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DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO ED ILLUSTRAZIONE DELLE TESI MEDICO-LEGALI

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Academic year: 2022

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DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO ED ILLUSTRAZIONE DELLE TESI MEDICO-LEGALI

Dr. Luigi Mastroroberto

In occasione del convegno, nel rispetto della tradizione ormai consolidata della Associazione Melchiorre Gioia, è stato presentato un caso clinico, portato poi alla discussione dopo la sua illustrazione. Si tratta di un caso di responsabilità professionale che nasce da un intervento chirurgico su di un’anca, poi complicatosi con una lesione neurologica.

Il caso è il seguente:

C. R. nata il 16/1/49. Impiegata (riferisce di avere ripreso l’attività lavorativa nel settembre del 1996 nelle stesse mansioni).

Anamnesi remota

Paziente affetta da lussazione congenita dell'anca bilaterale, trattata all'età di 2 anni con apparecchi gessati portati per 2 anni circa. Successivamente si rese necessario intervenire chirurgicamente, mediante "osteotomia derotativa e varizzante". Tale trattamento chirurgico fu effettuato dapprima alla coxo-femorale sn (8/2/68) ed in seguito a dx (13/1/71). Il 30/1/74, inoltre, i sanitari del medesimo nosocomio sottoposero la p. ad un ulteriore intervento chirurgico per l'asportazione dei mezzi di sintesi all'anca dx.

Per la patologia da cui è affetta, la Commissione di prima istanza per l’accertamento degli stati di invalidità civile, in seduta del 22/4/93 riconobbe la p. invalida nella misura del 46% (ha fatto richiesta di aggravamento ed è in attesa di visita da parte USL).

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Anamnestico recente

Dall'esame della documentazione medica risulta che, accusando ormai da diverso tempo coxalgia ingravescente (specie a dx), in data 11/4/95 la p. si recò a controllo ambulatoriale ed in tale occasione, riscontrata radiologicamente la presenza di coxartrosi dx, fu consigliato l'intervento chirurgico di artroprotesi totale.

Per tale motivo, la p. fu ricoverata il 20/11/95 in 3ª Divisione con la diagnosi di:

"Coxartrosi dx".

Dalla copia della relativa cartella clinica, in merito ai dati anamnestici recenti ed obiettivi d'ingresso di nostro interesse, si legge:

"... rientra, da circa 6 anni riferisce coxalgia bilaterale più accentuata a dx. Quadro clinico di anca abdotta a dx con articolarità limitata per metà sui vari piani, adduzione non consentita...".

L'Rx bacino effettuato il 22/11/95 confermò quanto già in precedenza rilevato, cioè "fenomeni degenerativi di tipo artrosico bilateralmente a livello coxo-femorale più evidenti a dx".

Il 29/11/95, pertanto, venne eseguito l'intervento di "artroprotesi ibrida", così refertato:

"... incisione laterale sulla pregressa cicatrice. Aperta la articolazione con notevole difficoltà Si

Medico Legale, Consulente di Direzione dell’Unipol, Bologna

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esegue resezione della testa e si modella il cotile applicando una protesi ibrida Depuy. Al risveglio paralisi dissociata dello sciatico. Sutura...".

Proseguendo nella lettura del diario clinico, risulta quanto segue:

• 29/11/95: "... post-operatorio apiretica. Si constata al rientro in reparto paralisi di SPE dal lato operato...";

• 30/11/95: "... invariata la paralisi di SPE...";

• 4/12/95: "... Rx: protesi in sede... continua elettroterapia in territorio di SPE a dx. Porta Molla di Codivilla...";

• 6/12/95: "... riferisce dolore toracico...";

• 7/12/95: "... Rx torace: lieve sfumatura al 3° esterno del profilo dell'emidiaframma sn...".

Dimessa pertanto il 9/12/95 con consiglio di astenersi dal carico sull'arto operato e prescrizione di terapia medica ed elettroterapia in territorio di SPE a dx, nel prosieguo la sig.ra Volta venne seguita ambulatorialmente sempre dai sanitari dell'IOR:

• il 29/12/95 si segnala dolore urente in territorio di SPE dx da probabile fenomeno di reinnervazione;

• il 9/1/96 fu refertato: "... anca dx ben mobile, estesa. Rx: va bene, protesi in sede. Permane la paralisi di SPE che è tuttavia in via di risoluzione. TA+---, ECD+---, EPA+--- Riferisce tuttavia dolore da reinnervazione. Può iniziare il carico a dx. Abbandonerà un bastone tra 10 gg. EMG in territorio di SPE. Cure fisiche e mediche...". L'elettromiografia venne eseguita il 25/6/96 e fu così refertata: "... esiti di paralisi di SPE con buona reinnervazione dell'estensore

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comune delle dita, ancora scarsa reinnervazione dei tibiale anteriore e denervazione ancora completa dell'estensore breve delle dita...";

• l'8/2/96, l'11/3/96 e l'11/4/96 si diede atto di un lieve miglioramento della paresi e vennero prescritte ulteriori cure fisiche;

• il 25/6/96 si certificò: "... l'anca va bene. Persiste paralisi di SPE in fase di reinnervazione. Ancora assente la funzione del T.A. Peronei: +---. Consiglio di usare la Molla di Codivilla. Esegua elettrostimolazioni dei muscoli in territorio di SPE a dx...";

• il 26/8/96, rilevato un quadro caratterizzato da parestesia al piede dx, con EPA ed ECD ++-- ed anca dx estesa ed ampiamente mobile, fu consigliato di proseguire con l'elettroterapia.

Nel frattempo, il 18/3/96 la p. era stata vista anche dal prof. S., ortopedico, il quale aveva fatto risalire la paresi dell'SPE alla "compressione protratta intraoperatoria a livello del capitello peroneale", ritenendo tuttavia il quadro clinico risolvibile.

Il 10/2/97 la sig.ra Volta fu visitata anche da uno specialista in psichiatria, che così concluse il suo esame clinico:

"... la p. è affetta da una sindrome ansioso-depressiva e comportamentale incrementata da attacchi acuti di angoscia, ritiro sociale ed inibizione motoria. Viste le condizioni di pressoché totale inemendabilità della patologia accidentale occorsa alla paziente... è molto attendibile che la sindrome psichiatrica sofferta dalla p. possa nel tempo cronicizzarsi sviluppando sorta di ulteriore progressivo impoverimento patologico della personalità e del comportamento...".

Infine, il curante, in un certificato del 28/5/97, attestò che la propria assistita aveva subito negli ultimi

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tempi un ulteriore aggravamento.

Sintomatologia attuale

Al momento la paziente lamenta miglioramento della sintomatologia dolorosa all’anca dx, ma peggioramento a quella sn, ma soprattutto notevoli difficoltà deambulatorie dovute al deficit neurologico.

Esame obiettivo

Soggetto normo-tipo in buone condizioni generali.

Altezza m. 1,60; peso 55 Kg.. Psiche e sensorio integri.

La perimetria comparata degli arti inferiori, dove peraltro si rileva una dismetria per dx maggiore sn di 3,5 cm, non evidenzia disparità in nessuno dei principali punti di rilevamento.

Alla radice dell’arto inferiore dx si apprezzano due formazioni cicatriziali: una più anteriore di 22 cm, relativa all’intervento del ’95, l’altra più posteriore di 21 cm relativa all’intervento al precedente intervento di osteotomia.

L’anca dx è dotata di una discreta mobilità passiva, con escursione pari a circa 2/3 di quella teorica.

Anche il ginocchio non presenta particolari aspetti patologici. A carico della gamba e del piede si segnala la presenza di una paresi in territorio di SPE che interessa in modo quasi completo l’EPA e il TA, in maniera incompleta l’ECD.

Per completezza si segnala altresì un risentimento lombare e a carico della sacro-iliaca dx da mettere in relazione alla dismetria degli arti.

La deambulazione in piano e senza scarpe è caratterizzata da un classico steppage da deficit del SPE.

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Ad un secondo accertamento clinico effettuato nell’anno 2001, in corso di CTU, fu registrata una ulteriore ripresa dell’attività neurologica in territorio di SPE, con discreto recupero anche dell’EPA e del TA.

Nulla a carico degli altri organi ed apparati da riferire al sinistro in esame.

Terminata l’illustrazione del caso clinico, è stata illustrata una prima tesi, quella sostenuta, nella simulazione, dal consulente di parte attrice, il quale ha proposto le seguenti considerazioni:

Nel caso in esame si discute di una lesione neurologica, segnatamente una paralisi in territorio di nervo sciatico-popliteo-esterno, manifestatasi dopo un intervento di artroprotesi di anca.

I quesiti medico-legali da affrontare sono dunque essenzialmente tre: stabilire se vi è rapporto causale fra l'operato dei sanitari ed il realizzarsi della complicanza, verificare, in caso di risposta affermativa, se la stessa complicanza fu il frutto di un comportamento colposo e, infine, accertare il valore (in termini medico-legali) del danno di cui la complicanza si è resa responsabile.

Sul primo punto la risposta è certamente affermativa, non essendovi alcun dubbio sul fatto che la paralisi in territorio di nervo sciatico, dallo stesso lato in cui fu effettuato l’intervento, si realizzò proprio nel corso dell’intervento.

Per quanto attiene al secondo quesito, il ruolo del consulente di parte attrice si limita nella fattispecie ad evidenziare che, trattandosi di un evento avverso determinato dall’intervento, evento che è strettamente legato alla manualità dell’operatore e che ha comportato una condizione peggiorativa della paziente, secondo giurisprudenza ormai consolidata la colpa è da presumere, restando a carico del

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sanitario dimostrare che si trattò di un fatto accidentale, imprevedibile ed inevitabile.

Passando quindi ad affrontare gli aspetti valutativi del danno determinato dalla lesione neurologica, va riconosciuto anzitutto un periodo di inabilità temporanea biologica, inteso come prolungamento della inabilità che un interveto di artroprotesi d’anca non complicato avrebbe comunque comportato, di 20 giorni a totale e di almeno altri 60-70 giorni a parziale.

Vi è poi un danno permanente biologico che va valutato tenendo conto non solo della paralisi quasi completa in territorio di SPE, ma anche del fatto che tale grave deficit distale dell’arto concorre con le menomazioni preesistenti legate alla malattia di base (lussazione congenita delle anche) a determinare un complessivo maggior pregiudizio alla intera funzione deambulatoria.

Per tale motivo, il danno permanente biologico è da stimare nel 20-25%.

La paziente, impiegata, ha ripreso alla fine lo stesso lavoro che svolgeva al momento dell’intervento, conservando mansioni e guadagno. Ciò non toglie che la particolare menomazione di cui discutiamo e l’aggravio significativo che essa determina sulla capacità deambulatoria della paziente si ripercuotono in misura significativa anche durante l’espletamento dell’attività lavorativa, rendendo la stessa particolarmente gravosa ed usurante, situazione questa che, al pari, deve essere oggetto di specifica azione risarcitoria.

Sempre nel rispetto della simulazione di una Consulenza Tecnica d’Ufficio, è stata poi prospettata la

“tesi difensiva”:

In riferimento ai tre principali quesiti già illustrati dal C.T. di parte attrice (stabilire se vi è rapporto

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causale fra l'operato dei sanitari ed il realizzarsi della complicanza, verificare, in caso di risposta affermativa, se la stessa complicanza fu il frutto di un comportamento colposo e, infine, accertare il valore del danno di cui la complicanza si è resa responsabile), si concorda sul fatto che alla prima domanda, quella cioè riguardante il nesso causale fra interveto e complicanza è certamente affermativa.

In relazione invece al ricorrere o meno di una colpa professionale, nonostante il richiamo che è stato fatto alla giurisprudenza oggi prevalente, ci sembra che ugualmente il caso debba essere analizzato più approfonditamente, per verificare se la già più volte citata lesione nervosa sia da considerare il frutto di un errore medico per imperizia, imprudenza o negligenza, ovvero una mera complicanza accidentale, non evitabile ed indipendente dall’operato dei sanitari.

E nel fare ciò iniziamo col dire che le lesioni del nervo sciatico in corso di interventi di artroprotesi totale di anca rappresentano una complicanza non frequente (a seconda delle statistiche l’evento si verifica con una frequenza che varia dallo 0,7% al 2,8%), ma certamente conosciuta. In circa un terzo dei casi in cui si verificano tali lesioni residuano alla fine, come è avvenuto nel caso di specie, dei danni permanenti. In assoluto il nervo che risulta maggiormente leso (ed anche questo è avvenuto nel caso in esame) è il nervo peroneo comune, altrimenti detto sciatico popliteo esterno (SPE).

Per cercare di meglio inquadrare i meccanismi attraverso cui si realizzano tali complicanze si è effettuata una ricerca bibliografica estesa ed aggiornata, rilevando da questa che fino a qualche anno fa si riteneva che la lesione si verificasse con il meccanismo della trazione per elongazione dell’arto, tanto da far discutere a lungo se, per evitare una siffatta evenienza, fosse preferibile l’approccio chirurgico per via posteriore o per via laterale.

Negli ultimi anni però, studi sia prospettici, sia retrospettivi, finalizzati appunto a verificare ulteriormente i meccanismi lesivi del nervo sciatico, sono giunti alla conclusione che non solo la complicanza si verifica indipendentemente dalla tecnica chirurgica utilizzata, ma che anche

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provvedimenti sofisticati, quali ad esempio la registrazione elettromiografica intraoperatoria, ovvero addirittura il monitoraggio (sempre intraoperatorio) dei potenziali evocati somatosensoriali, associati alle massime cautele possibili non sono alla fine di alcuna utilità nel prevenire tali complicanze, che negli studi effettuati si sono comunque realizzate.

In sostanza, la letteratura più recente, revisionando i precedenti concetti e le precedenti ipotesi, è giunta alla conclusione che, salvo i rarissimi casi in cui si verifica una sezione diretta del nervo, per errore del chirurgo (e questo certamente non è quanto accaduto nel caso in esame), per il resto i meccanismi di lesione del nervo sciatico restano sconosciuti ed ancora tutti da individuare.

Si può solo dire che il meccanismo in precedenza supposto di lesione per elongazione dell’arto o di alterazione post-operatoria del centro di rotazione dell’anca appare improbabile e che, statisticamente, le donne sembrano colpite più degli uomini (ma anche questo per motivi del tutto inesplicabili).

Ritenendo decisamente improbabile che nella fattispecie possa essersi verificato ciò che è stato ipotizzato (compressione intraoperatoria del nervo a livello della testa del perone, ipotesi questa che non è suffragata da alcun riscontro, né sembra verosimile, visto che l’accesso chirurgico fu laterale e non si comprende quindi in che modo possa essere stata esercitata detta compressione incongrua e prolungata) nel proporre delle nostre ipotesi sull’accaduto non resta che mutuare quanto suggerito dai vari Autori consultati:

• “le lesioni dei nervi e dello sciatico in particolare in corso di artroprotesi di anca sono da correlare alle varianti anatomiche dei pazienti ed alla complessità dell’intervento e non di per sé al tipo di approccio chirurgico”;

• “Il rischio di lesioni neurologiche a seguito di artroprotesi totale di anca risulta significativamente maggiore in caso di revisioni di campi operatori e/o reinterventi ed in caso di interventi effettuati da chirurghi inesperti.

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E dunque, se ci rifacciamo a queste due affermazioni (che a quanto ci risulta rappresentano oggi l’orientamento prevalente della letteratura specializzata) è da ritenere che nel caso in esame la lesione del nervo sciatico, in assenza di un preciso evento lesivo ben individuabile e definibile, è da considerare una complicanza del tutto accidentale, realizzatasi con meccanismi non conosciuti, ma non diversi da quelli che solitamente generano tali lesioni, comunque indipendenti dall’operato del Chirurgo, che affrontò il caso con tecnica corretta.

Peraltro, rifacendoci ai dati della letteratura e, in particolare, alla seconda delle due citazioni sopra riportate, nel caso in esame individuiamo tutti i principali fattori di rischio oggi noti, in particolare che la patologia di base era una displasia congenita di anca, che il paziente è di sesso femminile e che, soprattutto, si trattava di intervenire su un campo operatorio che era già stato oggetto di precedente intervento (peraltro, che la situazione anatomica preesistente avesse reso il campo particolarmente indaginoso, lo dice lo stesso chirurgo nel referto operatorio, quando scrive che la apertura della articolazione avvenne con “... notevole difficoltà”).

E sempre rispetto alle varie ipotesi prospettate sopra, dubito francamente che un professionista come il prof. G., possa essere considerato “chirurgo inesperto”.

In definitiva ci sembra che in questo caso, in mancanza di una evidente causa della lesione, per i motivi sopra esposti vi siano elementi tecnici che quanto meno legittimano la tesi della lesione

“accidentale”, nel cui determinismo hanno giocato un ruolo predisponente soprattutto la patologia di base (displasia congenita di anca), il fatto che si trattava di un secondo intervento per la stessa patologia e la difficoltà del campo operatorio che da tutto ciò ne è disceso.

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Si completa comunque il giudizio affrontando l’ultimo quesito che il caso pone, quello cioè riguardante la valutazione, in termini civilistici, del danno ascrivibile alla complicanza di cui si discute.

In ciò si concorda col CTP, allorquando identifica un maggior periodo di inabilità temporanea di circa 20 gg a totale ed altri 60-70 giorni a parziale.

Ci sembra invece esuberante la valutazione che egli propone del danno biologico, sia perché la paralisi di SPE non è del tutto completa e sembra in via di lenta, ma progressiva ripresa.

A nostro parere, sembrerebbe più equo individuare un danno permanente biologico del 15%.

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:

1) Nercessian et al. “Peripheral nauropathies following total hip arthroplasty”; J. Arthroplasty, 9(6):645-51, 1994 Dec;

2) Navarro et al. “Surgical approach and nerve plasy in total hip arthroplasy”; J. Arthroplasty, 10(1):1- 5 1995 Feb;

3) Weale et al. “Nerve injury after posterior and direct lateral approaches for hip replacement. A clinical and electrophysiological study”; J Bone Joint Surg Br, 78(6):899-902 1996 Nov;

4) Rasmussen et al. “Efficacy of corticosomatosensory evoked potential monitoring in predicting and/or preventing sciatic nerve plasy duringo total hip arthroplasty”; J Arthroplasty, 9(1)53-61 1994 Feb;

5) Nercessian et al. “Postoperative sciatic and femoral nerve plasy with reference to leg lengthening and maedialization/lateralization of the hip joint following total hip arthroplasty”; Clin Orthop, (304):165-71 1994 Jul;

6) Pereles et al. “Surgical maneuvres placing the sciatic nerve at risck during total hip arthropalsty as assessed by somatosensory evoked potential monitoring”; J Arthroplasty, 11(4):438-44 1996 Jun

Riferimenti

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