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Autosufficienza. Ieri, oggi, domani. “...Eppur si muove....”. Dal peccato di omissione al peccato di commissione - Judicium

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F

ABIO

S

ANTANGELI

Autosufficienza. Ieri, oggi, domani. “...Eppur si muove....”. Dal peccato di omissione al peccato di commissione

Sommario: Premessa. - Sezione prima: L’autosufficienza ieri e l’altro ieri. - 1. Il principio di autosufficienza nella Giurisprudenza di Legittimità anteriore alla riforma del 2006. Le critiche della dottrina. - 2. La riforma del procedimento di cassazione del 2006. - 3. Gli orientamenti incerti e contraddittori della giurisprudenza della Corte di Cassazione sulla portata del principio di autosufficienza dopo la riforma del 2006: davvero un “repertorio bon à tout faire” quanto alla necessità, o anzi addirittura al divieto, di trascrizione di parti del processo nel ricorso. - 4. Segue.

L’introduzione, ad opera della Giurisprudenza della Corte di Cassazione, dell’ulteriore e gravoso onere di produrre, nuovamente e separatamente nel fascicolo del giudizio di legittimità, gli atti posti a fondamento del ricorso. - 5. Critiche ai recenti orientamenti della Corte di Cassazione in tema di autosufficienza, alla luce dell’attuale assetto normativo delineato dal D.Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006. - 6. Segue. Sui, parimenti criticabili, indirizzi giurisprudenziali della Corte di Cassazione in tema di specifica ed ulteriore produzione, in sede di legittimità, degli atti posti a fondamento dell’impugnativa. - 7. Segue. Gli ostacoli di ordine pratico al corretto assolvimento dell’onere di produzione dei documenti nel fascicolo del giudizio di cassazione. Aspetti problematici e possibili soluzioni. - Sezione seconda: L’autosufficienza oggi e domani (dal 2013 all’infinito…). -1. L’evoluzione concettuale nell’ultimo biennio. Tra l’onere di trascrizione integrale e i profili di completezza e specificità dopo la riforma del 2012, la lettera del primo presidente della Corte di Cassazione, le determinazioni delle corti sovranazionali. Una ulteriore suggestione alla rivisitazione del principio ed all’abbandono della sanzione dell’inammissibilità. - 2. L’evoluzione giurisprudenziale. Il contenuto del ricorso: una posizione ormai definita sulla

“esposizione sommaria degli atti della causa”. - 2a. Segue. Il contenuto del ricorso: il principio di autosufficienza ed i motivi per i quali si chiede la cassazione. - 2b. Segue. Il principio di autosufficienza e il deposito dei documenti richiamati nel ricorso nel fascicolo di parte. - 3. Sulla opportunità di un auspicabile intervento chiarificatore delle Sezioni Unite. 4. Istruzioni per l’uso - 5. Il principio di autosufficienza domani: alla prova del processo telematico.

Premessa.

Il principio dell’autosufficienza delle difese delle parti nel giudizio di cassazione1 continua a occupare gli operatori teorici e pratici del processo2.

1Un principio, peraltro, che mostra una insospettata capacità espansiva; in arg. v. se vuoi, CASTALDI, Il principio di autosufficienza dell’atto introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, in www.

norma.dbi.it (non letto) in Rass. amm. sic., 2009, 390 ss.

2Da ultimo, il tema è stato oggetto del Convegno organizzato dall'Associazione Nazionale Forense, che si è svolto a Roma il 16 dicembre 2014, “II ricorso per cassazione in materia civile. La funzione di

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Recenti evoluzioni legislative, dottrinali, giurisprudenziali, ne suggeriscono una rivisitazione; e siccome di questa regola mi sono già occupato nel 2012, ritengo opportuno ripartire riportando con poche modifiche quanto già sostenuto, per poi valutare se e cosa sia cambiato nell’ultimo biennio, e poi infine cosa cambierà nel prossimo futuro.

Sezione prima: L’autosufficienza ieri e l’altro ieri.

1. Il principio di autosufficienza nella Giurisprudenza di Legittimità anteriore alla riforma del 2006. Le critiche della dottrina.

Il c.d. principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di esclusiva genesi pretoria, non trova alcuna espressa regolamentazione normativa nel codice di rito civile, né alcun riferimento o indicazione che ne legittimi la ricostruzione esegetica sotto il profilo sistematico.

Nonostante ciò, detto principio è uno degli strumenti maggiormente adoperati dalla Suprema Corte per la falcidiazione, sotto il profilo dell’inammissibilità, dei numerosi ricorsi che hanno sempre più esponenzialmente incrementato i giudizi pendenti dinanzi al Giudice di Legittimità.

La lettura dei repertori dell’immediato dopoguerra rivela come il principio di autosufficienza fosse all’epoca del tutto assente – oltre che dall’assetto normativo – dal panorama giurisprudenziale italiano. I requisiti della completezza e specificità del ricorso venivano letti dalla Corte di Cassazione nel senso di richiedere che l’atto introduttivo rappresentasse – sia pure in via sommaria – un quadro esaustivo delle circostanze e degli elementi di fatto oggetto della controversia, nonché dello svolgimento del giudizio di merito nelle sue varie fasi, in modo da poter trarre dal solo ricorso sufficiente cognizione della censura e delle questioni giuridiche alla stessa sottese3.

nomofilachia della Corte fra filtri di ammissibilità, principio di autosufficienza e dovere di sinteticità”, con le relazioni di Eduardo Campese, Andrea Melucco, Fabio Santangeli, Lucia Tria.

3V. Cass. 15 marzo 1952, n. 720.

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Tale lettura giurisprudenziale rimase immutata finché la Corte di Cassazione, nei primi anni ottanta, iniziò – a mio avviso in maniera anche ragionevole – a rivedere il proprio orientamento sulle tecniche di redazione e sui requisiti formali dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità4, richiedendo, a pena di inammissibilità del motivo di gravame, il rispetto dei principi di specificità, completezza, chiarezza e precisione nella redazione dei ricorsi. Nella seconda metà degli anni ottanta, il principio di autosufficienza iniziò ad apparire sullo scenario giurisprudenziale5, assumendo, all’inizio, perlopiù le sembianze di un “fratello gemello” del canone di specificità e completezza, il cui rispetto è stato da sempre preteso dalla giurisprudenza di legittimità.

Nel primo periodo di operatività, ha trovato infatti applicazione, nelle pronunce della Suprema Corte, una sorta di versione light del principio di autosufficienza6, che si traduceva nell’obbligo della precisa indicazione topografica, in seno al ricorso, del luogo, o meglio dell’atto o verbale di causa cui si richiamava la doglianza7.

Dopo la prima fase applicativa, la giurisprudenza di legittimità dà alla luce una versione più rigida del principio di autosufficienza8, la cui ratio implicita non risiede più nella

4V. Cass. 8 settembre 1983, n. 5530, in Giust. civ. Mass. 1983, VII, 85: “Ai fini dell’ammissibilità della censura di difetto di motivazione, il ricorrente in cassazione ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che assume essere stati trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice del merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sé tutti gli elementi che consentono alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure in esso formulate”.

5Tra le prime pronunce in cui compare per la prima volta l’espressione “autosufficienza del ricorso per cassazione”, cfr. Cass. 18 settembre 1986, n. 5656, in Giust. civ. Mass., 1986, VIII, 9; Cass. 22 marzo 1993, n. 3356, in Giust. civ. Mass., 1993, 533; Cass. 2 febbraio 1994, n. 1037, in Giust. civ. Mass., 1994, 104.

6Che può definirsi anche come una versione più “severa” del requisito della completezza dei motivi.

7V. Cass., 19 giugno 1995, n. 6927, in Giust. civ. Mass. 1995, VI: “La parte che deduca come mezzo di impugnazione per cassazione un vizio di motivazione della sentenza imputata, da correlarsi alla mancata ammissione di incombenti istruttori da lei articolati, ha l'onere di indicare, nel ricorso, il momento del processo in cui ebbe a dedurre l'incombente assunto non ammesso e l'oggetto preciso di questo, perché solo tali indicazioni possono consentire al giudice della legittimità - cui resta precluso l'esame diretto degli atti di causa - di verificare la decisività della prova offerta e denegata, e di accertare, quindi, la fondatezza della domanda”.

8Sulla bipartizione tra la versione “rigorosa” e quella “più indulgente” del principio in esame v. CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione: l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, in www.judicium.it.

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necessità che le censure presentino il giusto grado di specificità e completezza, ma di fatto nell’esigenza – comprensibile, ma allo stesso modo non condivisibile nelle modalità in cui si tenta di soddisfarla – di deflazionare l’imponente carico di ricorsi che negli ultimi anni hanno invaso la Suprema Corte. Quest’ultima versione applicativa del principio di autosufficienza ha portato il Giudice di Legittimità a non accontentarsi della mera indicazione nel ricorso dei documenti da consultare, ed invece a richiedere – a pena di inammissibilità – l’integrale trascrizione degli atti processali – memorie, verbali d’udienza, consulenze d’ufficio o di parte, documenti e testimonianze – posti a fondamento del ricorso9.

Il fondamento giuridico di tale lettura estrema del principio di autosufficienza è stato individuato dalla Corte di Cassazione nel limitato potere della stessa di acquisire tutti gli elementi utili alla decisione unicamente dagli atti del giudizio di legittimità – e cioè dal ricorso, dal controricorso ed eventualmente dalla sentenza impugnata – stante l’asserito divieto per il Supremo Collegio di compiere indagini integrative, e quindi di visionare ed esaminare (salvo che i vizi processuali configurino errores in procedendo) gli atti processuali precedenti ed i documenti prodotti nella fase di merito10.

9V. Cass. 11 febbraio 2009, n. 3338, in Guida al diritto 2009, 16, 75: “Con riferimento al regime processuale anteriore al D.lgs. n. 40 del 2006, a integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente - ai sensi del n. 5 dell'art. 360 c.p.c. (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione deve essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi del n. 3 dell'art.

360 o di un vizio integrante "error in procedendo" ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma) - la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d'ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità, essa è rinvenibile.”; Cass., 25 luglio 2008, n. 20437, in Guida al diritto 2008, 40; Cass., 05 marzo 2003, n. 3284, in Giust. civ. Mass., 2003, 462: “Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduca l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie ha l'onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non o male valutate, nonché di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse.”. Nello stesso senso v. Cass., 10 marzo 2000, n. 2802, in Giust. civ. Mass., 2000, 566; Cass. 25 marzo 1999, n. 2838, in Giust. civ. Mass., 1999, 675.

10V. Cass. 24 novembre 1999, n. 10017, in Giust. civ. Mass., 1999, 2342; nello stesso senso v. Cass. 09 aprile 2009, n. 8708, in Guida al diritto, 2010, XII: “(…) poiché il ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza (art. 366 c.p.c.) - deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti esterne allo stesso

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L’esperienza giurisprudenziale delle pronunzie d’inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza si è affermata all’inizio, preminentemente, con riguardo all’ipotesi di vizio di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione di cui all’art.

360, primo comma, n. 5 c.p.c. In questo caso la Corte ha iniziato a pretendere dal ricorrente che censurava, sotto il profilo del vizio di motivazione, la mancata ammissione delle prove richieste nella fase di merito, l’indicazione adeguata e specifica del relativo contenuto11. Come passaggio ulteriore e conseguente, nell’ipotesi di censura dell’omessa ammissione di prove testimoniali nella fase di merito, è stata ritenuta necessaria – a pena di inammissibilità – l’integrale trascrizione dell’articolato della prova per testi, non potendo il ricorrente limitarsi ad indicare genericamente i temi di prova, né limitarsi ad indicare le circostanze oggetto di prova12. Lo stesso valeva anche con riferimento agli altri mezzi istruttori di cui si denunciava la mancata ammissione in sede di merito. Ad esempio, nel caso di mancata ammissione del giuramento decisorio, si richiedeva la trascrizione nel ricorso della formula in cui lo stesso era stato articolato13; allo stesso modo, nell’ipotesi di mancata ammissione dell’interrogatorio formale, la Cassazione

ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, qualora si deduca che la sentenza oggetto di ricorso per cassazione è censurabile sotto il profilo di cui all'art. 360, n. 5, c.p.c. per essere sorretta da una contraddittoria motivazione, è onere del ricorrente, a pena di inammissibilità, trascrivere, nel ricorso, le espressioni tra loro contraddittorie ossia inconciliabili contenute nella parte motiva della sentenza impugnata che si elidono a vicenda e non permettono, di conseguenza, di comprendere quale sia la "ratio decidendi" che sorregge la pronuncia stessa”.

11V. Cass. 16 marzo 2004, n. 5369, in Giust. civ. Mass., 2004, III: “Qualora in sede di ricorso per cassazione si deduca un vizio circa l'ammissione di un mezzo istruttorio, incombe alla parte ricorrente l'onere di indicare in modo adeguato e specifico il contenuto del cennato mezzo, poiché, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito al giudice di legittimità sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative”.

12V. Cass. 17 maggio 2006, n. 11501, in Rep. Foro it., 2006, voce Cassazione civile, n. 304, nella quale tuttavia l’enunciazione del principio di autosufficienza veniva utilizzata esclusivamente come argomento ad adiuvandum, ritenendo che in ogni caso il ricorso fosse infondato in quanto la prova per testi di cui si lamentava la mancata ammissione riguardava una sola delle diverse e autonome rationes decidendi, idonee ognuna a supportare la decisione. La Corte è poi arrivata addirittura a pretendere dal ricorrente l'onere di «una doppia trascrizione» degli articolati di prova testimoniale, richiedendo precisamente di riportare nel ricorso oltre al testo dei capitoli di prova non ammessi in sede di appello, del quale appunto si lamentava la mancata ammissione, anche il contenuto integrale delle deposizioni richieste e ammesse in prime cure. Sul punto v. Cass, 21 maggio 2004, n. 9711, in Giust. civ. Mass., 2004.

13V. Cass. 30 maggio 2002, n. 7923, in Rep. Foro.it., 2002, voce Cassazione civile, 172.

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riteneva necessaria la trascrizione, in seno al ricorso, del contenuto delle circostanze sulle quali la parte, in sede di merito, avrebbe dovuto rispondere14.

Anche nella diversa ipotesi di erronea o illegittima valutazione dei mezzi istruttori, la Corte di Cassazione richiedeva che il ricorrente specificasse, mediante integrale riproduzione, la risultanza processuale di cui si asseriva la mancata o insufficiente valutazione15. Ad esempio, in materia di prova testimoniale, veniva richiesta, oltre alla specifica indicazione dei fatti che ne costituivano l’oggetto, l’indicazione dei nomi dei testi e la trascrizione integrale delle relative deposizioni16. Parimenti, nell’ipotesi in cui si denunciava l’omessa valutazione di documenti considerati decisivi per il giudizio, è stato ritenuto non autosufficiente, e come tale inammissibile, il ricorso privo della trascrizione integrale degli stessi17. Infine, anche nell’ipotesi di erronea o mancata valutazione di una c.t.u., la Corte si è espressa nel senso di ritenere che le censure mosse alla consulenza dovessero possedere, in forza del principio di autosufficienza, un grado di specificità tale da consentire al Collegio di valutarne la decisività direttamente ed esclusivamente in base al ricorso, imponendo così al ricorrente di riportare per esteso le pertinenti parti della medesima consulenza ritenute erroneamente disattese18; analogamente, nel caso in cui si denunciava l’acritica adesione del giudice di merito alla c.t.u., la Cassazione prevedeva l’obbligo del ricorrente di trascrivere “i passaggi salienti e non condivisi della consulenza e di riportare il contenuto delle critiche ad essi sollevate,

14V. Cass., 05 giugno 2007, n. 13085, in Giust. civ. Mass., 2007, 6.

15Cfr., Cass., 12 maggio 2008, n. 11838, in Giust. civ. Mass. 2008, V, 706; Cass. 9 maggio 2008 n. 11517, in Giust. civ. 2008, X, 2132; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965, in Giust. civ. Mass. 2007, XII; Cass. 22 giugno 2007, n. 14853, in Giust. civ. Mass. 2007, VI.

16V. Cass., 22 marzo 2001, n. 4115, in Giust. civ. Mass. 2001, 550.

17V. Cass., 05 marzo 2003, n. 3284, in Giust. civ. Mass., 2003, 462; nel caso di specie si trattava di cambiali, originali e rinnovate, fatture e note di accredito. In senso conforme v. Cass., 11 luglio 2003, n.

10948, in Giust. civ. Mass., 2003, 12; Cass. 19 maggio 2005, n. 10598, in Rep. Foro it., 2005, voce Cassazione civile, n. 2219, secondo cui il ricorrente che in sede di legittimità denunci che, in contrasto con le risultanze testuali ricavabili dalla prova documentale, il giudice di merito sia incorso in errore tradottosi in vizio di motivazione, ha l’onere, alla luce del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare con chiarezza il documento ed il passo dello stesso (trascrivendone il contenuto) sul quale si sarebbe determinata l’erronea valutazione.

18Cfr. tra le tante, Cass. 11 aprile 2006, n. 8420, in Foro it., 2006, I, 3412; Cass. 28 marzo 2006, n. 7078, in Rep. Foro.it., 2006, voce Cassazione civile, n. 289; Cass. 07 marzo 2006, n. 4885, in Rep. Foro.it., 2006, voce Cassazione civile, n. 290; Cass. 30 agosto 2004, n. 17369, in Giust. civ. Mass. 2004, VII.

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al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice di merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d’ufficio”19.

Nell’ultimo decennio, la Suprema Corte ha operato un'ulteriore estensione20, o meglio generalizzazione, del principio in esame, ritenendolo applicabile a tutti i motivi di gravame, indipendentemente dal tipo di vizio denunciato, e quindi sia che esso fosse qualificabile come error in iudicando o come error in procedendo.

In particolare, con riguardo al motivo d’impugnazione previsto al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., la Corte di Cassazione ha previsto addirittura l’obbligo, in capo al ricorrente, qualora le censure comportino l’esame di regolamenti comunali o provinciali, di integrale trascrizione ed allegazione delle fonti normative richiamate.21 In questi casi, la Suprema Corte ha peraltro giustificato l’operatività di tale obbligo di trascrizione anche in considerazione dell’inapplicabilità, con riguardo alle norme giuridiche secondarie, del principio iura novit curia22.

Inoltre, nell’ipotesi di censura di un errore di diritto nell’interpretazione di una sentenza prodotta nel giudizio di merito, la Corte di Cassazione ha parimenti imposto l’onere di trascrizione della stessa23.

19Cass., 13 giugno 2007, n. 13845, in Giust. civ. Mass., 2007, VI.

20Reputata da alcuni come ingiustificata, ma a mio avviso logicamente coerente ed ineccepibile.

21V. Cass., 15 dicembre 2008, n. 29322, in Giust. civ. Mass., 2008, XII, 1778. Inoltre cfr. Cass. 18 febbraio 2000 n. 1865, in Giust. civ. Mass., 2000, 397. Conformemente, v. Cass. 16 novembre 2005 n. 23093, in Giust. civ. Mass., 2005, VII, nella quale la Corte di Cassazione ribadisce che “allorquando siano sollevate censure che comportino l'esame di un regolamento comunale, è necessario, a pena di ammissibilità, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che le norme del regolamento siano integralmente trascritte”. V. anche Cass. 29 maggio 2006, n. 12786, in Rep. Foro it., 2006, voce Cassazione civile, n. 267 e Cass. 2 dicembre 2004, n. 22648, in Rep. Foro it., 2004, voce Cassazione civile, n. 216.

22Conseguentemente – argomenta la Corte – nel caso in cui il giudice disponga di poteri istruttori, come accade nella fase di merito, lo stesso può acquisirne diretta conoscenza indipendentemente dall’attività svolta dalle parti, le quali possono limitarsi ad indicare gli estremi necessari per il reperimento di tali atti normativi; in sede di legittimità, invece, mancando detti poteri istruttori del giudice, il principio di autosufficienza impone – a pena di inammissibilità del ricorso – l’integrale trascrizione delle norme secondarie che si assumono violate.

23V. Cass., 29 settembre 2007, n. 20594, in Guida al diritto, 2007, 48, secondo cui “L'interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, ma nei limiti in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione. Ciò in forza del

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Come accennato, anche in relazione agli errores in procedendo si rinvengono numerose pronunce in cui trova applicazione il principio in esame. Al tal riguardo non si può non rilevare che il generale principio secondo cui la Cassazione diviene giudice anche del fatto (nel senso di potere esaminare i fascicoli di causa ed anche accertare e valutare autonomamente e direttamente il fatto processuale, senza il filtro cognitorio del Giudizio di merito) qualora vengano denunziati vizi di nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.24, farebbe cadere quel divieto, per il Supremo Collegio, di compiere indagini integrative – esaminando i fascicoli, di parte o d’ufficio, dei precedenti gradi di giudizio – posto a fondamento del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione25. Nonostante ciò, la Corte di Cassazione ha ritenuto comunque applicabile il principio in esame al predetto motivo di gravame26, limitandosi talora a richiedere – ai fini di un controllo mirato sul corretto svolgimento dell’iter processuale – l’indicazione topografica del “luogo processuale” dove rinvenire gli atti, le pronunce o le omissioni generatrici del vizio denunziato, ed in altri casi ad applicare la versione più rigida del principio di autosufficienza27. In particolare, in tema di vizio di omessa pronuncia su una domanda o un’eccezione ritualmente proposta, la Corte di Cassazione ha espressamente richiesto – oltre all’indicazione dell'atto difensivo o del verbale di

principio di autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione con la conseguenza, quindi che qualora l'interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il predetto ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale”.

24PICARDI, Manuale del processo civile, Milano 2006, 407.

25Sul punto la Corte di Cassazione (v. Cass., 23 marzo 2005, n. 6225, in Giust. civ. Mass., 2005, III) ha precisato che l'obbligo di astensione per il giudice dalla ricerca del testo completo degli atti processuali (che non ha finalità sanzionatorie), sussistendo anche quando nel ricorso per cassazione sono denunciati errores in procedendo, trova fondamento nell'esigenza di evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo, nell’individuazione degli atti rilevanti in relazione alla formulazione della censura, con conseguente lesione del contraddittorio.

26Ritengo che tale estensione applicativa del principio in esame sia tutto sommato coerente con la funzione integrativa del requisito della completezza del ricorso che si attribuisce all’autosufficienza. Attenendo infatti il rispetto di tale principio al momento della verifica preliminare dell’ammissibilità dell’impugnativa, l’esercizio dei peculiari poteri cognitori che spettano al Giudice di legittimità nel caso in cui vengano denunziati errores in procedendo, non può che entrare in gioco e quindi assumere rilievo soltanto in un momento eventualmente successivo ed ulteriore rispetto alla verifica dell’osservanza, da parte del ricorrente, del canone dell’autosufficienza.

27V. Cass. 03 aprile 2003, n. 5148, in Giust. civ. Mass., 2003, IV.

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udienza nei quali la stessa sia stata proposta – che sia puntualmente e specificamente trascritta (quindi non genericamente, ovvero, in forma riassuntiva) la domanda o la eccezione che si assume non esaminata28.

Una recente lettura del fenomeno giurisprudenziale ha ipotizzato la tendenziale prevalenza del principio “strong” per i motivi di ricorso in cassazione ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.; mentre per i ricorsi ex art. 360 n. 4 prevarrebbe una versione “light” del principio29.

Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – rapidamente illustrato nella sua dimensione evolutiva – è stato oggetto, soprattutto nella sua versione più rigorosa, di aspre critiche da parte della dottrina maggioritaria30.

In particolare, è stata in primo luogo rilevata l’inesistenza di qualsiasi supporto normativo dell’asserita limitazione dei poteri cognitori della Corte, posta dalla stessa Cassazione a fondamento del principio di autosufficienza, osservandosi correttamente come alcune norme del codice di rito riconoscano, invero, sia pur implicitamente, non soltanto un potere, ma anche un dovere del Giudice di Legittimità di conoscere tutti gli atti di causa delle precedenti fasi di merito. Si pensi ad esempio all’art. 384 c.p.c., il quale, nel prevedere che le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto, non siano soggette a cassazione e che la Suprema Corte debba in tal caso limitarsi a correggere la motivazione, impone ragionevolmente di ritenere che la stessa possa, anzi debba, nell’esercitare il suo potere di controllo, conoscere i fatti e gli

28V. Cass. 08 ottobre 2008, n. 24791, in Guida al diritto, 2008, 46; Cass. 19 marzo 2007, n. 6361, in Rep.

foro it., 2007, voce Cassazione civile, n. 246. Sempre in tema di obbligo di trascrizione delle risultanze processuali – seppur nella diversa fattispecie dell’ultrapetizione – v. Cass. 18 giugno 2007, n. 14133 (in Guida al diritto 2007, 32, 59) la quale ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso che, nel denunciare il vizio di ultrapetizione non abbia indicato specificamente, con riproduzione o almeno indiretta indicazione riassuntiva dei passi dell’atto introduttivo da cui si dovrebbe evincere, il tenore della domanda. In questo senso v. anche Cass. 30 maggio, 2000, n.7194, in Rep. foro it., 2000, voce cit., n.

196, secondo la quale, nel caso di impugnazione per omessa pronuncia su una sua domanda, per evitare che la Corte Suprema dichiari inammissibile il motivo per novità della censura, il ricorrente deve indicare in quali atti, e con quali specifiche frasi in essi contenute, l'ha proposta dinanzi al giudice di merito.

29V. CONFORTI, Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, Salerno, 2014, cap. 2 e 3, spec.

91 ss.

30V. ad es. MONTALDO, Note sul c.d. principio di autosufficienza dei motivi in Cassazione, in Giust. Civ., 2006, I, 2086 ss.

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atti della causa. D'altronde – si è osservato31 – se esistesse realmente a livello normativo un siffatto limite cognitorio per il Giudice di Legittimità, la stessa Cassazione non potrebbe eluderlo mediante l’integrale trascrizione degli atti processuali e dei documenti posti a fondamento delle censure, senza comunque esaminare il contenuto del fascicolo d’ufficio o dei fascicoli di parte per verificarne l’esatta corrispondenza con quanto trascritto nel ricorso.

Infine, non può ignorarsi che detto divieto – artatamente creato dalla Suprema Corte – risulta normativamente smentito a chiare lettere sia dall’art. 369, ultimo comma c.p.c., che prevede, per tutti i ricorsi, quali che siano i motivi, la trasmissione del fascicolo d’ufficio, che dal numero 4 del secondo comma della medesima norma, che prevede l’onere del ricorrente di depositare gli atti o documenti su cui il ricorso si fonda32.

Si è poi osservato che il puntuale adempimento dell’obbligo di integrale trascrizione in seno al ricorso dei “contenuti processuali” relativi alla fase di merito, favorendo la redazione di atti inevitabilmente prolissi, sovrabbondanti e smisurati, finirebbe anziché con l’agevolare i giudici di legittimità nell’individuazione del vizio della sentenza impugnata, nel rendere più complicata e faticosa la lettura del ricorso, causando ritardi ed inefficienze33.

Si è, inoltre, ravvisato34 – nelle molteplici pronunce in tema di autosufficienza – l’esercizio di un potere discrezionale eccessivo da parte del Giudice di Legittimità, nell’applicazione di detto principio. Il Collegio, infatti, potrebbe sempre individuare, a suo insindacabile (e talora arbitrario) giudizio, un atto o un documento di causa non integralmente trascritto dal ricorrente e per l’effetto dichiarare inammissibile il ricorso

31CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione: l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, cit.

32CHIARLONI, ult. op. cit.

33V. VERDE, Note sul ricorso per cassazione (relazione tenuta al ciclo di seminari su «Il giudizio di cassazione: tecniche di redazione del ricorso e regole di procedimento», Roma 15 aprile-17 giugno 2004), in www.cassaforense.it. In tal senso v. anche CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova 2008, 245; e CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione:

l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, cit.

34POLI, Specificità, autosufficienza e quesito di diritto nei motivi di ricorso per cassazione, in Riv. dir. proc., 2008, 1261.

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per difetto di autosufficienza, cosi come potrebbe accontentarsi (altrettanto arbitrariamente), allo scopo di “salvare” un ricorso dalle scure dell’inammissibilità, della mera indicazione degli atti processuali posti a fondamento della censura. In altri termini, i margini discrezionali che la Cassazione si autoattribuisce appaiono francamente troppo ampi e non sempre prevedibili dal ricorrente, con grave pericolo anche per l’esigenza di certezza del diritto.

Parte della dottrina35 ha, infine, tentato di ridimensionare la pericolosità applicativa del principio in esame, facendo notare come in molti casi la pronuncia d’inammissibilità per violazione dell’autosufficienza del ricorso abbia svolto – coniugando la decisione di rigetto con le già ricordate esigenze di celerità – una sorta di funzione di supporto (o anche surrogatoria) rispetto alla reale e corretta declaratoria di incensurabilità del vizio lamentato, con cui veniva richiesto un riesame di merito precluso in sede di legittimità. A tal riguardo si è fatto comunque notare che, in questi casi, il richiamo al principio si rivela del tutto superfluo36, in quanto, il ricorso sarebbe stato in ogni caso respinto, anche se il ricorrente avesse diligentemente adempiuto – in ossequio al principio di autosufficienza – l’onere di integrale trascrizione degli atti processuali richiamati.

2. La riforma del procedimento di cassazione del 2006.

Con il D.Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006, il legislatore ha realizzato la prima riforma del processo di legittimità37 finalizzata al rafforzamento del ruolo nomofilattico della Corte di

35CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione: l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, cit.

36E anche nocivo, in quanto la declaratoria di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza, “toglie, in un certo modo, forza a quella vera e lascia una qualche illusione nel ricorrente, che magari, se avesse ubbidito al comando di copiare, il ricorso sarebbe stato accolto”:

CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione: l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, cit.

37Il processo di Cassazione riformato si applica ai ricorsi proposti nei confronti delle sentenze e dei provvedimenti pubblicati a far data dal 2.03.2006 e cioè dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n.

40/2006.

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Cassazione e, al contempo, ad assicurare una maggiore funzionalità del giudizio nel rispetto di tempi processuali più “giusti”.

La riforma del 2006 ha riguardato sia il processo civile che il processo penale di cassazione, ma con profonde differenze nella formulazione e negli esiti. Mentre, infatti, la riforma del processo civile può dirsi realmente condivisa dai giudici di cassazione, attivamente coinvolti nell’iter formativo della legislazione riformatrice38, la modifica relativa al giudizio penale, sommaria e frettolosa, è stata passivamente subita dalla Suprema Corte.

Il D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ha realizzato, in relazione al contenuto del ricorso, due modifiche di rilievo destinate, nelle intenzioni del legislatore, a ridimensionare la portata del principio di autosufficienza. In primo luogo, è stato aggiunto un elemento ulteriore nell’elenco dei cinque requisiti di contenuto-forma dell’atto introduttivo del giudizio, richiesti a pena di inammissibilità, e cioè il n. 6 del primo comma dell’art. 366 c.p.c., a mente del quale, il ricorso deve contenere “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti, dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”. Con questa disposizione il legislatore non ha provveduto – contrariamente a quanto possa prima facie apparire39 – alla codificazione tout court del principio di autosufficienza, ma, spinto dall’esigenza di arginare le degenerazioni interpretative ed applicative della formulazione più estrema di tale principio – divenuto nel tempo un meccanismo meramente deflativo e sempre più spesso ingiustamente cassatorio40 – ha attribuito veste normativa, cosi in qualche modo cristallizzandola, alla versione originariamente (nonché ragionevolmente)

38In attuazione delle direttive della legge delega 14 maggio 2005, n. 80, ispirate al principio orientatore del recupero e della valorizzazione della funzione di “nomofiliachia” della Corte di Cassazione, insieme alla razionalizzazione della sua attività, il legislatore delegato ha, infatti, avvertito l’esigenza di sentire il parere qualificato dell’Assemblea generale della Suprema Corte. Questa, riunitasi il 21 luglio 2005, da un lato esprimeva apprezzamento per il richiamo esplicito della funzione nomofilattica, dall’altro, ha formulato critiche ed osservazioni relative a taluni aspetti dell’articolato, in gran parte recepite nel testo definitivo del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40.

39E come sostenuto da POLI,Il giudizio di cassazione dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, IX, 14, e CARRATTA, La riforma del giudizio di cassazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1105 ss., spec.

1117.

40“frutto di un fine obliquo d’autodifesa”, prendendo in prestito le parole di CHIARLONI, Il diritto vivente di fronte alla valanga dei ricorsi per cassazione: l'inammissibilità per violazione del c.d. principio di autosufficienza, cit.

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light dell’autosufficienza, intesa esclusivamente come onere di “localizzazione” dell’atto o del verbale di causa cui fa riferimento la censura, ammettendo la possibilità di un rinvio per relationem41. In altri termini, il legislatore, con questo intervento novellatore, stabilendo in maniera chiara e definita le condizioni alle quali il ricorso può considerarsi autosufficiente – e cioè con la indicazione e localizzazione degli atti o documenti cui lo stesso fa riferimento – ha determinato il limite di tollerabilità della cifra applicativa del principio in esame, affinché lo stesso non possa più tradursi nell’obbligo di integrale trascrizione – a pena di inammissibilità – dei contenuti processuali relativi alla fase di merito nel corpo del ricorso, nonché, al fine di limitare quella eccessiva discrezionalità esercitata, negli ultimi anni, dalla giurisprudenza di legittimità nell’applicazione del canone dell’autosufficienza42.

L’altro profilo della riforma del 2006, che in questa sede assume rilievo, attiene alla previsione del nuovo art. 366-bis c.p.c., il quale – prima di essere abrogato ad opera del legislatore del 200943 – richiedeva, sempre a pena di inammissibilità, nei casi previsti dall’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), che l’illustrazione di ciascun motivo si concludesse con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nell’ipotesi prevista dall’art. 360, primo comma, n. 5, che l’illustrazione di ciascun motivo contenesse, a pena di inammissibilità, “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la

41Secondo SASSANI, Il nuovo giudizio di Cassazione, in Riv. dir. proc., 2006, 228, la nuova norma “realizza un onorevole compromesso tra la direttrice del c.d. principio di autosufficienza del ricorso (principio di cui si è largamente abusato) e la logica (egualmente perversa) dello jura novit...chartulam che sembra presiedere alla redazione di molti ricorsi in cui l’accavallarsi dei riferimenti documentali mette il relatore che intenda eseguire i necessari controlli, nella sgradevole alternativa di impiegare il suo tempo alla caccia ai riscontri cartolari ovvero di sbrigativamente invocare il deprecato principio di autosufficienza.”

42Del medesimo avviso TISCINI, Il giudizio di cassazione riformato, in Giusto proc. civ., 2007, 523 ss.;

RUSCIANO, Nomofilachia e ricorso in cassazione, Torino, 2012, 136 ss. Di diversa opinione, invece, BALLETTI eMINICHIELLO, in AA.VV., Il nuovo giudizio di cassazione, Milano, 2007, 206 ss., secondo i quali l’attuale novella non può consentire interpretazioni lassiste del principio di autosufficienza del ricorso, “pena la violazione del diritto al contraddittorio nell’ambito del riconoscimento dell’effettivo esercizio del diritto di difesa”.

43In particolare, l’art. 366 bis c.p.c. è stato abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

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motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

L’introduzione di quest’ultima disposizione normativa, da contestualizzare, come sopra accennato, nell’ambito di una riforma delineata con il chiaro e determinante contributo del Giudice di Legittimità, assume, a guardar bene, le sembianze di una vera e propria contropartita in un gentlemen's agreement concluso tra la Suprema Corte ed il legislatore.

Quest’ultimo, infatti, consapevole dell’esigenza della Cassazione di poter disporre di un valido strumento per deflazionare l’imponente carico di lavoro, decise – con l’accordo dei Giudici di Legittimità – di sostituire la mannaia dell’autosufficienza nella sua versione più estrema (o strong) – che, come detto, negli ultimi periodi, aveva assunto i caratteri dell’abnormità, arbitrarietà e talora dell’ingiustizia – con un altro elemento deflativo più ragionevole, costituito – in una prospettiva di specificità e completezza della censura – dall’obbligo di formulazione del quesito di diritto nei motivi di ricorso44, la cui inosservanza avrebbe legittimato la Corte a pronunciare la declaratoria d’inammissibilità del gravame45.

La situazione può dirsi sostanzialmente immutata, anche a seguito della sopravvenuta abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c., in quanto la stessa è stata accompagnata dal contestuale innesto nel tessuto normativo del giudizio di legittimità, del filtro di accesso

44“vero e proprio interrogativo giuridico che il ricorrente rivolge alla Corte e che è destinato, in un certo senso, a provocare la formulazione del principio di diritto”: ARIETA,DE SANTIS,MONTESANO, Corso base di diritto processuale civile, III ed., Padova, 2008, 485.

45La ratio dell’innovazione legislativa nel suo complesso è svelata dallo stesso legislatore nella relazione illustrativa di accompagnamento al decreto: essa si sostanzia, da un lato, nell’esigenza “di offrire alla Corte, nonché alla stessa parte resistente, un quadro che sia il più possibile immediato, completo ed autosufficiente delle censure sulle quali dovrà pronunziarsi e di agevolarne il lavoro di reperimento degli atti e dei documenti sui quali esse si fondano”; dall’altro, nella volontà di “stringere le maglie” del controllo in Cassazione, escludendo, in tal modo, l’ingresso di giudizi di merito incensurabili in sede di legittimità. Occorre peraltro considerare che la disposizione di cui all’art. 366 bis c.p.c. presentava indubbi vantaggi applicativi, anche alla luce dell’interpretazione tendenzialmente moderata e ragionevole – fatta eccezione per qualche “esagerazione” iniziale – che ne aveva dato la Suprema Corte.

In particolare, la predetta norma agevolava, a mio avviso la parte ricorrente nella redazione del ricorso, consentendogli di sinterizzare – a fronte magari di motivi lunghi sette-otto pagine – la questione giuridica in poche battute, allontanando il rischio della configurazione del vizio di mancanza di specificità del motivo. Conseguentemente, consentendo di circoscrivere con maggiore precisione ed analiticità la censura sottoposta al Giudice di Legittimità, diminuiva il pericolo di pronunce d’inammissibilità, frettolosamente motivate e fondate sull’eccessiva genericità del motivo.

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alla Cassazione di cui all’art. 360 bis 46, nonché dall’istituzione della c.d. “sezione filtro”, geneticamente vocata a svolgere una pregnante funzione deflattiva dei procedimenti pendenti dinanzi al Supremo Collegio.

La predetta modifica normativa – letta anche in una prospettiva di dialogo e di rapporto sincronico tra organi dello stato – non può che incidere – ridimensionandola – sulla dimensione applicativa del principio in esame, il quale dovrà, altresì, essere posto in rapporto sistematico con le altre norme del processo di legittimità. Il riferimento è, in primo luogo, all’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il quale, attribuendo al ricorrente – questa volta a pena di improcedibilità – l’onere di provvedere, oltre che alla specifica indicazione nel ricorso degli atti processuali, dei documenti, e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento dell’impugnativa, al successivo deposito degli stessi, rappresenta la conferma della preferenza, da parte dell’assetto normativo vigente, per la versione light del principio di autosufficienza47. Nondimeno, l’art. 372 c.p.c., nel vietare la produzione di nuovi documenti (eccezion fatta per “quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso”) pone in

46Sul nuovo art. 360 bis c.p.c., v. RUSCIANO, Nomofilachia e ricorso in cassazione, cit., 161-162, e 166 ss, che così raffronta l’abrogato art. 366 bis con il nuovo art. 360 bis c.p.c.: “L’abrogazione dell’art. 366 bis ad opera della novella del 2009, seppure ha prodotto la formale eliminazione della sanzione dell’inammissibilità del motivo di ricorso laddove lo stesso non sia accompagnato dal quesito di diritto o quest’ultimo sia mal formulato, non ha – però – determinato la definitiva scomparsa di tale requisito dell’impugnazione di legittimità: con l’introduzione dell’art. 360 bis, infatti, il legislatore pone a carico del ricorrente ulteriori oneri, tra i quali la indicazione delle questioni di diritto decise dal giudice del merito; ciò determina una nuova qualificazione del quesito di diritto: da requisito del motivo di ricorso previsto a pena di inammissibilità ad elemento dell’impugnazione per una migliore formulazione della censura, forse necessaria per superare il “filtro”; da condizione di inammissibilità a mera tecnica di redazione del ricorso.

In questa ottica ed alla luce del nuovo art. 360 bis c.p.c., il quesito di diritto rappresenta un elemento complementare rispetto alla censura: rappresenta un requisito del ricorso volto ad integrare il motivo di impugnazione, inerendo alla modalità di formulazione della censura stessa”.

47Occorre, peraltro, considerare che tale disposizione verrebbe totalmente svuotata di significato laddove si ritenesse che il contenuto del ricorso debba essere arricchito con la trascrizione integrale di tutti gli elementi e circostanze – contenute appunto in atti e documenti – ai quali si riferiscono i motivi di censura del provvedimento impugnato. Alle stesse riflessioni conduce il terzo comma della medesima norma, laddove dispone che “il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di Cassazione del fascicolo d'ufficio; tale richiesta e` restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso”. In altri termini, la ratio della disposizione, considerata nel suo complesso, è quella di consentire, o meglio di imporre, al giudice di cassazione di accedere ai fascicoli per compiere quelle verifiche necessarie all’esame dei motivi d’impugnazione.

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risalto la contrapposizione tra documenti “nuovi” e documenti già prodotti nelle precedenti fasi di giudizio, la quale non fa altro che rafforzare l’idea che la Corte possa (e debba) conoscere questi ultimi.

3. Gli orientamenti incerti e contraddittori della Giurisprudenza della Corte di Cassazione sulla portata del principio di autosufficienza dopo la riforma del 2006:

davvero un “repertorio bon à tout faire” quanto alla necessità, o anzi addirittura al divieto, di trascrizione di parti del processo nel ricorso.

Quale conseguenza dei tempi notoriamente lunghi del processo di cassazione, sono ancora numericamente limitate le pronunce della Suprema Corte, aventi ad oggetto l’impugnazione di decisioni di merito depositate dopo il 2 marzo 2006, e quindi soggette alla nuova disciplina processuale delineata dal D.Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006. Sicché, risulta alquanto ridotta l’area di analisi applicativa degli effetti prodotti dalla riforma del 2006 sulla precedente lettura giurisprudenziale del principio di autosufficienza.

Nella maggior parte delle decisioni analizzate, emerge tuttavia una sostanziale conferma della versione più estrema e rigorosa del principio di autosufficienza.

Si continua quindi a sancire – come se l’art. 366 c.p.c. non fosse mai stato novellato – l’inammissibilità dei motivi in cui il ricorrente si limiti a rinviare (indicandoli specificamente) agli atti e i documenti del giudizio di merito, senza riprodurne integralmente il contenuto in sede di ricorso48. Incurante della sopravvenuta modifica

48V. Cass. 03 marzo 2010, n. 5091, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, III, in cui la Corte richiede la testuale ed integrale trascrizione della testimonianza di cui si sollecitava una nuova valutazione; Cass., 24 febbraio 2010, n. 4434, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, 2, in cui la pronunzia di inammissibilità per violazione dell’autosufficienza viene fatta discendere dalla mancata riproduzione in seno al ricorso del testo dell’atto di appello, in quanto il principio in esame “prescrive che il ricorso dinanzi al giudice di legittimità deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n.

12362 del 2006)”; Cass., 19 aprile 2010, n. 9300, in Diritto & Giustizia, 2010, nota IANNONE,nella

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normativa, il Giudice di Legittimità continua poi a far discendere l’obbligo del ricorrente di integrale trascrizione degli atti processali posti a fondamento del ricorso dall’asserito divieto del Supremo Collegio di visionare ed esaminare gli atti precedenti ed i documenti prodotti nella fase di merito49.

Ma in altre pronunzie, invece, la Corte di Cassazione ha interpretato l’introduzione – ad opera del legislatore della riforma – dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. come l’attribuzione a carico del ricorrente di un onere ulteriore rispetto a quello di integrale trascrizione degli atti processuali, espressione della versione strong dell’autosufficienza.

In altri termini, l’onere di “localizzazione” codificato dalla predetta disposizione e quello di trascrizione vengono concepiti come due condizioni non sovrapponibili ed entrambe indispensabili ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, in quanto anche in presenza di una puntuale riproduzione degli atti dei precedenti gradi di giudizio, posti a fondamento della censura, la mancata individuazione topografica del “luogo processuale”

in cui gli stessi sono consultabili non consentirebbe alla Suprema Corte di reperirli per verificare se il contenuto sia conforme a quanto trascritto dal ricorrente in seno al ricorso50.

quale si sanziona la mancata trascrizione della documentazione fiscale di cui si censurava l’omesso esame da parte del giudice di merito; Cass., 11 maggio 2010, n. 11423, in Diritto & Giustizia, 2010, nella quale, in ossequio al principio di autosufficienza, la Corte afferma che “qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti (cosa che nella specie non è accaduta) testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo”; Cass., 15 febbraio 2010, n. 3507, in Guida al diritto, 2010, 14, 60, nella quale si ribadisce che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione “impone la trascrizione [testuale] della risultanza controversa e la critica specifica delle argomentazioni del giudicante di merito”.

49V. Cass., 17 novembre 2009, n. 24221, in Giust. civ. Mass., 2009, XI, 1600, secondo cui la violazione del principio di autosufficienza, conseguente alla mancata trascrizione delle deduzioni istruttorie proposte nella fase di merito, solleciterebbe – “con inammissibile delega – la Corte ad assolvere, con il rischio di un inammissibile soggettivismo, ad un onere di esatta individuazione dell’istanza probatoria, che avrebbe dovuto essere assolto dal ricorrente stesso, inerendo alla determinazione del contenuto del motivo, quale critica alla sentenza impugnata idonea a giustificarne la cassazione”.

50V. Cass., 23 marzo 2010, n. 6937, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, III, secondo cui, “ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dal n. 6 dell’art. 366 c.p.c., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda (e di trascriverli nella loro completezza con

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Proprio la previsione di questo onere ulteriore – non eccessivamente gravoso per il ricorrente – presenta, a mio avviso, un’indubbia coerenza logica e giuridica, in quanto strumentale alla verifica, da parte dei Giudici di Legittimità, dell’autenticità di quanto trascritto, o comunque esposto in seno al ricorso. In altri termini, fermo restando il rifiuto per la lettura estrema ed eccessivamente formalistica del principio di autosufficienza, ostinatamente perpetrata dalla Suprema Corte, non può non apprezzarsi la – seppur tardiva – presa d’atto da parte della Cassazione, dell’onere, sulla stessa gravante, di

riferimento alle parti oggetto di doglianza), è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame”; nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto il ricorrente si era limitato a trascrivere l’atto processuale posto a fondamento della doglianza (quanto trascritto risultava anche dalla sentenza impugnata, inserita in copia fotostatica nello stesso ricorso) senza indicarne la sede processuale in cui fosse stato rinvenibile; Cass., 03 febbraio 2010, n. 2506, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, II, nella quale la Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del motivo di ricorso perché il ricorrente non aveva – “in ossequio al principio di autosufficienza” – indicato la sede processuale dell’atto posto a fondamento della censura, né, parimenti, riprodotto in seno al ricorso il relativo contenuto; Cass., 17 luglio 2008, n.

19766, in Giust. civ. Mass., 2008, VII – VIII, 1168, in cui la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso “per carenza del requisito della c.d. «autosufficienza» del ricorso per cassazione, poiché il ricorrente da un lato non ha riprodotto il contenuto di tutte le prove testimoniali di cui si lamentava l’errata valutazione e dall'altro perché non ha neppure indicato la sede processuale in cui i verbali relativi all'assunzione di dette prove dovrebbero potersi leggere; i Giudici di Legittimità nella stessa sentenza precisano poi specificamente, con riferimento all’onere di trascrizione, che “il suddetto requisito non è, del resto, certamente venuto meno nel nuovo regime processuale di cui al d. lgs. n. 40 del 2006”; Cass., ord. 9 gennaio 2009, n. 301, in cui la Corte dichiara inammissibili quei motivi del ricorso che si fondano su una relazione del consulente tecnico d'ufficio innanzitutto per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. in quanto il ricorrente non aveva indicato se l'originale di tale mezzo istruttorio sarebbe stato rinvenibile nel fascicolo d'ufficio oppure nel fascicolo di parte dei ricorrenti e, nell'uno e nell'altro caso, dove (indicazione che, secondo la Corte, supponeva necessariamente la specificazione del numero dell'elenco dei documenti figurante, in ipotesi, sull'uno e sull'altro); si aggiunge poi che i motivi, a prescindere dall'assorbenza di tale rilievo, sarebbero stati in ogni caso inammissibili per violazione del principio di autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato il contenuto della relazione del consulente tecnico posta a fondamento della doglianza.

Infine, v. Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, 9, in cui il Supremo Collegio – dichiarando la manifesta inammissibilità del ricorso – ha affermato che “il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo altresì alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.”

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esaminare gli atti prodotti nella fase di merito, al fine di controllare l’esatta corrispondenza con quanto contenuto nel ricorso.

E tuttavia, dall’analisi delle pronunzie della Corte della Cassazione, soggette alla disciplina processuale delineata dalla riforma del 2006, emerge – in altri casi – se non proprio un ridimensionamento, una leggera attenuazione della versione estrema dell’autosufficienza.

Talora, infatti, la Suprema Corte sembra offrire al ricorrente un’alternativa alla riproduzione del contenuto dell’atto processuale, costituita dall’allegazione dello stesso al ricorso51; mentre in altri casi il Giudice di Legittimità mostra di accontentarsi anche di una sintesi del contenuto dell’atto richiamato52. La giurisprudenza più avveduta – seppur minoritaria – della Suprema Corte sembra dunque aver correttamente interpretato e valorizzato le modifiche normative introdotte dalla riforma del 2006, cogliendone correttamente la ratio e le scelte di politica giudiziaria ad essa sottese, rispolverando sostanzialmente la versione originariamente light dell’autosufficienza, intesa

51V. Cass., 20 aprile 2010, n. 9379, in Diritto & Giustizia, 2010, in cui viene dichiarata l’inammissibilità del motivo di gravame – per violazione del principio di autosufficienza – per non avere il ricorrente riportato, oppure allegato al ricorso, il contenuto dell’atto di appello. Questa regola, avente tendenzialmente carattere generale, sembra essere stata specificamente dettata per gli atti ed i documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, il quale, a differenza dei fascicoli di parte, non viene depositato dalle parti, ma trasmesso a cura della cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, e quindi ben potendo – per disfunzioni amministrativo – burocratica – smarrirsi o non essere stato ancora trasmesso al momento della decisione. Sul punto vedi Cass., 23 marzo 2010, n. 6937, in Red. Giust. civ.

Mass., 2010, III, secondo cui “l’onere di richiedere la trasmissione di detto fascicolo” è un

“adempimento nel quale, evidentemente, il ricorrente non può fare automatico affidamento quando il ricorso si fondi su atti processuali che dovrebbero essere inseriti nel fascicolo d’ufficio. Il che si spiega con il fatto che tale fascicolo, pur richiesto, potrebbe non pervenire in tempo utile per la trattazione (ed un rinvio di essa per l’acquisizione mal si concilierebbe con il ricordato principio costituzionale [della ragionevole durata del processo]), sia con il fatto che potrebbe non essere stato tenuto correttamente o potrebbe non contenere più l’atto processuale”.

52V. Cass., 17 marzo 2010, n. 6517, in Diritto & Giustizia, 2010, dove la violazione del principio di autosufficienza viene ravvisata nel non avere il ricorrente provveduto alla trascrizione testuale delle dichiarazioni dei testi escussi nella fase di merito, e neppure alla riproduzione sintetica del relativo contenuto. Nello stesso senso v. Cass., 28 aprile 2010, n. 10194, in Diritto & Giustizia, 2010, nella quale si sanziona – per violazione del principio di autosufficienza – la mancata indicazione della sede e del contenuto – inteso in senso lato e non come riproduzione testuale ed integrale – delle “affermazioni che si assumono fatte in sede di merito”.

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