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Abstract: "Profili in discussione del contenzioso sui contratti pubblici:analisi casistica" | Ordine degli Avvocati di Verona

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L. 6 dicembre 19781 n. 1034

Art. 23-bis.

1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto:

a) i provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse;

b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, nonché quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere;

c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti;

d) i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti;

e) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

f) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400;

g) i provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi.

2. I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso.

3. Salva l'applicazione dell'articolo 26, quarto comma, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso ai sensi dell'articolo 21, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronunzia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale che ne dà avviso alle parti.

4. Nel giudizio cautelare di cui al comma 3 le parti possono depositare documenti entro il termine di quindici giorni dal deposito o dal ricevimento delle ordinanze di cui al medesimo comma e possono depositare memorie entro i successivi dieci giorni.

5. Con le ordinanze di cui al comma 3, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari, enunciando i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.

6. Nei giudizi di cui al comma 1, il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria.

7. Il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui al comma 1 è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza. La parte può, al fine di ottenere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, proporre appello nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione del dispositivo, con riserva dei motivi, da proporre entro trenta giorni dalla notificazione ed entro centoventi giorni dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza.

8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata (1) (2).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

(2)

(2) Vedi inoltre l'articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

D.L.vo 12 giugno 2006 n. 163

Articolo 239

Transazione

Art. 239.

1. Anche al di fuori dei casi in cui è previsto il procedimento di accordo bonario ai sensi dell'articolo 240, le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono sempre essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile.

2. Per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori, se l'importo di ciò che detti soggetti concedono o rinunciano in sede di transazione eccede la somma di 100.000 euro, è necessario il parere dell'avvocatura che difende il soggetto o, in mancanza, del funzionario più elevato in grado, competente per il contenzioso.

3. Il dirigente competente, sentito il responsabile del procedimento, esamina la proposta di transazione formulata dal soggetto aggiudicatario, ovvero può formulare una proposta di transazione al soggetto aggiudicatario, previa audizione del medesimo.

4. La transazione ha forma scritta a pena di nullità.

Articolo 240

Accordo bonario

Art. 240.

(art. 81, direttiva 2004/18; art. 72, direttiva 2004/17; art. 31-bis, legge n. 109/1994;

art. 149, decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999)

1. Per i lavori pubblici di cui alla parte II affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora a seguito dell'iscrizione di riserve sui documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare in misura sostanziale e in ogni caso non inferiore al dieci per cento dell'importo contrattuale, si applicano i procedimenti volti al raggiungimento di un accordo bonario, disciplinati dal presente articolo.

2. Tali procedimenti riguardano tutte le riserve iscritte fino al momento del loro avvio, e possono essere reiterati per una sola volta quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l'importo di cui al comma 1.

3. Il direttore dei lavori dà immediata comunicazione al responsabile del procedimento delle riserve di cui al comma 1, trasmettendo nel più breve tempo possibile la propria relazione riservata.

4. Il responsabile del procedimento valuta l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell'effettivo raggiungimento del limite di valore.

5. Per gli appalti e le concessioni di importo pari o superiore a dieci milioni di euro, il responsabile del procedimento promuove la costituzione di apposita commissione, affinché formuli, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell'organo di collaudo, entro novanta giorni dalla apposizione dell'ultima delle riserve di cui al comma 1, proposta motivata di accordo bonario.

(3)

6. Nei contratti di cui al comma 5, il responsabile del procedimento promuove la costituzione della commissione, indipendentemente dall'importo economico delle riserve ancora da definirsi, al ricevimento da parte dello stesso del certificato di collaudo o di regolare esecuzione. In tale ipotesi la proposta motivata della commissione è formulata entro novanta giorni da detto ricevimento.

7. La promozione della costituzione della commissione ha luogo mediante invito, entro dieci giorni dalla comunicazione del direttore dei lavori di cui al comma 3, da parte del responsabile del procedimento al soggetto che ha formulato le riserve, a nominare il proprio componente della commissione, con contestuale indicazione del componente di propria competenza.

8. La commissione è formata da tre componenti aventi competenza specifica in relazione all'oggetto del contratto, per i quali non ricorra una causa di astensione ai sensi dell'articolo 51 codice di procedura civile o una incompatibilità ai sensi dell'articolo 241, comma 6, nominati, rispettivamente, uno dal responsabile del procedimento, uno dal soggetto che ha formulato le riserve, e il terzo, di comune accordo, dai componenti già nominati, contestualmente all'accettazione congiunta del relativo incarico, entro dieci giorni dalla nomina. Il responsabile del procedimento designa il componente di propria competenza nell'ambito dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore o di altra pubblica amministrazione in caso di carenza dell'organico.

9. In caso di mancato accordo entro il termine di dieci giorni dalla nomina, alla nomina del terzo componente provvede, su istanza della parte più diligente, il presidente del tribunale del luogo dove è stato stipulato il contratto.

10. Gli oneri connessi ai compensi da riconoscere ai commissari sono posti a carico dei fondi stanziati per i singoli interventi. I compensi spettanti a ciascun membro della commissione sono determinati dalle amministrazioni e dagli enti aggiudicatori nella misura massima del 50% dei corrispettivi minimi previsti dalla tariffa allegata al decreto ministeriale 2 dicembre 2000, n. 398, oltre al rimborso delle spese documentate.

11. Le parti hanno facoltà di conferire alla commissione il potere di assumere decisioni vincolanti, perfezionando, per conto delle stesse, l'accordo bonario risolutivo delle riserve; in tale ipotesi non si applicano il comma 12 e il comma 17. Le parti nell'atto di conferimento possono riservarsi, prima del perfezionamento delle decisioni, la facoltà di acquisire eventuali pareri necessari o opportuni.

12. Sulla proposta si pronunciano, entro trenta giorni dal ricevimento, dandone entro tale termine comunicazione al responsabile del procedimento, il soggetto che ha formulato le riserve e i soggetti di cui al comma 1, questi ultimi nelle forme previste dal proprio ordinamento e acquisiti gli eventuali ulteriori pareri occorrenti o ritenuti necessari.

13. Quando il soggetto che ha formulato le riserve non provveda alla nomina del componente di sua scelta nel termine di venti giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento, la proposta di accordo bonario è formulata dal responsabile del procedimento, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell'organo di collaudo, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine assegnato all'altra parte per la nomina del componente della commissione. Si applica il comma 12.

14. Per gli appalti e le concessioni di importo inferiore a dieci milioni di euro, la costituzione della commissione da parte del responsabile del procedimento è facoltativa e il responsabile del procedimento può essere componente della commissione medesima. La costituzione della commissione è altresì promossa dal responsabile del procedimento, indipendentemente dall'importo economico delle riserve ancora da definirsi, al ricevimento da parte dello stesso del certificato di collaudo o di regolare esecuzione.

Alla commissione e al relativo procedimento si applicano i commi che precedono.

15. Per gli appalti e le concessioni di importo inferiore a dieci milioni di euro in cui non venga promossa la costituzione della commissione, la proposta di accordo bonario è formulata dal responsabile del procedimento, ai sensi del comma 13. Si applica il comma 12.

15-bis. Qualora i termini di cui al comma 5 e al comma 13 non siano rispettati a causa di ritardi negli adempimenti del responsabile del procedimento ovvero della commissione, il primo risponde sia sul piano disciplinare, sia a titolo di danno erariale, e la seconda perde qualsivoglia diritto al compenso di cui al comma 10 (1).

16. In ogni caso, decorsi i termini per la pronuncia sulla proposta di accordo bonario, di cui al comma 12 e al comma 13, può farsi luogo ad arbitrato.

17. Dell'accordo bonario accettato, viene redatto verbale a cura del responsabile del procedimento, sottoscritto dalle parti.

(4)

18. L'accordo bonario di cui al comma 11 e quello di cui al comma 17 hanno natura di transazione.

19. Sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla sottoscrizione dell'accordo.

20. Le dichiarazioni e gli atti del procedimento non sono vincolanti per le parti in caso di mancata sottoscrizione dell'accordo bonario.

21. Qualora siano decorsi i termini di cui all'articolo 141 senza che sia stato effettuato il collaudo o emesso il certificato di regolare esecuzione dei lavori, il soggetto che ha iscritto le riserve può notificare al responsabile del procedimento istanza per l'avvio dei procedimenti di accordo bonario di cui al presente articolo.

22. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, anche ai contratti pubblici relativi a servizi e a forniture nei settori ordinari, nonché ai contratti di lavori, servizi, forniture nei settori speciali, qualora a seguito di contestazioni dell'esecutore del contratto, verbalizzate nei documenti contabili, l'importo economico controverso sia non inferiore al dieci per cento dell'importo originariamente stipulato. Le competenze del direttore dei lavori spettano al direttore dell'esecuzione del contratto.

(1) Comma inserito dall'articolo 3, comma 23, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Articolo 240 Bis

Definizione delle riserve (1)

Art. 240-bis

(art. 32, comma 4, d. m. n. 145/2000).

1. Le domande che fanno valere pretese gia' oggetto di riserva non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse.

(1) Articolo inserito dall'articolo 2, comma 1, lettera uu), del D.Lgs.11 settembre 2008 , n. 152.

Articolo 241

Arbitrato

Art. 241.

(art. 81, direttiva 2004/18; art. 72, direttiva 2004/17; art. 32, legge n. 109/1994; articoli 150151, decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999; art. 6, comma 2, legge n. 205/2000;

decreto ministeriale n. 398/2000; art. 12, decreto legislativo n. 190/2002;

art. 5, commi 16-sexies e 16-septies, decreto-legge n. 35/2005, conv.

nella legge n. 80/2005; art. 1, commi 70 e 71, legge n. 266/2005)

1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dall'articolo 240, possono essere deferite ad arbitri.

2. Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal presente codice.

3. Il collegio arbitrale è composto da tre membri.

(5)

4. Ciascuna delle parti, nella domanda di arbitrato o nell'atto di resistenza alla domanda, nomina l'arbitro di propria competenza tra soggetti di particolare esperienza nella materia oggetto del contratto cui l'arbitrato si riferisce.

5. Il Presidente del collegio arbitrale è scelto dalle parti, o su loro mandato dagli arbitri di parte, tra soggetti di particolare esperienza nella materia oggetto del contratto cui l'arbitrato si riferisce.

6. In aggiunta ai casi di ricusazione degli arbitri previsti dall'articolo 815 del codice di procedura civile, non possono essere nominati arbitri coloro che abbiano compilato il progetto o dato parere su di esso, ovvero diretto, sorvegliato o collaudato i lavori, i servizi, le forniture cui si riferiscono le controversie, nè coloro che in qualsiasi modo abbiano espresso un giudizio o parere sull'oggetto delle controversie stesse (1).

7. Presso l'Autorità è istituita la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, disciplinata dall'articolo 242.

8. Nei giudizi arbitrali regolati dal presente codice sono ammissibili tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.

9. Il lodo si ha per pronunziato con il suo deposito presso la camera arbitrale per i contratti pubblici.

10. Il deposito del lodo presso la camera arbitrale è effettuato, entro dieci giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione, a cura del segretario del collegio in tanti originali quante sono le parti, oltre ad uno per il fascicolo di ufficio. Resta ferma, ai fini della esecutività del lodo, la disciplina contenuta nel codice di procedura civile.

11. All'atto del deposito del lodo va corrisposta, a cura degli arbitri, una somma pari all'uno per mille del valore della relativa controversia. Detto importo è direttamente versato all'Autorità.

12. Il collegio arbitrale determina il valore della controversia con i criteri stabiliti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, 2 dicembre 2000, n. 398, e applica le tariffe fissate in detto decreto. L'articolo 24 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si interpreta come non applicabile a quanto disciplinato ai sensi del presente comma. L'ordinanza di liquidazione del compenso e delle spese arbitrali nonché del compenso e delle spese per la consulenza tecnica costituisce titolo esecutivo (1).

13. Il collegio arbitrale provvede alla liquidazione degli onorari e delle spese di consulenza tecnica, ove disposta, secondo i criteri dettati dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 per gli ausiliari del magistrato.

14. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento del compenso dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio e al giudizio arbitrale, salvo rivalsa fra loro.

15. In caso di mancato accordo per la nomina del terzo arbitro, ad iniziativa della parte più diligente, provvede la camera arbitrale, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, scegliendolo nell'albo di cui all'articolo 242.

(1) Comma modificato dall'articolo 2 del D.Lgs. 31 luglio 2007 n. 113.

Articolo 242

Camera arbitrale e albo degli arbitri

Art. 242.

(artt. 150 e 151 decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, )

1. La camera arbitrale per i contratti pubblici cura la formazione e la tenuta dell'albo degli arbitri, redige il codice deontologico degli arbitri camerali, e provvede agli adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale nella ipotesi di cui all'articolo 241, comma 15.

2. Sono organi della camera arbitrale il presidente e il consiglio arbitrale.

(6)

3. Il consiglio arbitrale, composto da cinque membri, è nominato dall'Autorità fra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l'indipendenza e l'autonomia dell'istituto; al suo interno l'Autorità sceglie il Presidente. L'incarico ha durata quinquennale ed è retribuito nella misura determinata dal provvedimento di nomina nei limiti delle risorse attribuite all'Autorità stessa. Il presidente e i consiglieri sono soggetti alle incompatibilità e ai divieti previsti dal comma 9.

4. Per l'espletamento delle sue funzioni la camera arbitrale si avvale di una struttura di segreteria con personale fornito dall'Autorità.

5. La camera arbitrale cura annualmente la rilevazione dei dati emergenti dal contenzioso in materia di lavori pubblici e li trasmette all'Autorità e all'Osservatorio. Per l'espletamento della propria attività la Camera arbitrale può richiedere notizie, chiarimenti e documenti relativamente al contenzioso in materia di contratti pubblici; con regolamento dell'Autorità sono disciplinate le relative modalità di acquisizione.

6. Possono essere ammessi all'albo degli arbitri della camera arbitrale soggetti appartenenti alle seguenti categorie:

a) magistrati amministrativi, magistrati contabili e avvocati dello Stato in servizio, designati dagli organi competenti secondo i rispettivi ordinamenti, nonché avvocati dello Stato e magistrati a riposo;

b) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio avanti alle magistrature superiori e in possesso dei requisiti per la nomina a consigliere di cassazione;

c) tecnici in possesso del diploma di laurea in ingegneria o architettura, abilitati all'esercizio della professione da almeno dieci anni e iscritti ai relativi albi;

d) professori universitari di ruolo nelle materie giuridiche e tecniche e dirigenti generali delle pubbliche amministrazioni laureati nelle stesse materie con particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

7. La camera arbitrale cura altresì la tenuta dell'elenco dei periti al fine della nomina dei consulenti tecnici nei giudizi arbitrali; sono ammessi all'elenco i soggetti in possesso dei requisiti professionali previsti dal comma 6, lettera c), nonché dottori commercialisti in possesso dei medesimi requisiti professionali.

8. I soggetti di cui al comma 6, lettere a) b), c), e d), nonché al comma 7 del presente articolo, in possesso dei requisiti di onorabilità fissati in via generale dal consiglio arbitrale, sono rispettivamente inseriti nell'albo degli arbitri e nell'elenco dei periti su domanda corredata da curriculum e da adeguata documentazione.

9. L'appartenenza all'albo degli arbitri e all'elenco dei consulenti ha durata triennale, e può essere nuovamente conseguita decorsi due anni dalla scadenza del triennio; durante il periodo di appartenenza all'albo gli arbitri non possono espletare incarichi professionali in favore delle parti dei giudizi arbitrali da essi decisi, ivi compreso l'incarico di arbitro di parte.

10. Per le ipotesi di cui all'art. 241, comma 15, la camera arbitrale cura anche la tenuta dell'elenco dei segretari dei collegi arbitrali; sono ammessi all'elenco i funzionari dell'Autorità, nonché i funzionari delle magistrature contabili e amministrative, nonché delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dei lavori, servizi, forniture. Detti funzionari devono essere muniti di laurea giuridica, economica ed equipollenti o tecnica, aventi un'anzianità di servizio in ruolo non inferiore a cinque anni. Gli eventuali oneri relativi alla tenuta dell'elenco sono posti a carico dei soggetti interessati all'iscrizione, prevedendo a tal fine tariffe idonee ad assicurare l'integrale copertura dei suddetti costi.

Articolo 243

Ulteriori norme di procedura per gli arbitrati in cui il presidente è nominato dalla camera arbitrale

Art. 243.

(art. 32, legge n. 109/1994, come novellato dalla legge n. 80/2005; art. 150, decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999; decreto ministeriale n. 398/2000;

(7)

art. 1, co. 71, legge n. 266/2005)

1. Limitatamente ai giudizi arbitrali in cui il presidente è nominato dalla camera arbitrale, in aggiunta alle norme di cui all'art. 241, si applicano le seguenti regole.

2. La domanda di arbitrato, l'atto di resistenza ed eventuali controdeduzioni, vanno trasmesse alla camera arbitrale ai fini della nomina del terzo arbitro.

3. Le parti determinano la sede del collegio arbitrale, anche presso uno dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali dell'Osservatorio; se non vi è alcuna indicazione della sede del collegio arbitrale, ovvero se non vi è accordo fra le parti, questa deve intendersi stabilita presso la sede della camera arbitrale.

4. Gli arbitri possono essere ricusati dalle parti, oltre che per i motivi previsti dall'articolo 815 del codice di procedura civile , anche per i motivi di cui all'articolo 242, comma 9 (1).

5. Il corrispettivo dovuto dalle parti è determinato dalla camera arbitrale, su proposta formulata dal collegio, in base alla tariffa allegata al decreto ministeriale 2 dicembre 2000, n. 398.

6. Contestualmente alla nomina del terzo arbitro, la camera arbitrale comunica alle parti la misura e le modalità del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale.

7. Il presidente del collegio arbitrale nomina il segretario, scegliendolo nell'elenco di cui all'articolo 242, comma 10.

8. Il corrispettivo a saldo per la decisione della controversia è versato dalle parti, nella misura liquidata dalla camera arbitrale, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del lodo.

9. La camera arbitrale provvede alla liquidazione degli onorari e delle spese di consulenza tecnica, ove disposta.

10. Gli importi dei corrispettivi dovuti per la decisione delle controversie sono direttamente versati all'Autorità.

(1) Comma modificato dall'articolo 2 del D.Lgs. 31 luglio 2007 n. 113.

Articolo 244

Giurisdizione

Art. 244.

(art. 81, direttiva 2004/18; art. 72, direttiva 2004/17; art. 4, co. 7, legge n. 109/1994 ; art. 6, co. 1, legge n. 205/2000;

art. 6, co. 19, legge n. 537/1993)

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

2. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai provvedimenti sanzionatori emessi dall'Autorità.

3. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell'ipotesi di cui all'art.

115, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi ai sensi dell'art. 133 commi 3 e 4.

Articolo 245

(8)

Strumenti di tutela

Art. 245.

(art. 81, direttiva 2004/18; art. 72, direttiva 2004/17; artt. 1 e 2, direttiva 1989/665; art. 23-bis, l. n.

1034/1971; art. 14, decreto legislativo n. 190/2002;

art. 5, co. 12-quater, decreto-legge n. 35/2005, conv. nella legge n. 80/2005)

1. Gli atti delle procedure di affidamento, nonché degli incarichi e dei concorsi di progettazione, relativi a lavori, servizi e forniture previsti dal presente codice, nonché i provvedimenti dell'Autorità, sono impugnabili, alternativamente, mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente o mediante ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Davanti al giudice amministrativo si applica il rito di cui all'articolo 23-bis, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

2. Si applicano i rimedi cautelari di cui all'articolo 21 e all'articolo 23-bis, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 21 luglio 2000, n. 205, e gli strumenti di esecuzione di cui agli articoli 33 e 37, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

3. In caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notifica del ricorso e la richiesta di misure cautelari provvisorie di cui all'art. 21, comma 9, della legge 6 dicembre 1971, n.

1034, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare di cui ai commi 8 e 9 del citato articolo 21.

4. L'istanza, previamente notificata ai sensi dell'articolo 21, comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n.

1034, si propone al Presidente del Tribunale amministrativo regionale competente per il merito. Il Presidente, o il giudice da lui delegato, provvede sull'istanza, sentite, ove possibile, le parti, e omessa ogni altra formalità. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d'ufficio.

5. Il provvedimento negativo non è impugnabile, ma la domanda cautelare può essere riproposta dopo l'inizio del giudizio di merito ai sensi dell'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

6. L'efficacia del provvedimento di accoglimento può essere subordinata alla prestazione di una adeguata cauzione per i danni alle parti e ai terzi. Esso è notificato dal richiedente alle altre parti entro un termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni. Il provvedimento di accoglimento perde comunque effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua prima emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o concesse ai sensi dell'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Il provvedimento di accoglimento non è appellabile, ma, fino a quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile senza formalità dal Presidente, d'ufficio o su istanza o reclamo di ogni interessato, nonché dal Collegio dopo l'inizio del giudizio di merito.

7. Per l'attuazione del provvedimento cautelare e per la pronuncia in ordine alle spese si applica l'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

8. Le disposizioni del presente art. non si applicano ai giudizi in grado di appello, per i quali le istanze cautelari restano disciplinate dagli articoli 21 e 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 .

Articolo 246

Norme processuali ulteriori per le controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi

Art. 246.

(art. 81, direttiva 2004/18; art. 72, direttiva 2004/17; articoli 1 e 2, direttiva 1989/665;

art. 23-bis, legge n. 1034/1971; art. 14, decreto legislativo n. 190/2002;

art. 5, co. 12-quater, decreto-legge n. 35/2005, conv. nella legge n. 80/2005)

(9)

1. Nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III, capo IV, le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 si applicano per quanto non espressamente previsto dai commi 2, 3, 4, del presente articolo.

2. Non occorre domanda di fissazione dell'udienza di merito, che ha luogo entro quarantacinque giorni dalla data di deposito del ricorso.

3. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

4. La sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.

5. Le disposizioni del comma 4 si applicano anche alle controversie relative alle procedure di cui all'art.

140.

Tribunale Perugia, 26 aprile 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 4490/2006, proposto dal:

- Consorzio lavori marittimi-Porto di Taranto, in liquidazione, in persona del liquidatore in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Guido Cerruti e Raffaella di Tarsia di Belmonte ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi, in viale Liegi n. 34, Roma, appellante;

contro - il Ministero infrastrutture e trasporti, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellato resistente;

e nei confronti del - Consorzio S.I.S.R.I. (Sviluppo industriale servizi reali all'impresa) di Taranto, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Serra ed elettivamente con lui domiciliato presso lo studio Alfredo Placidi, in via Cosseria n. 2, Roma, appellato "interventore ad adiuvandum";

per annullamento e/o riforma della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione III, n. 31/2006, resa inter partes e recante declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in rapporto al decreto 9 maggio 2003 di approvazione di transazione su vertenza in materia di esecuzione di appalto di lavori edilizi.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.

Visti gli atti costituzione in giudizio del Ministero e del Consorzio appellati.

Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza del 23 ottobre 2007, il Consigliere Aldo SCOLA.

Uditi, per il Ministero appellato, l'avvocato dello Stato Antonio Volpe e l'avvocato Di Gioia per delega dell'avvocato Serra per il Consorzio.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto e diritto

L'atto a suo tempo impugnato dal Consorzio lavori marittimi-Porto di Taranto disponeva, a seguito di rilievo da parte della Corte dei conti, l'annullamento del decreto 9 maggio 2003, recante la transazione intervenuta tra il Consorzio stesso ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a chiusura di una

(10)

controversia giudiziale sorta nella fase di esecuzione di un appalto di lavori pubblici.

Dinanzi al T.a.r. Lazio erano state dedotte dal Consorzio ricorrente censure di:

- violazione dell'art. 27, Cost. e degli artt. 1, 3 e 7, legge n. 241/1990 (per omesso preavviso procedimentale e vizio motivazionale); dell'art. 2, legge n. 166/2002; degli artt. 14 e 19. r.d. n.

2440/1923; dell'art. 3, legge n. 20/1994, e dell'art. 27, legge n. 340/2000; eccesso di potere per difetto di motivazione, perplessità, illogicità e carenza istruttoria; il tutto, con annesse richieste risarcitorie.

La p.a. intimata si era costituita in giudizio resistendo al ricorso, mentre era intervenuto ad adiuvandum il Consorzio per lo Sviluppo Industriale dei Servizi Reali all'Impresa, a sostegno di quello ricorrente, il cui gravame era stato, dunque, dichiarato inammissibile per carenza di giurisdizione amministrativa con sentenza prontamente impugnata dal Consorzio soccombente in prime cure, che prospettava travisamento dei fatti ed erronea motivazione, nonché violazione dell'art. 33, d.lgs. n. 80/1998, e succ. modif. ed integr., dell'art. 103, Cost.,dell'art. 2, legge n. 2248/1865, all. E, dell'art. 26, r.d. n. 1054/1924, e dell'art.

3, legge n. 1034/1971

Il Ministero appellato si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, mentre il Consorzio S.I.S.R.I.

interveniva ad adiuvandum a sostegno di quello appellante.

All'esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

L'appello è fondato e va accolto.

Il collegio prende atto della circostanza che i primi giudici si sono ritenuti privi di giurisdizione, trattandosi di una vertenza considerata di natura palesemente privatistica, per cui essi d'ufficio si sono orientati a dichiarare inammissibileper carenza di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso di prima istanza.

In realtà, gli stessi si sono convinti che l'atto amministrativo contestato concernesse un rapporto contrattuale in vigore, generante esclusivamente diritti soggettivi, e non scaturente da una posizione di supremazia speciale, agendo invece in un contesto paritetico, con il medesimo essendosi imposto alle parti soltanto l'esecuzione del rapporto contrattuale in questione, la cui vigenza non era stata mai messa

realmente in discussione.

La questione riguardava la fase di esecuzione del contratto di appalto e, pertanto, secondo i primi giudici non poteva essere inclusa tra quelle conoscibili dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, sulla scorta di quanto previsto dall'art. 33, comma 2, lett. d) (già lett. e), d.lgs. n. 80/1998.

Appariva loro evidente come il legislatore, utilizzando l'espressione "controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti...", avesse voluto tenere distinta la fase dell'affidamento dell'appalto, più strettamente legata alla procedura ad evidenza pubblica (attinente ad interessi legittimi) da quella successiva dell'esecuzione, di natura tipicamente civilistica, presupponente un rapporto in essere e l'esistenza di soli diritti soggettivi, relativamente ai quali, secondo il dettato legislativo, non si estenderebbe, peraltro, la cognizione in sede esclusiva del giudice amministrativo.

Il che induceva il T.a.r. adìto a considerare la controversia de qua, riguardante la fase esecutiva del contratto d'appalto, come appartenente all'ambito della giurisdizione ordinaria, nonostante la forma del provvedimento gravato, di apparente natura autoritativa: la parte privata, titolare nella fase de qua di soli diritti soggettivi, non sarebbe stata pertanto chiamata a preoccuparsi del corretto esercizio di un potere autoritativo (esterno) della p.a., derivante da una posizione di supremazia, per cui il gravame non avrebbe potuto trovare sbocco dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa.

Ma il Tribunale di prima istanza ha, d'altra parte, omesso di considerare che il procedimento di formazione della volontà contrattuale della p.a. non si svolge integralmente ed esclusivamente sul piano del diritto privato, articolandosi invece in due serie di atti, la prima (cd. serie negoziale) costituita da atti civilistici;

la seconda (cd. serie procedimentale), composta da atti amministrativi, quali la deliberazione a contrarre, l'approvazione od il diniego o la revoca dell'approvazione, la registrazione ed il visto, ovvero il diniego degli stessi: atti che, avendo natura provvedimentale, sono di certo sindacabili da parte del giudice amministrativo.

In particolare, la circostanza che gli atti di approvazione e controllo si pongano, sul piano negoziale, come condiciones juris di efficacia del contratto, con la conseguente giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle controversie risarcitorie, connesse con il mancato avveramento di dette condizioni, non esclude la loro rilevanza o sindacabilità anche come atti amministrativi, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. C.d.S., sezione IV, dec. n. 990/1998; sezione VI, decisione n. 1364/2007).

Il presente appello va, dunque, accolto, con contestuale riforma dell'impugnata sentenza, dichiarandosi la giurisdizione del giudice amministrativo, con rimessione al T.a.r. affinché rinnovi il giudizio di merito (ex artt. 34 e 35, legge n. 1034/1971), anche in relazione alle spese di tutte le fasi della presente vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

-accoglie l'appello;

-riforma l'impugnata sentenza;

-dichiara la giurisdizionedel giudice amministrativo;

-rimette gli atti al primo giudice per il rinnovo del giudizio, anche in rapporto a tutti gli oneri processuali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio

del 23 ottobre 2007, con l'intervento dei signori magistrati:

Claudio VARRONE Presidente

Carmine VOLPE Consigliere

Paolo BUONVINO Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere rel. est.

(11)

Francesco CARINGELLA Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 17 DIC. 2007.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello proposto da Florida 2000 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Riccardo Marone e Angelo Clarizia, ed elettivamente domiciliato presso il secondo, in Roma, via Principessa Clotilde, n.

2;

contro Circumvesuviana s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to Enrico Soprano, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione I, n. 1715/2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 9-5-2006 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.

Uditi l'Avv. Clarizia e l'Avv. Soprano;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

In data 21 luglio 2004 la Florida 2000 s.r.l. ha stipulato con la società Circumvesuviana s.r.l. un contratto di appalto, avente ad oggetto l'esecuzione dei servizi di pulizia e lavaggio del parco rotabile ferroviario e di alcune pertinenze e dormitori della rete ferroviaria.

L'ambito e la durata del contratto sono stati ampliati con una serie di atti integrativi e di rinnovo, di

cui si tratterà in seguito.

Nonostante l'espressa previsione di invariabilità dei prezzi, la ricorrente, ai sensi dell'art. 6 della legge 24.12.1993 n. 537, ritenendo che la revisione dei prezzi fosse obbligatoria per rapporti contrattuali quali quello in questione, con istanza notificata in data 1° ottobre 2003 ha chiesto alla Circumvesuviana s.r.l. il riconoscimento del compenso revisionale pari ad . 529.876,04 oltre I.V.A.

Tale istanza è stata respinta dalla Circumvesuviana s.r.l. con nota n. 6295 del 17.9.2003 - confermata con la successiva nota n. 6989 del 16.10.2003 - sulla base dell'esistenza di decreti legge che avevano sospeso l'efficacia della norma invocata all'epoca della stipulazione del contratto, rendendone così

impossibile l'applicazione alla fattispecie in esame.

Avverso entrambe le note la società Florida 2000 s.r.l. ha proposto ricorso al Tar per la Campania, chiedendone l'annullamento, oltre alla condanna della società resistente al pagamento delle somme

ritenute dovute a titolo di revisione prezzi.

Con l'impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso, rilevando che:

- l'efficacia dell'art. 6 della legge n. 537/93 è stata sospesa dal 1° giugno 1994 fino al 31.12.1995 per espressa previsione del D.L. 31 maggio 1994, n. 331, del D.L. 30 luglio 1994, n. 478, del D.L. 30 settembre 1994, n. 559, e del D.L. 30 novembre 1994, n. 658; sebbene questi siano decaduti, l'art. 1, comma secondo della legge 29.3.1995 n. 95, di conversione del D.L. 31.1.1995 n. 26, ha disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti

giuridici sorti sulla base di questi ultimi;

- a causa del regime di sospensione dell'efficacia delle disposizioni della legge 24.12.1993 n. 537 in materia di revisione prezzi, il meccanismo revisionale invocato dalla ricorrente non può essere

applicato al contratto in questione;

- in ogni caso, l'istituto della revisione dei prezzi, disciplinato da norme speciali di settore per gli appalti pubblici e dall'art. 1664 c.c. per quelli privati, ha la specifica funzione di recuperare l'originario equilibrio del sinallagma in ipotesi in cui venga a determinarsi un'alterazione tra il valore delle reciproche prestazioni di un contratto a prestazioni corrispettive. Tuttavia, in presenza di una proroga non coattiva ed anzi effettuata previa rinegoziazione, le citate esigenze di tutela e di conservazione del rapporto devono ritenersi salvaguardate; avendo la società ricorrente avuto la possibilità di ottenere il riequilibrio del sinallagma in sede di rinegoziazione.

Avverso tale decisione ha proposto appello la Florida 2000 s.r.l., deducendo:

1) la violazione dell'art. 6 della legge n. 537/1993, che riconosce il diritto al compenso revisionale e, avendo natura imperativa, comporta la nullità delle clausole difformi;

2) anche volendo attribuire rilevanza al periodo di sospensione dell'efficacia del citato art. 6, la

(12)

disposizione sarebbe comunque applicabile a partire dal termine del periodo di sospensione, o in subordine a partire dal primo atto di rinegoziazione successivo a tale termine;

3) il fatto che l'impresa abbia rinegoziato il contratto non può escludere l'applicazione del citato art. 6 anche in presenza di clausole difformi, da ritenersi nulle per contrasto con una norma imperativa.

La Circumvesuviana s.rl. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporto si sono costituiti in giudizio,

chiedendo la reiezione dell'appello.

All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L'oggetto del presente giudizio è costituito dalla pretesa della società ricorrente del riconoscimento del diritto alla revisione del prezzo, ai sensi dell'art. 6, comma 4, della legge n. 537/93, in relazione ad un contratto di appalto di servizi, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l..

La controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la previsione della revisione prezzi per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi e forniture, è accompagnata dalla disposizione di cui al comma 19 del medesimo art. 6, secondo cui "le controversie derivanti dall'applicazione del presente articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del

giudice amministrativo".

La giurisdizione del giudice amministrativo è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass., Sez. Unite, n. 10616/1996; Cons. Stato, V, n. 141/2002) ed è stata confermata, di recente, dal D. Lgs.

12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), che anzi ha esteso tale giurisdizione anche alla revisione prezzi dei contratti di lavori pubblici (art. 244, comma 3, del citato D. Lgs. n. 163/2006).

3. La pretesa della Florida 2000 s.r.l. del riconoscimento del diritto alla revisione prezzi in ordine al contratto di appalto di servizi, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l., è infondata, anche se sulla base

di motivi parzialmente diversi da quelli sostenuti dal Tar.

Innanzitutto, deve essere confermata la statuizione del giudice di primo grado circa l'inapplicabilità del meccanismo di revisione prezzi, previsto dall'art. 6 della legge n. 537/1993, al contratto

originariamente stipulato dalla ricorrente.

Tale contratto è stato, infatti, sottoscritto in data 21 luglio 1997, quando, come rilevato dal Tar, la disposizione del citato art. 6era stata sospesa da diversi decreti legge, non convertiti, ma i cui effetti

sono stati fatti salvi dall'art. 1 della legge n. 95/1995.

La giurisprudenza ha chiarito che la disposizione del citato art. 6, nella parte in cui dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, non è applicabile ai contratti già in corso di esecuzione alla data dell'entrata in vigore della legge predetta, ma solo a quelli di futura stipulazione, per i quali il contraente è ex lege avvertito, previa inserzione automatica dell'apposita clausola, della possibilità di un mutamento dei patti

originari (Cons. Stato, VI, n. 2434/2001; V, n. 2462/2005).

Di conseguenza, la clausola di fissità ed invariabilità dei prezzi deve ritenersi legittima in relazione ad un appalto di servizi anteriore alla disciplina di cui all'art. 6 l. 24 dicembre 1993, n. 537 (Cons. Stato,

V, n. 1362/2003).

Ovviamente, tali principi operano non solo con riferimento ai contratti stipulati prima del 1993, ma anche a quelli stipulati nel periodo in cui l'efficacia della norma era stata sospesa.

4. Anche il primo atto integrativo del contratto, sottoscritto in data 26-9-1994, non solo ricadeva sempre nel periodo di sospensione del citato art. 6, ma anzi su tale sospensione si fondava, inserendo la clausola di rinnovo tacito del contratto, proprio perché il divieto di rinnovo, contenuto nell'art. 6

della legge n. 537/93, era sospeso.

La prima vera novazione del rapporto si è avuta non con gli atti integrativi del 2-8-95 e del 27-1-99 (in cui veniva solo ampliato l'ambito oggettivo), ma con l'atto di rinnovo del 20 aprile 2000.

Tale rinnovo è stato stipulato in periodo in cui era terminata la sospensione dell'efficacia dell'art. 6 della legge n. 537/1991 ed era, quindi, vigente l'obbligo di inserire una clausola di revisione periodica del prezzo per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa.

Tuttavia, tale obbligo non poteva applicarsi alla fattispecie in esame, non perché era stato oggetto di pattuizione tra le parti (come ritenuto dal Tar), ma perché il rinnovo era stato disposto sulla base di una disciplina speciale, incompatibile e prevalente sul meccanismo della revisione prezzi.

Infatti, come si ricava dalle premesse dell'atto, il rinnovo era stato convenuto in applicazione dell'art.

27, comma 6, della legge n. 488/1999, che prevede che "i contratti per acquisti e forniture di beni e servizi delle amministrazioni statali, stipulati a seguito di esperimento di gara, in scadenza nel triennio 2000-2002, possono essere rinnovati per una sola volta e per un periodo non superiore a due anni, a condizione che il fornitore assicuri una riduzione del corrispettivo di almeno il 3 per cento, fermo

restando il rimanente contenuto del contratto".

Nel caso di specie, la riduzione del corrispettivo era stata concordata dalle parti nella misura del 5 %.

È evidente come l'impresa, che ha beneficiato di una speciale disposizione, che prevede la possibilità di rinnovo senza gara a condizione di una concordata riduzione del prezzo, non possa poi pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi, che condurrebbe ad effetti, del tutto opposti rispetto alle pattuita riduzione del corrispettivo.

Se l'impresa avesse ottenuto il rinnovo del contratto con una procedura ordinaria (pubblica gara) ben avrebbe poi potuto invocare l'applicazione della revisione prezzi, ma, avendo ottenuto il rinnovo in deroga alla disciplina vigente sulla base dello sconto pattuito, non può poi invocare un compenso a titolo di revisione prezzi, che avrebbe l'effetto di eliminare o attenuare lo sconto, che gli ha garantito il

rinnovo senza gara.

Deve, quindi, concludersi che la Florida 2000 s.r.l. non poteva invocare il meccanismo della revisione prezzi in relazione al contratto, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l.

5. In conclusione, l'appello deve essere respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

(13)

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello in epigrafe.

Spese compensate

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 9-5-2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez. VI -, riunito in Camera

di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone Presidente

Luigi Maruotti Consigliere

Carmine Volpe Consigliere

Giuseppe Romeo Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere Est.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 25 LUG. 2006.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, costituito dai magistrati:

Bruno Amoroso Presidente Lorenzo Stevanato Consigliere Italo Franco Consigliere, relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 1634/2002, proposto da S.I.E.M.E.C. S.p.A., in persona del rappresentante legale ing. Leonardo Bernardini, rappresentata e difesa dagli avv. Chiara Cacciavillani ed Elena Fabbris, con domicilio presso la segreteria del TAR, ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.6.24 n. 1054, come da procura a.l. a margine del ricorso, contro Il Comune di Caorle, in persona del Sindaco pro- tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Carlin, in forza di delibera di autorizzazione a resistere della G.M. n. 43/2002, come da procura a.l. a margine del controricorso, per l'accertamento del diritto alla percezione delle somme dovute dal comune per i titoli specificati nelle conclusioni, in esecuzione del contratto di gestione dell'impianto di depurazione e della rete fognaria comunale, e per la conseguente condanna del Comune al pagamento.

Visto il ricorso, notificato il 9.7.2002, e depositato presso la segreteria il 18 luglio 2002, con i relativi allegati;

vista la memoria di costituzione del Comune di Carole, depositata; il 3 gennaio 2003;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

uditi, alla pubblica udienza del 6 luglio 2006, relatore il Consigliere Italo Franco, l'avv. Quarneti in sostituzione dell'avv.

Cacciavillani per la ricorrente, e l'avv. Carlin per la P.A.

resistente.

Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:

FATTO

Precedente appaltatrice del servizio di gestione dell'impianto di depurazione e delle stazioni di sollevamento della rete fognaria comunale, in forza di contratto originariamente scaduto il 31.01.97, la S.p.A. S.I.E.M.E.C. ne otteneva, con delibera della G.M. n. 58 del 30.01.97, una proroga per tre anni più sei mesi (su proposta della stessa SIEMEC in ordine alla trasformazione dell'impianto "phostrip" esistente, al fine di ottenere il rinnovo, con l'impegno ad assumersi oneri che - si dice - avrebbero gravato sul Comune, con liquidazione mediante presentazione di fattura a parte). Il contratto, stipulato il 30.4.97, prevedeva, inoltre: il ritrasferimento al comune dell'impianto realizzato, al termine del nuovo contratto;

l'ammortamento dell'intervento nel periodo di proroga, con il ricavato dell'attività di trattamento liquami per conto terzi; che la durata del rinnovo contrattuale (in particolare i sei mesi) si rendeva necessaria per il rilascio dell'autorizzazione alle migliorie da parte degli enti competenti.

Tanto premesso, espone la SIEMEC - che aveva, nel frattempo, richiesto al comune la revisione prezzi mediante adeguamento all'indice ISTAT, come previsto dall'art. 4.11 del capitolato speciale - di avere terminato in ritardo i lavori relativi alla trasformazione dell'impianto menzionato (nel febbraio 2000), e di avere in ritardo avviato il nuovo impianto "trattamento bottini", a causa dei ritardi della stazione appaltante, che era in possesso del certificato di collaudo sin dal 12.02.96, e che solo il 5.03.98 richiedeva l'autorizzazione alla Provincia, che la rilasciava per il solo impianto principale il 10.08.99, senza nulla dire in merito al servizio del "trattamento bottini". In conseguenza del ritardo, afferma la SIEMEC di avere sopportato oneri relativi al trasporto dei fanghi, e di aver richiesto all'amministrazione comunale (con

(14)

lettere del dicembre 98 e dell'aprile 2001) un'ulteriore proroga del contratto al fine di recuperare gli oneri sostenuti con l'avvio di detto servizio, ma di avere ricevuto risposta negativa dal comune, che la informava di avere disposto di affidare la gestione dell'impianto al Consorzio Basso Piave, e la corresponsione del 10% del costo di realizzazione dell'impianto (( 144.607,93), oltre ad IVA. In data 14.03.2001 il comune emetteva due mandati di pagamento, per complessivi 159.068,72, che la SIEMEC comunicava di trattenere

a titolo di acconto.

Con il ricorso in epigrafe, l'interessata, assumendo che il Comune non si è adoperato per ottenere tempestivamente l'autorizzazione dell'impianto principale e per richiedere l'autorizzazione dell'"impianto bottini", mentre si è avvalso di un servizio (di trasporto dei materiali di rifiuto derivanti dall'esercizio dell'impianto di depurazione, fornitura dei prodotti chimici, ecc.), chiede in via principale, che il Comune sia condannato: 1) a corrispondere la revisione prezzi (( 14.205,70), oltre a rivalutazione e interessi legali; 2) il risarcimento di tutti i danni esposti in narrativa, per un ammontare complessivo pari a 239.105,88 e, in subordine, in caso di mancato riconoscimento dell'inadempienza del comune, a titolo di

indebito arricchimento, ai sensi dell'art. 2041 c.c.

In via istruttoria parte ricorrente chiede disporsi C.T.U. al fine della verifica dei conteggi effettuati, posti a

base delle domande attrici.

Si è costituita l'amministrazione, controdeducendo dettagliatamente in punto di fatto, eccependo che il ritardo non è ad essa imputabile, che la proposta venne da essa accettata come contropartita del riaffidamento a trattativa privata senza bando, e che il certificato di collaudo ricevuto riguardava altro impianto, soggiungendo di avere versato l'importo che ritiene dovuto, di 308.000.

Sono seguite memorie di replica della ricorrente, che afferma appartenere al G.A. la giurisdizione, sulla scorta di Corte cost. n. 204/2004, e della P.A. resistente, che, tra l'altro, sostiene di avere diligentemente operato, e che è stata la Provincia a richiedere il certificato di collaudo solo per le opere autorizzate dalla

Regione, ecc.

All'udienza i difensori comparsi hanno svolto la discussione, quello della p.a. resistente eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito, dopo di che la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1- Come si evince dalla narrativa in fatto che precede, con il ricorso in epigrafe è stata introdotta un'azione di accertamento, e di conseguenziale condanna dell'amministrazione convenuta, in ordine, sostanzialmente, ad una serie di quelle che si assumono come vere e proprie inadempienze contrattuali.

Gli argomenti addotti a sostegno della domanda attengono tutti, in concreto, alla fase di esecuzione del contratto di appalto (stipulato originariamente a seguito dello svolgimento di una pubblica gara, ed in un secondo tempo rinnovato per tre anni e sei mesi a trattativa privata - si dice - senza bando). Di più: i titoli fondativi del diritto al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente, prima ancora che all'esecuzione del contratto, attengono all'interpretazione dello stesso, contestandosi dalle parti del contratto il contenuto di determinate clausole contrattuali e gli effetti che ne discendono, segnatamente in ordine al soggetto sul

quale gli stessi sono destinati a ricadere.

Così, quanto al ritardo nell'ottenimento delle prescritte autorizzazioni, e del conseguente tardato avvio del servizio inerente alla conversione dell'impianto preesistente (cui si è accennato in narrativa), si discute se lo stesso sia addebitabile alla stazione appaltante (come sostiene parte ricorrente), o meno.

Analogamente, si discute in ordine all'ammortamento dei costi di realizzazione del servizio, sulla scorta delle previsioni contrattuali, e in ordine all'impianto cui si riferiva il certificato di collaudo presentato dalla ricorrente.

Da quanto sopra accennato emerge, in altre parole, che la controversia attiene alla fase di esecuzione del contratto stipulato con una P.A., oltre che all'interpretazione del contratto medesimo. Orbene, è noto che le controversie che si inscrivono in simile contesto - nelle quali, cioè si fa questione, appunto, di esecuzione e interpretazione del contratto - sia pure concernente materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A., appartengono alla cognizione del giudice ordinario. Un simile orientamento, affatto consolidato e prevalente, se non proprio univoco, è seguito dalla giurisprudenza non soltanto del G.O., ma anche (con qualche rara eccezione) del giudice amministrativo, sulla scorta del criterio di separazione della giurisdizione elaborato da giurisprudenza e dottrina. In base a tale criterio, tutto ciò che attiene alla fase c.d. a evidenza pubblica - vale a dire, concernente la formazione della volontà della P.A. - appartiene al G.A., laddove tute le liti che si innestano nella fase di esecuzione del contratto (ivi comprese quelle discendenti dall'interpretazione del contratto, al fine di verificare quali siano diritti ed obblighi vicendevoli scaturenti dalla fonte contrattuale per le parti) appartengono al G.O.

È ben noto poi, che, per quanto discutibile possa apparire detto criterio, esso si fonda sulla tradizionale dicotomia, in ordine al tipo di posizione giuridica fatta valere in giudizio: interesse legittimo - diritto soggettivo. Ed invero, le controversie che si innestano sulla fase di formazione della volontà della p.a.

atterrebbero, per tale concezione, a posizioni giuridiche qualificabili come interesse legittimo, laddove quelle riguardanti la fase di esecuzione e interpretazione del contratto attengono a posizioni qualificabili

come diritto soggettivo (o, reciprocamente, obbligo).

2- Su tale criterio non pare in grado di influire nemmeno la richiamata, famosa sentenza della Corte costituzionale 6-7 luglio 2004 n. 204 la quale, restringendo la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di pubblici servizi e in tema di comportamenti della p.a., ha teorizzato che soltanto laddove detti comportamenti si presentino come manifestazione o esplicitazione di poteri pubblici o autoritativi, la giurisdizione sulle controversie che ne discendono appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Infatti, la Corte costituzionale non ha inteso toccare - né, del resto poteva, non essendo stata investita della relativa questione - la summa divisio concernente la materia dei contratti della p.a., di cui si è detto, imperante (in base al richiamato indirizzo giurisprudenziale) finanche nella materia della concessione di beni pubblici, attribuita alla giurisdizione esclusiva del G.A. fin dall'emanazione della legge

(15)

n. 1034 del 1971, giurisdizione che mai (o ben raramente), da parte dello stesso G.A. - si è ritenuta estesa alla fase di esecuzione del contratto. (per una recente pronuncia in termini, si veda TAR Lombardia - BS,

27 giugno 2005 n. 673).

Soluzione diversa il legislatore ha inteso adottare, come è noto, in relazione alla materia degli accordi raggiunti tra organi della p.a. e privati, in sostituzione di provvedimenti, ai sensi dell'art. 11 della legge n.

241 del 1990, il quale sancisce la giurisdizione esclusiva del G.A. sulle controversie in materia di accordi per l'intera gamma di controversie ipotizzabili al riguardo, includendovi espressamente quelle concernenti la fase di esecuzione dell'accordo. Ma, come ognun vede, non versandosi, nel caso di specie, in ipotesi di accordi ex art. 11 citato, bensì in materia di contratti pubblici in senso proprio (sia pure seguiti ad una fase di evidenza pubblica), non si vede come possa prescindersi dall'applicazione della regola menzionata.

La conseguenza delle considerazioni sopra accennate è che la giurisdizione sulla controversia che ne occupa, inerente alle inadempienze contrattuali di cui si è detto, appartiene al giudice ordinario.

3- Vero è che, in relazione alla ulteriore domanda di riconoscimento del diritto alla revisione dei prezzi parrebbe potersi sostenere la tesi contraria. In tal senso depone, infatti, una parte della giurisprudenza che, ravvisando nella decisione sulla richiesta di revisione un minimum di potere discrezionale della p.a., è venuta affermando l'appartenenza della controversia che ne deriva alla giurisdizione del G.A. Vero è, altresì, che il nuovo "codice dei contratti pubblici", approvato con D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, all'art.

244, comma 3, stabilisce che la cognizione delle liti concernenti la clausola di revisione del prezzo e il relativo provvedimento applicativo appartiene alla giurisdizione esclusiva del G.A. Da ciò seguirebbe che la controversia che ne occupa, soltanto limitatamente a questa parte (marginale) apparterrebbe al giudice adito.

Tuttavia, premesso che l'entrata in vigore di detto codice è stata fatta slittare, rispetto all'originaria data di entrata in vigore, fissata al primo luglio 2006 all'inizio della legislatura in corso alla data attuale, si osserva, da un lato, che il ricorso all'esame è anteriore all'emanazione del menzionato decreto legislativo;

dall'altro, che ben difficilmente si giustificherebbe una frammentazione della controversia ai fini del riparto di giurisdizione (tanto più in presenza di oscillazioni in tema di revisione prezzi), con

l'assegnazione della stessa a due giudici diversi.

Conclusivamente, per le considerazioni su esposte, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Possono, tuttavia, compensarsi integralmente fra le parti le spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, dichiara il difetto di giurisdizione del

giudice amministrativo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 6 luglio 2006.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 SET. 2006.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Alessandro - Primo Presidente f.f. - Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione - Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere - Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere - Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere - Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere - Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere - Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere - Dott. BALLETTI Bruno - Consigliere - ha pronunciato la seguente:

ordinanza sul ricorso iscritto al n. 1724 del Ruolo Generale dell'art. 41 c.p.c., per regolamento preventivo di giurisdizione proposto da:

COMUNE DI ACIREALE (CT), in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare in giudizio da Delib. G.M. 18 novembre 2005, n. 143, e elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Germanico n. 12, int. 4, presso lo studio dell'avv. Franco Di Lorenzo, rappresentato e difeso dall'avv. MANDAGLI Nunzio, per procura in calce al ricorso;

- ricorrente - contro S.I.E.T. s.p.a. (d'ora in avanti SIET), con sede in (OMISSIS), in persona dell'amministratore, rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso, dall'avv. MIRONE RUSSO Antonino, del foro di Catania, con studio ivi, alla Via Vecchia Ognina, n. 142/B;

- controricorrente - nel processo iscritto al n. 12662/04 del R.G. degli affari civili del Tribunale di Catania, promosso dalla SIET nei confronti del Comune di Acireale, per far dichiarare la illegittimità delle decurtazioni operate dall'ente locale sui corrispettivi dovuti alla società per

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