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XXIII Indagine Condizione occupazionale dei Laureati

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Academic year: 2022

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XXI I I I ndagi ne

Condi zi one occupazi onal e dei Laur eat i

Con i l sost egno del

Si nt esi del Rappor t o 2021

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Sintesi della XXIII Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati (Rapporto AlmaLaurea 2021)

Gli scenari futuri, a causa della crisi pandemica che da oltre un anno sta connotando il contesto nazionale e internazionale e del concatenarsi e cumularsi delle crisi che l’hanno preceduta, sono sempre più caratterizzati da una miscela mutevole di vulnerabilità, incertezza, complessità e ambiguità. Questo impone cautela nella lettura dei risultati della rilevazione del 2020, soprattutto in chiave prospettica.

In ogni caso, il Rapporto è, soprattutto in questa fase storica, uno strumento utile per la valutazione del contesto di riferimento e la messa a punto di policy orientate alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. Inoltre, il Rapporto, unitamente a quello sul Profilo dei Laureati, fornisce un contributo alla concretizzazione degli obiettivi di Next Generation EU e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nella sfera dell’istruzione terziaria, oltre alla definizione, nel medio-lungo termine, di un sistema europeo di graduate tracking.

La XXIII Indagine AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei Laureati restituisce un quadro composito, che evidenzia nel corso del 2020 alcune criticità nelle opportunità di occupazione dei neo- laureati, mentre tra i laureati a cinque anni dal titolo gli effetti della pandemia, relativamente agli indicatori analizzati, paiono del tutto marginali. In particolare, tra i laureati intervistati a un anno dal titolo, rispetto alla precedente rilevazione si rileva una contrazione del tasso di occupazione e un corrispondente aumento del tasso di disoccupazione. Ciò alla luce del fatto che larga parte di essi ha potuto contare, dopo la laurea, su un periodo limitato di congiuntura favorevole prima che l’emergere della pandemia bloccasse di fatto il Paese per diversi mesi. Anche se le differenze sono tutto sommato contenute, in termini di tasso di occupazione le donne, rispetto agli uomini, sembrano aver subìto maggiormente gli effetti della pandemia, soprattutto nel secondo periodo dell’anno, quello caratterizzato dalla graduale riapertura delle attività economiche. Inoltre, risultano maggiormente penalizzati i laureati residenti al Centro-Nord, rispetto a quelli del Sud.

Un ulteriore aspetto da evidenziare riguarda le caratteristiche del lavoro svolto: la pandemia pare infatti aver colpito soprattutto le opportunità di trovare lavoro, meno la qualità del tipo di occupazione trovata. Tutto ciò, oltre a rappresentare una media di situazioni profondamente eterogenee vissute da chi si è inserito nel mercato del lavoro prima e dopo l’emergere della pandemia, è connesso agli interventi di policy attuati al fine di contenerne gli effetti. In tale contesto, il lavoro da remoto (smart working o home working, come di fatto è stato per molti) è esploso nel corso del 2020 e rappresenta una modalità lavorativa che sarà interessante monitorare ben al di là del termine dell’attuale fase emergenziale. Così pure andrà attentamente monitorato l’impatto del cumulo delle crisi pregresse sulla diseguaglianza. L’attuale contesto storico, infatti, sta facendo vacillare alcune convinzioni ereditate dal passato, tra cui l'idea che al fine di garantire l’uguaglianza ci si possa limitare a garantire le pari opportunità di partenza. In tale ambito gioca un ruolo centrale il sistema formativo ma, in assenza di garanzie che l'uguaglianza delle opportunità conduca a uguaglianza dei risultati, la sfida rischia di non essere colta.

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La XXIII Indagine AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei Laureati ha coinvolto 655 mila laureati di primo e secondo livello –magistrali biennali e magistrali a ciclo unico– dei 76 Atenei italiani facenti parte del Consorzio1. Si tratta in particolare di 287 mila laureati di primo e secondo livello del 2019, contattati a un anno dal termine degli studi, 117 mila laureati di secondo livello del 2017, contattati a tre anni dal termine degli studi, 110 mila laureati di secondo livello del 2015, contattati a cinque anni dal termine degli studi, 74 mila e 67 mila laureati di primo livello, rispettivamente, del 2017 e del 2015 che non hanno proseguito la formazione universitaria, contattati a tre e cinque anni dalla laurea.

Su base annua, i laureati coinvolti nell’indagine costituiscono circa il 90% di tutti i laureati degli Atenei italiani; una popolazione che assicura un quadro di riferimento più che significativo dell’intero sistema universitario, soprattutto se si tiene conto delle principali caratteristiche delle popolazioni osservate.

I laureati coinvolti nell’indagine (esclusi quelli di primo livello a tre e cinque anni) sono stati contattati mediante una duplice tecnica di rilevazione, CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing) e CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing). La necessità di contenere i costi di rilevazione e l’ampia disponibilità di indirizzi di posta elettronica hanno suggerito di contattare i laureati, in una prima fase, via e-mail e di invitarli a compilare un questionario ospitato sul sito internet di AlmaLaurea.

Alla rilevazione CAWI è stata affiancata la rilevazione telefonica per contattare tutti coloro che non avevano risposto al questionario online. Il ricorso a questa duplice metodologia di rilevazione ha permesso di ottenere un tasso di risposta complessivo (CAWI+CATI), calcolato rispetto ai laureati che ai sensi del GDPR (Regolamento Generale per la Protezione dei Dati personali) sono stati contattati avendone espresso il consenso, pari all’81,4% tra i laureati, di primo e secondo livello, a un anno dal titolo, al 71,5% tra i laureati di secondo livello a tre anni e al 66,0% tra i laureati di secondo livello a cinque anni. I laureati di primo livello a tre e cinque anni sono stati invece contattati mediante un’indagine esclusivamente di tipo CAWI, che ha raggiunto tassi di risposta pari al 20,3% a tre anni e al 14,9% a cinque anni; tassi naturalmente più contenuti vista la metodologia di rilevazione utilizzata.

Per ottenere stime rappresentative del complesso dei laureati degli Atenei italiani, i risultati sono stati sottoposti a una particolare procedura statistica di “riproporzionamento”.

In questa Sintesi vengono messi in luce gli aspetti più rilevanti delle performance occupazionali dei laureati di primo livello e dei laureati di secondo livello2, distinguendo questi ultimi tra magistrali biennali e magistrali a ciclo unico. È però opportuno segnalare che i laureati di primo livello proseguono in larga parte i propri studi iscrivendosi ad un corso di laurea di secondo livello: tale scelta coinvolge, nella coorte del 2019, il 66,5% degli intervistati.

1 Dopo alcune sperimentazioni, AlmaLaurea realizza annualmente, a partire dal 2015, le indagini sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca e dei Diplomati di master. I risultati delle indagini più recenti sono consultabili su www.almalaurea.it/universita/indagini.

2Le riflessioni qui riportate fanno riferimento alle coorti 2007-2019 e non tengono conto dei risultati rilevati sui laureati di primo livello del 2005 e 2006. I laureati di secondo livello comprendono i laureati magistrali biennali e i magistrali a ciclo unico, nonché, fino alla coorte del 2018, i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria. Non vengono presi in esame gli esiti occupazionali di questi ultimi a causa della loro peculiarità e ridotta numerosità. La documentazione completa è comunque disponibile su www.almalaurea.it/universita/indagini/laureati/occupazione.

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Per questi motivi, al fine di meglio monitorare la risposta del mercato del lavoro, tra i laureati di primo livello si è ritenuto opportuno circoscrivere l’analisi a coloro che, dopo il conseguimento del titolo, non si sono iscritti ad un altro corso di laurea (32,6%).

Le Figure predisposte riportano, per ciascun indicatore analizzato, la serie storica dei laureati di primo e secondo livello dal 2007 al 2019, intervistati a un anno dal conseguimento del titolo (si tratta dunque delle rilevazioni dal 2008 al 2020), e dei laureati di primo e secondo livello dal 2007 al 2015 a cinque anni (si tratta dunque delle rilevazioni dal 2012 al 2020).

1. Tasso di occupazione

Nel 2020 il tasso di occupazione, che include anche quanti sono impegnati in attività di formazione retribuita, è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 69,2% tra i laureati di primo livello e al 68,1%

tra i laureati di secondo livello del 2019; tra i laureati magistrali biennali il tasso di occupazione sale al 72,1%, mentre per i magistrali a ciclo unico si attesta al 60,7% (Figura 1).

Nel confronto con le precedenti rilevazioni di AlmaLaurea si deve tener conto delle recenti tendenze del mercato del lavoro, fortemente influenzate dall’emergenza sanitaria da Covid-19 che, a partire dai primi mesi del 2020, ha investito anche il nostro Paese impattando sulle opportunità occupazionali dei laureati. Rispetto a quanto osservato nella precedente rilevazione, infatti, nel 2020 il tasso di occupazione è diminuito di 4,9 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 3,6 punti per quelli di secondo livello.

Tale brusca contrazione interviene dopo alcuni anni durante i quali si è assistito a una lenta, ma costante, ripresa della capacità di assorbimento del mercato del lavoro.

Il quadro restituito dall’indagine del 2020 risulta molto articolato e per una corretta lettura dei dati occorre fare attenzione ad alcuni aspetti essenziali. In primo luogo, occorre sottolineare il fatto che la metodologia dell’indagine prevede la raccolta delle interviste in due diversi momenti: nella primavera del 2020 sono stati contattati i laureati del periodo gennaio-giugno, mentre nell’autunno del 2020 sono stati contattati i laureati del periodo luglio-dicembre. I primi hanno potuto contare sulle migliori condizioni del mercato del lavoro, della fase pre-Covid, per un maggior numero di mesi, ma sono stati intervistati durante il lockdown e quindi nella fase di maggior blocco delle attività economiche. D’altra parte, i laureati del periodo luglio-dicembre, contattati nell’autunno del 2020, hanno avuto a disposizione minor tempo per inserirsi nel mercato del lavoro prima dello scoppio della pandemia. Allo stesso tempo, tuttavia, hanno subìto il periodo di lockdown, ma sono stati intervistati durante la fase successiva, di progressiva riapertura delle attività economiche. Sui risultati del 2020, inoltre, incide il rilevante reclutamento di medici e infermieri, avvenuto fin dall’avvio della fase emergenziale (D.L. n. 14/2020 e ss.mm.ii.). Dunque, per tener conto delle diverse condizioni del mercato del lavoro e delle opportunità offerte ai laureati, è stato svolto uno specifico approfondimento sui laureati a un anno3, che ha tenuto conto del periodo di laurea e quindi del periodo di rilevazione. Inoltre, le analisi sono state condotte escludendo i laureati del gruppo medico- sanitario e farmaceutico4. Su tale collettivo, tra i laureati del periodo gennaio-giugno del 2019, intervistati nella primavera del 2020, il tasso di occupazione è pari a 63,9% per i laureati di primo livello e a 68,6% per quelli di secondo livello. Tali valori risultano in decisa diminuzione, rispettivamente, di 7,1 e 2,4 punti

3 La scelta di concentrarsi solo sui laureati a un anno è legata al fatto che sui laureati a cinque anni, già da tempo entrati nel mercato del lavoro, gli effetti della pandemia sono stati, nel 2020, decisamente più contenuti.

4 I risultati di seguito descritti sono sostanzialmente confermati anche escludendo coloro che lavoravano al momento del conseguimento

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percentuali rispetto al tasso di occupazione, rilevato nel 2019, nella sottopopolazione menzionata (pari a 71,0% sia tra i laureati di primo livello sia tra quelli di secondo livello). Tra i laureati del periodo luglio- dicembre del 2019, contattati nell’autunno del 2020, il tasso di occupazione cala ulteriormente, ma in misura decisamente più contenuta: è pari a 62,4% per i laureati di primo livello e 67,1% per quelli di secondo livello.

In termini di tasso di occupazione, la pandemia sembra aver colpito soprattutto le donne e le aree del Centro-Nord5. Pur se le differenze sono contenute, rispetto a quanto osservato nella precedente rilevazione il tasso di occupazione risulta generalmente in calo più per le donne che per gli uomini. Ciò è verificato in particolare tra i laureati di primo livello (-8,8 e -7,2 punti, rispettivamente). Tra l’altro, per le donne il peggioramento è stato più forte soprattutto nel secondo periodo dell’anno, quello caratterizzato dalla graduale riapertura delle attività economiche. Inoltre, risultano maggiormente penalizzati i laureati residenti al Centro-Nord, rispetto a quelli del Sud. Sempre con riferimento ai laureati di primo livello, ovvero quelli che hanno registrato le maggiori contrazioni, il tasso di occupazione è sceso rispetto alla precedente rilevazione di 8,7 punti percentuali per i laureati di primo livello residenti al Nord e di 9,5 punti per quelli residenti al Centro; per i laureati residenti al Sud, invece, la contrazione è stata di 6,2 punti percentuali.

Tali tendenze sono confermate nella maggior parte dei gruppi disciplinari.

Figura 1 - Laureati degli anni 2007-2019 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo: tasso di occupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; fino alla coorte del 2018, i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria .

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

5 Anche in tal caso si sono esclusi dalle analisi i laureati del gruppo medico-sanitario e farmaceutico.

69,2 74,1 72,1 71,1 68,2 66,6 65,7 65,7 69,5

72,7 75,7

77,3 82,0

72,1 76,2 73,7 73,9 70,8 70,4 70,1 69,8 71,6

72,4 74,1 75,2 80,5 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

Primo livello

Magistrali biennali

68,1 71,7 69,4 69,0 66,5 66,5 65,2 67,1

69,6 70,6 73,1

74,6 80,3

60,7 62,7 59,8 57,5 54,9 53,8 49,1

56,7 59,6

61,7 64,9

68,9 79,5 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico

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A tre anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione raggiunge l’84,9% tra i laureati di primo livello e l’83,9% tra i laureati di secondo livello (86,6% per i laureati magistrali biennali e 77,8%

per i magistrali a ciclo unico).

A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari all’88,1% per i laureati di primo livello e all’87,7% per i laureati di secondo livello. Disaggregando per tipo di corso, il tasso di occupazione raggiunge l’88,1% per i magistrali biennali, un valore di poco superiore all’86,3% rilevato per i magistrali a ciclo unico (Figura 2). In termini occupazionali, i laureati a cinque anni dal titolo paiono aver vissuto gli effetti della pandemia in misura decisamente marginale rispetto ai neolaureati, restituendo però un risultato non del tutto lineare. Il confronto con la rilevazione dello scorso anno mostra infatti che il tasso di occupazione risulta in calo di 0,6 punti percentuali tra i laureati di primo livello e, al contrario, in aumento di 0,9 punti tra i laureati di secondo livello. Peraltro, tali tendenze si inseriscono in un quadro caratterizzato da un lento ma progressivo miglioramento della capacità di assorbimento del mercato del lavoro, verificato già da alcuni anni per i laureati a cinque anni dal titolo.

Figura 2 - Laureati degli anni 2007-2015 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tasso di occupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria.

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

88,1 88,7 88,6 87,8 87,1 85,6 86,0 88,6

90,6

88,1 87,0 85,6

87,3 84,3 84,3 85,9

87,1 90,2 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Primo livello

Magistrali biennali

87,7 86,8 85,5

86,8 84,6 84,7 86,6

88,0 90,4

86,3 85,1 83,9 83,8 83,5 84,7 86,8

90,2 89,7 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico

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1.1. Focus sul tasso di occupazione: risultati di un modello di regressione logistica

Gli esiti occupazionali dei laureati evidenziano forti differenziazioni, che in generale coinvolgono tutti i tipi di corso esaminati. Si tratta di differenze che riguardano, in particolare, il genere, la ripartizione geografica di residenza, ma anche, naturalmente, il percorso di studio concluso.

Al fine di analizzare congiuntamente i fattori che incidono sulla probabilità di essere occupato, si è utilizzato anche in questo rapporto un modello di regressione logistica. Sono stati considerati i laureati del 2019 - di primo livello, che non hanno proseguito la formazione iscrivendosi ad un altro corso di laurea, e di secondo livello - intervistati a un anno dal conseguimento del titolo6.

L’analisi presentata di seguito tiene in considerazione i fattori legati ad aspetti socio-demografici (genere, titolo di studio dei genitori, ripartizione geografica di residenza), al titolo di studio universitario (tipo di corso, gruppo disciplinare, ripartizione geografica dell’ateneo, età alla laurea, regolarità negli studi, punteggio degli esami, mobilità per motivi di studio) e alle esperienze e competenze maturate durante il periodo di studio (stage/tirocini curricolari, esperienze di lavoro o di studio all’estero, conoscenza degli strumenti informatici). Infine, si è dato rilievo alle aspirazioni e inclinazioni dichiarate dai laureati alla vigilia della conclusione degli studi (intenzione di proseguire ulteriormente gli studi, disponibilità a trasferte, aspettative sul lavoro, che si intende cercare dopo la laurea, in termini di possibilità di carriera, acquisizione di professionalità, stabilità del posto di lavoro, rispondenza ai propri interessi culturali, coinvolgimento e partecipazione all'attività lavorativa e ai processi decisionali, flessibilità dell’orario di lavoro)7.

Come risulta dalla Tavola 1 (che riporta le sole variabili risultate significative) l’appartenenza a determinati gruppi disciplinari esercita un effetto sulle chance occupazionali dei neolaureati: a parità di altre condizioni, i più favoriti sono i laureati del gruppo informatica e tecnologie ICT, così come di quello di ingegneria industriale e dell'informazione, a cui si aggiungono i laureati dei gruppi medico- sanitario e farmaceutico, educazione e formazione, architettura e ingegneria civile nonché scientifico.

Meno favoriti, invece, sono i laureati dei gruppi disciplinari psicologico, arte e design, ma anche giuridico.

Inoltre si osserva che, a parità di ogni altra condizione, le lauree di secondo livello mostrano maggiori opportunità di occupazione a un anno dal titolo: rispetto ai laureati di primo livello, quelli di secondo livello (che includono sia i laureati magistrali biennali sia i magistrali a ciclo unico) risultano avere l’11,2% in più di probabilità di essere occupati. Tale risultato deve essere però interpretato con estrema cautela, dal momento che vengono confrontate popolazioni profondamente diverse, sia in termini di percorso formativo intrapreso sia in termini di prospettive professionali e di studio. In particolare, tra i laureati di secondo livello è rilevante la quota di chi prosegue la formazione iscrivendosi ad attività quali praticantati o scuole di specializzazione che, se retribuite, li collocano tra gli occupati. Tali tipi di attività, propedeutiche all’avvio delle attività libero professionali, sono per ovvi motivi decisamente meno diffuse tra i laureati di primo livello. A tal proposito, come ci si

6 Il modello non considera coloro che lavoravano già al momento del conseguimento del titolo e i residenti all’estero. Vista la natura del modello non sono state operate ulteriori selezioni relative al contesto pandemico (ad esempio, escludendo i laureati dell’area medico-sanitaria).

7 Come viene riportato nella Tavola 1, la quasi totalità dei parametri presenta una significatività all’1%. Si sono tenuti in considerazione, ma non sono risultati significativi, i fattori legati ad aspetti di curriculum pre-universitario (tipo e voto di diploma), nonché le aspettative sul lavoro cercato legate a: rapporti con i colleghi sul luogo di lavoro, indipendenza e autonomia, utilità sociale del lavoro, prospettive di guadagno, coerenza con gli studi compiuti, prestigio, tempo libero, luogo di lavoro (ovvero ubicazione e relative caratteristiche fisiche). Il voto di laurea, invece, è stato escluso dal modello visto il modesto apporto informativo.

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poteva attendere, coloro che, al momento del conseguimento del titolo, hanno dichiarato di non voler proseguire gli studi hanno il 41,4% di probabilità in più di essere occupati a un anno rispetto a chi ha espresso l’intenzione di non proseguire gli studi.

Si confermano significative le tradizionali differenze di genere e, soprattutto, territoriali, mostrando, ceteris paribus, la migliore collocazione degli uomini (17,8% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne) e di quanti risiedono o hanno studiato al Nord (per quanto riguarda la residenza, +30,8% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti risiedono al Sud; per quanto riguarda la ripartizione geografica di studio, +53,3% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti hanno studiato al Sud).

Inoltre, chi risiede in una provincia diversa dalla sede degli studi ha il 5,2% in più di probabilità di essere occupato a un anno, rispetto a chi studia nella stessa provincia di residenza.

Sebbene l’approfondimento porti a stimare un’influenza contenuta, i laureati provenienti da famiglie nelle quali almeno un genitore è laureato mostrano una minore probabilità di occupazione (-11,1%) a un anno dal titolo, rispetto a quanti hanno genitori con titolo di studio non universitario.

L’ipotesi sottesa a tale risultato è che il contesto familiare consenta ai laureati di poter scegliere di ritardare l’entrata nel mercato del lavoro, in attesa di una migliore collocazione. Ciò si inserisce in un contesto più ampio in cui la famiglia d’origine influenza sia le scelte formative sia quelle occupazionali dei laureati. A tal proposito, specifici approfondimenti hanno messo in relazione il percorso di studi universitari dei laureati con quello dei propri genitori, evidenziando come il fenomeno dell’ereditarietà del titolo di laurea risulti diffuso soprattutto tra i laureati dei percorsi universitari, quali medicina, giurisprudenza e architettura, che danno accesso alla libera professione. Peraltro, come è noto, si tratta di percorsi che richiedono un ulteriore ciclo di specializzazione per l’avvio della libera professione.

Il punteggio negli esami, calcolato tenendo conto della relativa distribuzione per ateneo, gruppo disciplinare e classe di laurea, esercita un effetto positivo sulle possibilità occupazionali: la probabilità di essere occupato a un anno dal titolo aumenta del 14,6% per chi raggiunge punteggi superiori al valore mediano. Anche il rispetto dei tempi previsti dagli ordinamenti per la conclusione del percorso universitario favorisce migliori opportunità occupazionali. Rispetto a quanti conseguono il titolo con almeno due anni di ritardo, i laureati che terminano il percorso di studio in corso mostrano il 21,8% di probabilità in più di essere occupati a un anno dal titolo; chi si laurea con un anno di ritardo mostra l’11,2% di probabilità in più di essere occupato. L’età alla laurea, inoltre, a parità di condizioni, incide negativamente (-4,3% per ogni anno in più) sulla probabilità di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo. Ciò è legato al fatto che, verosimilmente, chi si rivolge al mercato del lavoro in più giovane età ha prospettive e disponibilità, anche contrattuali, più “appetibili” agli occhi dei datori di lavoro.

Le esperienze lavorative, così come alcuni tipi di competenze maturate nel corso degli studi universitari, rappresentano fattori che esercitano un effetto positivo sulle possibilità occupazionali a un anno dal termine del percorso di studio. A parità di ogni altra condizione, infatti, i lavoratori- studenti (ovvero coloro che hanno avuto esperienze di lavoro continuative e a tempo pieno per almeno la metà della durata degli studi) hanno l’84,2% di probabilità in più di essere occupati rispetto agli studenti che giungono alla laurea privi di qualsiasi esperienza di lavoro. Gli studenti-lavoratori (ovvero

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coloro che hanno avuto altri tipi di esperienze lavorative) hanno comunque il 37,7% di probabilità in più di essere occupati rispetto a chi non ha maturato esperienze di lavoro.

Chi ha svolto un tirocinio curriculare ha, ceteris paribus, il 12,2% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha svolto tale tipo di attività.

Analogamente, chi ha svolto un periodo di studio all’estero ha maggiori probabilità di essere occupato rispetto a chi non ha mai realizzato un soggiorno all’estero, sia che si tratti di esperienze riconosciute dal proprio corso di studio8 (+14,4%) sia di iniziative personali (+10,3%).

Anche le competenze informatiche esercitano un effetto positivo sulla possibilità di trovare un impiego entro il primo anno dal conseguimento del titolo: la probabilità di essere occupati, tra chi conosce almeno cinque strumenti informatici, è del 29,2% più alta rispetto a chi conosce al più due strumenti. La conoscenza di strumenti informatici e digitali è un aspetto divenuto indispensabile nella società attuale. Uno studio specifico realizzato da AlmaLaurea ha approfondito la conoscenza degli strumenti informatici a livello di genere, evidenziando l'esistenza di differenze nelle performance occupazionali e nelle caratteristiche del lavoro.

Esercitano un effetto positivo, in termini occupazionali, anche alcuni aspetti del lavoro che sono stati dichiarati decisamente rilevanti dai laureati alla vigilia della conclusione degli studi. A parità di ogni altra condizione registra una maggiore probabilità di essere occupato a un anno dal titolo chi, in procinto di laurearsi e pertanto di rivolgersi al mercato del lavoro, ha attribuito una rilevante importanza (modalità “decisamente sì”) alla possibilità di carriera (+14,5%), all’acquisizione di professionalità (+8,9%) e al coinvolgimento e partecipazione all'attività lavorativa e ai processi decisionali (+8,0%). Si tratta di aspetti per i quali risulta importante una diretta e più veloce entrata nel mercato del lavoro, per poter maturare esperienze e acquisire competenze. Anche la disponibilità ad effettuare trasferte per motivi lavorativi (indipendentemente dalla loro frequenza) risulta premiante in termini occupazionali (11,7% di probabilità in più rispetto a chi non dichiara tale disponibilità). All’opposto, si evidenzia una minore probabilità di occupazione per chi ritiene importante, nel lavoro cercato, la flessibilità dell’orario di lavoro (-8,9%), la rispondenza ai propri interessi culturali (-8,2%), la stabilità del posto di lavoro (-8,0%); si tratta di aspetti che, verosimilmente, portano i laureati a essere più selettivi nella ricerca del lavoro.

8 Si tratta di esperienze di studio svolte nell’ambito di un programma dell’Unione europea, ad esempio Erasmus, e di altri programmi riconosciuti dal corso, quali, ad esempio, l’Overseas.

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Tavola 1 - Laureati di primo e secondo livello dell’anno 2019 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo: modello di regressione logistica per la valutazione della probabilità di essere occupato.

Anno di indagine 2020

Nota: tasso di corretta classificazione pari al 66,5%; N=77.510; R2 Nagelkerke=0,185.

* Significatività al 5% (p<0,05) - ** Significatività al 10% (p<0,10) - *** Non significativo.

Laddove non espressamente indicato, parametri significativi all'1% (p<0,01).

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

b S.E. Exp(b)

Genere (donne=0)

uomini 0,164 0,018 1,178

Almeno un genitore con laurea (no=0)

-0,117 0,018 0,889

Ripartizione geografica di residenza (Sud=0)

Nord 0,269 0,031 1,308

Centro 0,205 0,033 1,228

Tipo di corso (Primo livello=0)

Secondo livello 0,106 0,021 1,112

Gruppo disciplinare (Letterario-umanistico=0)

Agrario-forestale e veterinario 0,553 0,065 1,738

Architettura e ingegneria civile 0,836 0,053 2,307

Arte e design -0,251 0,063 0,778

Economico 0,543 0,048 1,721

Giuridico* -0,113 0,048 0,893

Informatica e tecnologie ICT 1,922 0,117 6,834

Ing. industriale e dell'informaz. 1,777 0,057 5,909

Educazione e formazione 0,949 0,056 2,584

Linguistico*** -0,057 0,054 0,944

Medico-sanitario e farmaceutico 1,317 0,046 3,731

Politico-sociale e comunicazione*** -0,079 0,051 0,924

Psicologico -0,699 0,062 0,497

Scientifico 0,726 0,052 2,068

Scienze motorie e sportive*** 0,055 0,089 1,056

Ripartizione geografica dell'ateneo (Sud=0)

Nord 0,427 0,032 1,533

Centro 0,219 0,032 1,245

Età alla laurea -0,044 0,003 0,957

Regolarità negli studi (2 anni fuori corso e oltre=0)

in corso 0,197 0,025 1,218

1 anno fuori corso 0,106 0,026 1,112

Punteggio degli esami (inf. al valore mediano = 0)

punteggio esami superiore o uguale al valore mediano 0,136 0,017 1,146 Confronto tra provincia residenza e studio (stessa provincia=0)

risiede in altra provincia diversa dalla sede degli studi 0,051 0,018 1,052 Tirocinio curriculare (no=0)

0,115 0,019 1,122

Lavoro durante gli studi (nessun lavoro=0)

lavoratore-studente 0,611 0,054 1,842

studente-lavoratore 0,320 0,017 1,377

Studio all'estero (nessuna esperienza=0)

esperienze di studio all'estero riconosciute dal corso di laurea 0,134 0,025 1,144

iniziativa personale** 0,098 0,059 1,103

Numero di strumenti informatici conosciuti (al più 2=0)

3 o 4 strumenti 0,121 0,025 1,128

5 o più strumenti 0,256 0,022 1,292

Intende proseguire gli studi (sì=0)

no 0,347 0,018 1,414

Disponibilità a trasferte (no=0)

sì* 0,111 0,050 1,117

Aspettative: possibilita' di carriera (no=0)

0,135 0,021 1,145

Aspettative: acquisizione di professionalità (no=0)

0,085 0,025 1,089

Aspettative: stabilità/sicurezza del posto di lavoro (no=0)

-0,083 0,021 0,920

Aspettative: rispondenza a interessi culturali (no=0)

-0,085 0,018 0,918

Aspettative: coinvolgimento e partecipazione all'attività lavorativa e ai processi decisionali (no=0)

0,077 0,020 1,080

Aspettative: flessibilità dell'orario di lavoro (no=0)

-0,093 0,019 0,911

Costante -0,399 0,112 0,671

(11)

2. Tasso di disoccupazione

L’analisi del tasso di disoccupazione conferma, ancor più nettamente, le considerazioni fin qui sviluppate (Figura 3). A un anno dal conseguimento del titolo il tasso di disoccupazione è pari al 17,1%

sia tra i laureati di primo livello sia tra quelli di secondo livello, con modeste differenze tra i laureati magistrali biennali (17,3%) e quelli a ciclo unico (16,6%). Rispetto all’indagine del 2019, il tasso di disoccupazione figura in aumento di 2,9 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 3,3 punti per quelli di secondo livello, frenando dunque il trend di miglioramento rilevato negli anni più recenti.

Se, anche in tal caso, si escludono i laureati del gruppo medico-sanitario e farmaceutico, ampiamente reclutati durante l’emergenza pandemica, tra i laureati del periodo gennaio-giugno del 2019, intervistati nella primavera del 2020, si registra un tasso di disoccupazione pari al 18,5% per i laureati di primo livello e al 15,5% per quelli di secondo livello (entrambe le quote risultano in aumento rispetto al tasso di disoccupazione rilevato nel 2019, rispettivamente, di 2,7 e 0,7 punti percentuali). Per i laureati del periodo luglio-agosto del 2019, intervistati nell’autunno del 2020, il tasso di disoccupazione aumenta ulteriormente raggiungendo, rispettivamente, il 22,8% e 19,6% (+4,3 e +4,1 punti percentuali rispetto a quanto rilevato per i laureati del periodo gennaio-giugno del 2019). La progressiva ripresa delle attività economiche e produttive, dopo il periodo di lockdown, ha riportato una quota consistente di laureati a cercare lavoro, facendo così incrementare ulteriormente il tasso di disoccupazione.

Figura 3 - Laureati degli anni 2007-2019 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo: tasso di disoccupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; fino alla coorte del 2018, i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria.

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

17,1 14,2

15,9 17,4

20,7 23,4

26,1 26,6 23,0 19,5 16,4 15,2 11,2

17,3 13,6

15,6 16,4

19,9 20,6

22,2 22,9 20,7 19,6 17,7 16,2 10,8 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

Primo livello

Magistrali biennali

17,1 13,8

15,8 17,1

19,9 21,0

23,4 22,7 20,0 18,9 16,7 15,3 10,4

16,6 14,2

16,5 19,2

21,2 24,4

30,1 24,4 20,8 18,6 16,5 13,7 8,6 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico

(12)

Per un’analisi completa del fenomeno, pertanto, occorre prendere in considerazione anche la consistenza delle forze di lavoro, ossia di coloro che sono entrati nel mercato del lavoro o perché occupati o perché alla ricerca attiva di un lavoro. Nel 2020, a un anno dalla laurea, fanno parte delle forze di lavoro l’83,5% dei laureati di primo livello e l’82,1% di quelli di secondo livello (per i magistrali biennali tale quota è pari all’87,2%, mentre per i magistrali a ciclo unico al 72,8%). Entrambi i valori risultano in diminuzione rispetto alla precedente indagine (-2,8 e –1,0 punti percentuali, rispettivamente). Escludendo dalle analisi i laureati del gruppo medico-sanitario e farmaceutico, tra i laureati del periodo gennaio-giugno del 2019, intervistati nella primavera del 2020, le forze di lavoro risultano pari al 78,4% per i laureati di primo livello e all’81,2% per quelli di secondo livello (in calo rispettivamente di ben 5,9 e 2,1 punti percentuali rispetto al complesso dei laureati del 2018 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo). Tra i laureati del periodo luglio-agosto del 2019, intervistati nell’autunno del 2020, tuttavia, le forze di lavoro aumentano raggiungendo l’80,9% per i laureati di primo livello e l’83,5% per quelli di secondo livello. Questo quadro spiega l’incremento del tasso di disoccupazione nei due periodi di indagine, illustrato precedentemente.

A tre anni dalla laurea, il tasso di disoccupazione è del 9,4% per i laureati di primo livello e dell’8,3% per quelli di secondo livello (più in dettaglio, 7,6% per i laureati magistrali biennali e 10,1%

per i magistrali a ciclo unico).

I livelli di disoccupazione, a cinque anni dal conseguimento del titolo, si attestano attorno al 6%

(Figura 4): nel 2020, infatti, il tasso di disoccupazione è pari al 6,3% tra i laureati di primo livello e al 5,9% tra quelli di secondo livello. Disaggregando per tipo di corso, non si rilevano differenze degne di nota: il tasso di disoccupazione è pari al 5,9% tra i magistrali biennali e al 6,0% tra i magistrali a ciclo unico. Nonostante l’emergenza pandemica, il confronto con la rilevazione del 2019 evidenzia una sostanziale stabilità del tasso di disoccupazione, sia tra i laureati di primo livello (+0,4 punti percentuali) sia tra quelli di secondo livello (-0,3 punti). Il quadro evidenziato trova conferma dall’analisi delle forze di lavoro pari, a cinque anni dal conseguimento del titolo, al 94,1% per i laureati di primo livello e al 93,1% per quelli di secondo livello (93,6% tra i laureati magistrali biennali e 91,8%

tra quelli a ciclo unico). Tali valori risultano sostanzialmente stabili rispetto alla precedente indagine.

(13)

Figura 4 - Laureati degli anni 2007-2015 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tasso di disoccupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria.

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

3. Tipologia dell’attività lavorativa

L’analisi delle caratteristiche del lavoro svolto restituisce un quadro di luci e ombre dal momento che i risultati dell’indagine del 2020 sono compositi e dipendono fortemente dal momento in cui è avvenuta l’entrata nel mercato del lavoro, ossia prima o dopo l’emergere della pandemia da Covid-19.

Resta comunque vero che, più che la qualità del lavoro svolto, la pandemia pare aver colpito soprattutto le possibilità di trovare un’occupazione. Verosimilmente su questo risultato esercita un effetto l’insieme di interventi di policy realizzati per contenere gli effetti della pandemia.

Complessivamente, a un anno dal titolo il lavoro autonomo riguarda il 13,1% dei laureati di primo livello occupati e il 13,7% di quelli di secondo livello (Figura 5)9: tale valore si attesta all’8,1% per i magistrali biennali mentre sale, per la natura stessa di tali percorsi che sono orientati all’avvio di attività libero professionali, al 27,5% per i magistrali a ciclo unico. Il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 26,9% degli occupati di primo livello e il 23,4% di quelli di secondo livello.

Anche in questo caso le differenziazioni tra magistrali biennali (28,1%) e magistrali a ciclo unico (11,8%) sono rilevanti. La forma di lavoro prevalente tra i laureati occupati a un anno dal titolo si conferma,

9 Le caratteristiche del lavoro svolto sono rilevate sui laureati che svolgono un’attività retribuita, con esclusione delle attività di formazione.

6,3 5,9

6,5 6,7

7,8 9,1 8,9 7,8 6,0

5,9 6,3

6,9 6,9

8,9 9,7 9,2 8,5 5,9 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Primo livello

Magistrali biennali

5,9 6,2

6,8 6,8

8,5 9,1 8,5 7,6 5,7

6,0 6,7

7,2 7,5

8,7 8,2 7,3 5,3

5,8 2020

2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico

(14)

anche per il 2020, il contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato), che riguarda il 40,1% dei laureati di primo livello e il 35,6% di quelli di secondo livello, con qualche differenza tra tipi di corso: 33,6% per i magistrali biennali e 40,7% per i magistrali a ciclo unico. Gli occupati assunti con un contratto formativo, invece, sono rispettivamente l’11,0% dei laureati di primo livello e il 15,1% di quelli di secondo livello (in particolare, 18,5% tra i magistrali biennali e 6,8% tra i magistrali a ciclo unico). Le altre forme di lavoro autonomo (principalmente contratti di collaborazione occasionale) riguardano il 3,6% dei laureati di primo livello e il 4,7% di quelli di secondo livello (4,2% e 5,8%, rispettivamente, per i magistrali biennali e i magistrali a ciclo unico), mentre il lavoro parasubordinato interessa il 2,8% e il 3,3% (3,2% e 3,5%, rispettivamente, per i magistrali biennali e i magistrali a ciclo unico). Infine, il lavoro non regolamentato riguarda il 2,1% degli occupati di primo livello e il 2,3% degli occupati di secondo livello (2,2% per i magistrali biennali e 2,8% per i magistrali a ciclo unico). Il confronto con la precedente rilevazione restituisce un quadro articolato, con tendenze peraltro spesso differenziate tra i laureati di primo e quelli di secondo livello. Gli unici elementi che accomunano entrambi i collettivi sono in aumento, di 1,3 punti e di 2,0 punti percentuali rispettivamente, del lavoro non standard e una contrazione sia dei contratti formativi (-0,8 e -0,9 punti) sia delle attività non regolamentate (-0,9 e -1,2 punti).

Come accennato, occorre tuttavia tener conto di alcuni aspetti che hanno caratterizzato il mercato del lavoro del 2020. In primo luogo, le diverse condizioni del mercato nella fase precedente e in quella successiva allo scoppio della pandemia, connotata nelle fasi iniziali anche da un periodo protratto di lockdown. In secondo luogo, le caratteristiche occupazionali dei laureati del gruppo disciplinare medico-sanitario e farmaceutico che, come ricordato in precedenza, fin dalle prime fasi dell’emergenza sanitaria sono stati ampiamente reclutati. Pertanto, per tener conto di tali peculiarità, è stato svolto uno specifico approfondimento sulle principali caratteristiche occupazionali dei laureati, che sono stati suddivisi in due distinti collettivi: da un lato, gli occupati che sono entrati nel mercato del lavoro dopo la laurea, ma prima dell’inizio dello stato di emergenza pandemica, e, dall’altro, coloro che hanno iniziato a lavorare durante la fase emergenziale10. Le analisi hanno escluso, oltre ai laureati del gruppo medico-sanitario e farmaceutico, coloro che proseguono il lavoro iniziato prima del conseguimento del titolo, per la peculiarità delle loro caratteristiche occupazionali.

Con riferimento alla tipologia dell’attività lavorativa si notano alcune differenze interessanti:

rispetto a quanti hanno iniziato a lavorare nella fase precedente alla pandemia, per i laureati del 2019 che sono entrati nel mercato del lavoro dopo lo scoppio della pandemia si evidenzia un calo degli occupati alle dipendenze, sia con contratti a tempo indeterminato sia con contratti formativi.

Parallelamente si osserva un aumento del lavoro non standard.

10 L’avvio dello stato di emergenza pandemica è stato convenzionalmente fissato al 1° marzo 2020. I due collettivi sottoposti ad analisi sono stati pertanto individuati sulla base dei mesi intercorsi tra la laurea del 2019 e l’avvio del primo lavoro iniziato dopo il

(15)

Figura 5 - Laureati degli anni 2007-2019 occupati a un anno dal conseguimento del titolo: tipologia dell’attività lavorativa per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; fino alla coorte del 2018, i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria.

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

L’estensione dell’arco temporale di osservazione oltre al primo anno successivo alla laurea consente di effettuare una valutazione più completa delle caratteristiche della tipologia lavorativa. A tre anni dal conseguimento del titolo il lavoro autonomo interessa il 9,6% dei laureati di primo livello e il 16,3% dei laureati di secondo livello; tale valore si attesta al 12,4% tra i laureati magistrali biennali, mentre sale al 28,8% tra i laureati magistrali a ciclo unico. I contratti alle dipendenze a tempo indeterminato riguardano il 50,5% dei laureati di primo livello e il 44,5% dei laureati di secondo livello (un valore che sale ulteriormente al 49,0% per i magistrali biennali e si contrae, per le ragioni già esposte, al 30,1% per quelli a ciclo unico). Ancora a tre anni dalla laurea, è diffuso il lavoro non standard, che coinvolge il 21,7% dei laureati di primo livello e il 22,5% di quelli di secondo livello (21,9%

per i magistrali biennali; 24,0% per i magistrali a ciclo unico).

Tra i laureati del 2015, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il lavoro autonomo si attesta all’8,9% tra i laureati di primo livello e al 20,9% tra quelli di secondo livello. La diversa diffusione del lavoro autonomo, tra le due popolazioni che convivono nel gruppo dei laureati di secondo livello, si accentua ulteriormente estendendo l’arco temporale di osservazione al primo quinquennio successivo al conseguimento del titolo: i valori sono infatti pari al 15,5% tra i laureati magistrali biennali e al 38,7% per i magistrali a ciclo unico (Figura 6).

11,513,7 10,910,5 11,7 11,511,2 11,0 9,39,2 9,1 8,58,9

0 27,5 22,723,6 22,2 25,325,7 25,6 21,322,7 21,0 20,220,1 20,2

25,823,4 24,024,6

31,0 22,426,6 23,3 23,724,1 24,6 28,431,5

0 11,8

14,414,5 13,7

18,619,0 12,0 13,512,6 15,5 15,118,2 17,7

35,633,6 34,435,8

28,3 27,930,8 26,2 25,726,4 27,1

25,521,3

0 40,7

38,536,7 33,3

27,626,1 24,8 23,123,0 22,1 23,323,5

22,5

0 100

2020 20192018 2017 20162015 20142013 2012 20112010 2009 2008

20202019 2018 20172016 2015 20142013 20122011 2010 20092008

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico 13,113,8

13,7 12,914,2 15,4 14,714,4 12,1 10,911,3 9,9 9,4 0 7,88,1 7,47,3 8,9 9,38,8 9,3 7,87,6 8,1 6,47,6

26,925,6 24,5 23,529,1

27,7 24,126,5 28,9 31,334,5

39,2 41,8 0

28,129,5 27,426,9

33,7 25,228,8 25,7 26,226,3

27,0 30,733,9

38,840,1 39,9 38,133,2 31,3 29,827,2 27,2 27,727,3

25,0 23,9 0

33,631,9 34,335,3

27,3 24,928,3 23,5 22,822,5 22,8

21,821,1

0 100

2020 20192018 2017 20162015 2014 20132012 2011 20102009 2008

2020 20192018 2017 20162015 2014 20132012 2011 20102009 2008

Primo livello

Magistrali biennali

contratti formativi non standard

senza contratto

altro autonomo non risponde

parasubordinato assegno di ricerca

autonomo tempo indeterminato

(16)

Figura 6 - Laureati degli anni 2007-2015 occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tipologia dell’attività lavorativa per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2020 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della Formazione primaria.

Fonte: AlmaLaurea, Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

La quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato supera la metà degli occupati e raggiunge il 65,5% tra i laureati di primo livello e il 55,2% tra quelli di secondo livello; quest’ultimo valore sale ulteriormente al 59,4% tra i laureati magistrali biennali e si contrae al 40,8% tra i magistrali a ciclo unico, per effetto della maggiore diffusione, tra questi ultimi, del lavoro autonomo. È assunto con un contratto non standard il 15,3% dei laureati di primo livello e il 15,7% di quelli di secondo livello (16,8% e 11,9%, rispettivamente, per i laureati del biennio magistrale e per i magistrali a ciclo unico).

Decisamente contenute sono tutte le altre forme di lavoro, che evidenziano percentuali sempre al di sotto del 5,0%. Rispetto alla rilevazione del 2019 si registra un aumento dei contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (+4,4 punti per i laureati di primo livello e +0,5 punti per quelli di secondo livello). Il lavoro non standard registra una contrazione di 1,2 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 1,5 per quelli di secondo livello. Anche il lavoro autonomo risulta in calo tra i laureati di primo livello (-1,7 punti); aumenta invece tra quelli di secondo livello (+1,5 punti).

20,9 19,4 21,1 21,1 23,7 24,3 23,4 22,8 19,9 0

38,7 40,7 43,5 44,6 52,0 51,9 49,7 47,0 43,3

55,2 54,7

52,9 50,3

52,5 49,4 46,4

49,4 50,9 0

13,9

40,8 37,1 33,8 29,3 28,7 28,5 27,7 31,0 26,9

15,7 17,2 18,4 18,6

15,5 15,1 16,7

14,8 15,4 0

11,9 12,4 13,9 14,4

10,9 10,6 11,2 10,8 16,2

0 100

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Secondo livello

Magistrali a ciclo unico 8,9

10,6 10,9 12,7 13,7 14,5 14,0 11,6 10,4 0

15,5 14,2 15,7 16,0 18,4 19,6 20,2 20,1 17,7

65,5 61,1 58,7 56,0 60,7 57,9 59,6 66,8 68,4 0

4,4

59,4 58,6

57,2 54,6 56,2 53,0 49,6

52,5 55,0

15,3 16,5 18,8 17,9

14,7 13,6

12,0 10,0

9,8 0

4,5

16,8 18,3 19,5 19,4

16,6 15,1 15,4

13,3 12,3

0 100

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Primo livello

Magistrali biennali

contratti formativi non standard

senza contratto

altro autonomo non risponde

parasubordinato assegno di ricerca

autonomo tempo indeterminato

(17)

3.1. Smart working e altre forme di lavoro da remoto

L’emergere improvviso della pandemia da Covid-19 ha, laddove organizzativamente fattibile, reso inevitabile il ricorso allo smart working, una modalità organizzativa che ha consentito a numerose imprese quella continuità lavorativa altrimenti impensabile, in particolare nella fase di lockdown.

Peraltro lo smart working, più diffusamente nella forma di home working, è stato ampiamente utilizzato anche al termine della fase di lockdown, al fine di contenere la diffusione del virus negli ambienti di lavoro. Proprio per tale motivo, a partire dal D.L. n. 6/2020 il Governo italiano ne ha fortemente sollecitato il ricorso, per tutte quelle attività che possono essere svolte a distanza, anche in assenza di un preventivo accordo individuale tra dipendente e datore di lavoro. Si tratta, a dire il vero, di una forma organizzativa che, insieme al telelavoro, è stata introdotta nel nostro Paese già da tempo11, ma che in precedenza non era stata particolarmente valorizzata dalle imprese italiane.

Nell’ultimo anno, invece, per le ragioni anzidette, si è rilevato un incremento esponenziale dei lavoratori da remoto, anche nella pubblica amministrazione, che di fatto è stato il primo operatore economico che si è dovuto rapportare con questa diversa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, anche in ragione dell’erogazione di alcuni servizi pubblici essenziali.

La rilevazione del 2020 ha dunque approfondito il tema dello smart working e, più in generale, del lavoro da remoto, che risulta diffuso tra i laureati. Complessivamente, infatti, coinvolge il 19,8% dei laureati di primo livello e il 37,0% dei laureati di secondo livello occupati a un anno dal titolo (43,7%

dei magistrali biennali, 20,5% dei magistrali a ciclo unico). Tali valori appaiono decisamente più elevati di quelli osservati nella rilevazione del 2019, quando erano pari al 3,1% per i laureati di primo livello e al 4,3% per quelli di secondo a un anno dal titolo.

Per semplicità di lettura, di seguito si parlerà di smart working, comprendendo, in senso lato, tutte le attività alle dipendenze o di tipo autonomo svolte da remoto. Qui ci si limita a rilevare che il telelavoro è decisamente meno diffuso (riguarda, complessivamente, l’1,4% dei laureati di primo livello e il 3,0% di quelli di secondo livello), mentre risulta maggiore il ricorso allo smart working (10,3% e 19,2%, rispettivamente) o, per le attività autonome, alla modalità di lavoro da remoto (8,1% e 14,8%, rispettivamente).

Quali sono le caratteristiche dell’attività svolta dai lavoratori in smart working? Più frequentemente svolgono una professione intellettuale e di elevata specializzazione, ma anche esecutiva, mentre svolgono in minor misura una professione tecnica. Lavorano più spesso nel settore privato, meno frequentemente in quello pubblico e del non profit. Come ci si poteva attendere, sono occupati relativamente meno nel ramo della sanità e del commercio. Lavorano più frequentemente, invece, nei rami dell’informatica, delle consulenze professionali, della comunicazione, del credito e assicurazioni nonché nel ramo dell’istruzione e della ricerca. In termini di tipologia dell’attività lavorativa, gli occupati in smart working hanno in maggior misura un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato. Risultano meno frequenti, invece, le attività da remoto di tipo autonomo. Tali risultati sono generalmente confermati sia per i laureati di primo livello sia per quelli di secondo livello. Inoltre, le tendenze evidenziate sono confermate sia a uno sia a cinque anni dalla laurea.

11 Lo smart working, che nella legislazione italiana viene denominato “lavoro agile”, è stato istituito con la Legge n. 81/2017. Il telelavoro è invece attivo nel nostro Paese da più tempo ed è stato differentemente normato tra settore pubblico e privato.

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