. Il morso a carico delle latifoglie è ovunque elevato.

Tabella 2 – Presenza delle diverse specie arboree nella rinnovazione sottoposta a indagine.

Alberelli rilevati di altezza

inferiore a 25 cm superiore a 25 cm Totale

Specie arborea Numero % Numero % Numero %

Abete rosso 11.884 43 13.723 49 25.607 46

Larice 7.496 27 7.961 28 15.457 28

Pino cembro 5.253 19 4.504 16 9.757 18

Abete bianco 151 <1 9 <1 160 <1

Pino silvestre 644 2 916 3 1.560 3

Conifere 25.430 92 27.118 97 52.548 95

Latifoglie 2.084 8 903 3 2.987 5

Totale 27.514 100 28.021 100 55.535 100

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Un confronto tra le singole stazioni richiede una certa cautela, poiché la composizione delle specie arboree e la densità della rinnovazione si diffe- renziano in misura anche notevole da una zona all’altra del Parco. La per- centuale di morso rilevata dà un’indicazione generale relativa all’intensità del brucamento ed è pertanto solo uno dei parametri che permettono di valutare la tollerabilità dell’impatto della fauna selvatica sull’ecosistema forestale. Per una valutazione completa del fenomeno occorre considerare, oltre all’intensità del brucamento, anche la sua durata e se è localizzato o interessa una superficie molto estesa. Inoltre è necessario mettere in relazio- ne l’impatto sulla rinnovazione forestale con la consistenza e la dinamica delle popolazioni di selvatici, i loro trasferimenti stagionali e le caratteristi- che degli ambienti a loro disposizione.

Morso ripetuto al getto apicale

Come evidenziato da alcune ricerche

1

, il morso occasionale al getto apicale non compromette in misura sensibile la crescita e la capacità con- correnziale delle piantine che compongono la rinnovazione.

Tabella 3 – Percentuali di brucamento al getto apicale a carico delle principali specie arboree.

Stazioni Abete Abete Larice Pino Pino Conifere Latifoglie

del Parco rosso bianco silvestre cembro

Gomagoi 15 ** 26 8 8 16 61

Lasa 54 ** 60 32 28 54 88

Val Martello 33 – 18 ** 19 25 70

Val d’Ultimo 23 – 23 – 24 23 82

Settore altoatesino 30 ** 42 13 17 31 74

Rabbi 57 – 25 – – 47 **

Peio 32 – 21 – 27 28 **

Settore trentino 41 23 27 34 **

Vezza d’Oglio 25 – 33 – – 31 94

Sondalo 21 – 33 38 34 26 83

Valfurva 27 ** 53 41 15 25 **

Livigno-Valdidentro 12 – 36 18 15 29 **

Settore lombardo 24 ** 38 26 19 27 87

Totale Parco 31 ** 38 19 19 31 76

1EIBERLEK. – Ergebnisse einer Simulation des Wildverbisses durch Triebschnitt. Estratto della Rivista forestale svizzera, 126, Nr. 11, novembre 1975, p. 821-839.

POLLANSCHÜTZJ. – Ergebnisse aus Untersuchungen über die Auswirkungen simulierten Verbis- ses an Fichten. Jagd in Tirol, Zeitschrift des Tiroler Jägerverbandes, luglio/agosto 1988, ann. 40.

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Il morso ripetuto al getto apicale, subito cioè regolarmente di anno in anno, comporta invece un notevole ritardo nello sviluppo in altezza.

Il metodo di rilievo adottato, esaminando il morso subito dal getto apicale negli ultimi tre anni, permette dunque di valutare anche l’eventuale presenza del morso ripetuto a carico della rinnovazione. È stato considerato

«morso ripetuto» il brucamento rilevato a carico degli alberelli che negli ultimi tre anni ha interessato almeno due dei tre getti terminali esaminati.

Le latifoglie sono particolarmente colpite dal morso ripetuto. Queste specie, che normalmente crescono molto rapidamente in altezza nelle fasi iniziali, a causa del brucamento incontrano dunque una notevole difficoltà ad affermarsi tra la rinnovazione (Fig. 3).

Per quanto riguarda le percentuali di morso ripetuto a carico delle conifere, è possibile rilevare come le stazioni di Lasa e Rabbi evidenzino i valori più elevati all’interno del Parco. Dall’analisi dei dati si può, inoltre, notare come nelle stazioni dove vengono registrati i più alti valori di bruca- mento al getto apicale aumenta la quota di morso ripetuto e con essa la gra- vità del danno subito dalla vegetazione (Fig. 4).

Percentuale di morso ripetuto del getto apicale

0 10 20 30 40 50 60

latifoglie larice abete rosso pino silvestre pino cembro

Figura 3 – Le latifoglie vengono brucate più intensamente.

Morso al getto apicale e quota di morso ripetuto

0 10 20 30 40 50 60

Lasa Rabbi Martello Vezza Peio Livigno- Valdidentro Sondalo Valfurva Ultimo Gomagoi

Incidenza percentuale

Morso getto apicale Morso ripetuto

Figura 4 – Percentuale di brucamento al getto apicale e quota di morso ripetuto nelle singole stazioni del Parco

(11)

Solo in alcune zone del Parco, tuttavia, il livello di brucamento è così elevato da pregiudicare l’affermazione e la crescita in altezza della rinnova- zione forestale in una adeguata composizione di specie. Le stazioni del Parco più colpite dal morso sono quelle di Lasa e di Rabbi, dove su ampi territori la crescita della rinnovazione forestale subisce gravi ritardi. Nella stazione di Valfurva la situazione è critica solo nei boschi sui versanti espo- sti a sud, dove la fauna selvatica si concentra nella stagione invernale.

Le zone dove è stato rilevato il carico di morso più elevato si sovrap- pongono a quelle in cui si trovano le popolazioni di cervo di maggiore con- sistenza.

Tra le tre stazioni citate (Lasa, Rabbi e Valfurva), nelle quali è stato rile- vato il maggiore carico di morso, la situazione più grave è presente a Lasa, dove le percentuali di brucamento sono le più alte in assoluto e il problema esiste ormai da almeno 2-3 decenni. La consistenza della popolazione di cervo in questa stazione era infatti ragguardevole già negli anni ’60. La rinno- vazione forestale, a causa del brucamento ripetuto, assume su vaste porzioni del territorio della stazione un portamento a cespuglio basso, espressione di notevoli ritardi nell’accrescimento. Nel corso degli ultimi due decenni, inol- tre, la progressiva recinzione, a protezione dei danni degli ungulati selvatici, di quasi tutte le superfici prative ha sottratto un’importante fonte di alimenta- zione alla fauna selvatica, che in questa zona deve ricercare quasi esclusiva- mente nel bosco la base per il proprio sostentamento.

4. I

L RILIEVO DEL DANNO DA SCORTECCIAMENTO

I danni da scortecciamento si verificano generalmente in perticaie coe- tanee di abete, soprattutto nelle stazioni più fertili, dove la sottile corteccia di questi giovani alberi di 10-20 cm di diametro è morbida e ricca di acqua.

I boschi di alta quota, in particolare le peccete, sono quindi general- mente meno colpiti, grazie alla loro struttura spesso disetanea e allo svilup- po di cortecce più ruvide. Alle alte quote i popolamenti più esposti allo scortecciamento sono le cembrete, per la presenza di una corteccia partico- larmente sottile. I popolamenti di larice vengono colpiti solo quando il dia- metro della pianta è inferiore ai 15 cm. La corteccia, in questa specie, ispes- sisce infatti molto precocemente.

I danni da scortecciamento sono spesso da porre in relazione ai forag-

giamenti invernali. Essendo il foraggio povero di fibra, gli animali utilizzano

la corteccia come integratore. La pratica del foraggiamento determina inol-

tre la concentrazione degli animali nelle perticaie vicino alle mangiatoie,

dove possono quindi verificarsi danni di maggiore entità.

(12)

La maggior parte dei boschi presenti nel territorio del Parco sono di alta quota e, come tali, relativamente poco soggetti ai danni da scortecciamento.

Le aree interessate da tali danni sono state segnalate dal personale delle sta- zioni del Parco. Sono state rilevate tutte le aree danneggiate con estensione di almeno 0,5 ha e con una percentuale di fusti scorticati pari almeno al 5%.

All’interno del Parco sono stati rilevati complessivamente 19 popolamenti interessati da questo tipo di danno, per una superficie di 67 ha, che rappre- senta lo 0,2% dei boschi d’alto fusto (Tab. 4).

Tabella 4 – Superfici interessate dallo scortecciamento.

Settore N. di aree colpite Estensione delle aree (ha)

Alto Adige 17 65,2

Trentino 1 0,7

Lombardia 1 1,1

Totale 19 67,0

La zona nella quale i danni da scortecciamento si presentano con maggiore frequenza è quella delle stazioni di Lasa e Martello. In tale zona sono presenti, nel periodo invernale, alte concentrazioni di cervi, vi sono, nel piano montano e subalpino inferiore, estese peccete di produzione di buona fertilità con diverse perticaie e fino al 1991 veniva praticata un’inten- sa attività di foraggiamento. La maggior parte degli scortecciamenti è avve- nuta nella seconda metà degli anni ’80.

Singoli popolamenti scortecciati sono presenti anche a Bormio e a Rabbi.

Il danno da scortecciamento, quando interessa la maggior parte del popolamento, può pregiudicarne la stabilità poiché il marciume, facendo deperire il legno, espone maggiormente gli alberi agli eventi atmosferici. Lo scortecciamento determina inoltre una perdita economica a causa del deprezzamento del legname che ne consegue. Il marciume intacca infatti il toppo basale, la parte più pregiata del fusto, e il legname, perdendo di qua- lità, deve essere svenduto come legna da ardere.

5. I

L RILIEVO DEL DANNO DA SOFFREGAMENTO

Durante l’esecuzione dei rilievi del brucamento alla rinnovazione è stato controllato anche se gli alberelli di altezza superiore a 40 cm presenta- vano danni da soffregamento.

Per quantificare l’effettiva incidenza di questo tipo di danni sulla rin-

novazione forestale, in particolare presso il limite superiore del bosco,

sarebbe necessario tuttavia eseguire un rilievo specifico.

(13)

All’interno del Parco il 3% degli alberelli rilevati presenta questo tipo di danno. Le specie colpite con maggiore frequenza sono risultate il larice (5% della rinnovazione rilevata) e il pino cembro (4%) (Fig. 5). Il soffrega- mento viene causato dai cervi in estate e dai caprioli in primavera; questi ultimi fregando i palchi su alberelli e cespugli, oltre a rimuovere il velluto che li ricopre, delimitano il proprio territorio. Vengono danneggiate più frequentemente quelle specie che emergono precocemente dalla rinnova- zione, cioè specie eliofile come il larice e il pino cembro, che si contraddi- stinguono per la rapida crescita giovanile.

Danno da soffregamento sulle singole specie

0 1 2 3 4 5 6

Larice Pino cembro Abete rosso Pino silvestre

percentuale di alberi soffregati

Figura 5 – Il larice e il pino cembro sono le specie maggiormente colpite dal soffregamento.

La distribuzione territoriale del danno da soffregamento all’interno del Parco riguarda prevalentemente i lariceti e le cembrete del piano subal- pino. In particolare, alle quote più alte della Val Martello, della Val di Rabbi, della Val di Peio e della Val Camonica sono presenti le percentuali più alte di soffregamento.

Questa forma di danno, generalmente di importanza secondaria in formazioni boschive con rinnovazione molto fitta, può assumere maggiore rilevanza se interessa le formazioni forestali più rade delle alte quote. In questo caso, il ridotto numero di alberelli presenti nella rinnovazione subi- sce un ulteriore diradamento, poiché la maggior parte delle piante soffrega- te è destinata a morire nel corso della stagione.

SUMMARY

Wild ungulates impact on forest regeneration in the Stelvio National Park (Italy)

Since hunting was prohibited in 1983, consistence of deer population within Stelvio National Park has increased. This phenomenon has caused grazing and debarking damage to forest regeneration.

In 1997, the National Park Consortium started a three year project aimed at

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standardizing and enhancing knowledge on deer populations and on their interactions with other ecosystem components within the Park.

A survey has been carried out to evaluate the impact of wild ungulates on forest regeneration. The whole forest area of the Park has been divided in 989 rectangular areas 50 ha wide (raster surface). In 847 (86% of total) of these areas a permanent sample plot 50 m

2

(25x2 m) was drawn out. On the whole, 55.535 young trees have been analyzed for browsing damage by ungulates.

For browsing damage, only trees between 25 cm and 1 m high have been considered, because the presence of snow during winter alters signs under 25 cm height.

In the Alto Adige sector, bites are particularly high in the Lasa area on coniferous trees, in Rabbi area on red spruce, and in Valfurva area on larches. Bites on deciduous trees are high everywhere.

Comparison between different areas requires a certain prudence, because of the

differences in tree species and regeneration density. Percentage of bites can be used as a

parameter to measure browsing intensity, and thus evaluate impact of wild ungulates on

forest ecosystem. A complete analysis must consider browsing duration and specific

location as well. Furthermore, impact on trees regeneration must be related to wild

ungulate population consistence and dynamics, seasonal movements and environmental

characteristics.

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